epilessia - Doctor33

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SEZIONE 3
EPILESSIA
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Tavola 3.1
Sistema nervoso: VOLUME I
Posizione degli elettrodi
e identificazione dei cavi
ELETTROENCEFALOGRAFIA
L’elettroencefalografia (EEG) consente di registrare l’attività elettrica delle cellule nervose del cervello. Tale
esame si basa sulla misurazione dei campi elettrici generati dal volume di conduzione delle correnti ioniche che
provengono dalle cellule nervose e si diffondono nello
spazio extracellulare. I potenziali EEG registrati originano dal flusso di corrente extracellulare derivante dalla
somma dei potenziali postsinaptici eccitatori (EPSP) e
inibitori (IPSP). La tecnica non registra l’attività di un
singolo neurone, bensì quella di migliaia di milioni di
potenziali postsinaptici, rappresentando pertanto l’attività di ampi aggregati neuronali. Sebbene i potenziali
d’azione nervosa presentino variazioni di tensione più
elevate rispetto agli EPSP e agli IPSP, a causa dell’assenza di effetto cumulativo e della breve durata dei potenziali stessi, essi solitamente aggiungono solo minima
attività all’EEG. Durante le crisi epilettiche, si verifica
l’attivazione sincrona di una grande quantità di potenziali d’azione neuronali, i quali contribuiscono alla formazione del segnale EEG. La metodica più comune per
registrare un tracciato prevede il posizionamento di elettrodi di metallo sullo scalpo in posizioni standard; il segnale che da essi proviene è amplificato, digitalizzato e
conservato in formato elettronico. È possibile leggere il
tracciato sullo schermo di un computer.
Attività ondulatoria del cervello. L’attività cerebrale
consiste di forme d’onda che variano in polarità, forma
e frequenza e che solitamente hanno un voltaggio oscillante tra i 20 e i 60 microvolt. L’attività EEG dello scalpo mostra oscillazioni in una varietà di frequenze che
rappresentano l’attività sincrona dei circuiti neuronali e
le onde cerebrali vengono distinte in base alla loro frequenza, misurata in cicli per secondo o Hertz (Hz). L’attività ha una frequenza tra gli 8 e i 13 Hz. Il ritmo è
predominante a livello della regione posteriore della
testa e rappresenta la caratteristica frequenza di fondo
nel soggetto normale in stato di veglia. Tale ritmo è presente quando gli occhi sono chiusi e si attenua quando,
invece, sono aperti. L’attività , di contro, presenta una
bassa ampiezza e un’attività più veloce, con una frequenza che oscilla tra i 13 e i 30 Hz; è solitamente presente a
livello delle regioni anteriori della testa. L’attività oscilla tra i 4 e i 7 Hz, mentre l’attività si verifica a frequenze inferiori ai 4 Hz. Il tracciato EEG subisce delle
variazioni in relazione all’età del soggetto. Ad esempio,
nel neonato l’EEG non mostra un’attività mista continua, tipica dell’adulto; nel bambino si ha, di contro,
un’attività continua di tipo polimorfo. Le altre forme
d’onda corrispondenti alle diverse frequenze emergono
progressivamente in relazione allo sviluppo del cervello.
Il pattern EEG si modifica durante i diversi stadi del
sonno e contribuisce alla loro definizione; tali pattern
sono molto diversi quando si passa dal sonno REM agli
stadi non-REM. Per lo stadio II di sonno non-REM,
l’EEG mostra attività a fusi (10-14 Hz di attività sinusoidale) e punte al vertice; durante gli stadi III e IV predomina l’attività
ad alto voltaggio. L’EEG che si
registra durante il sonno REM assomiglia a quello di
veglia, con un’attività di fondo a più bassa ampiezza e di
frequenza variabile.
I tipi principali di anomalie identificabili in un tracciato EEG riguardano il rallentamento delle frequenze
di fondo, l’attività epilettiforme e la soppressione dell’attività. Il rallentamento delle attività di fondo può essere
diffuso o focale. Un rallentamento diffuso suggerisce una
disfunzione cerebrale ampiamente distribuita, la quale
può essere determinata da un gran numero di lesioni, tra
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Fp2
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Fz
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Cz C4
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Numeri dispari: lato sinistro,
numeri pari: lato destro,
posizioni Z: linea mediana
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F8-T4
T4-T6
T4-T6
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Attività δ temporale destra
cui un danno globale al cervello, la presenza di tossine,
infiammazione o processi degenerativi; il rallentamento
focale, di contro, è spesso indicativo di una lesione strutturale, ad esempio un tumore o un ictus. L’attività epilettiforme, inoltre, indica che il paziente è a rischio di
sviluppare le crisi. La soppressione dell’attività, infine,
può essere focale o diffusa e indica un grave danneggiamento della funzionalità cerebrale.
Indicazioni per l’esecuzione dell’EEG. Le indicazioni
principali per l’EEG riguardano l’epilessia, i processi
patologici intracranici, il coma e la morte cerebrale. L’uso più comune dell’EEG è certamente nell’epilessia. È
possibile, infatti, definire le sindromi epilettiche e la
localizzazione dei focolai epilettici. In assenza di crisi è
possibile registrare anomalie intercritiche caratteristiche
T6-O2
Fasi del sonno
Punte temporali sinistre
(onde puntute, punte), la cui presenza indica una predisposizione allo sviluppo di un’epilessia. In alcuni processi patologici, l’EEG mostra specifici pattern diagnostici,
tra i quali la presenza di onde puntute periodiche generalizzate nella malattia di Creutzfeldt-Jakob. Il tracciato
è utile anche nella valutazione dei pazienti in stato comatoso. Possono essere presenti pattern distintivi in grado di confermare la diagnosi di una condizione sottostante, ad esempio le onde trifasiche nel coma epatico,
scariche di punte nello stato di male epilettico non convulsivo e l’eccessiva attività associata a un abuso di
benzodiazepine o barbiturici. Infine, l’EEG può essere
usato per confermare la morte cerebrale nei pazienti con
soppressione dell’attività elettroencefalografica in presenza degli altri criteri clinici per questa condizione.
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Tavola 3.2
CRISI
Epilessia
EPILETTICHE
L’epilessia è definita, da un punto di vista medico, come
la condizione caratterizzata da due o più episodi critici
non provocati. La crisi è un disturbo parossistico caratterizzato dalla scarica eccessiva e ipersincrona dei neuroni con conseguente alterazione della normale funzione
cerebrale. Tale alterazione può essere abbastanza drammatica, ad esempio durante una crisi tonico-clonica generalizzata (CGT; grande male) o molto più lieve, come
durante una crisi tipo assenza (piccolo male). Se le crisi si
verificano durante condizioni di febbre e ipoglicemia,
non dovrebbe essere usato il termine epilessia. L’epilessia non costituisce un disturbo singolo; piuttosto, è il
sintomo di una condizione cerebrale sottostante ed è un
disturbo cronico, sebbene molti bambini vadano incontro a remissione. Nonostante la maggior parte dei pazienti epilettici appaia normale per gli altri aspetti
clinici, circa il 50% presenta ulteriori anomalie cognitive o comportamentali; l’anamnesi e la visita neurologica
rappresentano i punti cardine della diagnosi.
Quando si valuta un paziente che potrebbe essere affetto da episodi epilettici, è importante valutare se vi sia
stato un cambiamento parossistico del comportamento,
se si sia verificata perdita di coscienza, accertare la durata
dell’evento e l’eventuale presenza di stimoli che potrebbero aver peggiorato la crisi; è importante anche individuare eventuali casi di epilessia dall’anamnesi familiare. Di particolare importanza in corso di anamnesi è la
descrizione dei segni e dei sintomi iniziali; infatti, l’approccio al paziente con aura è abbastanza diverso dall’approccio al paziente senza aura. Nel primo caso è probabile che il paziente abbia una crisi a esordio focale, il che
incrementa le probabilità che vi sia una lesione strutturale sottostante responsabile della crisi; nel secondo è probabile che il paziente abbia subito l’azione di uno stimolo
inducente le crisi, tra cui si annoverano l’ipoglicemia e
alcune condizioni genetiche. Anche le caratteristiche postictali sono di aiuto. Le crisi tipo assenza dell’infanzia
sono brevi, durano 30 secondi o meno, e hanno una veloce risoluzione; il bambino torna rapidamente al normale
stato mentale. Le crisi parziali complesse sono di più lunga durata, durano da 30 secondi ad alcuni minuti e inducono tipicamente confusione e stanchezza dopo l’evento.
Esistono molti disturbi episodici che somigliano alle
crisi: il terrore notturno, l’apnea episodica infantile o la
sincope possono mimare le crisi epilettiche. Anche la
tempistica dell’evento è significativa. Le crisi notturne si
verificano nelle prime ore del mattino, mentre i disturbi
del sonno, ad esempio gli episodi di terrore notturno, si
verificano diverse ore dopo l’addormentamento del bambino. Se nel bambino gli eventi avvengono sempre in
associazione a crisi di pianto, probabilmente è affetto da
apnee periodiche. Gli individui che lamentano sensazione di “testa leggera” e debolezza prima della perdita di
coscienza sono più probabilmente affetti da sincope piuttosto che da epilessia. Se la diagnosi è dubbia è consigliabile attendere prima di iniziare la terapia.
Le crisi si classificano in due categorie principali: focali e generalizzate. Le crisi focali originano da una regione localizzata del cervello e possono evolvere in
episodi generalizzati; le crisi generalizzate si diffondono
rapidamente a tutti e due gli emisferi. Le crisi generalizzate si dividono ulteriormente in toniche, cloniche, tonico-cloniche, di assenza, miocloniche e atoniche.
CRISI FOCALI (PARZIALI)
Le crisi focali originano all’interno di circuiti neuronali di una limitata regione del cervello, spesso sono conATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Formicolii sul lato
del corpo, sull’arto
o sulla porzione del
viso controlaterali
Scissura
Circonv.
centrale
Circonv.
postcentrale
precentrale
Movimenti tonico-clonici
dell’arto superiore
(o inferiore)
Smorfie
del viso
Si vedono lampi
di luce, scotomi, offuscamento uni- o bilaterale
HIS
S..S
...
HIS
S....
Tinnito o rumori
fischianti
Testa e occhi
si girano
nel verso
controlaterale
Fp1-F3
F3-C3
C3-P3
Diaforesi,
arrossamento
o pallore e/o
sensazioni
in sede
epigastrica
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Fp2-F4
F4-C4
C4-Pv
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Punte ripetute sopra la regione centrale destra
Si sente musica,
ecc.
Stato di semincoscienza;
espressione vuota
e spenta; déjà vu;
jamais vu; paura
Si vedono
case e alberi che non sono presenti
Si percepiscono odori cattivi
o inusuali
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F7-T3
T3-T5
T5-O1
Fp2-F8
F8-T4
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T4-O2
Punte ripetute sopra la regione temporale sinistra
finate a un solo emisfero; possono verificarsi a ogni età.
Le crisi focali che non comportano perdita dello stato
di vigilanza o di coscienza sono denominate crisi parziali semplici, mentre quelle che comportano tale alterazione vengono denominate crisi parziali complesse. Le
crisi senza alterazione dello stato di coscienza o di vigilanza si dividono ancora in (1) crisi con componenti
motorie o autonomiche e (2) crisi con fenomeni soggettivi sensoriali o psichici. I segni e i sintomi delle crisi
Afasia
Movimenti di masticamento,
la lingua bagna le
labbra in continuazione,
presenza di automatismi
(vengono pizzicati
gli indumenti)
focali dipendono dalla localizzazione del focus all’interno del cervello. Gli eventi che coinvolgono la corteccia
motoria perlopiù consistono in movimenti ritmici o
semiritmici clonici della faccia, del braccio o della gamba; la diagnosi di questa condizione non è solitamente
difficoltosa. Le crisi convulsive con sintomi somatosensoriali, autonomici e psichici (allucinazioni, alterazioni
percettive, déjà vu) possono essere di più complessa identificazione.
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Tavola 3.3
Sistema nervoso: VOLUME I
Incontinenza
CRISI
Fp1-F3
EPILETTICHE (Seguito)
Fp2-F4
Più comunemente, i sintomi psichici si presentano
come componenti di una crisi focale con alterazione della coscienza e della reattività. Le crisi focali con alterazione della coscienza o della vigilanza (crisi parziali
complesse), un tempo denominate crisi psicomotorie o
del lobo temporale, sono comunemente evidenziabili sia
nei bambini sia negli adulti. L’inizio di una crisi focale
(ovvero l’aura) può essere un segnale per il paziente che
lo avvisa dell’approssimarsi di un evento di più ampia
portata; è importante evidenziare che l’aura può consentire al clinico di determinare l’area corticale dalla quale
si origina il fenomeno epilettico.
L’alterazione della coscienza o della vigilanza può essere molto lieve; ad esempio, il paziente può non rispondere ai comandi o rispondere in un modo rallentato.
Sebbene le crisi di tipo focale con alterazioni della coscienza o della vigilanza possano essere caratterizzate da
semplice fissità dello sguardo e anomala reattività, il
comportamento è solitamente molto più complesso. Durante il periodo in cui si verifica l’alterazione dello stato
di coscienza sono comuni automatismi, comportamenti
semivolontari di cui il paziente non si accorge e che pertanto non è in grado di ricordare. Le tipologie di comportamento automatico sono abbastanza variabili e inducono il paziente a compiere smorfie facciali, a gesticolare, a masticare, a corrugare le labbra, a schioccare le
dita e a ripetere frasi. Il paziente non è in grado di ricordare completamente questo genere di attività dopo le
crisi. La maggior parte dei pazienti presenta alterazioni
di tipo postictale, ad esempio stanchezza e confusione.
L’EEG nelle crisi focali è caratterizzato da punte o
onde puntute. Vi è spesso una relazione tra la localizzazione delle punte e il tipo di crisi, ovvero punte nel lobo
occipitale sono associate a crisi dello stesso lobo; similmente, punte nel lobo frontale sono associate a crisi del
lobo frontale.
Tipologie diverse di crisi possono evolvere in successione temporale nello stesso paziente. Ad esempio, una
crisi focale che inizia con uno stato normale di coscienza
e di vigilanza può associarsi ad alterazioni della coscienza e diventare generalizzata nel momento in cui le crisi,
iniziate a livello di un solo circuito neurale locale, coinvolgono un’area più estesa del cervello e, da ultimo, entrambi gli emisferi.
C3-P3
C4-P4
P3-O1
Grido (pianto)
epilettico
Cianosi
Irrigidimento generalizzato
del corpo e degli arti,
con inarcamento posteriore
(opistotono)
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100 !V
Punte generalizzate
1s
veloci e ripetute
con artefatti muscolari
Incontinenza
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Cianosi
Schiuma salivare
Ammiccamento
Spasmi
clonici
degli arti,
del corpo
e della testa
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Punte e onde lente
generalizzate
100 !V
1s
Fp1-F3
Fp2-F4
C3-P3
Assenza
di reattività
C4-P4
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CRISI GENERALIZZATE:
CRISI TONICO-CLONICHE
Le crisi generalizzate tonico-cloniche, o grande male,
costituiscono il tipo più grave di manifestazione epilettica. Si presentano con un’improvvisa perdita di coscienza, un irrigidimento tonico generalizzato e l’estensione
del corpo secondaria all’ampia contrazione dei muscoli.
Il paziente può emettere un grido acuto che risulta dall’espirazione forzata dell’aria dai polmoni attraverso le
corde vocali serrate. La cessazione del respiro associata
a cianosi è secondaria alla contrazione tonica dei muscoli che impedisce i normali movimenti respiratori; il paziente spesso si morde la lingua. La salivazione è tipica,
poiché il paziente non è in grado di ingoiare; inoltre, è
spesso presente incontinenza urinaria.
L’iniziale fase tonica è seguita da una fase clonica, nella
quale le contrazioni cloniche generalizzate bilateralmen-
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Fuoriuscita
salivare
Corpo e arti
si afflosciano
te sincrone si alternano a brevi periodi di rilassamento.
Quando il periodo di rilassamento si fa più lungo, i movimenti clonici decrescono gradualmente e infine cessano.
Nel periodo postictale della crisi convulsiva, il paziente
è stanco, in stato di ottundimento e non reattivo. La
fase ictale può durare circa 1 o 2 minuti, la fase postictale da 5 a 20 minuti. In seguito, il paziente può riprendere coscienza, ma resta in stato di confusione e, se
P4-O2
Attenuazione
generalizzata
1s
100 !V
lasciato indisturbato, può dormire per circa 1 ora e risvegliarsi con cefalea e indolenzimento muscolare.
Gli eventi tonico-clonici possono verificarsi a qualsiasi età. Esistono crisi generalizzate primarie, che sono
generalizzate sin dall’esordio, e convulsioni generalizzate secondarie, che iniziano come eventi focali e diventano solo in seguito generalizzate nel momento in cui
l’attività progredisce e coinvolge aree cerebrali più diffuse.
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Epilessia
Tavola 3.4
Corteccia
Le crisi tipo assenza
rappresentano
l’anomala interazione
che si verifica
tra i meccanismi
di trasmissione talamici
e quelli corticali
CRISI
Talamo
EPILETTICHE (Seguito)
Crisi generalizzata bilaterale
L’EEG mostra vari tipi di attività che corrispondono
alle differenti fasi. Durante la fase tonica, il tracciato
mostra scariche di punte rapide, veloci, ripetitive e generalizzate. Durante quella clonica, invece, il tracciato
mostra scariche di punta-onda; le punte corrispondono
alle contrazioni cloniche, mentre le onde lente al periodo di rilassamento. Infine, durante la fase postictale, il
tracciato EEG mostra un’attenuazione generalizzata
dell’attività di fondo seguita da un suo rallentamento, che sparisce gradualmente quando il paziente si
riprende.
CRISI GENERALIZZATE: CRISI TIPO ASSENZA
Le crisi tipo assenza iniziano tipicamente nell’infanzia,
sebbene sia possibile individuarle anche in soggetti adulti. Sono eventi generalizzati e indicano un coinvolgimento iniziale biemisferico. Le assenze iniziano improvvisamente senza un’aura, durano da pochi secondi a qualche minuto e finiscono altrettanto improvvisamente; il
viso assume un aspetto assente e distante. Durante le
crisi spesso sono presenti vari automatismi e una moderata attività motoria di tipo clonico. Il paziente il più
delle volte non si accorge di avere una crisi, ma di avere
un periodo di “assenza”.
Se il paziente non viene curato le assenze possono verificarsi frequentemente durante la giornata ed essere
peggiorate dall’iperventilazione.
Esistono quattro sindromi principali nelle quali le assenze costituiscono la componente più importante: epilessia a tipo assenza infantile (picnolessia), epilessia a
tipo assenza giovanile, epilessia mioclonica giovanile ed
epilessia con assenze miocloniche. Le epilessie con assenza sembrano avere una complessa base genetica. Le
crisi tipo assenza atipica, solitamente si verificano in
bambini con anomalie cognitive che hanno anche altre
tipologie di eventi epilettici, sono spesso più lunghe e
con esordio meno circostanziato di quelle tipiche..
L’EEG mostra scariche di complessi punta-onda bilaterali, simmetrici e sincroni con frequenza di 3 Hz; l’attività di fondo tra una crisi e la successiva è normale.
Nell’assenza atipica, le scariche hanno morfologia irregolare e frequenza inferiore ai 3 Hz.
ALTRE CRISI GENERALIZZATE
Crisi miocloniche. Le crisi miocloniche sono caratterizzate da contrazioni improvvise, brevi (<350 ms) e simili
a scosse che possono essere generalizzate, confinate al
viso e al tronco (o a una o più estremità) o localizzate
anche in singoli muscoli o gruppi di muscoli. Tali eventi possono essere drammatici, in grado di far cadere il
paziente a terra, o abbastanza lievi, simili al tremore. A
causa della brevità della crisi, non è possibile determinare se vi siano anomalie nello stato di coscienza. Il mioclono può manifestarsi come componente di un’assenza
o all’inizio di una crisi CGT. Il pattern intercritico EEG
consiste di scariche generalizzate di punta-onda.
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Perdita di attenzione
Sguardo fisso
Esordio rapido
Il bambino è vigile e attento
prima e dopo la crisi
Ammiccamento
o spostamento
verso l’alto
dei globi
oculari
Rapida cessazione
Fp1-F3
F3-C3
Fp1-P3
Fp2-F4
F4-C4
C4-P4
EEG. Pattern di assenza atipica. La crisi atipica
può essere associata a ritardo mentale
e a crisi toniche o atoniche
Crisi tipo assenza tipica.
Menomazione
della coscienza
e della reattività
per 2-15 secondi
F7-T3
F3-C3
C3-P3
F3-T4
F4-C4
C4-P4
EEG. Pattern di assenza tipica
Crisi toniche. Le crisi toniche sono brevi (durano
solitamente meno di 60 secondi) e hanno esordio improvviso con incremento del tono dei muscoli estensori. Se si trova in piedi, il paziente solitamente cade
a terra. L’attività elettromiografica aumenta drasticamente nelle crisi toniche; vi sono concomitanti anomalie dello stato di coscienza. Le manifestazioni EEG
ictali solitamente consistono in punte bilaterali e sincrone di 10-25 Hz di medio-alto voltaggio con prevalenza
frontale.
Crisi atoniche. Le crisi atoniche (astatiche), o “crisi
con caduta improvvisa”, sono caratterizzate dalla perdita improvvisa del tono muscolare; esse iniziano senza un
segnale di avviso e se il paziente si trova in piedi, cade.
Poiché può esserci un’improvvisa e totale perdita di tono,
il bambino non ha modo di proteggersi e possono verificarsi lesioni. L’attacco può essere frammentario e condurre solo alla caduta della testa, all’abbassamento della
mandibola o al cedimento di un arto. Nelle crisi atoniche,
si osserva un’interruzione dell’attività elettromiografica.
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Tavola 3.5
Sistema nervoso: VOLUME I
Abduzione
delle braccia
Flessione
della testa
e del torso
F4-C4
C4-O2
Estensione
delle gambe
F3-C3
C3-O1
Crisi “jackknife”
SINDROMI
EPILETTICHE
Una volta identificato il tipo di crisi, è di grande aiuto
per il clinico cercare di determinare la corrispondente
sindrome epilettica. Una sindrome epilettica costituisce
un cluster di caratteristiche cliniche ed elettroencefalografiche che accadono comunemente insieme. L’identificazione di una sindrome epilettica aiuta a identificare
l’eziologia e fornisce al clinico le indicazioni sulla prognosi a lungo termine.
Un esempio di sindrome epilettica con crisi generalizzate è l’epilessia mioclonica giovanile (Juvenile Myoclonic
Epilepsy, JME). Le crisi sono generalmente tonico-cloniche, di assenza o miocloniche; spesso si verificano al
risveglio. Le crisi hanno inizio nell’individuo sano o
nell’adolescenza o nella precoce età adulta. L’EEG intercritico mostra un pattern di scariche di potenziali
punta-onda a una frequenza di 3,5-6,0 Hz, mentre le
indagini di neuroimaging risultano normali. Sebbene sia
solitamente possibile controllare gli eventi con farmaci
antiepilettici, la patologia dura tutta la vita. Non è stata
identificata una mutazione a livello di un singolo gene e
molti ricercatori ritengono che la condizione possa coinvolgere molteplici geni. Una volta posta la diagnosi di
JME, al paziente vengono fornite adeguate informazioni sulla prognosi e il trattamento.
L’epilessia benigna rolandica, chiamata anche epilessia
benigna dell’infanzia con punte a livello centro-temporale, è una patologia genetica limitata al bambino, caratterizzata da crisi notturne generalizzate con probabile
esordio focale e da crisi semplici parziali diurne che originano dall’area rolandica inferiore con un pattern EEG
di punte centrali e medio-temporali. Sono caratteristiche
delle crisi diurne (1) la stimolazione somatosensoriale
della cavità oro-buccale, (2) l’arresto dell’eloquio, (3) il
mantenimento della coscienza, (4) l’abbondante salivazione e (5) l’attività clonica o tonico-clonica a livello del
viso; è meno frequente la sensazione somatosensoriale
che può diffondersi alla faccia o a un braccio. La maggior
parte delle crisi interessa il viso e l’arresto dell’eloquio
può caratterizzare l’inizio della crisi o verificarsi durante
il suo corso. La coscienza è raramente compromessa durante le crisi diurne, sebbene il bambino non sia in grado
di parlare a causa del coinvolgimento motorio. Spesso i
gesti del bambino segnalano ai genitori la sua completa
coscienza durante l’evento. L’EEG intercritico è caratteristico, solitamente con punte difasiche e una prominente onda lenta a seguire. Le onde puntute sono
singole o in gruppo nella regione centrale (rolandica) o
medio-temporale.
Gli spasmi infantili costituiscono brevi episodi di movimento tonico dei flessori o degli estensori, o di entrambi, a livello del corpo e delle estremità. Tali spasmi si
verificano nei neonati e nei bambini più piccoli fino ai 4
anni e solitamente sono causati da un grave danno avve-
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EEG. Ipsaritmia tipica del pattern intercritico
nel bambino affetto da spasmi infantili
Spasmi
delle braccia,
delle spalle
e della testa
Normale
Normal
Cromosoma 6
Gli episodi si verificano tipicamente subito dopo il risveglio
EEG. Punte e polipunte seguite da onde lente
alla frequenza di 3-6 Hz
Eterozigote affetto
Normale
Fp2-F8
F8-T4
T4-T6
Modello di ereditarietà
dominante
C3-Cz
Crisi autonomica,
sensoriale o motoria
che interessa il viso
o l’orofaringe
Cz-C4
C4-T4
Le crisi si verificano di frequente durante il sonno
EEG: pattern tipico di epilessia benigna rolandica
nuto prima o subito dopo il parto, oppure derivano da
una lesione o da un processo patologico risalente ai primi
mesi della crescita o comunque entro il primo anno di
vita. Uno dei tipi più comuni di spasmo infantile è caratterizzato dalla flessione in avanti della testa e del corpo
mentre le braccia vengono sollevate in avanti o verso
l’esterno. L’EEG negli spasmi infantili mostra un pattern
caratteristico denominato ipsaritmia, che consiste di pun-
te multifocali di grande ampiezza e onde lente. Durante
gli spasmi, il tracciato mostra un improvviso e generalizzato decremento dell’ampiezza dell’attività in corso.
Tale condizione è spesso trattata con la somministrazione di ormone adrenocorticotropo o corticosteroidi; il
clonazepam è usato solo di rado e, in alcune condizioni
particolarmente refrattarie, una dieta chetogenica può
essere di aiuto nel suo controllo.
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
15/09/14 11.12
Epilessia
Tavola 3.6
I neonati presentano più comunemente crisi di tipo focale. In questo esempio, il neonato sta avendo
una crisi clonica focale a livello del braccio sinistro con una deviazione verso sinistra degli occhi.
L’EEG mostra una crisi con punte ritmiche che provengono dall’emisfero destro.
La crisi dell’emisfero destro è responsabile sia dello spasmo del braccio sia della deviazione oculare
CRISI
NEONATALI
Le crisi neonatali costituiscono uno dei segni neurologici più comuni nei neonati; poiché possono essere il
primo e unico segno di un disturbo del sistema nervoso
centrale, è estremamente importante riconoscerle. Vi è
una notevole differenza comportamentale tra i neonati
e i bambini più grandi e gli adulti durante gli episodi. I
neonati non sono in grado di sviluppare scariche epilettiformi generalizzate e non si verificano crisi tonico-cloniche generalizzate o di assenza. Le caratteristiche specifiche dell’EEG neonatale dipendono dall’immaturità
dell’organizzazione corticale e della mielinizzazione.
Le crisi neonatali si classificano in cloniche, toniche e
miocloniche. Le crisi cloniche consistono in spasmi ritmici di gruppi di muscoli e si manifestano con un pattern
focale o con un pattern multifocale; nel pattern clonico
multifocale, i movimenti possono spostarsi da una parte
del corpo all’altra. Sebbene le crisi focali possano essere
presenti nelle lesioni cerebrali localizzate, come negli
ictus neonatali, esse sono presenti anche nelle lesioni che
danneggiano più diffusamente il parenchima, come
nell’asfissia, nell’emorragia subaracnoidea, nell’ipoglicemia e nelle infezioni. Nelle crisi toniche, il neonato sviluppa una postura asimmetrica del tronco o mostra la
deviazione degli occhi verso un lato. Le crisi miocloniche, invece, sono simili a quelle dei bambini più grandi
e consistono in rapidi spasmi muscolari; esse sono costituite da spasmi bilaterali, sebbene possa occasionalmente verificarsi un mioclono focale o unilaterale.
I neonati affetti da patologia spesso mostrano un comportamento ripetitivo e stereotipato che può essere confuso con le crisi; questi atteggiamenti comprendono: una
suzione ripetitiva, altri movimenti orali, buccali e linguali, l’assunzione di una postura anomala, movimenti di
pedalamento delle gambe o a pagaia delle braccia, ammiccamenti, fissità dello sguardo con o senza deviazione
oculare, nistagmo e apnea. Quando si verificano questi
comportamenti durante la registrazione EEG, solitamenATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Temporale
sinistra
Centrale
sinistra
Centrale
destra
Temporale
destra
Le punte ritmiche nella regione centrale destra dell’EEG corrispondono alla regione
cerebrale in cui è sita l’origine dell’episodio
te non si evidenzia attività epilettiforme e, similmente,
anche quando l’atteggiamento tonico è assunto contemporaneamente dalle quattro estremità e dal tronco, di
rado appaiono sul tracciato scariche epilettiformi. Un
mioclono non associato a scariche epilettiformi può,
pertanto, essere individuato anche nei neonati affetti da
qualche altra malattia.
Nonostante la diagnosi di una crisi si basi principalmente sull’osservazione clinica, l’EEG è comunque di
estrema utilità per confermare la presenza delle crisi
epilettiche; inoltre, l’esecuzione del tracciato elettroencefalografico ha il ruolo di identificare le crisi nei bambini paralizzati o nella valutazione della risposta ai
farmaci antiepilettici.
71
15/09/14 11.12
Tavola 3.7
Sistema nervoso: VOLUME I
Lorazepam
Fenitoina
Fenobarbitale
Anestesia
generale
(ad es.
midazolam,
tiopentale
sodico, propofol)
con assistenza
ventilatoria
Monitoraggio ECG
Monitoraggio EEG
ev
Iniez
i
dei fa one
rmac
i
Intubazione
endotracheale
Supporto
ventilatorio
Monitoraggio pressorio
Incontinenza
Spasmi tonico-clonici ripetuti del corpo e degli arti
STATO
DI MALE EPILETTICO
Lo stato di male epilettico è la situazione nella quale il
meccanismo che solitamente pone fine alle crisi non è
efficace; è generalmente definito da una crisi o da una
serie di crisi senza completo recupero della coscienza tra
un episodio e il successivo, della durata di almeno 30
minuti. Esistono due tipi principali di stato di male epilettico: convulsivo e non convulsivo.
Lo stato di male epilettico convulsivo (Convulsive Status
Epilepticus, CSE) costituisce una delle più comuni emergenze mediche neurologiche ed è associato a mortalità e
morbilità. Nei soggetti epilettici, il CSE spesso è provocato dalla sospensione o dalla riduzione dei farmaci antiepilettici; tuttavia, più del 50% dei soggetti con CSE
non ha mai avuto precedenti crisi epilettiche. Le cause
più comuni nel bambino sono costituite dalla febbre,
dalla meningite o da un precedente disturbo neurologico,
ad esempio la paralisi cerebrale. Nell’adulto, invece, il
CSE è spesso causato da alterazioni cerebrovascolari, da
anossia cerebrale, da astinenza alcolica, abuso di farmaci
o tumori. Per minimizzare il rischio di un esito infausto,
farmaci come il diazepam rettale dovrebbero essere sempre a disposizione del personale tecnico di emergenza
per una pronta somministrazione e un successivo urgente trasferimento presso il più vicino pronto soccorso. In
ospedale, è importante garantire e mantenere il supporto ventilatorio, analizzare lo status cardiorespiratorio e
le altre funzioni vitali, coadiuvandole se necessario; devono essere effettuati prelievi ematici e deve essere somministrata una normale soluzione salina. Il trattamento
iniziale ospedaliero è solitamente costituito da benzodiazepina a somministrazione endovenosa, ad esempio il
lorazepam. Se le benzodiazepine falliscono nel porre
termine alle convulsioni, possono essere somministrati
la fenitoina o il fenobarbitale; in caso di fallimento anche
di questi altri presidi terapeutici, si può far ricorso all’anestesia generale e alla ventilazione artificiale.
72
0016_sezione_3_0065-0078.indd 72
Fp1-A2
Fp2F3F4C3C4Scariche punta-onda continue,
ripetitive e generalizzate
Lo stato di male epilettico non convulsivo (NonConvulsive
Status Epilepticus, NCSE) si riferisce a una situazione nella quale vi è evidenza elettroencefalografica di anomalie
epilettiformi continue in assenza di chiare manifestazioni motorie. Un NCSE nel paziente epilettico spesso si
verifica nel contesto di un’epilessia a tipo assenza e di
crisi focali, in particolare in quelle che originano nel lobo
temporale. I pazienti in stato confusionale possono avere
1s
100 !V
un NCSE e quelli dei reparti di terapia intensiva possono
svilupparlo. Poiché esso può peggiorare la prognosi della condizione medica sottostante, è raccomandato il trattamento; tuttavia, non è certo se una terapia aggressiva
con anestetici sia giustificata. L’epilessia parziale continua
costituisce una situazione nella quale vi è attività motoria
focale continua che può perdurare mesi o anni; è più
comunemente causata dall’encefalite di Rasmussen.
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
15/09/14 11.12
Tavola 3.8
Epilessia
Anossia
Ipoglicemia
Farmaci
Sindrome
da astinenza
da farmaci
Sindrome
da astinenza
da alcol
Metaboliche
Elettrolitiche
Biochimiche
Ignote
(predisposizione genetica
o biochimica)
CAUSE
Errori
congeniti del
metabolismo
DELLE CRISI
L’eziologia dell’epilessia è classificata in tre ampie categorie: genetica, strutturale e ignota.
Cause genetiche e neurometaboliche. Esistono molte
cause genetiche e neurometaboliche alla base delle crisi
e tipicamente si manifestano nell’infanzia. I disturbi genetici includono l’epilessia mioclonica infantile, la sclerosi tuberosa, la sindrome di Rett, la sindrome di
Angelman e dell’X fragile. I disturbi metabolici, invece,
che pure possono avere una causa genetica, determinano
anomalie del metabolismo che possono rendersi evidenti con crisi. Possono causare crisi molto gravi le anomalie del ciclo dell’urea, la dipendenza da piridossina e il
deficit del trasportatore di glucosio.
Cause strutturali. I tipi più comuni di patologia cerebrale in grado di dare origine alle crisi sono costituiti dai
tumori, dalle lesioni vascolari, dalle patologie infettive,
dalle malformazioni cerebrali congenite e da processi
biochimici o degenerativi patologici che interessano il
cervello.
Il tumore cerebrale è una causa importante di crisi, in
particolare nel paziente adulto, in cui diviene la causa
progressivamente più probabile nel periodo che segue la
2a decade; rappresenta invece il principale fattore eziologico nella 4a e 5a decade. Si dovrebbe porre il sospetto
di un tumore cerebrale in ogni soggetto che abbia presentato l’esordio di crisi, specialmente di tipo focale,
dopo i 20 anni.
Il trauma cranico rappresenta un’importante causa di
crisi, le quali possono verificarsi subito dopo la lesione
o, più spesso, diversi mesi o alcuni anni dopo. I fattori
che incrementano il rischio di sviluppare crisi post-traumatiche sono costituiti da una lesione cranica penetrante, da un grave danneggiamento cerebrale, da prolungati periodi di coscienza compromessa, da amnesia posttraumatica, da complicanze nella guarigione delle ferite
e da un deficit neurologico persistente.
La patologia cerebrovascolare è una delle cause più comuni di crisi nei soggetti più anziani, in particolare quelli dopo i 50 anni. Le crisi possono presentarsi transitoriamente dopo un ictus acuto (trombotico, embolico
o emorragico) o svilupparsi in seguito, come esito di un
evento cerebrovascolare. Sebbene poco comuni, anche
le malformazioni arterovenose sono frequentemente associate a crisi convulsive; altre patologie vascolari includono ematomi subdurali, trombosi venosa ed encefalopatia ipertensiva.
Crisi epilettiche possono verificarsi anche in occasione di infezioni acute del sistema nervoso o come complicanza dell’insulto a carico del sistema nervoso per un
processo infiammatorio. I pazienti con ascessi cerebrali
presentano un’elevata incidenza di crisi; encefaliti e meATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
0016_sezione_3_0065-0078.indd 73
Neoplastiche
Vascolari (infarto o emorragia)
Lissencefalia
Traumatiche
(frattura, ferita
penetrante)
Infettive
(ascesso,
encefalite)
Malattie congenite
o ereditarie (sclerosi tuberosa)
Complesso della sclerosi tuberosa
ningoencefaliti possono essere associate a eventi focali o
generalizzati.
Infine, anche le malformazioni cerebrali congenite costituiscono una causa comune. Con i miglioramenti nelle
tecniche di neuroimaging, è stato possibile determinare
che i pazienti una volta ritenuti affetti da epilessia idiopatica sono in verità portatori di malformazioni cerebrali; la gravità degli episodi è connessa al tipo e all’estensione delle malformazioni.
Cause sistemiche. I processi o le anomalie patologiche
in grado di provocare le crisi includono un’ampia gamma
di disturbi metabolici, elettrolitici e biochimici: ipossia,
ipoglicemia, processi tossici, farmaci e astinenza improvvisa da farmaci o alcol.
Varie condizioni, tra le quali febbre, stanchezza, privazione del sonno, luci intermittenti, suoni o fattori emotivi,
possono aggravare gli eventi nei soggetti suscettibili; nei
bambini più piccoli la causa più comune è data dalla febbre.
73
15/09/14 11.12
Tavola 3.9
DELL’EPILESSIA
La caratteristica chiave nei meccanismi di segnalazione
elettrochimica cerebrale è costituita dalla membrana
neuronale. Similmente alle altre membrane cellulari, la
membrana neuronale è costituita da un doppio strato
fosfolipidico, che impedisce lo scambio di substrati ionizzati tra la cellula e l’ambiente circostante e ciò è di
importanza critica per i meccanismi di segnalazione elettrica. L’interno della cellula a riposo è caricato negativamente rispetto all’esterno, a causa delle differenze nella
concentrazione ionica. Il sodio (Na+), il calcio (Ca2+) e lo
ione cloruro (Cl−) si trovano prevalentemente nell’ambiente extracellulare, mentre gli ioni K+ e gli ioni organici hanno prevalente concentrazione intracellulare.
Questi gradienti di concentrazione sono dovuti a specifici trasportatori che usano le riserve di energie della
cellula per spostare continuamente gli ioni verso l’interno e verso l’esterno. Le pompe ioniche creano delle differenze di concentrazione (tra l’interno e l’esterno del
neurone) trasportando ioni contro il loro gradiente (ovvero da regioni a bassa concentrazione verso regioni ad
alta concentrazione). Il gradiente di concentrazione che
si determina attraverso la membrana fornisce l’energia
elettrochimica necessaria alla conduzione del segnale. Le
molecole ioniche fluiscono attraverso la membrana per
mezzo di canali proteici; la maggior parte dei canali è
selettiva per uno ione e consente il passaggio solo di
quello ione specifico. Diversamente dal trasporto continuo operato dalle pompe ioniche, il trasporto a livello
dei canali ionici non è continuo: essi si aprono e chiudono solo in risposta a segnali che provengono dall’ambiente. I canali voltaggio-dipendenti si aprono o chiudono in
risposta a modificazioni nel potenziale elettrico attraverso la membrana cellulare, mentre i canali ligando-dipendenti richiedono il legame con una particolare molecola
di segnale.
I due ioni più importanti per la trasmissione dei potenziali d’azioni sono lo ione Na+ e lo ione K+. I canali
per il Na+ voltaggio-dipendenti possono trovarsi in tre
stati diversi: disattivato (chiuso), attivato (aperto) e inattivato (chiuso). Durante l’eccitazione della cellula, i canali per lo ione Na+ si attivano attraverso l’apertura di
un “cancello di attivazione” intracellulare; tale apertura
consente al Na+ di entrare nella cellula. Una volta che
alcuni canali ionici per il Na+ iniziano ad aprirsi, il voltaggio scende ulteriormente causando l’apertura di più
canali fino alla depolarizzazione della membrana. I canali per il Na+ sono più sensibili alle modificazioni del
voltaggio rispetto ai canali per il K+ e si aprono, pertanto, più rapidamente. Nella depolarizzazione, quindi, gli
ioni Na+ fluiscono nella cellula più velocemente di quanto non escano gli ioni K+. Tale depolarizzazione improvvisa, chiamata potenziale d’azione, si trasforma in breve
tempo in una differenza di potenziale pari a +30 millivolt.
Una volta che si siano aperti i canali ionici per il K+
voltaggio-dipendenti ad apertura lenta e che siano fuoriusciti gli ioni K+, ha termine il potenziale d’azione.
L’attivazione dei canali per il Na+ è seguita dalla loro
veloce inattivazione a causa di un “cancello di inattivazione” che blocca l’interno del canale medesimo. Durante un potenziale d’azione, il canale rimane inattivato per
pochi millisecondi dopo la depolarizzazione; l’inattivazione è rimossa quando il potenziale di membrana si
ripolarizza dopo la fase di caduta del potenziale d’azione.
Ciò consente ai canali di poter essere nuovamente attivati durante il successivo potenziale d’azione. In definitiva, è possibile dire che i canali ionici per il Na+ iniziano
il potenziale d’azione, mentre i canali per il K+ lo termi-
74
0016_sezione_3_0065-0078.indd 74
Il movimento degli ioni dipende sia dalla loro concentrazione sia dalle forze
elettrostatiche. Il flusso ionico da una regione a più alta concentrazione verso
una regione a più bassa concentrazione è rappresentato dal flusso degli ioni K+
dall’interno della cellula (dove la concentrazione è elevata) verso l’esterno
(dove la concentrazione è più bassa).
Na+
Cl–
Cl–
Na+
Na+
Gli ioni sono attratti dalle cariche di polarità opposta. In questo esempio, gli ioni
K+ si muovono dall’ambiente extracellulare (positivo rispetto allo spazio intracellulare,
che invece è negativo). Sia la loro concentrazione sia le forze elettrostatiche
determinano la direzione del flusso ionico. Il potenziale di equilibrio ionico
è il potenziale di membrana, al quale un particolare ione non si muove più verso
l’una o l’altra direzione.
Cl–
Na+
Na+
Cl–
Cl–
Na+
K+
Na+
Cl–
Il gradiente di concentrazione spinge gli ioni
K+ fuori dalla cellula
K+
Ambiente
extracellulare
La differenza di potenziale
elettrico spinge gli ioni K+
dentro la cellula
Nello stato di riposo non si verifica alcun flusso ionico a causa della chiusura del cancello di attivazione. Quando la membrana
inizia a depolarizzarsi, il cancello di attivazione si apre e si verifica il flusso ionico. Quando la cellula si depolarizza, il cancello di inattivazione si chiude e il flusso
ionico si interrompe. Solo quando la cellula si ripolarizza, il canale per il sodio torna nello stato di riposo.
Na+
Na+
Na+
Na+
Na+
Na+
Il potenziale d’azione è un evento di breve durata in cui il potenziale elettrico
di membrana sale e scende rapidamente. Esso inizia con un ingresso di ioni Na+
che cambia il gradiente elettrochimico; tale gradiente, a sua volta, produce
un’ulteriore modificazione del potenziale di membrana. Questi eventi producono
l’apertura di altri canali e si determina una più grande corrente elettrica.
Il processo descritto procede sino a quando non sia avvenuta l’apertura
della maggior parte dei canali disponibili, il che esita in una larga oscillazione
verso l’alto del potenziale di membrana. Il rapido ingresso degli ioni Na+
determina uno stravolgimento della polarità della membrana plasmatica
con successiva repentina inattivazione dei canali ionici. A questo punto, avviene
l’attivazione dei canali per il potassio con fuoriuscita di K+ e ripristino
del gradiente elettrochimico dello stato di riposo. Dopo un potenziale d’azione
si verifica uno spostamento transitorio verso una maggiore negatività interna,
definita iperpolarizzazione postuma o periodo refrattario, dovuta
al perdurare delle correnti di potassio.
Differenza del potenziale di membrana (mV)
NEUROBIOLOGIA
Sistema nervoso: VOLUME I
Na+
Na+
Na+
Na+
Il rilascio di un neurotrasmettitore è scatenato dall’arrivo di un impulso
nervoso (o potenziale d’azione) e si verifica mediante un processo
di esocitosi. Entro la terminazione nervosa presinaptica si trovano
le vescicole contenenti il neurotrasmettitore a livello della membrana
sinaptica. L’arrivo del potenziale d’azione comporta l’ingresso di ioni
Ca2+ attraverso i canali voltaggio-dipendenti selettivi per il Ca2+. Tali
ioni si legano quindi ad alcune proteine presenti nella membrana
delle vescicole sinaptiche consentendo loro di fondersi con la membrana
presinaptica e di determinare la creazione di un poro di fusione.
A questo punto, le vescicole rilasciano il loro contenuto nello spazio
intersinaptico.
Na+
K+
40
30
20
10
Potenziale d’azione
0
–10
–20
–30
–40
–50
Na+
Ca2+
K+
Ca2+
Conduttanza Na+
Ca2+
Conduttanza K+
Ca2+
–60
–70
Neurotrasmettitore eccitatorio
Canale Na+ ligando-dipendente
Na+
Na+
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
15/09/14 11.12
Tavola 3.10
NEUROBIOLOGIA
(Seguito)
Epilessia
DELL’EPILESSIA
. Neurone postsinaptico sul quale giungono diverse fibre afferenti presinaptiche. Le fibre colorate in rosa
conducono segnali eccitatori attraverso lo spazio intersinaptico e fino al neurone postsinaptico. Le fibre
in blu trasportano informazioni inibitorie al neurone postsinaptico.
Fibra inibitoria
nano. Da ultimo, i canali si chiudono, e la pompa del
sodio ripristina il potenziale di riposo pari a −70 millivolt.
La polarità di membrana è determinata anche dai canali ligando-dipendenti che si aprono quando i neurotrasmettitori, i ligandi della trasmissione sinaptica, si
legano a specifici recettori connessi ai canali. Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio, mentre il principale neurotrasmettitore inibitorio è l’acido
-amminobutirrico (GABA). La trasmissione sinaptica è
mediata dal glutammato che viene rilasciato dai neuroni
piramidali e che depolarizza ed eccita i neuroni bersaglio
tramite i recettori ionotropici (N-metil-d-aspartato
[NMDA],
acido
-amino-3-idrossi-5-metilisoxazol-4-propionico [AMPA] e acido kainico [KA]). L’apertura dei canali mediata dal glutammato consente al Na+
e al Ca2+ di entrare nella cellula e di produrre la depolarizzazione, mentre l’apertura dei canali mediata dal GABA produce l’ingresso degli ioni Cl−, con iperpolarizzazione.
Una volta generato il potenziale d’azione, esso si propaga fino alla sinapsi. In base al tipo cellulare, viene rilasciato un neurotrasmettitore eccitatorio o inibitorio.
L’effetto del neurotrasmettitore sulla membrana postsinaptica comporta un flusso di corrente verso l’interno o
verso l’esterno della cellula postsinaptica, determinando
in tal modo se la cellula postsinaptica diventi in grado di
generare potenziali d’azione.
L’epilessia è un disordine parossistico caratterizzato
da un’anomala depolarizzazione neuronale. Sebbene l’epilessia abbia molte cause, il disturbo fondamentale è
secondario a un’anomala e sincrona depolarizzazione di
un’intera rete neurale; gli eventi epilettici sono, dunque,
secondari a uno squilibrio tra gli input eccitatori e quelli inibitori.
La caratteristica distintiva dei neuroni epilettici nei
modelli sperimentali di epilessia è data dalla depolarizzazione di membrana, la quale si dimostra come una
punta intercritica registrata dall’EEG. Durante una scarica intercritica, la membrana cellulare vicina al soma è
sottoposta a una depolarizzazione a voltaggio relativamente elevato (circa 10-15 mV) e relativamente protratta nel tempo (100-200 µs). Una così lunga depolarizzazione ha l’effetto di generare un susseguirsi di potenziali d’azione che vengono condotti lontano dal soma
lungo l’assone del neurone. Tale depolarizzazione rappresenta il passaggio parossistico di depolarizzazione
(Paroxymal Depolarization Shift, PDS) ed è causata da uno
squilibrio dei meccanismi eccitatori su quelli inibitori.
Questo incremento eccitatorio (o decremento inibitorio)
può essere secondario a una grande quantità di anomalie,
tra cui anomalie nelle proprietà intrinseche delle membrane neuronali, eccessiva eccitazione mediata dai recettori N-metil-d-aspartato e -amino-3-idrossi-5-metilisoxazol-4-propionico, ridotta inibizione mediata dai
canali del GABA e anomalie nei canali del potassio e del
calcio. L’effetto netto, in ogni caso, è dato da uno squilibrio dell’eccitazione sull’inibizione. Il PDS intercritico
è seguito da un’ampia iperpolarizzazione che serve a limitare la durata dei parossismi intercritici. È importante ricordare che l’area epilettica è formata da numerosi
neuroni anomali che si depolarizzano in modo anomalo
e sincrono. Il PDS può verificarsi a causa di anomalie
intrinseche della membrana in un gruppo di neuroni o a
causa della presenza di un eccessivo input eccitatorio (o
di un ridotto input inibitorio); con il tempo, può verificarsi una perdita progressiva dell’iperpolarizzazione dopo il PDS. Durante la fase tonica delle crisi, i neuroni
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
0016_sezione_3_0065-0078.indd 75
Fibra eccitatoria
Na+
Neurone
presinaptico
Ca2+
Ca2+
Na+
Ca2+
Na+
Neurone
GABAergico
presinaptico
Na+
Ca2+
GABA
Glutammato
Na+
Na+
Cl–
Mg2+
Neurone
postsinaptico
K+
Ca2+
Recettore
NMDA
Na+
Ca2+
Recettore
AMPA
Na+
EPSP
.
A livello dello spazio
intersinaptico eccitatorio viene rilasciato
il glutammato. Tale neurotrasmettitore
attraversa lo spazio intersinaptico e agisce
come agonista a livello dei recettori ionotropici AMPA
e NMDA. Il neurotrasmettitore eccitatorio apre il canale
AMPA consentendo l’ingresso di Na+. Ciò esita
nella depolarizzazione del potenziale di membrana in modo
che la differenza di potenziale attraverso la membrana
diventi positiva (depolarizzazione). Con la depolarizzazione,
vi è rilascio di Mg2+ dal recettore NMDA e gli ioni Na+ e Ca2+
entrano nel neurone postsinaptico. Si genera pertanto
un potenziale postsinaptico eccitatorio (EPSP)
Recettore
NMDA
Na+
Na+
Neurone
GABAergico
presinaptico
Na+
Diminuzione
GABA
K+
Cl–
Mg2+
Neurone
postsinaptico
IPSP
.
Il neurotrasmettitore inibitorio, costituito prevalentemente dal GABA, agisce sui recettori GABA posti sulla membrana neuronale
postsinaptica e consente l’ingresso degli ioni Cl–. Ciò determina
un ulteriore spostamento verso la negatività del potenziale di membrana
(iperpolarizzazione). Si genera, pertanto, un potenziale postsinaptico
inibitorio (IPSP). Nel normale meccanismo di trasmissione sinaptica,
la neurotrasmissione eccitatoria è bilanciata da quella inibitoria in modo
che la somma dei potenziali EPSP e IPSP mantenga la polarità di membrana
al di sotto del livello soglia al quale si verificano le scariche. Lo stato
di equilibrio è definito potenziale di riposo
Ca2+
Na+
Ca2+
Na+
Somma dei
potenziali
EPSP
Na+
Aumento
del glutammato
K+
Cl–
Ca2+
Ca2+
Recettore
GABAB
Neurone
postsinaptico
Na+
Neurone
presinaptico
Ca2+
Recettore GABAA
Ca2+
Recettore
AMPA
Na+
Somma dei
potenziali
EPSP
IPSP
.
Con un
incremento della quantità di neurotrasmettitore
eccitatorio, la membrana del neurone postsinaptico
diventa più positiva con incremento negli EPSP.
La somma dei segnali eccitatori e inibitori si muove
oltre il valore soglia e si verifica un potenziale d’azione
Recettore GABAA
Neurone
postsinaptico
Recettore
GABAB
K+
Cl–
Somma dei
potenziali
EPSP
IPSP
.
Quando si verifica
una diminuzione della quantità di neurotrasmettitore
inibitorio, gli IPSP diminuiscono e la membrana
del neurone postsinaptico diventa più positiva. La somma
dei segnali eccitatori e inibitori si muove oltre il valore
soglia e viene sparato un potenziale d’azione
75
15/09/14 11.12
Sistema nervoso: VOLUME I
Tavola 3.11
Scarica ictale
Punta
(Seguito)
DELL’EPILESSIA
epilettici vanno incontro a una depolarizzazione prolungata con onde di potenziale d’azione; si verificano, invece, oscillazioni del potenziale di membrana con scariche
di potenziali d’azione, separate da periodi di calma durante la fase clonica. La registrazione EEG effettuata
sullo scalpo durante l’evento tonico mostra punte continue. Durante lo stadio clonico, invece, si determinano
potenziali inibitori (con rallentamento o appiattimento
dell’EEG di superficie) che si alternano a PDS ritmici e
ricorrenti (le punte del tracciato).
Le crisi focali possono propagarsi lungo la corteccia e
raggiungere regioni distanti attraverso la sostanza bianca. Con la propagazione, sempre più neuroni sono reclutati attraverso un meccanismo di attivazione sincrona
che può culminare in una crisi tonico-clonica generalizzata.
Spostamento
di depolarizzazione
parossistica (PDS)
Differenza di potenziale (mV)
NEUROBIOLOGIA
Le crisi generalizzate derivano da disfunzioni nelle reti
neuronali che coinvolgono più regioni del cervello. Il
meccanismo di base delle crisi tipo di assenza, e probabilmente anche di altri tipi di crisi generalizzata, coinvolge i circuiti talamocorticali e la generazione di ritmi
oscillatori anomali nei network neuronali. Il circuito
neuronale responsabile della generazione della scarica
oscillatoria talamocorticale include i neuroni corticali
piramidali, i neuroni di relay talamico e il nucleo reticolare talamico (NRT). Le principali connessioni sinaptiche del circuito talamocorticale includono le fibre glutammatergiche, che si estendono tra le cellule piramidali neocorticali e l’NRT; le connessioni GABAergiche tra
le cellule dell’NRT, che attivano i recettori GABAA; le
fibre GABAergiche provenienti dai neuroni dell’NRT,
che attivano i recettori GABAA e GABAB sui neuroni di
relay talamico.
Gli eventi cellulari che sottendono l’abilità dei neuroni dell’NRT di passare da una modalità di scarica oscillatoria a una tonica sono costituiti dai canali a bassa soglia
(T) del Ca2+ presenti nei neuroni talamocorticali e
dell’NRT. Anche una lieve depolarizzazione di questi
neuroni è in grado di attivare tali canali e di consentire
l’ingresso del Ca2+ extracellulare. L’ulteriore depolarizzazione indotta dall’ingresso di Ca2+ supera la soglia per
la scarica critica dei potenziali d’azione. Dopo l’attivazione dei canali T, segue la loro veloce inattivazione, da
cui il nome di “transitori”; la loro inattivazione richiede
un’iperpolarizzazione relativamente lunga mediata dal
recettore GABAB.
Fibre GABAergiche collaterali ricorrenti dai neuroni
dell’NRT attivano i recettori del GABAA sui neuroni
NRT adiacenti. L’attivazione dei recettori GABAA
nell’NRT esita pertanto in un’inibizione dell’output inibitorio ai neuroni talamici di relay. A causa della diminuita attivazione GABAB, potrebbe esserci una probabilità ridotta che si verifichi un’inattivazione Ca2+ con
diminuzione della scarica oscillatoria. In ogni caso, l’attivazione diretta GABAA e GABAB dei neuroni di relay
talamico potrebbe avere effetti negativi, aumentando
l’iperpolarizzazione e incrementando la probabilità di
inattivazione dei canali T. Il ritmo oscillatorio anomalo
nelle crisi tipo assenza può essere causato da anomalie
dei canali per il Ca2+ di tipo T o da un incremento della
funzione GABAB.
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Fase tonica
Fase clonica
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Lo spostamento di depolarizzazione parossistica (PDS) è un marker cellulare di epilessia e consiste in una forte depolarizzazione di un gruppo
di neuroni con potenziali d’azione, come indicato dalle linee verticali sulla prolungata depolarizzazione. Il PDS è seguito dalla ripolarizzazione.
Le fasi di PDS e ripolarizzazione sono segnalate dai complessi punta-onda all’EEG. La crisi si verifica quando vi è una massiccia
depolarizzazione delle cellule senza periodi intervallati di ripolarizzazione. Questo meccanismo dovrebbe corrispondere alla fase tonica
della crisi. Con l’aumento dei meccanismi di inibizione che si verifica durante l’evento, si manifestano cicli di PDS seguiti
da ripolarizzazione. Questo meccanismo corrisponde invece alla fase clonica
Neurone
presinaptico
eccitatorio
Canale Ca2+
voltaggio-dipendente
CRISI GENERALIZZATE
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Complessi punta-onda
Canale Na+
voltaggio-dipendente
Na+
Ca2+
Ca2+
Canale
del potassio
Na+
K+
K+
Rilascio di glutammato
Neurone postsinaptico
Na+
Recettore
NMDA
Ca2+
Na+
Recettore
AMPA
Esempi dei bersagli molecolari dei farmaci antiepilettici che riducono l’eccitabilità. Questo scopo si ottiene attraverso il blocco dei canali
del calcio, del sodio e del potassio o attraverso la riduzione del flusso ionico attraverso i recettori NMDA e AMPA. Il levetiracetam si lega
alle vescicole sinaptiche, provocando una riduzione del rilascio del neurotrasmettitore
GABA
GABA
Neurone
presinaptico
inibitorio
Glia
Semialdeide
succinica
Semialdeide
succinica
Trasportatore
del GABA
Neurone postsinaptico
GABA
Zn2+
Recettore GABAA
Cl–
Esempi dei bersagli molecolari dei farmaci antiepilettici che aumentano i meccanismi inibitori. I farmaci aumentano la quantità di GABA
a livello postsinaptico bloccando la captazione (uptake) del GABA o riducendone la degradazione intracellulare. L’aumento del flusso di ioni
cloruro attraverso il recettore GABA è un meccanismo comune a diversi farmaci inibitori, tra cui si annoverano i barbiturici e le benzodiazepine.
Il levetiracetam rimuove lo zinco dal recettore GABA incrementando le correnti ioniche dello ione cloruro
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Tavola 3.12
Epilessia
Studi di tipo elettrico
Aree del
linguaggio
Aree motorie
Aree sensitive
Aree
del linguaggio
Fasce e griglie
di elettrodi
in posizione
subdurale
Mappatura a griglia
Focus
della crisi
La valutazione preoperatoria ha il compito
di identificare il focus della crisi e le aree
in cui risiedono le funzioni vitali
La stimolazione elettrica a basso
voltaggio degli elettrodi subdurali
consente di mappare le aree
del linguaggio, quelle
motorie, sensitive
e, più in generale,
le altre aree vitali
Contatti
elettrici
Contatti
elettrici
Elettrodo
profondo
Fascia
di elettrodi
subdurale
Ippocampo
Elettrodo sfenoidale
(all’esterno del cervello)
TRATTAMENTO
DELL’EPILESSIA
Sebbene esista un gran numero di possibilità terapeutiche
per il trattamento delle crisi, i tre approcci principali
riguardano l’uso di farmaci antiepilettici, la terapia dietetica e la chirurgia.
La maggior parte dei pazienti è trattata con i farmaci
antiepilettici, che agiscono con vari meccanismi: (1) il
blocco dei canali per il sodio e il calcio e l’apertura dei
canali per il potassio, (2) una riduzione dell’eccitazione
ottenuta tramite il blocco dei recettori per il glutammato e (3) un aumento dell’inibizione tramite l’aumento
delle correnti di GABA o le sue concentrazioni intra- ed
extracellulari.
I farmaci che hanno come obiettivo i canali per il Na+
riducono la probabilità di sviluppare una crisi o aumentano il periodo in cui il canale resta nel suo stato inattivo
o ne alterano la forma. In entrambi i casi, il farmaco
impedisce la scarica ripetitiva delle cellule. Similmente,
i farmaci che agiscono sui canali per il Ca2+ sono usati sia
per bloccare i canali di tipo T, sia quelli ad alto voltaggio,
portando a una diminuzione dell’eccitabilità cellulare. Il
Ca2+ è importante anche per il rilascio dei neurotrasmettitori dalle vescicole sinaptiche; riducendo il rilascio di
glutammato dovrebbe ridursi anche la probabilità che si
verifichi una crisi. Il levetiracetam si lega alle vescicole
sinaptiche e sembra ridurre la frequenza delle crisi grazie
all’alterazione del rilascio dei neurotrasmettitori, mentre
il blocco dell’eccitazione attraverso i recettori NMDA,
AMPA e dell’acido kainico può ridurre l’eccitazione tramite la diminuzione del flusso di ioni Na+ e Ca2+. In
modo analogo, i farmaci che agiscono sui recettori GABAA facilitano il passaggio di ioni Cl− all’interno delle
cellule; il loro ingresso rende il potenziale di membrana
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
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Ippocampo
anteriore
Anestesia emisferica
Lesione
del lobo
temporale
(scarsa
funzione
mnemonica)
Ippocampo
posteriore
nelle aree basali e mediali dei lobi temporali
di riposo più negativo verso l’interno. In questo modo è
più difficile depolarizzare la cellula. Il recettore GABAA
contiene anche i siti recettoriali per le benzodiazepine e
i barbiturici; pertanto, l’attivazione del recettore delle
benzodiazepine aumenta la frequenza di apertura del
recettore GABAA. Anche l’attivazione del recettori dei
barbiturici aumenta la durata dell’apertura del recettore
GABAA. L’effetto del GABA può essere incrementato
anche tramite il blocco della sua ricaptazione a opera dei
Iniezione
intracarotidea
di amobarbitale
Il test di Wada valuta le funzioni mnemoniche,
del linguaggio e della “lateralizzazione”
di un focus di crisi
neuroni e delle cellule gliali, comportando un aumento
della concentrazione del neurotrasmettitore a livello dei
recettori postsinaptici o nella riduzione della sua degradazione nei neuroni grazie all’inibizione della GABAtransaminasi.
Una dieta chetogenica viene tipicamente usata nel
trattamento dei bambini con grave epilessia che non rispondano alla somministrazione dei farmaci antiepilettici. La dieta chetogenica consiste in grandi quantità di
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15/09/14 11.12
Sistema nervoso: VOLUME I
Tavola 3.13
Amigdala
Ippocampo
Lobo temporale
Insula
Residuo dell’amigdala
Residuo del lobo temporale
Ippocampo
Ventricolo laterale
Resezione del lobo temporale che contiene
il focus epilettogeno. L’amigdala
e l’ippocampo distale sono solitamente
inclusi nella resezione
Area di resezione
Circonvoluzione del cingolo
Corpo calloso
3° ventricolo
TRATTAMENTO
(Seguito)
DELL’EPILESSIA
grasso e piccole quantità di carboidrati e proteine. Si
ritiene che le basi dell’efficacia terapeutica di questo tipo
di dieta risiedano nella chetosi che si sviluppa durante la
relativa privazione cerebrale di glucosio come fonte di
energia, quando cioè devono essere utilizzati i corpi chetonici come principale carburante.
I pazienti che non rispondono né ai farmaci antiepilettici né alla dieta chetogenica possono trarre vantaggio
dalla chirurgia. Nei pazienti con focolai epilettici ben
localizzati è possibile la resezione del tessuto epilettico.
Se il focus epilettico si trova in un’area cerebrale che
rende impossibile la resezione, a causa dell’elevata probabilità che compaiano gravi deficit neurologici (deficit
motorio, afasia, compromissione delle facoltà mnemoniche), la chirurgia non è raccomandata. La pratica chirurgica più comune per il trattamento delle crisi focali è
costituita dalla resezione del lobo temporale. Nei soggetti con un emisfero gravemente danneggiato, che presentano deficit motorio unilaterale e in cui le crisi originano proprio da quell’emisfero, un’emisferectomia può
essere curativa. I pazienti con gravi crisi focali che in
seconda istanza generalizzano possono essere aiutati tramite la resezione del corpo calloso (callosotomia); questo
intervento riduce la probabilità che una crisi focale possa generalizzare.
La stimolazione del nervo vago (Vagus Nerve Stimulation, VNS) costituisce un trattamento aggiuntivo per
alcune tipologie di epilessia intrattabile e di depressione
resistente al trattamento. La tecnica VNS usa uno stimo-
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Gangli
della base
Residuo del lobo frontale
L’insula e i gangli
della base sono
risparmiati
Residuo parietoccipitale
Sono sezionati il lobo temporale e la corteccia centrale
soprasilviana, risparmiando i gangli della base.
Sono state tagliate tutte le connessioni dei residui
frontale e parietoccipitale con il corpo calloso.
latore impiantato che invia impulsi elettrici al nervo vago
sinistro nel collo tramite un cavo sottocute. Il X nervo
cranico origina dal midollo allungato e in esso si trovano
fibre sia afferenti sia efferenti. Le fibre vagali afferenti si
connettono al nucleo del tratto solitario che, a sua volta,
proietta verso altre localizzazioni del sistema nervoso
centrale. Si sa poco dell’esatto meccanismo tramite il
Area di resezione
quale la stimolazione vagale migliori il controllo delle
crisi; tuttavia, tra i meccanismi proposti vi sono l’alterazione del rilascio di noradrenalina dalle proiezioni del
tratto solitario che si dirigono al locus coeruleus, elevati
livelli di GABA inibitorio correlati alla stimolazione vagale e inibizione dell’attività corticale aberrante da attivazione del sistema reticolare.
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