di Luigi Cammarota BOZZA TESTO PROWISORIO 132012 Chi l`ha

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Documentario "IL Parco delle Orobie Valtellinesi"
di Luigi Cammarota
BOZZA TESTO PROWISORIO 132012
Chi l'ha detto che non è possibile conciliare la salvaguardia della natura selvaggia con la naturale propensione dell'uomo a sfruttare Wtte le risorse disponibili per il proprio benessere? La famosa "fitness", di cui tutti gli esseri viventi necessitano per tramandare i propri geni, si può ottenere rispettando l'equilibrio naturale di un habitat? Su queste montagne sembra di si. Da qui, dal centro delle Alpi, lo sguardo può spaziare a 360 gradi sull'Italia settentrionale. Forse per questa ragione nell'antichità si riteneva che queste fossero le vette più alte dell'arco alpino, più alte del Monte Bianco, del Monte Rosa, del Bernina e del Gran Paradiso, i grandi quattromila che da qui, nelle giornate limpide, si vedono tutti. Le cime delle Alpi OrobieeAe sfiorano i 3000 metri, ma proprio per questa ragione si può dire che sono montagne fortunate . Erano le più vicine alle grandi città della pianura padana e sono state valicabili - ogni estate - fin dai tempi più remoti. " pass
n Marco, che è il punto più basso della catena, è stato per oltre due secoli il valico più agevole per collegare l'Adriatico alla Svizzera e al centro Europa, transitato da migliaia di carri carichi di merci d'ogni genere. Ma in quota si trovano ancora oggi segni aneora molto più antichi della presenza degli uomini sulle terre alte di Valtellina. Le coppelle scavate nelle rocce affioranti anche a 2000 metri di altezza testimoniano la frequentazione dei prati d'alta quota fin dal neolitico. La formazione delle Alpi Orobieffie ha inizio circa 20 milioni di anni fa, durante il processo di sollevamento della crosta terrestre che ha generato le Alpi. L'aspetto attuale è il risultato dell'azione dei ghiacciai e delle acque. Il versante settentrionale scende ripido verso la valle dell'Adda. I torrenti, in particolare , hanno tracciato un segno evidente nelle profonde vallate ad andamento più o meno parallelo. Le stesse vallate che oggi accolgono i laghi artificiali, riserva costante di energia rinnovabile . È su questo versante che si estende il Parco regionale montano-forestale delle Orobie Valtellinesi. La composizione dei terreni, la varietà di ambienti e le differenze di altitudine fanno delle Orobie una ricca galleria di habitat differenti,·ciascuno caratterizzato da una particolare composizionenente vegetale ed animale. Per tutelare questa eccezionale biodiversità, nel 1989 fu creato istituito il
Valtellinesi.
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mutamento del clima di condizioni climatiche dovuto all'altitudine. Sulle morene, appena sotto le creste, solo alcune piante riescono a crescere grazie a particolari adattamenti: la "Viola comollia" ad esempio, uno splendido endemismo la cui distribuzione è circoscritta nelle valli centro orientali del parco. Solo pochi animali sono adatti a vivere in questi habitat. Tra questi il re è lo stambecco, che resiste ai rigori invernali senza abbassarsi di quota grazie al grasso accumulato durante l'estate, e alla sua eredità genetica di specie originaria dell'era glaciale. (?) ?? .. ____--_ . ~a..... Appena al d.i sotto si forma~o waterie ~l?~ caratterizzate da una cotica
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1/ Il nardoete è una graminacea poco appetita dal bestiame, ma quando il pascolo è sfruttato razionalmente il nardeto ospita colorate fioriture estive come di ~arnica montana, ta genziana punctata e H trifoglio alpino. Qui amano vivere la marmotta, il camoscio, il codirosso spazzacamino. Poi, scendendo di quota ancora, si incontrano gli arbusteti: il Rhododendron ferrugineum (lo direi in italiano, visto che seguono altri due nomi in italiano e non in latino ... ), il ginepro, l'ontano verde dominano il paesaggio. In ampie macchie nei mesi caldi esplodono i bianchi fiori di Sanguisorba dodecandra, una delle specie endemiche più preziose del Parco. I boschi di conifere miste sono abitati dalla civetta nana, dal picchio rosso maggiore, dal picchio nero, dallo scoiattolo rosso e dalH gallo forcello. L'abete rosso, il larice, l'abete bianco (e il pino silvestre) tutti insieme hanno costruito una casa accogliente e protettiva per questi ed altri meravigliosi animali come il capriolo e, nel sottobosco, la salamandra pezzata. In alto, oltre le cime degli alberi più alti, volteggia il gheppio. PiCI in basso ancora, nei prati da fieno creati dall'uomo, cacciano la poiana e il gufo reale: piccoli roditori, lucertole e occasionalmente la lepre comune, preda anche della volpe. Questo è l'ambiente preferito da un mammifero abile e opportunista che ha saputo trasformare a proprio vantaggio gli spazi più produttivi di questo territorio. Le antiche comunità avevano già imparato a sfruttare i ricchi prati di montagna quando la torrida estate inaridisce i pascoli di pianura. Quella pratic~ è divenuta tradizione e si è mantenuta immutabile fino ad oggi. All'Alpe Piazza, nell'alta valle di Albaredo, Nadia insieme ad Eugenio e con
l'aiuto di Flavio, raccolgono ogni estate le proprie mucche e quelle dei piccoli
proprietari della valle. Con il latte munto su questi pascoli si fa un formaggio
d'alpeggio pregiato, unico al mondo, molto ricercato dai buongustai.
Il Bitto è un formaggio a pasta semicotta prodotto con il latte delle mucche di
razza bruno alpina con l'aggiunta di una piccola percentuale di latte di capra. La
misura di questa proporzione è il segreto di ogni alpeggiatore. ..
.
Ma per essere chiamato "Bitto" il formaggio deve essere fatto rispettando certe ~t1 .
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caratteristiche microclimatiche .Q:l3edolog i il:u~ particolari come quelle che si
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trovano in un numero limitato di pascoli di qualità nelle valli occidentali delle
e fl-/tJ/let:
Orobie.
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Eugenio si occupa delle mucche.
Le conduce ogni giorno su un pascolo nuovo e provvede alla mungitura.
Flavio è il casaro, ma ha portato con se le sue capre insieme ai segreti per fare
questo formaggio.
Il latte di capra è uno dei componenti che danno al Bitto il suo gusto particolare.
Ma c'è anche un altro segreto: il latte appena munto deve essere riscaldato, e
cagliato dentro le "culdére", le grandi caldaie di rame, immediatamente dopo la
mungitura, possibilmente là dove è stata effettuata, senza perdere tempo e
sottoporlo a scuoti menti nel trasporto fino alla caséra.
Questa tempestività nella lavorazione del latte appena munto è possibile grazie
ai "calecc", piccole antichissime strutture di pietra e legno disseminate
strategicamente sugli alpeggi. Sono costruite come dei piccoli recinti di sassi,
spesso in leggera pendenza, ai quali basta aggiungere in pochi attimi un tetto di
tela e la caldaia di rame per ottenere una casera "volante", ma efficiente.
Il fuoco di legna resinosa raccolta sul posto aggiunge un delicato aroma al
formaggio. E' così che nascono le forme di bitto, e anche quelle di "matusc", un
formaggio speciale meno conosciuto ma altrettanto squisito, più magro e
digeribile, che si ottiene con una seconda ricottura del siero.
Il casaro deve avere passione ed esperienza, "sentire" al tatto la cagliata,
percepirne le minime variazioni di temperatura e umidità per controllare ogni
volta i tempi perfetti di quel rito ancestrale - che si perde nella notte dei tempi ­
che è l'arte di fare il formaggio.
Il Bitto può essere consumato come prelibato formaggio da tavola, dal sapore
dolce e delicato, se maturato da tre ad otto mesi, mentre diventa un prezioso
formaggio da condimento, dal gusto marcato, se invecchiato da uno a tre anni.
Il Bitto è un formaggio che invecchia bene. Anzi, è il formaggio che invecchia
meglio.
,
.
E' un prodotto a denominazione di origine protetta.
A Gerola Alta, nel cuore delle valli del Bitto, il torrente che dà nome al
formaggio, c'è il "caveau" più saporito del pianeta. E' la Casa del Bitto, una
banca speciale.
Una cantina di stagionatura ricavata in un vecchio edificio proprio vicino al
torrente. I vecchi casari lo consideravano il posto migliore per stagionare le
forme, i moderni casari lo hanno migliorato costruendo una rete di
canalizzazioni sotterranee che convogliano l'aria fresca e umida dalle sponde
del torrente nella cantina mantenendo naturalmente temperatura e umidità
costanti tutto l'anno.
Solo così è possibile conservare oltre duemila forme di "Bitto storico" in questa
cassaforte di pietra. Il presidio Slow food dell'associazione dei produttori delle
valli del bitto raccoglie qui le forme da stagionare. Gli acquirenti possono
comprare una forma intestandola a proprio nome e lasciarla alcuni anni ad
invecchiare, accettando il calo di peso del 35%. Il Bitto è l'unico formaggio al
mondo che può superare i dieci anni di stagionatura migliorando il suo sapore , e
qui c'è una forma che ha raggiunto la maggiore età, diciotto anni!!
Guardandosi intorno, negli spazi aperti del Parco delle Orobie Valtellinesi si
percepisce eesf più chiaramente come il paesaggio di queste montagne, così
come lo conosciamo, è il prodotto del lavoro millenario degli uomini, che in
questo caso non è andato in contrasto con le leggi della natura.
Tutto intorno a loro si rinnova ogni anno la vita selvaggia delle Orobie.
L'estate è al termine, ogni animale è ora indaffarato nel prepararsi ad affrontare
i rigori del gelo. Il gheppio, approfittando delle brezze calde del pomeriggio,
compie ancora i suoi voli di ricognizione alla ricerca di piccole prede,
E' ancora presto per decidere se scendere soltanto a valle ai primi geli o
migrare più lontano, verso i climi più caldi del sud .
Da qualche parte nel bosco un orso bruno si dedica alla sua occupazione
preferita: mangiare. Bacche, noci di faggio, funghi e frutti selvatici: tutto fa
grasso, e ne servirà uno strato bello spesso nei lunghi mesi di letargo, gli dovrà
bastare almeno fino a marzo; (le mandrie sono ben custodite), se vuole
mangiare carne non gli resta che accontentarsi di qualche carcassa di animale.
E' incredibile la capacità di questo animale, il più grande mammifero carnivoro
.
, terricoloestre del
, di affrontare gli inverni più rigidi senza problemi. ~ ~
(Bastia pensare alle ssa: la maggior parte dei mammiferi avrebbero seri Il3c~ rV;.t)0N2
problemi: in caso di i mobilità prolungata è noto che si verifica l'osteoporosi.
(
~ L'orso con il suo spe ·ale metabolismo e grazie ad una particolare sostanza, si
risveglierà in primave con le ossa integre e solide come quando si è
,
addormentato. )
1
Quando le giornate si accorciano e l'erba comincia scarseggiare, non è più
conveniente per le mucche rimanere in alta quota. Anche gli uomini devono
prepararsi all'arrivo delfreddo.
Si devono sistemare un mucchio di cose, prima di scendere in paese, dove la
stalla accogliente proteggerà il bestiame dalle basse temperature.
L'ultimo sole però è buono per seccare i funghi porcini che Flavio ha trovato nei
boschi dopo le piogge abbondanti di fine agosto.
Bisogna poi girare ogni giorno le forme sulle assi di legno della casera in attesa
di portarle a valle, dove proseguirà la stagionatura.
Lo "scarico" dell'alpe si svolge come una festa, ed è appassionante.
Le vacche mucche tornano in possesso dei loro proprietari, che sono saliti
all'alpe per riportarle a casa . Va in scena così un vero spettacolo di affetto tra
uomini e animali, fatto di inseguimenti, riconoscimenti, ricongiungimenti
Indossare i grandi campanacci decorati non è solo un fatto estetico: Sembra che
l'accompagnamento assordante dei grandi campanacci colorati non sia solo un
fatto folcloristico . Si dice che le mucche ricevano energia , ritmo e sicurezza
dalle forti vibrazioni prodotte durante la discesa in paese.
E' anche l'occasione per gli uomini e le donne della valle di scambiare parole di
amicizia, storie del villaggio, commenti sul tempo, sul formaggio e la stagione.
Si fanno mangiare soprattutto i vitelli per affrontare il lungo trasferimento: prima
sui sentieri che scendono dall'alpe, poi sulla strada, la famosa vecchia strada
che già nel 1500 collegava il Cantone dei Grigioni con la Pianura padana, fino
alla Serenissima e al Mare Mediterraneo.
cJ~~~
In alto, sugli alpeggi, rimangono le antVc~e stalle vuote protette dai tetti in pietra,
il silenzio sibilante del vento e gli anirriali che passeranno un altro lungo inverno
·su queste montagne. Alle alte quote/la vita è più difficile per gli animali a sangue
freddo; per questo la Salamandra ·afra e la lucertola vivi para per potersi
riprodurre hann aottit la stessa strategia riproduttiva: invece di deporre le
uova, come la maggior parte degli Anfibi e Rettili, le trattengono all'interno del
loro corpo, che assicura il calore necessario alla schiusa e danno così alla luce
piccoli già in grado di muoversi alla ricerca cibo.
La prima neve imbianca i boschi misti di larici e abeti e le cime più alte. AI centro
delle Alpi, ma così vicino ai moderni centri urbani, queste montagne conservano
il loro tesoro naturale di vita e di lavoro con gelosa, caparbia fermezza.
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