Isaac Newton (1642-1727)
“Non so come possa io apparire al mondo; a me sembra d’esser stato soltanto un
bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare un ciottolo più
levigato e una conchiglia più bella del solito, mentre il grande oceano della verità
mi si stendeva dinanzi inesplorato.”
Regulae philosophandi, (Principia mathematica, 1687, lib. III.)
1. “Delle cose naturali non devono essere ammesse cause più numerose di quelle
che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni”.
2. “Perciò, finché può essere fatto, le medesime cause vanno assegnate ad effetti
naturali dello stesso genere”.
3. “Le qualità dei corpi che non possono essere aumentate e diminuite, e quelle
che appartengono a tutti i corpi sui quali è possibile effettuare esperimenti
devono essere ritenute qualità di tutti i corpi”.
4. “Nella filosofia sperimentale, le proposizioni ricavate per induzione dai
fenomeni, devono, nonostante le ipotesi contrarie, essere considerate vere o
rigorosamente o quanto più possibile, finché non interverranno altri fenomeni,
mediante i quali o sono rese più esatte o vengono assoggettate ad eccezioni”.
La natura della gravità
In verità non sono ancora riuscito a dedurre dai fenomeni la ragione di queste
proprietà della gravità, e non invento ipotesi [hypotheses non fingo]. Qualunque
cosa, infatti, non [sia] deducibile dai fenomeni, va chiamata ipotesi; e nella filosofia
sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche, sia fisiche, sia delle
qualità occulte, sia meccaniche. In questa filosofia le proposizioni vengono dedotte
dai fenomeni, e sono rese generali per induzione… è sufficiente che la gravità esista
di fatto, agisca secondo le leggi da noi esposte, e spieghi tutti i movimenti dei corpi
celesti e del nostro mare.
Scholium Generalis (Principia, 1713, II ed.)
Voi parlate a volte della gravità come essenziale e inerente alla materia. Vi prego di
non attribuirmi una simile nozione, infatti la causa della gravità è ciò che io non
pretendo di conoscere.
Newton, II lettera a Richard Bentley (1692-93)
E’ inconcepibile che la materia bruta e inanimata possa, senza la mediazione di
qualcosa di diverso che non sia materiale, operare ed agire su altra materia senza
contatto reciproco, come dovrebbe appunto accadere se la gravitazione nel senso
epicureo fosse essenziale o inerente alla materia stessa. E questa è la ragione per cui
desidero che non mi si attribuisca la gravità come innata. Che la gravità possa essere
innata, inerente e essenziale alla materia, così che un corpo possa agire su un altro a
distanza e attraverso un vuoto, senza la mediazione di qualcosa grazie a cui e
attraverso cui l’azione e la forza possano essere trasportate dall’uno all’altro,
ebbene, tutto ciò è per me un’assurdità così grande, che io non credo che un uomo il
quale abbia in materia filosofica una capacità di pensare in maniera reale, possa mai
cadere in essa. La gravità deve essere causata da un agente che agisca sempre
secondo certe leggi; e ho lasciato alla considerazione dei miei lettori il problema se
quell’agente è materiale o immateriale.
Newton, III lettera a Richard Bentley (1692-93)
Io suppongo che vi sia, diffusa ovunque, una sostanza eterea [l’etere], capace di
contrarsi e di dilatarsi, fortemente elastica e, in breve, del tutto simile all’aria da
ogni punto di vista, pur essendo molto più sottile di essa [...] Farò l’ipotesi che
l’etere consista di parti che differiscono l’una dall’altra in sottigliezza per gradi
indefiniti; che nei pori dei corpi vi sia una quantità minore di etere più grossolano,
in rapporto a quello più sottile, che nello spazio aperto; e che, di conseguenza, nel
gran corpo della terra vi sia una quantità molto minore di etere più grossolano, in
rapporto alla quantità di quello più sottile, che nelle regioni dell’aria. [la variazione
di densità d’etere dovrebbe spiegare (causa eff.) fenomeni molto diversi come la
gravità, i fenomeni chimici, luminosi, elettrici].
Lettera di Newton a Boyle, 1678.