La talidomide contro i tumori

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Ospedale
La talidomide contro i tumori
un farmaco dal passato infame torna per redimersi
A
Mieloma multiplo: accumulo di
plasmacellule maligne nel midollo
osseo
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quasi 50 anni dalla sospensione
della commercializzazione della
talidomide, la sola pronuncia del
suo nome evoca in molti il ricordo di
terribili sofferenze. Immessa in commercio in Germania nel 1957 come
un blando ansiolitico, la talidomide fu
considerata un farmaco sicuro anche in
gravidanza e venne prescritta a molte
gestanti per il trattamento della nausea
del primo trimestre. Dopo pochi mesi
dall’inizio della vendita, alcuni medici
osservarono un aumento notevole dei
casi di focomelia (assenza totale o
parziale degli arti, per esempio le mani
direttamente attaccate alle spalle) in
neonati da madri che avevano assunto
anche una sola compressa di talidomide durante la gravidanza. Nonostante
le numerose evidenze scientifiche e le
proteste montanti, la ditta produttrice
negò per anni qualsiasi responsabilità
e avviò la commercializzazione in una
cinquantina di paesi.
Nel 1961, dopo la nascita di almeno
12.000 bambini malformati, e un numero ignoto di aborti spontanei, la ditta fu
costretta finalmente a ritirare il farmaco
dal commercio. La talidomide sarebbe
caduta rapidamente nell’oblio, se nel
1965 Sheskin, un dermatologo israeliano, non avesse osservato casualmente
una regressione completa delle lesioni
cutanee in pazienti affetti da lebbra, ai
quali, non avendo a disposizione altri
farmaci, aveva prescritto la talidomide
come sedativo. Verso la fine degli anni
1980 fu scoperto che la talidomide è
efficace in diversi tipi di tumore. Ma
qual è il meccanismo antitumorale della
talidomide? Fra i vari meccanismi proposti, il più attraente è il blocco della
neoangiogenesi, cioè della formazione
di nuovi vasi sanguigni, uno dei modi
con i quali alcuni tumori, producendo
quantità enormi di molecole che stimolano continuamente la formazione di
nuovi vasi sanguigni, si avvantaggiano
nella loro crescita rispetto alle cellule
sane.
Così facendo, le cellule tumorali assorbono grandi quantità di sangue dai
tessuti normali e si accrescono sempre
di più a scapito di questi ultimi.
Pertanto, bloccando l’angiogenesi, è
come se le cellule tumorali venissero
prese per fame e costrette a morire.
L’uso della talidomide non è tuttavia
privo di pericoli e di effetti collaterali,
per esempio la sedazione.
Dal 2002 utilizziamo all’Ulss 5 con buoni
risultati la talidomide in pazienti affetti
da mieloma multiplo e mielodisplasia,
due tipi di tumori del sangue. Un riconoscimento prestigioso all’attività svolta è venuto durante il XIII Congresso
nazionale della FADOI - il più importante congresso nazionale degli internisti
ospedalieri italiani, svoltosi a Firenze
lo scorso 7 maggio - dove una nostra
comunicazione relativa ai risultati ottenuti nel trattamento di pazienti anziani
con mielodisplasia è stata scelta fra i 32
migliori contributi su circa 500.
Nonostante la dimostrata efficacia antitumorale, non si prospetta comunque
un futuro radioso per la talidomide,
che sarà presto soppiantata da suoi
derivati, forse più efficaci e meglio tollerati. Un’altra certezza è che una storia
come quella della talidomide non si
ripeterà mai più, in quanto proprio
partendo dai disastri provocati a tanti
piccoli innocenti, i paesi industrializzati
hanno sviluppato una legislazione ed
un sistema di controllo che impediscono il ripetersi di casi analoghi. E
non dovremo aspettare 50 anni prima
che i titolari della ditta
e i loro eredi chiedano
scusa alle vittime ed al
mondo intero.
Vincenzo Cordiano
agosto 2008
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