Il mistero della gravità

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Il mistero della gravità
Giuseppe Torti
Docente del Corso “Scienza e Metafisica” presso
l’Università delle Tre Età di Colleferro
E’ l’attrazione più familiare, più comune, con cui conviviamo giorno e notte senza tregua per
tutta la vita, non ci abbandona mai così come il Sole fa con la Terra e gli altri pianeti e la Via
Lattea fa con la nostra stella. Ci tiene saldamente ancorati sulla superficie terrestre ma è sempre
pronta ad approfittare di qualsivoglia
nostra distrazione per farci scivolare,
cadere, precipitare. E lo stesso fa con
tutti i corpi, piccoli e grandi che si
trovano sulla superficie del Pianeta o
nella sua atmosfera, anch’essa impedita
dalla gravità a sfuggire nello spazio. E
con le altre centinaia di miliardi di stelle,
Il Sistema Solare è tenuto insieme dalla gravità.
galassie e nebulose nell’immensità dello
spazio.
Tiene imbrigliati tutti gli oceani di cui spinge in alto l’acqua sotto forma di vapore che poi
trascina giù come pioggia, neve o grandine che, attraverso rigagnoli, torrenti e fiumi, riporta
sempre e comunque al mare in un ciclo senza fine. E nel far ciò scolpisce e modella da miliardi di
anni la superficie terrestre, specie con l’enorme lavorio di ghiacciai e fiumi, trasformandola nel
magnifico scenario che abbiamo davanti agli occhi.
Ebbene, se ci è tanto familiare dovremmo saper tutto di essa e la scienza dovrebbe presentarcela e
svelarcela in modo compiuto e soddisfacente,
o almeno in modo un po’ più chiaro, ad
esempio, dell’attrazione elettromagnetica che,
così su due piedi, non ci appare altrettanto
congeniale e connaturata.
Dico “su due piedi” non a caso poiché l’azione
elettromagnetica in realtà è responsabile
dell’esistenza degli oggetti e dei corpi e quindi
anche di noi stessi: essa tiene insieme gli
Galassia NGC 1300 distante 70 milioni di
Anni Luce dalla Terra. Anche essa è tenuta
insieme dalla gravità.
atomi e le molecole degli elementi chimici dall’idrogeno, al carbonio, all’ossigeno, al calcio, al
ferro, all’oro etc.
I pioli di una scala di ferro ci sorreggono, contro la gravità, grazie al legame elettromagnetico che
gli atomi di ferro si scambiano l’un l’altro, e lo stesso fanno gli atomi e le molecole dei pavimenti
della nostra casa e, in definitiva, quelli della crosta terrestre che oltre a noi sostengono anche le
nostre case, gli edifici, i ponti e così via.
Sì, sono proprio le interazioni che avvengono tra nuclei atomici carichi positivamente ed elettroni
carichi negativamente che fanno tutto questo.
Ma a ciò non pensiamo spesso, lo lasciamo piuttosto agli addetti ai lavori che studiano le leggi
che regolano tali fenomeni. Pertanto non abbiamo dimestichezza con l’interazione
elettromagnetica e, quando ci pensiamo, preferiamo relegarla a soddisfare le esigenze di energia
elettrica di fabbriche ed elettrodomestici per non dire di cellulari ed apparecchi radiotelevisivi.
Non parliamo poi dell’attrazione nucleare e delle enormi energie che sprigiona!
Ma la gravità no, è più evidente e sembra mostrarsi di più, quasi la tocchiamo con mano, ci
condiziona istante per istante, stimola i nostri sensi e la nostra attenzione: anche inconsciamente
quando muoviamo un braccio o una gamba lo facciamo per vincere l’attrazione della gravità.
E ci confrontiamo continuamente con essa da quando ci alziamo al mattino a quando
camminiamo, saliamo e scendiamo le scale, ci sediamo o ci inchiniamo per raccogliere qualcosa.
Ciononostante questa benedetta attrazione era ed è rimasta la più misteriosa ed enigmatica, quella
che pone più problemi alla scienza.
Avrete notato che non ho mai usato finora il termine “forza” ed ho preferito parlare di
“attrazione”, di azione”, di “interazione”. L’ho fatto
volutamente e per una ragione ben precisa.
Essa risiede nel fatto che la scienza, specie nel periodo
illuministico, ogni qualvolta non capiva la natura intima di un
fenomeno, magari scoperto di recente, introduceva termini
nuovi quali appunto “forza”, “energia”, “carica elettrica”,
“campo”, e chi più ne ha più ne metta.
Con il risultato di soprassedere ad una comprensione
soddisfacente rinviandola a tempi migliori quando una nuova
teoria o evidenza sperimentale fosse in grado di fare un po’
più di chiarezza. Ed il grande Newton fu l’antesignano di
Isaac Newton (1642 – 1727)
questo approccio quando nel 1687 introdusse il concetto di
“forza” per spiegare quella misteriosa “azione a distanza” utilizzando i lavori precedenti di
Keplero e Galileo ed arricchendoli di preziose intuizioni.
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L’idea gli venne mentre se ne stava seduto “in uno stato d’animo
contemplativo” e “ fu occasionata dalla caduta di una mela” come
egli stesso scrive.
Ora occorre dire che l’intuizione era grandiosa: il grande scienziato
si rese conto che la causa che faceva cadere la mela, che faceva
orbitare la Luna intorno alla Terra e questa intorno al Sole era la
stessa, era presente in tutto il cosmo e si estrinsecava sempre in una
“forza” attrattiva che chiamò appunto di “gravitazione universale”.
Sì, direte voi, ma che significa “forza”, cosa ci dice di più sul fenomeno gravitazionale?
Come fa la Terra a dire alla mela di cadere, come fanno a comunicare tra loro Terra e Luna, Sole
e Terra sì da mantenersi legati così come appaiono ai nostri sensi?
Oppure, se preferite, come fa la mela a sapere dell’esistenza della Terra e viceversa? Come fa la
Terra a dire alla mela (o ad un proiettile di artiglieria) che deve muoversi secondo una precisa
traiettoria con tempi di caduta ben determinati?
Appunto, sono le stesse domande che poneva nel 1684 Edmond Halley, l’astronomo che scoprì la
cometa che prese il suo nome, ad un
Newton che si apprestava a mettere a
punto
la
regolava
legge
tutti
matematica
questi
fenomeni
che
e
permetteva di misurare quella forza di
gravità che ne era responsabile.
Ma
rimasero
senza
risposta
e
lasciarono piuttosto imbarazzato il
genio inglese.
Che però tirò fuori la celebre formula che inserì nella sua magnifica opera “Philosophiae
Naturalis Principia Mathematica” (Principi matematici della “filosofia naturale”, come allora
veniva chiamata la fisica), il primo trattato scientifico di tutti i tempi, pubblicato a Londra nel
1687:
F = G m M / R2
che definisce la forza F che si sprigiona fra due corpi m e M come direttamente proporzionale al
prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza R, il che
significa che più i corpi sono massicci e vicini e più è intensa la forza che li attrae.
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Commenta efficacemente il Nobel Leon Lederman ”Nel 1969 la NASA mandò tre uomini sulla
luna con un razzo. Il loro equipaggiamento richiese tutta la tecnologia dell’era spaziale, ma le
equazioni chiave programmate nei computer della NASA per tracciare la traiettoria dalla terra
alla luna e ritorno erano vecchie di tre secoli. Tutte opera di Newton”.
Newton, pur contrariato, si guardò bene dal rispondere a tutte
quelle domande e consolidò il metodo del “gigante” che
l’aveva preceduto, Galileo Galilei, che aveva spostato
l’attività della scienza dal piano filosofico-teologico a quello
naturalistico con l’intento di scoprire i “principi” che regolano
i comportamenti della natura combinando gli esperimenti con
il ragionamento matematico.
E’ una vera e propria rivoluzione che scompiglia la mentalità
medievale scolastica che si rifaceva all’aristotelismo e porta
Galileo Galilei (1564-1642)
ad una nuova definizione di scienza che rinuncia ad indagare
sul “perché” delle cose per interessarsi piuttosto al “come”.
Ma Newton aggiunge agli strumenti tradizionali uno nuovo e potentissino, la “Teoria”, che
assume come vero o, se preferite, postula un principio evidente da cui tirar fuori conseguenze di
tipo logico. Poco importa se il principio è di natura metafisica e, in quanto tale, assunto come
autoevidente e pertanto non bisognoso di alcuna dimostrazione.
E’ così che introduce e riesce ad imporre una “forza”, una “azione a distanza” ed istantanea che
genera il concetto di una gravità unificante in quanto valida sia nei cieli che sulla Terra, e tutto
con la “Teoria” e con l’ausilio della matematica, anche se la cosa non era certo verificabile
sperimentalmente se non negli ambiti ristretti allora conosciuti.
Diviene in tal modo il primo grande unificatore, nel senso che riduce una serie di operazioni
conosciute della natura (quali il moto dei proiettili, l’oscillazione del pendolo, il moto lungo un
piano inclinato, la caduta libera, il moto della luna, dei pianeti, del sole etc.) ad una causa unica e
quindi ad una legge unica espressa, naturalmente, in forma matematica.
Può farsi strada così la Teoria che è in grado di spiegare fenomeni noti ma, ecco il punto di forza,
soprattutto di derivarne e “predirne” di nuovi mentre la verifica sperimentale, se e quando
arriverà, ne certificherà la bontà o ne decreterà l’abbandono.
Ecco come nasce la scienza moderna.
Del resto, doveva chiedersi Newton, se la mela ed il proiettile cadono a causa della forza di
gravità esercitata dalla Terra e le verifiche sperimentali sembrano dargli ragione poiché la teoria
descrive con accuratezza il tutto riuscendo a prevedere con precisione le traiettorie seguite e
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l’istante esatto in cui arrivano al suolo, a che serve rompersi la testa con tutte quelle altre
domande?
Se la natura è fatta così, tanto vale la pena prenderne atto, scoprire “come” si comporta
esattamente ed andare avanti, lasciando i “perché” ai filosofi.
Giova a questo punto sottolineare, anche se fugacemente,
come dopo Newton molte delle più importanti teorie
scientifiche hanno avuto origine non dall'osservazione,
come si potrebbe immaginare, ma da convinzioni
filosofiche e metafisiche con cui gli scienziati intuivano
ed interpretavano la realtà naturale.
Tornando a quella arcana “azione a distanza” occorre dire
che creò non pochi problemi al genio inglese che risultò
piuttosto intimorito dalle continue obiezioni che gli
venivano rivolte da grandi scienziati come Huygens,
Christiaan Huygens
1629 - 1695
Leibniz e molti altri in Europa che non si rassegnavano a
spiegare la Fisica e quindi la natura con principi metafisici
che parlavano di forze occulte esercitate, tanto per dire, dal Sole sul nostro pianeta che si trovava
ad una distanza di 150 milioni di chilometri riempiti di … vuoto. Era una bella gatta da pelare.
Huygens arrivò a dichiarare:
“Non riesco a capire come il Signor Newton abbia potuto dedicare tanta buona matematica ad
una ipotesi fisica così assurda.”
E Newton, nonostante la genialità di tante intuizioni e scoperte, replicò timidamente:
“Che la gravità debba essere innata , inerente e essenziale alla materia … è per me un’assurdità
tanto grande da ritenere che nessuno, competente nel pensare in materia filosofica, possa mai
cadere in questa opinione.”
Vedete quanta modestia nelle parole di una mente tanto fervida e lucida quanto rispettosa dei
segreti della natura, quanta prudenza ed umiltà in uno studioso che stava aprendo scenari
insospettati alla Fisica ed alla conoscenza umana.
Ed ancora:
"Io non oso fare ipotesi su cos'è la gravità, dico solo che se io ipotizzo che ci sia una forza fatta
in quel modo riesco a spiegare il moto dei pianeti intorno al sole ma non dite che io spiego cos'è,
io non faccio ipotesi …". E’ la famosa affermazione “Hypotheses non fingo” in latino, all’epoca
lingua di scienziati e dotti.
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Ed aveva tremendamente ragione poichè il fatto di non conoscere la natura di quella forza non gli
impediva certo di predire e spiegare le orbite dei pianeti, le traiettorie dei proiettili e tante altre
cose. E sarebbe stato assurdo non ammettere l’esistenza in natura della gravitazione universale e
delle sue specifiche e misurabili proprietà solo perché non se ne conosceva la causa.
Ecco quindi che Newton pian piano, un po’ per difendersi dalle critiche, un po’ per sostanziare le
idee di base che avevano prodotto quella teoria unificante e di grande respiro, distingue, mantiene
separate le proprietà della gravità dalla sua causa. Cioè studia gli effetti per comprendere i
fenomeni inspiegati, cerca di fare ogni possibile ulteriore previsione ma rinuncia ad indagare
sulla causa che gli appare invero impresa disperata.
Difende il suo metodo dicendo che la scienza non cerca le cause ultime, come la filosofia, ma
piuttosto la comprensione dei fenomeni naturali sulla base di ragionamenti logico-deduttivi
confortati, quando possibile, dall’esperienza.
Rinuncia a rispondere a domande quali “perché l’universo esiste e qual è il suo scopo?” e dà
fondamento all’idea dell’accessibilità razionale del mondo fisico e della possibilità di
comprendere e spiegare i fenomeni naturali e con essi gli eventi che hanno caratterizzato la storia
del cosmo e della Terra. Una accessibilità che continuerà a stupire i migliori intelletti tanto che
persino Einstein dirà molto più tardi che “la cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia
comprensibile”.
E nel sostenere un approccio tanto nuovo forse non si rendeva conto che stava costruendo le
fondamenta e la struttura del metodo scientifico moderno che avrebbe mietuto successi inebrianti
nei secoli successivi.
Vedete che razza di problemi ha posto questo grande enigma che è la gravità sin dai tempi di
Galilei e Newton?
Il punto è che ancora oggi essi sono tutt’altro che risolti.
Questa gravità, infatti, fa sì che ogni particella nell’intero universo attragga ogni altra particella,
agisce a distanze enormi e non può essere “schermata”, annullata poiché è sempre attrattiva e mai
repulsiva.
A differenza della forza elettrica e magnetica che possiedono entrambe le proprietà e possono, in
determinate condizioni, essere annullate visto che effetti di segno opposto si elidono a vicenda.
Basta pensare alle cariche elettriche positive del nucleo atomico che sono compensate
perfettamente da quelle negative degli elettroni della corteccia esterna così da rendere
elettricamente neutro l’atomo garantendogli l’equilibrio.
Pensate, questa stranezza della gravità non consente di creare in laboratorio la “assenza di
gravità” per addestrare gli astronauti, per cui la NASA deve ricorrere a particolari aerei in grado
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di seguire speciali traiettorie in picchiata riducendo quasi a zero la gravità per una ventina di
secondi,
il
tutto
con
grande
dispendio di tempo e denaro.
Ma
non
basta,
ne
dobbiamo
aggiungere almeno un’altra che ha
tormentato gli scienziati dai tempi
di Newton fino agli inizi del XX
secolo. Riguarda il fatto che una
palla di legno ed una di ferro,
lasciate in caduta libera, subiscono
Astronauti in assenza di gravità in addestramento
nell’aereo NASA.
la stessa accelerazione e quindi
arrivano al suolo simultaneamente
con la stessa velocità. Lo scoprì Galileo e lo dimostrò con la famosa prova di caduta dalla torre di
Pisa con cui ridicolizzò gli accademici aristotelici che da anni denigravano le sue teorie ed i suoi
esperimenti.
Se si fa cadere nel vuoto una piuma ed una biglia di ferro esse arrivano al suolo
contemporaneamente, ma se vengono lanciate orizzontalmente al terreno si muovono invece con
velocità diverse che dipendono dalle loro masse, evidentemente diverse.
E ciò ha rappresentato un bel rompicapo per quasi trecento anni fino al 1905 e 1916 quando
Einstein spiegò al mondo la
Teoria
della
Relatività
rivoluzionando i concetti di
tempo, spazio, massa ed energia
di Newton. Egli, in poche
parole, dimostrò che se tutti i
corpi, qualunque sia la loro
massa,
subiscono
la
stessa
accelerazione (di gravità) allora
questa
doveva
essere
una
Astronauta al lavoro sullo Space Shuttle, in assenza di gravità.
caratteristica dello spazio in cui
essi si muovevano. Prima ancora di creare l’imponente sostegno matematico alla sua Teoria della
Relatività Generale egli aveva intuito che la realtà, se era vero che si faceva decifrare, doveva
farlo in modo razionale e armonico.
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Perciò demolì lo “spazio” ed il “tempo” assoluto di Newton, li fuse
insieme e li trasformò in elementi strutturali di quel qualcosa dove
la “materia” e le “forze” si manifestavano e che fino ad allora era
stato chiamato “vuoto”.
Era inutile cercare altrove l’origine di quella forza occulta che tanto
aveva ossessionato Newton, perché era sotto i nostri occhi, era
invisibile ma occorreva saperla localizzare: nel “vuoto” dello
spazio circostante ai corpi in moto.
Intuizioni di rara efficacia come questa permettono di capire il
Albert Eistein
1879 - 1955
grande genio ma anche l’atteggiamento di umiltà e di stupore che
egli aveva nei confronti del mistero della realtà. Pensate, lo spazio
con il tempo e la materia diventano un “unicum” in cui nessuno può esistere senza l’altro in
quanto sono i costituenti stessi della realtà.
In altre parole un corpo non “attira” un altro corpo a causa di una misteriosa “azione a distanza”
ma piuttosto esso genera una certa condizione fisica nello spazio attorno che produce
quell’effetto attrattivo sull’altro corpo. E qui siamo chiamati a sforzi di immaginazione crescenti
perché, come visto, la distinzione tra spazio e materia è bell’e svanita.
Svanita insieme a quel tanto contestato postulato della “forza” poiché la gravità diventa la
manifestazione della struttura di quel mezzo invisibile che chiamiamo spazio, anzi spazio-tempo,
e perciò della sua geometria che si incurva ad avvolgere la massa costringendola nei suoi
ineludibili meandri.
Ma non basta ancora poiché occorre immaginare, o meglio, fantasticare uno spazio-tempo come
un tessuto unico e continuo che, riempiendo tutto il cosmo ne costituisce la trama e diviene la
matrice di tutti i fenomeni naturali. In sintesi, in quel tessuto si esprimono allo stesso tempo sia le
cause
che
gli
effetti
di
quanto
prima
distinguevamo in “forza”, “massa”, “energia”,
“moto”, azioni, interazioni, e così via.
Vedete bene che della gravità intesa come forza è
rimasto proprio nulla.
Lo stesso dicasi di tutte le altre forze, principi e
schemi riduzionistici vari che per secoli hanno
La massa incurva lo spazio-tempo.
distorto l’interpretazione del reale.
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Ecco perchè si è potuto fare strada una nuova
descrizione della natura che si applica
ovviamente
anche
ai
fenomeni
elettromagnetici e nucleari e che ha prodotto
le grandi conquiste scientifiche del secolo
scorso e, insieme alla Meccanica Quantistica,
l’inizio di un vistoso cambiamento di rotta
della scienza e della conoscenza.
Lo spazio-tempo deformato incurva a sua volta le
traiettorie degli altri corpi.
Ma su questi ultimi aspetti originati dalle prodigiose intuizioni di Einstein avremo modo di
tornare ripetutamente per coglierne meglio il significato, la portata innovativa ma soprattutto la
visione unificante che sta emergendo ai giorni nostri con la “Teoria delle Stringhe” che prevede
11 dimensioni spazio-temporali e si avvia a creare un unico “principio” da cui originano tutt’e
quattro le forze fondamentali della natura, tutti i costituenti della materia insieme, naturalmente,
alle interazioni che ne regolano il comportamento.
Un magnifico sforzo che ci sta portando per la prima volta nella storia dell’uomo ad una “Teoria
di Grande Unificazione”, ovvero “Teoria del Tutto”. Un’espressione che da sola rende bene
l’idea di come questo, da qualche decennio, costituisca il sogno di fisici, matematici, astronomi e
cosmologi di tutto il mondo.
Colleferro, 17 gennaio 2008.
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