FASCI GAUSSIANI Concetto di fascio luminoso. Nel linguaggio

FASCI GAUSSIANI
Concetto di fascio luminoso.
Nel linguaggio comune si parla di "raggio luminoso", entità di sezione nulla e
quindi fisicamente non esistente, che è una astrazione del fascio, ossia un'infinità di
raggi vicini fra loro. Anche i "raggi" generati dalle migliori sorgenti di radiazione
luminosa, gli oscillatori ottici, sono caratterizzati da una certa estensione trasversale.
Inoltre alla luce, essendo un'onda elettromagnetica, è associata un'ampiezza ed una
fase. Con riferimento alla luce emessa dagli oscillatori ottici, è possibile affermare e
verificare che questa è un'onda elettromagnetica idealmente monocromatica, quasi
piana, la cui intensità assume il valore massimo in prossimità dell'asse di
propagazione e decresce generalmente, sul piano normale alla direzione di
propagazione, con andamento gaussiano; per questi motivi viene chiamata fascio
gaussiano.
Equazione del fascio gaussiano.
Il fascio gaussiano, essendo un'onda elettromagnetica, deve soddisfare l'equazione
di un'onda monocromatica che si propaga in un mezzo omogeneo, privo di cariche e
di indice di rifrazione n:
∇ 2E + k 2E = 0
(1)
dove k = 2πn/λ0 ed E è il campo elettrico lungo una direzione normale a quella di
propagazione.
Nell'ipotesi che la propagazione avvenga lungo la direzione z, si ipotizza per il
campo elettrico la seguente soluzione:
(2)
E = Ψ ( x, y, z)E e − jkz
0
dove Ψ(x,y,z) è un termine correttivo della semplice soluzione relativa ad un'onda
piana di estensione infinita, non idonea a rappresentare un fascio gaussiano.
La Ψ(x,y,z) deve essere tale che la soluzione (2) sia coerente con quanto si
osserva sperimentalmente in un fascio gaussiano: distribuzione spaziale del campo
secondo una gaussiana sul piano ortogonale alla direzione di propagazione,
variazione della sezione del fascio al variare della distanza di propagazione,
curvatura del fronte equifase.
Poiché molto spesso il fascio che esce da un oscillatore laser presenta simmetria
cilindrica, conviene adoperare le coordinate cilindriche e di conseguenza il termine
correttivo è funzione di r, distanza dall'asse di simmetria, e di z, coordinata nella
direzione di propagazione; quindi Ψ(r,z). E' ovvio che r2=x2+y2.
Senza ledere poi la generalità della soluzione è possibile assumere che il campo
elettrico sia diretto secondo una direzione, x ad esempio. Pertanto l'equazione
vettoriale (1) diventa un'equazione scalare:
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∇ 2E x + k 2E x = 0
con una soluzione del tipo:
(3)
(4)
E x = ψ(r, z)E 0 e − jkz
La Ψ deve essere tale che questa soluzione soddisfi la (3).
Per le regole del calcolo vettoriale:
1 ∂  ∂E x  1 ∂ 2 E x ∂ 2 E x
2
∇ Ex =
+
r
+
r ∂r  ∂r  r 2 ∂ϕ 2
∂z 2
che per la supposta simmetria cilindrica (∂Ex/∂φ =0) si semplifica in:
1 ∂E x ∂ 2 E x ∂ 2 E x
2
∇ Ex =
+
+
(5)
∂r 2
∂z 2
r ∂r
Essendo:
1 ∂E x 1
∂Ψ
= E 0 e − jkz
r ∂r
r
∂r
2
2
∂ Ex
∂ Ψ
= E 0 e − jkz 2
2
∂r
∂r
∂E x
∂Ψ
= E 0 e − jkz
− jkΨE 0 e − jkz
∂z
∂z
2
2
∂ Ex
∂Ψ
− jkz ∂Ψ
− jkz ∂ Ψ
= − jkE 0 e
+ E 0e
− jkE 0 e − jkz
− k 2 ΨE 0 e − jkz
2
2
∂z
∂z
∂z
∂z
2
La sostituzione della (4) nella (3), dove ∇ E x è dato dalla (5), comporta:
1 ∂Ψ ∂ 2 Ψ
∂Ψ ∂ 2 Ψ
+ 2 − 2 jk
+ 2 =0
r ∂r
∂r
∂z
∂z
avendo diviso per la quantità E 0 e − jkz . Poiché risulta sperimentalmente che Ψ varia
lentamente al variare di z, è possibile trascurare il termine ∂2Ψ/∂z2 e la precedente si
riduce a:
∂ 2 Ψ 1 ∂Ψ
∂Ψ
+
−
2
jk
=0
(6)
∂r 2 r ∂r
∂z
Questa è l'equazione del fascio gaussiano in coordinate cilindriche.
Soluzione dell'equazione del fascio gaussiano (modo fondamentale).
La soluzione Ψ(r,z) dell'equazione del fascio gaussiano (6) deve essere una
quantità complessa in quanto, al variare della posizione nello spazio, deve
modificare l'onda piana di estensione infinita sia in ampiezza sia in fase. Si ipotizza
una soluzione di questo tipo:


k
− j P + r 2 
2q 

Ψ ( r , z) = e
con P e q funzioni soltanto di z e tali che venga verificata la (6).
Poiché:
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(7)

k
∂Ψ
kr − j P+ r
= − j e  2q
∂r
q

k
2


2

k
∂ 2Ψ
k − j P + 2 q r  k 2 2 − j P + 2q r
= −j e
− 2r e
q
∂r 2
q

k
2


2
r 2 kq '  − j P + 2q r 
∂Ψ 
e
=  − jP'+ j
2 q 2 
∂z 
con P'= ∂P/∂z e q'= ∂q/∂z, la sostituzione della (7) nella (6) dà:
2
j

2 k
r 2 (1 − q ') + 2k  + P'  = 0
q
q


k 
− j P + r 2 
2q 

avendo diviso per la quantità e
.
Questa equazione deve valere per qualunque r; essendo P e q funzioni di z soltanto è
necessario che i coefficienti delle differenti potenze di r siano uguali a zero, ossia
che:
1-q'=0
che implica:
q' = 1
(8)
e che:
j/q + P' = 0
che implica:
P' = - j/q
(9)
La soluzione della (8) è:
(10)
q = z + q0
dove q0 è il valore che assume q per z=0. La posizione dell'origine sarà chiara in
seguito. Esaminando la (7), se la quantità q fosse reale, fissato z, una variazione di r
darebbe come risultato soltanto una variazione di fase e questo non è in accordo con
quanto si verifica in realtà, ossia che il fascio è limitato trasversalmente. La quantità
q deve essere complessa perché ha una parte reale che è z; si assume che q0 sia
immaginaria perché un'eventuale parte reale implica soltanto uno slittamento della
coordinata lungo la direzione di propagazione. Di conseguenza è sempre possibile
scegliere un sistema di coordinate tali che q0 sia immaginario e pari a jz0. Quindi:
q = z + jz0
(11)
dove z0 è una costante da determinare e comprenderne il significato.
Sostituendo la (11), con z=0, nella (7) si ottiene:
−
kr 2
2 z0
Ψ (r, z = 0) = e
e − jP ( z =0 )
Si osservi che il primo termine esponenziale è reale e che si riduce ad 1/e per
r=(2z0/k)1/2. Questo valore di r è caratterizzante per il fascio e viene indicato con w0:
2 z 0 λz 0
πw 02
2
w0 =
=
e di conseguenza: z 0 =
(12)
k
π
λ
Quindi il campo varia, sul piano z=0, secondo una gaussiana.
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Dovendo sostituire la q nella (7) risulta utile determinare la quantità 1/q:
z
1
1
z
1
1
=
= 2
−j 2 0 2 =
−j
2
2
q z + jz 0 z + z 0
z + z0
  z0  
  z 2 
z 1 +   
z 0 1 +   
z




  z 0  
λ
1
1
=
−j 2
(13)
q R (z)
πw (z)
dove:
  z 2 
  λz  2 
2
2
2
 
w (z) = w 0 1 +    = w 0 1 + 
(14)
2 
z
π
w
  0  
 
0  

2
2
  πw 02  
 z  
R (z) = z 1 +  0   = z 1 + 
(15)
 
z
λ
z
 
 
   
La soluzione della (9), ossia:
1
1
jP' = =
q z + jz 0
è data dalla conoscenza del seguente integrale:
z
dz
z
∫0 z + jz = [ln(z + jz 0 )]0
0
Pertanto:

z
jP = ln(z + jz 0 ) − ln( jz 0 ) = ln 1 − j 
z0 

Con la relazione:
2
 z  − j tan
z
1 − j = 1 +   e
z0
 z0 
la precedente diventa:
−1
z
z0
2
 z
z
jP = ln 1 +   − j tan −1
z0
 z0 
La sostituzione di questa, insieme alla (13), nella (7) porta alla seguente
espressione:
r2
−1
z
kr 2
j tan
−
−j
w
z
Ψ ( r , z) = 0 e w ( z ) e
e 2R (z)
(16)
w (z)
dove w(z), R(z) e z0 sono definite dalle (14), (15) e (12).
La (4), con Ψ(r,z) data dalla (16), è la soluzione fondamentale o modo
fondamentale del fascio gaussiano. Si vedranno in seguito altre possibili soluzioni.
2
0
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Caratteristiche del modo fondamentale del fascio gaussiano.
Analizzando la (16) si vede che in una sezione trasversale (z=cost.) la funzione
diminuisce con andamento gaussiano all'aumentare di r; w(z) è la distanza r per la
quale la funzione si riduce del fattore 1/e rispetto al valore che essa assume sull'asse;
w(z) viene detto raggio del fascio o "spot size" e 2w(z) diametro del fascio.
La potenza che attraversa un'area circolare di raggio r centrata sull'asse del fascio
è:
r
 − 2r 


2
r
P=
e w ( z ) 2πr dr = C e w ( z ) d − 2  = C e w ( z ) 


2η w (z)
 w ( z) 
0
0

0
La potenza che attraversa un'area circolare di raggio r, centrata sull'asse del fascio,
rispetto alla potenza totale (r→∞) è:
r
∫
E 0 E *0
w 02
2
−
−
2r2
2
r
∫
−
2r 2
2
2
2
2
2r2
2
Pr
Pr
w (z)
=
=1− e
(17)
PT Pr →∞
Da questa risulta che per r=w(z) si ha Pr/PT=0,86 pertanto nell'area di raggio w(z)
passa l'86% della potenza totale trasportata dal fascio.
La quantità w(z) dipende poi dalla coordinata z; dalla (14) si vede che assume il
valore minimo w0 per z=0, poi aumenta lentamente sia con z positivo che negativo;
si dice che in z=0 c'è la "vita" (waist) del fascio. Si osservi che la funzione w(z) è
un'iperbole.
Per z grande (ossia z>>z0) la (14) si semplifica in:
λz
w ( z) ≅
(18)
πw 0
Di conseguenza l'angolo di divergenza del fascio è:
2 w (z) 2λ
θ≅
=
(19)
z
πw 0
Si osservi che tanto minore è la vita w0 tanto maggiore è la divergenza del fascio,
così come la divergenza aumenta con l'aumentare della lunghezza d'onda; ciò è in
accordo con la teoria della diffrazione.
Per quanto riguarda la fase di Ψ(r,z) si osservi che il termine:
j tan −1
z
z0
e
dà un contributo di fase di π al variare di z da -∞ a +∞; contributo del tutto
trascurabile rispetto a quello dovuto al fattore e-jkz, per il quale deve essere
moltiplicata la Ψ(r,z), come risulta dalla (4), e per il quale la fase varia di π per ogni
variazione di z di λ/2. Trascurando questo termine le superfici equifase sono date da:
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
r2 
 = cost. = kz1
k  z +
2
R
(
z
)


dalla quale:
r2
z = z1 −
2R ( z )
Per determinare la forma delle superfici equifase si ipotizza che le variazioni di
R(z) siano trascurabili nell'intorno dell'asse; in tale caso l'ultima equazione
rappresenta una parabola (nello spazio un paraboloide); per tale superficie è vero che
z e quindi R(z) varia poco nell'intorno dell'asse. Il raggio di curvatura dell'arco di
cerchio, che si confonde con la parabola in prossimità del vertice di questa, è pari ad
R(z). Infatti, con riferimento alla figura 1:
α
r
P
α
Rc
r
z1
z
Fig. 1
Rc sin α = r
Rc ≈ r/α
per r « z1
Inoltre:
d
r2 
r
 dz 
 =
α = − 
= −  z1 −
dr 
2R ( z )  R ( z )
 dr  P→z1
quindi Rc = R(z).
La quantità R(z) viene detta raggio di curvatura del fascio, con la convenzione che
questo è positivo quando l'onda diverge, negativo quando converge.
La quantità q, legata alla R(z) dalla (13), viene detta raggio di curvatura
complesso del fascio.
L'espressione di R(z), (15), si semplifica, quando z » z0=πw02/λ, in:
R(z) ≈ z
(20)
Questo significa che ad una distanza sufficientemente grande dalla vita il fronte
d'onda è sferico, con il centro posto in prossimità della vita del fascio.
E' noto che ad una distanza molto grande un fronte d'onda sferico può essere
considerato piano; piano è pure il fronte d'onda in prossimità della vita; infatti per z
≈ 0 l'espressione di R(z) porta a R(z) → ∞.
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R(z) assume il valore minimo per:
πw 02
z = ±z 0 = ±
(21)
λ
Questa si ottiene derivando rispetto a z l'espressione di R(z), ossia la (15), ed
eguagliando a zero.
Particolarizzando la R(z) per z=z0 si ottiene che R(z0) = 2z0; questo è il valore
minimo che può assumere il raggio di curvatura di un fascio di determinate
caratteristiche (w0 e λ0).
Inoltre dall'espressione di w(z) si osserva che z0 è la distanza per la quale w(z0) =
w0√2, ossia la sezione del fascio raddoppia.
Da quanto detto segue che per z prossimo a z0 = πw02/λ o minore si parla di campo
vicino e si devono adoperare le espressioni esatte. Per z » z0 si è nel campo lontano e
il fronte d'onda può essere considerato sferico con il centro nell'origine degli assi.
In base a quanto detto l'andamento di un fascio gaussiano è quello rappresentato
in figura 2.
r
w(z)
θ/2
w0
-z0
z0
z
z=0
Fig. 2
Molto spesso si desidera che un fascio mantenga una sezione piccola per una
grande distanza. Purtroppo queste sono due esigenze contrastanti in quanto la
divergenza di un fascio aumenta con il diminuire della vita.
Per un fascio gaussiano si suole definire come regione di collimazione quella
compresa fra i punti dell'asse z dove il raggio del fascio w(z) aumenta di √2 rispetto
al valore w0 assunto nella vita, o, che è lo stesso, fra i punti nei quali raddoppia l'area
della sezione del fascio. La regione di collimazione è dunque lunga 2z0, con inizio
da -z0. Di questo se ne deve tenere in considerazione quando si vuole massimizzare
l'utilizzo della zona di collimazione.
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Dalle espressioni (14) e (15) di w2(z) e R(z) è possibile ricavare w02 e z:
w 2 (z)
w 02 =
(22)
2
2
 πw (z) 

1 + 
λ
R
(
z
)


R ( z)
z=
(23)
2
 λR ( z ) 

1 + 
2
 πw (z) 
Queste sono utili perché consentono di determinare la vita del fascio e la sua
posizione note le caratteristiche w2(z) e R(z) del fascio in un certo punto.
Trasformazione dei fasci gaussiani.
Particolarizzando la (10) per due coordinate z1 e z2 e sottraendo la prima dalla
seconda si ottiene:
q2 = q1 + (z2 – z1)
(24)
Questa relazione è formalmente identica a quella dell'ottica geometrica:
R2 = R1 + (z2 – z1)
la quale dà il raggio di curvatura di un'onda sferica in un determinato punto, noto il
raggio di curvatura in un altro punto e nota la distanza fra i due punti.
Il raggio w(z) di un fascio gaussiano non varia nel passare attraverso una lente
sottile; il raggio di curvatura del fronte d'onda invece deve seguire le leggi della
rifrazione (in quanto il fascio gaussiano è sempre un'onda trasversale
elettromagnetica per la quale punto per punto vale Hy=Ex/η) e pertanto è ancora
valida la legge di Gauss scritta per i raggi di curvatura delle onde sferiche (si ricordi
che la legge di Gauss è -1/o+1/i=1/f e che –o = R1 e i = -R2):
1
1 1
=
−
R 2 R1 f
Sostituendo in quest'ultima l'espressione di 1/R2(z) e di 1/R1(z) ottenute dalla (13)
e tenendo presente che w(z) rimane invariato, si ottiene:
1
1 1
(25)
= −
q 2 q1 f
Questa è la legge che un fascio gaussiano deve soddisfare nell'attraversare una lente.
E' possibile pertanto affermare che per i fasci gaussiani valgono le stesse leggi
dell'ottica geometrica purché al raggio di curvatura reale delle onde sferiche si
sostituisca il raggio di curvatura complesso q; di conseguenza è possibile trovare
l'effetto di una struttura ottica su un fascio gaussiano.
Dall'espressione (17) risulta che un foro di raggio a=1,5w(z) è in grado di
trasmettere circa il 99% della potenza totale trasportata dal fascio; dunque gli effetti
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di questa apertura sulla successiva propagazione del fascio sono del tutto
trascurabili. Questo significa anche che un componente ottico si comporta nel modo
previsto finché la sua dimensione trasversale è maggiore di 3w(z).
Massima focalizzazione di un fascio.
Molto spesso è richiesto di focalizzare un fascio in un'area la più piccola possibile
al fine di ottenere la massima densità di energia. Il problema è risolto illuminando
con un fascio collimato (fronti d'onda piani) una lente fortemente convergente, ossia
di buona apertura, come mostrato in figura 3, e con le considerazioni che seguono.
Applicando la (25), tenendo presente che w(z) non varia nell'attraversare la lente e
che R1 ≈ ∞, si ha:
R2 = - f
(26)
R 1≅ ∞
R2
d
f
w0
w
Fig. 3
Le espressioni (22) e (23) della vita del fascio e della sua posizione in funzione
del raggio del fascio e del suo raggio di curvatura in un punto generico dell'asse,
quando:
πW 2 (z)
R (z) <<
(27)
λ
si semplificano in:
λR ( z )
w0 ≅
(28)
πw (z)
z ≅ R ( z)
(29)
La "forte focalizzazione" implica il verificarsi della (27); pertanto, essendo R(z) =
R2 = -f (poiché dopo la lente il fascio è convergente, il raggio di curvatura del fronte
d'onda è negativo) si ha che il fascio è focalizzato alla distanza focale:
z = -f
e che il raggio in tale punto è:
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λf
πw (z)
dove w(z) è il raggio del fascio sulla lente.
Si poteva più semplicemente arrivare allo stesso risultato osservando che la lente,
vista dalla vita del fascio, è posta nel campo lontano. In tale caso i fronti d'onda
possono essere considerati sferici, z ≈ f, è valida la (18) e da questa si ottiene la (30).
Si è detto che la lente deve avere un diametro almeno pari a 3w(z), quindi la
precedente diventa:
3λf
w0 =
(31)
πd
La quantità d/f, detta "apertura della lente" (o anche "luminosità della lente" o
"velocità della lente"), nella migliore delle ipotesi non può essere molto superiore
all'unità.
Pertanto, indipendentemente dalla focale della lente (ma non dalla sua apertura), il
raggio minimo che si può raggiungere sul fuoco è dello stesso ordine di grandezza
della lunghezza d'onda adoperata.
w0 =
Stabilità del risonatore ottico in presenza di fasci gaussiani.
Un fascio gaussiano inviato su uno specchio il cui asse coincide con la direzione
di propagazione del fascio ed il cui raggio di curvatura è uguale al raggio di
curvatura del fronte equifase del fascio in quel punto torna indietro sovrapponendosi
a se stesso; questo perché i fronti d'onda del fascio, incidendo normalmente alla
superficie dello specchio, sono riflessi in modo tale da sovrapporsi. Pertanto è
possibile realizzare un risonatore sistemando su due punti diversi di un ipotetico
fascio gaussiano due specchi i cui raggi di curvatura sono uguali ai raggi di
curvatura dei fronti equifase in quei punti. Essendo poi possibile determinare un
fascio gaussiano nota la curvatura dei fronti equifase in due punti diversi, è possibile
determinare il fascio risonante fra due specchi.
Nella trattazione dei risonatori mediante l'ottica geometrica si era visto che un
raggio che emerge da un sistema ottico è messo in relazione a quello che incide da:
r2 A B r1
=
r2' C D r1'
La pendenza di un raggio di un'onda sferica è r'≈r/R e pertanto la precedente
diventa:
r2
A B r1
=
r2 / R 2 C D r1 / R 1
Risolvendo rispetto ad r2 ed eguagliando si ottiene:
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Ar1 + B
r1
R
= CR 2 r1 + D 2 r1
R1
R1
da cui:
AR1 + B
CR 1 + D
Questa relazione, detta regola dell'ABCD, consente di mettere in relazione i raggi
di curvatura di un'onda sferica su due piani diversi.
Si è visto che per i fasci gaussiani valgono le stesse relazioni che valgono per le
onde sferiche quando al raggio di curvatura reale si sostituisce il raggio di curvatura
complesso. Quindi anche in presenza di fasci gaussiani deve valere la regola
dell'ABCD:
(32)
Aq1 + B
q2 =
Cq1 + D
Poiché un modo di cavità è una distribuzione di campo che si riproduce in forma e
fase dopo un percorso completo all'interno del sistema, è possibile affermare che
poiché il fascio su un piano generico è caratterizzato da un certo raggio di curvatura
complesso q, dopo un giro completo all'interno del risonatore dovrà avere lo stesso
raggio di curvatura complesso. Ossia:
Aq + B
q=
Cq + D
dovendo valere la regola dell'"ABCD" ed essendo A, B, C e D i coefficienti della
matrice di trasmissione del risonatore.
Sviluppando la precedente si ottiene l'equazione di secondo grado in 1/q2:
R2 =
2
1
1
B  − (D − A) − C = 0
q
q
la cui soluzione è:
(D − A ) 2 + 4BC D − A
(D + A ) 2 − 4
1 D−A
=
±
=
±
q
2B
2B
2B
2B
essendo AD - BC = 1. Il primo termine è una quantità reale. Poiché 1/q è una
quantità complessa il secondo termine deve essere una quantità immaginaria e
pertanto:
(D + A)2 – 4 < 0
che implica:
A+D
<1
2
Questa condizione è identica a quella trovata con considerazioni di ottica
geometrica; pertanto è ancora valido quanto detto a proposito dei risonatori.
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Carta di Collins.
La propagazione di un fascio gaussiano, sia nello spazio libero che attraverso un
sistema di lenti e specchi, può essere rappresentata graficamente mediante un
diagramma circolare, detto carta di Collins, la cui costruzione grafica è identica a
quella della ben nota carta delle impedenze o di Smith.
Le espressioni che danno il raggio trasversale w(z) ed il raggio di curvatura R(z)
del fascio, tenendo presente che z0=πw02/λ, sono:
2
(33)
λz 0   z  
2
1 +   
w (z) =
π   z0  


2
 z  
(34)
R (z) = z 1 +  0  
  z  
La (33), risolta rispetto a 1+(z0/z) 2 e sostituita in (34), dà:
(35)
πw 2 (z)z 0
z=
λR ( z )
La sostituzione di questa nella (33), dà:
λz 0 πw 4 (z)z 0
2
w ( z) =
+
π
λR 2 ( z )
Dopo aver moltiplicato per λ/(π·w4(z)·z0) e sommato e sottratto la quantità
1/(4z20), si ottiene:
2
2
2
(36)
 λ
 1 
 1 
1 
−
+
=
 2

 2z 
 R ( z) 


 0
 πw (z) 2z 0 
La (35) è poi risolta rispetto a z0 ed il risultato ottenuto sostituito in (34); ne segue
che:
zλ2 R 2 (z)
R (z ) = z + 2 4
π w (z)
Dopo aver moltiplicato questa ultima espressione per 1/(zR2(z)) e sommato e
sottratto la quantità 1/(4z2), si ottiene:
2
2
2
 λ 
 1
1
1
−  = 
(37)
 2  +
R
(
z
)
2
z
2
z
π
w
(
z
)






Si consideri un sistema di coordinate cartesiane ortogonali in cui:
λ
1
x=
e
y
=
(38)
R (z)
πw 2 (z)
Si osservi che x è la parte immaginaria della curvatura del fascio ed y la parte
reale.
Le (36) e (37), per la posizione (38), si scrivono:
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2
2

 1 
1 
 x −
 + y 2 = 

(39)
2z 0 

 2z 0 
2
2
1   1 

2
(40)
x + y −  = 
2z   2z 

Sul piano xy la prima è l'equazione di una famiglia (al variare di z0) di
circonferenze con centro nel punto 1/(2z0) sull'asse x e raggio 1/(2z0), mentre la
seconda è, al variare di z, l'equazione di una famiglia di circonferenze con centro nel
punto ±1/(2z) sull'asse y e di raggio 1/(2z); è necessario considerare il doppio segno
in quanto un fascio gaussiano esiste anche per z negativo. Le due famiglie di
circonferenze sono rappresentate nella figura 4.
Ogni circonferenza del tipo (39) rappresenta un fascio gaussiano di date
caratteristiche (z0). I punti di intersezione di questa circonferenza con la famiglia di
circonferenze (40) centrate sull'asse y rappresentano le distanze, lungo la direzione
di propagazione, dalla vita, individuata dall'intersezione destra della circonferenza,
con l'asse orizzontale. L'origine corrisponde a z→∞; infatti in questo punto sia w2(z)
che R(z) tendono ad infinito.
Fig. 4
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Volendo rappresentare più fasci sullo stesso diagramma è necessario effettuare
una normalizzazione rispetto al fascio con w0 minore. Questo fascio è individuato
dalla circonferenza più esterna mentre gli altri da circonferenze di raggio minore
(questo per la prima delle (38)).
Poiché il passaggio attraverso una lente varia il raggio di curvatura del fronte
d'onda del fascio ma ne lascia inalterato il raggio w(z), sul diagramma tale passaggio
è rappresentabile da un segmento verticale di lunghezza 1/f, normalizzato rispetto
alla circonferenza di raggio maggiore.
Modi di ordine superiore di un fascio gaussiano.
Nella ricerca di una espressione analitica del fascio si è supposta la simmetria
cilindrica, cioè nulla la variazione della soluzione in funzione dell'angolo azimutale
(∂E/∂φ=0). Un fascio generato da un oscillatore ottico può non godere di questa
proprietà. Non imponendo la simmetria cilindrica si può dimostrare che l'equazione
dell'onda (1) ha una soluzione diversa, che comprende come caso particolare quella
già vista.
Nel caso più generale la quantità Ψ della (2) è data da:
x 2 + y2
−1
z
k ( x 2 + y2 )
 x 2   y 2  w 0 − w 2 ( z ) j( m +m +1) tan z0 − j 2 R ( z )
H n 

Ψ ( x , y, z) = H m 
e
e
e
w
(
z
)
w
(
z
)

 
 w (z )
dove Hm() ed Hn() sono dei polinomi di Hermite di ordine m ed n. Il polinomio di
Hermite è:
m
2
m ξ2 ∂
H m (ξ) = (−1) e
e −ξ
m
∂ξ
Quindi i polinomi di Hermite di ordine 0, 1 e 2 sono:
H 0 (ξ ) = 1
H1 (ξ) = 2ξ
H 2 ( ξ ) = 4ξ 2 − 2
La relativa rappresentazione grafica è riportata in figura 5.
Si osservi che il polinomio di Hermite di ordine m ha m zeri. Per m=n=0 si ha il
primo modo (TEM00), cioè il fondamentale, analizzato precedentemente. Per m=1 ed
n=0 si ha il modo TEM10 la cui Ψ10 è:
( )
−
x 2 + y2
−1
z
k ( x 2 + y2 )
j2 tan
−j
2
2 2 w0
z0
Ψ10 =
x
e w (z) e
e 2R (z)
w (z) w (z)
Fissato un certo z (z=cost.) ed analizzando l'andamento del modulo della funzione
Ψ10 sul piano xy si osserva che per spostamenti lungo y (x=cost.) |Ψ10| è una
gaussiana, mentre per spostamenti lungo x (y=cost.) |Ψ10| è il prodotto di una
gaussiana per una retta; questo prodotto è eseguito graficamente in figura 6 ed il
risultato è la generazione di una curva con due punti estremanti. Quindi con
spostamenti lungo x si incontrano due massimi, mentre con spostamenti lungo y si
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incontra un solo massimo. Pertanto la funzione |Ψ10| assume sul piano xy due
massimi, disposti come in figura 7.
H2
4
Hm
2
H0
-1
H1
ξ
1
-2
Fig. 5
ψ 10
x
Fig. 6
y
x
Fig. 7
Un fascio di questo tipo è pertanto costituito da due fasci. Per il modo TEM11, con
gli stessi ragionamenti, si arriva alla conclusione che questo è composto da quattro
fasci.
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Si osservi che la somma degli indici dà le linee di zero del fascio. Il modo TEM12,
ad esempio, è caratterizzato da tre linee di zero e da sei fasci.
L'estensione trasversale del fascio è maggiore nei modi superiori; pertanto in un
risonatore, quando sono presenti sia il modo fondamentale che alcuni modi superiori,
è possibile eliminare questi ultimi mediante un diaframma posto nella vita del fascio
fondamentale. Con diaframmi di forma opportuna, ossia disposti lungo le le linee di
zero dei modi che si vuole che oscillino, è anche possibile eliminare il modo
fondamentale e lasciare inalterati alcuni modi di ordine superiore.
Utilizzo del volume interno di un risonatore
Un'analisi numerica della dimensione trasversale del fascio gaussiano di modo
fondamentale all'interno di un risonatore porta alla conclusione che il volume
occupato dal fascio all'interno di questo è piccolo.
Un volume piccolo implica una bassa amplificazione ed una bassa efficienza.
Al fine di aumentare il volume occupato dal fascio, senza aumentare
eccessivamente la lunghezza del risonatore, è necessario o consentire che possano
oscillare i modi di ordine superiore o rendere instabile la cavità.
Il primo metodo presenta l'inconveniente che la divergenza del fascio è piuttosto
elevata a causa delle vite piccole dei fasci dei modi di ordine superiore, il secondo
può essere impiegato quando il mezzo attivo ha un guadagno abbastanza elevato ed è
sufficiente un percorso relativamente breve all'interno del risonatore per ottenere
potenze di uscita apprezzabili.
Problemi.
1 - Un fascio generato da un oscillatore laser ad He-Ne è caratterizzato da una
divergenza di 1 mrad alla lunghezza d'onda di 632,8 nm. Determinare:
a) la vita del fascio,
b) il campo elettrico per r = z = 0 nell'ipotesi che la potenza uscente sia di 5mW,
c) quanti fotoni per secondo vengono emessi dal laser.
2 - Un fascio da 1W, con una vita w0 di 2mm e della lunghezza d'onda di 514,5nm è
generato da un oscillatore laser ad ioni argon. Determinare:
a) a che distanza dall'origine il raggio trasversale raggiunge il valore di 1 cm,
b) il raggio di curvatura del fronte equifase a quella distanza,
c) l'ampiezza del campo elettrico sull'asse a quella distanza.
3 - Su un fascio emesso da un oscillatore laser ad He-Ne (λ=6328Å) vengono
effettuate delle misure con un misuratore di potenza sul quale è possibile inserire un
diaframma del diametro di 0,7mm in modo tale che, posizionato sull'asse del fascio,
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lasci arrivare al misuratore una frazione della potenza totale. A 150 mm dalla
finestra anteriore dell'oscillatore si misura: Potenza Diaframmata / Potenza Totale =
0,8 ed a 1150 mm PD/PT = 0,4. Inoltre si osserva che fra questi due punti il diametro
del fascio ha andamento sempre crescente.
Determinare:
a) il raggio w del fascio nei due punti (150 mm e 1150 mm)
b) la posizione della "vita" del fascio
c) il raggio w0 nella vita del fascio
d) la lunghezza z0
e) la divergenza del fascio.
4 - Si abbia un risonatore ottico costituito da uno specchio piano e da uno sferico
(semitrasparente) avente raggio di curvatura R=0,39 m, posti alla distanza di 0,36 m
uno dall'altro. La lunghezza d'onda alla quale deve oscillare è 6328 Å. Determinare:
a) il valore w sui due specchi, b) la distanza z0 e c) la divergenza del fascio.
5 - Un fascio luminoso (λ=6328 Å) è generato in una cavità costituita da uno
specchio convesso di raggio di curvatura di 0,27m e da un altro concavo,
semitrasparente e di raggio di curvatura di 0,21m, posti alla distanza di 0,05m uno
dall'altro. Si vuole che questo fascio venga immesso in un risonatore costituito da
due specchi uguali e di raggio di curvatura R=0,45m e posti alla distanza di 0,04m
uno dall'altro. Scelta la lente di focale f=0,145m si determinino le distanze alle quali
deve essere posta questa rispetto alla posizione della vita del fascio di partenza e
rispetto al centro del risonatore nel quale si vuole immettere il fascio.
6 - Si risolva mediante la carta di Collins l'esercizio precedente.
Bibliografia
H.Kogelnik, T.LI: Laser Beams and Resonators - Applied Optics, Vol.5, p.1550
(1966).
J.T. Verdeyen: Laser electronics – Prentice-Hall.
A. Yariv: Introduction to optical electronics – HRW.
A.E. Siegman: An introduction to lasers ad masers – McGraw Hill.
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