N° 3 - MARZO 2014 - ADAR SHENÌ 5774 • ANNO XLVII - CONTIENE I.P. E I.R. - Una copia € 6,00 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 Roma MONDO STATI UNITI ISRAELE L’ONU È IL NUOVO PAPATO UNIVERSALE PIACE L’EDITORIA EBRAICA ITALIANA LA FELICITÀ CON UN PASSAPORTO SPAGNOLO SHALOMשלום EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA Il boicottaggio di Israele La nuova forma di un vecchio antisemitismo Pesach: l’aiuto divino e l’azione umana בס’’ד EDITORIALE Il boicottaggio di Israele: un’immorale azione politica che puzza di antisemitismo MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 S 2 ono trascorsi 80 anni da quando, agli inizi della persecuzione nazi-fascista, si invitavano i cittadini a non comprare dagli ebrei. Sulla base di una supposta purezza razziale apparvero i cartelli ‘Questo negozio è ariano’, o ‘Tedeschi, per difendervi non comprate dagli ebrei’. Boicottandone il commercio, l’antisemitismo hitleriano e mussoliniano dava inizio a un isolamento economico e sociale del popolo ebraico, indicandolo come reietto, spregevole e infido. Dopo il boicottaggio delle attività commerciali sarebbero poi sopraggiunte le persecuzioni, le deportazioni, gli omicidi di massa. La stessa operazione di disprezzo è oggi messa in campo in chiave globale e mondiale da un’organizzazione internazionale BDS che promuove il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro lo Stato di Israele, colpevole di produrre beni e servizi al di là della Linea verde che segna i vecchi confini del 1967. Non è la prima volta che Israele viene fatta oggetto di tentativi di isolamento. I boicottatori, i paladini della causa palestinese non sono mai mancati. Nel 2009 il segretario provinciale del Flaica–Uniti–Cub, sindacato autonomo del commercio che raccoglie sotto la sua sigla circa 8000 lavoratori della grande distribuzione e della ristorazione romana, propose il boicottaggio dei negozi degli ebrei romani, sollevando il giusto sdegno e la riprovazione generale. Ciò che è cambiato oggi è il palese squilibrio, la vergognosa disparità di trattamento a cui viene sottoposto Israele. Persino un recente rapporto dell’Onu accusa Israele di “pulizia etnica” nei confronti dei palestinesi. Un’accusa talmente inverosimile, grottesca e falsa da chiedersi come dovrebbero allora essere definiti i genocidi commessi in Bosnia, in Siria, in Libia o nel Centro Africa. E’ sulla linea di questa esagerazione, delle colpe o degli errori che Israele può commettere, che si muove il movimento BDS antisionista ed antisemita che spera di isolarlo economicamente, mettendone in crisi le relazioni internazionali e gli scambi. Come ha recentemente spiegato il noto intellettuale americano Alan Dershowitz il boicottaggio di Israele è immorale per molte ragioni, fra cui, ad esempio: 1. Attribuisce agli israeliani l’intera colpa dell’occupazione ma non riconosce la realtà storica del rifiuto sessantennale del mondo arabo, anche in presenza di ritiri unilaterali di Israele. 2) Favorisce il radicalismo dei palestinesi nel rifiutare le soluzioni di compromesso al conflitto, che anzi sanno di poter alzare continuamente le richieste. 3) Mette in gioco l’esistenza stessa di Israele. 4) Accusa Israele nonostante esso sia l’unica democrazia del Medio Oriente ed in cui i suoi cittadini arabi godono di più diritti di qualsiasi altro arabo in qualsiasi altra parte del mondo. Lavorano alla Knesset, nel sistema giudiziario, nei servizi esteri, nel mondo dell’istruzione e in quello degli affari. Sono liberi di criticare Israele e di sostenere i suoi nemici. Persino gli arabi di Ramallah, Betlemme e Tulkarem hanno più diritti umani e politici della stragrande maggioranza degli arabi nel mondo d’oggi. 5) E’ così desideroso di arrecare danno ad Israele che non gli importa di arrecare danni anche a migliaia di palestinesi che lavorano nelle aziende israeliane che si vorrebbero boicottare o ai milioni di cittadini che nel mondo beneficiano dei prodotti e delle invenzioni Made in Israel. 6) Incoraggia l’estremismo dell’Iran, di Hezbollah e Hamas. 7) Non si occupa delle ingiustizie molto più gravi, inclusi i genocidi che avvengono nel mondo. 8) Incolpando lo Stato nazione del popolo ebreo, esagerando le sue pecche, promuove l’antisemitismo, tanto è vero che il movimento Bds è promosso su siti internet neonazisti, che negano l’Olocausto, o su altri siti in ogni modo apertamente antisemiti. Antisionisti, boicottatori, nemici di Israele certamente non vi mancherà il coraggio di rinunciare ai datteri, ai pompelmi, ai prodotti di bellezza. Ma siate almeno coerenti, tornate alla comunicazione dell’età della pietra visto che la stragrande maggioranza della tecnologia digitale e delle telecomunicazioni viene da Tel Aviv. E quando starete male rinunciate agli antibiotici prodotti dall’Istituto Weizmann o se vi dovesse capitare di rimanere paralizzati, non azzardatevi ad alzarvi dalla sedia a rotelle grazie all’isoscheletro meccanico inventato da un ingegnere israeliano. Quindi prima di boicottare pensateci. SHALOMשלום COPERTINA Quell’Europa strabica che guarda Israele 4 6 8 9 FIAMMA NIRENSTEIN l’ossessione anti-israeliana del movimento Bds DANIEL MOSSERI Non è una questione di pompelmi e datteri ARIEL DAVID Identikit degli odiatori di Israele STEFANO GATTI ISRAELE Attenti a chi vorrebbe Israele come Stato puro e perfetto 12 14 15 UGO VOLLI Quando è lecito discutere con i nemici? ANGELO PEZZANA Parlare con gli antisionisti? A volte è necessario DONATELLA DI CESARE FOCUS Un doppio passaporto per vincere il pessimismo 16 17 PIERPAOLO PINHAS PUNTURELLO L’espulsione strumento per fermare la ‘contaminazione’ MARINA CAFFIERO PENSIERO L’orgoglio dell’appartenenza ed il legame identitario 20 21 22 31 32 CLELIA PIPERNO un nuovo papato universale: non è il Vaticano ma l’Onu GIORGIO ISRAEL Piace agli americani l’editoria ebraica italiana ALESSANDRA FARKAS Henry il diavolo e Hannah la santa PIERO DI NEPI La malattia come “premonizione” DAVID MEGHNAGI COPERTINA Quell’Europa strabica che guarda Israele Il Vecchio Continente firma decine di accordi di cooperazione e di ricerca con lo Stato ebraico. Poi impone condizioni e limiti che favoriscono il boicottaggio dei beni israeliani, prodotti su territori i cui confini sono ancora oggetto di trattativa MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 L 4 a strada intrapresa dall’Europa nei confronti di Israele non è chiara. Da una parte, non passa giorno senza che nuovi importanti accordi vengano firmati, la visita di Angela Merkel con tutti i suoi ministri dei giorni scorsi è solo uno dei segnali dell’enorme interesse europeo per l’high tech, la medicina, l’innovazione in genere e poi, alla fine, la vitalità che Israele riesce ad esprimere. Ma dall’altra parte le nuove direttive europee, in particolare le cosiddette “guidelines” della signora Ashton promulgate nel luglio scorso, dimostrano una animosità antisraeliana sempre più evidente, che monta come panna montata nella fantasia di chi ama la grande menzogna di “Israele Stato di Apartheid”, una eco della risoluzione ONU del 1975 “Sionismo eguale razzismo”. Il 2012 è stato l’anno di 60 nuovi accordi e di accordi cornice per facilitare l’esportazione in Europa da Israele. Ma il 2013 è stato l’anno orribile in cui le guidelines arbitrariamente hanno scavalcato ogni eventuale futuro accordo fra palestinesi e israeliani, e hanno deciso che la Linea Verde ovvero i confini del ‘67, dovevano essere il futuro confine dello Stato Palestinese. Le guidelines non incoraggiano solo il boicottaggio contro entità economiche e produttive nel West Bank, ma con tutto ciò che in un Paese piccolo e intrecciato nei commerci, nelle parentele, nelle abitazioni come Israele ha a che fare con l’West Bank. Una posizione persecutoria che deriva, e può allargarsi, a causa di una posizione cornice adottata dal Consiglio per gli affari esteri dell’UE del 2012: “Ogni accordo fra lo Stato d’Israele e l’Unione Europea deve inequivocabilmente ed esplicitamente indicare la sua inapplicabilità ai territori occupati”, che come si sa, per l’ONU, sono invece territori disputati. Ma l’Europa la sa più lunga, anche che nel processo di pace non si parla, come invece si parla, dei famosi “swap” territoriali che scavalcheranno, eventualmente, la LInea Verde. Di fatto cioè, i territori sono “disputati” anche oggi al tavolo delle trattative aperto fra Tzipi Livni e Sa’eb Erakat, ma l’UE ha già dettato i suoi confini. Come dicevamo, la sa più lunga. Tutti si chiedono se il boicottaggio e il disinvestimento, il BDS, sia un movimento che può veramente incidere sul futuro di Israele oppure sia solo una mossa di propaganda politica destinata al fallimento. La verità è che le guidelines hanno una stretta parentela ideologica con il BDS, e quindi applicano a Israele lo stesso sistema che vanta la guerra antiapartheid in Sud Africa e che ha già avuto un grande successo ideologico nel rendere popolare una menzogna evidente e ignobile: cioè, il movimento per il boicottaggio suggerisce che Israele debba essere punito dalla comunità internazionale per crimini mai commessi, e inventa che Israele sia uno Stato razzista. Nulla potrebbe essere più pazzesco per un Paese dove la mino- ranza araba, nonostante gli svantaggi culturali legati soprattutto alla propria tradizione arcaica sulle donne e sul tribalismo e alla volontà dei suoi capi politici di sfuggire all’integrazione con un atteggiamento molto aggressivo verso lo Stato Ebraico, gode di una perfetta eguaglianza giuridica che si manifesta ovunque, basta guardarsi intorno, alla Knesset, come in tutte le istituzioni dello Stato e della società civile. Un ospedale israeliano è l’esempio patente di come ebrei e musulmani, israeliani e palestinesi, possano giacere come pazienti in letti contigui e operare come medici fianco a fianco nelle corsie. Il mondo si è bevuto in larga parte la fandonia di “Israele Paese di apartheid” come quelle ancora più vergognose sull’ “ethnic cleansing” dei palestinesi, e altri orrori mai commessi. Il pregiudizio è la base teorica del BDS, ed esso è diffuso in tutto il mondo arabo. Basti pensare che una bambina siriana ha raggiunto Israele, come tanti altri, per farsi curare ma una donna era stata incaricata di sorvegliare i medici israeliani ogni minuto perché “ci hanno detto che le avrebbero rubato gli organi per venderli”. Il successo del BDS passa per il rifiuto di alcuni artisti (attori, cantanti) a venire in Israele, per i gruppetti scalmanati che nei supermarket impediscono la vendita di prodotti israeliani, per le università che celebrano la “settimana dell’apartheid”, ma soprattutto nella scelta dell’Europa di scegliere le guidelines come linea di comportamento. Esse suggeriscono e permettono il boicottaggio dei terriori ma anche dei rapporti interni di Israele con i Territori, e poi si vedrà. Ovvero, il boicottaggio dell’Europa può investire tutta Israele, e non solo i Territori, e di fatto lo sta facendo, se si pensa che una grande banca come la Bank ha Poalim è stata messa sulla lista nera della Deutsche Bank perché ha qualche succursale nel West Bank. Soltanto la parte più estremista dei palestinesi, ovvero i finto-liberal Hanan Ashrawi e Omar Barghouti sono entusiasti del boicottaggio e delle guidelines: Abu Mazen non gradisce l’ondata di aggressività che il movimento per il disinvestimento e il boicottaggio, e con esso l’atteggiamento europeo, hanno saputo sviluppare. Ma ormai non c’è giorno in cui una banca o un’impresa non sviluppi da qualche parte d’Europa il forte sospetto che i suoi commerci, i suoi business, possano essere danneggiati da un’ombra sul politically correct e sui suoi business se si affermasse l’idea che abbiano a che fare con l’economia dei Territori Occupati, non sia mai. Così, mettono questo e quello in una lista nera cui plaudono i movimenti e le ONG estremiste di tutto il mondo. Deutsche Bank, Danske, Nordea, Pggm cercano di danneggiare le banche che semplicemente hanno le loro succursali o i loro investimenti in quel piccolissimo Paese di sette milioni di abitanti in cui tutto è intrecciato, in zone come Gilo e Pisgat Zee Bank Ha Poalim, Mizrahi Tefahot, Israel Discount Bank, non possono, naturalmente, essere assenti. Ci sono grandi fondi pensione, come quello olandese Pggm o quelli norvegesi, che ritirano i soldi, c’è l’agenzia UK trade and Investment che scoraggia ogni commercio con aziende israeliane coinvolte con gli insediamenti. Un’operazione con risvolti e prospettive molto aggressivi, data come dicevamo la dimensione di un Paese che mangia e esporta gli stessi pomodori e beve e esporta gli stessi vini di Benyamina o del Golan, per altro molto apprezzati in tutto il mondo. Più apprezzati ancora sono i medicinali indispensabili ai malati gravi, le ricerche sull’Alzheimer e sul cancro, gli strumenti elettronici come quello che permette a Stephen Hawking di esprimersi, le mille invezioni di high-tech che muovono la comunicazione dei computer di tutto il mondo, le scoperte da Nobel che fanno svoltare le strade della chimica, della fisica, della biologia. Tutto questo diventerebbe oggetto di boicottaggio se fosse oggetto di ricerche nell’Università di Har haTzofim, a Gerusalemme est? Ma la sconsideratezza del boicottaggio va avanti come un carro armato, proprio come avvenne col boicottaggio dei prodotti, degli affari, dei libri ebraici e dei professori ebrei durante l’attacco antisemita degli anni Trenta. Basta pensare che nelle scorse settimane la Vitens, azienda olandese di erogazione dell’acqua, ha deciso il boicottaggio dell’omologa israeliana Mekorot che realizza un importantissimo progetto di acqua per Israele, palestinesi e giordani. In Norvegia i supermarket Bama e Coop non forniranno più a i loro virtuosi clienti prodotti degli insediamenti, altre fabbriche abbandonano le loro quote di investimento nei territori, e chi ne viene a soffrire, ancora di più dei lavoratori israeliani che comunque possono sperare di ricollocarsi nell’economia interna alla Linea Verde sono i lavoratori palestinesi. Essi godono, nelle fabbriche che popolano il West Bank, di un trattamento identico a quello dei lavoratori ebrei e ciò che significa salari di molto superiori a quelli dei loro compatrioti, assicurazioni, indennità, pensione. Il boicottaggio è un mezzo immorale, un ricatto che stimola i palestinesi a ottenere i loro scopi senza cedere nulla, a non trattare veramente (infatti rifiutano di riconoscere lo Stato del Popolo Ebraico), a proseguire nella politica di incitamento antiebraico a scuola e su media che esaltano il terrorismo e promuovono l’odio, ad aspettare che la comunità internazionale gli consegni tutto ciò che desidera. Le guidelines sono anche una prova vergognosa di doppio standard perché né la Turchia, né il Marocco, né la Cina, tutti Paesi occupanti e molto meno rispettosi dei diritti umani, vengono sanzionati con boicottaggi dei prodotti nei loro territori occupati. Le guidelines sono anche inutili perché esistono grandi mercati orientali e soprattutto americani pronti a sostituire il mercato europeo, e poi perchè Israele non cederà mai al ricatto del BDS. Quello che l’Europa non capisce è che Israele crede in se stesso e cerca con tutte le sue forze, e da decenni, di raggiungere la pace, ma non può farlo compromettendo la sicurezza e anche l’orgoglio del suo popolo. L’Europa non conosce più bene la parola integrità, ed è per questo che sbaglia: un Paese integro, come una persona, non cede mai a un ricatto, specie se basato su una bugia. 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È di febbraio la decisione del più grande istituto finanziario danese, la Danske Bank, di inserire l’israeliana Bank Hapoalim nella lista delle imprese presso le quali non bisogna investire “poiché non rispetta le regole internazionali del diritto umanitario”, riferisce orgogliosa la pagina web del movimento Bds, acronimo delle parole inglesi “Boicotta, disinvesti, sanziona” (stessa decisione è stata presa anche dalla tedesca Deutsche Bank, ndr.). Di quali atrocità si è dunque macchiata la banca israeliana per entrare nella lista nera danese: sostegno alle mutilazioni genitali femminili in Africa? Traffico di organi in Asia? Campagne di discriminazione contro la comunità Lgbt come accade, tanto per restare in Europa, nella vicina Russia? Molto più semplicemente, fra le sue molteplici attività Bank Hapoalim finanzia anche alcune imprese edili che contribuiscono all’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, al di là cioè della Linea Verde del 1967. Quella della banca danese è una decisione che viaggia in buona compagnia perché molte imprese, istituti finanziari, sindacati, Università ma anche governi della Scandinavia adottano da anni restrizioni analoghe. Poche settimane prima, per esempio, l’esecutivo di Oslo guidato dalla premier Erna Solberg aveva deciso di escludere le aziende israeliane Danya Cebus e Africa-Israel Investiment dalla lista dei possibili beneficiari di investimenti da parte del ricco fondo pensionistico nazionale. Una decisione con la quale il governo Solberg si è adeguato alle indicazioni del Consiglio etico nazionale norvegese, secondo cui le due ditte israeliane “contribuiscono alla seria violazione di diritti individuali, in guerra o in conflitto, con la costruzione di insediamenti a Gerusalemme est”. La meticolosa attenzione con cui gli evoluti popoli nordici si muovono sul terreno del conflitto israelo-palestinese fa onore, in linea teorica, alla loro tradizionale attenzione per i diritti umani. Stupisce però come, a cuor leggero, delle capitali lontane cerchino di minare in maniera univoca le imprese e in sostanza lo sviluppo dell’intero Stato ebraico. Perché è evidente che il core business della Bank Hapoalim, primo istituto finanziario di Israele, non è certo la crescita dell’edilizia israeliana in Cisgiordania. Nato nel mondo arabo a partire dal 1948, con la fondazione cioè di Israele, il boicottaggio diretto delle imprese israeliane, e poi quello indiretto di tutte le aziende che intessevano rapporti con “l’entità sionista,” si è evoluto nel tempo. Dopo la guerra dei Sei Giorni fu tutto il blocco sovietico, Romania esclusa, a rompere le relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico. Agli arabi e ai satelliti di Mosca si unì gran parte dei Paesi non-allineati. Ancora nel 2014 la cosiddetta primavera araba non sembra aver cambiato le cose: gran parte delle capitali arabe e del mondo islamico non riconoscono Israele con il pretesto che non ha risolto il conflitto con i palestinesi (come se invece dal 1948 al 1967 fosse stato tutto uno scambio di ambasciatori). Consolidatosi nel 2005, il Bds è la versione umanitaria della stessa idea: boicottare Israele, ma a fin di bene. Un’operazione che per l’Occidente è moralmente accettabile: se mezzo mondo ha rifiutato di riconoscere lo Stato ebraico da 70 anni a questa parte, cosa ci sarà di male nel boicottare le sue aziende oppure nell’organizzare campagne affinché i consumatori scartino nei supermercati e nei negozi i prodotti “Made in Israel”? Gli obiettivi del movimento, verificabili online, sembrano scritti a due mani dai leader di Hamas e di Hezbollah. Senza riguardo per il processo di pace in corso, gli accordi di Oslo o il ritiro israeliano da Gaza (che nelle pagine web del Bds risulta ancora sotto occupazione), si chiede “di riconoscere il diritto inalienabile del popolo Palestinese all’autodeterminazione e di rispettare completamente le norme del diritto internazionale: ponendo termine alla occupazione e alla colonizzazione di tutte le terre arabe allo smantellamento del Muro (la barriera che separa Israele dalla Cisgiordania e che ha fermato una luna serie di attentati terroristici contro la popolazione civile d’Israele, ndr); riconoscendo i diritti fondamentali dei cittadini Arabo-Palestinesi di Israele alla piena uguaglianza; rispettando, proteggendo e promovendo i diritti dei profughi palestinesi al ritorno nelle loro case e nelle loro proprietà come stabilito nella risoluzione 194 dell’Onu”. Qual è la reazione di Israele davanti alla campagna Bds? Una fonte diplomatica di Gerusalemme lo spiega a Shalom. “In primo luogo – premette – è difficile quantificare il danno apportato all’economia israeliana: i nostri numeri sono positivi: il Pil è in crescita e le esportazioni in aumento. È vero però che questi numeri non dicono tutto: se da una parte conosciamo la minoranza che ci boicotta apertamente, dall’altra non sappiamo chi aderisce silenziosamente alla campagna, evitando di commerciare con noi”. La reazione di Israele è dunque impostata su tre cerchi concentrici: “Primo: affrontare apertamente il problema così come facciamo con l’Unione europea quando propone alcune misure concrete, quali, per esempio, un’etichettatura diversa delle merci prodotte negli insediamenti al di là della Linea Verde. Poi incoraggiamo i nostri amici a discutere del boicottaggio. Non devi essere necessariamente pro-israeliano per avere dei dubbi: siamo sicuri che le azioni Bds siano il modo migliore di gestire la situazione nella regione? Infine cerchiamo di sostenere le aziende che esportano, aiutandole a competere sul mercato globale e puntando sulla competitività dei loro prodotti”. Guai a definire antisemiti i sostenitori del Bds, anime belle che vogliono solo la pace in Medio Oriente. Peccato, invece, che la costante campagna di odio contro le aziende israeliane percoli, come i liquidi di decomposizione dei rifiuti, in ambienti che per loro natura e obiettivi istituzionali dovrebbero ben guardarsi dal discriminare e sanzionare, e che dovrebbero invece aprire al confronto e al dialogo. Su tutti, il mondo delle Università. È la stessa fonte diplomatica a toccare l’argomento partendo proprio dal particolare successo del movimento Bds nell’Europa del Nord, regione peraltro in prima fila nel vietare la macellazione rituale prescritta dalle regole alimentari ebraiche o nel mettere paletti alla pratica della circoncisione dei neonati maschi, base fondante della tradizione e del credo ebraico: “Possiamo supporre che la popolarità del boicottaggio sia l’effetto di una società civile più organizzata o di un ambiente politico più favorevole. Non manca tuttavia chi, per esempio, dalla Spagna boicotta le nostre Università”. È di inizio 2014 la notizia che - dopo molti casi analoghi registrati in Gran Bretagna - anche la American Studies Association ha deciso di boicottare le relazioni accademiche con Israele. Delirante il comunicato del suo numero uno, il professor Curtiz Marez dell’Università della California, secondo cui “il boicottaggio è la strada migliore per proteggere ed espandere la libertà accademica e l’accesso all’educazione”. La libertà accademica si difenderebbe quindi rompendo i rapporti con le sole Università del Medio Oriente dove gli studenti accedono a prescindere dalla loro nazionalità o religione – quelle israeliane –, e mantenendo invece ottime relazioni con le accademie delle tante dittature che costellano la regione e il pianeta. Pronta la risposta dello Stato di New York, che a fine gennaio ha messo in cantiere una legge per boicottare i boicottatori, negando cioè finanziamenti e strutture a chi nel mondo accademico discrimina le università di un altro Paese. Ma la battaglia culturale contro chi, con la scusa della solidarietà ai palestinesi, cerca solo di azzoppare Israele nel suo complesso è lungi dall’essere vinta. Fra gli esempi più tristi di come il virus del Bds abbia attecchito in ogni sorta di ambiente, superando cioè l’obiettivo prefisso del boicottaggio commerciale, resta il caso del gay pride di Madrid del 2010. Adducendo la volontà di solidarizzare con i palestinesi di Gaza, gli organizzatori madrileni della parata dissero no a una delegazione israeliana. Una scusa patetica e soprattutto molto mal informata quella opposta dagli spagnoli, visto che non è certo nel confinante mondo arabo ma proprio in Israele che i gay palestinesi cercano di vivere la loro condizione in libertà. Ottenebrati dall’odio anti-israeliano instillato dal Bds, a Madrid non ci hanno riflettuto neanche per un secondo, rimediando una figuraccia internazionale. 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Israele viene ossessivamente rifiutata Il movimento per il boicottaggio ha fatto un salto di qualità, trasformandosi da fenomeno marginale in una campagna globale che minaccia il benessere e lo status internazionale dello Stato ebraico MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 L 8 a campagna internazionale per il boicottaggio economico, politico e culturale d'Israele si sta rapidamente trasformando: da un rigagnolo alimentato da pochi fanatici in un fiume in piena. Soprattutto in Europa, ma anche negli Stati Uniti, si moltiplicano le iniziative BDS – sigla che in inglese sta per "Boycott, Divestment and Sanctions" – che mirano a isolare lo Stato ebraico e a costringerlo, a detta dei promotori, a porre fine all'occupazione dei Territori palestinesi. A gennaio, il più grande fondo pensione olandese, PGGM, ha ritirato i propri investimenti da cinque banche israeliane, ree di svolgere le proprie attività anche negli insediamenti in Cisgiordania. La stessa decisione è stata presa dalla svedese Nordea Bank e dalla Danese Danske Bank. Sempre in Olanda, divenuta bastione del movimento per il boicottaggio, diverse aziende hanno tagliato i ponti con Israele sotto pressione del proprio governo, rinunciando a contratti e collaborazioni che avrebbero interessato anche Gerusalemme Est e la Cisgiordania. Ma non c'è solo il paese dei tulipani. L'anno scorso l'Unione Europea ha ordinato il blocco dei fondi per la ricerca e gli investimenti per aziende e istituzioni che operano oltre la Linea verde, e la Germania ha chiuso i rubinetti dei finanziamenti in ossequio alle nuove linee guida di Bruxelles. Con l'Europa primo partner commerciale d'Israele, il boicottaggio comincia a danneggiare anche le esportazioni. Nel 2013, gli agricoltori della Valle del Giordano hanno visto le vendite ridursi di 21 milioni di euro, circa il 14 percento, perché sempre meno negozi e supermercati del vecchio continente vogliono sui propri banchi i datteri, i melograni e i pompelmi dello Stato ebraico. Intanto, sull'altra sponda dell'Atlantico sono sbarcate le iniziative per il boicottaggio accademico e culturale d'Israele. L'Associazione per gli Studi Americani (ASA), che raccoglie cinquemila tra docenti e ricercatori che studiano la storia e la cultura del continente, ha votato a dicembre il boicottaggio di tutte le università e istituzioni accademiche israeliane. Anche se l'iniziativa è stata condannata da quasi tutti gli atenei statunitensi, si tratta ancora una volta di un pericoloso precedente. Non mancano anche le battute d'arresto per la campagna BDS: in Francia alcuni attivisti sono stati multati perché i loro appelli al boicottaggio sono stati considerati una violazione della legge contro l'istigazione all'odio razziale. Grande scalpore ha fatto poi la vicenda di Scarlett Johansson, attaccata dai militanti filopalestinesi per aver accettato di fare da testimonial alla SodaStream, società che opera una fabbrica in Cisgiordania e impiega centinaia di palestinesi. La star americana ha resistito agli appelli che la invitavano a rinunciare all'accordo, ma il problema è che anche queste apparenti sconfitte offrono grandi spazi mediatici al movimento BDS, dandogli la possibilità di fare sempre più proseliti. Sebbene i danni per l'economia israeliana siano al momento ancora trascurabili, la sensazione in Israele è che il movimento per il boi- cottaggio abbia fatto un salto di qualità, trasformandosi da fenomeno marginale in una campagna globale che minaccia il benessere e lo status internazionale dello Stato ebraico. Che Gerusalemme senta crescere la pressione lo dimostra la linea del governo del premier Benjamin Netanyahu che, dopo aver a lungo ignorato la campagna BDS, ha cominciato a reagire alla minaccia. Purtroppo, la reazione della leadership israeliana si dimostra spesso scomposta, controproducente, e consiste principalmente nel lanciare accuse di antisemitismo e sparare a zero su chiunque critichi il governo o faccia persino menzione del boicottaggio. Esempio della nuova sensibilità israeliana sull'argomento è Naftali Bennett, ministro dell'Economia e leader del partito ultranazionalista Habayit Hayehudi, la Casa Ebraica. Bennett si è prodotto in una drammatica uscita dall'aula della Knesset per protestare contro il discorso del presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, che parlando all'emiciclo di Gerusalemme aveva osato sollevare dei dubbi sulle politiche israeliane in Cisgiordania. In precedenza, Bennett aveva accusato il segretario di Stato USA John Kerry di essere un "portavoce degli antisemiti" per aver ragionevolmente paventato che senza un accordo di pace con i palestinesi i boicottaggi e i pericoli per la democrazia israeliana si moltiplicherebbero. Anche il ministro della Difesa Moshe Yaalon ha attaccato Kerry, definendolo "messianico" e "ossessionato" dal desiderio di porre fine al conflitto, suscitando così lo sdegno della Casa Bianca. Il ministro delle Finanze, il moderato Yair Lapid, si è invece schierato con gli americani, dichiarando che il fallimento dei colloqui farebbe guadagnare terreno alla campagna per il boicottaggio e che le conseguenze per l'economia israeliana sarebbero disastrose. Naturalmente a zittirlo ci ha pensato Bennett, che ha ribadito il suo "no" all'indipendenza palestinese, affermando che il vero disastro economico per Israele sarebbe la nascita di uno "stato terrorista" ai suoi confini. Al contrario dei boicottatori, che addossano a Israele tutta la responsabilità per le difficoltà del processo di pace, chi segue le vicende mediorientali con un minimo di obbiettività sa che lo stallo nei negoziati è causato in buona parte dall'intransigenza palestinese su questioni-chiave del conflitto come la spartizione di Gerusalemme e la rivendicazione del cosiddetto "diritto al ritorno" entro i confini d'Israele per milioni di profughi palestinesi. Ma il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen non ha ragione di ammorbidire le proprie posizioni quando il suo avversario continua a fornire spontaneamente nuovo materiale mediatico e argomentazioni a chi sostiene che Israele non voglia la pace e sia guidato da un regime razzista e pericoloso. Dal suo punto di vista, Abu Mazen deve solo lasciare che gli screzi con gli alleati, le sceneggiate di politici estremisti e la continua espansione degli insediamenti in barba alle condanne internazionali alimentino la campagna globale contro Israele e portino la pressione sullo Stato ebraico a un livello insostenibile. Netanyahu avrà anche ragione quando dichiara che la campagna BDS non è altro che "il vecchio antisemitismo in una nuova veste". Ciò non toglie che, con le sue politiche, Israele rischia di fare il gioco dei suoi nemici. ARIEL DAVID Identikit degli odiatori di Israele I l Movimento 5 Stelle agli inizi di febbraio ha presentato una mozione parlamentare in cui chiede che il Gruppo Acea, azienda responsabile del settore idrico di Roma, interrompa il contratto stipulato nel dicembre scorso con la Mekorot compagnia idrica israeliana, poiché gli israeliani forniscono acqua agli insediamenti ebraici presenti nel territorio conteso di Cisgiordania. Nel dicembre scorso la campagna di boicottaggio “L’acqua è limpida, gli affari di Sodastream in Palestina, no: boicotta le bollicine dell’Apartheid israeliana” promossa dalle componenti più estremiste dell’antisionismo italiano, ha convinto l’assessore all’ambiente del comune di Trieste Umberto Laureni a non usare i prodotti dell’israeliana Sodastream per i suoi punti di distribuzione di acqua. Questi recenti episodi di boicottaggio anti-Israele sono solo due dei tanti esempi di BDS che si susseguono continuamente ormai da anni in Italia e nel mondo. Il BDS italiano viene promosso da centinaia di associazioni e da piccoli partiti e movimenti, quasi tutti gravitanti all’interno della galassia della sinistra radicale, dell’estremismo islamico-palestinese e della chiesa ‘di base’. BDS, acronimo di Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, si autodefinisce “contro Israele, costituito da associazioni e gruppi che hanno aderito all’appello della società palestinese del 2005”, è un movimento internazionale composto da Organizzazioni Non Governative (NGO) nato il 6 aprile del 2004 a Ramallah su ispirazione arabo-palestinese, che nel luglio 2005 attraverso il web ha lanciato il suo manifesto “Boycott, Divestment and Sanctions against Israel” ispirato al manifesto antisionista stilato dalle organizzazioni NGO durante la famigerata conferenza ONU contro il razzismo di Durban 2001. Il BDS fa uso di un ristretto numero di slogan che si richiamano alla terminologia usata dai movimenti antirazzisti contro l’apartheid in Sud-Africa. Questi slogan includono le accuse che Israele è “uno stato colonialista e di apartheid”, “un regime discriminatorio e di occupazione”, “violatore delle leggi internazionali”, “un occupante repressore”. Il movimento internazionale per il boicottaggio da un lato sostiene di battersi affinché lo Stato ebraico rispetti la legge internazionale ed i principi universali dei diritti umani, ma dall’altro promuove “l’abolizione di Israele”. Il BDS è composto da un numero relativamente basso di militanti anti-Israele attivi a tempo pieno, generosamente finanziati, e che vengono ispirati ed incoraggiati dai più importanti esponenti dell’estremismo palestinese come Omar Barghouti, Mustafa Barghouti, Nabil Sha’att ed altri. Anche numerosi studiosi di fama e persone di spettacolo occidentali, per lo più vicini alla sinistra radicale, si sono fatti portabandiera delle campagne contro Israele, uno dei più attivi è l’ex leader dei Pink Floyd Roger Waters che, in una recente intervista, ha inneggiato al BDS contro “il regime israeliano di apartheid razzista”. Il BDS si articola in tre sezioni: boicottaggio culturale, boicottaggio commerciale e boicottaggio accademico, e si fa promotore di molteplici iniziative, soprattutto in Europa e Nord America, raccoglie fondi, organizza seminari, conferenze e dimostrazioni in supporto all’isolamento ed al boicottaggio di Israele in ogni modo possibile. Il movimento afferma di godere del sostegno di centinaia di organizzazioni non governative che hanno sottoscritto i suoi documenti di base, tuttavia, ad un attento esame, molte di queste organizzazioni NGO firmatarie sono fasulle, o sono sigle di facciata dietro cui si celano gli estremisti antisemiti di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche arabo-islamiche. Il modus operandi del BDS è di frequente aggressivo, fatto di campagne minacciose e talvolta azioni violente (distruzione di negozi e di merci, pestaggi, etc.) dirette contro associazioni, aziende, marchi e singoli individui associati in qualche modo ai ‘sionisti’. A Londra nel 2009 un gruppo di militanti che partecipavano alla campagna di boicottaggio contro la catena internazionale di caffetterie Starbucks, ha assalito e distrutto un negozio di “Starbucks sionista che finanzia l’esercito israeliano”. Recentemente l’attrice americana Scarlett Johansson ha scelto di rinunciare all’incarico di ambasciatrice per Oxfam, dopo che l’organizzazione umanitaria l’aveva duramente attaccata per aver scelto di diventare testimonial dei prodotti della ‘sionista’ Sodastream, società con fabbrica nella West Bank. Le campagne BDS usano spesso temi ed immagini dell’antisemitismo, il paradigma più utilizzato è quello cospirativista che si alimenta al famigerato falso antisemita Protocolli dei savi di Sion. Anche il network delle organizzazioni non governative che formano il BDS attinge ampiamente all’archivio antisemitico, nel 2010 la NGO palestinese Badil per una sua campagna ha usato la caricatura di un ebreo ritratto secondo una tipizzazione antisemita seduto sul cadavere straziato di un bambino, e a marzo del 2013 la NGO palestinese Miftah ha pubblicato un articolo in cui gli ebrei vengono accusati di praticare omicidi rituali di non-ebrei. Molti studiosi di antisemitismo ormai, come sottolineato durante il 4° Global Forum for Combating Antisemitism svoltosi a Gerusalemme nel maggio 2013, ritengono il BDS una nuova forma di antisemitismo, ed anche la definizione operativa dell’antisemitismo adottata dall’EUMC/FRA nel 2005 ritiene il disinvestimento una manifestazione di antisemitismo. Da un po’ di tempo però la linea del boicottaggio e del disinvestimento non è più solo un mezzo degli estremisti, anche grandi fondi pensione e chiese cristiane specie del Nord-Europa hanno deciso di disinvestire da società e banche israeliane, e negli ultimi mesi persino il Segretario di Stato americano John Kerry, l’ambasciatore dell’Unione Europea in Israele Faaborg-Anderson e certe “guidelines” UE hanno ambiguamente minacciato il boicottaggio dello Stato ebraico. Il BDS si configura come un tentativo di legittimare la delegittimazione di Israele all’interno del discorso politico, e di etichettare i sostenitori dello Stato ebraico come i complici di un’entità maligna. STEFANO GATTI MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Nel nostro Paese il boicottaggio dello Stato ebraico viene promosso da centinaia di associazioni e da piccoli partiti e movimenti, quasi tutti gravitanti all’interno della galassia della sinistra radicale, dell’estremismo islamico-palestinese e della chiesa ‘di base’ 9 COPERTINA Quell’odio viscerale contro Israele Da dieci anni, nel mese di marzo, in quasi tutti i campus universitari del mondo si tiene la IAW ‘Israel Apartheid Week’, la settimana del boicottaggio O MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 rmai il boicottaggio contro i prodotti israeliani nelle sue più svariate manifestazioni è diventato una questione di principio e un modus vivendi per coloro che ritengono Israele la causa principale della crisi del Medio Oriente. L’ultimo episodio, che ha fatto eco in tutto il mondo è stato il boicottaggio della SodaStream, azienda israeliana produttrice di un elettrodomestico che permette di creare diverse bibite in casa propria, il cui spot non è stato trasmesso al SuperBowl perché il principale stabilimento di produzione si trova in Cisgiordania (dove dà lavoro a 900 palestinesi). Certamente la vicenda non avrebbe avuto tanto peso se la testimonial non fosse stata Scarlett Johansson, la quale, a seguito delle critiche, ha deciso di interrompere la collaborazione con Oxfam, una confederazione di ONG schierata a favore della causa palestinese e per la quale da otto anni ricopriva il ruolo di ambasciatrice. Questo episodio ha messo in luce a livello globale un fenomeno in realtà già molto diffuso e ben radicato: quello del boicottaggio anti-israeliano organizzato. Il BDS, Boycott, Divestment and Sanctions Movement, un movimento globale nato nel luglio 2005 e creato da quasi 200 ONG palestinesi che attraverso pressioni politiche ed economiche non violente, chiede la fine dell’occupazione delle terre palestinesi e della colonizzazione, l’eguaglianza dei diritti per gli arabi-israeliani e il ri- 10 spetto dei diritti dei rifugiati a ritornare alle proprie abitazioni e proprietà. I metodi del movimento prevedono il boicottaggio non solo delle società - sia israeliane che internazionali - in qualche modo coinvolte nel supposto abuso dei diritti dei palestinesi (come quelle con sedi nei territori occupati), ma anche delle istituzioni culturali, accademiche e sportive, che con il loro operato sostengono e promuovono scambi e partnership con lo Stato ebraico. Il movimento ha come obiettivo quello di creare un’immagine criminale di Israele e ad esso si sono stati l’Association for Asian American Studies (AAAS) e l’American Studies Association oltre al noto fisico Stephen Hawkins. Lo stesso rappresentante per la questione dei diritti dei rifugiati palestinesi presso il Consiglio ONU per i Diritti Umani, Richard Falks (che recentemente ha accusato Israele di pulizia etnica nei confronti dei Palestinesi), nel suo rapporto del 2012 ha esplicitamente raccomandato il boicottaggio di specifiche società che hanno interessi nei territori occupati, come la HP, la Caterpillar e la Motorola. Possiamo renderci conto di quanto questo fenomeno sia rilevante se pensiamo che una settimana l’anno, durante il mese di marzo, da dieci anni, si pratica in quasi tutte le città e campus universitari del mondo, a cui si sono recentemente aggiunti Sud Africa, Regno Unito, Canada e USA, la IAW (Israel Apartheid Week), una serie di dimostrazioni come analisi letterarie, multimediali e culturali mosse per mettere alla luce come Israele sia uno stato basato sull’apartheid e sull’usura. Recentemente anche in Italia il fuoco del boicottaggio anti-israeliano si è ulteriormente alimentato, a seguito dell’accordo di collaborazione siglato tra ACEA e Mekorot; i rappresentanti del Movimento 5 Stelle hanno presentato sia un’interrogazione parlamentare che una di fronte al Consiglio del Comune di Roma criticando questa decisione. Ma per boicottare davvero Israele, non basta limitarsi a rinunciare alle bibite di Soda-Stream: per coerenza bisognerebbe iniziare a non usare più nessun oggetto che sia stato anche solo progettato in Israele. Parliamo di oggetti di uso quotidiano: chiavette USB, alcuni microprocessori di computer e alcuni antivirus, ma anche di fondamentali strumenti di diagnostica e medicine, come il Copaxone, per la cura della Sclerosi Multipla. YAEL DI CONSIGLIO Ariel Nacamulli FOTOGRAFO EVENTI FESTE PRIVATE BAR/BAT MITZVAH COMPLEANNI ANNIVERSARI +39 349.66.225.84 . www.arielnacamulliph.com . [email protected] Mekorot: la società israeliana, accusata di rubare acqua ai palestinesi N egli ultimi anni sono spuntati come funghi siti e gruppi di persone che dedicano le proprie giornate soltanto all’attività di sabotaggio della crescita economica e commerciale israeliana; dai pompelmi Jaffa ai cosmetici Ahava, dai datteri, all’intimo di Victoria’s Secret: la scusa per far partecipare più persone possibile al boicottaggio è che le fabbriche e gli impianti dei prodotti in questione si trovano in Cisgiordania, in quei territori contesi che dagli anni ‘70 in poi la propaganda palestinese si è raccomandata di chiamare “colonie”. Il mix esplosivo di malafede dei fautori e ignoranza dell’opinione pubblica, fa si che attraverso queste attività si divulghino informazioni false e calunnie nei confronti dello Stato Ebraico e dei suoi cittadini. Quando si organizzano queste campagne denigratorie, infatti, non solo vengono tirate in ballo questioni geopolitiche complesse con una superficialità infinita, ma non si tiene neanche conto dei fattori cruciali che danneggiano gli stessi palestinesi. Parlando delle aziende israeliane nel West Bank, per esempio, non si prendono in considerazione le migliaia di cittadini palestinesi che vi lavorano, con pari diritti e stessi compensi dei colleghi israeliani. I boicottatori, paladini di una giustizia fai da te, non tengono conto del danno che recano a chi, grazie a queste fabbriche, porta a casa l’unico stipendio della famiglia e coltiva sul posto di lavoro ami- cizie e scambi culturali con i vicini di casa, che alcuni vogliono che restino nemici. Nel caso dell’azienda SodaStream, per esempio, sono state ignorate completamente le voci dei lavoratori palestinesi che chiedevano di non mettere in difficoltà la società, senza la quale si ritroverebbero disoccupati. L’ultima campagna di boicottaggio importante in Italia, ha visto protagonista, suo malgrado, l’azienda idrica Mekorot, che gestisce gli impianti di acqua in Israele e che ha firmato accordi con l’Autorità Nazionale Palestinese nel ‘95, nell’ambito degli accordi di Oslo. A sventolare la bandiera dell’odio sono stati gli attivisti di BDS, seguiti a ruota da alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, per cercare di far saltare le intese tra la società israeliana ed ACEA. La quantità di false informazioni fornite non ha visto limiti; si è accusato Israele di rubare l’acqua ai palestinesi, di fargliela pagare cara, di chiudere i rubinetti nel momento del bisogno, e di gestire risorse idriche di proprietà dell’Autorità Palestinese. Ecco come stanno realmente i fatti. Mekorot è una società israeliana a partecipazione statale, che gestisce le risorse idriche di Israele e fornisce alla popolazione palestinese il 25% del consumo totale di quest’ultima, perché il restante 75% di acqua è gestito e distribuito direttamente dall’Autorità Nazionale Palestinese. Que- sto vuol dire che le accuse che Israele lascia a secco i palestinesi non può essere vera. Mekorot garantisce la distribuzione d’acqua ogni giorno e 24 ore su 24. L’azienda non ha mai tenuto conto della crisi politica tra lo Stato Ebraico e ANP, e neanche della situazione con Hamas a Gaza. Ha lavorato anche in casi di emergenza, come quando nel 2013 ha fornito nella Striscia gli strumenti per evacuare le zone colpite da una grande inondazione. Quindi comunque vadano gli accordi fra israeliani e palestinesi, la fornitura d’acqua non ne risente. Mekorot vende l’acqua all’ANP ad un prezzo minore rispetto a quello richiesto allo Stato israeliano. Esattamente 2,85 shekel, contro 4,16. Chi cerca la disparità la trova nel prezzo, quindi. È però in favore dei consumatori palestinesi. È vero che la gran parte dei palestinesi si trova spesso in carenza di acqua: questo è dovuto alla pessima gestione degli impianti idrici da parte della stessa Autorità Palestinese. Per migliorare le conoscenze sulla gestione delle risorse idriche, Mekorot organizza corsi di formazione sulla bonifica e sulla desalinizzazione dell’acqua. L’ANP mantiene ottimi rapporti con Mekorot. La proficua collaborazione rappresenta una sicurezza per la popolazione palestinese. Ora, chi vuole può continuare a boicottare ciò che vuole, ma si risparmi almeno la fandonia che lo fa per il bene del popolo palestinese; se c’è una speranza per quella gente, è proprio il mantenimento di rapporti lavorativi ed economici con uno stato che non sia corrotto come le autorità che governano i territori palestinesi. MICOL ANTICOLI MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Quando le accuse affogano in un mare di bugie 11 ISRAELE Attenti a chi vorrebbe Israele come Stato puro e perfetto MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 U 12 Sono coloro che rifiutano la dimensione quotidiana e terrena dello Stato ebraico. Sono coloro che in nome di un’utopia vorrebbero vedere cancellata la realtà di un paese che resiste e combatte no dei fatti che non può non colpire chi si occupa di Israele, e naturalmente è molto commentato, è il grado di inimicizia e di odio vero e proprio che lo colpisce nella società contemporanea, soprattutto negli ambienti politici, giornalistici, intellettuali. Pur essendo la società israeliana di grande successo economico, sociale e culturale, pur avendo una natura democratica profonda, pur rispettando le sue minoranze e gestendo i conflitti coi nemici che la circondano in maniera da ridurre al minimo possibile la violenza, pur non avendo per dimensioni, popolazione, risorse naturali la possibilità materiale di diventare una potenza aggressiva, Israele è il solo stato al mondo ad essere continuamente delegittimato, demonizzato, boicottato, accusato nelle istanze internazionali di colonialismo e imperialismo, trattato dalla stampa e dai politici anche dei paesi amici come se fosse un pericolo pubblico, con un governo sempre etichettato di "estremismo", comunque composto. Anche in questi anni in cui Israele è stato palesemente il luogo più pacifico e tranquillo del Medio Oriente, manifestazioni e boicottaggi si sono rivolti contro di lui, ignorando luoghi come la Siria, la Libia, l'Egitto, l'Iraq devastati da terribili guerre civili. Che tutto ciò venga dai nemici dell'ebraismo è comprensibile, anche se certamente inaccettabile. Il fatto è però che molti ebrei di diverso orientamento e competenza hanno sostenuto e sostengono posizioni in diverso grado modo analoghe. C'è chi accusa Israele di essere uno stato criminale, razzista, che pratica l'apartheid (Chomski e Falk e Goldstone, i Neturei Karta e qualche petulante loro imitatore nostrano). C'è chi nega l'esistenza del popolo ebraico, magari per ridurlo a una religione in cui non crede e distaccarsi così da esso (Shlomo Sand) in modo da sentirsi solo internazionale e interculturale. C'è chi si limita a deplorare la presenza dei “coloni” (“non sono nostri fratelli”) e magari anche degli “ultraortodossi”, accettando solo un pezzo di Israele, quello “laico”, di cui ignorano però le radici. C'è chi spiega che non c'è nessun legame fra ebraismo e sionismo e si attribuisce il diritto, anzi il dovere di essere ebreo e antisionista assieme (a livello internazionale studiosi noti come Butler e Boyarin, anche in questo caso con qualche imitatore locale). C'è chi condanna “il governo” e “le politiche” e non in linea di principio lo stato, peccato che si tratti di tutti i governi e di tutte le politiche effettive. C'è chi aderisce alle rivendicazioni palestinesi, considera giusto il riarmo iraniano, appoggia le flottiglie. Chi si limita a voler “costringere” Israele alla “pace”, cioè alla resa alle posizioni palestinesi, naturalmente “per il suo bene”. Molte di queste posizioni si intrecciano e si mescolano variamente. Ma infine ci sono anche gli “utopisti”, che possono condividere le posizioni che ho citato, ma la condiscono con un punto di vista morale: trovano sbagliata, intollerabile, disgustosa la situazione attuale, e che vorrebbero un Israele puro e perfetto. Il boicottaggio è un mezzo immorale, un ricatto che stimola i palestinesi a ottenere i loro scopi senza cedere nulla, a non trattare veramente (infatti rifiutano di riconoscere lo Stato del Popolo Ebraico), a proseguire nella politica di incitamento antiebraico a scuola e sui media che esalta il terrorismo e promuove l'odio, ad aspettare che la comunità internazionale gli consegni tutto ciò che desidera. Vorrei occuparmi soprattutto di costoro. Perché questi atteggiamenti? Anche qui, bisogna distinguere. C'è una parte che si adegua all'antisionismo circostante, come nell'Ottocento moltissimi ebrei espressero luoghi comuni antisemiti, a partire da Marx per arrivare al nostro Lombroso. Questo adeguamento può essere interessato: certamente un ebreo che si dichiari antisionista o "critico" ha più probabilità di piacere a un pubblico che condivide i suoi pregiudizi, di ottenere rubriche sui giornali, interviste a dittatori arabi, platee politically correct plaudenti, premi letterari, cattedre universitarie e incarichi nelle organizzazioni internazionali. O può essere semplicemente la subordinazione alle correnti di opinione che purtroppo capita a tutti. Non mi interessa però qui discutere di questi personaggi. Quel che incuriosisce e preoccupa sono altre posizioni, personalmente certo più rispettabili, ma certamente pericolose, quelle che ho chiamato utopistiche che fino a prova contraria vanno attribuite a un sentimento di stima e di amore se non per il popolo ebraico in carne ed ossa, almeno per una sua immagine utopica, trovata nella storia, nella Torah, nella filosofia. Alla base sta l'idea più o meno messianica che gli ebrei non possano e non debbano essere un popolo come tutti gli altri nemmeno nella loro organizzazione politica, ma debbano vivere in uno stato di perfezione che sia di esempio a tutti – o rassegnarsi all'esilio e alla schiavitù. O santi, nel senso cristiano di perfetti, non in quello ebraico di separati, o schiavi, senza via di mezzo. Queste posizioni sono alla radice dell'antisionismo haredì, di cui i Neturei Karta sono solo la punta più visibile (e fastidiosamente esibizionista) dell'iceberg, ma che coinvolge i molto più numerosi chassidim di Satmar e molti altri almeno parzialmente: se non guidati direttamente dal Messia, e dunque dalla volontà divina in seguito a un raggiunto stato di purezza del popolo, insediarsi in Israele non solo è inutile ma sbagliato, fare uno stato è contrastare il decreto divino. Da posizioni molto diverse, un grande maestro di Torah come Yeshayahu Leibowitz si scagliò contro lo stato di Israele, fino a definire “nazista” Tzahal. E in maniera ancora diversa, senza arrivare a questi eccessi, Martin Buber (prima di lui Ahad Haam) polemizzò duramente contro le scelte politiche che portarono alla costituzione dello stato di Israele, giudicandole moralmente dubbie: una posizione condivisa dal primo rettore dell'Università Ebraica di Gerusalemme, Leon Magnes, che arrivò a fare una campagna in America per dissuadere l'amministrazione Truman dal riconoscimento del nuovo stato. Fuori dall'ambito religioso, e paradossalmente sulla base di una posizione teorica che esalta la posizione politica, Hannah Arendt si schierò spesso contro Israele per ragioni analoghe, perché Israele era uno stato e regolava il proprio statuto interno e le relazioni esterne sulla base della imperfetta logica del possibile, senza indicare un rinnovamento utopico della convivenza umana. politica che è premessa e non conseguenza della rivelazione della Torah, come si vede chiaramente dal racconto di Esodo 18-19). L'idea che l'ebraismo debba essere apolitico e utopico, o “santo” e messianico (che in fondo è la stessa cosa) è estranea alla nostra tradizione, oltre che storicamente infondata. Dappertutto e sempre l'ebraismo si è organizzato come comunità civile, costruendo le istituzioni di autogoverno che poteva realizzare e usandole come base per realizzare la forma di vita prescritta dalla tradizione. Quando ha dovuto non ha esitato a difendere la sua vita con le armi, dalle battaglie di Abramo a quella che conclude il libro di Ester fino alla resistenza antinazista e alla difesa dello Stato di Israele. La dimensione politica e militare è perfettamente presente a partire da quel testo originario dell'anima ebraica che è il canto di Mosè dopo il passaggio del mare. L'ebraismo non è mai stato né anarchico, né pacifista (anche se desideroso della pace, certamente, ma non in ogni modo e ad ogni costo). E non è stato utopico, anzi è la più topica delle religioni (ammesso che sia una religione), quella più strettamente legata a un edificio (il Tempio), un luogo (Gerusalemme), una terra (Israele), un popolo. Negare questi legami in favore di universalismi, utopie, pretese di perfezioni assolute, porta vicino alle varie categorie dei nemici del popolo ebraico, da cui questa riflessione è partita. UGO VOLLI Nella pagina a fianco da sin.: Martin Buber, Yeshayahu Leibowitz, e Leon Magnes in alto da sin.: Schlomo Sand e Richard Goldstone MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Tutti questi casi, così diversi fra loro, e altri ancora più recenti che si potrebbero indicare anche in Italia, hanno in comune la sfiducia o piuttosto il rifiuto della dimensione quotidiana e terrena dello stato di Israele, contrapponendolo a un'utopia in cui il potere non dovrebbe essere più oppressivo, non ci sarebbe più violenza e ingiustizia, lo stato stesso potrebbe deperire nell'anarchia. In assenza di questa condizione ideale, sarebbe meglio “subire l'ingiustizia che commetterla” (come recita una celebre affermazione che Platone attribuisce a Socrate), e dunque non costituire uno stato ma vivere sotto il dominio dei popoli. E' facile mostrare come questa posizione sia irrealistica e pericolosa. Basta richiamare alla storia eterna dell'antisemitismo, al fatto che, come prevede l'Aggadà, non c'è stata generazione nei vari esili che ha subito il popolo ebraico (in Egitto, in Babilonia, in Persia, negli ultimi duemila anni in tutto il mondo) che non abbia subito aggressioni e tentativi di genocidio. E' facile anche richiamare la conclusione del libro dei Giudici, con le orribili stragi interne al popolo ebraico e il dibattito che segue quando il popolo chiede di avere “un re che ci governi” (cioè un sistema politico) “come tutti gli altri popoli”, Samuele si oppone ma la voce divina gli dice, sia pure a malincuore, di accettare la proposta (Samuele, cap. 8). O su tutti i passi talmudici in cui, pur sotto il dominio oppressivo dei romani, si dice che un governo, anche cattivo, è preferibile all'anarchia, dove “gli uomini si divorerebbero fra loro”. Il punto è ancora più generale, ha a che fare con la costituzione di Israele come popolo, sulla instaurazione della sua organizzazione 13 ISRAELE Quando è lecito discutere con i nemici? Serve parlare con chi visceralmente odia Israele? “L a pace si fa con il nemico”, quante volte abbiamo ascoltato questa frase a sostegno della ineluttabilità di un accordo – qualunque esso sia – abbinato con un’altra espressione “ Israele è pronta per fare scelte dolorose”, due modi di dire che contengono un’alta dose di rispettabilità, indici di quella buona volontà che nello Stato ebraico è sempre esistita pur di arrivare alla pace con il mondo arabo. Israele ci è arrivata, appunto, facendo la pace con i nemici – Egitto e Giordania – ha ceduto territori conquistati in guerre difensive, pur di arrivare alla pace. Ha optato per ‘scelte dolorose’, come l’uscita da Gaza, pur di dimostrare al mondo che a Gaza poteva nascere una parte di quello Stato che gli ASSOCIAZIONE D.A.N.I.E.L.A DI CASTRO AMICI MUSEO EBRAICO DI ROMA L’“Associazione Daniela Di Castro MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Amici del Museo Ebraico di Roma” 14 è nata per aiutare il Museo Ebraico di Roma nella tutela, conservazione, promozione, diffusione e sviluppo della ricchezza del suo patrimonio. PER INFORMAZIONI E PER ISCRIZIONI: www.associazionedanieladicastro.org [email protected] Tel. 334 8265285 arabi-palestinesi da alcuni decenni rivendicano. Circa diecimila israeliani sono stati evacuati dalla Striscia, una scelta che ha causato disperazione e sofferenze, motivata però dal bisogno di dimostrare la buona fede di Israele. Ma Gaza è diventata una entità criminale, un aborto di Stato il cui unico scopo è la guerra agli ebrei, ovvero la distruzione di Israele. A distanza di quasi un decennio, è bene chiedersi se il duplicato di quella tragica esperienza – l’abbandono della Valle del Giordano, come Usa e Ue chiedono con insistenza a Israele di accettare – sia da mettere all’ordine del giorno. Mentre scrivo si è appena appreso il fallimento della Conferenza di Ginevra per porre fine al massacro siriano, ma la cosa non ha destato particolari recriminazioni, in più nessuno si è preoccupato di stabilire a chi andava attribuita la responsabilità. I massacri continueranno, come avviene in Libia, Iraq, Sudan, Nigeria e in gran parte del mondo arabo-musulmano, guerre tribali nelle quali è difficile stabilire a quale delle parti sia da attribuire la maggiore criminalità. Le notizie scompaiono dalle prime pagine, passano agli esteri, per diventare alla fine ‘brevi’ di agenzia. Con Israele no, se i colloqui con l’Anp – quasi giunti a conclusione – si riveleranno un fallimento, fin da ora Usa e Ue hanno decretato che la responsabilità è di Israele. Giunti a questo punto è opportuno chiedersi se quel nemico con il quale deve essere fatta la pace ha titolo per sedersi al tavolo delle trattative, se ha le carte in regola. Mentre Israele riconosce l’Anp come partner, lo stesso non si può dire della controparte. L’Anp si rifiuta di riconoscere Israele quale Stato degli ebrei. Le istituzioni internazionali avrebbero dovuto pretenderlo, ma si sono ben guardate dal farlo, così come non intervengono mai a sanzionare le infinite violazioni dei diritti civili che contraddistinguono la società palestinese. È un problema di legittimazione: si deve discutere con chi non ti riconosce? Se gli infiniti incontri – non ultimo quello che sembrava definitivo di Oslo – si sono rivelati inutili, ha senso ripetere ogni volta lo stesso errore? Riflettevo su questa domanda lo scorso mese, in merito alla presentazione a Torino di un libro di Donatella Di Cesare sulla filosofia ebraica, dopo aver visto che il suo interlocutore era Gianni Vattimo, certamente un filosofo, ma anche l’espressio- ne del più virulento anti-sionismo, diciamo pure uno degli odiatori di Israele più viscerali. L’immagine, insieme al suo collega Piergiorgio Oddifreddi, del cattivo maestro. Aver scelto di discutere con Vattimo equivale alla sua legittimazione, lo qualifica quale interlocutore e non come un nemico le cui idee vanno combattute proprio perché sono conosciute. Vattimo non è un avversario con il quale è lecito confrontarsi, come non lo è Oddifreddi. Sono due nemici, e i nemici si combattono, con loro non ci si siede intorno a un tavolo, non hanno nulla da comunicarci se non l’odio per Israele. La Stampa, giornale sul quale Vattimo ha sempre scritto, ha reciso il contratto di collaborazione, lo stesso è successo a Oddifreddi, la Repubblica ha definitivamente chiuso il suo blog. È giusto lanciargli un salvagente che lo ri-legittima, dopo tutte le menzogne che in continuazione lancia contro Israele? La domanda non è retorica. ANGELO PEZZANA Nella foto in basso: il dibattito tra Donatella Di Cesare (sin.) e Gianni Vattimo (dx.) Accettare la disputa con chi accusa Israele anzitutto di illegittimità, con argomenti vecchi e nuovi, può essere faticoso, frustrante, irritante, ma è un obbligo S arebbe forse impensabile, in Italia, un dibattito televisivo su Israele. Questo dà la misura della situazione. Il tema è censurato a priori, evitato sistematicamente ovunque nello spazio pubblico, come se non potesse esserci un dibattito democratico. Si può parlare della Shoah, si possono affrontare i temi più tradizionali dell’antisemitismo e della discriminazione, ma sembra che il tema, certo nuovo, dello Stato di Israele debba essere evitato. Quasi per quieto vivere. Questa specie di legge non scritta, che di fatto limita e ghettizza la discussione, con ripercussioni deleterie anche all’interno del mondo ebraico, emerge soprattutto quando occorrerebbe fronteggiare non gli amici, coloro che riconoscono l’esistenza dello Stato di Israele, caposaldo del mondo democratico, ma i nemici, cioè coloro che ne mettono in discussione l’esistenza. Con una etichetta, non sempre trasparente, possono chiamarsi “antisionisti”. L’antisionismo è il diritto di essere “democraticamente” antisemiti. Proprio questo lo rende particolarmente insidioso. Dopo la Shoah l’antisemitismo appare squalificato all’interno del discorso democratico. Proclamarsi antisemiti è impensabile - a meno di non essere neohitleriani e, magari, negazionisti. Ecco perché le distinzioni, anche linguistiche, sono così importanti. Chi nega la Shoah è un negazionista. Chi mette in discussione lo Stato di Israele denunciandone l’illegittimità è un antisionista. Certo che di solito i negazionisti sono anche antisionisti. Ma non vale la reciproca: ci sono antisionisti che possono perfino riconoscere l’ebreo come vittima dei nazisti nello stesso istante in cui ne fanno il carnefice dei palestinesi. Questo perverso meccanismo con cui si nazifica Israele per giudaizzare i palestinesi, più subdolamente diffuso di quanto non si creda, è uno dei grandi ostacoli a un confronto aperto, oltre ad essere una minaccia incombente. Che fare allora? Nel caso dei neohitleriani e dei negazionisti non c’è alcuna condivisione e perciò non è in nessun modo possibile discutere. Può valere questo per chi si proclama antisionista? Si può avere un confronto pubblico con chi ritiene illegittimo lo Stato di Israele? Non si rischia, fra l’altro, di offrire visibilità a quelle posizioni e fare da cassa di risonanza a quelle accuse? Può darsi che si corra questo rischio. Ma sottraendosi al confronto si corre un rischio ben più grave. Anzitutto perché si fa credere di essere trincerati dietro una “ Il perverso meccanismo con cui si nazifica Israele per giudaizzare i palestinesi, più subdolamente diffuso di quanto non si creda, è uno dei grandi ostacoli a un confronto aperto, oltre ad essere una minaccia incombente difesa intransigente, ma non articolata e, dunque, apparentemente priva di contenuti. E inoltre si dà a intendere di non avere argomenti per smontare le accuse. Certo non si può essere così ingenui da credere che un antisionista incallito cambi idea. Ma che ne è delle persone giovani su cui potrebbe esercitare un influsso? Non dovremmo preoccuparcene? L’antisionismo è complesso e variegato; ha forme diverse, più radicali e oltranziste, più superficiali, inconsapevoli, ma non meno dannose. Nelle scuole, nelle università, nel mondo intellettuale - non solo nel contesto italiano, ma in genere in quello europeo - è estremamente presen- te. Può emergere nella scelta dei termini, quando si parla di “coloni”, come se nulla fosse, oppure quando si rimprovera garbatamente Israele di voler essere uno Stato “ebraico”. È opportuno ricordare che negli ultimi mesi in Italia due riviste, e cioè “Limes” e “Micromega”, hanno dedicato molte pagine a Israele dove prevale una lettura di parte e parziale. “Micromega” ha addirittu- ra ospitato un dibattito intitolato “Sionismo e antisionismo”, eco di un dibattito più ampio, iniziato negli Stati Uniti, che ha fra i protagonisti anche la intellettuale e filosofa ebrea americana Judith Butler, dichiaratamente antisionista (il volume è uscito da poco e si intitola Deconstructing Zionism). Accettare la disputa con chi accusa Israele anzitutto di illegittimità, con argomenti vecchi e nuovi, può essere faticoso, frustrante, irritante, ma è un obbligo. E vuol dire smontare le accuse per rispedirle al mittente - decostruire chi decostruisce. Valga per tutti l’argomento della terra su cui si basa l’accusa di illegittimità non politica, ma esistenziale, e il rimprovero di essere un paese colonialista (da cui, appunto, i “coloni”). È evidente che appare necessario accettare dispute che sono politiche, ma hanno anche un respiro culturale e perfino teologico. Non si tratta di conoscere il particolare geografico, di tenere a mente il dettaglio storico. Nei secoli passati, e in condizioni ben più difficili di quelle in cui viviamo, gli ebrei prendevano parte alle dispute e non di rado avevano la meglio. Chi difende Israele non ha nulla da temere. E ha molti argomenti positivi e fondamentali da sviluppare. Nell’era dell’informazione e dei nuovi media non ha senso tacere o evitare il tema. Si può e si deve essere pronti a dialogare democraticamente, ma senza concessioni, per far capire quanto decisiva sia per il mondo la presenza di Israele. DONATELLA DI CESARE MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Parlare con gli antisionisti? A volte è necessario 15 FOCUS Un doppio passaporto per vincere il pessimismo Cresce la percentuale degli israeliani che vorrebbero avere un’altra cittadinanza da utilizzare in caso di conflitto ma anche come soluzione alla crisi economica e alla generale mancanza di fiducia MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 5774 I 16 n molte case di Israele si parla con sempre minore curiosità e sempre maggiore serietà della legge che il governo spagnolo starebbe per varare e che concederebbe la cittadinanza ai discendenti degli ebrei cacciati con l’Espulsione del 1492. Non sappiamo esattamente quanti israeliani potrebbero rientrare nelle liste dei candidati a ricevere il passaporto spagnolo, ma possiamo affermare che quasi tre milioni di cittadini dello Stato di Gerusalemme hanno, nel proprio albero genealogico, uno dei cognomi sefarditi apparsi nelle liste “non ufficiali” pubblicate dal governo di Madrid. Il comico Nadav Abekasis, ridendo, commentando ed ironizzando la notizia ha sottolineato come finalmente sia arrivata la giusta “uguaglianza tra ashkenaziti e sefarditi che, ottenendo un passaporto straniero, avranno anche loro un posto dove fuggire quando scoppierà la prossima guerra.” Siamo certi che questa sia solo una spiritosa interpretazione di un comico di Sefarad? Il 68% degli israeliani vorrebbero un passaporto straniero ed è la situazione economica del paese a preoccupare più della sicurezza o di una drammatica ipotesi di guerra. E’ interessante notare che coloro che sono più interessati all’idea di un doppio passaporto sono nativi israeliani, sabra, con un curriculum di studi di livello universitario ed un reddito generalmente superiore alla media. La ricerca è stata fatta a nome della Sderot Conference for Society, una sorta di joint venture nata nell’Aprile del 2013 con la partecipazione del Sapir College e del Council for Social and Economic Security, alla cui presidenza siede il Magg. Gen. Uzi Dayan. La nascita di questa innovativa piattaforma di riflessione vede le proprie motivazioni di esistenza nel bisogno di una nuova agenda socio-economica per lo Stato di Israele che affianchi le ricerche sulla sicurezza. Le risposte del campione intervistato hanno dato queste preferenze: il 42% vorrebbe avere un passaporto statunitense, il 9% dell’Unione Europea e della Gran Bretagna, il 5 % un passaporto australiano e mentre un 7% non ha preferenze nette il restante 3% accetterebbe ben volentieri anche un passaporto dell’Europa dell’Est, cioè un passaporto dalle stesse nazioni dove l’antisemitismo e l’antigiudaismo hanno espresso ed esprimono momenti di violenza contro gli ebrei difficilmente eguagliabili nella storia. Eppure, secondo questa ricerca, alcuni israeliani non avrebbero problemi a richiedere un passaporto polacco, piuttosto che ungherese o ucraino. Questo dato così significativo è anche grottesco perché dimostra che alcuni di noi sarebbero pronti a tornare ad essere cittadini di quei luoghi che negli anni del 1930 erano tappezzati di graffiti che “invitavano” gli ebrei ad andarsene in Palestina e che oggi, come farebbe notare lo scrittore Amos Oz, sono pieni di graffiti che “invitano” gli ebrei ad andare “fuori dalla Palestina”. E qualcuno in Israele lo farebbe volentieri o vorrebbe avere in tasca la possibilità di poterlo fare. Cosa è accaduto al sionismo dei padri? Cosa sta accadendo all’idea sionista delle nuove generazioni di Israele? Perché dobbiamo notare che coloro che sono interessati all’idea di un doppio passaporto hanno per lo più una età compresa tra i 18 ed i 54 anni ( decisamente la nuova e produttiva generazione del paese) e sono tendenzialmente più laici o tradizionalisti e non certo charedim e generalmente non ortodossi. Il paese sembra quindi essere ben lontano da un’idea di nazione laica ed ebraicamente accogliente. C’è da dire che la ricerca ha una reale possibilità di errore del 4,4% ma lascia comunque aperte molte riflessioni, se non qualche fondato timore. Zeev Tzachov professore del Sapir College ha affermato che per molti israeliani non esiste più nessuna preoccupazione per l’antisemitismo crescente, mentre paradossalmente nella Diaspora questa preoccupazione spinge sempre più famiglie a decidere di intraprendere la non facile alyà, salita, verso la terra avita. “I dati mostrano un acuto problema sociale” - ha affermato Tzachov - “molto più grave di quello della sicurezza. Negli anni scorsi, quando la situazione della sicurezza era molto più grave, nessuno prendeva in considerazione l’idea di un passaporto straniero. La realtà era difficile, ma si percepiva una speranza. Oggi siamo di fronte ad una crescente disperazione. Le persone non hanno più fiducia in un possibile cambiamento ed in molti credono che se non ci dovesse essere per loro un futuro migliore, che almeno ci sia per i loro figli un posto più sicuro dove vivere.” In sostanza sembra che la crescita economica diseguale, la crescente povertà e la partecipazione alla forza lavoro del paese che è una delle più basse tra i paesi sviluppati siano motivi di grande preoccupazione per molti giovani israeliani, tanto da diventare ipotesi di abbandono del paese. Forse il percorso di normalizzazione del paese passa anche per la possibilità di poterlo lasciare quando e come si vuole? Certamente, questo è giusto. Crea qualche pensiero l’idea di poterlo fare attraverso un passaporto straniero, ricevuto per nome e conto di qualcuno, un padre, un nonno, un qualsiasi avo, che è stato costretto a lasciare quei paesi data la propria inevitabile ebraicità. Gli ebrei con il sionismo sono stati messi di fronte alla possibilità concreta di proclamare la propria fedeltà ad una terra particolare ed anche ad una specifica tradizione senza necessarie giustificazioni né in nome proprio né tanto meno in nome degli altri popoli loro vicini. Oggi parte dei figli di coloro che scelsero il sionismo come espressione della propria identità sono messi di fronte ad una realtà che non somiglia più ai sogni dei loro nonni e necessita di interventi sociali ed economici reali ed urgenti, se non vogliamo dare libero sfogo ad una società settoriale, sempre meno laica e con sempre meno doveri condivisi. Il sionismo dei padri ha riportato in auge la realtà dei legami ebraici, liberando gran parte del popolo ebraico dell’imbarazzo per la propria identità e per la stessa lealtà a questa identità, alla propria storia particolare ed in alcuni contesti anche al proprio credo particolare. Il sionismo (o il post-sionismo reale) dei figli ha portato un’intera generazione in piazza a chiedere un’urgente giustizia sociale o, persino, a sognare un passaporto ucraino pur di avere un’eventuale via di uscita dal sogno dei padri. PIERPAOLO PINHAS PUNTURELLO L’espulsione degli ebrei come strumento per fermare la ‘contaminazione’ Con l’editto di espulsione firmato dai re cattolici si voleva costruire - dopo 1500 anni di integrazione - una società omogenea culturalmente e religiosamente. Il pluralismo faceva paura clima sempre più teso, in cui si aggiunsero la ripresa dell’accusa di omicidio rituale secondo la quale gli ebrei uccidevano i bambini cristiani per cavarne il sangue con cui impastare le azzime per la loro Pasqua, con l’azione congiunta della monarchia e dell’Inquisizione spagnola fu emanato l’editto di espulsione. Ma la ragione profonda risaliva ancora più lontano nel tempo. Le conversioni di massa del 1391, che pure portarono al battesimo di circa centomila persone in breve tempo, avevano creato un problema nuovo ai cristiani “vecchi” di Spagna, dal momento che i neoconvertiti avevano cominciato a penetrare massicciamente in alcuni importanti settori della vita economica e pubblica dai quali gli ebrei erano stati sempre esclusi. L’ingresso dei nuovi cristiani nella società suscitò risentimenti e invidie da parte dei vecchi cristiani che cominciarono a lanciare contro tutti i componenti del gruppo dei conversos l’accusa di cripto ebraismo (marranesimo) per frenarne l’ascesa sociale e economica. Così furono emanate le leggi di limpieza de sangre (di purezza di sangue) che escludevano i cristiani discendenti degli ebrei da numerose cariche e professioni. La macchia originaria non era affatto cancellata con il battesimo e l’appello al sangue ereditario implicava un pericoloso ricorso al dato biologico e naturale che anticipava l’antisemitismo razziale del Novecento. Intanto, il tribunale dell’Inquisizione perseguiva l’eresia dei cristiani sospettati di ebraismo. Migliaia di nuovi cristiani furono MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 5774 L a cronaca recente ci fornisce molti spunti per tornare a riflettere sulla storia degli ebrei. La notizia che il governo spagnolo si accinge a emanare una legge che offre la possibilità di ottenere la cittadinanza a coloro che possano dimostrare di discendere dagli ebrei espulsi nel 1492 suscita emozioni ma anche molte riflessioni, sul passato e sull’oggi. Innanzi tutto ricordiamo i fatti. Il 31 marzo 1492 i re cattolici Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia emanarono dalla città di Granada, capitale del regno musulmano espugnata solo tre mesi prima, un editto che imponeva a tutti gli ebrei residenti nel regno iberico di lasciare il paese entro il 2 agosto successivo. Eliminata la potenza musulmana dal Regno, toccava ora agli ebrei. Si trattava infatti di costruire una identità collettiva univoca e omogenea, in cui il pluralismo culturale e religioso non aveva spazio. L’editto costituiva l’ultimo e finale atto di una vicenda drammatica di persecuzioni, stragi e conversioni forzate di ebrei iniziata già nel XIV secolo e che avevo prodotto episodi drammatici di violenza come le stragi di migliaia di persone a Siviglia e a Cordoba nel 1391, a cui avevano fatto seguito moltissime conversioni. Parallelamente a questi eventi anche la legislazione spagnola si era andata irrigidendo, soprattutto in direzione di una più netta separazione tra ebrei e cristiani e di un severo controllo nei confronti dei conversos, i convertiti, accusati sempre più spesso di giudaizzare e dunque del gravissimo reato di apostasia. In un 17 FOCUS MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 giudicati dai tribunali, videro confiscati i loro beni e spesso salirono sul rogo. Il nodo problematico essenziale che portò alle espulsioni degli ebrei era costituito dalla preoccupazione di evitare pericolose “contaminazioni”: andava cioè tagliato il filo di contatto che legava i molti convertiti agli ebrei restati nell’ebraismo che erano accusati di agire per far rientrare i primi nell’antica religione. Occorreva perciò espellere gli ebrei dal nuovo regno e impedire regiudaizzazioni o pentimenti dei convertiti. Di conseguenza, l’espulsione del 1492 trova la sua chiave di lettura nelle conversioni di massa del 1391. Infatti, una volta fallita la strategia politica della conversione generale degli ebrei spagnoli restava come diretta conseguenza l’espulsione degli ebrei restati tali. Cacciati questi ed estirpata l’eresia dei nuovi cristiani, il problema ebraico sarebbe stato risolto con l’integrazione, sia pure subordinata e piena di rischi, dei convertiti cristianizzati. La storiografia ha approfonditamente analizzato le diverse motivazioni dell’editto di espulsione, prima tra le quali le necessità politiche della omogeneizzazione, oltre che nazionale e identitaria, anche religiosa della nuova monarchia, già unificata territorialmente con l’unione politica dei regni di Castiglia e di Aragona e con la caduta del regno di Granada (2 gennaio 1492), che aveva posto fine all’enclave musulmana sul territorio della penisola iberica. Ma quel che qui interessa sono le conseguenze di tale cacciata che poneva fine alla presenza, durata ben quindici secoli, degli ebrei spagnoli nella mitica “Sefarad” e che costrinse all’emigrazione circa centomila individui. Con quella che gli storici hanno definito “la rivoluzione ebraica del sedicesimo secolo”, dopo il fallimento del progetto di conversione totale, ebrei specializzati in diverse attività – allevatori, artigiani, medici, banchieri, commercianti, rabbini, uomini di cultura - si diressero verso il Portogallo, i paesi dell’Africa settentrionale (Marocco, Tunisia, Algeria), nei Balcani e negli altri domini dell’immenso Impero Ottomano, dove trovarono condizioni favorevoli e di tolleranza, e poi in direzione dell’Europa orientale e della Polonia. E’ certo positivo che dopo più di cinque secoli si voglia risarcire e riconoscere il crimine commesso. Ma certamente oltre al piano 18 simbolico, vanno considerate più prosaiche motivazioni: da parte della Spagna, al di là dell’appello a costruire un pluralismo religioso e culturale senz’altro benefico nella tormentata area mediterranea, va considerato l’obiettivo di attirare nel paese in crisi forze e risorse capaci di muovere l’economia; da parte degli israeliani, che pare assedino l’ambasciata spagnola per avere informazioni, il desiderio di ottenere un passaporto europeo, oltre a quello israeliano, utile nella eventualità di un futuro difficile. Ma, anche senza considerare che si tratta di circa tre milioni di persone tra israeliani ed ebrei sefarditi sparse per il mondo, come dimostrare la discendenza dagli antichi ebrei, e perfino dai marrani? Con il cognome, che pure tra i marrani cambiava? Con la lingua, anch’essa pure mutata nel tempo? Con un certificato che dimostri la discendenza? Paradossalmente la legge progettata nella Spagna di oggi riproduce lo stesso cammino della ricerca della prova della ebraicità della Spagna del Cinquecento, ma all’inverso. Allora, la prova per escludere dalla cittadinanza e oggi la prova per concederne una nuova. Ma ciò non significa ancora una volta legare il diritto di cittadinanza al sangue? E c’è dell’altro. Gli spagnoli di oggi, nonostante le trasformazioni storiche e culturali della loro identità intervenute in cinque secoli, a cui peraltro non si fa cenno alcuno nel progetto, con la loro offerta mostrano di considerarsi eredi diretti e identici di quegli spagnoli di cinquecento anni fa che cacciarono gli ebrei sulla base di una immagine nazionalistica e biologica delle identità. Se ne può dedurre che l’offerta rivolta agli ebrei di oggi costituisca una ripresa, sia pure ancora una volta rovesciata quanto alle conseguenze, di questa presunzione identitaria fondata su un’idea di appartenenza nazionalistica – “siamo tutti spagnoli” – tutt’altro che limpida. Altro che il pluralismo tanto invocato, allora! MARINA CAFFIERO, Università degli Studi di Roma L’editto del 31 marzo 1492 che imponeva agli ebrei di abbandonare la Spagna kosher restaurant Vuoi gustare la miglior cucina kosher? Il ristorante più glamour di Roma è in Viale Libia, 54 Aperto prAnzo e cenA Contatti per info e prenotazioni: tel. 06.94368150 - www.tayim.it - e-mail: [email protected] Con l’espulsione nacque il fenomeno dei conversos e dei marranos D urme, durme mi angelico Hijico chico de tu nacion Criatura de Sion No conoces la dolor Porque nombre, me demandas? Porque no canto yo? Ah, cortaron las, mis alas y mi voz amudicio Ah, el mundo de dolor. Questo è una delle centinaia delle kantigas che dal 1492, anno dell’Editto di Espulsione degli ebrei dai regni Spagnoli, ha cominciato a vagare nello spazio e nel tempo. Molto è stato scritto sulle conseguenze economiche del decreto dei re cattolici Ferdinando ed Isabella così come il successivo arricchimento culturale, sociale ed economico delle terre che diedero asilo ai sefardim: dalla Turchia a Salonicco, da Livorno ad Amsterdam. Scrisse lo storico Cecil Roth: “E’ significativo il fatto che la grande epoca dello sviluppo turco si sia prodotto nella generazione successiva all’arrivo degli ebrei spagnoli.” Sono state studiate con attenzione le relazioni, tra sefardim ed ebrei locali a Roma come in Marocco. Forse non è stato scritto abbastanza sul trauma e sul dramma identitario nati come conseguenze dell’espulsione. Non è stato affrontato con una seria analisi il sentimento di tragedia e di esclusione dall’identità nazionale spagnola dopo quindici secoli di vita. Gli ebrei d’Europa avevano già sperimentato le espulsioni, dall’Inghilterra nel 1290 e dalla Francia nel 1394. Si trattava però di nazioni “ospitanti” non di una terra madre come lo fu Spagna. Una terra che gli ebrei avevano contributo a sviluppare con la loro presenza, le loro attività, il loro apporto culturale. Molto anche è stato scritto sui conversos, o anusim, ma ancora poco si è scritto sui ritorni all’ebraismo che negli anni, fin dalla prima generazione dopo l’Espulsione, molti di essi intrapresero, fuggendo da un Portogallo o da una Spagna o da un Sud Italia dai confini sotto stretto controllo dei Santi Uffici Inquisitori e con i roghi sempre accesi. Dal punto di vista storico è difficile seguire l’emigrazione di una persona da Lisbona che, nel 1600, esce dal regno come fedele suddita cristiana, cambiando il suo nome a Livorno e tornando alla fede dei padri, in quanto ebreo. Scrive lo storico Americo Castro: “Gli ebrei lasciarono una Spagna molto ebraicizzata e partirono molto ispanizzati.” Ciò ha prodotto una tragedia non solo religiosa, ma anche culturale e sociale che ha colpito e colpisce intere generazioni di discendenti di ebrei che hanno vissuto il terribile dilemma della conversione e le persecuzioni dell’Inquisizione. I ritorni all’ebraismo dei conversos spagnoli e portoghesi non furono facili, né dal punto di vista halachico né dal punto di vista spirituale. Di fatto gli anusim spagnoli e portoghesi che si ricongiungevano con l’ebraismo vissero una situazione di fermento intellettuale ed esistenziale difficile ed opposta rispetto al resto del mondo ebraico europeo che iniziava a vivere l’illuminismo dell’Haskalà. Mentre il mondo ebraico mitteleuropeo cominciava ad uscire intellettualmente dai ghetti, dopo due o tre generazioni dall’Espulsione dalla Spagna alcuni conversos lasciavano l’ambito culturale europeo per varcare la stretta soglia della minoranza, una minoranza assai diversa dalla maggioranza cristiana nella quale erano cresciuti, pur nella consapevolezza del proprio marranesimo. Dopo l’Espulsione il fenomeno del marranesimo divenne il trauma nazionale della collettività ebraica sefardita, un trauma che vide molte persone di nuovo condotte all’emarginazione, sia dal mondo cristiano al quale non erano mai veramente appartenute, sia dal mondo ebraico al quale non riuscivano ad appartenere intellettualmente e spiritualmente. Come scrisse De Barrios, un conversos d’Olanda, nelle Epistola a una mal encaminado (Lettera a colui che percorre un sentiero tortuoso): “Non sei gradito da un popolo perché l’hai abbandonato, l’altro popolo non ti considera fedele perché ti vede simulare “. Comprendendo questo dramma intellettuale ed identitario si metterebbero in luce le crisi di personalità come Uriel da Costa e Baruch Spinoza, quindi una parte fondamentale del pensiero europeo. Uriel da Costa, per esempio, visse una crisi identitaria realmente ebraica quando si lamentava delle “barriere” che i saggi avevano eretto intorno alla Torà e che potevano portare ad un errore del popolo che non avrebbe compreso la differenza tra le barriere, divenute legge e la stessa legge di Moshè. L’Espulsione dalla Spagna fu un evento storico che, ancora oggi dopo 500 anni, non abbiamo veramente analizzato, né veramente metabolizzato anche a causa delle scomparsa, per mano nazista, delle grandi comunità sefardite di Salonicco, Rodi, Corfù. Al dramma di una nazione senza più patria e di una lingua, il ladino, senza più terra, nei secoli si è aggiunto il dramma dei conversos ed il dramma della Shoà nel mondo mediterraneo che è stata la violenza più tragica e senza ritorno che il mondo sefardita abbia vissuto. Oggi, questo stesso mondo sefardita, vive un isolamento spirituale potente: pochi coloro che parlano il ladino, poche le sinagoghe di rito spagnolo o portoghese e non “orientali”, pochi i maestri sefarditi che ancora conservano e sostengono un approccio halachico profondamente ebraico ma altrettanto vicino alla realtà “mondana”. In questa realtà difficile non sono perduti i segni dell’Espulsione del 1492 e le volontà di ritorno. Volontà che possono avere radici antiche. Abraham Israel Pereyera, un converso tornato all’Ebraismo in Olanda scrisse: “Posso liberare me stesso solo con difficoltà dalle false opinioni che mi dominavano poiché è difficile correggere se stessi [ ] poiché conoscevo opere secolari (quanta ignoranza!), mi consideravo più saggio dei saggi della Torà e quando parlavo di loro lo facevo con poco rispetto e siccome poi la mia volontà si rivolse al piacere, escogitai ragioni, alle quali credevo, per confondere la virtù..”. Espulsione e poi solitudine: il simbolo di una intera identità umana. P.P.P. In alto: espulsione degli ebrei di Siviglia, Joaquín Turina Areal (XIX sec.) MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Gli enormi effetti sociali ed umani della cacciata degli ebrei dalla Spagna si riproducono ancora oggi 19 PENSIERO L’orgoglio dell’appartenenza ed il legame identitario Rimangono intatte, anzi più attuali che mai, le motivazioni e l’impegno che furono alla base del movimento giovanile FGEI. A giugno a Firenze, un raduno di quarantenni-sessantenni per dare vita ad un laboratorio di idee I MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 n queste ultime settimane insieme all’ambizione determinata di Renzi è venuta a galla la ferma decisione di un gruppo di cinquanta-sessantenni, di “ripostare” in vita, in un social network, i fatti, le amicizie, le alleanze, le prese in giro di un gruppo denominato ‘Mitica FGEI’, per chi non lo sapesse, Federazione Giovanile Ebraica Italiana. Un luogo di aggregazione che ha creato legami talmente forti da essere arrivati in pochi giorni a circa 400 membri, ancora in crescita. Non rientra certo nel mio spirito e tantomeno in quello delle persone che hanno aderito il come eravamo, quanto piuttosto come è stato bello, quanto ci siamo divertiti... e poi vedremo… Per diversi motivi questo non è un ospizio per vecchi che non si riconoscono, in primis perché in trenta anni la chirurgia plastica ha fatto passi da gigante…. Battute a parte, perché si sono fatte cose importanti in un momento in cui nel paese l’impegno giovanile era comunque fortissimo in diversi settori e le esperienze non meritano di essere svilite indicandole nominativamente, ma ritengo invece che vada raccontato, per quanto possibile, il clima di quei campeggi di quei congressi, in cui si è formata gran parte della attuale leadership ebraica italiana, e i cui legami sono rimasti intatti, con l’ondivagare temporale che la vita impone e detta, talora inesorabilmente. Ma quanto fosse profondo il vincolo, non lo dimostra solo il successo dell’account, ma la ricerca di una parte di quelle persone di un progetto intorno al quale far ripartire concretamen- 20 te le proprie capacità ed energie. Tutto questo mentre c’è chi si permette di parlare di un ebraismo italiano che, a loro avviso, non mostra eccessivi segnali di vitalità, senza nel frattempo cercare di fare nulla, certamente anche per incapacità, ma adottando lo sport nazionale dell’autodistruzione, ovvero chi ne dice peggio vince. In questo gruppo la cosa più evidente è l’orgoglio di appartenenza e il legame identitario che ne discende e lo trascende. I percorsi sono stati i più diversi, ma nessuno ha mai scritto, potendolo fare nel luogo magico del social, una recriminazione sul tempo trascorso insieme, e posso assicurare in prima persona che non furono rose e fiori. Non sono certo il tipo di persona che si può permettere, anche solo, di pensare che quegli anni non siano stati la base della mia vita, dell’educazione di miei figli, e oggi di essere madre e figlia, professionista come sono. Per me furono otto anni, per altri meno, ma l’intensità è stata la stessa, le basi della vita. Chi entrava senza sapere, usciva avendo imparato a memoria (il tempo di un campeggio erano solo due settimane), ma con la cognizione del senso delle parole dette. Uno dei momenti topici di questo gruppo è stato sicuramente l’esperienza di Mosca nell’estate del 1985, che veniva dopo alcuni anni in cui i legami di alcune generazioni si erano un po’ allentati. Ci fu una sorta di chiamata alle armi, per un occasione che sicuramente ha siglato in maniera indelebile chi venne e che ancora oggi vincola i partecipanti ebrei con quelli non ebrei in una sorta di telefono rosso a più terminali, che può essere attivato in qualunque momento, ed è stato effettivamente così. Non ci ritroviamo per dire quanto siamo stati bravi, che non sarebbe neanche sgradevole, ma piuttosto per inventarci qualcosa ancora e la cosa che più ci ha caratterizzato è stata la capacità di interscambio nei luoghi apicali, capendo quasi sempre come fosse opportuno passare il testimone, ma consentendo nel frattempo di portare i rappresentanti della Federazione ai livelli più alti delle associazioni giovanili europee e mondiali. Tutto questo è avvenuto con battaglie epocali, appassionate e fratture profonde, che forse per alcuni si sono protratte nel tempo, ma ha creato in tutti un legame identitario senza pari. Ci vedremo a Giugno 2014 a Firenze e a nome di tutti voglio ringraziare Ester Silvana Israel, per aver creato l’account, curarlo e editarlo, con una passione rara. Grazie a chi spulciando negli armadi, e finalmente facendo le pulizie di Pesach come si deve, trova foto di momenti dispersi nella memoria. E’ stato per la FGEI, l’Hashomer Ha-Tzair e il Benè Akiva, un tributo dovuto, per tutto quello che ogni persona ha rappresentato e rappresenta come esempio nel film della vita di chiunque sia entrato in contatto con quelle realtà. Luoghi in cui non ha mai abitato l’ambizione fine a sé stessa, che speriamo tutti ora non abbia trovato casa a Palazzo Chigi. CLELIA PIPERNO È nato un nuovo papato universale: non è il Vaticano ma l’Onu Propone una nuova morale e una nuova idea di famiglia, basate sulla poltiglia concettuale del politicamente corretto e le vuole imporre all’umanità anche scuole “politicamente corrette”. E invece no: s’avanza un nuovo totalitarismo mascherato sotto la veste della tolleranza. Ma la tolleranza totalitaria è un ossimoro osceno. Del resto, si è visto di cosa sia capace questa nuova ideologia. Lo si è visto nei rapporti presentati e ripresentati al Parlamento europeo o proposti dall’Oms, in cui l’educazione sessuale scolastica mostra il volto di una pedofilia neppure tanto mascherata, quando si arriva al punto di prescrivere l’apprendimento della “gioia della masturbazione precoce” a bambini di meno di 4 anni. Si vogliono fare scuole siffatte? Le si facciano e chi vuole ci mandi i figli. Il problema sorge quando si pretende che ogni scuola si adegui a una simile ideologia. Quindi quel che accade non riguarda solo il mondo cattolico e sarebbe sbagliato voltarsi dall’altra parte: de te fabula narratur. Domani – e non è affatto una fantasia, viste le iniziative già in corso sul tema della circoncisione – potrebbe essere chiamato sul banco l’ebraismo, le sue concezioni della morale e della vita associata, le regole di vita che trasmette da secoli, la sua educazione scolastica. L’aspetto tragicomico della faccenda è che l’offensiva delle politiche di genere ignora completamente l’islam, che pure avrebbe qualche problema in merito alla concezione del rapporto di genere e alle tematiche evocate dall’Onu: del resto, della commissione Onu faceva parte un rappresentante dell’Arabia Saudita. Sembra che l’occidente, in una delle manifestazioni estreme del suo spirito suicida, stia manovrando la mazza del politicamente corretto per fare di sé terra bruciata e lasciarvi (derisoriamente) in piedi soltanto chi potrà riempire lo spazio vuoto con dottrine e concezioni della vita associata di natura radicalmente opposta. GIORGIO ISRAEL SALMONì OFFICINA SPECIALIZZATA VIA GALVANI 51C/D/E - 00153 ROMA ORARIO NO STOP 8,30 - 18,00 CHIUSO IL SABATO ELETTRAUTO AUTO DIAGNOSI MECCANICA GENERALE DIESEL E BENZINA TAGLIANDI PROGRAMMATI E AUTORIZZATI DALLE CASE COSTRUTTRICI MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 D a più parti si lamenta che in ambiente ebraico sia passato quasi sotto silenzio il documento con cui l’Onu ha attaccato duramente la Chiesa cattolica in materia di pedofilia. È comprensibile la tentazione di lasciare che ognuno si occupi dei suoi problemi, a condizione però che questi siano esclusivamente suoi e non abbiano implicazioni generali. Questo non è il caso, neppure se il documento dell’Onu si fosse limitato a critiche specifiche sulla gestione da parte della Chiesa dei casi di pedofilia al suo interno, perché l’Onu è troppo compromesso in questa materia – come ha duramente denunciato il Wall Street Journal – per potersi impancare ad autorità morale. Ma la questione pedofilia è soltanto un pretesto del documento che, inanellando una lunghissima serie di punti, ingiunge in modo assai perentorio alla Chiesa di introdurre una serie di modifiche sostanziali nella propria dottrina religiosa e morale, nel diritto canonico, nel catechismo e persino nelle sue pubblicazioni. Si invita la Chiesa a modificare le sue posizioni in tema di aborto, matrimoni omosessuali e contraccezione. Si condanna il fatto che essa concepisca la famiglia in un sol modo, e cioè come basata sul rapporto tra un uomo e una donna. Le si intima di modificare il diritto canonico in tal senso, riconoscendo la diversità delle composizioni familiari; di considerare gli abusi sessuali come crimini e non come delitti contro la morale. Si danno precise indicazioni per la riforma delle scuole cattoliche che debbono rimuovere gli “stereotipi di genere”, anche riscrivendo da cima a fondo i libri di testo in esse adottati. Come se non bastasse, si ingiunge di superare tutte le barriere riguardanti la sessualità degli adolescenti che impediscano un pieno accesso all’informazione sessuale, di porre al centro le loro decisioni assicurando che l’educazione sessuale sia parte del curriculum obbligatorio delle scuole cattoliche. Potremmo continuare ma quanto precede è sufficiente. Naturalmente ognuno può pensarla come vuole, e anche concordare in toto con il punto di vista della Commissione dell’Onu. Ma proprio questo è il punto: qui pare che ormai nessuno possa pensarla come vuole e che neppure la Chiesa cattolica – che si scopre in una sconcertante condizione di debolezza – ha il diritto di avere la sua visione morale, la sua visione dei rapporti umani, della famiglia, di avere un diritto canonico e persino di poter impartire liberamente nelle proprie scuole un’educazione conforme alle visioni di cui sopra. È nato un nuovo Papato universale, quello dell’Onu, che si è dato la propria dottrina, il proprio diritto canonico, essenzialmente basati sulla poltiglia concettuale del politicamente corretto. Ma anche qui nessun problema: libero chi vuole di aderire a quel nuovo Papato, alla sua dottrina e di considerarla la nuova luce del mondo, e non una squallida poltiglia, come ritiene chi scrive. Purché questa non diventi un dogma universale e il nuovo Papato non si ritenga dotato del potere di imporla d’autorità con decreti che assomigliano a bolle medioevali, con la pretesa di uniformarvi il pensiero e persino il linguaggio di chiunque. Noi ci illudiamo ancora che si possa vivere in società in cui coesistano fedi diverse, in cui vi siano scuole ispirate alle concezioni della laicità classica, scuole religiose che praticano principi formativi ispirati alla fede di appartenenza e Tel. 06.5741137 Cell. 3394510504 - [email protected] 21 INIEZIONE BENZINA E DIESEL FRENI ABS - ESP ASSISTENZA SCOOTER AMMORTIZZATORI ALZACRISTALLI ELETTRICI SERVIZIO CARRO ATTREZZI MONDO Piace agli americani l’editoria ebraica italiana Nasce una casa editrice sostenuta dal Centro Primo Levi di New York, che vuole diffondere la storia e la cultura degli ebrei italiani N MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 EW YORK – Una nuova casa editrice ebraica in un momento di grave crisi per l’editoria mondiale? La coraggiosa iniziativa che sta suscitando interesse in America è del Centro Primo Levi di New York che, il prossimo marzo, debutterà nelle librerie Usa con i suoi libri targati CPL Editions. “La nostra missione è far conoscere la storia e la cultura degli ebrei italiani nei paesi anglosassoni”, spiega a Shalom il fiorentino Alessandro Cassin, Direttore Editoriale della nuova publishing house. “La presentazione dell’intero progetto editoriale avverrà per fasi”, continua Cassin, “mentre siamo pronti per la messa in vendita dei primi libri in versione elettronica e cartacea, stiamo ancora lavorando sulla biblioteca-archivio digitale. Si tratta di una nostra idea ambiziosa di digitalizzare progressivamente testi importanti sull’ebraismo italiano. L’accesso alla biblioteca virtuale avverrà dal nostro sito tramite membership”. Come nasce l'idea di creare una casa editrice targata Centro Primo Levi? “Da una semplice constatazione: se si vuole davvero che la storia e la cultura degli ebrei italiani - e la loro interazione con la maggioranza cattolica attraverso i secoli - siano conosciute nei paesi anglosassoni, servono i libri. Ma molti dei testi fondamentali non sono stati tradotti o non sono più reperibili. Inoltre solo una minima parte della migliore ricerca storiografica italiana delle ultime decadi viene tradotta in inglese. Nei casi in cui accade, i prezzi elevati escludono un pubblico non specializzato. Ad esempio After Mussolini: Jewish Life and Jewish Memories in Post-Fascist Italy di Guri Schwarz, tradotto e pubblicato nel 2012 da Vallentine Mitchell, è in vendita a 79 dollari”. A che tipo di audience rivolgerete la vostra attenzione? “A un pubblico generale, con un interesse per l’Italia e gli ebrei, e al pubblico accademico. Oggi quasi nessun dipartimento di italianistica, storia o Jewish Studies, offre corsi specifici sull’ebraismo italiano. Per invertire la rotta occorrono testi su cui potranno formarsi futuri dottorandi”. Qual è la missione della CPL Editions? “Aprire una casa editrice in un momento di crisi profonda dell’e- 22 ditoria internazionale è una sfida che raccogliamo con entusiasmo, convinti che la nostra è una nicchia, con un pubblico potenziale sufficiente a sostenerla. Non puntiamo a grandi numeri, ma piuttosto a offrire un servizio culturale: un ponte tra l’Italia ebraica e gli Stati Uniti. Se i grossi gruppi editoriali sono in crisi, le nuove tecnologie offrono strumenti a basso costo per una piccola editoria indipendente ma di qualità. Questa per l’appunto è stata a lungo una delle attività predilette dagli ebrei italiani”. Si tratterà di editoria cartacea o digitale? “Non credo che il libro tradizionale verrà soppiantato dal libro elettronico. Ci sono testi che la gente continuerà a comprare in edizioni cartacee e altri che verranno letti sui vari supporti elettronici. La chiave è che il cartaceo verrà stampato come print-on demand, evitando spese di deposito e rimanenze. Il Centro Primo Levi è una no-profit, il nostro fine è che i nostri libri vengano letti, per questo avremo dei prezzi estremamente competitivi: 8 dollari per la versione e-book e 12 per quella di carta, in più ci saranno saggi brevi a un prezzo ancora inferiore”. Quante persone lavoreranno alla nuova iniziativa? “CPL Edition ha una struttura molto piccola, che si avvale di un folto gruppo di collaboratori e consulenti in Italia, Israele e negli Stati Uniti. I libri sono ideati e curati direttamente da noi, con una veste grafica del noto designer milanese Jonathan Wajskol, mentre la realizzazione è a cura del nostro partner O/R Books”. Privilegerete la saggistica sulla fiction? “CPL Editions è un’estensione logica dell’attività del Centro Primo Levi di New York: da un lato ci occuperemo dell’eredità culturale e umanistica di Primo Levi e dall’altro di tutto ciò che concerne la presenza millenaria degli ebrei nella penisola italiana. L’enfasi è sulla saggistica suddivisa in otto collane, ognuna caratterizzata da un colore specifico: due collane su Primo Levi, Biografie & Memorie, Arte, Storia, Cultura scientifica, Tradizione liturgica italiana e Atti di conferenze e convegni”. I libri saranno pubblicati in italiano o inglese oppure in entrambe le lingue? “I libri saranno pubblicati in inglese, salvo casi particolari come le Lezioni di Primo Levi che saranno offerte in edizione bilingue, grazie a un accordo con Einaudi. Tra i volumi in preparazione per il 2014: Luck and The Holocaust di Robert S. C. Gordon, Primo Levi, the Friend, di Bianca Guidetti Serra, Americordo - A portrait of Italian Jewish Exile, di Gianna Pontecorboli”. Quali canali di distribuzione pensate di utilizzare? “I libri saranno messi in vendita su Amazon, e su una pagina dedicata a CPL Editions sul sito www.centroprimolevi.org. Chi è interessato potrà scaricare un’App gratuita che segnalerà via via i nuovi titoli disponibili”. ALESSANDRA FARKAS PESACH 5774 Pesach: l’aiuto divino e l’azione umana dimostri una disponibilità, la volontà di scegliere una nuova strada; serve che l’energia che viene direttamente dall’alto trovi una struttura capace di riceverla. La preparazione del sacrificio di Pesach rappresenta il desiderio di riscatto del popolo ebraico, la dimostrazione del suo definitivo distacco e rifiuto dell’Egitto, la disponibilità di venire incontro alla “mano” venuta a liberarlo. Ogni anno, celebrando Pesach ricordiamo tutti i particolari di questa storia, con la massima attenzione ai dettagli, perché tutto questo indica la strada da percorrere. La redenzione di Israele non può fare a meno dell’intervento diretto dall’Alto, ma neppure della nostra disponibilità a crescere e migliorarci con l’impegno personale. Pesach kasher wesameach פסח כשר ושמח RICCARDO SHMUEL DI SEGNI MARTEDI 1 APRILE te della Haggadà, poiché il Sabato che precedette Pesach costituì di fatto l’inizio della redenzione del popolo ebraico. ROSH CHODESH Il mese di Nisan è considerato dalla tradizione ebraica il mese della liberazione, per via dei grandiosi miracoli che il Signore operò in occasione della redenzione dalla schiavitù egiziana, e per questo, fra tutti i mesi del calendario ebraico, gode di uno status particolare, da cui derivano alcune peculiarità, principalmente nella tefillà, volte a sottolineare il clima festivo di questo mese. Durante tutto il mese non si recita il Tachannun e Zidqatechà nella preghiera pomeridiana di Shabbat. Inoltre non vengono decretati digiuni pubblici, ed in generale è vietato digiunare, ad esclusione del Ta’anit Chalom, il digiuno che viene osservato qualora si sia fatto un sogno sconvolgente. Durante Nisan non si fa l’hesped (orazione funebre), se non per commemorare personalità di grande rilievo. Si va al cimitero solo per sepolture, ricorrenze (settimo, mese, fine anno) ed anniversari. Di Nisan si usa inoltre recitare la birkat ha-ilanot (benedizione degli alberi), di cui riportiamo il testo: ּו ָברָא,ּבָרּוְך ַאּתָה ה׳ אֱֹלקֵינּו ֶמלְֶך הָעֹולָם ֶׁשֹּלא ִחּסַר ּבְעֹולָמֹו ָדבָר :בֹו ְּברִיֹות טֹובֹות וְאִילָנֹות טֹובִים ְלהַּנֹות ָּבהֶם ְּבנֵי ָאדָם “Barukh Attà H. Eloqenu Melech ha-‘olam shelò chissar be’olamò davar leannot baem a וְ ִצּוָנּוuvarà ִמצְֹותָיוvò ְּבberiot ְׁשנּו ָ ִקּדtovot ֲׁשר ֶ אweilanot הָעֹולָםtovim ֵינּו ֶמלְֶך ה׳ אֱֹלק ַאּתָהbenè ָרּוְך ּב dam.” :ֵץ מ ח ָ ִיעּור ּב ַל ע “Benedetto Tu sia Signore D.o nostro, Re del mondo, che non ha fatto mancare nulla al suo mondo, e vi ha creato buone creature e buoni godessero uomini.” ִל ְבטִילalberi, ְרּתֵיּהaffinché ְדלָא ִב ַעne ֵיּה ּו דלָא ֲחזִּתgli ְ ִי ּכָל ֲחמִירָא ְדאִיּכָא ִברְׁשּות Questa benedizione si recita solamente una volta l’anno (meglio di :עָאpreferibilmente וֵי ְּכ ַע ְפרָא דְַא ְרnon וְֶל ֱה Rosh Chodesh Nisan, o entro la fine del mese, di shabbat) davanti ad almeno due alberi da frutto in fiore, che diano siano leבר gemme. usa לָאfrutti ֵיּה ּו ְדcommestibili, ֲחזִּתֵיּה ְד ִב ַע ְרּתe di לָאcui ֵיּה ּו ְד ֲחזִּתvisibili ְׁשּותִי ַד ִ ְדאִיּכָאSiָא מִירriuniּכָל ֲח re un minian per recitare la birkat ha-ilanot, facendo seguire un :ְַא ְרעָא ְּכ ַע ְפרָאsono ל ֱהוֵיtenute ְְֶבטִיל וaִלrecitare ַע ְרּתֵיּהlaִב Qaddish alla benedizione. Anche le דdonne benedizione degli alberi. IL CHAMETZ E’ da considerarsi chametz ogni cibo che contenga una quantità anche minima di grano, orzo, segale, avena o spelta impastata con acqua, che abbia lievitato prima della cottura, e comunque qualsiasi cibo la cui preparazione non sia stata controllata da un’autorità rabbinica competente. Gli Ashkenaziti vietano anche l’uso di riso e “legumi” durante Pesach. A Roma si usa permetterli (tranne quelli in scatola). La definizione di legumi non va intesa in senso stretto, ma comprende anche altre specie, come la soia ed il mais. KASHERIZZAZIONE Si possono utilizzare stoviglie e posate che siano state utilizzate durante l’anno solo dopo averne eliminato ogni forma di chametz. Esistono vari modi per kasherizzare gli utensili, in relazione ai modi in cui sono stati utilizzati; i principali modi di kasherizzazione sono: • Hag’alà (immersione del recipiente in acqua bollente); • Libbun (arroventamento); • ‘Erui miklì rishon (versamento di acqua bollente da un recipiente); Le regole della kasherizzazione sono numerose e spesso complicate; per questo si rimanda a testi come Guida alle regole di Pesach di Rav Colombo, e al libro di Rav Di Segni Guida alle regole alimentari ebraiche. L’Ufficio Rabbinico risponde a richieste di spiegazioni e mette a disposizione domenica 13 aprile dalle ore 12 alle ore 16, nei locali della scuola “V. Polacco” in Via del Tempio, un servizio pubblico di hag’alà (bollitura). Il materiale da trattare deve essere già pulito e non usato nelle 24 ore precedenti. Per facilitare le operazioni di kasherizzazione si prega di staccare preventivamente le parti smontabili di pentole e stoviglie. ALIMENTI PERMESSI E PROIBITI Mangiare chametz durante Pesach è una trasgressione estremaSABATO 12 APRILE mente grave; per questo i Maestri hanno vietato l’assunzione di SHABBAT HA-GADOL qualsiasi cibo che contenga lievito, anche in piccolissime dosi. RiLo shabbat che precede Pesach è detto Shabbat Ha-Gadol. L’origiportiamo di seguito alcune categorie di prodotti di uso comune, inne di questo nome è stata variamente interpretata, e ricorderebbe dicando se sono permessi o meno durante Pesach. un grande miracolo avvenuto nel Sabato che precedette Pesach, Cibi confezionati (ad es. olio, cioccolato, margarina, liquori): vietaprobabilmente una sorta di guerra civile fra egiziani favorevoli e ti in assenza di un controllo rabbinico. contrari all’uscita del popolo ebraico dall’Egitto. Zucchero: è preferibile utilizzare zucchero di canna. Lo zucchero a Secondo altri questo nome si riferisce al fatto che il Rabbino del velo deve essere certificato. Bet Ha-kneset (il “grande”) tiene, durante questo Shabbat, la lezioSale: va acquistato prima di Pesach. chametz10.indd 1 01/03/2010 13.29.51 ne in cui illustra le regole di Pesach. Durante questo Shabbat si uCaffè solubile: vietato in assenza di controllo. sa leggere come Haftarà un brano del profeta Malachì, in cui si Latte: proibito in assenza di controllo. In caso di seria necessità preannuncia la redenzione messianica (il giorno “grande e terribisi può acquistare latte UHT in assenza di controllo, acquistato le”). Alcuni, durante la preghiera pomeridiana, usano leggere parprima di Pesach. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 “Q uando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. E’ un proverbio noto che spiega tante cose del quotidiano e spiega bene anche qualcosa della nostra storia. Vi sono momenti drammatici e decisivi in cui gli eventi sono guidati dai massimi protagonisti. Così è stato nella storia di Pesach. Da una parte un potere schiavista guidato da un sovrano irriducibile. Dall’altra un popolo oppresso, guidato da Moshè, in attesa di liberazione. Chi viene a liberarlo? Nella haggadà ripetiamo: Anì welò malakh, Ani welò shaliach, “Io e non un angelo, Io e non un inviato…”. Qadosh barukh hu scende in campo direttamente senza intermediari, perché solo Lui può compiere la salvezza, per la durezza del rifiuto e per la difficoltà di tirar fuori dal fondo il suo popolo. Ma perché tutto si compia è necessario che anche il popolo sia pronto, 23 COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA IN COLLABORAZIONE CON KOSHER CAKES K osher CaKes tutte le ciambelleTTE riescono con il buco E SICURAMENTE CASHER LE PESACH CIAMBELETTE CASHER LE PESACH CIRCA 1 KG. A SOLI 9 € IN VENDITA PRESSO: • KOSHER CAKES: Via Michelangelo Pinto 10/16 - Tel. 06.6531328 Via del Portico d’Ottavia 1A - Tel. 06.69309396 • KOSHER DELIGHT: Via S. Gherardi, 18 - Tel. 06.5565231 Via G. Boni, 18 - Tel. 06.44254461 Via S. Gherardi, 44a - Tel. 06.5572565 Via del Portico d’Ottavia, 11 - Tel. 06.68135002 • MACELLERIA PASCARELLA: Via Pascarella 24/26/28 - Tel. 06.5881698 • MACELLERIA SPIZZICHINO: Via Fonteiana 24/a-26 - Tel. 06.66157796 BET KOSHER: • Via Cesare Pascarella 36 - Tel. 06.45434231 • REPHAEL ASITONAÌ: V. Maurolico 28 tel. 06.5560822 Via Michelangelo Pinto 10/16 • Via del Portico d’Ottavia 1A www.koshercakes.it PESACH 5774 MEDICINE In generale è vietato assumere sciroppi e farmaci che abbiano sapore, mentre è permesso utilizzare farmaci che non vengono assunti per via orale. Per tutti gli altri farmaci è bene in ogni caso interpellare un rabbino. Esistono liste di medicine controllate a disposizione dell’Ufficio Rabbinico, che può essere contattato per ogni chiarimento, sia telefonicamente, comunicando il nome del farmaco e lasciando un recapito telefonico, sia inviando una email all’indirizzo: [email protected]. Si ricorda comunque che bisogna considerare sempre la gravità della condizione del malato, in base alla quale si devono trascurare anche i divieti più rigorosi. DOMENICA 13 APRILE DALLE 20,17 BEDIQAT CHAMETZ La ricerca serve ad eliminare eventuali residui di chametz che non siano in prima data ּו ָברָאstati ,ָדבָרtrovati ְעֹולָמֹו ּבprecedenza. ָם ֶׁשֹּלא ִחּסַרPer הָעֹולquesto, ֵינּו ֶמלְֶך אֱֹלקdiה׳questa ָרּוְך ַאּתָה ּב bisogna eseguire un’accurata pulizia di tutti quei luoghi in cui pos:בֹו ְּברִיֹות טֹובֹות וְאִילָנֹות טֹובִים ְלהַּנֹות ָּבהֶם ְּבנֵי ָאדָם sa essere entrato del chametz, anche in piccola quantità, durante l’anno. La Bediqà è preceduta dalla seguente benedizione: ְׁשנּו ְּב ִמצְֹותָיו וְ ִצּוָנּו ָ ֲׁשר ִקּד ֶ ּבָרּוְך ַאּתָה ה׳ אֱֹלקֵינּו ֶמלְֶך הָעֹולָם א :עַל ּבִיעּור ָחמֵץ “Qualsiasi chametz che sia in mio possesso, che non abbia visto o eliminato, sia annullato e considerato come polvere della terra.” Se non si fosse eseguita la ricerca durante la notte della vigilia, è obbligatorio eseguirla in seguito, il giorno successivo (a lume di candela), durante Pesach, o persino dopo la festa, al fine di eliminare comunque qualsiasi sostanza lievitata che sia stata in possesso di Ebrei durante la festa. Se la ricerca non è stata eseguita a tempo debito non bisogna recitare alcuna benedizione. Coloro che passano Pesach lontano da casa, se non possono affidare ad altri il compito di effettuare la bediqat chametz, devono comunque eseguire la ricerca con un lume la sera prima di partire e recitare la formula d’annullamento. In questo caso non si dovrà recitare la berakhà sulla ricerca. LUNEDI 14 APRILE DALLE 5,19 DIGIUNO DEI PRIMOGENITI La vigilia di Pesach i primogeniti, sia da parte di madre, sia da parte di padre, digiunano dall’alba al tramonto, in ricordo di quando il Signore colpì i primogeniti egiziani, risparmiando quelli ebrei. Secondo alcuni anche le primogenite digiunano. Ciascuno è tenuto a seguire il proprio uso locale (quello romano è che non digiunino). Gli ammalati, il Mohel, il Sandaq ed il padre del bambino, nel caso in cui ci sia una milà la vigilia di Pesach, sono esentati dal digiuno. E’ possibile interrompere il digiuno assistendo al Sijum Massakhtà, una lezione pubblica che conclude lo studio di un trattato talmudico, o di un trattato di Mishnà con il commento di Rabbì Ovaברָאda ָ ּו,ָר ּבָרּוְך ַאּתָה ה׳ אֱֹלקֵינּו ֶמלְֶך הָעֹולָם ֶׁשֹּלא ִחּסַר ּבְעֹולָמֹו ָדב dià Bertinoro. :בֹו ְּברִיֹות טֹובֹות וְאִילָנֹות טֹובִים ְלהַּנֹות ָּבהֶם ְּבנֵי ָאדָם LUNEDI 14 APRILE ENTRO LE 11,33 ְׁשנּו ְּב ִמצְֹותָיו וְ ִצּוָנּו ָ ּדBI’UR ֲׁשר ִק ֶ אCHAMETZ ּבָרּוְך ַאּתָה ה׳ אֱֹלקֵינּו ֶמלְֶך הָעֹולָם Il 14 di Nisan, bisogna eseguire il bi’ur chametz, l’annullamento fi:עַל ּבִיעּור ָחמֵץ sico del chametz in nostro possesso. E’ assolutamente consigliabile eseguire tale annullamento entro il termine della quinta ora solare giornata. in ְבטִילdella ֵיּה ִל לָא ִב ַע ְרּתIlְדchametz ֲחזִּתֵיּה ּוpuò ְדלָאessere רְׁשּותִיbruciato אִיּכָא ִבo ְדeliminato ָל ֲחמִירָא ּכ altro modo. La formula di annullamento, con leggere varianti ri:ָא ע ר ְ ְַא ד ָא ר פ ְ ע ַ ּכ ְ ֵי ו ה ֱ ל ֶ ְו spetto alla sera, dovrà essere recitata entro il termine della quinta ora solare: “Barukh Attà H. Eloqenu Melech ha-‘olam asher qiddeshanu bemitzwotaw wetzivvanu ‘al bi’ur chametz” ּכָל ֲחמִירָא ְדאִיּכָא ִברְׁשּותִי ְדלָא ֲחזִּתֵיּה ּו ְדלָא ִב ַע ְרּתֵיּה ִל ְבטִיל “Benedetto tu sia Signore Dio nostro Re del mondo che ci ha santi:עָאeliminare ְפרָא דְַא ְרi עcibi ַ ֵי ְּכlieviוְֶל ֱהו ficato con i Suoi precetti e ci ha comandato di tati.” Bisogna fare attenzione a non parlare fra la benedizione e l’inizio ּכָל ֲחמִירָא ְדאִיּכָא ִברְׁשּותִי ַד ֲחזִּתֵיּה ּו ְדלָא ֲחזִּתֵיּה ְד ִב ַע ְרּתֵיּה ּו ְדלָא della ricerca. In tal caso si dovrà ripetere la benedizione. E’ bene :ָא ָא דְַא ְרע ְּכ ַע ְפרlaוֵיricerca. טִיל וְֶל ֱהCon ִל ְבun’unica ּכָל ֲחמִירָא ְדאִיּכָא ִברְׁשּותִי ַד ֲחזִּתֵיּה ּו ְדלָא ֲחזִּתֵיּה ְד ִב ַע ְרּתֵיּה ּו ְדלָא ִב ַע ְרּתֵיּה comunque evitare di parlare durante tutta :ִב ַע ְרּתֵיּה ִל ְבטִיל וְֶל ֱהוֵי ְּכ ַע ְפרָא דְַא ְרעָא benedizione si può fare la ricerca in varie abitazioni. Si possono anche riunire varie persone e assegnare loro il compito di eseguire la “Kol chamirà deikkà birshutì dachazitè edlà chazitè deviartè udlà ricerca in diversi luoghi. viartè livtil velevè keafrà dear’à” La ricerca deve essere eseguita in ogni angolo della casa, anche in “Qualsiasi chametz che sia in mio possesso che abbia visto o che terrazze, pianerottoli, sotto i letti, negli armadi, e comunque in onon abbia visto, che abbia eliminato o non abbia eliminato, sia angni luogo nel quale possa trovarsi del chametz. Bisogna eseguire nullato e considerato come polvere della terra.” la ricerca anche nelle automobili, nei negozi e nei cassetti nelle SiE’ bene che tale formula venga recitata direttamente dal padrone nagoghe. Parimenti bisogna effettuare una cernita dei medicinali di casa; in caso contrario può recitarla (con leggere varianti testuain nostro possesso, cercando di individuare ed accantonare quelli li) un familiare o un altro incaricato. contenenti chametz. Si faccia attenzione inoltre al cibo per gli aniI Maestri hanno vietato tutto il chametz che non sia stato venduto mali, che spesso contiene chametz. Prima della ricerca si usa naad un non ebreo prima di Pesach. La vendita deve avvenire entro in vari punti della casa 10 pezzettini di pane (di peso inchametz10.inddscondere 1 01/03/2010 13.29.51 la quinta ora solare della vigilia. Tutto il chametz che intendiamo feriore a 29 grammi) avvolti nella carta, per avere la certezza biur dichametz10.indd tro1 01/03/2010 vendere deve essere riunito in una stanza, una cantina, o un armavare del chametz da bruciare il giorno successivo. La a לlume diלuna candela o di רָאricerca ּו ָב,דבָרdeve ָ לָמֹוessere ּסַר ּבְעֹוeseguita ָם ֶׁשֹּלא ִח ְֶך הָעֹו ֵינּו ֶמ ה׳ אֱֹלקdiּתָהcera ָרּוְך ַא ּבdio, e dal momento della vendita non si deve entrare nella stanza, o aprire gli armadi o le casse che contengono del chametz. Per la paraffina, o, in alternativa, di una torcia elettrica. Non si possono : בֹו ְּברִיֹות טֹובֹות וְאִילָנֹות טֹובִים ְלהַּנֹות ָּבהֶם ְּבנֵי ָאדָםvendita si può usare la delega pubblicata nelle pagine successive. utilizzare candele intrecciate, come quelle che si usano per l’havdalà. Al termine della ricerca bisogna eseguire l’annullamento ACCENSIONE DEI LUMI mentale di תָיו וְ ִצּוָנּוdel ִמצְֹוchametz, ְׁשנּו ְּב ָ ִקּדper ֲׁשר ֶilאtimore הָעֹולָםche לְֶךqualche אֱֹלקֵינּו ֶמpiccolo ּתָה ה׳pezzo ָרּוְך ַא ּבDi Yom Tov, come di Shabbat, bisogna accendere dei lumi in onore chametz sia sfuggito alla ricerca. Tale annullamento avviene attra: עַל ּבִיעּור ָחמֵץdella festa, recitando la benedizione leadliq ner shel Yom Tov. verso una breve formula in lingua aramaica, che viene recitata al termine dalla ricerca dal capo famiglia (o chi per lui): ּכָל ֲחמִירָא ְדאִיּכָא ִברְׁשּותִי ְדלָא ֲחזִּתֵיּה ּו ְדלָא ִב ַע ְרּתֵיּה ִל ְבטִיל :וְֶל ֱהוֵי ְּכ ַע ְפרָא דְַא ְרעָא “Kol chamirà deikka birshutì delà chazitè udlà viartè livtil velehevè keafrà dear’à” ֵיּה ּו ְדלָא ּכָל ֲחמִירָא ְדאִיּכָא ִברְׁשּותִי ַד ֲחזִּתֵיּה ּו ְדלָא ֲחזִּתֵיּה ְד ִב ַע ְרּת :ִב ַע ְרּתֵיּה ִל ְבטִיל וְֶל ֱהוֵי ְּכ ַע ְפרָא דְַא ְרעָא LUNEDI 14 E MARTEDI 15 APRILE IL SEDER Il Seder (letteralmente ordine) è la cerimonia che ha luogo le prime due sere di Pesach, con la quale si celebra la fine della schiavitù egiziana e la libertà del popolo ebraico. 13.29.51 MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Riso e legumi: proibiti per gli Ashkenaziti, permessi per i Sefarditi dopo averli accuratamente esaminati. Alcune diffuse marche presentano confezioni con riso mescolato a cereali. Carne e pesce freschi: permessi. Alcuni Ashkenaziti vietano la carne di volatili. Alcune famiglie romane di Pesach non consumano pesce. Frutta e verdura fresche: permesse. Nocciole, pistacchi, arachidi: proibiti in assenza di controllo. 25 PESACH 5774 I 4 BICCHIERI DI VINO Durante il Seder è obbligatorio bere 4 bicchieri di vino. Questo obbligo, come tutti gli altri del Seder, vale anche per le donne. Anche gli astemi devono sforzarsi di bere. E’ preferibile utilizzare del vino rosso, ma all’occorrenza si potrà usare anche del vino bianco. I bicchieri devono contenere almeno 87 cc, e bisogna bere almeno la maggior parte del bicchiere. I bicchieri vanno riempiti completamente. I bicchieri di vino, come la matzà, il korech e l’afiqomen devono essere consumati con l’hasibà, cioè stando seduti ed appoggiati sul gomito sinistro. Chi non può bere vino consulti un rabbino. MATZÀ E MAROR Durante il Seder bisogna consumare matzà e maror (erba amara). Si ricorda che è assolutamente consigliabile consumare durante il Seder delle matzot shemurot, matzot preparate con farina controllata dal momento della mietitura del grano, reperibile nelle rivendite autorizzate. Bisogna fare estrema attenzione a mangiare almeno un kezait (circa 29 grammi) di matzà ed un kezait di maror. Le matzot attualmente in commercio pesano circa 30 grammi, per cui, mangiandone una intera, si esce d’obbligo. Per il maror è necessario consumare 2-3 foglie di lattuga di medie dimensioni. LE TEFILLOT DI PESACH Le tefillot di Pesach si differenziano da quelle dei giorni feriali. Riportiamo di seguito le differenze principali: - Nei giorni di Mo’ed bisogna recitare la ‘amidà di Mo’ed, ricordando nella benedizione centrale che è Pesach, zeman cherutenu, tempo della nostra libertà. - Nei primi due giorni di Mo’ed si recita l’Hallel completo, mentre nei restanti giorni di Pesach se ne omettono alcuni Salmi (le omissioni sono indicate in qualsiasi tefillà). - A partire dal 1° giorno di Pesach, dalla tefillà di Musaf, anziché dire Mashiv ha-ruach umorid ha-gheshem (che fa soffiare il vento e scendere la pioggia) si dice morid ha-tal (che fa scendere la rugiada). Nel rito romano e sefardita alla fine di Musaf si canta l’ ‘osè shalom (“le pizzarelle”) - A partire dalla seconda sera di Pesach, inizia il conteggio dell’‘omer, che si protrarrà sino alla vigilia di Shavu’ot. La benedizione e la formula da recitare, sono reperibili su qualsiasi tefillà. - A partire dall’uscita del secondo giorno di Mo’ed, nella 9° benedizione della ‘amidà (barech ‘alenu) non si dice più la parola umatar. - All’uscita di Mo’ed si fa l’havdalà recitando la benedizione sul vino e quella finale. - La mattina dell’ultimo giorno di Pesach, al termine della tefillà, viene impartita la benedizione dei bambini. Si ricorda inoltre che, in base all’uso sefardita e italiano recente, non si indossano i tefillin durante tutta la festa di Pesach. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Sedarim pubblici 26 I e II sera Istituto Pitigliani - Via Arco dè Tolomei, 1 Info e prenotazioni tel. 06-5800539 II sera Asili Infantili Israelitici “Tevat Noah” Lungotevere Sanzio 14 Tel. 06-5803668 - [email protected] Scuola Elementare - Via del Tempio, - tel. 06-6896007 Riservato a bambini e genitori fino a esaurimento posti Tempio Shirat Ha-Yam Via Oletta 20 per info Giorgio Foà 335-7250562 Punti vendita prodotti kasher lePesach COMUNITARI TEMPIO BETH EL V. Padova 92 Per la vendita l’ingresso è V.le delle Province 11 dal 1 Aprile 2014 orario 9 -20 – venerdì 9 – 13 PRIVATI BET KOSHER V. C. Pascarella 36 00153 Roma Tel. 0645434231 LE VIE DEI FORMAGGI P.za Pasquale Paoli 3 Roma tel. 3394245314 YOTVATA CHEESE P.za Cenci 70 – Roma Tel. 06 68134481 3475080751 KOSHER CAKES V. M. Pinto 10/16 Roma Tel. 066531328 V. Portico d’Ottavia 1/a Roma Tel. 06 68309396 BOCCIONE V. Portico d’Ottavia 1 Roma tel. 06 678637 IL MONDO DI LAURA V. Portico d’Ottavia 6 Roma Tel. 06 68806129 V. Tiburtina 263 Roma Tel. 06 5880966 LE BON TON CATERING V. Casoria 19 00182 Roma Tel. 06 7026889 MACELLERIE BENDAUD SABRINA Via L. il Magnifico 70 - 00162 Roma 06/44243959 KOSHER DELIGHT Via S. Gherardi 16/18 - 00146 Roma Tel. 06/5565231 V. S. Gherardi 44 – 00146 Roma Tel. 065572565 V. G. Boni 18 – 00161 Roma Tel. 0644254461 V. del Portico d’Ottavia 11 00186 Roma Tel. 0668135002 MACELLERIA TERRACINA Via S. Maria del pianto 62 - 00186 Roma Tel. 06/68801364 SPIZZICHINO CLAUDIO Via Fonteiana 24/a e 26 - 00152 Roma Tel. 06.66157796 MACELLERIA PASCARELLA Via Pascarella 24/26 - 00153 Roma Tel. 06/5881698 REPHAEL A SITONAI Via F. Maurolico 28 00146 Roma Tel. 06/5560822 SUPER ISRAEL Via Stamira 27 – 00161 Roma Tel. 3293810413 KLOTCH S.R.L. Via Cremona 48 - 00162 Roma Tel 06/44290570 PRANZI E CENE KASHER LE PESACH DI CHOL HA MOED ALLA SCUOLA “V. POLACCO” Giov. 17 aprile 2014 – pranzo e cena Ven. 18 aprile 2014 – pranzo Sab. 19 aprile 2014 – cena Dom. 20 – pranzo in due turni Per informazioni Tel. 339 1285276 DOMENICA 13 APRILE 2014 DALLE ORE 12 ALLE ORE 16 verrà effettuata un’Hagalà pubblica (bollitura) nei locali della scuola “V. Polacco” V. del Tempio Per rispondere alle richieste di ospitalità per il Seder invitiamo chiunque sia disponibile a chiamare o contattare l’ufficio rabbinico al numero 06.68400651 fax 06.68400655 e-mail: [email protected] F ra le tante cose da comprare alla vigilia di Pesach non dovrebbe mancare anche il libro dell’Haggadà. Quest’anno è disponibile un’edizione veramente speciale (acquistabile presso l’Asilo e nella libreria Kiryat Sefer): quella disegnata e colorata dai bambini dell’Asilo Israelitico “E. Toaff”. In mezzo al testo tradizionale i disegni, le foto, le composizioni, i collage eseguiti dai bambini, in uno sfavillante succedersi di colori che rendono ‘divertente’ (da cui il titolo “L’Allegra Haggadà”) il racconto della miracolosa uscita degli ebrei dall’Egitto. Non esiste festa ebraica come Pesach in cui sia così importante la partecipazione dei bambini (ad essi è affidato il compito di iniziare con il canto Ma Nishtanà) ed in cui è così forte l’aspetto educativo e la trasmissio- ne di generazione in generazione della nostra storia. “I brani dell’Haggadà - ricordà nell’introduzone la direttrice dell’Asilo, Judith Di Porto - si iniziano a cantare fin dalla Scuola Materna, quando l’apprendimento della lettura è ancora lontano ed è così che l’atmosfera della festa avvolge tutti, piccoli e grandi, in una sensazione unica di riconquistata libertà”. E’ quindi in perfetta sintonia con questa partecipazione dei più piccoli alla festa aver pensato e aver creato, con il supporto fondamentale delle morot, una Haggadà scritta dai piccoli per i loro coetanei ma anche per i grandi. Perché - ricorda nell’introduzione rav Roberto Colombo - al figlio (ben, dal verbo banà-costruire) “è dato il compito di edificare il popolo ebraico e permettere l’eternità di Israele”. G. K. Gli orari di Roma per Pesach 5774 Rosh Chodesh Nisan: martedì 1 aprile Shabbat Ha Gadol: sabato 12 aprile Ricerca del chametz: dalle 20.17 di domenica 13 aprile Digiuno dei primogeniti: lunedì 14 aprile dalle 5.19 (secondo alcuni 5.02) alle 20.18 Sjium massakhtà: lunedì 14 aprile Tempio Spagnolo alle 7.00 Oratorio Di Castro alle 7.30 Via Pozzo Pantaleo alle 7.30 Bet Shemuel, Bet El alle 7.30 Tempio Maggiore alle 7.45. Limite per mangiare il chametz: 10.18 di lunedì 14 aprile Limite per l’annullamento e la vendita: 11.33 di lunedì 14 aprile Seder: la sera del 14 e 15 aprile Pesach termina: alle 20.44 di martedì 22 aprile MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 L’allegra Haggadà disegnata dai bambini dell’Asilo Israelitico “E. Toaff” 27 PESACH 5774 Delega per la vendita del chametz Il sottoscritto __________________________________________________________________________________________________________________ delega il Rabbino Capo di Roma, affidandogli per questo pieni poteri, ad eseguire in sua vece ed a suo nome: • La vendita di tutto il chametz, di cui consciamente o inconsciamente sia in possesso secondo la definizione della Toràh e delle leggi rabbiniche, o chametz che appartenga ad altri e sia a mia disposizione: chametz, mescolanze che contengano chametz, chametz dubbio ed ogni sorta di materiale contenente chametz, incluso il chametz che tende ad in­durire e ad aderire alla superficie interna degli utensili (incluso quello che verrà acquistato sino al momento dell’affitto successivamente menzionato). • L’affitto dalle ore 11,33 del 14 aprile fino alle ore 20,44 del 22 aprile di ogni luogo posseduto o di cui si abbia l’usufrutto in cui si trovi chametz ed in particolare negli immobili situati in (indicare le proprie residenze, anche quelle secondarie e usate per le vacanze, uffici, negozi) _______________________________________________________________________________________________________________________________ oltre a tutti i luoghi ed oggetti che è in mio potere affittare, in cui vi sia chametz, mescolanze di chametz, o chametz dubbio, mio o di altri . Lo stesso Rabbino ha il pieno diritto di vendere o affittare, nel modo che ritenga opportuno o necessario nei termini e con le formule del contratto generale, che verrà da lui compilato, per la vendita del chametz, contratto che accetto pienamente senza alcuna eccezione e che deve considerarsi parte integrante di questa delega. Conferisco inoltre all’acquirente il diritto di accedere alle mie proprietà, e mi impegno a consegnargli le chiavi di tali luoghi in qualsiasi momento egli desideri. Il sottoscritto affida altresì allo stesso Rabbino i pieni poteri e l’autorità di scegliere e delegare in sua vece un sostituto Rabbino al quale poter affidare i medesimi poteri di vendita e di affitto alle condizioni della presente delega. I poteri concessi con questa delega sono in conformità con le leggi della Torà, con i regolamenti e le leggi rabbiniche e con le leggi di questo Stato. Roma, lì ________ Nisan 5774 ______ Aprile 2014 Firma _____________________________________ DA CONSEGNARE COMPILATO ALL’UFFICIO RABBINICO O AL RESPONSABILE DI UN BETH HA-KNESSETH O PER FAX 06.68400655 ENTRO LE 11,33 DEL 14 APRILE. LA DELEGA SARÀ DISPONIBILE ALL’INDIRIZZO WWW.SHALOM.IT E PUÒ ANCHE ESSERE INVIATA PER E-MAIL ALL’INDIRIZZO: [email protected] MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Dal 2 al 13 aprile 28 Prenota il tuo turno e porta la tua ricetta: troverai gli ingredienti in sede SEDARIM DI PESACH 14 E 15 APRILE - ORE 20,30 CON DANIELE BOARI II° Seder in collaborazione con l’Adei Wizo In collaborazione con l'Ufficio Rabbinico PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA CENTRO EBRAICO IL PITIGLIANI Info e prenotazioni 06.5897756 - 06.5800539 (int. 2) [email protected] Centro Carni Prodotti Kasher בס״ד Spizzichino Claudio PESACH KASHER VESAMECH Vasto assortimento di prodotti di Pesach Kosher market - Carni fresche - Pronti a cuocere Glatt kosher - Self-service - Formaggi e surgelati Servizio a domicilio e spedizioni in tutta Italia Pagamento carte e bancomat anche a domicilio Roma, Via Fonteiana 24/a-26 Tel. 06.66157796 Fax 06.66150166 [email protected] - www. centrokasher.com MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 OFFERTE SPECIALI NEL REPARTO SELF-SERVICE 29 CATENA DI AVVENIMENTI Nella storia del popolo ebraico non esistono la noia o le situazioni banali. Una vita piena di avventure, peripezie, vicissitudini, opere di ingegno, cambi di paese sono la normalità. Che valore hanno queste storie? Un valore immenso perché sappiamo che ogni decisione e atto, in qualsiasi momento della nostra vita, può cambiare il destino di un uomo, di altri uomini, di tutto il mondo. Per questo i Lasciti le Donazioni e i Fondi al Keren Hayesod sono la migliore garanzia che la tua storia sarà la storia di tutti e che il nostro oggi avrà senso anche domani. Sostenendo tra l’altro progetti per Anziani e sopravvissuti alla Shoah, Sostegno negli ospedali, Sviluppo di energie alternative,Futuro dei giovani, Sicurezza e soccorso, e Restauro del patrimonio nazionale. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Tu con il Keren Hayesod protagonisti di una storia millenaria 30 Giliana Ruth Malki - Cell. 335 59 00891 Responsabile della Divisione Testamenti Lasciti e Fondi del Keren Hayesod Italia vi potrà dare maggiori informazioni in assoluta riservatezza KEREN HAYESOD Milano, Corso Vercelli, 9 - Tel. 02.4802 1691/1027 Roma, C.so Vittorio Emanuele 173, - Tel. 06.6868564 Napoli, Via Cappella Vecchia 31 - Tel. 081.7643480 [email protected] PENSIERO Henry il diavolo e Hannah la santa È nato a Furth, in Baviera, il 27 maggio del 1923, e in Germania è stato chiamato Heinz Alfred. Alla grande storia del secolo scorso passerà sotto il nome made in USA di Henry. Henry Kissinger, naturalmente: un ebreo di Manhattan che neppure aveva compiuto i cinquant’anni della piena maturità, quando nel 1968 il Presidente Nixon lo sottrasse al Board dell’Università di Harvard, per elevarlo al rango di Consigliere per la Sicurezza Nazionale. I genitori di Kissinger erano riusciti a fuggire dal Terzo Reich nel 1938: prima a Londra, poi a New York. Il soldato semplice Henry combatté valorosamente nelle Ardenne. Decorato e promosso sergente, si occupò della caccia agli agenti della Gestapo e poi della “denazificazione” del Distretto di Hesse. Parlava ovviamente un perfetto tedesco: gli abitanti lo ricordano come un ebreo “morbido” e non vendicativo. La guerra fredda era già iniziata: Henry percepiva perfettamente che l’aria stava cambiando. La strada fu subito chiara, e lo avrebbe portato molto lontano. Il viaggio di Richard Nixon a Pechino, che Kissinger aveva personalmente voluto ed organizzato alla fine di febbraio del 1972, avviò la conclusione della guerra in Vietnam e accerchiò l’Unione Sovietica. Kissinger ottenne il successo più fenomenale. Ma dovette pagare un prezzo elevato alla destra del Grand Old Party repubblicano, per la normalizzazione dei rapporti tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese. Verso la fine dell’anno successivo, si trovò al centro di due grandi, pessimi affaires internazionali: il golpe in Cile e poi, a ottobre, la Guerra del Kippur. Dal 6 al 26 ottobre l’esercito di Israele si batté su due fronti. A sud, nel Sinai, contro l’Egitto del Presidente Anwar el-Sadat, e a nord, sul Golan, contro i siriani che volevano Haifa e forse la vita stessa di Israele. L’undici di settembre del 1973 il Cile socialista di Salvador Allende era finito sotto il tallone dei militari. Kissinger ne sapeva qualcosa. Fu premiato da Nixon anche con il Dipartimento di Stato, dove restò in carica fino al 20 gennaio 1977. Se raccontando vicende ebraiche fosse possibile paragonare il diavolo con l’acquasanta, certe carriere diasporiche si caratteriz- zerebbero in modo esemplare. Kissinger ha rappresentato infatti per decenni la bestia nera di tutte le sinistre del mondo, mentre Hannah Arendt è stata impropriamente santificata fino a incarnare l’immagine perfetta e dunque ridicola dell’ebreo preferito dalla sinistra antisionista e dagli stessi ebrei radical desiderosi di legittimazione. Nata ad Hanover nel 1906, lasciò la Germania già nel 1933, rifugiandosi in Francia. Nel 1940 fu internata nel campo di Gurs. Riuscì ad ottenere un visto per gli USA appena in tempo, grazie a due veri “giusti” americani: Hiram Bingham e Varian Fry. Anche Arendt poté godere di straordinario prestigio accademico – a Yale, a Princeton, a Stanford—e per conto del prestigioso The New Yorker seguì a Gerusalemme il processo contro Adolf Eichmann. Non s’era certo sottratta alla missione di molti ebrei tedeschi che tornarono in Germania, nel 19451946, per assistere gli scampati del genocidio. E fu poi attiva nell’azione della Alyat ha-Noar che aiutava i più giovani nell’emigrazione verso Israele. Attribuire ad Hannah Arendt l’adesione all’antisionismo militante è una pura sciocchezza. Al di là delle polemiche a posteriori, il suo libro più celebre “Eichmann in Jerusalem – La banalità del male” permise allora agli ebrei più giovani che ebbero la possibilità di leggerlo, ebrei cresciuti in famiglie miracolosamente sopravvissute al massacro, di avviare un percorso interiore di comprensione. Nazismo e fascismo uscirono così per la prima volta dal mondo degli incubi per trasferirsi in quello della storia. Non è questa l’occasione per occuparsi della tormentata, passionale, incomprensibile relazione di Hannah Arendt con il filosofo nazista Martin Heidegger. Si deve però discutere di un film molto particolare dedicato ad Arendt da Margarethe von Trotta. La regista è probabilmente inconsapevole dei condizionamenti originari e mai completamente rinnegati di alcuni grandi ebrei tedeschi, i quali finirono per scoprirsi del tutto leali – c’è anche una psicologia delle diaspore, e quella germanica è inconfondibile -- di fronte ai poteri nuovi, politici o accademici che fossero, cui dovevano prestigiose posizioni. Ma la sua filmografia risulta importante per comprendere la Germania attuale e decifrarne la complessità. Le ferite inferte dal nazionalsocialismo al corpo della nazione tedesca sono forse rimarginate, ma le cicatrici restano profonde. Sembrano tuttora impossibili sia l’espiazione che il risarcimento. Anzi, la rinascita di una Germania grande e unita, di nuovo nel ruolo di potenza globale che può condizionare il destino dell’intera Europa, non piace a nessuno, e non piace soprattutto agli inglesi. “Li abbiamo battuti due volte, ed eccoli di nuovo”, disse la signora Thatcher nei giorni della riunificazione. Sono ormai quarant’anni che von Trotta ragiona sulle vicende del suo paese, scavando nel passato e meditando sul presente. Nata nel 1942, ha però un problema: gli ebrei. Conoscere gli ebrei e i drammi della loro storia è indispensabile per vivere la Germania e in Germania. Le piacciono ovviamente gli ebrei “sul confine”, quelli più esposti e più indifesi. Ecco dunque Rosa Luxemburg, e poi Rosenstrasse, adesso Hannah Arendt. Rovesciando il titolo più celebre, in questo caso Arendt non ha potuto difendersi dal “male della banalità”. Von Trotta potrebbe dedicarsi anche agli spettatori illustri e passivi dei crimini nazisti, nomi che fanno sobbalzare –- poiché qualcuno può essere tranquillamente iscritto tra i veri ispiratori e complici intellettuali del nazionalsocialismo decisivi nella cultura del Novecento: Karl Schmitt, Martin Heidegger, Wilhelm Furtwangler, Werner Heisenberg, Ernst Junger, e perfino Max Planck. E’ una lista parziale. Devoti alla Germania hitleriana senza particolare riluttanza, alcuni pagarono con la vita dei figli la guerra nazista e il complotto del 20 luglio 1944. Per giunta, furono spesso vicini e vicinissimi agli ebrei tedeschi, che non vollero e non poterono salvare. Ma non ci sono “giusti”, tra questi nomi. PIERO DI NEPI MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Vite quasi parallele di ebrei tedeschi negli Stati Uniti. Kissinger ha rappresentato l’espansionismo americano, la Arendt il dibattito culturale post Shoah 31 PENSIERO La malattia come “premonizione” Considerazione sul Parnàs di Silvano Arieti I l 1° agosto del 1944 poco prima che la città di Pisa fosse liberata, Giuseppe Pardo Roques, il Parnàs della comunità, è barbaramente trucidato nella sua casa insieme agli ospiti e alla badante cristiana, che non ha voluto abbandonarlo. Alla sua memoria è dedicata, la ricostruzione di Silvano Arieti nel 1979, prima della morte per un male incurabile. Quando Silvano Arieti, il grande psichiatra ebreo americano di origine italiana, pubblica la storia del Parnàs della Comunità ebraica di Pisa, la Shoah non si è ancora imposta nella cultura occidentale come elemento centrale della storia e della memoria europea del Novecento. In sintonia con una consapevolezza nuova, che si va affermando nella cultura occidentale, Arieti afferma che «la società tutta quanta» non si è ancora resa conto “delle effettive dimensioni dell’Olocausto» e che la cultura non ne ha «ancora recepito il pieno significato». Il destino dell’umanità dipende in larga misura dalla cognizione «che le future generazioni» avrebbero avuto di questa tragedia, dal modo in cui avrebbero reagito alla consapevolezza «dell’enorme potenzialità del male». Quanto più grande è il male, ancor più grande deve esserne «la comprensione e l’amore necessario per sconfiggerlo». «I prodromi di questa superiore comprensione, di questo più grande amore – si legge nella pagina conclusiva, con riferimento alla malattia di Pardo Roques – a volte si celano in oscure idee e in strane forme di sofferenza e dolore». Non è escluso che di fronte «alle irresponsabilità di tanti uomini politici e alla cecità di molte persone normali» queste idee si possano ritrovare «nella malattia mentale». In un’opposizione speculare alla malattia individuale di Pardo, c’è la malattia nazismo con le sue perversioni sociali e culturali. Un terzo elemento sul quale l’autore intende richiamare l’attenzione è il “nesso”, direi quasi sincronico, che s’instaura tra le due forme di malattia. Collocato ai margini della sua produzione scientifica, quasi fosse una breve parentesi in una lunga vita di studioso e di ricercatore, il Parnàs ne rivela il mito profondo, le scelte di studioso e l’approccio terapeutico al disagio e alla sofferenza mentale. L’intenzione di Arieti è di raccontare fatti realmente accaduti. BANDO PER L’ATTRIBUZIONE DEL SUSSIDIO PER LA FREQUENZA DELLE SCUOLE DELLA COMUNITA’ EBRAICA DI ROMA ANNO 2013/2014 famigliare è assistito. Detta documentazione sarà allegata al resto dei documenti presentati ai fini dell’ottenimento del contributo. Non saranno accettate le domande che verranno presentate oltre i termini o prive della prescritta documentazione. Saranno altresì rigettate le domande di quei nuclei famigliari che si trovano in posizione debitoria nei confronti della Scuola, giusta delibera della Giunta della Comunità Ebraica di Roma del 4 aprile 2012. La Giunta della Comunità Ebraica di Roma procederà con propria delibera alla nomina di una apposita Commissione con il compito di valutare le domande ed attribuire il sussidio. La Commissione nominata potrà procedere alla verifica della documentazione presentata e alla richiesta di informazioni aggiuntive avvalendosi anche del supporto di figure professionali esterne; potrà altresì annullare eventuali sussidi erogati qualora si accertasse la non veridicità della documentazione presentata e della condizione economica dichiarata. La Commissione, formata da un minimo di tre membri, rimane in carica per tutta la durata necessaria all’espletamento dei lavori. Al termine dell’analisi delle domande, l’Ufficio Amministrazione Scuole procederà a comunicare agli interessati l’esito della domanda stessa e le decisioni assunte dalla Commissione. Non sarà possibile procedere al ricorso in seconda istanza, tranne nel caso in cui non siano cambiate le condizioni economico-patrimoniali della famiglia o non siano nel frattempo incorsi altri utili fattori tesi alla rivalutazione della domanda. Sarà invece possibile procedere al ricorso presso l’Organo Superiore, come stabilito dal vigente Regolamento; la domanda di ricorso potrà essere presentata presso l’Amministrazione Scuole entro 15 giorni dall’avvenuta risposta dell’esito e sarà valutata da una Commissione diversa dalla precedente composta da: l’Assessore con delega i sussidi scolastici, dal Presidente della Commissione Sussidi Scolastici e da un Rav indicato dall’Ufficio Rabbinico. Ogni altra utile informazione potrà essere richiesta o telefonicamente o via e-mai all’indirizzo di posta elettronica [email protected] MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 L 32 a Comunità Ebraica di Roma, in fase di approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2014-15, ha stanziato la somma di € 238.500,00 volta all’attribuzione di sussidi scolastici per la frequenza alle Scuole della Comunità Ebraica di Roma per l’anno scolastico 2014-15 per quegli alunni le cui famiglie si trovano in comprovato stato di disagio economico. La somma, come da delibera della Giunta del 11/12/2013 e del Consiglio del 26/12/2013, è così ripartita: - € 85.000,00 Scuola primaria paritaria Vittorio Polacco; - € 85.000,00 Scuola Secondaria paritaria di I grado Angelo Sacerdoti; - € 68.500,00 Scuola Secondaria paritaria di II grado Renzo Levi Al fine di ottenere detto sussidio, gli interessati dovranno far pervenire entro e non oltre il 30 aprile 2014 all’Ufficio Amministrazione Scuole della Comunità Ebraica di Roma (via del Tempio 5, tel/fax 06/5811294, orario di apertura al pubblico dal lunedì al giovedì dalle 8.00 alle 13.30 e dalle 14 alle 16 e venerdì 8.00-13.00) i seguenti documenti: - domanda di partecipazione e foglio notizie (da ritirare presso l’Ufficio Amministrazione Scuole); - fotocopia dei documenti di entrambi i genitori; - dichiarazione dei redditi o ISEE riferito all’anno 2013; - nulla osta rilasciato dall’Ufficio Tributi della Comunità ebraica di Roma che attesti la regolarità nei pagamenti dei tributi previsti per l’anno in corso e per gli anni precedenti; - ogni altro documento considerato utile ai fini della valutazione della domanda (ricevuta pagamento affitto, piano ammortamento mutuo, attestazioni invalidità, eventuale lettera tesa a motivare la richiesta di contributo). Quei nuclei famigliari che sono già assistiti dalla Deputazione Ebraica di Assistenza dovranno, oltre alla su citata documentazione, presentare anche una lettera rilasciata della Deputazione stessa nella quale vengono indicati i motivi per i quali il nucleo le». Esegue la manovra con compostezza e discrezione, ma lo scopo è evidente. Alcuni lo compatiscono, altri ridono o lo provocano. Eppure, in veste di capo della comunità, di imprenditore e di uomo di cultura è altamente rispettato. E’ un uomo di cultura, buono e competente. Nella rappresentazione idealizzata di Arieti, è un messaggero di verità per un’umanità che ha smarrito la ragione e il sentimento della compassione. Secondo la metafora di Isaia, è un profeta teso a salvare le poche olive rimaste sull’albero dopo la tempesta. Nel suo ultimo incontro col Parnàs, Arieti è incoraggiato a proseguire gli studi. Chi sa che quel giovane brillante, che ha visto crescere, non potesse un giorno illuminarlo sui segreti del male da cui è afflitto. Colto di sorpresa da quelle parole, Arieti è commosso. Forse che il vecchio saggio abbia compreso il motivo più segreto per il quale il suo amico più giovane ha deciso di dedicare la propria vita allo studio dell’animo umano, diventando medico e psichiatra? Nello scritto pubblicato quarant’anni dopo, a suggello di un’opera pluridecennale di studi e ricerche, la malattia di Isacco Pardo Roques assume un significato profetico. Non potendo e non volendo accettare l’idea che l’uomo possa essere un lupo per i suoi simili, il Parnàs si è ammalato. Chiuso nella sua casa insieme con altri vecchi ebrei e non ebrei che gli sono rimasti vicini sino alla fine, il Parnàs scopre la notte prima del suo martirio, il segreto della malattia che lo ha oppresso per decenni. Le sue fobie sono solo grandiose creazioni della mente che intravvedono oscuramente dei pericoli che le persone “sane” possono rifiutare di guardare. La sua malattia è un roveto ardente, la voce oscura che dal profondo aveva intimato a guardare il grave pericolo che si annoda nelle pieghe della storia e che si sta per abbattere sul popolo ebraico e sull’umanità intera. Le fissazioni di cui ha lungamente sofferto e che per incanto svaniscono di fronte ai suoi aguzzini, sono la maschera di una paura più grande e del bisogno di conservare intatta la fede in Dio. DAVID MEGHNAGI Silvano Arieti, Il Parnàs, Milano, Mondadori, 1979 Prof. Silvestro Lucchese Chirurgo specialista CHIRURGIA ANO-RETTALE • CHIRURGIA DELLE ERNIE IN DAY HOSPITAL CHIRURGIA DEFINITIVA DEL PROLASSO EMORROIDARIO IN 1 GIORNO SENZA MEDICAZIONI - DOLORE E DISAGIO MINIMI RIPRESA DELLA FUNZIONE INTESTINALE IMMEDIATA ED INDOLORE Casa di Cura “Sanatrix” - Via di Trasone, 61 - Tel. 06.86.32.19.81 (24h) www.silvestrolucchese.com URGENZE: 336.786113 / 347.2698480 / 06.86321981 MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 L’autore ha «accertato la verità della maggior parte dei fatti esposti». Le parole attribuite ai personaggi sono quelle che hanno “probabilmente pronunciato». Prima delle leggi razziste del 1938, Pardo Roques era ricevuto dalla famiglia reale a Villa San Rossore. Nel suo salotto appariva ritratto con i reali e con Mussolini. In una foto appare con Nahum Sokolov, un ex-compagno di scuola di Freud, che fu suo ospite nel 1927 in occasione di un viaggio italiano. Amico di Chaim Weizman, futuro primo presidente dello Stato di Israele, il Parnàs è un finanziatore generoso del Fondo Nazionale Ebraico e un attivo sostenitore dei movimenti giovanili ebraici e una fonte di aiuto costante per i profughi ebrei che passavano per l’Italia. Il suo salotto è un’oasi di libertà e di umanità, dove nel clima asfittico della cultura italiana di quegli anni si può discutere di Husserl, Martin Buber, Ahad Ha’am e Sigmund Freud. Nel salotto del Parnàs, Arieti ascolta dalla viva voce di Sokolov parole cariche di angoscia sul futuro degli ebrei. Ha l’opportunità di parlare con un grande pioniere della psicoanalisi italiana, autore di un’importante opera su Freud che Arieti divora e studia. Cacciato dall’università, Enzo Bonaventura parte per Gerusalemme, dove morirà nell’attacco terroristico contro il contingente di medici ebrei nella guerra di distruzione scatenata dagli eserciti arabi per impedire la nascita dello Stato ebraico. Arieti opta per gli Usa portando con sé il libro di Bonaventura avuto in prestito dal Parnàs. Trattato come un “oggetto transizionale”, il libro con la dedica a Pardo Roques sarà il viatico di un cammino lungo e fecondo. All’epoca del suo ultimo incontro col Parnàs, Arieti ha ventiquattro anni. Il suo interlocutore sessantaquattro. Ora che ne ha quasi raggiunto l’età, scrivere «col sangue» e con le lacrime per combattere l’oblio, è un atto dovuto. Prima che la morte condanni pure lui al silenzio, come purtroppo accadrà con la grave malattia da cui sarà consumato poco dopo l’uscita del libro. Discendente di un’antica famiglia ebraica di origine spagnola, Pardo Roques è a capo della comunità ebraica nel suo momento più tragico. Benestante e scapolo, dedica gran parte delle sue energie alla conduzione della vita comunitaria e al sostegno delle persone più bisognose. Gravemente malato, è impegnato e animato da progetti che spaziano nei più svariati campi della vita sociale e culturale. La malattia non impedisce a Pardo di abbinare alle sue funzioni di presidente della comunità ebraica pisana un’intensa attività sociale e filantropica e di azione a sostegno del movimento sionista. In Sant’Andrea la sua presenza, la sua casa, la sua beneficienza del venerdì – quando all’ora fissata, secondo una tradizione viva nella cultura sefardita, riceve i bisognosi e non mandava via mai nessuno a mani vuote – è sentita. Nei ricordi vivi di Arieti, egli è una persona versata negli studi biblici e talmudici, con una solida conoscenza della cultura classica e dei movimenti politici «che durante i primi quattro decenni» del Novecento hanno cambiato il volto dell’Europa. Il “benefattore” vive nell’incubo che centinaia di animali possano da un momento all’altro assalirlo, balzargli addosso mordendolo e lacerandone il corpo prima di ucciderlo. Egli ha paura di tutti gli animali: leoni, tigri e serpenti. Vivendo in città le sue fobie si sono concentrate sui cavalli, sui gatti. Soprattutto teme i cani. In particolare quelli che per forma ricordavano i lupi. Quando esce da casa, porta con sé un bastone che si passa dietro la schiena da una mano all’altra con movimento semicircolare per assicurarsi che nelle vicinanze non ci siano animali né bestie. Lo utilizza «alla maniera dei ciechi, con la differenza che, anziché muoverlo davanti a sé”, controlla “lo spazio invisibile alle sue spal- 33 MEDIO ORIENTE Libia: oggi l’obiettivo della guerra è il “nero” Nel Paese non vi è alcuna pacificazione, ma uno scontro tribale e razzista tra diverse etnie tutte musulmane I l Sabato 18 gennaio, un gruppo di combattenti pesantemente armati hanno preso d'assalto una base aerea fuori dalla città di Sabha, nel sud della Libia, espellendo le forze fedeli al "governo" del primo ministro Ali Zeidan, e occupando la base. Allo stesso tempo, all'interno del paese hanno cominciato ad arrivare alla spicciolata, combattenti con la bandiera verde della Gran Giamahiria Araba Libica Socialista Popolare gheddafiana. Nonostante la scarsità di informazioni verificabili - il governo di Tripoli ha fornito solo i dettagli vaghi e conferma una cosa è certa : la guerra per la Libia continua. Il primo ministro libico Ali Zeidan ha convocato una sessione di emergenza del Congresso generale nazionale per dichiarare lo stato di allerta per il paese dopo la notizia della presa della base aerea di Sebha. Un portavoce del ministero della Difesa in seguito ha affermato che il governo centrale aveva recuperato il controllo della base aerea. In aggiunta all'assalto alla base aerea, ci sono stati altri attacchi contro singoli membri del governo a Tripoli. Il più grave incidente è stato il recente assassinio del Vice Ministro dell'Industria Hassan al- Droui nella città di Sirte. Anche se non è ancora chiaro se sia stato ucciso dalle forze islamiste o combattenti della resistenza verde, il fatto inequivocabile è che il governo centrale è sotto attacco e non è in grado di esercitare una vera autorità o fornire sicurezza nel paese. L'aumento delle forze di resistenza verdi in Sebha e altrove è solo Dal 1982 operiamo con successo nel settore dei traslochi e dei trasporti nazionali e internazionali DIVISIONE TRASLOCHI Trasporti su tutto il territorio nazionale e internazionale PARCO AUTOMEZZI ATTREZZATURE SPECIALI MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Scale telescopiche fino a 15 piani braccio-gru semovente 34 DIVISIONE DEPOSITO MERCI Magazzino di 18.000 mq coperti 60.000 mq scoperti DIVISIONE ARCHIVI Catalogazione e gestione di archivi cartacei ed elettronici in ambienti sicuri ed idonei DIVISIONE AMBIENTE Gestione dei rifiuti, disinfestazioni, disinfezioni, derattizzazione sicurezza degli alimenti www.devellis.it - [email protected] SEDE DI ROMA: Via Volturno, 7 - Tel. 06.86321958 SEDE DI FROSINONE: Via ASI, 4 Tel. 0775.89881 - Fax 0775.8988211 una parte del calcolo politico e militare più grande e più complesso nel Sud dove un certo numero di tribù e vari gruppi etnici sono insorti contro quello che percepiscono come una politica economica del Governo centrale, di emarginazione sociale. Gruppi come le minoranze etniche Tawergha e Tobou, che sono entrambi gruppi africani neri, hanno subito attacchi feroci per mano delle milizie arabe senza alcun sostegno da parte del governo centrale. Non solo questi e altri gruppi sono stati vittime della pulizia etnica, ma sono stati sistematicamente tagliati fuori della partecipazione alla vita politica ed economica della Libia. Le tensioni sono venute al pettine all'inizio di gennaio, quando un capo ribelle della tribù araba Awled Sleiman è stato ucciso. Invece di un'indagine ufficiale o un processo legale, le tribù Awled hanno attaccato i loro vicini Toubou neri, accusandoli di coinvolgimento nell'omicidio. Gli scontri conseguenti hanno causato decine di vittime, dimostrando ancora una volta che i gruppi arabi dominanti vedono ancora i loro vicini di carnagione scura come qualcosa di diverso dagli altri connazionali. Nonostante la retorica degli occidentali in materia di "democrazia" e "libertà" in Libia, la realtà è lontana da essa, soprattutto per i libici di carnagione scura, che hanno visto il loro status socio-economico e politico diminuito con la fine del governo di Muammar Gheddafi. Mentre questi popoli godevano di un ampio margine di uguaglianza politica e protezione ai sensi della legge nella Libia di Gheddafi, l'era post-Gheddafi li ha visti spogliati dei loro più elementari diritti. Invece di essere integrati in un nuovo stato democratico, i gruppi libici neri sono stati sistematicamente esclusi. Anche Human Rights Watch ha riferito che "un crimine contro l'umanità, cioè lo sfollamento di massa forzato, continua senza sosta, e che le milizie provenienti soprattutto da Misurata hanno impedito a 40.000 persone dalla città di Tawergha (di pelle nera) di tornare alle loro case da cui erano stati espulsi nel 2011". Questo fatto, unito con le storie terribili e le immagini di linciaggi, stupri, e altri crimini contro l'umanità, dipinge un quadro molto cupo della vita in Libia per questi gruppi. Nel suo rapporto 2011, Amnesty International ha documentato una serie di crimini di guerra flagranti operati dai cosiddetti "combattenti per la libertà" della Libia che, pur essendo salutati dai media occidentali come " liberatori", hanno colto l'occasione della guerra per svolgere esecuzioni di libici neri così come di clan rivali e di gruppi etnici. Bisogna stare attenti a non fare troppe ipotesi circa la situazione in Libia oggi, i dati affidabili sono difficili da trovare. La guerra (interna) di Libia infuria, che il mondo lo voglia ammettere o no. RAFFAELINO LUZON Scuola ebraica di Torino: ricerca personale docente La scuola primaria “Colonna e Finzi” (paritaria e parificata) ricerca a partire dall’a.s. 2014/15 una/o maestra/o elementare, preferibilmente in possesso dei requisiti per insegnare in una scuola ebraica. La scuola secondaria di primo grado “Emanuele Artom” (paritaria e legalmente riconosciuta) ricerca a partire dall’a.s. 2014/15 un/a insegnante di materie letterarie abilitato/a. I candidati dovranno far pervenire il loro curriculum alla direzione della Scuola Ebraica - via Sant’Anselmo, 7 - 10125 Torino - entro il 15 maggio 2014. Le domande saranno valutate in base ai titoli e ad un colloquio. Siria: una guerra che ha per nemico i bambini er capire l’immensità della tragedia siriana bisogna trasformare ogni numero in un essere umano” ha sentenziato Domenico Quirico, giornalista de La Stampa rapito in Siria per 5 mesi, dall’aprile al settembre del 2013, in occasione del convegno “L’infanzia rubata – La tragedia dei bambini siriani”. Organizzatrice dell’incontro, svoltosi nella Sala delle Colonne della Camera dei Deputati, Fiamma Nirenstein, la quale, introducendo i relatori, ha spiegato come il suo obiettivo sia quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tragedia che sta attraversando la Siria, di cui i bambini sono le vittime principali. Sono infatti state citate le cifre di morti, feriti, sfollati, con i numerosi effetti avuti per i più giovani: la mancanza dell’educazione scolastica, l’irrazionale desiderio dei bambini di tornare in patria per prendere le armi, i drammi dei bambini-soldato, le torture e gli abusi sessuali a cui sono sottoposti. Dopo il collegamento telefonico da Gaziantep di Giacomo Cuscunà dell’associazione ‘Non c’è Pace Senza Giustizia’, il quale ha fornito una testimonianza diretta della tragica realtà con cui si confronta ogni giorno, i relatori presenti hanno arricchito il dibattito con le loro esperienze. Sandro Gozi, Vicepresidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ha fatto notare come sia a rischio un’intera generazione, distrutta fisicamente e psicologicamente, senza contare coloro che nascono nei campi profughi e non vengono neppure registrati. Da politico, Gozi ha rilevato i due obiettivi che si pone l’Europa: maggiore flessibilità, quindi più coraggio, nell’accoglienza dei profughi siriani, e un assiduo lavoro sui corridoi umanitari in aree strategiche, come nei pressi di Homs. L’Ambasciatore Giulio Terzi, ex Ministro degli Esteri, si è detto profondamente LITOS ROMA Via G. Veronese, 34 Tel. 06.55.65.166 06.55.30.74.83 PA R T E C I PA Z I O N I BIRCHONIM - LIBRETTI deluso dall’andamento della Conferenza Ginevra II: si sarebbe dovuto parlare di “transizione”, ma la delegazione governativa siriana ha imposto che si trattasse solo il tema del terrorismo. Tuttavia, il rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, oltre a denunciare le terribili atrocità di questi tre anni, ha compiuto il significativo passo di riconoscere la responsabilità del governo siriano, richiamato anche al rispetto della Convenzione dei diritti del fanciullo di cui fa parte. Critiche all’andamento di Ginevra II per la mera retorica che ha prodotto senza garantire risultati concreti sono giunte anche da Luigi Compagna, senatore della Commissione Esteri. Non manca chi si adopera per aiutare concretamente i bambini siriani: a questo proposito, hanno descritto la propria attività Giacomo Guerrera, Presidente dell’UNICEF Italia, e Ben Sion Houri, Direttore dell’Unità di Terapia Intensiva Pediatrica al Wolfson Hospital in Israele. Il primo ha illustrato gli obiettivi del prossimo anno: garantire l’accesso all’acqua pulita, effettuare vaccini per malattie che stanno riemergendo, proteggere ed educare i bambini. Houri ha parlato del suo progetto “Save a Child’s Heart” (SACH), che lo ha condotto ad operare nella clinica israeliana di Holon bambini di diverse nazionalità, inclusi molti siriani. I bambini che sopravvivranno a questa tragedia saranno parte di una generazione caratterizzata dal rapporto abitudinario con l’odio e dall’ovvietà della sofferenza, ha affermato Quirico nel suo intervento. Tuttavia, la rivoluzione si è profondamente trasformata dal 2011: la prima generazione di insorti è oggi ampiamente contaminata dall’Islam radicale, mentre il protrarsi dell’inerzia della comunità internazionale ha reso la situazione di ancor più difficile risoluzione. DANIELE TOSCANO MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 “P Se ne è discusso in un convegno che ha voluto denunciare il silenzio del mondo. Sta morendo un’intera generazione 35 STORIA La Grande Guerra: ebrei italiani al fronte La storia eroica di Umberto Beer U MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 mberto Beer (Ancona, 16 settembre 1896 - San Paolo del Brasile, 22 gennaio 1979) - figlio di Umberto e Clelia Almagià – iniziò la carriera militare come Sergente volontario ciclista nel Corpo Nazionale Volontari Ciclisti per la durata della guerra dal 30 maggio 1915. Nel corso della guerra viene nominato prima Allievo Ufficiale di complemento, poi aspirante Ufficiale, Sottotenente di Fanteria, Tenente e in qualità di Comandante di compagnia è ferito in combattimento il 24 maggio 1917 ed è decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare perché “In diciotto mesi di campagna fu mirabile esempio di attività, calma, ponderatezza ed ardimento. Quale comandante di compagnia, nel mantenimento di una difficile posizione, vivamente contrastata dal nemico e bersagliata con tiri di ogni genere, tenne contegno superiore ad ogni elogio. Ferito piuttosto gravemente in più parti mentre si adoprava volontariamente all’ardua e generosa impresa di salvare tre feriti gravi, giacenti presso i reticolati avversari, volle mantenere il comando del reparto ancora per qualche tempo, e soltanto dopo viste le insistenze e dopo prese tutte le disposizioni per la sicurezza della linea, si decise a farsi accompagnare al posto di medicazione. Grazigna, 14 - 25 maggio 1917”. Dopo un periodo di cura il 19 aprile 1918 36 rientra al reggimento. Aiutante Maggiore in 2^ del 9° Reparto d’Assalto dal 9 giugno 1918 è decorato di una seconda Medaglia d’Argento al Valor Militare perché “… fu intelligente e coraggioso coadiutore del comandante del battaglione. Percorse più volte di notte una zona a lui sconosciuta e battuta intensamente dal fuoco nemico, per mantenere il collegamento fra i reparti. Con pochi uomini si slanciò avanti per opporsi all’avversario, che disperatamente cercava di infiltrarsi e dilagare nelle nostre linee. Con l’esempio validissimo contribuì, poi, ad un’altra vittoriosa azione che fruttò numerosi prigionieri, mitragliatrici e grande quantità di materiale bellico. Col Fagheron - Col Moschin, 15 - 16 giugno 1918”. Ferito il 26 giugno 1918 è decorato di una terza Medaglia d’Argento al VM perché “… Attraverso un furioso tiro di sbarramento, guidò vari reparti nella marcia di avvicinamento. Sotto un tiro distruttore, che produceva gravissime perdite, continuò ad indirizzare le truppe, dimostrandosi diligente ed intelligente esecutore degli ordini ricevuti. Sempre in piedi, impavido nei punti pericolosi, fu l’esempio più bello di sereno coraggio e di audacia. Si slanciò sul nemico alla testa dei suoi arditi, infiammandoli con la parola e con l’esempio. Ferito al braccio sinistro con una palletta che glielo perforò, non si scompose, non emise un lamento, ma si rifiutò di lasciare il combattimento. Ferito una seconda volta al polso destro si allontanò soltanto quando gli venne tassativamente ordinato, promettendo di farsi accompagnare alla sezione sanità. Ma poco dopo, fattasi fare una medicazione superficiale, eccolo ricomparire con l’abituale ardore. Si decise a concedersi un poco di riposo ad azione ultimata. Esempio fulgidissimo di militari virtù. Monte Asolone, 24 giugno 1918”. Ferito più volte il 25 ottobre 1918, ottiene la quarta Medaglia d’Argento al VM perché “… Trascinato dall’impeto dell’assalto sulla posizione nemica insieme con le prime ondate, subito contrattaccate dal nemico in forza, resisteva ferito ad un piede ed una seconda multipla ferita riportava poco dopo, mentre, con generoso impulso, organizzava uno sbalzo in avanti per soccorrere il proprio maggiore che era stato tagliato fuori dal grosso del reparto. Magnifico esempio di indomito coraggio, di altissimo sentimento del dovere e di generoso spirito di cameratismo e di devozione al proprio comandante. Monte Asolone, Col della Berretta, 25 ottobre 1918”. Dopo la guerra ricoprirà una serie di importanti responsabilità fino a diventare nel 1934 Regio Addetto Militare presso il Consolato d’Italia a Tangeri nel Marocco e l’anno successivo Aiutante di Campo Onorario del Re. Partecipa alla guerra in Spagna dove è decorato di Croce di Guerra. A causa delle Leggi Razziali viene collocato in congedo assoluto fino al 1945 quando viene riammesso in servizio e terminerà la carriera con il grado di Generale di Divisione a “titolo onorifico” il 4 aprile 1970. COL. ANTONINO ZARCONE Ph.D. in Storia dell’Europa Orientale e Capo Ufficio Storico dell’Esercito Via dei Volsci,165 - 00185 ROMA 06.4462024 (lab.) - 06.93548963 (abit.) cell. 349.7710957 Gli ebrei che hanno fatto storia Levi Strauss Ha fondato, partendo dal nulla, la più famosa marca di jeans nel mondo delle tasche dei minatori e degli operai, le tasche se rinforzate con rivetti di rame, avrebbero resistito di più comportando un miglioramento pratico, una novità estetica ed un risparmio per gli acquirenti costretti a fare la spola dai sarti per aggiustare di continuo le loro tasche. L’idea si rivelò geniale. I prodotti della Levi Strauss furono venduti in tutti i cantieri degli Stati Uniti e più tardi in quelli di tutto il mondo. Da semplice azienda all’ingrosso, la Levi Strauss & Co, grazie a geniali campagne pubblicitarie e alla realizzazione di un prodotto valido, consolidò la propria posizione come la migliore azienda di abbigliamento casual e jeanseria al mondo. Divenuta un simbolo dell’American Style, ancora oggi, sui suoi prodotti possiamo vedere l’immagine dei due cercatori d’oro che indossano rigorosamente dei jeans. Levi Strauss, scapolo e senza figli, decise di passare il timone della sua azienda ai suoi quattro nipoti Abraham, Jacob, Louis e Sigmund. Personaggio eminente del mondo imprenditoriale americano, egli utilizzò le sue risorse e la sua influenza in diverse attività filantropiche; sostenne attivamente il Tempio Emanuel e la Scuola ebraica di San Francisco e fu, inoltre, un grande finanziatore dell’orfanotrofio Pacific Hebrew Orphan Asylum and Home. Il 26 settembre 1902, Levi Strauss morì all’età di settantatré anni. Sepolto nel cimitero ebraico di Colma (piccola cittadina a sud di San Francisco), la sua salma fu accompagnata da tutti i suoi dipendenti che vedevano nella sua figura un esempio da seguire ed un modello d’integrità. ANGELO M. DI NEPI Gli ebrei e la moda: dagli stracci all’alta sartoria, una storia di successi I l rapporto degli ebrei con la moda e l’industria dell’abbigliamento ha radici antichissime; si potrebbe addirittura risalire agli antichi commercianti di tessuti che viaggiavano per i porti del Mediterraneo, ma concentrandoci su un passato più recente non abbiamo difficoltà ad intuire che l’attuale industria dell’abbigliamento sia un’evoluzione di quell’antico mestiere “degli stracci” che tanto si applicava a comunità ebraiche come quella romana; allo stesso modo l’antica imposizione nel poter svolgere solo alcuni lavori. Focalizzandoci sui paesi europei e gli Stati Uniti si rimane stupefatti dal grandioso contributo che gli ebrei hanno dato a questo settore. In Francia aziende come Chanel sono state fondate con una metodologia molto simile a quella delle attuali start-up; alla creatività e allo stile originale di Coco Chanel, si accostò il denaro e la capacità imprenditoriale della famiglia Wertheimer (famiglia di ebrei francesi) che riuscirono a lanciare il marchio anche oltre oceano. Spostando la nostra attenzione agli Stati Uniti abbiamo la possibilità di vedere i maggiori successi di questo settore; partendo da Levi Strauss, storico fondatore della Levis a grandi stilisti come Ralph Lauren e Calvin Klein. Questi ultimi si sono entrambi affermati come stilisti di succes- so: Ralph Lauren, all’anagrafe Ralph Lifschitz, viene da una famiglia ebraica di origini bielorusse, anche Calvin Klein, è un ebreo di origini ungheresi; entrambi cresciuti nel Bronx e formatisi nella Grande Mela hanno creato dei brands di successo. Menzionando anche stiliste come Diana von Furstenberg, Donna Karan e Stella McCartney (la cui madre era ebrea), arriviamo ai grandi gruppi del retailer come GAP, celebre azienda americana fondata da Donald Fischer e sua moglie Doris (la coppia oltre ad avere dimostrato indiscutibili capacità imprenditoriali, si è fatta carico di diverse iniziative filantropiche in favore della comunità ebraica di San Francisco) all’Arcadia Group (del Regno Unito) di Philiph Green che gestisce marchi come Top Shop, BHS e Dorothy Perkins. Altra azienda europea di successo è Mango, fondata dai fratelli Andic, ebrei di Barcellona con origini turche; per anni sono stati i maggiori competitor del colosso Zara in Spagna ed altri paesi. Innumerevoli sono gli altri esempi che potremmo menzionare per paesi come l’Italia, nella fattispecie Roma, che ha visto negli anni a seguire la Seconda guerra mondiale, un grandioso coinvolgimento degli ebrei romani in questo settore. A. M. D. N. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 L a storia di Levi Strauss è la straordinaria vicenda di un uomo che, partendo da zero, fondò una delle più importanti aziende d’abbigliamento del suo tempo. Segnando un’epoca, egli fu l’inventore della salopette ed il primo a sostenere la vendita del prodotto jeans come normale indumento casual. Levi Strauss, all’anagrafe Loeb Strauss, nacque il 26 febbraio 1829 a Buttenheim, in Germania, da una modesta famiglia ebraica. I fratelli del piccolo Levi, Jonas e Louis, partirono per l’America in cerca di fortuna; lui invece, ancora piccolo, rimase in Germania con la madre e le sorelle. Dopo qualche anno tutta la famiglia Strauss salpò per il Nuovo Mondo e si stabilì a New York, dove i fratelli Jonas e Louis avevano fondato una piccola ma redditizia azienda di abbigliamento all’ingrosso, la Strauss Brothers & Co. Levi Strauss decise di trasferirsi a San Francisco e diventare un cercatore d’oro. All’epoca, verso la metà del XIX secolo, si era sparsa la voce in tutti gli Stati Uniti della possibilità di “trovare con facilità” oro in abbondanza in California e nelle zone adiacenti alla west - coast americana. Per ironia della sorte, proprio come accadde a Conrad Hilton, fondatore della celebre catena alberghiera, dopo un’attenta ricerca e viaggi esplorativi, Levi Strauss capì che di oro ce n’era poco, di cercatori d’oro tantissimi e che di conseguenza si aprivano diverse possibilità di vendita rivolte però, agli stessi cercatori. Nel 1853, ottenuta la cittadinanza americana, fondò la sua azienda di abbigliamento, la Levi Strauss & Co. la quale, nei suoi primi anni, si occupò di vendere capi di abbigliamento da lavoro all’intera popolazione di cercatori d’oro che aveva invaso la California. Lo stesso Levi Strauss inventò la salopette, indumento utilissimo che negli anni a venire divenne un prodotto di tendenza della moda anni ‘60-’70. Quello che però rese la Levi Strauss & Co. la prima azienda d’abbigliamento in America fu l’invenzione del bottone sulle tasche. Nel 1873, un sarto di nome Jacob Davis propose al fondatore della Levis di condividere un brevetto che modificò radicalmente il concetto di tasca. Secondo il progetto di Davis, in virtù delle continue rotture delle cuciture 37 LIBRI Prima di Herzl ci fu Musolino Nel 1851 un giovane calabrese sognava uno Stato per gli ebrei MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 N 38 ei difficili decenni del Risorgimento, il calabrese Benedetto Musolino (1809 - 1885), nativo di quella Pizzo Calabro dove nel 1815 s'era tragicamente conclusa l'avventura "protorisorgimentale" di Gioacchino Murat, è una figura che precorre i tempi. E’ infatti uno dei pochissimi italiani che non dimentica il legame essenziale che esiste per gli ebrei italiani tra integrazione nella società, mantenimento della propria identità religiosa, culturale e linguistica e realizzazione dello storico sogno di una "homeland" nazionale ebraica. "Homeland" che, precorrendo Theodor Hertzl (il cui celebre "Der Judenstaat" sarà pubblicato solo a fine Ottocento), Musolino individua decisamente nella Palestina ottomana sul suolo dell'antica Israele. Questo, il dato essenziale emerso nella presentazione della ristampa di "Gerusalemme ed il popolo ebreo", saggio redatto da Musolino nel 1851 "e la cui prima edizione - ha ricordato David Meghnagi, docente di Psicologia Clinica e Dinamica alla facoltà di Scienze della Formazione dell' Università Roma 3 - sarebbe stata stampata solo un secolo dopo, nel 1951. Quando, lo stesso anno in cui l'ebraismo italiano diviene consapevole che la maggior parte dei ‘sommersi’ della Shoah non torneranno più, e iniziano le prime commemorazioni pubbliche delle vittime. Dante Lattes e l'UCEI decidono appunto di pubblicare questo libro di Musolino: collegandosi idealmente anche alla ristampa - fatta da Einaudi subito dopo la guerra - delle storiche ‘Interdizioni israelitiche’ di Carlo Cattaneo". "Musolino - ha precisato Riccardo Di Segni, Rabbino capo della comunità romana - è una figura straordinaria per tanti aspetti. Meridionale che si batte fortemente per l'Unità (tra i difensori della Repubblica romana nel 1849, poi con Garibaldi nell'impresa dei Mille), e contro i primi fermenti razzisti delineatisi, già allora, al Nord. Cresciuto in una Calabria dove gli ebrei erano scomparsi da tre secoli, sviluppa, verso l'ebraismo, un incredibile senso di rispetto e formula un originale progetto geopolitico che guarda alla Gran Bretagna, nell'800 "madrina indiretta" di tanti movimenti indipendentisti, da quello greco all'italiano, e agli altri dell'Europa ancora oppressa dagli Asburgo". In "Gerusalemme ed il popolo ebreo", Musolino espone appunto questo progetto, che ha un duplice intento: da un lato favorire il ritorno in massa degli ebrei nella Terra dei padri, all'epoca Palestina ottomana, sino alla creazione d'un vero e proprio Stato ebraico, anche se non del tutto indipendente dall'Impero turco (di cui, anzi, egli auspica la sopravvivenza, come grande baluardo contro l'espansionismo russo), dall'altro, porre la rinascita nazionale ebraica sotto una benevole tutela britannica (non a caso, a metà Ottocento, Musolino espone i suoi intenti al mitico ministro degli Esteri inglese Lord Palmerston, e al banchiere Rotschild). Tutela che diverrebbe logica se l'Inghilterra accettasse di costruire una linea ferroviaria dal Medio Oriente al Pacifico, che porrebbe la maggior parte del flusso commerciale da Oriente sotto l'egida britannica. Un’idea quella di Musolino - hanno concluso i relatori – a dimostrazione della consapevolezza del legame esistente tra ebraismo e italianità; e una visione dell'identità ebraica in termini quanto mai moderni, laici ma anche di profondo rispetto per la religione, di per se stessa e come aspetto essenziale della memoria civile d'un popolo. FABRIZIO FEDERICI B.MUSOLINO; "Gerusalemme e il popolo ebreo", con un saggio introduttivo di David Meghnagi, Firenze, LibriLiberi, 2013, pp. 351, €. 25,00. “Le malattie del nostro mondo”: l’esordio letterario di Miriam Spizzichino D isturbi alimentari, discriminazione razziale, violenza sulle donne, mancanza di comunicazione, autolesionismo, solitudine, bullismo e lesbofobia; queste sono le “Malattie del nostro mondo”, esordio letterario di Miriam Spizzichino. Otto racconti sui problemi che la nostra società affronta e combatte tutti i giorni, le cui protagoniste sono donne, spesso giovani. Non una scelta casuale, in quanto secondo l’autrice le donne sono la forza motrice di questo mondo e hanno una sensibilità maggiore rispetto agli uomini. Come è riuscita una ragazza così giovane a racchiudere argomenti così profondi e complessi in un libro? E’ una domanda che si sono posti il presidente della Comunità Riccardo Pacifici, il direttore di Shalom Giacomo Kahn, il presidente del Consiglio del XII Municipio di Monteverde Alessia Salmonì, Carla Di Veroli dell’Ufficio del Sindaco, in un dibattito – moderato da Ruben Della Rocca - tenutosi nei locali del tempio Beth Michael con la partecipazione di un ampio e interessato pubblico. “L’idea del libro - ha spiegato l’autrice - mi è venuta al liceo quando ho cominciato ad applicare le nozioni imparate a scuola, attraverso i tirocini effettuati.” Racconta Miriam: “Stare a contatto con la realtà che mi circondava ha fatto crescere la voglia di raccontarla. È nato così un libro che vuol far riflettere i lettori, perché se solo lo vogliamo siamo ancora in tempo per guarire il nostro mondo da queste infide malattie.”. “Le malattie del nostro mondo” è il suo esordio letterario, ma vi sono altri progetti. “Sto lavorando - spiega - alla stesura del mio secondo libro, questa volta un romanzo con un’unica trama, non dei racconti brevi come il primo”. Un libro molto interessante adatto ad ogni età. GIORGIA CALÓ LA TOP TEN DELLA LIBRERIA KIRYAT SEFER 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 IL FALSO PROFETA di F. Kellerman, ed. Cooper LA MIA TERRA PROMESSA di A.Shavit, ed. Sperling&Kupfer UNA BAMBINA DA UN ALTRO MONDO di A. Appelfeld, ed. Guanda LA NOTTE PIU’ BUIA di M. Held, ed. Neri Pozza I CLANDESTINI DEL MARE di A. Sereni, ed. Mursia LA BIBLIOTECA PIU’ PICCOLA DEL MONDO di A.G. Iturbe, ed. Rizzoli LA VALIGIA di H. Baharier, ed. Garzanti L’INTERROGATORIO di L. Shoham, ed. Giano IL PUGILE POLACCO di Eduardo Halfon ed. Rubettino LE STORIE DI RE SALOMONE di M.C. Sarano ed. Marietti In libreria il secondo volume di Riccardo Calimani, con le vicende dal XVI al XVIII secolo E sce in questi giorni in tutte le librerie italiane il secondo volume della monumentale opera di ricostruzione della presenza ebraica in Italia, scritta dal noto giornalista e collaboratore storico di Shalom, Riccardo Calimani. Nel libro sono narrati i tre secoli cruciali che vanno dall’espulsione nel 1492 degli ebrei dalla Penisola iberica e da tutti i domini spagnoli alla Rivoluzione francese (1789), all’Impero napoleonico, fino alla Restaurazione di inizio Ottocento. Una storia contrassegnata da una radicale redistribuzione territoriale degli insediamenti ebraici – presenti, dal Cinquecento, quasi esclusivamente nelle regioni centrosettentrionali del nostro Paese – e, dal punto di vista politico e religioso, dalla poderosa influenza dell’Inquisizione e dai rigori della Controriforma. Punto di svolta decisivo di questa fase della storia della comunità ebraica italiana è l’istituzione del ghetto prima a Venezia (1516) e poi del ghetto romano («il serraglio degli ebrei») sancita dalla bolla papale di Paolo IV Cum nimis absurdum del 1555: «Condannati per propria colpa alla schiavitù eterna… tutti gli ebrei dovranno vivere esclusivamente in una stessa e unica strada, questi spazi dovranno essere contigui e nettamente distinti dalle abitazioni dei cristiani, e dovranno avere una sola I razzisti erano fra noi Barbara Raggi è autrice di un’ampia ricerca storica sui personaggi che firmarono il Manifesto della Razza e che dopo il regime fascista continuarono una ‘brillante’ carriera P ersonaggi del mondo della cultura e del diritto si adoperarono attivamente ed ebbero responsabilità dirette nelle politiche razziali del fascismo, e poi furono riabilitati e in molti casi “premiati” nel dopoguerra, come se nulla fosse successo. “Essi non solo non sono stati estromessi dall’università ma i loro atti politici sono stati cancellati dalla memoria collettiva”. Ciò rappresenta un’altra pagina torbida su cui per decenni è scesa l’omertà e l’oblio a testimonianza di un Paese che non ha mai fatto i conti con le politiche del regime. Con il coinvolgimento del fior fiore di docenti e scienziati che dagli anni Trenta parteciparono a quel disegno d’individuazione dei metodi per definire la razza, che in Italia si sviluppò con l’eugenica e l’antropologia a scopi discriminatori. Ce ne dà un’opportuna testimonianza un volume curato da Barbara Raggi, uscito per Editori Internazionali Riuniti, intitolato “Baroni di Razza”. Per rendersene conto, anticipiamo ciò che accadde ad alcuni esponenti di primo piano, di cui l’autrice ci racconta, oltre alle note biografiche, il ruolo avuto nella discriminazione, a iniziare da Giacomo Acerbo, deputato e vicepresidente della Camera nel 1926 e ordinario di Economia agraria alla Regia universitaria di Roma, che oltre a votare a favore delle Leggi razziali, presidiò in quei tragici anni il Consiglio superiore della demografia e della razza e “contribuì alla formazione teorica del razzismo fascista”. Dopo anni di vicissitudini per il suo torbido passato e di ricorsi al Consiglio di Stato, nel 1952 riottenne la docenza di Economia presso l’ateneo romano. E non solo. Nel entrata e una sola uscita». Una scelta di segregazione, tuttavia, applicata in modi diversi dai principi e signori locali, ma che segna il rapporto contraddittorio tra mondo cristiano e mondo ebraico, in bilico tra bisogni e interessi concreti (i banchi di prestito, le tasse e le contribuzioni forzose) e le ricorrenti pulsioni teologiche e politiche contro il «popolo maledetto», sfociate spesso in comportamenti discriminatori e violenti: prediche coatte, battesimi di minori senza l’assenso dei genitori, roghi di libri, espulsioni attuate o solo minacciate. Emblema di tale ambivalenza è la controversa figura del «marrano»: ebreo, costretto alla conversione suo malgrado, legato alle proprie origini e alla propria identità culturale e religiosa, non fu ben accetto né dai cristiani né dagli ebrei e diventò, con le sue molteplici identità dovute al contatto con genti e terre straniere, sia un formidabile intermediario economico e culturale nell’area del Mediterraneo, sia «un ambiguo fantasma capace di turbare il sonno di tanti ebrei e cristiani in Europa». Lungo questi tre secoli, Calimani racconta la storia di un piccolo ed esiguo gruppo ebraico all’interno della grande società cristiana, a volte vittima predestinata, a volte formidabile protagonista della vita culturale ed economica del nostro Paese. Una piccola comunità ebraica sempre in bilico tra sopravvivenza ed estinzione eppure formidabilmente vitale. Storia degli ebrei italiani RICCARDO CALIMANI Mondadori Ed. p 480 – 26 € 1962, il noto collaboratore di Mussolini nella stesura della teoria razziale ricevette dal Presidente della Repubblica, Antonio Segni, la medaglia d’oro per i benemeriti della cultura. Un’altra storia di riabilitazione professionale è quella di Gaetano Azzariti, presidente del tribunale della razza, che vagliava chi era in possesso di “sangue ebraico”. Nel dopoguerra venne perfino nominato giudice della Corte Costituzionale, fino a divenire nel 1957 presidente della medesima. A coronamento di ciò, il suo busto lo troviamo ancora oggi nella stanza dedicata ai massimi vertici dell’organismo. Sulla stessa linea, con gli Atenei pronti a riaccoglierli come se nulla fosse successo, leggiamo le vicende di Sabato Visco, ordinario di fisiologia, che fu chiamato da Mussolini nel 1938 per redigere il Manifesto della Razza, e di Nicola Pende, ordinario di medicina, senatore del Regno e attivissimo antisemita, elaboratore dell’ortogenetica per il miglioramento della razza e della biotipologica. Essi, dopo essere stati tra i principali protagonisti dell’ideologia “razziale”, furono prosciolti dalle accuse sul loro ruolo e tornarono a fine degli anni Quaranta ad occupare il loro posto nelle cattedre universitarie. Come scrive l’autrice “la maggior parte degli accademici aveva preferito non agire la violenza fisica in modo diretto, quando necessaria preferiva mediarla con atti formali e legali. Come altro giudicare, infatti, le attività razziste se non come una violenza permanente esercitata attraverso la mediazione della carta e della legge?”. Paradossalmente per molti professori universitari ebrei, come Giorgio del Vecchio e Tullio Terni dopo la guerra il destino fu diverso; dopo essere stati allontanati dagli Atenei in seguito alle leggi razziali, furono bocciate le loro istanze di riammissione perché “non ci sono state petizioni né voti dell’Accademia a reclamarli al loro posto”. JONATAN DELLA ROCCA MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Storia degli ebrei italiani 39 LIBRI Daniel il Matto Il secondo romanzo di Mario Pacifici MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 M 40 ario Pacifici ci propone il suo secondo romanzo “Daniel il Matto”, di cui aveva dato una piccola anticipazione a noi di Shalom durante la presentazione del suo esordio letterario “Una cosa da niente e altri racconti”. Questa volta, l'autore, si è voluto soffermare sul Ghetto di Roma alla fine del 1700. Viene raccontata la vita degli ebrei segregati e tormentati dalla Curia romana. Tra questi, spunta la figura di Daniel “il Matto”, sofer, che nella sinossi del libro viene descritto come un “erudito e artista geniale, lui è uomo irascibile e scorbutico, refrattario a ogni regola. Dietro le sue asprezze però, nasconde i tratti di un cuore generoso. Ed è lui che armato solo di un genio sublime e di un carattere irridente, assume la difesa degli oppressi”. Una lettura molto interessante e scorrevole, con personaggi che riescono ad entrare nel nostro cuore proprio perché sembrano così vicini a noi. Un romanzo che riesce a trasportarti all'interno del racconto per viverlo in prima persona e una volta finito di leggerlo rimane il vuoto. Mario Pacifici riesce a mostrarci i tanti volti “stereotipi” che potevano costituire la comunità dell'epoca, ad esempio Umberto Zarfati il rigattiere, protagonista di uno dei racconti del libro. E' proprio questo il punto di forza: sono nove racconti che narrano nove episodi diversi tra loro in cui è sempre presente il nostro caro Daniel che a fine libro, inesorabilm e n t e , sarà uno di quei personaggi difficili da dimenticare. Un sofer che rimane nel nostro cuore. Sembra tutto così vero, ma siamo sicuri che sia così? Realtà o immaginazione? Vi consiglio, allora, di leggere l'epilogo per saperne di più. Ne rimarrete ancora più affascinati e vi domanderete anche voi: Chi era Daniel il Matto? Siamo sicuri che sia esistito davvero? A voi la parola, buona lettura! M. S. Joshua allora e oggi Mordecai Richler Adelphi, p. 461 € 20 L’albero genealogico di Barney Panofsky sembra davvero non aver fine, ed in questo libro di Mordecai Richler del 1980, tutto ruota intorno ad un vero e proprio “personaggio” della famiglia: Joshua Shapiro. Con una madre spogliarellista ed un padre incline all’illegalità, la vita del nostro non poteva che essere inusuale, eccessiva ed incontenibile, proprio come le sue pulsioni verso la vita. Divenuto affermato giornalista e scrittore, la misteriosa sparizione della moglie ed il suo successivo ricovero in stato confusionale segnano l’inizio di un intrigante quanto dolente viaggio a ritroso nel proprio passato, l’infanzia, gli amici, le donne, gli eccessi. All’arrivo Joshua troverà le sue risposte, ma il lettore vorrà continuare a viaggiare con lui. I calici della memoria Il vino nella tradizione ebraica Gianpaolo Anderlini Wingsbert House, p. 89 € 9 “Come il vino non si può conservare bene né nell’oro, né nell’argento, ma nel più semplice dei contenitori, l’argilla, così le parole di Torah si conservano in chi è umile ed è pronto ad imparare da ogni uomo.” Il vino nella tradizione ebraica ha un ruolo centrale ed insostituibile nella vita della comunità, della famiglia e della singola persona. Nella Bibbia sono diversi gli episodi in cui si parla di vino, della vite o della vigna. La tradizione ebraica rende il vino protagonista rituale nelle feste come Purim, Pesach, si beve durante il kiddush, il brit milà, l’Havdalah, dopo la benedizione del pasto. Il libro di Gianpaolo Anderlini, che si occupa da oltre trent’anni di studi sull’ebraismo, illustra il rapporto che esiste tra il vino e la religione ebraica, sottolineando il ruolo culturale e cultuale del vino. Le Chaiim! Il pugile polacco Eduardo Halfon Rubettino, p. 128 € 12 Eduardo Halfon, giovane scrittore guatemalteco, racconta con prosa fresca e originale diverse storie, per arrivare alla più importante, alla più intima: quella del nonno materno, ebreo polacco, e della tragicità del numero tatuato sul suo braccio. Un intreccio di racconti di personaggi si snoda nel libro: un poeta isolato dal mondo che lo circonda, un accademico esperto di Mark Twain, una hippie Israeliana in viaggio, un pianista serbo, una madre che cerca di superare la morte del figlio. Tante vicende che portano, come un filo ininterrotto, a quella del pugile ebreo che salvò il nonno da morte certa. Nel 2007 Halfon è stato tra i migliori 39 giovani scrittori latinoamericani dell’Hay Festival di Bogotà e gli è stata conferita la prestigiosa Guggenheim Fellowship. Un successo internazionale. La terza guerra mondiale Margarita Khemlin La Giuntina, p.87 € 13 Per chi ancora erroneamente crede in un “unico modo” ebraico di affrontare la vita, ecco un’ulteriore occasione per ricredersi. Dalla penna di Margarita Khemlin, scrittrice e autrice di teatro, emerge un mondo, quello degli ebrei ucraini, del tutto originale e complesso. In questa raccolta di racconti che attraversano il Novecento, l’ironia della narrazione sottolinea i paradossi della comunità locale, perennemente in bilico tra la tradizione degli avi, una quotidianità fatta di compromessi, l’onnipervasività del potere sovietico, in una continua altalena di paure per i cambiamenti che i tempi richiedono, distacco, speranza nei giorni che verranno, un’innata quanto surreale saggezza, perché “se tutti sapevano tutto, gli americani non si sarebbero arrischiati a fare qualcosa”. Originale e lieve. A cura di Jacqueline Sermoneta CINEMA Storia di una ladra di libri Dal romanzo culto che ha venduto 8 milioni di copie in tutto il mondo, un grande film con Geoffrey Rush, Emily Watson e l’esordiente Sophie Nelisse “Q uesto non è solo un film sulla Shoah, è la storia di una ragazzina molto forte. Una giovanissima donna che saprà fare delle cose straordinarie per conquistarsi una vita lunga e felice”. Brian Percival, regista della beneamata e pluripremiata serie televisiva Downton Abbey dirige Storia di una ladra di libri, tratto dal bestseller La bambina che salvava i libri dello scrittore australiano Markus Zusak. Un film interpretato dalla tredicenne ginnasta canadese Sophie Nélisse, al fianco di mostri sacri come Geoffrey Rush e Emily Watson, per raccontare una storia ispirata dal romanzo pubblicato nel 2005, che ha venduto otto milioni di copie in tutto il mondo ed è stato tradotto in oltre trenta lingue. Sophie Nélisse è Liesel, una coraggiosa ragazzina affidata dalla madre incapace di mantenerla, ad Hans Hubermann (Geoffrey Rush), un uomo buono e gentile, e alla sua irritabile moglie Rosa (Emily Watson). Scossa dalla tragica morte del fratellino, avvenuta solo pochi giorni prima, e intimidita dai “genitori adottivi” appena conosciuti, Liesel fatica ad adattarsi sia a casa che a scuola, dove viene derisa dai compagni di classe perché non sa leggere. Con grande determinazione, è tuttavia decisa a cambiare la situazione e trova un valido alleato nel suo papà adottivo che, nel corso di lunghe notti insonni, le insegna a leggere. L’amore di Liesel per la lettura e il crescente attaccamento verso la sua nuova famiglia si rafforzano grazie all’amicizia con un ebreo di nome Max (Ben Schnetzer) che i suoi genitori nascondono nello scantinato e che condivide con lei la passione per i libri incoraggiandola ad appro- fondire le sue capacità di osservazione. “Devo ammettere con una certa vergogna che sapevo poco o nulla della Shoah”, dice l’attrice giovanissima. “A scuola, avevo visto un documentario su Anna Frank e avevamo letto qualcosa, ma né io, né i miei compagni ci rendevamo conto di quello che era accaduto in Europa negli anni Quaranta. Poi quando ho iniziato a prepararmi per questo ruolo ho visto film come Schindler’s List, Il Pianista e La vita è bella… così ho capito tutto e li ho fatti vedere anche ai miei compagni di classe e della squadra di hockey. Ci siamo vergognati un po’ della nostra ignoranza, ma, alla fine, abbiamo capito che cosa era accaduto veramente. E questo credo sia molto importante per tutti noi.” Markus Zusak ha tratto ispirazione per il libro dalle storie narrate dai suoi genitori quando era ancora un bambino in Australia. “Era come se un pezzo d’Europa entrasse nella nostra cucina quando mamma e papà raccontavano di come fosse crescere tra Germania e Austria, dei bombardamenti di Monaco, dei prigionieri che i nazisti facevano sfilare per le strade - racconta lo scrittore -. Allora non me ne rendevo conto, ma sono state queste storie a spingermi a diventare scrittore. Era un’epoca di estremo pericolo e malvagità e mi hanno profondamente colpito i tanti gesti di umanità compiuti in quei tempi cupi. Il mio libro parla proprio di questo: della capacità di trovare la bellezza anche nelle situazioni più orrende. Uno dei punti centrali della storia è che Hitler sta distruggendo la mente delle persone con le parole mentre Liesel di quelle stesse parole si appropria per scrivere una storia completamente diversa”. Il regista Brian Percival conclude: “Ho voluto girare il film a Berlino: anche se il 90% della città è stata distrutta dalla guerra, i fantasmi e l’eco di quelle storie risuona profondamente nelle strade e nelle persone. Dopo alcune scene molto intense, i membri tedeschi della troupe avevano le lacrime agli occhi a causa di un misto di commozione e di vergogna. Questa solennità e serietà è ciò che rende il mio film particolarmente importante sul piano emotivo ed umano. Del resto per me la cosa più importante non era solo quella di raccontare ai giovani cosa è accaduto in passato, bensì quella di offrire ai ragazzi la possibilità di guardare al mondo in maniera differente.” MARCO SPAGNOLI Mi ritroverai dentro di te S arà presentato nei principali festival cinematografici internazionali (Chicago, Roma, Barcellona, Madrid), il corto cinematografico Mi ritroverai dentro di te, (titolo internazionale Me reencontraràs dentro de ti), scritto e diretto dal giovane regista romano Eitan Pitigliani. Il cortometraggio, della durata di 13 minuti, è stato girato tra i vicoli romani di Trastevere, l’Isola Tiberina e il Tempio Maggiore. E’ interpretato dall’attore argentino Andrès Gil (Il mondo di Patty; Incorreggibili; Don Matteo 9) e racconta il viaggio in Italia di Pablo, un giovane argentino alla ricerca delle proprie origini. A Roma, si metterà sulle tracce del nonno e scoprirà un passato familiare che non conosceva. Il viaggio diventerà per Pablo un’inaspettata consapevolezza delle proprie origini ebraiche che, oltre lo spazio, il tempo e la Shoah, sono dentro l’anima, incancellabili. “Questo cortometraggio nasce – ha spiegato il regista – da una riflessione sull’importanza del recupero delle proprie origini, che rappresentano una via per conoscere se stessi, fondamento del nostro presente e strada per il nostro futuro”. Mi ritroverai dentro di te è realizzato con il patrocinio della Fondazione Museo della Shoa e della Comunità Ebraica di Roma e sponsorizzato da De Luca Visual Artist e Annamode Costumes. Eitan Pitigliani, romano, classe 1986, dopo una breve parentesi da attore, ha studiato Regia Cinematografica a New York e Londra. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Il corto cinematografico di Eitan Pitigliani, è un viaggio alla scoperta delle proprie radici 41 ROMA EBRAICA Ospedale Israelitico: se ne è discusso nell’ultimo Consiglio I l tema della gestione dell’Ospedale Israeliatico - oggetto di alcuni articoli scandalistici della stampa italiana delle ultime settimane - è stato l’oggetto dell’intera riunione di Consiglio della Comunità, tenutosi alla fine di febbraio. È innanzitutto da ricordare che la Comunità ebraica ha un controllo solo indiretto nella gestione della struttura sanitaria, poiché provvede unicamente alla nomina del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale che poi è libero di assumere le sue decisioni e di distribuire incarichi e deleghe e di nominare il collegio dei revisori. È altresì vero che i consiglieri svolgono la loro attività a titolo di volontariato, quindi senza alcuna remunerazione. Si tratta di un aspetto problematico della governance - ha sottolineato il presidente dell’Ospedale, Aldo Piperno - perché sul vertice amministrativo ricade la rappresentanza legale e quindi risponde davanti alla legge di azioni commesse dai manager e dai professionali. E’ ciò che è accaduto per una serie di comportamenti tenuti da alcuni medici non appartenenti alla comunità, le cui azioni sono oggi oggetto di indagine da parte della magistratura, e che hanno coinvolto non solo il diretto responsabile sanitario della struttura, ma anche il presidente dell’Ospedale che all’epoca presideva il Consiglio di Amministrazione. Nel corso della riunione del Consiglio - soprattutto con il contributo di una serie di interventi di professionisti - è stato indicato chiaramente che l’Ospedale, nonostante contestazioni e debiti oggetto di confronto con l’Inps - vanta una serie molto significativa di crediti esigibili per circa 34 milioni di euro. L’Ospedale Israelitico è una struttura economicamente sana (con utile di oltre 6 milioni di euro), con uno staff professionale di alto livello, ma soprattutto con un livello di prestazioni molto apprezzato dal pubblico. Significativo il dato che registra una crescita delle prestazioni in ambito privatistico rispetto al pubblico. Si tratta di una serie di ragioni che - pur di fronte alla contestazione sollevata dalla Regione Lazio per cartelle sanitarie contestate (pari a prestazioni rimborsate per circa 14 milioni di euro, e il cui accertamento l’Ospedale ha contestato con un ricorso al TAR), mette l’Ospedale Israelitico nella condizione di guardare con assoluto ottimismo al futuro. Tanto più che dal 2006 l’Ospedale Israelitico è inserito dalla stessa Regione nel suo piano sanitario. G. K. Incontro con il Presidente della Rai Anna Maria Tarantola ha visitato il Museo Ebraico MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 A 42 nna Maria Tarantola, Presidente della RAI, ha incontrato i vertici della Comunità ebraica di Roma: un’occasione per migliorare la conoscenza reciproca tra il mondo ebraico e il mondo esterno. Al colloquio con il Rabbino Capo Riccardo Di Segni e il Presidente CER Riccardo Pacifici ha fatto seguito un più ampio dibattito anche con altri assessori e consiglieri. Il Consigliere e assessore alle relazioni esterne Ruben Della Rocca ha riconosciuto la sensibilità avuta in questi anni dalla televisione pubblica nei confronti di temi delicati attinenti alla politica, al Medio Oriente e alla Shoà, lodando gli sforzi compiuti sulla memoria specialmente in occasione del 27 gennaio. Ciò La delibera del Consiglio Il Consiglio della Comunità Ebraica di Roma, riunito in seduta ordinaria il 24 febbraio 2014 presso il tempio Bet-El Sentite le relazioni del Presidente CER Riccardo Pacifici, dell’avvocato Riccardo Troiano del collegio di difesa dell’Ospedale Israelitico e del dott. Mario Venezia, presidente del collegio dei revisori dei conti dell’Ospedale stesso, sulla situazione generale dell’Ospedale, in relazione alle note vertenze con Regione, INPS e ASL, Sentite le preoccupate considerazioni del Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale, prof. Aldo Piperno, a proposito dell’attuale situazione amministrativa e legale dell’Ospedale, e sulla necessità di verificare i meccanismi della governance per superarne le contraddizioni, intervenendo se del caso sullo statuto, Rinnova la fiducia ed esprime solidarietà al presidente Piperno e a tutto il CdA dell’Ospedale Israelitico; offre inoltre appoggio, in tutte le forme che possano essere utili, per sostenere la difficile contingenza che la guida dell’Ospedale si trova a dover gestire. Approva la costituzione di un comitato consultivo, deliberata dalla Giunta di giovedì 20 scorso, con lo scopo di fornire aiuto al CdA dell’Ospedale per tutte le attività di comunicazione, sostegno politico e relazioni istituzionali. Tale comitato, composto da Rav Riccardo Di Segni, Riccardo Pacifici, Toni Spizzichino, Livia Ottolenghi e Raffaele Sassun, avrà una vita di circa sei mesi, fino al superamento dell’attuale congiuntura. Invita infine il CdA dell’Ospedale a promuovere un’attività di comunicazione verso l’esterno, ed in particolare verso gli iscritti alla nostra Comunità, per fugare dubbi e sospetti che possano essere sorti dalla lettura dei giornali delle ultime settimane, e ribadire l’immagine positiva dell’Ospedale, sia da uno scontato punto di vista sanitario che da un punto di vista amministrativo e manageriale. Approvato all’unanimità alle 23:30 del 24 febbraio 2014 che ha auspicato Rav Di Segni è un’attenzione che possa anche andare oltre, toccando la cultura ebraica nella sua accezione positiva; gli ha fatto eco il Presidente Riccardo Pacifici, il quale ha ricordato che “trasmettere l’ebraismo non significa trasmettere la Shoà”. L’assessore ai giovani Giordana Moscati ha parlato di una riunione “cordiale, in un clima quasi confidenziale”. Anna Maria Tarantola si è mostrata anche lei soddisfatta dell’incontro, grazie al quale è stato possibile rinnovare la stima reciproca tra le due parti; nel colloquio privato con gli esponenti della comunità, si è anche resa disponibile a collocare in un orario più comodo la trasmissione televisiva “Sorgente di vita”, la rubrica di vita e cultura ebraica in onda su Rai due. L’incontro è proseguito con la visita al Museo ebraico, dove Tarantola si è mostrata molto interessata a quanto esposto, e si è concluso con la visita del Tempio Maggiore. D. T. Un seminario di studi promosso dall’Ucei D urante la mattina del 18 e del 19 febbraio si sono svolti due degli incontri previsti dal programma del seminario organizzato dal giornale "Pagine ebraiche" e dal portale dell'ebraismo Moked in collaborazione con il Collegio Rabbinico italiano a Roma. Martedì 18 febbraio, presso la sede dell'Associazione Stampa Romana, il rabbino capo Rav Riccardo Di Segni ha tenuto una lezione sulle complesse questioni della cultura della parola, il divieto della maldicenza e dei limiti morali estremamente labili che la società dovrebbe rispettare per introdurre un dibattito sul dialogo interreligioso e sulla delicata questione mediorientale. Rav Di Segni ha sottolineato l'importanza che la parola riveste nell'ebraismo, come forza creatrice o distruttiva del mondo intero. Di tutto il sistema religioso ebraico, il rispetto della parola e del suo uso è sicuramente uno dei temi più delicati e che può facilmente condurre all'inciampo nella maldicenza. Il ruolo dei giornalisti è controverso, perché si dibatte tra l'esigenza di informare ed il dovere di rispettare il prossimo da un punto di vista etico-morale. Bisogna cercare di evitare di spargere anche solo "polvere" di maldicenza e rispettare alcune coordinate fondamentali dell'informazione quali la certezza del fatto che viene riportato, la consapevolezza di quanto si divulga, ma soprattutto stabilendo delle finalità positive per le quali viene raccontato un determinato fatto. Al termine della lezione introduttiva, il Rav ha lasciato spazio alle domande così da dar vita ad un dibattito riguardo la posizione degli ebrei italiani ed il loro appoggio più o meno incondizionato allo Stato d'Israele, o ancora alle questioni più in particolare riguardanti il Medioriente. Inoltre, ampio interesse hanno riscosso i temi della bioetica ebraica. Il giorno seguente, Rav Benedetto Carucci, preside delle scuole ebraiche di Roma, ha tenuto una lezione presso l'aula magna della scuola ebraica sull'approccio ebraico ai social network. Il web fa ormai parte della società tanto da poterlo considerare il motore dei costanti cambiamenti che avvengono all'interno di essa. La giustificazione della posizione estrema di alcuni chachamim riguardo la proibizione dell'utilizzo degli strumenti elettronici anche per finalità non banalmente ludiche risiede nel Bitul Torà, l'annullamento della Torà. L'ebreo dovrebbe infatti dedicarsi ogni momento della giornata allo studio della Torà, tranne che per gli atti necessari al proprio sostentamento, e qualsiasi altro impiego di tempo è considerato una distrazione. La posizione maggioritaria è però quella che consente l'utilizzo di smartphones o tablet d'avanguardia, purché non si ecceda nel loro utilizzo. Le applicazioni ebraiche si stanno moltiplicando e risulta di fatto utile poter avere pagine di ghemarà, mishnà o tefillà a portata di click. Da una parte si condanna l'eccesso di utilizzo degli strumenti elettronici, più propriamente il loro abuso, d'altra parte è importante riconoscere il contributo fondamentale apportato dalla tecnologia allo sviluppo di una capacità multitasking, così come la definisce Rav Carucci, ossia la capacità di svolgere simultaneamente più attività. Ed infine, ecco la sfida lanciata da Rav Carucci: proviamo per un giorno a cronometrare il tempo che spendiamo davanti ad uno schermo, escluso quello dedicato allo studio o al lavoro, ed impegniamoci nell'impiegare la metà di quel tempo allo studio della Torà. Un buon compromesso. CARLOTTA LIVOLI Saper comunicare la Bibbia P Il rischio di un’informazione sbagliata, un problema antico ma sempre attuale resso la sede dell’UCEI, in Lungotevere Sanzio, Rav Alfonso Arbib, Rabbino capo di Milano, il pomeriggio del 18 febbraio ha esaminato i problemi etici, culturali, legali connessi alla trasmissione di contenuti ebraici in testate legate all’ebraismo: nel contesto del seminario su “Legge ebraica e problemi dell’informazione”, organizzato dal Collegio Rabbinico Italiano e dalla redazione giornalistica dell’UCEI. Partendo dal celebre brano del Talmud babilonese in cui il sovrano ellenistico Tolomeo II (dal 285 al 244 a.e.v.) incarica 72 anziani di tradurre in greco la Torah, Rav Arbib ha evidenziato le difficoltà anzitutto di cultura religiosa, citate dallo stesso Talmud, legate alla traduzione della Bibbia in greco. Tradurre, ad esempio, il celebre versetto della Genesi “Faremo l’uomo ad immagine e somiglianza “, anziché “Farò…”, potrebbe far pensare al lettore che la Torah alluda a più divinità, anziché al Dio unico; ma d’altra parte, secondo altri critici, quest’ambiguità è voluta, in senso positivo, dalla stessa Torah, perché scrivere “Faremo” può sottintendere una consultazione degli angeli da parte di Dio, prima appunto di creare l’uomo (lezione di democrazia, quindi). La sostituzione, fatta sempre dai 70, del termine “lepre” (all’interno della lista ufficiale degli animali kasher e non kasher) con un altro nome d’animale più generico, fatta nel timore d’offendere il re (la cui moglie, in greco, si chiamava proprio “Lepre”), ci ricorda invece - ha sottolineato il Rav, citando addirittura Enzo Biagi - che non si può mai prescindere dall’editore, o comunque dal committente, d’un testo: ma è dovere d’ogni giornalista cercar sempre di ritagliarsi, in ogni situazione, spazi d’autonomia professionale. Infine, se è senz’altro deplorevole che alcuni traduttori antichi delle Scritture abbiano omesso episodi come quello di Shekem (uno degli eccidi legati alla conquista ebraica della Terra promessa), pensiamo però all’effetto che farebbe la lettura d’un brano del genere su un pubblico già prevenuto nei confronti dell’ebraismo. Tutti questi problemi - ha concluso Rav Arbib - evidenziano quindi la necessità, per l’ebraismo italiano, d’investire, per il futuro, nella formazione di traduttori, e specialisti della comunicazione, fortemente qualificati. E’ lecita invece, in alcuni casi, la Chanuppah, cioè l’adulazione dei trasgressori? Questo s’ è domandato, il pomeriggio del 19 febbraio, il Rav torinese Alberto Moshe Somekh. Sottolineando che, con la sola eccezione di Rabbi Yonah da Gerona (vissuto a Saragozza alla fine del Duecento), la dottrina ammette questo solo quando risulti indispensabile per evitare situazioni di grave pericolo, per l’individuo o la collettività, solo adoperando doppi sensi, mai un linguaggio diretto, e limitatamente a quelli che possono essere gli effettivi meriti dei trasgressori (vedi uno dei più classici episodi biblici, l’incontro tra i due fratelli Yakov ed Esav, ancora fortemente in lite tra loro). Rav Somekh s’è detto disponibile ad approfondire meglio questi temi, magari in videoconferenza. Mentre notizie interessanti sono venute dalle videoconferenze organizzate, negli stessi due pomeriggi, con Rav Yuval Cherkow, del Presidential Press Council of Israel, e col giovane Daniel Sacker, direttore della comunicazione all’ufficio del Rabbino capo di Londra. FABRIZIO FEDERICI MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Leggi ebraiche, libertà di parola e uso dei social network 43 ROMA EBRAICA ‘Il futuro è nelle tue mani’ Una giornata dedicata alla presentazione delle università e dei corsi professionali in Israele I sraele e opportunità. Due parole che mai come negli ultimi anni stanno diventando sinonimi. Due parole che hanno preso forma e contenuto nell’aula magna della scuola Renzi Levi, che ha ospitato l’iniziativa “Il futuro è nelle tue mani”, una giornata dedicata alla presentazione delle possibilità universitarie e professionali presenti nello Stato ebraico. Genitori e studenti liceali sono stati accolti da Piero Abbina, presidente dell’Associazione Italiana amici del Technion, che ha ricordato l’importanza di un’ottima istruzione in una società competitiva come quella attuale. Presidente che nel 2010, assieme all’allora vice presidente UCEI, Claudia De Benedetti, ha avviato il progetto, atto a promuovere la formazione universitaria in Israele e due anni dopo ha portato alla costituzione di Israeluni.it, il portale italiano delle università israeliane, che ha avuto il merito di creare un canale diretto fra i ragazzi residenti in Italia e gli studenti e docenti italiani che attualmente studiano e insegnano nelle università in Israele. Un anello di congiunzione, che si sta facendo sempre più solido e che ha reso possibile, come ha sottolineato il consigliere UCEI Alessandro Luzon, l’introduzione del test psicometrico in italiano e la conseguente possibilità di effettuarlo a Roma o Milano. Le iscrizioni stanno aumentando sempre di più e delle 100 previste, ne sono arrivate 270. A suffragare questo dato, le parole di Ruth Dureghello, Assessore alle Scuole della Comunità Ebraica di Roma: “Cinque anni fa si aveva difficoltà a elargire le borse di studio mentre oggi, il 25% degli studenti romani sono orientati verso l’estero, Israele sopratut- Il Bene’ Berith Roma per i giovani I FEBBRAIO MARZO 2014 2014 • ADAR • ADAR SHENÌ RISHON 57745774 l Progetto del Bnei Berith Roma, finalizzato ad offrire ai giovani spunti e stimoli sul mondo delle “start-up” ha fatto un altro passo in avanti. Il 18 Febbraio un gruppo di studenti del Liceo Renzo Levi, accompagnati dall’ Assessore alle Politiche Educative della Cer, Ruth Dureghello, dal Preside Benedetto Carucci Viterbi e dal Presidente del Benè Berith Roma Sandro Di Castro, hanno potuto visitare la sede di Enlabs, l’acceleratore di start-up, localizzato nella Stazione Termini. Ad accoglierci, il Direttore Generale Ing. masa.pdf 1 15/11/2013 16:24:44 Augusto Coppola. Dopo una breve introduzione teorica, tenuta dal Prof. Spagnoletti dell’Università LUISS, i ragazzi hanno potuto incontrare i team masa.pdf 1 14/11/2013 delle numerose start-up11:15:53 localizzate nell’avveniristica struttura. Gli studenti hanno apertamente manifestato il loro interesse, ed to”. Una presa di coscienza dei nostri giovani che, come ha dichiarato Daniela Pavoncello, consigliera UCEI e coordinatrice della commissione Scuola Educazione e Giovani, promuove la loro mobilità e il loro inserimento nel mondo del lavoro. L’evento è andato avanti con la presentazione delle maggiori università di Erez Israel da parte dei rispettivi rappresentanti che dopo una breve introduzione, si sono avvalsi di un supporto video, e hanno messo in luce tutte le eccellenze dei propri istituti. In secondo tempo i presenti sono stati invitati in un’altra aula per avere più informazioni, così come per i 250 programmi Masa, un progetto del governo israeliano, che dal 2004 aiuta le persone dai 18 ai 30 anni che vogliono fare un’esperienza in Israele, ma ancora non ne conoscono la natura e la durata. Uno dei rappresentanti Masa in Italia, Gilad Peled ha illustrato le tante opzioni che si possono scegliere: periodi si studio, perfezionamento nella ricerca, alta formazione, stage professionali e volontariato. Per chi volesse partecipare a Masa, può fare richiesta di una borsa di studio, il cui importo dipenderà dall’età e dalla lunghezza del programma scelto, che può anche essere per un periodo tempo ridotto (5 o 10 mesi), prima di decidere se prolungare l’esperienza oppure tornare nella propria città con un maggior bagaglio umano e culturale. L’obiettivo è rafforzare l’identità ebraica e cementare quel ponte ideale fra gli ebrei italiani e Israele. DAVID SPAGNOLETTO in alcuni casi entusiasmo nell’incontrare personalmente i giovani imprenditori al lavoro, pronti a spiegare le proprie idee. Il messaggio che i ragazzi del Liceo Levi hanno ricevuto è che c’è un “mondo nuovo” alla loro portata, ma che occorrono impegno e competenze per farne parte. Molto significativa la frase “l’educazione costa, ma l’ignoranza costa molto di più” Stiamo già preparando nuove attività dedicate ai liceali e, al tempo stesso, non vogliamo trascurare i contatti internazionali; sia per la formazione dei nostri ragazzi all’estero che per la possibilità di ospitare a Roma ragazzi provenienti da altri paesi. La presenza all’incontro della Jewish Television, emittente televisiva diffusa in molte comunità ebraiche europee, che ha girato un servizio sull’iniziativa lascia ben sperare. MARIO VENEZIA, Vice Presidente Benè Berith Roma C M Y CM MY CY CMY K 44 Il tuo futuro è qui. Oltre 250 programmi in Israele per i giovani ebrei fra i 18 e i 30 anni Contatti: Gilad Peled 349 251 6993 [email protected] www.masaitalia.org Masa Israele è un progetto del governo Israeliano e dell’Agenzia Ebraica ed é reso possibile grazie al generoso cotributo del Keren Hayesod Rispetto e dialogo fra ebraismo e cristianesimo Ribaditi nell’incontro tra papa Bergoglio e una delegazione dell’American Jewish Commitee con riferimento alle comuni origini delle due religioni; l’intensificazione della collaborazione nella carità; una crescente attenzione per i giovani e soprattutto per l’educazione al dialogo. Non sono mancati riferimenti al prossimo viaggio di Bergoglio in Israele: il Papa ha chiesto all’AJC di accompagnarlo “con la preghiera, affinché questo pellegrinaggio porti frutti di comunione, di speranza e di pace”. Rosen non ha esitato a prevedere per questa visita uno storico successo, visto che Francesco è apprezzato tanto in Israele quanto presso i palestinesi e altre popolazioni arabe. L’entusiasmo per questo incontro ufficiale è stato confermato dal successivo ricevimento, svoltosi in un hotel del centro di Roma, a cui hanno preso parte le più importanti personalità dell’ebraismo italiano, tra cui il Presidente UCEI Renzo Gattegna, il Presidente della Comunità di Roma Riccardo Pacifici e quello di Firenze Joseph Levi, il Rabbino Capo della Capitale Riccardo Di Segni. Intervistata da Shalom, la rappresentante in Italia dell’AJC Lisa Palmieri Billig si è detta molto soddisfatta di questo vertice. Tra i suoi compiti il dialogo interreligioso e la lotta al razzismo e all’antisemitismo costituiscono gli aspetti principali: “L’AJC è forse l’unica organizzazione ebraica che mantiene a altissimo livello non solo i rapporti degli ebrei con musulmani e cattolici, ma anche con indù, buddisti e altre religioni” ha sottolineato con orgoglio. Ha descritto il suo lavoro di continuo tramite tra l’Europa e gli Stati Uniti, la frequente organizzazione di convegni ed eventi in Italia e all’estero, lo svolgimento del delicato compito di mediazione tra le istituzioni, le comunità ebraiche e il Vaticano. Ha poi concluso il quadro delle attività dell’AJC affermando che “noi pensiamo che la pace si fa mettendo d’accordo tutti, quindi cerchiamo ogni forma di dialogo.” D. T. P.A.C.E. Una squadra di specialisti pronti ad ogni emergenza Un nuovo Sefer Torà per il tempio Beth Yeudah Volontari e professionali per fornire assistenza e aiuto Donato dalla famiglia Perugia in memoria del Prof. Lamberto È finita l’emergenza Tevere, ma non si ferma il lavoro di P.A.C.E. (Pool Anticrisi della Comunità Ebraica), un gruppo di circa 40 persone - tra volontari e personale dipendente - coordinati da David Barda, sotto la supervisione del responsabile della sicurezza Gianni Zarfati. “Tutte persone – spiega Zarfati – preparate attraverso corsi specifici ad operare e ad assistere nella grandi come nelle piccole emergenze, e che sono attive e intervengono nel giro di pochi minuti grazie ad uno scambio di informazioni per Sms, web e telefono”. Lo si è visto quando il Tevere minacciava di allagare le zone limitofe al Tempio Maggiore e quando gli uomini del P.A.C.E., in una notte di lavoro al termine di uno shabbat, hanno provveduto a mettere in salvo oggetti e beni del Museo Ebraico e del tempio spagnolo: libri, talledot, antichi manoscritti, pergamente, tessuti. Tutto, compresi gli arredi sono stati portati ad altezza di sicurezza. Poi si è provveduto a posizionare i sacchi di sabbia per fermare possibili rigurgiti di acque. “Questo gruppo – sottolinea Zarfati – opera sempre in stretta collaborazione sia con le Forze dell’Ordine sia con la Protezione Civile e con la Prefettura e presta la sua opera anche in occasione di eventi o incontri con molta partecipazione di pubblico, come nel caso delle grandi festività ebraiche, o come in occasione della Festa della Letteratura Ebraica e la Notte della Cabbalà. È un gruppo estremamanete professionale in grado di intervenire e fornire aiuto e assistenza”. Per aderire al P.A.C.E. è necessario seguire un tirocinio su sicurezza e gestione delle emergenze. Coloro che sono interessati possono chiedere informazioni al num. 06.68400671/2. I l 28 Gennaio è stato donato un nuovo Sefer Torah al tempio della scuola ‘Beth Yeudah’ da parte della famiglia Perugia, in memoria del Prof. Lamberto Perugia, scomparso lo scorso anno. La cerimonia si è svolta nel cortile della scuola alla presenza degli alunni, degli assessori e ovviamente della famiglia Perugia; sono stati proprio il figlio Dario e sua sorella i primi a ricordare loro padre con grande affetto e commozione e a ringraziare gli alunni per la grande mitzvà che svolgono andando tutte le mattine al tempio a fare tefillah, sperando che questo sefer li induca ad avvicinarsi sempre più alla Torah. Tra la gioia, i canti e i balli che hanno riempito questa cerimonia non potevano mancare i discorsi del presidente Pacifici e dei Rabanim Umberto Piperno e Della Rocca che hanno sottolineato come “il dono di questo sefer torà in un tempio dentro una scuola ebraica, dà una grande speranza”. Il Prof. Lamberto Perugia, fra i tanti incarichi, fu anche il medico ortopedico della squadra di calcio della Roma, all’insegna di un impegno professionale sia all’interno della società che al servizio di tutta la Comunità. GIORGIA CALÒ MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 I l dialogo interreligioso tra l’ebraismo e la Chiesa cattolica compie una nuova tappa. Una delegazione di 55 membri dell’American Jewish Committee, infatti, è stata ricevuta in udienza da Papa Francesco il 13 febbraio scorso nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano. Tra gli altri, vi erano il Presidente dell’AJC Stanley Bergman, il direttore esecutivo David Harris e la delegata per l'Italia e la Santa Sede Lisa Palmieri Billig. L’opera dell’AJC, che intrattiene da tempo un dialogo con la Santa Sede, è stata particolarmente apprezzata da Bergoglio, il quale ha evidenziato il “desiderio di rispetto e stima reciproci […] per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno”. È quanto hanno riferito con toni entusiastici nella conferenza stampa pomeridiana il rabbino David Rosen, Responsabile Internazionale del Dipartimento per gli Affari Interreligiosi dell’AJC e dell’Istituto per il Dialogo Interreligioso Internazionale di Heilbrunn, e il padre Norbert Hofmann, Segretario della Commissione Pontificia per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, moderati da padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Rosen si è soffermato sul crescente dialogo tra ebraismo e cattolicesimo dal Concilio Vaticano II, dal ruolo determinante avuto dal documento della Nostra Aetate (di cui quest’anno ricorre il 50° anniversario) ai gesti dei Pontefici che si sono susseguiti in questi decenni; tuttavia, ha individuato in Papa Francesco un interlocutore speciale, in virtù dell’impegno e dell’amicizia che lo legano al popolo ebraico. Proprio con questo Pontefice si ritiene da parte dell’AJC che il dialogo ebraico-cristiano possa offrire risultati ancora più soddisfacenti e nuove sinergie per progetti comuni. Hofmann ha definito questo incontro una “riunione di famiglia” che ha aumentato la fiducia reciproca, sintetizzando il discorso del Papa in tre punti: la dimensione teologica del dialogo, 45 ROMA EBRAICA ‘Boss in incognito, l’avventura di David Hassan Protagonista di un reality show su Rai2, il suo motto come imprenditore è: ‘Guadagnare insieme alle persone, non sulle persone’ L unedì 27 gennaio è andata in onda, su Rai2, la prima puntata di “Boss in incognito”: reality show in cui i dirigenti di alcune aziende si introducono nelle loro fabbriche sotto mentite spoglie (ad esempio, nelle vesti di operaio, magazziniere, autista, commesso, etc.). Il fulcro del programma è quello di far capire all'imprenditore i punti di forza e le debolezze del proprio impero visto “dal basso”. Il protagonista della prima puntata è stato David Hassan, presidente dell'azienda che produce i famosissimi brand “David Sadler” e “7Camicie”. L'imprenditore, sposato con Ronit e padre di cinque figli (Leone, Alfredo, Linda, Elena e Alexandra), si dimostra un boss dal cuore tenero, trasformandosi in “Eddy” ed emozionando il pubblico da casa già dai primi minuti della puntata dove ha parlato del fratello defunto, Wicky Hassan, a cui ha dedicato quest'avventura e della sua vita che nel 1967 è inesorabilmente cambiata a causa della “cacciata degli ebrei” dalla Libia, dove viveva con i genitori e i fratelli. La sua colpa? Essere ebreo. Arrivato in Italia, all'età di 8 anni, ha iniziato a vendere gelati al cinema per pagarsi la scuola. I soldi mancavano e per necessità ha intrapreso diversi mestieri come quella del benzinaio, il ragazzo di bottega, il magazziniere, il commesso e, infine, grazie anche al fratello Wicky, il direttore di negozio. Il suo motto è sempre stato “Per guadagnare bisogna far guadagnare. Guadagnare insieme alle persone, non sulle persone”. In questo periodo caratterizzato dalla crisi, David ripete che per mantenere a galla la propria azienda deve puntare su una produzione impeccabile, senza incappare in errori. Si denota una forte ricerca di perfezione nello svolgere il proprio lavoro. Alla fine della puntata, oltre ad aver assunto una maggiore consapevolezza riguardo alla sua azienda, David è conscio che è proprio grazie ai suoi dipendenti se è riuscito a capire quali sono i punti deboli su cui intervenire. Proprio per questo, ha deciso di premiare i più meritevoli. “Boss in incognito”, è di sicuro un reality che ha messo in risalto le sue qualità da imprenditore e soprattutto il suo lato umano e una spiccata sensibilità. M. S. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Corso di Tefillà didattica al Tempio Bet Michael 46 Vi è mai capitato di andare al tempio e di sentirvi persi perché non si sa cosa succede intorno a voi? Ogni Shabbat al Tempio Bet Michael (via di Villa Pamphili, 71/C), dalle 09.45 alle 10.25, si impara come pregare e il significato delle tefillot insieme a Gadi Piperno, Ester Di Segni, Ariel Calò e rav Amedeo Spagnoletto. Questo il programma delle lezioni: 2. Risveglio e Modè Ani, con Ester Di Segni (22 marzo) 1. Struttura della Tefillà della mattina, con Gadi Piperno (15 marzo) 6. Shemà, con Gadi Piperno (24 maggio) 3. Berachot hashachar e Birchat hatorà, con rav Amedeo Spagnoletto (12 aprile) 4Baruch Sheamar - Pesukè dezimrà, con Ariel Calò (3 maggio) 5.Berachot dello yotzer, con Ariel Calò (10 maggio) 7. Amidà, con Ester Di Segni (7 giugno) Mentana superstar Incontro ricco di riflessioni nella serata promossa dai movimenti giovanili E ntra nel salone del Pitigliani Enrico Mentana e parte subito un applauso scrosciante dalla platea che riempie tutti i posti a sedere, con tanta gente in piedi. Si tratta di una serata organizzata dall’assessore alle politiche giovanili Giordana Moscati che, con le giovani leve della Comunità e il Centro di Cultura, si è spesa con tanta energia per lo svolgimento dell’evento. Il direttore del TG LA7 si siede sul palco con accanto Fabio Perugia al microfono, conduttore della serata, che si preannuncia ricca di retroscena, visto il calibro del giornalista ospitato. Si parte dalle domande del pubblico sul difficile ricambio generazionale che investe il Paese, sul dramma dei giovani a entrare nel mondo del lavoro. Esordisce l’anchorman: “La situazione è precaria, il posto fisso diviene realtà solo per una parte minoritaria. Così l’Italia ha ristretto i suoi orizzonti. Cosa c’è di più violento di impedire a una generazione di avere prospettive per il futuro?” Spiega alla folta platea come è cambiato il mondo mediatico da quando esordì nel 1980 al TG1: “A quei tempi chi voleva affermarsi nel campo mediatico aveva molte opportunità. Mentre oggi ci sono molti più giornalisti e giornali più di quanto ci sia bisogno. D’altronde la funzione di mediazione giornalistica si è ridotta oggi con il moltiplicarsi di accesso alle notizie sul web”. E’ un Mentana, come al solito vibrante, senza peli sulla lingua, come siamo abituati a vederlo nei teleschermi. Così la serata scorre tra aneddoti e ricordi di giornalismo televisivo. Non mancano racconti del primo incontro con Berlusconi quando nel 1992 gli affidò la direzione del neonato TG5 e delle differenze tra televisione pubblica e privata. Dalla conversazione viene fuori anche qualche confessione personale, quando conferma di non avere la patente di guida e, mentre gusta un ginetto e un biscottino di Boccione sul divano rosso posto al centro del palco, quando ammette la debolezza del suo palato per la cucina giudaica romanesca con le abituali frequentazioni dei locali del Portico d’Ottavia. C’è anche il tempo per rivelare le sue origini ebraiche materne, e spiegare il fenomeno italiano di feeling esistente tra le comunità ebraiche e le Istituzioni, dovuto secondo lui anche a un presidente della Repubblica da sempre sensibile agli umori e ai sentimenti del mondo ebraico. Mentre suonano le note dolci del pianista che introduce le domande del pubblico, il direttore e conduttore del TG LA7 rivela anche che questa esperienza che lo vede protagonista “potrebbe essere l’ultimo lavoro, prima di andare sulle panchine dei giardinetti”. JONATAN DELLA ROCCA 100 anni... e non sentirli! Buon compleanno a Elvira Piperno D omenica 9 febbraio, nella splendida cornice del Pitigliani, si è svolto il centesimo compleanno della signora Elvira Piperno. Tra i presenti il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e il Rabbino Capo Riccardo Di Segni che hanno espresso dei calorosi auguri alla festeggiata. Ad accogliere gli invitati, una video-sequenza di foto riguardanti la vita di Elvira tra la famiglia, i viaggi fatti, l'amore incondizionato per il marito e la sua grande discendenza. Un flashback riguardante la sua vita tra la prima e la seconda metà Le regine delle elementari? Le cuoche! Non è facile preparare tanti pasti, avendo cura ed attenzione anche ai ragazzi celiaci o alle intolleranze alimentari del Novecento per poi ritornare al presente e alle grandi feste insieme ai figli, ai nipoti e ai pronipoti sempre vicini. Tra le tante lettere interpretate dai presenti, spicca quella di Salvino Glam, amico di famiglia, che l’ha definita sentitamente una donna “benedetta da Dio”. Una donna che è riuscita a costruire una famiglia numerosa dopo essere rimasta sola a causa della Shoah. Una donna che si è rimboccata le maniche per ricominciare a vivere, perché in ogni caso, purtroppo, la vita deve andare avanti. Elvira è riuscita a salvarsi grazie alle autorità vaticane che le hanno fornito dei documenti falsi per lei ed il marito, cambiandogli il cognome da “Terracina” (da sposata) in “Bonacina”. Con un camion, la coppia Terracina è arrivata in incognito nella cittadina di Todi e, dopo aver passato una notte sotto i freddi portici, è stata ospitata dalla famiglia Marra che ha tenuto Elvira e il marito al sicuro fino all'arrivo delle truppe alleate . Una famiglia gentilissima con cui ancora intrattiene ottimi rapporti. Dopo la liberazione, tornando a Roma, ebbe la terribile notizia riguardante la deportazione di tutta la sua famiglia, adulti e bambini. Al marito, invece, fu deportata una sorella con due figlie. Elvira è una donna che, nonostante gli ostacoli che la vita le ha posto davanti, ha continuato a vivere con grinta e tanta forza, donando ai propri figli una serena infanzia, senza gli spettri del passato. Hanno presenziato all'evento anche Rav Alberto Funaro e Rav Enzo Di Castro che le hanno dato la berachà. Tra le sentite parole di Rav Di Castro, spiccano gli auguri che hanno più emozionato i presenti. “Ad mea veEsrim (fino a centoventi anni) circondata dalla serenità e dall'amore della tua famiglia!”, conclude il Rav ed è proprio la famiglia il suo punto di forza. Un nucleo formato dai suoi figli con sette nipoti e tredici stupendi pronipoti al seguito! Ciò che ha passato questa piccola grande donna fornisce a noi un racconto straordinario su un'epoca. Un racconto finito in una sorta di libro immaginario e chi accumula libri, come scrisse anni fa Ugo Ojetti: “accumula desideri; e chi ha molti desideri è molto giovane, anche a ottant'anni”. O a cento, perché no? M. S. MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 5774 D a che mondo è mondo, le madri di famiglia vengono comunemente chiamate “le regine della casa”, un po’ come anche le fantastiche cuoche che preparano con cura ogni pasto ai bambini della scuola elementare Vittorio Polacco, a Roma. Giorni fa sono andata quindi a conoscerle di persona: Enrica Sonnino, Ines Fellman, Antonella Lo Iacono, Velia Di Veroli, Rossella Volterra e Rosi Tivoli. 6 donne con una forza incredibile, caratterizzata dall'armonia che riescono a creare nelle cucine, superando ogni giorno lavorativo con tutta la grinta e la passione necessaria... E ce ne vuole tanta per arrivare a “cucinare un totale di 90kg di pasta a settimana”, come ci racconta Velia. Milena Pavoncello, la direttrice della scuola, ogni mese stila un menù da seguire (diviso ovviamente in “estivo” e “invernale”). Durante i mesi più freddi servono spesso minestre mentre, quando le temperature si fanno più miti, a fare da padrone a tavola sono le paste fredde e il riso al forno. Molti sono i casi di allergia o di celiachia tra i ragazzi, problematiche che meritano un’attenzione particolare da parte delle cuoche, con differenziazioni sia di cibo che di pentole: “C'è chi è allergico al pesce, chi all'uovo e chi alla carne. Noi ad ogni pasto che prepariamo, come la pasta al sugo, mettiamo l'alternativa della pasta in bianco”, spiega Enrica. Ho chiesto loro se aiutano i bambini a servirsi e la signora Rossella, con un grande sorriso, mi racconta: “io ed Enrica portiamo il primo e aiutiamo i bambini a servirsi, soprattutto i più piccoli, mentre per il secondo ed il contorno ci pensano le morot. Ovviamente rimaniamo disponibili per ogni evenienza e molte volte invogliamo anche i bambini a mangiare”. Grazie ai consigli della dietista, c'è una rigida suddivisione delle pietanze settimanali: “Tecnicamente – racconta Antonella - all'interno del regime alimentare dovremmo inserire un giorno di pesce, ma in realtà facciamo solamente pollo, carne e uovo. Il motivo di questa scelta è dato dai bambini allergici al pesce che potrebbero andare in shock anafilattico anche solo con i vapori che provengono dalla cucina.” Rosi ci tiene ad aggiungere che fortunatamente non hanno mai avuto casi di shock anafilattici, ma hanno tutte le certificazioni che attestano ogni piccola allergia dei bambini. Dopo l'intervista sia le cuoche che le addette della mensa si divertono a ricordare gli eventi passati a cui hanno preso parte, fuori dal loro lavoro. Tra le tante iniziative, quelle che sono rimaste nel cuore di tutte sono state le Maccabiadi a Roma dove “abbiamo preparato per primo la pasta all'arrabbiata e per secondo tante frittate di verdure tutte diverse tra loro”, come rievoca Rossella con gli occhi lucidi dall'emozione e l'evento di Pesach in cui le persone venivano a mangiare di Kol HaMoed, le cuoche preparavano anche pasti a portar via e tante pizzarelle con il miele per tutti! M. S. 47 DOVE E QUANDO MARZO 15 16 19.30 Centro Le Palme 17 20.00 Tempio dei Giovani 19 10.00 Adei Wizo Lettura della Meghillà di Ester S A B A T O con Rav Gad Eldad ------------------------------------------------- 30 Domenica è sempre Pitigliani: DOMENICA Tra mito e realtà 11.00 Centro Bibliografico Tullia Zevi 9.30 Centro Le Palme Diploma Universitario triennale in Cultura Ebraica-UCEI Corso di Etica Medica Ebraica Lezione del Dr. Cesare Efrati Nuova lettura della Meghillà ore 16.30 - Festa alle Palme: DOMENICA Purim in allegria ------------------------------------------------- 18.00 Centro di Cultura Ebraica Ciclo di incontri di etica medica L U N E D I ebraica: Medicine e kasherut con Ariel Di Porto ------------------------------------------------Incontro di Torà con Rav Chajm MERCOLEDI Vittorio Della Rocca 15.00 Adei Wizo “Gran burraco di primavera”, torneo di burraco aperto a tutti 31 24 26 MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 MERCOLEDI 48 27 10.45 Adei Wizo Scuderie del Quirinale, Via XXIV Quanto è buona la pizza! mostra “Frida Kahlo” con la Dott.ssa Sara Procaccia. Info e prenotazioni in sede 20.00 Centro di Cultura Ebraica 20.00 Tempio dei Giovani Ciclo I doveri del cuore: Il precetto di amare e il divieto di mortificare con Roberto Colombo. Cena + lezione. Prenotazione obbligatoria. Info: 06 5897589 [email protected] ------------------------------------------------- 20.00 Tempio dei Giovani Ciclo di incontri di etica medica ebraica: L’etica medica durante la Shoah con Rav Amedeo Spagnoletto ------------------------------------------------- Ciclo di incontri di etica medica ebraica: Psichiatria e etica medica con Prof. Gavriel Levi APRILE 02 16.00 Centro di Cultura Ebraica Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio 16. Visita guidata alla mostra “Frida Kahlo” con Cesare Terracina. Posti limitati, info e prenotazioni: 06 5897589 – Ciclo I doveri del cuore: Zedakà e ghemilut chasadim. Carità, assistenza e generosità: dare senza ricevere nulla in cambio con Gianfranco Di Segni. Cena + lezione. Prenotazione obbligatoria. ------------------------------------------------- 17.00 Centro Le Palme 20.30 Il Pitigliani Ciclo d’incontri Israel Oggi: Quali media per un Israele moderno con Carmel Luzzati in collaborazione con Sochnut Keren Ha yesod ------------------------------------------------ 20.00 Centro di Cultura Ebraica 03 Psyko – Sushi: talk show e mojito Con Stefania Supino e David Meghnagi Ciclo I doveri del cuore: Il dovere di ammonire il prossimo con Riccardo Di Segni. Cena + lezione. Prenotazione obbligatoria. ------------------------------------------------- 9.30-17.00 Il Pitigliani Seminario Le categorie di Yad va G I O V E D I shem: Giusti, Carnefici, Indifferenti con Yftach Ashkenazi, Sergio Della Pergola, Roberto Olla, Liliana Picciotto in collaborazione con Uil Scuola – Irase - Yad Vashem - Progetto memoria - Cdec 16.30 Centro Le Palme 21.00 Il Pitigliani S A B A T O party. Presenta David Parenzo. 10.00 Adei Wizo Incontro di Torà con Rav Vittorio Della Rocca MERCOLEDI 20.00 Centro di Cultura Ebraica La Paraschà della settimana G I O V E D I spiegata dal M.o Roberto Di Veroli: Tazrià 29 Jewish Community Center, via Cesare Balbo, 33 Il violinista sul Tevere concerto spettacolo dell’Orchestra Popolare Romana. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Info 06 5897589 [email protected] ------------------------------------------------ L U N E D I Maggio 16 Visita guidata alla 17.30 Centro Le Palme LUNEDI 11.00 Il Pitigliani 07 I dolci kasher Le Pesach: Non solo ciambellette ------------------------------------------------- 20.00 Tempio dei Giovani Ciclo di incontri di etica medica L U N E D I ebraica: Stato, comunità e diritti 10 del malato con Rav U. Piperno ------------------------------------------------- 20.30 Il Pitigliani Il Talmud e i suoi maestri: 2° incontro con Rav Benedetto GIOVEDI Carucci Viterbi ------------------------------------------------- 13 16.30 Centro Le Palme Conversazione con M.o. Roberto DOMENICA Di Veroli in occasione della festività di Pesach > A CURA DEL CENTRO DI CULTURA EBRAICA < APPUNTAMENTI ADEI Proseguono i lunedì del burraco: 17-24-31 marzo, 7 aprile. In sede 15.00 IL PITIGLIANI Il nostro pesach: Dal 1 al 13 aprile potrai fare le ciambellette! 14 e 15 aprile i tradizionali sedarim prenotati [email protected] Gruppo Ghimel: giovedì alle 16.30 Programmi educativi: Domeniche di Ebraismo: continuano gli imperdibili incontri di attività e giochi per delineare e rafforzare la nostra identità ebraica e imparare l’ebraico! prossimi incontri: 30 marzo e il 6 aprile facciamo le ciambellette! Pranzo incluso Info e prenotazioni: domenicheebraismo @pitigliani.it Roberta 3395641847 065800539 - 065897756 (Giorgia) Open Day: giovedì 10 aprile a partire dalle 16.00, attività manuali e giochi didattici sulla festa Info e prenotazioni: 065800539 - 065897756 (Giorgia) SHABAT SHALOM Parashà: Sheminì Venerdì 21 MARZO Nerot Shabath: h. 18:05 Sabato 22 MARZO Mozè Shabath: h. 19:09 --------------------------------------------------Parashà: Tazria Venerdì 28 MARZO Nerot Shabath: h. 18.13 Sabato 29 MARZO Mozè Shabath: h. 19.17 --------------------------------------------------Parashà: Metzorà Venerdì 4 APRILE Nerot Shabath: h. 18.20 Sabato 5 APRILE Mozè Shabath: h. 20.24 --------------------------------------------------Parashà: Acharé Mot Venerdì 11 APRILE Nerot Shabath: h. 19.28 Sabato 12 APRILE Mozè Shabath: h. 20.32 NASCITE Daniele, Nathan Astrologo di Fabio e Susanna Limentani David Yaron Astrologo di Stefano e Scilla Piazza o Sed Marco, Moshe Ittiel Del Monte di Angelo e Ariela Di Porto Josh Bondì di Enzo e Rachel Terracina Michal, Mara Mieli di Marco e Silvia, Haia Galbiati Fabio Porcelli di Daniele e Fabiana Di Veroli Angelo Sonnino di David e Giada Della Rocca Nathan Ascarelli di Daniele e Valentina Armetta Aharon, Chaim Moscati di Emanuele e Giorgia Aboaf Rachel Mantin di Haim Vittorio e Barbara Frascati BAR-BAT MIZVÀ Thomas Manasse di Vittorio e Claudia Ascarelli Giordana Spizzichino di Pacifico e Rossella Anav Angelo Terracina di Cesare e Ruth Di Veroli Michal Perugia di Angelo e Federica Zarfati Daniele Mieli di Stefano e Alumà Kedar PARTECIPAZIONI BIRCHONIM LIBRETTI Mazal Tov LITOS ROMA MATRIMONI Fulvio Di Porto – Miriam Zarfati ... ringrazia la Signora Elvira Piperno Terracina che in occasione del suo 100° compleanno ha deciso di devolvere alla Deputazione quanto destinato ai suoi regali. Alla Signora Elvira e a tutta la sua bellissima famiglia un affettuoso Mazal Tov per questo splendido traguardo raggiunto. ... ringrazia Roberto e Piera Frascati per aver devoluto quanto destinato ai loro regali in occasione delle loro Nozze d’Oro al sostegno delle famiglie assistite. A Roberto e Piera tantissimi auguri di tanta altra felicità ancora insieme. ... ringrazia Bruno e Manuela Calò per aver devoluto in occasione delle loro Nozze d’Argento quanto destinato ai loro regali al sostegno delle famiglie in difficoltà della nostra Comunità. A Bruno e Manuela un grandissimo Mazal Tov per questo splendido traguardo raggiunto. I DOVERI DEL CUORE Il rapporto interpersonale nella tradizione ebraica Il precetto di amare e il divieto di mortificare. (Roberto Colombo) Mercoledì 19 marzo 2014 - ore 20.00 Zedakà e ghemilut chasadim. Carità, assistenza e generosità: dare senza ricevere nulla in cambio. (Gianfranco Di Segni) Mercoledì 26 marzo 2014 - ore 20.00 Il dovere di ammonire il prossimo. (Riccardo Di Segni) Mercoledì 2 aprile 2014 - ore 20.00 Il chassidismo e il rapporto con il prossimo (Shalom Hazan) Mercoledì 7 maggio 2014 - ore 20.00 Il Musar e il rapporto con il prossimo. La relazione tra il dovere razionale e la motivazione psicologica nell’applicazione delle norme della Torah. (Alfonso Arbib) Giovedì 15 maggio 2014 - ore 20.00 Kosher business. L’etica ebraica nel mondo del lavoro. (Gheula Cannarutto) Mercoledì 21 maggio 2014 - ore 20.00 Leshòn harà. L’educazione della parola. (Benedetto Carucci Viterbi) Mercoledì 28 maggio 2014 - ore 20.00 La relazione interpersonale come metodo di cura: tradizione ebraica e psicoterapia (Gianni Yoav Dattilo) Mercoledì 11 giugno 2014 - ore 20.00 Ogni lezione si terrà in uno dei ristoranti kasher della zona del Portico d’Ottavia. Il costo, comprensivo della cena, è di € 16.00 per ogni incontro. Posti limitati. Prenotazione obbligatoria entro il lunedì precedente la lezione allo 06.5897589 oppure a [email protected] AUGURI Piero Milano, membro del Collegio dei Revisori dei conti della Comunità ebraica, è recentemente diventato nonno. Il 28 gennaio è nato a Gerusalemme Adam, figlio di Pawel Maciejko e di Gioia Milano. Ai genitori e ai nonni gli auguri della redazione. Carissimi auguri a Diana Di Segni che il 4 febbraio, 4 Adar rishòn, ha conseguito il dottorato in Filosofia presso l’Università di Colonia, discutendo una tesi dal titolo “Moses Maimonides and the Latin Middle Ages. Critical Edition of Dux neutrorum I.” Bar mitzvà per 30 bambini bisognosi Il Movimento Chabad di Roma promuove una campagna di aiuto a favore di 30 bambini bisognosi in Israele che devono festeggiare il loro bar mitzvà il prossimo 26 maggio al kotel di Gerusalemme. Perché ciò sia possibile è stata lanciata una sottoscrizione e chiunque potrà sostenere questi ragazzi. Chabad Lubavitch di Roma si occupa di fornire tutto il necessario. Ogni contributo è ben accetto. Per ulteriori informazioni, rivolgersi a Rav Hazan o a Lillo Naman 0686324176 [email protected] La redazione di Shalom si stringe con affetto alla collega Nathanya Di Porto, per la scomparsa della mammma Grazia Veneziano La direzione esprime sincere condoglianze alle famiglie Veneziano e Di Porto. CI HANNO LASCIATO Samuele, Leandro Abbina 19/10/1931 – 15/02/2014 Aldo Astrologo 17/05/1948 – 17/02/2014 Ester Astrologo ved. Cangeli 08/07/1935 – 30/01/2014 Fernando Astrologo 08/10/1935 – 20/01/2014 Arlette Cohen ved. Bigio 06/03/1928 – 12/02/2014 Sonia Di Consiglio Di Simone 09/06/1971 – 20/01/2014 Franco Di Segni 07/02/1944 – 06/02/2014 Fabrizio Di Veroli 26/12/1968 – 10/02/2014 Claudio Fiano 02/10/1943 – 09/02/2014 Marcello Segrè 27/11/1923 - 08/02/2014 Mario Spizzichino 18/11/1928 – 02/02/2014 Perla Emma Tedeschi ved. Del Monte 05/08/1921 – 17/01/2014 Betta Vivanti 21/08/1927 – 19/01/2014 Celeste Vivanti ved. Calò 23/02/1930 - 04/02/2014 IFI 00153 ROMA - VIA ROMA LIBERA, 12 A TEL. 06 58.10.000 FAX 06 58.36.38.55 MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 LA DEPUTAZIONE EBRAICA... 49 LETTERE AL DIRETTORE vocedeilettori La Un super lettore Egregi Amici, avete la fotocopia della ricevuta postale di € 60 per l’avvenuto mio versamento di tale importo, quale abbonamento anno 2014 al mensile SHALOM. Ho 101 anni d’età, sono ben vivo e lucido e m’interesso della situazione d’Israele, molto più di quanto mi interessi della situazione critica d’Italia. Mi congratulo con voi che avete elevato il valore e l’importanza di tale mensile e vi ringrazio. UGO SERGIO JONA MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Lettera ad una sconosciuta Cara sconosciuta, ti scrivo tramite Shalom, per chiederti di aiutarmi. Molti anni fa, esattamente nel marzo del 1944 ero con le mie sorelle ed i miei genitori, ospite di mia zia Gemma, per sfuggire ai nazisti, in via Madonna dei Monti. Mio nonno Mosè, che io adoravo, usava portare una catena legata al suo gilet, una manina (forse d’argento) ed un orologio. Io, che ero molto giovane, m’innamorai di quella manina e chiesi a mio nonno Mosè di regalarmela. Immediatamente egli la sganciò dalla catena del gilet e me la diede. Zia Clara (sua figlia 26 anni) lo rimproverò, perché lei gliel’aveva chiesta tante volte, ma egli non gliene aveva mai fatto dono. Inutile dirti come ci rimasi male, non fui capace di dirle semplicemente: cara zia, non m’importa, prendila tu! Io amavo molto zia Clara, ma ero troppo giovane e non fui capace di dire nulla, così mi tenni il dono di mio nonno. Pochi giorni dopo, disgraziatamente, mio nonno con i 3 figli e 3 nipoti, verrà fucilato alle Fosse Ardeatine. Mentre mia zia Clara, insieme ai 2 bimbi (Giuliana 3 anni e Giovanni 18 giorni) verranno deportati ed uccisi ad Auschwitz. Puoi immaginare quanto ancora più cara mi diventò quella manina. La tenevo sempre al collo e me ne separavo solo quando facevo il bagno. E fu proprio in uno di questi momenti che una mano sconosciuta me la portò via, insieme ad un anello d’oro con una bella acquamarina, donatami da mio padre per il mio compleanno. Amica cara, tu eri anche più giovane di me e certamente non hai pesato al dispiacere che mi davi. Sono certa che non l’hai fatto per avidità, ma per ingenuità. Che voglio ora dopo 70 anni? Ho sempre pensato che tu non l’avrai né venduta né regalata. Io la porto ancora nel mio cuore. Se per caso (io lo spero) tu la possiedi ancora, potresti spedirmela in un pacchettino anonimo? L’anello di mio padre, non m’importa, ma la manina, vorrei regalarla a mio figlio ed ai nipotini. GIULIA SPIZZICHINO 50 Un grazie a due anziane suore Caro Direttore, tramite Shalom vorrei pubblicare questo ringraziamento alle suore del Bambino Gesù di via Lattanzio: suor Mery e Marina. Nel convento vennero a conoscenza dalla madre superiora Romualda Cesarini, grazie anche agli scritti lasciati nel periodo della guerra 1942 – 1945, che avevano nascosto famiglie ebree, anche me ed i miei fratelli. Suor Marina e suor Mery con il cuore hanno approfondito la storia di cosa era successo e accaduto agli ebrei. Loro tutt’oggi si dedicano a far conoscere ai ragazzi delle scuole il significato della Shoà e a del popolo ebraico. Io ne sono testimone. Grazie suor Mery e suor Marina. P.R. Quando la parola Fariseo ha un significato dispregiativo Gentile Redazione di Shalom vi scrivo in merito ad una notizia che ho ascoltato al telegiornale [email protected] regionale di RAI 3. Ho appreso che è in programma al Salone Margherita, e poi anche in altri teatri, uno musical dal titolo “Wojtyla generation Opera Musical” relativo alla generazione dei Papaboys e agli eventi a cui i giovani presero parte durante il pontificato di Papa Wojtyla; regia di Raffaele Avallone. Fin qui nulla di male. Apprendo poi che nella trama del musical il gruppo dei Papa boys si scontra con una Band opposta, denominata “Band dei Farisei”; nel timore di aver compreso male faccio le mie verifiche su un sito internet e trovo una conferma di quanto ascoltato, che la banda opposta a quella dei Papa Boys, la “Band dei Farisei”, è composta da loro coetanei che hanno fatto “dell’apparire, della violenza, della droga e del potere” il proprio idolo. Lo spettacolo ha già avuto il suo debutto in Spagna riscuotendo successo di pubblico e di critica. Ecco, mi sono venuti in mente tutti gli sforzi compiuti e il tempo necessario per scalfire inveterati pregiudizi fondati su una secolare ignoranza e come poi, contando proprio sulla costante dell’ignoranza, questi pregiudizi tanto velocemente siano di nuovo propalati. Lo segnalo affinché si possa approfondire, come e perché si sia potuto autorizzare l’utilizzo improprio di questo nome nel musical, nella speranza che si possano inoltrare le proteste a chi di dovere. Non si tratta di correggere un modo di dire o una espressione impropriamente utilizzata da un singolo, a cui si può spiegare il perché della correzione, ma di bloccare un utilizzo della parola Farisei così consegnata ad un pubblico ampio in modo subdolo, contando proprio sull’ignoranza dell’esatto significato del termine; usato stavolta non più solo come sinonimo di ipocrita (nell’accezione in cui talvolta duole ancora ascoltarlo anche da persone di media cultura), ma come nome che identifica un gruppo di giovani cattivi, violenti, ingannatori e malvagi. In perfetta sintonia con l’antigiudaismo di un tempo e con le novità di questi tempi questi tempi che procedono a base di slogan, banalità e dannose semplificazioni. Grazie per l’attenzione. CLAUDIA DI CAVE Un piccolo indennizzo per una enorme sofferenza Attraverso la redazione di Shalom avrei tanto piacere di poter ringraziare l’America per il gesto encomiabile (cioè l’indennizzo) che ci ha riconosciuto, a me e nei confronti dei miei coetanei. All’epoca eravamo dei bambini soli e indifesi. Quanto abbiamo sofferto? La nostra infanzia perduta e mai restituita. Non si può restituire tutto ciò. L’America ha capito tutto ciò. Io, grazie a D-o, ho potuto riabbracciare mia madre. Piango tutti gli altri che non hanno avuto la mia stessa “fortuna”. Distinti saluti. ROSA DI VEROLI L’ingordigia delle falchette Eccole là! Tutte belle ingioiellate con l’oro di Roma, l’oro degli ebrei, ancora. Vi prego. Pubblicate questa mia lettera affinché tanti di noi che rincorrono la piccola pensione della Claims non vengano defraudati di 5, 6 o 7 mesi di pensione, da falchette vestite da ebree, ma che non lo sono, di fatto. Io mi sono rifiutata di pagare un totale di € 1800 per una pratica, che secondo la Claims Conference è “gratis” (eccetto le loro spese) ed ho pagato “solo” 800 euro che comunque sono molte, moltissime. Tengo a stento a freno il mio istinto. Ma vi prego di aiutare, coloro per i quali in questi tempi meschini fanno di tutto per avere le 310 € di pensione. Se nessuno metterà freno alla loro ingordigia, provvederò in qualche maniera, provvederò. Grazie. GIULIA SPIZZICHINO Una storia che mi ha commosso Caro Direttore, quest’anno più che mai sono riandato con la memoria alle tragiche giornate dell’ottobre ‘43, che, tra l’altro, hanno colpito miei carissimi famigliari. Leggendo stralci, finora, dell’importante libro di Anna Foa “Portico d’Ottavia 13”, mi ha profondamente commosso la vicenda di Marcella Perugia in Di Veroli, giovane sposa e madre di tre figli, che partorì un bimbo il 17 ottobre, l’indomani dell’arresto, al Collegio militare. Non è chiaro se il neonato, automaticamente dichiarato “nemico del Reich”, sia stato eleminato all’arrivo ad Auschwitz, o se qualcuno lo abbia sotratto a Roma. Il Padre Cesare Di Veroli, rimase a Velletri, dove la famiglia si era rifugiata, con l’altra bimba, Rebecca, di due anni, avendo la moglie desiderato andare a partorire a Roma. Mi rivolgo alla vostra per mettermi in contatto con lei, per esprimere il mio profondo affetto, con un messaggio, da Erez Israel, di speranza e di consolazione, per tutti noi, nel ricordo incancellabile dei nostri Martiri REUVEN RAVENNA REHOVOT - ISRAELE Cerco notizie Gentile Direttore, sono un ingegnere in pensione, appassionato lettore di libri antichi e perciò ero un abituale frequentatore delle bancarelle di libri usati a Fontanella Borghese. Su una di queste bancarelle, molti anni fa ho trovato un libricino che mi ha molto commosso, ‘I doveri della vita ebraica’, edito nel 1939, cioè in pieno periodo di persecuzioni razziali, con la firma a penna del ragazzino proprietario del libro, Gianfranco Polgar, con tutta una serie di scritte, schizzi e scarabocchi che possono dare una idea dell’età e della personalità del bambino. Sulla base di questi elementi, e sovrapponendovi i miei ricordi dell’epoca (nel 1943 avevo 14 anni) e le immagini orribili dei crimini nazisti, mi sono costruito un’immagine di quel bambino, e dei possibili percorsi della sua vita, che torna vivissima nella mia mente, con forte impatto emotivo, a ogni ricorrenza del rastrellamento del ghetto. Sarei felice se potessi avere notizie di Gianfranco Polgar (e possibilmente anche della sua famiglia), notizie anche solo verbali, soprattutto per sapere se è sopravvissuto. Ovviamente, non intendo cedere a nessuno e per nessun motivo questo libretto, perché ormai fa parte della mia vita vissuta. Ringraziando per l’attenzione, porgo cordiali saluti. CESARE BALZARRO EBRAISMO INFORMAZIONE CULTURA SHALOMשלום Giacomo Kahn Direttore responsabile Micol Anticoli David Meghnagi Marina Caffiero Daniel Mosseri Giorgia Calò Fiamma Nirenstein Ariel David Angelo Pezzana Jonatan Della Rocca Clelia Piperno Donatella Di Cesare Pierpaolo P. Punturello Yael Di Consiglio Jacqueline Sermoneta Segretaria di redazione Angelo M. Di Nepi David Spagnoletto Piero Di Nepi Marco Spagnoli Alessandra Farkas Miriam Spizzichino Fabrizio Federici Francesca Tardella Ghidon Fiano L’unica azione davvero radicale che si riuscì a ricordare del suo soggiorno al Ministero degli Esteri, fu il viaggio nella capitale del radicalismo islamico. In precedenti epoche avrebbe definito clerico-fascista il regime che governa a Teheran. Smokéd PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ Tel. 06.5565166 - Fax 06.55307483 Cell. 392.9395910 - [email protected] Daniele Toscano Stefano Gatti Mario Venezia Giorgio Israel Carlotta Livoli Ugo Volli Raffaelino Luzon Antonino Zarcone DIREZIONE, REDAZIONE Lun­gotevere Sanzio, 14 - 00153 Roma Tel. 06.87450205/6 - Fax 06.87450214 E-mail: [email protected] [email protected] - www.shalom.it Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposto a riconoscerne il giusto compenso. 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MARZO 2014 • ADAR SHENÌ 5774 Smokéd / affumicato: un gioco di parole. Una sfida nel segno di uno humor che non vuole offendere nessuno, ma sorridere di tutto. 51 PASCARELLA fa le cose per bene E T T E IC R O E ID V E R T S SEGUI LE NO CLICCA LIKE SUL NOSTRO FACEBOOK asher ik rn a c lla re a sc a /p m o c k. o o faceb PASCARELLA CARNI KASHER Roma - Via C. Pascarella, 24-26-28 Tel. +39 06/58.81.698 בס’’ד