SCELTE IN CONDIZIONI DI INCERTEZZA (a c. di G.Garofalo) Appunti basati sul testo Microeconomia di Varian Definite le scelte degli operatori in un contesto uniperiodale prima ed intertemporale dopo (Garofalo, Economia politica. Corso intermedio con esercitazioni, Giappichelli, pp. 36-52), passiamo ad analizzare i mercati delle attività (AR + AF = AP), intese come beni che forniscono un flusso di servizi nel tempo: nel caso delle attività finanziarie (titoli), il flusso è di denaro. Supponiamo inizialmente che sia certo il flusso futuro di denaro generato dalle attività. In tal caso, in equilibrio, grazie ad operazioni di arbitraggio (per il momento, senza rischio), tutte avranno uguale tasso di rendimento. La condizione di “non arbitraggio” afferma che in equilibrio non esistono possibilità di arbitraggio. Dati due investimenti (l’acquisto di un’attività alla data 0 o di un’altra alla data 1), avremo dunque che nel momento presente: p p0 = 1 1+ r Il prezzo corrente di un’attività deve essere uguale al suo valore attuale: le attività vengono vendute ai loro valori attuali. Su questa base possiamo definire il tasso di rendimento, che sarà pari a: p − p0 p0 + rp0 = p1 r= 1 → p0 Se le attività sono diverse (per liquidità o rischio), si dovrà apportare qualche correzione. Esamineremo questo aspetto più avanti perché, come detto, per il momento, abbiamo supposto assente il fattore rischio. In seguito ci occuperemo prevalentemente di AF; in questa sede può essere opportuno esaminare il caso delle AR e, in particolare, delle abitazioni. Il rendimento derivante dal loro possesso è pari alla somma dell’affitto (implicito, se ci abito), T, e dell’apprezzamento atteso, A, che, rapportato al prezzo iniziale della casa, P, dà: T+A h= P dove si distingue un rendimento “in termini di consumo” ed uno “finanziario”. In equilibrio (di concorrenza perfetta), il rendimento totale, h, deve essere uguale a r, tasso di rendimento delle AF. La funzione dei mercati delle attività e delle istituzioni finanziarie è quella di consentire agli individui di modificare i propri piani di consumo intertemporale. Ad es. un’impresa, emettendo azioni che colloca sul mercato azionario, converte in un’unica somma disponibile oggi, il flusso dei profitti futuri nel tempo. In questa sede utilizzeremo gli strumenti della Microeconomia, più in particolare quelli relativi all’analisi del comportamento del consumatore (un soggetto poliedrico che, oltre a domandare beni di consumo, offre lavoro e servizi del capitale, offre risparmio, domanda AP) allo studio della domanda di attività. 1 Appendice Se acquisto un’AF fruttifera di interessi (pagati una volta l’anno) spendendo 1 €, dopo T anno avrò euro: (1 + r ) T r ⎞ ⎛ Se gli interessi sono pagati mensilmente, riceverò: ⎜1 + ⎟ ⎝ 12 ⎠ 12 T 365 T r ⎞ ⎛ Se sono pagati giornalmente, avrò, invece: ⎜1 + ⎟ ⎝ 365 ⎠ In generale, considerando n versamenti l’anno, avrò dopo T anni, euro: r⎞ ⎛ ⎜1 + ⎟ ⎝ n⎠ nT r Il limite di questa espressione, per n Æ ∞, è: e rT = lim (1 + ) nT n→∞ n dove e = 2,7183.. è la base dei logaritmi naturali. Le scelte tipiche dell’investitore avvengono in condizioni di incertezza. In tal caso il consumatore sceglie panieri di consumo condizionati ad una serie di eventi (stati di natura), ciascuno dei quali ha un grado di probabilità. Entra in campo il fattore rischio. Supponiamo che il consumatore abbia una somma pari a 100 € e che sia incerto tra acquistare o meno un biglietto della lotteria al costo di 5 € con un premio di 200 €. Le possibilità sono: Non acquisto Acquisto Il biglietto non viene estratto Il biglietto viene estratto 100 € 100 – 5 (100 – 5) + 200 Consideriamo ora il caso delle assicurazioni. Un soggetto ha un bene che vale 35.000 €: se si verifica un dato evento (con una probabilità dell’1%), egli subirà una perdita di 10.000 €. Se si assicura per tale somma, deve pagare un premio di 100 € e riceverà un indennizzo pari al danno subito. Gli esiti possibili sono: Non si assicura Si assicura Non si verifica l’evento sfavorevole Si verifica l’evento sfavorevole Non si verifica l’evento sfavorevole Si verifica l’evento sfavorevole 35.000 € 35.000 – 10000 (35.000 – 100) = 34.900 (35.000 – 100) – 10.000 + 10.000 = 34.900 In questo caso l’individuo assicurato è completamente coperto rispetto alla probabilità che il danno si verifichi. Un piano di consumo condizionato specifica ciò che sarà consumato in ogni differente “stato di natura”, cioè di ogni esito del processo aleatorio (siamo lontani da un consumo completamente certo!). Possiamo ritenere che il consumatore scelga tra diversi piani di consumo condizionato, dato il vincolo di bilancio. 2 Nello stato “negativo” l’individuo avrà 25.000 €, in quello “positivo” 35.000 €. Assicurandosi per K € e pagando un premio γ K, egli trasforma una parte del consumo nello stato “positivo” (CP) in un consumo addizionale nello stato “negativo” (CN), ed avrà: con probabilità 0,01 con probabilità 0,99 25.000 + K – γ K 35.000 – γ K Dividendo il consumo perduto nello stato “positivo” (CP) per il consumo addizionale nello stato “negativo” (CN) otteniamo l’inclinazione della retta di bilancio: ΔC P γK γ =− =− ΔC N K − γK 1− γ che è il rapporto tra il “prezzo” del consumo nei due stati di natura. CP 35.000 35.000- γ K 25.000 35.000 - γ K CN Le preferenze sono espresse da curve di indifferenza decrescenti e convesse verso l’origine degli assi. La scelta ottima è individuata dal punto di tangenza, allorché il SMS tra i consumi nei due stati di natura è pari al prezzo relativo degli stessi. Al solito, la domanda di assicurazione varia in relazione al prezzo della stessa, nonché al variare delle risorse disponibili. Sulla funzione di utilità, però, è necessario un approfondimento. La scelta del consumatore è condizionata dalla probabilità che lo stato in questione si verifichi: ossia le preferenze per i consumi in stati di natura differenti dipendono da quanto gli individui pensano a proposito del grado di probabilità che ciascuno ha di verificarsi. Considerando possibili due stati di natura, con probabilità, rispettivamente, pari a π1 e π2 [π2 = 1 - π1 ], la funzione di utilità sarà: U = U(C1, C2, π1, π2) Se i beni sono perfetti sostituti, essa si presenterà nella forma (lineare): U = π1• C1 + π2 • C2 di seguito rappresentata graficamente: CP CN Nel caso di una funzione di utilità di tipo Cobb-Douglas, avremo: π • π di seguito rappresentata graficamente: 3 CP CN In termini logaritmici, quest’ultima funzione sarà pari a: ln U = π1• ln C1 + π2 • ln C2 In tal modo anche la Cobb-Douglas assume una forma lineare. Generalizzando il discorso, possiamo, quindi, dire che la funzione di utilità attesa è una media ponderata delle funzioni del consumo nei due stati, usando come criterio di ponderazione (peso) le probabilità: U = π1• v(C1) + π2 • v(C2) Un’espressione di questo tipo viene detta funzione di utilità di von Neumann-Morgenstern. La forma additiva è particolarmente comoda: infatti essa consente di considerare singolarmente ogni bene consumato in un dato stato di natura. Questa ipotesi viene detta di “indipendenza” tra i diversi eventi: le scelte che si prevede di fare in uno stato di natura non influenzano quelle che si prevede di fare in altri. Nel caso di un’assicurazione, ad esempio, ciò che non si realizza non influenza le scelte nell’evento che, invece, accade realmente. Applicando il principio al caso di tre beni (C1, C2, C3) e definendo il SMS tra due di loro: π π si ha che esso è indipendente dal terzo. L’utilità attesa del consumatore-risparmiatore-investitore dipende dal suo atteggiamento nei confronti del rischio [Si veda anche Garofalo, Economia politica. Corso intermedio con esercitazioni, Giappichelli, pp. 174-178]. Supponiamo che il soggetto abbia una somma da investire di 10 € in un’attività che può fargli guadagnare 5 € o perdere altrettanto con equiprobabilità. Il valore atteso di questa scommessa (della ricchezza) è: 0,5 • 15 0,5 • 5 10 € mentre l’utilità attesa è: 0,5 • 15 € 0,5 • 5 € Per un individuo avverso al rischio, tale utilità è minore di quella del valore atteso della ricchezza (10 €) perché questa somma è certa. Per lui la funzione trova rappresentazione grafica in una curva concava. Utilità 0,5 • 15 € 0,5 • 5€ 10 Æ 5 10 15 Ricchezza Diverso è il caso della propensione al rischio. Qui l’individuo preferisce la lotteria alla somma certa, per cui la curva di utilità è convessa. 4 0,5 • 15 € 0,5 • 5€ 10 Utilità Æ 5 10 15 Ricchezza Il caso intermedio è quello della neutralità rispetto al rischio nel quale l’utilità attesa del valore atteso e della ricchezza coincidono e la curva è lineare. 0,5 • Utilità 15 € 0,5 • 5€ 10 Æ 5 10 15 Ricchezza Con riferimento al mercato assicurativo (p. 2): - la domanda sarà definita in base all’eguaglianza tra il SMS tra i consumi nelle due situazioni [stato 1 = no danno; stato 2 = danno. Si noti come, invece di scrivere per esteso le due probabilità, π ci limitiamo a dire come l’una sia il complemento all’unità dell’altra] e il rapporto tra i prezzi π γ 1− γ - l’offerta sarà definita a partire dalla max dei profitti dell’impresa di assicurazione, che è pari a 1 0 Se l’impresa offre l’assicurazione ad un tasso (equo) tale per cui il suo valore atteso è uguale al costo: 0 0 Ne segue che: π 1 1 π che si riduce a: UmaC1 = UmaC2 La conclusione ultima è che un consumatore avverso al rischio, se gli viene proposto un premio “equo”, sceglierà di assicurarsi completamente in maniera tale che C1 = C2. Un altro aspetto da considerare è relativo alla diversificazione. Se l’individuo è avverso al rischio, preferirà questa soluzione che garantisce, a parità di rendimento atteso, un rischio minore. Si considerino le seguenti possibilità di investimento per un individuo che dispone di 100 € e può acquistare azioni o di un’impresa produttrice di impermeabili o di un’impresa produttrice di occhiali da sole [il prezzo unitario è, in entrambi i casi, di 10 €]: 5 Estate piovosa con probabilità 0,5 Estate di sole con probabilità 0,5 Rendimento atteso Acquisto di 10 azioni di un’impresa produttrice di impermeabili € 20 · 10 = 200 € € 5 · 10 = 50 € 125 € Acquisto di 10 azioni di un’impresa produttrice di occhiali da sole € 5 · 10 = 50 € € 20 · 10 = 200 € 125 € In entrambi i casi il rendimento atteso è di 125 €. Invece, con la diversificazione: Acquisto di 5 azioni di un’impresa produttrice di impermeabili e di 5 azioni di un’impresa produttrice di occhiali da sole Estate piovosa con probabilità 0,5 Estate di sole con probabilità 0,5 € 20 · 5 = 100 + € 5· 5 = 25 125 € con certezza € 5 · 5 = 25 + € 20 · 5 = 100 125 € con certezza A parità di rendimento, la diversificazione consente di ridurre il rischio, perché ora il rendimento è certo: ciò è preferito da un individuo avverso al rischio. Bisogna tener conto, però, del fatto che il caso ipotizzato è particolare perché le due attività sono perfettamente correlate in modo negativo, il che accade raramente. Vediamo ora le conseguenze della ripartizione del rischio tra più soggetti. Torniamo al caso dell’assicurazione di p. 2, con la variante, però, che gli individui siano 1.000. Poniamo che in un anno, in media, i sinistri siano 10, con una perdita pari a 10.000 · 10 100.000 €. Ciascuno degli individui avrà: - una perdita attesa pari a 0,01 ⋅ 10.000 = 100 € - una ricchezza attesa pari a 0,99 ⋅ 35.000 + 0,01 ⋅ 25.000 = 34.900 € - una probabilità dell’1% di perdere 10.000 € Supponiamo, invece, che gli individui si assicurino reciprocamente (autoassicurazione), di modo che, a fronte di un danno pari a 10.000 €, ciascuno sia risarcito da tutti gli altri che verseranno, ciascuno, 10 €. Tale forma di distribuzione del rischio su altri, riduce la quantità che ciascuno deve affrontare direttamente. Nel caso prospettato da ultimo non è escluso che, in un anno, si verifichi un numero particolarmente elevato di sinistri con un grosso esborso per gli altri. L’alternativa è che il versamento, poniamo di 100 €, sia effettuato, presso un’impresa di assicurazione, in un fondo di riserva, indipendentemente dal verificarsi del danno. Ciò consente di limitare la somma che l’individuo dovrà versare nel caso i danni siano molto numerosi. Anche il mercato azionario consente di ripartire il rischio, dai proprietari agli azionisti. Il mercato azionario, inoltre, consente di frazionare l’investimento tra titoli diversi e, ad individui che non intendono più affrontare rischi, di trasferirli ad altri. 6 Il modello media-varianza [Si veda anche Garofalo, Economia politica. Corso intermedio con esercitazioni, Giappichelli, pp. 310-319] Le preferenze di un consumatore, invece che dipendere dall’intera distribuzione di probabilità della sua ricchezza, possono essere riferite soltanto a due dati statistici riassuntivi della stessa distribuzione: la media (rendimento medio) e la varianza (rischio). Sia data una variabile aleatoria ws con s = 1, …, S e con probabilità πs . La media è il valore intorno al quale si concentrano gli eventi della distribuzione, ciascuno ponderato in base alla probabilità che si verifichi: S μ w = ∑ π s ws s =1 mentre la varianza, che indica la dispersione attorno al valore centrale: S σ w2 = ∑ π s ( ws − μ w ) 2 s =1 è una misura comunemente accettata della rischiosità. La sua radice quadrata è lo scarto quadratico medio, σ w = σ w2 . La media può essere positiva o negativa; la varianza può essere maggiore o minore. Il modello dell’utilità attesa prima descritto si semplifica se la funzione di utilità viene riferita solo a media e varianza (scarto quadratico medio), per cui: U = U ( μ w ,σ w2 ) U = U ( μ w ,σ w ) Un individuo avverso al rischio, ceteris paribus, preferisce: - un rendimento atteso più elevato - una varianza più bassa Utilizziamo questo modello per analizzare come un investitore sceglie la composizione del proprio portafoglio tra un titolo privo di rischio, che garantisce un tasso di rendimento costante rf, e un titolo rischioso, che dà un rendimento ms condizionato allo stato del mondo s, con probabilità πs. Il rendimento atteso di questo secondo titolo è rm, mentre σm è lo scarto quadratico medio del rendimento. Dividendo il portafoglio in due quote, rispettivamente x e (1- x), il rendimento medio del portafoglio sarà: ⋅ che, essendo ∑ riduce a: ⋅ 1 ⋅ 1 1 ed inserendo come rendimento atteso del titolo rischioso la sua media, si ⋅ 1 Il rendimento atteso del portafoglio è, dunque, la media ponderata dei rendimenti dei due titoli. La sua varianza è: S σ x2 = ∑ [x ⋅ ms + (1 − x)rf − rx ]2 π s s =1 che, tenendo conto della definizione di rx, diventa: S σ x2 = ∑ [x ⋅ ms + rf − x ⋅ rf − x ⋅ rm − rf + x ⋅ rf ]2 π s s =1 Fatte le dovute semplificazioni, avremo: S σ x2 = ∑ [x ⋅ ms − x ⋅ rm]2 π s → s =1 S σ x2 = ∑ x 2 (ms − rm ) 2 π s s =1 σ =xσ 2 x 2 2 m 7 la cui radice quadrata è lo scarto quadratico medio: σ x = x σ m La linea che lega il rendimento atteso allo scarto quadratico medio mostra come, acquistando una quantità maggiore dell’attività rischiosa, si avrà un rendimento atteso più elevato, a fronte di un rischio maggiore: tra le due grandezze vi è, dunque, un trade-off. In corrispondenza dell’origine degli assi, x = 0 (tutta la somma è investita nell’attività non rischiosa), il rendimento atteso è pari a rf e σx = 0. Se x = 1 (tutto l’investimento è nell’attività rischiosa), il rendimento atteso è rm e σx = σm. Le preferenze dell’individuo, avverso al rischio, tra rendimento atteso (media) e rischio (scarto quadratico medio) sono espresse da curve di indifferenza crescenti a tassi crescenti (convesse rispetto all’asse delle ascisse). Rendim.atteso rm − rf σm rm rx rf x=0 σx x=1 σm = prezzo del rischio Rischio Nel punto di tangenza vi è la scelta ottima, allorché il prezzo del rischio, come sopra definito, eguaglia il SMS tra rischio e rendimento: Umaσ rm − rf − = σm Umaμ In equilibrio, per tutti gli individui sarà uguale il SMS e il prezzo del rischio. Vediamo ora che succede nel caso in cui vi siano più attività rischiose. In questo caso entra in gioco la correlazione tra i rendimenti. Si consideri la seguente scelta per un investitore avverso al rischio: Attività A Attività B Stato del mondo 1 con π = 0,5 10 € -5€ Stato del mondo 2 con π = 0,5 -5€ 10 € Valore atteso 2,5 € 2,5 € Prezzo di domanda ≤ 2,5 € ≤ 2,5 € Acquistando un’azione di ciascuna attività, il valore atteso sarà 5 € , quale che sia lo stato del mondo. Ciò è quanto si verifica allorché la correlazione è negativa: in tal caso il rischio complessivo si riduce. L’indice beta di un’azione i indica il rapporto tra: Rischio associato all'attività i βi = Rischio dell'intero mercato Esso è dato da un rapporto che ha a numeratore la covarianza del rendimento dell’azione e del rendimento del mercato, e a denominatore la varianza del rendimento del mercato. Se β = 1 , l’azione è rischiosa come il mercato nel suo insieme. Se β < 1 , l’azione varia meno dell’indice di mercato. Per l’attività priva di rischio β f = 0 . In un mercato con più attività a rischio, la condizione di equilibrio prevede che tutte le attività diano lo stesso tasso di rendimento se questo viene corretto in base al rischio (premio per il rischio). Ovvero che per un’attività i: ri = rf + β i (rm − rf ) ossia il suo rendimento atteso è pari alla somma del rendimento dell’attività non rischiosa e del premio per il rischio. Ne consegue che in equilibrio: ri − β i (rm − rf ) = rf 8 E’ questo il risultato principale del Capital Asset Pricing Model (CAPM), spesso usato nelle analisi finanziarie. Graficamente, nel piano ri - β, avremo una retta detta di mercato, con intercetta pari a rf ed inclinazione data da rm − rf : Rendim. atteso rm rf 1 Beta In equilibrio tutte le attività devono corrispondere a punti lungo la retta di mercato. Se così non fosse, per cui il suo rendimento al netto del premio per il rischio fosse maggiore del rendimento dell’attività priva di rischio (l’attività si trova al di sopra della retta di mercato), gli investitori l’acquisterebbero facendone aumentare il prezzo corrente (p0) e, corrispondentemente, diminuire il p − p0 rendimento atteso ri = 1 , riportando l’attività sulla retta di mercato. p0 Da notare che il modello si basa sull’ipotesi che tutti gli individui valutino allo stesso modo il rendimento atteso ed il rischio associato alle diverse attività. Più complicato è il modello qualora tale unanimità non vi fosse. Il caso dei fondi comuni di investimento I fondi comuni sono strumenti finanziari emessi da intermediari che raccolgono fondi dalle unità in surplus e li impiegano nell’acquisto di AF. I fondi possono essere attivi o passivi: nel primo caso il gestore cerca di ottenere risultati migliori del mercato; nel secondo (i cosiddetti ETF) egli replica semplicemente un indice di mercato (geografico, settoriale, azionario o obbligazionario) e, di conseguenza, anche il suo rendimento (se, ad esempio, l'indice S&P 500 si apprezza del 2%, l'Etf legato all’S&P 500 registrerà un rialzo della stessa proporzione). I primi sono più cari dei secondi a motivo del maggior valore aggiunto. Vediamo il problema dal punto di vista del CAPM. Rappresentiamo in un grafico i rendimenti attesi e gli indici beta di diversi fondi. Fondo indicizzato Rendim. atteso rm rf 1 Beta L’indice beta di un fondo indicizzato sarà prossimo a 1 (esso sarà rischioso quanto il mercato nel suo insieme). Per i fondi attivi la combinazione rendimento-rischio sarà descritta da punti che giacciono sopra o sotto la retta di mercato, con il corollario che a rendimento atteso maggiore tende a corrispondere un rischio più elevato. L’esperienza dimostra che i fondi (attivi) che riescono a “fare meglio del mercato” sono pochi. La conclusione ultima è che, in media, sui mercati le azioni sono scambiate al loro “valore effettivo”. 9