14 info ➔ Finco (Federazione Italiana Incontinenti) 080-5093389 S in alute Sforzi “bagnati”, un disagio che si può risolvere Un gran numero di donne nasconde o addirittura nega, per vergogna, la presenza di un disturbo molto comune nel sesso femminile: la perdita involontaria di urine in concomitanza con uno sforzo. A causa dell’imbarazzo e dei pregiudizi, questo problema rimane in gran parte sommerso e le interessate si privano delle tante opportunità di cura che oggi, per fortuna, abbiamo a disposizione. Oltre alle terapie già in uso da tempo, è in arrivo anche un nuovo farmaco che promette eccellenti risultati, purché venga formulata una diagnosi corretta dallo Specialista o dal medico di fiducia. INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO B asta il modesto aumento della pressione addominale provocato da un piccolo sforzo, come uno starnuto o un colpo di tosse, o anche soltanto da un banale esercizio fisico come sollevare un peso, camminare di buon passo o dedicarsi ai lavori domestici, per provocare un effetto estremamente fastidioso e imbarazzante: la perdita involontaria di una certa quantità di urina. È certamente un problema igienico, ma per le donne che ne sono affette l’impatto negativo di questo disturbo invade ben presto la sfera psicologica, sociale, sessuale: in poche parole, peggiora sensibilmente la loro qualità di vita. Se è vero che si tratta di un problema più frequente nella mezza età, soprattutto dopo la menopausa, è altrettanto vero che ne soffrono anche donne giovani, non di rado subito dopo il parto o durante periodi di stress intenso. Secondo le statistiche internazionali, almeno il 10-15% della po- LE STATISTICHE DICONO CHE... Sono 1 milione e mezzo le donne italiane che soffrono di incontinenza urinaria da sforzo. Il loro identikit: uno o due figli; età media 44 anni, ma il 23% è fra i 30 e i 40. Più della metà delle interessate nega di avere il problema e solo il 35% di loro lo confida a qualcuno: di queste, il 13% ne parla con il medico di fiducia, ottenendo nel 15,3% dei casi l’indicazione di usare assorbenti e salviette igieniche, nel 46,5% di eseguire eser- ESISTONO ANCHE I PALLIATIVI Per evitare che il problema influisca pesantemente sulla qualità di vita si può fare ricorso anche a soluzioni temporanee di tipo meccanico. Esistono infatti in commercio dispositivi capaci di sostenere l’uretra, costruiti in materiale morbido, da inserire in vagina più o meno come si fa con il diaframma anticoncezionale, che possono essere indossati ogni giorno oppure solo quando si pre- cizi di rinforzo del pavimento pelvico e nel 12,7% di sottoporsi ad intervento chirurgico. Quelle che confidano il disturbo al proprio partner sono soltanto il 19,6%, mentre la grande maggioranza ritiene che ciò influirebbe negativamente sull’intimità di coppia. Sono i numeri derivanti da una ricerca condotta su un campione di oltre 3.000 donne per conto della ditta farmaceutica Boeringher Inghelheim, produttrice del nuovo farmaco per l’incontinenza urinaria da sforzo. vede di praticare attività che comportino uno sforzo. Controindicati soltanto in caso di gravidanza o di patologie ginecologiche, questi dispositivi devono però essere prescritti dal medico e richiedono un’accurata igiene per evitare la proliferazione di batteri e conseguenti infezioni. Per lo stesso motivo, devono essere sostituiti dopo 30 giorni di utilizzo. Il dispositivo deve inoltre essere tolto prima di un rapporto sessuale. polazione femminile presenta un’incontinenza urinaria da sforzo che va dal grado più lieve (minime perdite occasionali, in coincidenza con sforzi di una certa entità) a quello più grave (perdite costanti e importanti, che costringono all’uso continuo del pannolone). Va da sé che in questo secondo caso il disturbo risulta gravemente invalidante: l’interessata è infatti costretta a limitare l’assunzione di liquidi, a lavarsi continuamente, a rinunciare a qualunque attività fisica, ai rapporti sessuali e perfino agli spostamenti da casa, in quanto ha la necessità costante di avere una toilette a portata di mano. Questo tipo di incontinenza deve essere distinto da quello, meno frequente, che si definisce “incontinenza urinaria da urgenza” ed è provocato da contrazioni involontarie della muscolatura vescicale che costringono ad urinare immediatamente, anche quando la vescica non è piena. Il disturbo può essere provocato da infezioni, infiammazioni, calcoli vescicali oppure da malattie del sistema nervoso centrale o periferico. Nell’incontinenza da sforzo, invece, la perdita di urine può essere dovuta essenzialmente al rilassamento del muscolo sfintere vescicale, che non “tiene” più come dovrebbe, e/o al fatto che, per uno spostamento della vescica e dell’uretra (causato soprattutto dall’insufficiente sostegno di questi organi da parte del pavimento pelvico), ogni aumento della pressione addominale si trasmette direttamente alla vescica, “spremendo” fuori l’urina. Si capisce quindi perché, nel trattamento di questo disturbo, venga data grande importanza alla riabilitazione del pavimento pelvico, ovvero alla tonificazione e al rinforzo della muscolatura del perineo (la zona situata tra la vagina e l’ano). Gli esercizi riabilitativi vengono attuati inizialmente sotto la guida di una terapista specializzata che insegna alla paziente a individuare e a controllare questi muscoli, eventualmente usando un’apparecchiatura di biofeedback collegata a una sonda vaginale. La muscolatura viene poi allenata attraverso contrazioni mirate, sia volontarie sia, se occorre, con l’aiuto di un elettrostimolatore. Dopo 10-12 sedute guidate dalla terapista, la paziente prosegue da sola, a domicilio, con esercizi di mantenimento da eseguire ogni giorno. Il trattamento dà risultati decisamente positivi nella grande maggioranza dei casi, purché venga eseguito con la necessaria costanza. In definitiva, considerato che le possibi- lità terapeutiche non mancano, non è davvero il caso di arrendersi passivamente ad un disturbo che fa vivere male, solo perché confessarlo provoca imbarazzo! Rosanna Follazzo UN AIUTO IMPORTANTE DALLA CHIMICA Ha superato la fase sperimentale e sarà disponibile in Italia entro qualche mese in fascia C (quella a carico dei pazienti) la duloxetina, il nuovo medicinale che dimezza il numero degli episodi di perdita di urina e sembra anche influire positivamente sull’umore, migliorando il benessere psicologico. L’effetto terapeutico è dovuto alla capacità del farmaco di aumentare il tono del muscolo sfintere uretrale, il cui rilassamento è tra i principali responsabili dell’incontinenza. Gli effetti collaterali, che si risolvono in una settimana nella metà dei casi e si riducono dell’80% dopo un mese, consistono in nausea, senso di affaticamento, insonnia e stitichezza. LA SOLUZIONE DEL BISTURI “DOLCE” Nella letteratura medica sono descritti oltre 200 tipi di intervento chirurgico per questo tipo di incontinenza: principalmente si tratta di metodiche destinate a correggere la posizione dell’uretra e del collo vescicale, oppure a comprimere l’uretra e/o a sostituire con piccole “protesi” interne la funzione dello sfintere uretrale. Di recente è stata messa a punto una tecnica mini-invasiva, la cosiddetta T.V.T. (Tension free Vaginal Tape). L’intervento, eseguibile in anestesia locale o epidurale, prevede il posizionamento di una retina a sostegno dell’uretra, attraverso due piccole incisioni nella cute addominale e vicino allo sbocco uretrale. Pochi punti di sutura, un controllo ecografico della vescica e l’indomani si ritorna a casa. La convalescenza dura da 2 a 4 settimane: durante questo periodo vanno evitati i rapporti sessuali e non si devono sollevare pesi. Nel 90% dei casi si ottengono ottimi risultati e spesso si ha la completa scomparsa del disturbo.