A anteo newsletter per l’investitore istituzionale febbraio 2015 81 anno XI – n. l’editoriale di questo mese: Bentornati sulle nostre pagine a tutti voi, fedeli followers del nostro ANTEO, giunto al suo 13° anno, che scaramanticamente auspichiamo quanto mai propizio per tutti! … > pagina 4 prometeia advisor sim A anteo newsletter per l’investitore istituzionale n.81 in questo numero: editoriale p. 4 la parola a… L'angolo dell'analisi p. 6 Prof. Paolo Onofri osservatorio prometeia Come impostare l’asset allocation nell’era delle politiche non convenzionali p. 8 Cosimo Musiello, Responsabile attività asset allocation — Prometeia Advisor Sim contributi Un anno di divergenze monetarie: implicazioni per i mercati obbligazionari p. 11 Maria Paola Toschi, Market Startegist — J.P. Morgan Asset Management Prospettive per il credito europeo nel 2015 Fixed Income Team — Aberdeen Asset Management p. 14 A anteo newsletter per l’investitore istituzionale Mercati azionari globali: outlook 2015 p. 17 Matteo La Tassa, Senior Relationship Manager & Institutional Business Development — ING Investment Management 2015 : L’incertezza è l’unica certezza p. 20 Bernardo Bailo, Managing Director — Man Group Back to Real Estate p. 22 Paolo Scordino, Amministratore Delegato — Prelios Sgr Andrea Cornetti, Responsible Business Development, Fund Raising & Investor Relation — Prelios Sgr Private Equity e Private Debt: analisi dell’attuale contesto di mercato p. 26 Raniero Proietti, Responsabile Italia Investment Solutions — Partners Group pillole Prospettive per i mercati finanziari nel 2015 Ugo Speculato e Lea Zicchino — Prometeia p. 28 n.81 A anteo 4 editoriale Bentornati sulle nostre pagine a tutti voi, fedeli followers del nostro ANTEO, giunto al suo 13° anno, che scaramanticamente auspichiamo quanto mai propizio per tutti! Il numero inaugurale è, come ormai vuole la tradizione, dedicato a qualche sempre più vano vaticinio macroeconomico e finanziario sul “nuovo” anno, come sempre avvalendoci di alcuni contributi specialistici da parte di chi è in “prima linea” sui diversi mercati, che come sempre ringraziamo vivamente. Ai commenti “dell’industria” associamo come sempre quelli “della casa”, che troverete nel consueto “angolo” del Prof. Onofri e nelle “pillolone” dei nostri specialisti di mercati finanziari (in plancia Lea Zicchino e Ugo Speculato, che ringraziamo ora per tutto l’anno che verrà). Non sfuggirà all’attento lettore l’omissione su currencies & commodities, in merito alle quali da sempre è difficile formulare qualche previsione non destinata a repentina smentita, figuriamoci di ‘sti tempi…Eppure la sensazione è che proprio dai destini del risiko globale tra cambi e materie prime dipendano, nel prossimo futuro, le sorti dei portafogli finanziari, anche di quelli non direttamente esposti a questi fattori di rischio. Sono infatti questi i mercati dove più attivamente agiscono operatori la cui funzione obiettivo è diversa da quella degli investitori e degli intermediari finanziari: Governi e Banche Centrali da sempre, shadow banks & funds più di recente. La loro capacità di influenzare i corsi è straordinariamente elevata, paragonabile solo all’effetto combinato dei sistemi di trading computerizzato sui mercati azionari più liquidi: le ultime evidenze in merito sono l’abbandono improvviso da parte della Banca Nazionale Svizzera del cambio “controllato” CHF/€ e il collasso del prezzo del rame, imputato a misteriosi hedge funds cinesi, pare dotati di miliardi di USD di “munizioni”, letali in mercati poco liquidi e trattati solo attraverso derivati. Il compendio tra le analisi sell side e la nostra apprezzata ricerca indipendente è sempre affidato a Cosimo Musiello, responsabile del Comitato Asset Allocation di Prometeia Advisor, che cerca di mettere a fuoco i temi più rilevanti utili ad orientare la rimodulazione dei portafogli, in chiave strategica e tattica, tipica attività di inizio anno per molti investitori istituzionali. In un mondo di politiche economiche particolarmente interventiste, a difesa ciascuno del proprio “spazio vitale”, anche la rivisitazione delle asset allocation dei sempre più ipertrofici fondi sovrani e dei fondi pensione pubblici non può che avere effetti significativi sui corsi. Qui l’esempio più eclatante ci arriva dal Government Investment Pension Fund (GIPF), il fondo pensione dei lavoratori pubblici giapponesi: la nuova asset allocation prevede una riduzione del country bias (dal 72 al 60%), ma con una forte ricomposizione (bond da 60% a 35%, equity da 12% a 25%); il 40% della componente internazionale, poi, prevede la prevalenza degli investimenti in equity (25% dal precedente 12%). Wow! Chissà se qualche fondo pensione nostrano avrà lo stesso coraggio, pur avendo la quasi certezza che l’Euro tenderà a svalutarsi e che dai bond governativi ricaverà ben poco (pur con la “polizza QE”). prometeia advisor sim Guardando il consensus 2015 e rileggendo quello del 2014, viene da chiedersi quanto il “copia e incolla” sia una tentazione sempre più irrinunciabile per chi svolge il gramo mestiere dello strategist. Pur in presenza di uno scenario molto differente, anche un anno fa le indicazioni di portafoglio A anteo 5 erano quasi univocamente orientate all’azionario (specie europeo e giapponese), al credito più rischioso (“periferici” UEM, corporate high yield e qualche selezionato Paese emergente, con conti pubblici e bilancia dei pagamenti in ordine e crescita sostenibile). Forse gli analisti hanno anticipato troppo il mercato: vediamo se quest’anno andrà loro meglio (come al momento pare, sia osservando i flussi di capitali che i rendimenti ed i fondamentali dei diversi mercati finanziari). Rispetto allo scorso anno, siamo in grado di dare una risposta all’interrogativo che allora ci si poneva, ovvero: “come impiegheranno lo strabordante cash che hanno in pancia tantissime imprese medio-grandi in USA e in Europa?” L’impiego prevalente è stato volto al rimborso o alla rinegoziazione del debito, nei confronti delle banche e del mercato, con più di un occhio (specie negli USA) anche alla soddisfazione dell’azionista, attraverso generosi dividendi e corposi buy backs (che fanno contenti anche i managers, i cui bonus e/o piani di stock options sono spesso legati al prezzo di mercato dell’azione dell’azienda per cui operano). Animata anche l’attività di M&A, sostenuto nei volumi e nei multipli dai fondi di private market (debt & equity), che devono repentinamente trovare impiego per circa un trilione di dollari di capitali da richiamare. Dalle nostre parti, più modestamente, in uno scenario deflazionistico e con una fiscalità sempre pesante sugli investimenti, indipendentemente dalla loro finalità ed orizzonte temporale, preoccupano principalmente sostenibilità e adeguatezza. Vale per la previdenza, dove gli schemi a prestazione definita faticano a generare i rendimenti target con rischi accettabili, mentre quelli a contribuzione definita si parametrano ad una media mobile del PIL nominale ed a un coefficiente di rivalutazione del TFR sempre più ridotti. Vale anche per le Fondazioni di origine bancaria, alcune delle quali hanno toccato con mano il vulnus alla loro sopravvivenza determinato dalla concentrazione sull’asset bancario, tutte alle prese con un deciso ridimensionamento di quanto sarà possibile erogare sui loro territori, che invece sono sempre più affamati di risorse. Tutto il Team di Prometeia Advisor è all’opera per supportare al meglio gli investitori in questo momento di scelte strategiche rilevanti, che proprio perché difficili devono anche essere responsabilmente coraggiose! Anche nel 2015 il buon ANTEO giunge nelle vostre caselle di posta e sul sito (www. prometeiaadvisor.it) in ritardo sul nostro San Silvestro, ma in tempo per festeggiare insieme il capodanno cinese, previsto per il 19 febbraio. Comincia l’anno della Capra, il cui lento e paziente brucare segue le cavalcate a volte impazzite e gli imbizzarrimenti di fine corsa dell’uscente Cavallo. La “direzione sfortunata” per la Capra, secondo il tassonomico zodiaco cinese, è “sudest”: tra Grecia e Medio Oriente, rabbrividiamo…anche perché, in attesa dell’anno della Capra, ci aspettano gli inesorabili giorni della Merla! Non ci resta che congedarci, augurando una buona lettura a tutti! prometeia advisor sim L'angolo dell'analisi Prof. Paolo Onofri L’atteso quantitative easing della Bce è arrivato: intanto qual è la sua prima impressione? Sarei tentato di rispondere: ottimo e abbondante; passiamo alla prossima domanda. Più seriamente: grande e positiva mediazione, gestita con molta intelligenza anche nel suo lento maturare, propinando digestivi in anticipo alla stampa tedesca. La modalità con cui sarà attuato genera già opinioni contrastanti; intanto, esiste effettivamente un rischio di una maggiore frammentazione finanziaria? Così come anche, tra le prime reazioni, qualcuno ha paventato il rischio di rendere più problematica la situazione dei Paesi periferici in caso di difficoltà di bilancio pubblico. Mi pare che le prime reazioni preoccupate per la condivisione del rischio solamente al 20% siano state eccessive, dimenticando che non c’è nemmeno analoga condivisione degli interessi: se la Bce acquista titoli tedeschi a tassi negativi, l’onere della perdita è all’80% sul governo tedesco. Nel caso dei titoli dei Paesi periferici il tasso è comunque positivo e quindi si tratta di distribuzioni intertemporali delle eventuali perdite contabili dovute alle fluttuazioni dei tassi, perdite che il flusso di interessi è in grado di compensare. Comunque, la perdita intertemporale sicura per titoli a tassi negativi potrà eventualmente verificarsi solamente per i paesi core, gli stessi che hanno voluto la separazione dei rischi. L’evento default, essendo per il momento escluso l’acquisto di titoli greci, sta nella coda della distribuzione di probabilità. In ogni caso, entrando di più nel merito, va considerato che se c’è segregazione del rischio non c’è segregazione della base monetaria che questa operazione crea: essa potrà circolare in tutti i Paesi indipendentemente dalla residenza dell’operatore che l’ha originata. prometeia advisor sim A anteo 6 La reazione dei mercati è stata finora positiva e, come spesso capita, piuttosto intensa generando il timore di effetti di overshooting che potrebbero poi essere ridimensionati nel tempo; in particolare, i rendimenti obbligazionari sono ovunque al minimo storico e ciò rende più difficile l’investimento in questa asset class da parte dei nostri investitori; è lecito domandarsi su quanto gli attuali livelli abbiano già incorporato il QE e, di conseguenza, se e quanto possano ancora ridursi. Molto del percorso implicato dalla dimensione del QE credo sia stato già fatto; abbiamo cominciato a parlare di QE europeo all’inizio della primavera scorsa (Prometeia aveva già valutato ad aprile 2014 l’effetto di un QE europeo di 1000 miliardi), il 5 giugno è stato annunciato un QE via banche (Tltro) e il 5 dicembre l’attuale QE via portafogli finanziari. Prometeia aveva stimato un effetto sul rendimento dei Btp decennali di circa 140 pb, dopo sei mesi, ovvero un rendimento dell’1,3%. Se crediamo a quella valutazione lo spazio ancora da percorrere sarebbe abbastanza limitato. Ai livelli di oggi (29 gennaio) vi sarebbero non più di 30 punti di possibile discesa. Tutto ciò va, comunque, ponderato con gli effetti delle tensioni relative allo sviluppo della situazione greca. In parallelo, è lecito attendersi uno spread BTP – Bund sotto i 100 pb e quali effetti potrebbe avere sull’economia italiana? Quanto ho appena detto implica che con un rendimento del bund attorno a 0,4%, lo spread per il Btp potrebbe scendere verso 90 pb. L’effetto complessivo nell’arco dei due anni durante i quali il QE dovrebbe manifestarsi, tenendo conto anche un periodo di tapering, potrebbe essere di 0.5 punti di Pil. Sul fronte dei cambi c’è stato molto movimento negli ultimi mesi; ora siamo attratti dal deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro che, si auspica, possa proseguire per sostenere la domanda estera; oltre a chiederle se è lecito attendersi un ulteriore rafforzamento del dollaro, possiamo considerare scongiurata una “tensione” valutaria a livello internazionale? A anteo Dato il mutamento dei rapporti di cambio intervenuto tra le diverse monete (yen, dollaro, euro) la tensione valutaria l’abbiamo già avuta; possiamo aspettarci che ora le valute si assestino per un almeno un anno attorno alle attuali quotazioni. Nel considerare gli effetti sull’economia italiana, non dobbiamo dimenticare che se l’euro si è deprezzato di quasi il 20 per cento verso il dollaro, in termini effettivi nominali il deprezzamento non ha superato il 10 per cento, per il deprezzamento parallelo delle monete dei Paesi emergenti. Ciò avrà influenza sulle nostre capacità di esportare verso quei Paesi e indubbiamente anche verso il Giappone, vista la nostra presenza non particolarmente forte in quelle aree. Le nostre esportazioni potranno contare sulla penetrazione in quelle aree dei prodotti tedeschi e quindi sulla domanda da parte della Germania dei nostri prodotti intermedi, molto importanti nei loro processi produttivi. Un’ultima domanda: l’altro evento atteso era costituito dalle elezioni greche; alla luce dell’evoluzione generale degli eventi, l’esito elettorale di domenica scorsa quali influenze potrà avere? 7 Credo che l’effetto principale sia di aumentare la volatilità sui mercati finanziari e valutari abbastanza a lungo, ma senza spostare significativamente i valori medi. Le ragioni di tensione sono molteplici e le fasi in cui si espliciteranno saranno prolungate; quindi andrà prestata molta attenzione nella gestione dei portafogli, che potranno subire fluttuazioni consistenti nei loro valori di mercato. Comunque, pur a parità di valori medi delle grandezze finanziarie coinvolte, va detto che l’eventuale perdurare di una elevata varianza di tali valori potrebbe mettere a repentaglio la trasmissione degli effetti del QE, della riduzione del prezzo del petrolio e del deprezzamento dell’euro sull’economia reale, condizionando negativamente le decisioni di consumo e di investimento. Incrociando le dita, direi che questo possibile scenario per il momento non mi sentirei di sottoscriverlo. Senza farmi prendere dall’euforia, come altri, ritengo però che questa che abbiamo di fronte sia la prima vera occasione di por fine a sette anni di crisi. prometeia advisor sim A anteo 8 osservatorio prometeia Come impostare l’asset allocation nell’era delle politiche non convenzionali Cosimo Musiello, Responsabile attività asset allocation — Prometeia Advisor Sim C ome ormai tradizione, utilizziamo il primo numero dell’anno 2015 di Anteo per individuare, sulla base dello scenario e dell’outlook, i temi rilevanti di asset allocation. Essendo arrivato il tanto atteso Quantitative Easing (QE) della Bce, l’abbiamo in qualche modo incorporato nel titolo di questo articolo, ma il "non convenzionali" poterebbe in verità riferirsi anche a questioni più ampie. La giusta domanda che i nostri investitori si pongono attualmente è come impostare le proprie asset allocation in un contesto finanziario diverso forse da tutti i cicli passati. Il livello medio di liquidità nei portafogli è mediamente elevato, in parte per le prese di beneficio di fine anno sui mercati, soprattutto obbligazionari. Si pone il problema dei reinvestimento e più in generale, di come rivedere le politiche di investimento coerentemente con il mutato contesto. Come al solito cercheremo di estrapolare alcuni temi di discussione sui quali improntare alcune considerazioni, che potranno interessare le strategie e le politiche di gestione, sia nel breve che nel lungo termine, degli investitori istituzionali italiani. prometeia advisor sim Le politiche espansive di questi ultimi anni hanno avuto certamente il merito di stabilizzare il quadro finanziario e di evitare pericolose recrudescenze recessive, ma non sono ancora state determinati per generare un percorso di stabile ripresa economica. Forse solo negli Stati Uniti l’attuale fase ciclica appare più solidamente proiettata verso una ripresa ciclica che, pur profondamente diversa rispetto a quelle passate, può risultare più stabile nei prossimi anni. Le altre aree geografiche hanno problematiche di vario tipo, che rendono la politica monetaria espansiva uno strumento in questa fase assolutamente necessario ma non sufficiente per avviare un ciclo di ripresa. A fronte di mercati finanziari caratterizzati da quotazioni relativamente elevate, soprattutto in alcuni segmenti, il ciclo economico presenta ancora delle difficoltà: risulta quindi quanto mai necessario saper valutare correttamente i fondamentali dei mercati per cogliere la presenza di eventuali "bolle". Il riferimento a dati storici poco aiuta: ci troviamo infatti in una condizione mai sperimentate in passato. I rendimenti dei titoli obbligazionari sono eccezionalmente bassi e in diversi casi al minimo storico assoluto; ciò ha determinato una distorsione della percezione (e di riflesso della tolleranza) al rischio. Sul mercato dei titoli di Stato, i rendimenti dei Paesi considerati “core” sono ai minimi storici e, in Europa, negativi per buona parte della curva; le attese prima e l’effettivo annuncio del QE della Bce hanno compresso anche gli spread con il Bund; il differenziale tra il BTP e il titolo tedesco decennale si attesta attorno a 120 pb: tali livelli non si vedevano dalla primavera del 2010, prima dell’inizio della crisi dei debiti sovrani. Ciò implica però che anche i rendimenti del BTP si trovano ai minimi storici, pari sulla scadenza decennale all’1,5%. Anche i rendimenti dei titoli corporate sono ai minimi storici e occorre guardare al segmento high yield per trovare rendimenti superiori al 2%. Ciò genera una certa apprensione nell’allocazione della liquidità, posto che per i nostri investitori l’asset class obbligazionaria riveste comunque rilevanza, sia per ragioni normative che per motivi di equilibri di asset allocation. Sui mercati azionari, alcune piazze registrano livelli prossimi ai massimi storici (Usa, Germania, Uk); nei Paesi periferici, invece, si registrano livelli degli indici ben inferiori rispetto ai massimi visti prima della crisi; ciò sia perché probabilmente allora i livelli erano cresciuti troppo, sia per le maggiori criticità economiche che conseguono alla crisi finanziaria intervenuta. In tale contesto, la domanda più logica che ci possiamo porre è: dove cercare performance nel 2015? Altrettanto logico sarebbe rispondere che la ricerca della redditività quest’anno sarà piuttosto ardua, ma sarebbe banale. Stante l’immissione di liquidità che determinerà sui mercati finanziari dell'area Uem, è lecito attendersi che il QE della Bce avrà effetti A anteo relativamente benefici. Ciò potrà favorire le attività a maggiore contenuto di rischio, ma si rifletterà anche sui rendimenti obbligazionari dei Paesi periferici, destinati quindi a mantenersi contenuti anche nei prossimi mesi. Il tono generale delle politiche monetarie resterà espansivo non solo nelle aree che hanno iniziato o che stanno per iniziare le politiche non convenzionali, ma anche negli Stati Uniti dove, pur terminato il QE, è presumibile che il rialzo dei tassi non avvenga prima dell’ultima parte dell’anno, con la Fed comunque attenta a non provocare repentini rialzi dei rendimenti a medio-lungo termine, per non generare tensioni finanziarie e per non condizionare la ripresa economica. Grazie alla loro elevata diversificazione, quindi, i prodotti obbligazionari globali e tra questi gli aggregate, risulteranno un asset class interessante nei prossimi mesi. il contesto geopolitico sarà foriero di volatilità, che certamente può condizionare le scelte e i risultati di breve termine, ma che può costituire a sua volta un’opportunità di investimento, fruibile tramite stili di gestione attiva sia del rischio tasso che del rischio credito (ad esempio strategie long/short o di replica hedge). Se allarghiamo lo sguardo su un orizzonte temporale più ampio, è ovvio che la situazione corrente sui rendimenti del Bund appare eccessiva; anche alcuni esercizi di valutazione del fair value sui titoli obbligazionari di medio-lungo termine indicano una situazione di sopravvalutazione, diversamente da quanto si osserva, ad esempio, sui Treasury statunitensi, per i quali le valutazioni risultano maggiormente allineate. Ciò potrebbe suggerire la possibilità di cominciare a guardare prodotti short sul Bund per sfruttare un eventuale rimbalzo dei rendimenti in futuro. Anche sul mercato corporate vi possono essere delle opportunità; intanto sul mercato statunitense gli spread si sono ampliati, soprattutto sul segmento high yield, a causa principalmente della dinamica dei titoli energetici, stante la dinamica dei prezzi del petrolio (si vedano le "Pillole" per maggiori dettagli). Se, come appare nelle previsioni di consenso, oltre che nelle nostre, la situazione inerente i prezzi del petrolio dovesse evolvere verso una risalita, anche i titoli ad esso collegati o correlati potrebbero beneficiarne. Nell’area Uem potrebbero essere interessanti i titoli a cavallo tra la soglia di investment grade e high yield che potrebbero intercettare una maggiore domanda da parte degli operatori finanziari. 9 Sui mercati azionari occorre intanto constatare che le valutazioni fondamentali non indicano segnali di surriscaldamento, praticamente dappertutto, compresi i listini che si trovano vicini ai massimi storici. Ciò non vuol dire, ovviamente, che possiamo attenderci automaticamente un trend positivo per l’anno in corso, ma in un’ottica di medio termine i mercati azionari sono comunque l’asset class con le attese di maggiore performance, ponendo sempre la dovuta attenzione al livello di diversificazione e privilegiando i mercati che hanno ancora quotazioni relativamente basse rispetto alle medie degli ultimi anni (tra i quali quello italiano). L’area Europea resta quella con il maggior ritardo congiunturale, per cui risulta fondamentale accentuare la diversificazione internazionale. Ciò risulta coerente, peraltro, con la possibilità che l’euro resti relativamente debole sui mercati, favorendo quindi investimenti a cambio aperto. Dal punto di vista gestionale, occorre nuovamente focalizzare l’attenzione sulla robustezza e coerenza dei processi di investimento . Le evoluzioni normative che stanno interessando le diverse categorie di investitori istituzionali catalizzeranno l’evoluzione nei modelli di investimento, nei processi di controllo dei rischi, nell’universo di investimento, con un forte focus sui meccanismi decisionali e operativi. Di conseguenza, una volta definite le strategie, occorre considerare che la velocità con cui si muovono i mercati, nonché le necessità di doversi comunque assumere dei rischi per conseguire rendimenti coerenti con i propri target, rendono maggiormente indispensabile rivedere anche i modelli gestionali, ricorrendo senz’altro in misura maggiore al risparmio gestito beneficiando, con le dovute cautele, delle capacità innovative dell'industria nel contrastare fasi di mercato alterne come quelle che ci attendono. Ma ancor prima, occorre definire una strategia che possa risultare lungimirante dove l’obiettivo prioritario deve essere l’equilibrio di medio-lungo termine, il che vuol dire risultare sostenibili nel tempo nell’evoluzione dei propri impegni istituzionali, sia che si tratti di prestazioni di walfare che di erogazioni sul territorio, senza compromettere la capacità di conservazione del proprio patrimonio. In sostanza, ribadiamo un concetto che portiamo avanti ormai da anni nella definizione delle strategie occorre sganciarsi dalle logiche di breve termine (tipicamente il bilancio di esercizio) e invece guardare alla prometeia advisor sim solidità di lungo termine, che potrebbe essere altrimenti minata. Una volta definita la strategia, la gestione tattica ha comunque un rilievo essenziale e quindi le valutazioni di cui sopra sulle possibili opportunità delle rispettive classi di attività andranno opportunamente valutate, in funzione ovviamente delle composizioni di portafoglio e dei rispettivi profili di rischio. Ma accanto a queste decisioni, occorre anche effettuare valutazioni e scelte coerenti con il contesto evolutivo, che è caratterizzato da profondi cambiamenti strutturali dei quali tenere conto. Certamente non mancano e non mancheranno prometeia advisor sim A anteo 10 opportunità e soluzioni di investimento che l’industria finanziaria potrà proporre, che possono costituire allo stesso tempo il giusto equilibrio tra i propri target finanziari di mediolungo periodo e i propri indirizzi strategici e istituzionali. Il contesto che abbiamo davanti è certamente complesso e per molti aspetti più difficile di altre situazioni affrontate in passato; allo stesso tempo, le evoluzioni in atto offrono delle opportunità che vanno colte, adeguando evidentemente processi e logiche nell’impostazione e implementazione delle politiche di investimento. A anteo 11 contributi Un anno di divergenze monetarie: implicazioni per i mercati obbligazionari Maria Paola Toschi, Market Startegist — J.P. Morgan Asset Management D alla crisi finanziaria del 2008/2009, le principali banche centrali dei Paesi sviluppati si sono mosse nella stessa direzione, introducendo varie misure di allentamento monetario. Nel 2015, questa situazione cambierà, con l’inizio di una politica di inasprimento da parte della Federal Reserve (Fed) e della Bank of England (BoE), e la continuazione delle politiche espansive della Banca Centrale Europea (BCE) e della Bank of Japan (BoJ). Le forti pressioni disinflazionistiche globali, continuano a spingere i tassi in basso, spostando in avanti le attese di rialzo e aumentando i rischi per i mercati obbligazionari nei prossimi anni. Le diverse performance economiche guidano le divergenze monetarie Nell’ultima parte del 2014 la ripresa statunitense sembra avere trovato un buon ritmo. La crescita procede a un tasso annualizzato di oltre 3% e la disoccupazione è scesa sotto la media di lungo termine. Nonostante ciò l’aumento dei salari resta modesto. Non si è registrato un significativo incremento dell’inflazione, ma anzi è avvenuto il contrario. Inoltre, l’inflazione potrebbe restare bassa per i prossimi mesi, dato che il calo del prezzo del petrolio e il rafforzamento del Dollaro compensano movimenti al rialzo delle retribuzioni sul mercato interno. Le aspettative inflazionistiche di lungo termine sono scese nell’ultima parte del 2014. Il tasso swap a 5 anni, un indicatore di dove si attestino le previsioni a 5 anni sull’inflazione statunitense, ha registrato un netto calo nell’ultima parte del 2014, evidenziando un’elevata correlazione con il rialzo del dollaro e con il calo del petrolio. Per questo le autorità monetarie hanno più volte chiarito che l’inasprimento monetario resterà molto lento anche dopo che la ripresa avrà preso slancio. Il consenso degli economisti prevede un primo rialzo dei tassi di interesse statunitensi a metà 2015. Ed è possibile che la Fed alzerà i tassi più rapidamente di quanto prevedano i mercati, se solo la crescita dei salari accelererà. Nel Regno Unito la politica monetaria è già diventata meno accomodante, e il bilancio della banca centrale ha registrato una contrazione rispetto al PIL. La BoE potrebbe proseguire il ciclo di normalizzazione di politica monetaria nel 2015, con uno o più rialzi dei tassi a partire dalla metà Figura 1: Aspettative d'inflazione a lungo termine (inflazione di pareggio 5 anni/ 5 anni) 4.0 2.4 3.8 2.3 2.2 3.6 2.1 3.4 2.0 3.2 1.9 3.0 1.8 2.8 1.7 2.6 2.4 dic-12 1.6 1.5 giu-13 Stati Uniti (sx) dic-13 Regno Unito (sx) giu-14 Eurozona (dx) Fonte: Bloomberg, J.P. Morgan Asset Management. Guide to the Markets – Europa. Dati al 31 dicembre 2014. prometeia advisor sim dell’anno. Anche il Regno Unito ha registrato un forte incremento dei posti di lavoro negli ultimi anni, senza rialzi dell’inflazione o dei salari. La differenza rispetto agli Stati Uniti sta nel fatto che la partecipazione alla forza lavoro è in fase di aumento. L’occupazione rispetto alla popolazione si sta oggi avvicinando ai massimi storici. Ciò è positivo per la crescita di lungo termine, ma ha prodotto un calo della produttività. La produzione pro capite è aumentata ancora più lentamente che negli Stati Uniti. Ne consegue che vi è probabilmente meno capacità inutilizzata rispetto agli Stati Uniti, cosa che potrebbe indurre la BoE ad alzare il tasso di riferimento prima della Fed. Anche in questo caso il governatore della BoE, Mark Carney, ha chiarito che il processo di rialzo dei tassi sarà lento e si arresterà a un livello inferiore rispetto al passato. prometeia advisor sim A anteo 12 In Europa la ripresa ha perso slancio nella seconda metà del 2014. Preoccupa il rallentamento di alcuni Paesi, come Italia e Francia. L’Eurozona necessita di maggiore crescita e inflazione per ridurre l’indebitamento pubblico e privato. Per questo dall’estate scorsa, la BCE ha intensificato gli sforzi per contrastare il calo dell’inflazione, annunciando programmi per incentivare le banche a concedere prestiti alle imprese (TLTRO), impegnandosi ad acquistare titoli ABS e covered bond privati su base continuativa. Il consiglio direttivo della BCE si è inoltre esplicitamente impegnato ad ampliare lo stato patrimoniale della banca riportandolo a circa 3.000 miliardi di EUR, intensificando la lotta alla deflazione. Ciò ha già prodotto un importante indebolimento dell’Euro. NLa Bce ha poi annunciato un nuovo round di misure di allentamento quantitativo, proprio per limitare i rischi deflazionistici e rilanciare la crescita. Nonostante la BCE e il Governatore Draghi con l’OMT (Outright Monetary Transaction) e con il discorso su “whatever it takes” abbia già raggiunto alcuni importanti obiettivi, come il calo dei tassi sui governativi periferici e l’indebolimento dell’Euro, non ha tuttavia agito sufficientemente sulla crescita della liquidità. Per questo la Bce ha implementato un programma di acquisti più ampio che includerà anche i governativi. Queste misure saranno positive per l’Europa, come anche il forte calo del prezzo del petrolio, che potrà determinare un calo dei costi per le aziende e le famiglie, pur ostacolando lo sforzo di rialzare l’inflazione. Se la crescita e l’inflazione non riusciranno a infrangere la soglia dell’1% in alcuni Paesi (come l’Italia), vi sarà il rischio che gli investitori mettano nuovamente in dubbio la sostenibilità delle finanze pubbliche. Inoltre per assicurare l’efficacia delle politiche della BCE, le aziende dovranno avere più fiducia nel futuro della ripresa. Anche i governi dovranno dare il loro contributo, sostenendo la domanda e accelerando le riforme strutturali. L’aumento degli investimenti privati e della occupazione in Spagna indicano che gli sforzi fatti per migliorare la competitività possono tradursi in un’accelerazione della crescita. L’Europa è quindi l’area dove restano le maggiore aspettative di espansione monetaria. Questo elemento la candida ad essere l’area più stabile e meno esposta al rialzo dei tassi. Venendo al Giappone, sotto la guida di Shinzo Abe, il governo ha promesso non solo drastiche misure di lotta alla deflazione da parte della banca centrale, ma anche una serie di riforme strutturali per incrementare la crescita di lungo termine. Non è ancora chiaro se la cosiddetta “Abenomics” sia in grado di imprimere una svolta rispetto agli ultimi due decenni di stagflazione, ma prevediamo che la politica monetaria resterà molto accomodante. Dopo avere mostrato un certo slancio a inizio anno, l’economia nipponica ha risentito degli effetti dell’aumento dell’imposta sui consumi. Il tasso di inflazione strutturale è nuovamente sceso riducendo le speranze di centrare l’obiettivo del 2% entro aprile 2015. Ciò ha indotto la BoJ a raddoppiare gli sforzi per reflazionare l’economia, deprezzando la valuta e spingendo al ribasso i rendimenti obbligazionari di lungo termine. La BoJ ha preso l’impegno a tempo indeterminato di acquistare titoli di Stato per 80.000 miliardi di JPY l’anno (circa il 15% del PIL), superando di gran lunga le misure adottate dalle altre banche centrali. Inoltre la BoJ acquisterà il 100% dei Titoli di Stato giapponesi di nuova emissione (dal precedente 70%). Ciò potrà anche compensare il calo degli acquisti da parte del fondo pensione statale, che ha annunciato l’intenzione di investire una quota maggiore in azioni. Questi sviluppi saranno probabilmente positivi per i mercati e l’economia giapponese nel breve periodo. Ma affinché questi miglioramenti possano continuare nel 2015 saranno fondamentali i progressi in termini di riforme strutturali. Il rialzo del Dollaro e gli effetti sui tassi Le prospettive contrastanti di crescita e politica monetaria tra Stati Uniti ed Europa potranno avere tre probabili ripercussioni. Le prime due sono il rafforzamento del dollaro e la continua debolezza dei prezzi delle materie prime. La terza consiste nel fatto che i tassi statunitensi, resteranno probabilmente inferiori al livello a cui si sarebbero attestati per un periodo più lungo del previsto. Le minori pressioni inflazionistiche e i tassi di interesse più bassi dovrebbero favorire la A anteo ripresa statunitense e, di conseguenza, quella globale. Il rischio potrebbe invece aumentare se il dollaro si dovesse impennare eccessivamente continuando ad attrarre flussi d’investimento verso i mercati azionari, già molto elevati, e verso i Treasury. È possibile che assisteremo a un periodo di tassi statunitensi di lungo termine spinti eccessivamente al ribasso dalla continua domanda mondiale di Treasury e dalle politiche divergenti attuate da BCE e BoJ. La Fed potrebbe essere costretta a effettuare rialzi dei tassi di breve termine più marcati, per non rischiare di trovarsi con condizioni monetarie troppo accomodanti in una fase avanzata della ripresa. Nell’incontro di settembre, i membri del FOMC hanno annunciato le loro previsioni sui tassi dei Federal Fund a fine 2015, 2016 e 2017. La mediana di tali stime vedeva, a fine 2015, un tasso compreso tra 1,25% e 1,50%. Questo livello di tassi riflette un inasprimento monetario superiore a quello che sconta il mercato. Questo scostamento è probabilmente frutto della liquidità, che ha creato forti distorsioni. In effetti, la stima di un aumento di 1,25% del tasso dei Fed Fund nel corso del 2015 sembra ragionevole, dato il clima economico del Paese, con un tasso di disoccupazione che potrebbe a breve scendere sotto al 5% e la crescita dei salari che dovrebbe accelerare. In uno scenario di questo tipo, non vi sarebbe alcun bisogno di politica monetaria espansiva. La Fed potrebbe rendersi conto di dover realizzare una transizione verso la neutralità monetaria iniziando presto a rialzare i tassi già nel primo incontro di giugno 2015 e proseguendo senza interruzioni, per raggiungere il target di 3,75%, stabilito per il lungo termine, entro l’inizio del 2017. Nel momento in cui la Fed inizierà il ciclo di inasprimento, anche i tassi sui Treasury di lungo termine potrebbero salire, ma il trend potrebbe differire da quanto osservato in passato. Nei 50 anni precedenti il 2007, il rendimento del Treasury decennale è stato mediamente lo 0,9% al di sopra del tasso dei Fed Fund. Un ritorno alla storica relazione tra il tasso dei Fed Fund e il Treasury decennale, implicherebbe un rendimento del decennale di oltre 4,5% entro l’inizio del 2017, dal 1,9% attuale. Tale livello potrebbe essere inferiore se le divergenze monetarie determineranno un afflusso di capitali verso i Treasury. Se i tassi di interesse di lungo termine restassero troppo bassi, a causa della forte domanda di Treasury dall’estero, pur in un contesto di crescita dei tassi a breve, l’effetto sarebbe di stimolo dell’economia e non di raffreddamento. In questo caso, la Fed potrebbe cercare di mantenere i tassi di lungo termine superiori a quelli di breve termine con vendite di 13 titoli. Con un bilancio di oltre 4.500 miliardi di USD, accumulato in questi ultimi anni di allentamento quantitativo, che ad un certo punto vorrà ridimensionare, la Fed dispone delle munizioni necessarie a generare un incremento dei tassi di interesse di lungo termine. Il ruolo delle banche centrali e i rischi d’investimento È possibile che nei prossimi mesi le banche centrali continueranno ad essere al centro dell’attenzione dei mercati. Sarà quindi molto importante che riescano a gestire la fase di uscita dall’emergenza monetaria in maniera più efficiente possibile e senza eccessive ripercussioni in termini di volatilità dei mercati. Il caso della Banca Nazionale Svizzera e della brusca reazione al rialzo del Franco all’annuncio inaspettato di eliminazione della parità verso Euro, ha infatti dimostrato come sia importante guidare adeguatamente le aspettative e agire senza creare eccessivi shock di mercato. Per questo il rischio di un rialzo dei tassi persiste, nonostante il calo anche recente dei rendimenti, alimentato dal calo del prezzo del petrolio e delle aspettative d’inflazione, i pericoli di rialzo dei tassi sono aumentati e si potranno materializzare nell’anno corrente ed in quelli a venire. I mercati obbligazionari al di fuori degli Stati Uniti potrebbero avere un andamento migliore. I recenti annunci della BoJ e della BCE ribadiscono la ferma intenzione di fornire ulteriori stimoli monetari. Né il Giappone né l’Europa mostrano segni di crescita o inflazione degni di nota. Il debito dei Paesi europei periferici, tuttavia, potrebbe essere vulnerabile ai risultati politici; il riemergere di rischi di fuoriuscita di un Paese dalla UE o dalla moneta unica potrebbe intensificare i timori creditizi. La ricerca di rendimento cedolare resterà un tema dominante per l’investimento in reddito fisso. Le obbligazioni dei mercati emergenti offrono yield più elevati rispetto ai mercati sviluppati. Malgrado la presenza di rischi idiosincratici, Paesi emergenti come l’India, in cui le banche centrali perseguono la protezione della valuta e il controllo dell’inflazione, possono essere interessanti. Il ciclo di inasprimento della Fed, previsto per il 2015 è stato abbondantemente annunciato e discusso: potrebbe quindi generare meno volatilità del taper tantrum del 2013. Tuttavia sarà importare impostare una rigida strategia di selettività e di minore esposizione ai rischi di volatilità valutaria. prometeia advisor sim A anteo 14 contributi Prospettive per il credito europeo nel 2015 considerazione il mercato high yield dovrebbero porsi tre specifiche domande: Questo nervosismo è destinato a persistere? Ci stiamo avvicinando alla fine del ciclo del credito? E dove altro si può investire per ottenere un livello di reddito significativo? Fixed Income Team — Aberdeen Asset Management Il segmento high yield europeo nel 2015 I Attualmente il nervosismo la fa da padrone e deriva da molteplici cause. La politica economica degli Stati Uniti si sta muovendo in direzione opposta alla politica europea, il forte dollaro statunitense sottrae denaro ai mercati emergenti e le implicazioni del vertiginoso calo delle quotazioni petrolifere sono ancora in corso di valutazione, nonostante tale situazione abbia nel frattempo inciso negativamente (-15%) sul mercato dell’high yield statunitense e abbia provocato il crollo del rublo russo. Al contempo è entrata in gioco anche la deflazione mentre l’Europa continua a esibire rendimenti obbligazionari ai minimi storici. La fragilità politica della Grecia e la sua permanenza nell’Eurozona continuano a conquistare le prime pagine dei giornali. La volatilità resterà strutturalmente più elevata per diverse buone ragioni mentre stiamo per entrare in una nuova fase del mega ciclo iniziato alla fine della crisi finanziaria globale. l mercato high yield europeo, stando all’indice Bank of America Merrill Lynch European Currency High Yield, ha chiuso il 2014 con un soddisfacente 5,5%. Questo dato è il risultato dell’ottimo primo semestre registrato dall’asset class (rendimento del 5,5% a metà anno) a cui ha fatto seguito una seconda parte dell’anno più debole che, nel complesso, ha determinato rendimenti flat. Storicamente il mercato high yield risulta, nella migliore delle ipotesi, semiliquido. I deflussi contribuiscono a ridurre le quotazioni obbligazionarie mentre l’avversione al rischio può provocare squilibri a livello di pricing degli asset. Anche un default in un particolare settore è in grado di determinare un re-pricing di tutte le obbligazioni analoghe. Il mercato high yield europeo ha sperimentato tutti questi fattori nel secondo semestre del 2014 e quindi iniziamo il nuovo anno in una situazione ancora febbrile. Dopo quasi sei anni il ciclo del credito è maturo, ma non siamo in presenza di un ciclo normale. In questo contesto, gli investitori che prendono in Figura 1: prometeia advisor sim High Yield paneuropeo – Rendimento minimo (YTW) Fonte: Barclays Capital. 01/01/2015 12/01/2014 11/01/2014 10/01/2014 09/01/2014 08/01/2014 07/01/2014 06/01/2014 05/01/2014 04/01/2014 03/01/2014 02/01/2014 01/01/2014 5.500 5.250 5.000 4.750 4.500 4.250 4.000 3.750 3.500 3.250 3.000 2.750 2.500 High Yield paneuropeo – OAS A anteo 15 mentre il rendimento medio sulle obbligazioni con rating B è salito dell’1,2% a quota 5,7%, con il prezzo effettivo medio che è sceso di 4,75 punti a quota 102,25. L’Eurozona ha ormai raggiunto un punto in cui l’inflazione è divenuta negativa per via di una domanda carente, della flessione dei prezzi degli alimentari e, più di recente, del calo dei prezzi dell’energia. Da più parti ci si attende che la Banca Centrale Europea (BCE) dia il via a una specie di quantitative easing (QE) mirato a contrastare la deflazione. Questo contesto con tassi di interesse costantemente ridotti è quindi destinato ad essere ulteriormente consolidato dal nuovo stimolo monetario di prossima introduzione, il che garantirà la persistenza di una congiuntura caratterizzata da ridotti tassi di default per le società. Il mercato fa eccessivo affidamento sulle Banche Centrali, ma viste le misure che tali istituti sono stati disposti a mettere in campo per rilanciare gli asset e le economie, è improbabile che abbandonino proprio ora queste politiche. A dispetto dell’aumento dei default idiosincratici, è improbabile che si assista a una serie di default sistemici. Un grafico del ciclo dei default dovrebbe assomigliare più a un altopiano che a una vera e propria vetta, ovvero attestarsi su livelli abbastanza elevati per un certo periodo di tempo piuttosto che registrare una brusca impennata. Nelle circostanze attuali e in prospettiva, gli spread creditizi offrono una remunerazione più che adeguata rispetto al rischio di default assunto. Con i due terzi dell’universo composti da società con rating BB, la maggior parte della società high yield europee continuerà a generare liquidità e pagare cedole. Le società finanziariamente deboli, che operano nel high yield tendono ad aver bisogno di tassi di crescita nominale superiori per favorire l’ampliamento dei rispettivi bilanci. Questo segmento del mercato potrebbe quindi essere sottoposto a ulteriori pressioni. Malgrado ciò, gli emittenti europei con rating CCC rappresentano solo una minima parte del mercato, di poco inferiore al 7%. Gli emittenti con rating B costituiscono il 28% del mercato e, sebbene alcuni risentiranno di un contesto caratterizzato da inflazione negativa e crescita debole, hanno già subito una revisione dei prezzi rispetto ai massimi di giugno 2014. Oggi, lo spread medio rispetto ai Bund tedeschi si attesta a 563 punti base (+144pb), In sintesi, la volatilità sembra destinata a restare più alta rispetto all’ultimo periodo. Le valutazioni non forniranno più una protezione adeguata, ma gli spread creditizi sono appena oltre i minimi. Anche se il rendimento dell’asset class appare ridotto in termini storici, siamo in presenza di uno spread puro dal momento che la curva dei bund tedeschi sottostanti offre un contributo quasi inesistente. In questo contesto non si può di certo sostenere che il valore in gioco sia straordinario ma, vista la politica monetaria ancora eccezionalmente accomodante e i ridotti default, un rendimento del 5% circa per un’asset class a ridotta duration risulta relativamente interessante rispetto agli altri principali segmenti del reddito fisso. Figura 2: 2.5 2 1.5 1 0.5 Rendimento minimo (YTW) #RIF! Fonte: BAML. #RIF! OAS titoli di Stato 01/01/2015 18/12/2014 04/12/2014 20/11/2014 06/11/2014 23/10/2014 09/10/2014 25/09/2014 11/09/2014 14/08/2014 28/08/2014 17/07/2014 31/07/2014 03/07/2014 19/06/2014 05/06/2014 22/05/2014 08/05/2014 24/04/2014 27/03/2014 10/04/2014 13/03/2014 27/02/2014 13/02/2014 16/01/2014 30/01/2014 02/01/2014 0 prometeia advisor sim Il segmento investment grade europeo nel 2015 Diversamente dall’high yield europeo, il mercato investment grade in euro non ha vissuto periodi di volatilità nel secondo semestre 2014. Infatti si è trattato di un altro anno eccezionale, con spread di rendimento sui Bund tedeschi in contrazione di 20 punti base, che ha portato il rendimento complessivo, anche a causa della flessione dei rendimenti dei Bund tedeschi, all’8,25% nel corso dell’anno. Sebbene nei mercati del credito in sterline gli spread, stando all’indice Bank of America Merrill Lynch Sterling Non-gilt, abbiano subito un leggero ampliamento nel corso dell’anno, nel 2014 il rendimento complessivo si è attestato al 12,35%, per via di una duration mediamente superiore e del calo dei rendimenti dei titoli di Stato. Analogamente al high yield, questa positiva performance è in larga parte attribuibile alle aspettative e alle misure adottate dalla BCE in termini di politica monetaria. Il mercato ha correttamente anticipato che, nell’ambito del proprio programma di QE, la BCE avrebbe iniziato ad acquistare direttamente titoli di credito corporate ed a spingere al ribasso i rendimenti dei titoli di Stato tramite l’acquisto di debito sovrano, con un conseguente incremento della necessità di rendimento non sovrano. In ambedue i casi, i mercati del credito ne dovrebbero trarre vantaggio. Rispetto alla congiuntura descritta per l’high yield, il quadro fondamentale del credito investment prometeia advisor sim A anteo 16 grade appare piuttosto solido, indipendentemente dalla riduzione del costo di rifinanziamento da parte della BCE. E ciò è essenzialmente imputabile a due ragioni. Sul fronte bancario, la riforma normativa ha comportato un significativo rafforzamento del capitale azionario, soprattutto per i leader nazionali, mentre i modelli di business stanno subendo una sostanziale riduzione del rischio. Sul fronte societario, la persistente debolezza dell’economia europea ha indotto la maggior parte delle società industriali europee di maggiori dimensioni a posticipare l’avvio del processo di re-leveraging, che normalmente risulta già in corso in questa fase del ciclo del credito. Inoltre, il crollo delle quotazioni petrolifere non ha ancora inciso in misura significativa sulle società europee operanti nel settore dell’energia. Al contrario, la flessione delle quotazioni petrolifere dovrebbe favorire i margini delle industrie e la crescita economica generale. A livello di fondamentali, l’impatto più forte è stato avvertito da alcune società operanti in Russia a fronte delle sanzioni imposte al Paese e della conseguente recessione in atto. Nonostante il contesto sia estremamente favorevole dal punto di vista tecnico e fondamentale, permangono notevoli rischi macroeconomici e politici, tra cui un possibile aumento dei tassi della Federal Reserve USA. Per il momento resta il margine per un ulteriore aumento della volatilità ma, se il mercato non perde fiducia nella BCE, sembra improbabile che l’anno si chiuda con spread di rendimento più ridotti rispetto a quelli di fine 2014. A anteo 17 contributi Mercati azionari globali: outlook 2015 e i bassi costi di finanziamento. In un contesto di elevata disoccupazione, difficilmente le società dell’eurozona si troveranno ad affrontare pressioni salariali. Riteniamo quindi possibile una ripresa dei margini aziendali nella zona Euro e in Giappone. Matteo La Tassa, Senior Relationship Manager & Institutional Business Development — ING Investment Management R ispetto al 2014, la crescita dei mercati sviluppati nel 2015 segnerà un’accelerazione, soprattutto in termini nominali, pur rimanendo ad un livello inferiore alla media storica. Per i Paesi del G4 stimiamo una crescita nominale del 3,6% nel 2015, di poco superiore al dato del 2014 (3,0%), mentre a livello globale, Includendo i mercati emergenti, la crescita dovrebbe stabilizzarsi attorno al 5,6%. Nonostante le valutazioni azionarie siano superiori alla media decennale in termini assoluti, è necessario tenere in considerazione tre elementi. In primo luogo, l’Europa e il Giappone sono nella fase iniziale di un trend rialzista degli utili che giustifica un PE leggermente superiore alla media. In secondo luogo le banche centrali sembrano orientate ad assicurare sufficiente liquidità al mercato. Pensiamo che sia la Bce che la BoJ continueranno ad adottare politiche monetarie espansive, mentre riteniamo che la Fed aumenterà i tassi di interesse a metà anno. Fino ad allora la politica monetaria globale rimarrà estremamente accomodante, quindi a sostegno delle valutazioni. Il QE spinge inoltre gli investitori a risalire la curva di rischio, tanto che la ricerca di rendimento potrebbe estendersi ai segmenti corporate e high yield, fino a coinvolgere i titoli azionari. Questi livelli di crescita sono sufficienti per dare un discreto slancio agli utili aziendali, tuttavia sono probabili divergenze a livello regionale. Per il Giappone e l’eurozona ci aspettiamo una crescita degli utili superiore a quella delle aziende statunitensi. La debolezza dell’euro e dello yen rispetto al dollaro farà aumentare gli utili e migliorerà la competitività delle imprese. Entrambe le Regioni presentano un elevato leverage operativo, pertanto piccole variazioni nella crescita dei ricavi possono determinare variazioni importanti dell’utile netto. Inoltre, per una valutazione completa, è necessario tenere in considerazione anche il calo del prezzo del petrolio L’ultimo elemento da considerare riguarda le valutazioni relative. Il premio al rischio azionario è pari approssimativamente al 4,6%, mentre la media a lungo termine è compresa tra il 3 e il 3,5%. Figura 1: Margini operativi netti 18.0% 16.0% 14.0% 12.0% 10.0% 8.0% 6.0% 4.0% 2.0% Eurozone Fonte: Datastream, INGIM (dicembre 2014) . Japan USA 01/02/2014 01/03/2013 01/04/2012 01/05/2011 01/06/2010 01/07/2009 01/08/2008 01/09/2007 01/11/2005 01/10/2006 01/12/2004 01/01/2004 01/02/2003 01/03/2002 01/04/2001 01/05/2000 01/07/1998 01/06/1999 01/08/1997 01/09/1996 01/10/1995 01/11/1994 01/12/1993 0.0% prometeia advisor sim A anteo 18 Figura 2: PE mondiale rispetto alla media decennale 35 30 25 20 15 10 5 WORLD PE 31/12/2014 31/12/2013 31/12/2012 31/12/2011 31/12/2010 31/12/2009 31/12/2008 31/12/2007 31/12/2006 31/12/2005 31/12/2004 31/12/2003 31/12/2002 31/12/2001 31/12/2000 31/12/1998 31/12/1999 31/12/1997 31/12/1996 31/12/1995 31/12/1994 31/12/1993 31/12/1992 31/12/1991 31/12/1990 0 WORLD 10 YR AVG Fonte: Datastream, INGIM (dicembre 2014) . Le azioni sono in grado di assorbire un graduale aumento dei rendimenti obbligazionari, purché giustificato da un miglioramento dei fondamentali sottostanti. In base agli elementi sopra esposti il 2015 si presenta come un anno potenzialmente positivo per i mercati azionari, tuttavia ravvisiamo alcuni rischi in grado di cambiare le carte in tavola. Il primo è di natura geopolitica. L’impressionante diminuzione del prezzo del petrolio potrebbe incidere sugli equilibri di potere. La Russia è in recessione e il prezzo attuale del petrolio è nettamente inferiore al break-even fiscale di gran parte degli Stati produttori. In un’area già molto fragile, questa situazione può sfociare in disordini sociali. Il conflitto russo-ucraino e le tensioni al confine rappresentano un’ulteriore fonte di preoccupazione. Importante sarà valutare quale sarà l’impatto sui flussi di investimento nei fondi sovrani, che ormai sfiorano i 6.000 miliardi di dollari americani e che in molti casi dipendono dai ricavi delle materie prime. Alcuni dei maggiori progetti di sviluppo immobiliare e infrastrutturale al mondo sono finanziati da tali fondi. Il secondo rischio è la deflazione nell’eurozona, che penalizzerebbe gli asset rischiosi. Riteniamo tuttavia che una risposta decisa da parte della Bce possa contrastare tale rischio. prometeia advisor sim La terza fonte di rischio, la più importante da monitorare nel 2015, è il cambiamento di politica monetaria negli Stati Uniti e l’impatto sui rendimenti obbligazionari. L’aumento dei rendimenti obbligazionari di per sé non è preoccupante, purché sostenuto da un miglioramento dei dati economici sottostanti e dall’andamento degli utili, in quanto la contrazione del PE viene compensata da utili più elevati. La volatilità dei mercati è sicuramente destinata ad aumentare in prossimità delle riunioni della Fed e della pubblicazione dei dati economici, in particolare ora che la crescita degli utili Usa ha imboccato un trend discendente. Un quarto rischio è rappresentato dalla situazione politica interna nei Paesi dell’Eurozona, dove i partiti anti-establishment stanno guadagnando consensi e presumibilmente incideranno sull’agenda dei partiti tradizionali. Il 2015 sarà un anno di elezioni nel Regno Unito (maggio), in Spagna (dicembre), in Portogallo (ottobre) e in Grecia (febbraio). Probabilmente questi appuntamenti elettorali influenzeranno la volatilità nel corso dell’anno, come già visto di recente ad esito delle elezioni greche. Un ultimo rischio riguarda il possibile “hard landing” della Cina. Gli indicatori economici segnalano un rallentamento, che coinvolge in particolare l’importante settore immobiliare. Gli investitori sperano che il governo intervenga annunciando maggiori stimoli, ma al tempo stesso i responsabili politici cercano di contrastare la costante crescita dei livelli di indebitamento. Il calo dei prezzi energetici rappresenta sicuramente un toccasana per l’economia cinese, come per la maggior parte delle economie asiatiche. A anteo 19 Figura 3: Premio al rischio azionario globale 8 7 6 5 4 3 2 1 01/01/2014 01/12/2012 01/11/2011 01/10/2010 01/09/2009 01/08/2008 01/07/2007 01/05/2005 01/06/2006 01/04/2004 01/03/2003 01/01/2001 01/02/2002 01/12/1999 01/11/1998 01/10/1997 01/09/1996 01/08/1995 01/07/1994 01/05/1992 01/06/1993 01/04/1991 01/03/1990 01/01/1988 01/02/1989 0 Fonte: Datastream, ASR (gennaio 2015) . Spostando l’analisi a livello regionale, il mercato azionario Usa ha dominato la scena, grazie ai migliori fondamentali macroeconomici e alla maggiore crescita degli utili. Per il 2015 non abbiamo una visione negativa in termini assoluti sulle azioni Usa, ma riteniamo che questa classificazione relativa tra i mercati sviluppati potrebbe assumere contorni assai diversi. Le variabili principali sono la politica monetaria e la crescita degli utili, ambiti in cui ci aspettiamo che gli Stati Uniti intraprendano una diversa direzione rispetto all’Europa e al Giappone. Il Giappone è la piazza finanziaria preferita. A fine ottobre la BoJ ha sorpreso il mercato varando ulteriori stimoli monetari; come se non bastasse ha contemporaneamente annunciato una variazione dell’asset allocation del GPIF (fondo pensione pubblico con un patrimonio gestito di 130.000 miliardi di yen) che sarà articolata lungo due preferenze relative: dalle obbligazioni alle azioni e dagli asset domestici a quelli esteri. Il previsto aumento dell’imposta sulle vendite dall’8 al 10% è stato rinviato ad aprile 2017 e il governo ha annunciato un budget fiscale aggiuntivo di 3.000 miliardi di yen per stimolare la domanda al consumo e sostenere le piccole e medie imprese; la maggioranza in carica ha inoltre vinto le elezioni, assicurando al primo ministro Abe altri quattro anni di tempo per attuare la sua strategia. Una simile conclusione è suggerita anche dall’andamento dei margini operativi, tornati sui massimi pre-crisi e dal calo del petrolio che rappresenta un importante driver positivo, non solo per i margini ma anche per la spesa al consumo. Consideriamo quindi il Giappone come la migliore combinazione tra crescita degli utili e valutazioni interessanti . Nel mezzo ci sono le società dell’Eurozona: la forza del dollaro è certamente un fattore positivo, ma la debolezza dello yen può costituire un problema per alcune aziende in concorrenza diretta con le imprese giapponesi in mercati sensibili ai prezzi. Sul mercato internazionale il dollaro è comunque dominante, pertanto ci aspettiamo un impatto valutario positivo sugli utili dell’Eurozona. Nonostante questo aspetto, siamo ancora cauti sia per i dati macroeconomici che per il quadro politico greco, che ha assunto nuovamente contorni incerti; rimaniamo quindi in attesa degli effetti delle politiche monetarie della BCE sull’economia reale. prometeia advisor sim A anteo 20 contributi 2015 : L’incertezza è l’unica certezza Bernardo Bailo, Managing Director — Man Group S iamo all’inizio del 2015 ed è difficile immaginare un periodo storico in cui le prospettive macroeconomiche e le aspettative per i mercati dei capitali, siano state più incerte, soprattutto in Europa. L’Eurozona è entrata ufficialmente in deflazione, l’Euro è scambiato al minimo livello da più di dieci anni a questa parte e gli ostacoli al QE (nonostante le remore di un parte degli stati membri) sono progressivamente venute meno. Solo il tempo potrà dire se non sia già troppo tardi in Europa per evitare i “decenni perduti” di cui ha sofferto il Giappone, ma è preoccupante il fatto che la Banca Centrale Europea sia stata pronta solo ora ad implementare il QE, ben sei anni più tardi rispetto al Regno Unito e Stati Uniti. Mentre molti non sono ancora convinti dell’efficacia del QE, ci sembra indubbio che esso abbia svolto un ruolo importante per risanare i bilanci delle istituzioni finanziarie di Regno Unito e Stati Uniti. La domanda da porsi a questo punto, anche se dopo l’AQR e stress la debolezza dei bilanci bancari non è più il principale problema europeo, è se il QE potrà effettivamente produrre i risultati sperati. In un’ottica più globale, la discussione riguardante la forte riduzione del prezzo del petrolio si e’ spostata da considerazioni sui vantaggi per i consumatori alla valutazione sul possibile impatto destabilizzante che ciò avrebbe per i prezzi al consumo. L’industria petrolifera si è indebitata molto per finanziare il processo produttivo e per finanziare progetti di sviluppo che erano concepiti con l’ipotesi che il prezzo del petrolio sarebbe rimasto sopra gli 80 dollari al barile. Perciò gli spread creditizi sul debito si sono ampliati notevolmente ed i rischi di default sugli strumenti di debito di società del settore petrolifero sono più elevati che in precedenza. Non è da escludersi, inoltre, che tali effetti si possano estendere contagiando altri settori. prometeia advisor sim Dopo la crisi finanziaria, il peso degli strumenti azionari nei portafogli degli investitori istituzionali è calato progressivamente, ma una delle recenti ricerche al riguardo (Mercer European Asset Allocation Survey) mostra che questa tendenza si è rallentata in modo significativo negli ultimi tempi. Crediamo che questo sia il riflesso di un’atteggiamento meno conservativo da parte degli investitori verso l’investimento azionario, che costituisce uno strumento in grado di generare rendimenti interessanti quando i tassi di interesse sono ridotti, specialmente ora che una politica monetaria molto accomodante renderà meno probabile il realizzarsi a breve degli scenari economici più pessimistici. Ciò significa che gli investitori sono probabilmente più inclini a trovare buoni motivi per investire in azioni, piuttosto che preoccuparsi dei rischi associati a quel tipo di investimento. In questo contesto le preoccupazioni per la mancanza di crescita sostenibile dei ricavi sono state sostanzialmente ignorate nei mesi scorsi, mentre il miglioramento degli utili aziendali, essenzialmente finanziario, è stato preso come giustificazione dell’aumento delle quotazioni azionarie. Vale la pena notare che il mercato azionario statunitense, in particolare, è cresciuto con un livello di extraperformance, rispetto agli altri mercati, tale che gli indici azionari mondiali ponderati per capitalizzazione sono oggi ancora più esposti agli Stati Uniti di quanto non lo fossero in precedenza. Possibili soluzioni d’investimento nell’attuale contesto Detto questo, le valutazioni azionarie non sembrano essere particolarmente elevate, soprattutto in relazione ai rendimenti obbligazionari, potrebbero quindi esserci ancora le condizioni per un proseguimento dei rialzi di mercato che continuano dal Marzo 2009. Tuttavia non vanno ignorati possibili bruschi aumenti di volatilità, similmente a quanto accaduto nell’autunno scorso, causati da incertezza e da un consenso meno diffuso, che possono creare rischi di correzioni anche improvvise. Come accennato, gli investitori sono comprensibilmente riluttanti ad abbandonare il mercato azionario... Quindi ci chiediamo: come si può sfruttare il potenziale di rialzo, mitigando contestualmente potenziali perdite? Le strategie Equity Long-Short cercano di catturare il potenziale di sovraperformance di singoli titoli mitigando l’esposizione al mercato azionario A anteo 21 nel suo complesso. La principale differenza tra un fondo azionario tradizionale e una strategia azionaria Long-short è la combinazione di esposizioni ribassiste a fronte di un’esposizione tradizionale rialzista al mercato. Tipicamente i fondi azionari long-short sono meno efficaci durante i mercati al rialzo poiché la direzione rialzista del mercato complessivo (o beta) tende ad essere la principale determinante della performance di un portafoglio azionario. Tuttavia, i fondi long-short a basso beta, e talvolta beta neutral, forniscono un attraente profilo rischio/rendimento in un contesto di mercato incerto, in quanto la loro volatilità e la perdita potenziale sono tipicamente inferiori rispetto a quelle di un portafoglio azionario long-only in caso di correzione del mercato. A beneficio di chi cerchi una maggiore diversificazione di portafoglio, vale la pena notare che, dopo anni di alternanza tra fasi di mercato “risk-on” e “risk-off”, con l’aumento dell’incertezza sulle prospettive dell’economia e degli investimenti è aumentata anche l’intensità dei trend nei movimenti di prezzo dei vari attivi finanziari. Chiaramente, la tendenza al ribasso dei prezzi del greggio, è un esempio di immediata di individuazione, ma abbiamo visto esempi simili anche in altre asset-class, particolarmente nel reddito fisso e sulle valute. Le cosiddette Strategie “managed futures” sono posizionate per catturare i trend dei prezzi in entrambe le direzioni e in una vasta gamma di mercati finanziari, potendo fornire anche protezione in caso di forti ribassi in un ambiente di crescente avversione al rischio. Infatti, vale la pena ricordare come per le strategie di managed futures il 2008 sia stato un anno di ottime performance, benché al culmine della crisi finanziaria. Queste strategie hanno registrato ottimi risultati anche durante la forte correzione del settore tecnologico e le turbolenze dei mercati emergenti nel 1998. Ciò suggerisce che un’allocazione a strategie di managed futures potrebbe potenzialmente generare rendimenti durante una fase di contrazione del mercato, non limitandosi alla sola funzione di pura diversificazione. Accessibilità Le strategie “managed futures” e “equity Longshort” sono facilmente accessibili attraverso fondi UCITS. Infatti, si tratta di strategie alternative che investono in strumenti essenzialmente liquidi e per loro natura più allineati ai requisiti della direttiva UCITS. In un mondo di crescente incertezza, è forse giunto il momento di dare più considerazione agli investimenti alternativi liquidi? Documento ad uso riservato degli investitori qualificati di cui è vietata la diffusione tra il pubblico. Le opinioni espresse sono quelle dell’autore e potrebbero non essere condivise da tutto il personale di Man Group plc (‘Man’). Queste opinioni sono soggette a modifiche senza preavviso, sono da considerarsi a solo scopo informativo e non costituiscono un’offerta o una sollecitazione ad intraprendere investimenti in qualsiasi strumento finanziario o in qualsiasi prodotto in merito al quale membri di Man Group forniscano consulenza di investimento o altri servizi. Tutte le dichiarazioni previsionali sono valide solo alla data in cui sono state fatte e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero causare risultati effettivi differiscono sostanzialmente da quelli contenuti nelle suddette dichiarazioni. Salvo diversa indicazione, queste informazioni sono comunicate da GLG Partners LP, società autorizzata e regolamentata nel Regno Unito dalla Financial Conduct Authority. prometeia advisor sim A anteo 22 contributi Back to Real Estate da nuove opportunità di business scaturite nell’ultimo trimestre. Paolo Scordino, Amministratore Delegato — Prelios Sgr Andrea Cornetti, Responsible Business Development, Fund Raising & Investor Relation ­— Prelios Sgr L a forza espressa dai dati macroeconomici, il clima di rinnovata fiducia e la stabilizzazione dello scenario finanziario internazionale hanno mostrato già nel corso del 2014 segnali di una lenta ripresa dell’economia in tutta l’area Euro. Tuttavia, le incertezze derivanti dall’instabilità politica di alcuni Paesi così come la continua stagnazione nell’erogazione dei nuovi finanziamenti, che è proseguita anche dopo gli esiti dell’asset quality review, hanno impedito ancora una volta la piena ripartenza. Il mercato immobiliare, dopo circa sette anni di evidenti contrazioni e la perdita di fiducia da parte degli invertitori istituzionali e privati nell’industria immobiliare, ha registrato nel 2014 una performance migliore rispetto ad altri mercati. Già a partire dal 2013 nell’area Euro si erano intravisti segnali di miglioramento, che si sono mantenuti per tutto il 2014. Tuttavia il fatturato del settore immobiliare dell’ultimo anno si è chiuso con una leggera contrazione, comunque controbilanciata In Italia il 2014 è iniziato con ancora un perdurante timore per la disgregazione della moneta unica, che ha contribuito ad aumentare la situazione di incertezza che già gravava intorno al nostro Paese. Tale sfiducia è stata in parte superata a seguito delle azioni condotte per la realizzazione delle riforme strutturali, che il nostro Paese attendeva da tempo. Di certo il 2014, nonostante alcune scelte politiche adottate dal nostro governo, non verrà ricordato né per la ripartenza dei consumi, che continuano a segnare un andamento negativo, né per il ritorno del segno positivo del prodotto interno lordo, che pur essendo migliorato in termini percentuali rispetto all’anno precedente chiude ancora con un segno negativo. Analizzando il mercato immobiliare italiano dell’ultimo anno si possono però intravedere alcuni fattori di cambiamento che, qualora dovessero permanere anche nel 2015, consentirebbero la ripartenza dell’industria immobiliare. Le principali tendenze positive occorse durante l’anno sono identificabili nel protrarsi dell’interesse degli operatori esteri per il prodotto immobiliare italiano e nell’aumento della richiesta, da parte di soggetti privati e non, di finanziamenti dedicati agli immobili. Figura 1: Andamento del prodotto interno 2011 2012 2013 2014 2015 2016 1 0.5 Variazione % 0 0.80 0.60 0.40 -0.5 -0.40 -1 -1.5 -2 -2.5 -3 prometeia advisor sim -1.90 -2.40 PIL (Variazione %) Fonte: stime Fondo Monetario Internazionale 20.01.2015 . A anteo 23 Le stime in aumento sul PIL nazionale del 2015 (+0,4%) e del 2016 (+0,8%), unite ai trend sopra descritti, ci portano ad affermare che, dopo anni consecutivi di contrazione, l’economia italiana se pur moderatamente tornerà a crescere. Il cambiamento del trend macroeconomico nazionale precedentemente descritto farà auspicabilmente da volano anche per la ripresa del settore immobiliare, sia in termini di fatturato, sia per quanto riguarda la creazione di nuovi posti di lavoro. Se l’Italia è tornata nel mirino degli investitori, è soprattutto Milano a costituire l’obiettivo del loro interesse, anche in considerazione dell’importante evento che l’anno appena iniziato porterà con sé. Expo 2015 attrarrà un flusso stimato di oltre venti milioni di visitatori, che porterà con se benefici per tutta l’economia italiana e coinvolgerà indirettamente le più importanti città turistiche italiane (Roma, Firenze e Venezia). Non a caso, si è già manifestato un forte interesse da parte degli investitori e delle principali catene internazionali per gli alberghi collocati in posizioni prime nelle città sopra elencate. Tale trend dovrebbe continuare anche per tutto il 2015. Le quotazione degli alberghi sono previste in crescita, soprattutto per quanto concerne il mercato degli hotel lusso (alberghi con 5 stelle) per i quali è già in corso una forte crescita del tasso di occupancy. Il mercato immobiliare nelle città secondarie, salvo alcune particolari eccezioni, sconterà ancora la fragile ripresa. Tuttavia, per la fine dell’anno si prevede un modesto aumento delle transazioni nelle compravendite residenziali. La conseguenza sarà un aumento dei prezzi di vendita, però percettibile solamente nel primo semestre del 2016. Complice il repricing già avvenuto per alcune tipologie di asset immobiliari nelle principali città, il prossimo biennio dovrebbe segnare il graduale ritorno degli investitori internazionali core e la conseguente diminuzione della presenza nel Paese di investitori opportunistici esteri. Questi ultimi, da un lato hanno monopolizzato il Paese grazie alla loro grossa disponibilità di liquidità, ma dall’altro lo hanno reso terreno fertile agli occhi di una diversa categoria di investitori che da parecchio tempo avevano escluso l’Italia dalla propria mappa. Difatti, per gli investitori core esteri l’Italia rappresenterà una quota di investimento fondamentale per consentire un’adeguata diversificazione del portafoglio (asset allocation), sia dal punto di vista geografico sia in termini prettamente economici. I nuovi investitori, focalizzati su obiettivi di ritorno di medio e lungo periodo, dovrebbero innescare l’inizio di un nuovo ciclo immobiliare caratterizzato da una crescita sempre più qualitativa che quantitativa. Questo ciclo comporterà la ridefinizione dell’appeal immobiliare verso quegli immobili in grado di garantire maggior flessibilità e multifunzionalità, nonché un sensibile risparmio energetico. Osservando nel dettaglio gli immobili italiani, ci si accorge però di come vi sia, su tutto il territorio nazionale, un’importante carenza di prodotto immobiliare per questa tipologia di investitori. L’attesa conseguenza sarà un Figura 2: Andamento e previsioni del fatturato del mercato immobiliare italiano (mln di euro) 140 000 120 000 111 600 113 600 115 050 104 700 100 000 98 750 97 350 120 300 131 000 124 600 127 600 104 050 80 000 60 000 40 000 20 000 0 2010 2011 2012 Nota: 2014 stima, 2015 previsionale . 2013 2014* 2015° 2016° 2017° 2018° 2019° 2020° prometeia advisor sim sensibile incremento della domanda per taluni beni e il conseguente aumento dei prezzi. L’effetto combinato delle due variabili genererà altresì una compressione dei rendimenti, che dovrebbe consentire una migliore stabilizzazione del mercato nel medio e lungo periodo. Osservando i singoli comparti immobiliari nazionali ci si attende che il settore residenziale superi il momento di grossa incertezza normativa e fiscale che ormai da tempo condiziona gli investimenti, le compravendite e la pianificazione dei costi operativi riguardanti gli immobili. Il trend atteso per il 2015 prevede un incremento del 15% delle transazioni immobiliari e vede in prima fila il ritorno, come investitori, delle famiglie. I prezzi, dopo anni di forti contrazioni, dovrebbero rimanere stabili per tutto l’anno o comunque in leggera diminuzione rispetto al valore registrato nel 2014. Va altresì precisato che le quotazioni per gli immobili posizionati nella fascia medio-bassa del mercato potrebbero discostarsi in modo più significativo dai valori registrati nel 2014, cosi come è prevista una ripresa di valore per gli immobili posizionati in fasce di prezzo elevate. La completa ripresa del mercato residenziale dovrebbe avvenire solamente a cavallo del 2016, periodo in cui le banche dovrebbero riprendere ad erogare con una certa continuità nuova finanza. Nell’ultimo anno, il segmento degli uffici ha subito contrazioni elevate, a causa della debolezza del comparto dei servizi, l’alto tasso di disoccupazione e i riflessi dello scenario economico nazionale. Di fatto, il mercato del 2015 sconterà ancora il tasso di vacancy elevato ereditato dagli anni precedenti. Le stime prevedono per i prossimi mesi un calo delle quotazioni appena inferiore all’1% e una forte diminuzione della domanda per nuovi spazi, che dovrebbe coinvolgere anche gli immobili di recente costruzione e con buoni standard qualitativi. Un elemento di assoluta positività per questo comparto riguarda la stabilizzazione dei canoni di locazione per gli immobili con già in corso contratti di locazione. Infatti sono previste in diminuzione tutte le attività volte alle rinegoziazioni al ribasso dei contratti di locazione. La diminuzione di queste attività impatterà positivamente sulla stabilizzazione dei flussi di cassa operativi, con la conseguente diminuzione della volatilità del rendimento. prometeia advisor sim A anteo 24 L’inizio dell’anno porta con se grandi aspettative per tutto il comparto destinato al retail. Cosi come per il settore alberghiero, agli occhi degli investitori istituzionali l’Italia è “back on the map”. Già verso la fine del 2014 si sono verificate transazioni immobiliari di asset high street retail che si sono perfezionate a livelli di yield considerati fino a pochi mesi prima inapplicabili in Italia. Anche per questo settore si ripresenta il problema della poca disponibilità di prodotto di qualità, particolarmente appetibile per tutti gli investitori istituzionali ed esteri. L’aspettativa di conseguenza prevede un forte aumento dei prezzi per il prodotto di qualità sul mercato prime. Vorremmo, poi, porre la nostra attenzione verso gli immobili in proprietà agli istituti di credito. A seguito degli esiti e delle svalutazioni imposte dall’asset quality review, esiste un enorme quantitativo di asset rimasti off market fino ad oggi, che qualora messi sul mercato ne influenzerebbero l’andamento in modo significativo. La messa sul mercato di questi beni non andrebbe a colmare la lacuna di immobili di qualità richiesta dagli investitori, dato che ne rappresentano un minima percentuale. La messa in vendita di questa tipologia di immobili rappresenta una variabile da gestire attraverso operatori professionali e specializzati con soluzioni e prodotti innovativi. D’altro canto, salvo alcune eccezioni (in primis Unicredit e intesa SanPaolo), la maggior parte degli istituti di credito non ha ancora preso posizione in merito alle proprie strategie/attività di liquidazione per l’anno 2015, pertanto bisognerà attendere l’evoluzione in corso dell’anno per poter analizzare i dati in modo puntuale. Da ultimo vorremmo soffermarci sull’industria dei fondi immobiliari, che negli ultimi anni ha caratterizzato le più importanti transazioni sul mercato, arrivando a detenere in gestione attività complessive stimate in circa 42 miliardi di Euro. L’anno appena passato ha portato con se alcuni cambiamenti regolamentari destinati ai fondi retail (fondi destinati al pubblico risparmio), tra i quali la possibilità di prorogare/estendere di ulteriori due anni la data di scadenza del Fondo. L’applicazione di questa norma è volta a limitare l’eccesso di offerta immobiliare sul mercato nazionale, così da consentire una migliore performance per i sottoscrittori dei fondi. Senza l’introduzione della norma sarebbero arrivati sul mercato più di cinque miliardi di euro di immobili, dismessi dai venti fondi in scadenza nel prossimo biennio, che avrebbero impattato sulla ripresa del mercato. Risulterà un elemento di assoluta distinzione per gli operatori specializzati la capacità di intercettare e valorizzare, anche in fase di alienazione, i propri portafogli immobiliari. Il 2015 dovrebbe portare in dote ulteriori novità regolamentari, non solo per i fondi immobiliari, ma anche per la nascita di nuovi strumenti di finanza strutturata volti ad intercettare il piccolo A anteo investitore. Una volta definiti gli aggiornamenti normativi e le caratteristiche dei nuovi prodotti sarà possibile identificare le migliori strategie di investimento, così da poter pianificare una corretta asset allocation. Se verranno mantenute tutte le previsioni ipotizzate in precedenza e la fiducia continuerà a prendere il sopravvento sullo scetticismo, sui timori di instabilità politica, sugli ostacoli burocratici e giuridici in cui può incorrere un investitore, il 2015 potrebbe diventare l’anno della svolta per il mercato immobiliare. Anche gli investitori stranieri intravedono nell’Italia, soprattutto in Milano, una delle città principali in cui investire nel 2015, per via dell’Expo ma anche dell’inacessibilità dei prezzi di acquisto nei 25 principali mercati di investimento degli ultimi anni quali Inghilterra, Germania e Francia. Le condizioni del mercato immobiliare mondiale offrono all’Italia un importante opportunità di riscatto per l’anno in corso: il compito degli operatori specializzati è di operare affinché queste condizioni positive vengano a concretizzarsi. In conclusione, si può affermare come le stime sul 2015 prevedano una ripresa graduale di tutta l’industria immobiliare e ricollochino il settore immobiliare fra le principali asset class di investimento. La ripresa degli investimenti da parte delle famiglie sarà tuttavia strettamente legata alla concessione della nuova finanza da parte delle banche. prometeia advisor sim A anteo 26 contributi Private Equity e Private Debt: analisi dell’attuale contesto di mercato Raniero Proietti, Responsabile Italia Investment Solutions — Partners Group Il quadro macroeconomico L ’economia reale a livello globale continua a mostrare tassi di crescita inferiori rispetto al dato medio storico di lungo periodo. In parziale contrasto rispetto ai mercati azionari quotati, il cui andamento complessivamente rialzista continua tuttavia ad essere caratterizzato da una volatilità estremamente elevata, a causa delle numerose incertezze geopolitiche ed alle azioni delle Banche Centrali. Nel breve termine, il sensibile calo del prezzo del petrolio avrà un impatto positivo sul potere d’acquisto delle famiglie e sulla competitività delle industrie energy-intensive. In tal senso, il Fondo Monetario Internazionale stima che una riduzione del 30% dei prezzi del petrolio equivale ad un aumento annuale del PIL pari allo 0,8% nelle economie avanzate. Tra i Paesi che potranno beneficiare maggiormente di tale fenomeno vi sono gli USA, la Cina, l’Eurozona ed il Giappone, ma anche i Paesi ad alta inflazione (Turchia e Brasile) e quelli energy-subsidizers (India e Indonesia). Ciò premesso, da un punto di vista macroeconomico le prospettive di crescita a livello globale rimangono, nel medio termine, poco entusiasmanti. Questo è particolarmente vero per l’area Euro, che vive una fase di alta disoccupazione, elevato livello di indebitamento (sia pubblico che privato) ed una debole domanda interna; tutto ciò pone l’attenzione –ancora una volta- sulla necessità di riforme strutturali, con particolare riferimento al mercato del lavoro, alla revisione della spesa pubblica e, più in generale, ad un complessivo aumento di competitività delle imprese europee. prometeia advisor sim In un quadro macroeconomico come quello sopra delineato, caratterizzato da un contesto complessivamente riparametrato su prospettive di minore crescita, valorizzazioni degli attivi relativamente elevate, forte volatilità e significativi volumi di liquidità alla ricerca di rendimento, Partners Group ritiene che la selettività e la disciplina nella selezione degli investimenti, nonché un profuso impegno nella ricerca di “tangibili” e “misurabili” opportunità di creazione di valore, rappresentino i principali fattori di successo con riferimento ai mercati degli assets, non quotati (cd. private markets). Aggiornamento sul mercato del Private Equity Partners Group continua ad intravedere sul mercato prezzi complessivamente elevati, con valorizzazioni delle aziende a volte superiori rispetto ai picchi raggiunti nel 2007. In questo senso, la disponibilità di credito a tassi favorevoli ed un dry powder (capitali raccolti non ancora impiegati) da parte dei fondi di Private Equity pari a circa USD 1 trilione hanno l’effetto di aumentare la competizione ed incrementare progressivamente i prezzi delle transazioni. L’immediata conseguenza dell’attuale contesto di mercato è che i financial sponsors cercano di capitalizzare le elevate quotazioni, avviando numerosi processi di exit dalle società partecipate, sia attraverso la vendita ad operatori industriali (cd. ‘trade sales’), che tramite IPOs (quotazioni in borsa). Sulla base dei dati Preqin, il volume di exit year-to-date al 20 novembre 2014, pari a USD 130 mld, si attesta ai record storici sul mercato USA. In Europa, i gestori di Private Equity hanno generato un volume di exit pari a USD 91 mld alla stessa data. In questo senso, un trend estremamente chiaro e visibile rispetto al periodo antecedente alla crisi finanziaria (e che ci aspettiamo continuerà anche nel 2015) è relativo all’incremento di operazioni “sponsor-to-sponsor” (USD 58 mld year to date a Novembre 2014, tra USA ed Europa). Tale fenomeno, che riteniamo diverrà sempre più rilevante, rappresenta una notizia positiva per i detentori delle aziende, i quali possono contare su un numero maggiore di possibili acquirenti per le società in portafoglio. A anteo Con riferimento al mercato secondario di Private Equity, il deal flow continua ad essere significativo, seppur con sconti rispetto al NAV inferiori rispetto al passato. In particolare, i volumi sono prevalentemente trainati da processi di riallocazioni del portafoglio messi in atto dagli investitori, oltre che da esigenze regolamentari (in particolare con riferimento agli istituti finanziari, che sono sempre più incentivati a concentrarsi sui rispettivi core business). Oltre a ciò, si registra un sempre maggiore numero di operazioni “nonstandard” (tra cui, a titolo di esempio, complesse ristrutturazioni di portafogli di fondi o “direct secondaries”). Ci si attende, nei prossimi mesi, un progressivo aumento di tali tipologie di operazioni che rappresentano, di fatto, un’interessante opportunità per gli operatori con una expertise in questo ambito. Aggiornamento sul mercato del Private Debt Il mercato del credito continua ad essere caratterizzato da elevata liquidità; in particolare, negli Stati Uniti il volume di prestiti senior YTD a Novembre 2014 ha raggiunto quota USD 463 mld1, un dato leggermente inferiore rispetto a quello dell’intero anno precedente (pari a USD 478 mld). Inoltre, le emissioni di debito second-line (con minori garanzie) sono state pari a USD 33 mld, in significativo aumento rispetto al 2013 (USD 21 mld). I volumi di debito registrati in USA sono inoltre guidati dalle significative emissioni di CLOs (USD 95 mld nel 2014, contro USD 57 mld dell’anno precedente). I CLOs continueranno a giocare un ruolo importante nel 2015, anche se ci si attende una riduzione rispetto ai picchi raggiunti nel 2014, sia in Europa (a causa di una normativa sempre più stringente) sia negli Stati Uniti (Paese nel quale la Volcker Rule pone significative restrizioni agli istituti finanziari con riferimento all’investimento in CLOs). Nel secondo semestre del 2014, si è assistito ad operazioni di sindacazione sempre più difficoltose con particolare riferimento ai all-senior debt deals in ambito di large-cap; Partners Group continua pertanto a ritenere che l’area di investimento più interessante nell’attuale contesto di mercato rimanga il segmento del “middle-market”, che è caratterizzato da livelli di leva finanziaria più contenuti e stabili. È inoltre un trend visibile sul mercato il fatto che i senior “club-deals” siano identificati in via crescente come la fonte di finanziamento 1 S&P Capital IQ LCD 27 maggiormente affidabile da parte delle aziende nell’attuale contesto di mercato. Si prevede, pertanto, che tale modalità di conclusione delle operazioni (caratterizzata da un numero limitato di lenders in grado di offrire una soluzione di financing “su misura” rispetto alle esigenze dell’azienda debitrice) sarà sempre più centrale nel prossimo futuro, anche a beneficio degli investitori, che in tal modo possono contare su un miglior profilo di rischio-rendimento atteso. Con riferimento al pricing delle operazioni attualmente concluse sul mercato, è bene evidenziare come lo spread sull’Euribor/Libor (quindi sia in Europa che in USA) risulti superiore di oltre il 50% rispetto al dato medio di lungo periodo. Ciò a conferma del fatto che, a livello di timing, la fase attuale risulta essere ancora estremamente interessante in termini di profilo di rischiorendimento per un investitore che ambisca ad aumentare l’esposizione all’asset class del credito non quotato. Il private debt si configura, infatti, come una valida soluzione per gli investitori istituzionali interessati a riallocare parte della componente obbligazionaria quotata dei propri portafogli (caratterizzata da rendimenti assai contenuti nel contesto attuale), pur mantenendo una esposizione all’asset class del credito. In ultimo, vi è un ulteriore importante elemento da sottolineare, che è quello relativo alla diversificazione. Per garantire agli investitori un corretto profilo di rischio-rendimento è fondamentale, per il gestore, poter mantenere uno spettro di investimento il più ampio possibile, con l’obiettivo di massimizzare il deal flow, mettere il capitale al lavoro velocemente e minimizzare il rischio di concentrazione su una singola area geografica, su uno specifico settore o emittente. Come già illustrato in passato, è nostra convinzione che l’investimento in debito non quotato presupponga diverse competenze provenienti dal mondo del Private Equity nell’effettuare l’analisi e la due-diligence delle società target. L’approccio da “equity investor” permette, peraltro, di poter contare spesso su migliori set informativi, di avvalersi di team verticali specializzati per settore e di negoziare forti elementi a tutela dell’investitore, tra cui clausole di covenant ed observer rights. Tali elementi risultano essere pertanto, ad avviso di chi scrive, estremamente importanti e determinanti nel processo di selezione che un investitore dovrebbe affrontare nel costruire od aumentare la propria esposizione all’asset class del private debt. prometeia advisor sim A anteo 28 pillole Prospettive per i mercati finanziari nel 2015 privato: il Pil è cresciuto dell’1.2 per cento su base trimestrale (come non si vedeva dal 2006) e si presenta ora in accelerazione rispetto al secondo trimestre, anziché in rallentamento come indicato dalle stime precedenti. Nonostante la diffusione di dati nel periodo più recente migliori del previsto avessero evidenziato la possibilità di una accelerazione dei consumi privati, secondo le stime preliminari la crescita del Pil nel IV trimestre ha rallentato più delle attese, allo 0.7 per cento su base trimestrale: salvo revisioni, la crescita annuale del Pil reale nella media del 2014 si attesterebbe al 2.4 per cento, facendo meglio del 2.2 per cento dell’anno precedente. La ripresa in atto più forte del previsto anticipa Ugo Speculato e Lea Zicchino — Prometeia Le prospettive macroeconomiche L a crescita dell’attività economica internazionale e dell’interscambio mondiale ha mostrato segni di moderazione nei mesi finali del 2014 dopo un buon terzo trimestre. Il prezzo del Brent ha continuato a ridursi, attestandosi a fine gennaio poco sotto i 50 dollari al barile, inferiore di circa il 60 per cento rispetto a metà giugno dello scorso anno, quando è iniziata la discesa. Gli effetti di questo calo si stanno manifestando sull’inflazione, in ulteriore e netta decelerazione in molte economie avanzate ed emergenti, e sulla domanda di beni di consumo, confermando lo scenario di un sia pur graduale miglioramento dei ritmi della ripresa in prospettiva. Gli sviluppi dello scenario internazionale degli ultimi mesi – il forte calo del prezzo del petrolio, il deprezzamento dell’euro e l’avvio del Quantitative Easing nell’Eurozona – hanno aumentato la distanza tra i cicli economici nelle diverse aree. Gli Usa mantengono un ruolo di traino della crescita mondiale, con una dinamica relativamente sostenuta dell’attività. Nell’Uem il quadro macroeconomico rimane debole, sebbene il calo del prezzo del petrolio e l’indebolimento dell’euro sembrano aver contribuito alla stabilizzazione dell’attività nel periodo più recente. Tra le altre economie avanzate vi è evidenza di un lieve rallentamento nel Regno Unito, dove la crescita economica, comunque sostenuta, sembra risentire della moderazione della domanda estera e della normalizzazione del settore delle costruzioni, e di un possibile recupero dell’attività in Giappone, dopo la recessione causata dell’aumento delle imposte indirette. Tra le maggiori economie emergenti permane un andamento incerto, con rischi verso il basso per la crescita, già modesta, del Brasile e, soprattutto, della Russia, colpita dagli effetti della crisi con l’Ucraina e dal calo del prezzo del petrolio (Fig. 1). prometeia advisor sim Negli Usa la crescita economica nel III-14 è stata ulteriormente rivista al rialzo e in misura superiore alle attese, a seguito di una crescita più forte della domanda interna proveniente dal settore Figura 1: Prodotto interno lordo in termini reali (var.% sull’anno precedente) 6 4 2 0 -2 IV-10 IV-11 IV-12 mondiale Uk IV-13 Usa Giappone IV-14 Uem 12 9 6 3 0 -3 IV-10 IV-11 Cina IV-12 India IV-13 Brasile IV-14 Russia Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 30/1/15. Nota: Il Pil mondiale è costruito come media dei tassi di crescita dei singoli Paesi pesati con il peso PPP del Pil. A anteo un buon ritmo di crescita anche per i primi mesi del 2015, con l’occupazione che continuerà ad aumentare: la crescita annuale del Pil è attesa superiore al 3 per cento nella media dell’anno in corso, con una successiva lieve decelerazione nel biennio successivo, per effetto del rallentamento dell’occupazione e di una politica monetaria meno espansiva. Nell’Uem si sta osservando una stabilizzazione degli indicatori dopo il deterioramento dei mesi estivi, con timidi segnali di miglioramento per alcuni Paesi, per la combinazione degli effetti positivi derivanti dal basso prezzo del petrolio e dalla debolezza dell’euro. Proprio questi fattori, insieme al QE della Bce, portano a rivedere verso l’alto la crescita del Pil nell’eurozona, bilanciando gli effetti negativi dovuti alla clima di fiducia ancora debole per le imprese e l’elevata disoccupazione. La crescita annuale del Pil dovrebbe attestarsi allo 0.8 per cento nella media del 2014, per poi tornare sopra l’1 per cento del triennio 2015-17. Effetti positivi anche per l’Italia, con il Pil che dal 2015 dovrebbe tornare a salire grazie anche ai consumi, stimolati dagli effetti del miglioramento della ragione di scambio e di una politica fiscale più permissiva sul reddito disponibile. In Giappone la caduta del Pil nel III-14 è stata leggermente più intensa di quanto indicato in precedenza (-0.5 per cento su base trimestrale anziché -0.4 per cento); ciò è dipeso in larga misura dalla revisione verso il basso degli investimenti. Si è quindi prolungata la fase di recessione in cui è entrata l’economia giapponese per gli effetti esercitati dall’aumento delle imposte indirette sulla domanda interna, in particolare con una forte caduta degli investimenti in costruzioni. Alla fine dello scorso anno è stato approvato un pacchetto fiscale di sostegno ai consumi ed è stato posticipato il nuovo rialzo dell’imposta sui consumi che era previsto per il prossimo ottobre, misure che dovrebbero rafforzare gli effetti dell’aumento degli stimoli monetari deciso in ottobre. Dai dati più recenti emerge la possibilità che la fase di recessione sia terminata, ma il quadro congiunturale rimane incerto, rendendo probabile un recupero assai graduale dell’attività: dopo la crescita sostanzialmente nulla nel 2014, il Pil giapponese dovrebbe crescere a un ritmo medio annuo di poco superiore all’1 per cento nel triennio successivo. A livello mondiale, la stima della crescita del Pil nel 2014 dovrebbe essere di poco superiore al 3 per cento. Nel triennio 2015-17 la crescita del Pil e del commercio mondiale dovrebbe rallentare 29 lievemente rispetto ai cinque anni precedenti, con un aumento del contributo dei Paesi industrializzati e un andamento opposto di quello dei Paesi emergenti, soprattutto a causa della crisi della Russia. Le prospettive per i mercati finanziari nel 2015 Le condizioni sui mercati finanziari sembrano in via di miglioramento dopo la decisione sul Quantitative Easing della Bce e le elezioni in Grecia e ciò potrebbe contribuire a far rientrare l’elevata volatilità che da inizio dicembre ha caratterizzato tutti i mercati. Nei prossimi mesi, la ripresa del ciclo economico e l’elevata liquidità a livello globale dovrebbero alimentare una maggiore preferenza per le attività più rischiose, e in particolare i titoli azionari e obbligazionari dei Paesi periferici dell’Eurozona, dove si dovrebbero ridurre i premi al rischio. Ulteriori pressioni al ribasso sui prezzi petroliferi, tensioni fra il nuovo governo greco e la Troika, eventuali ritardi della ripresa economica nell’Uem e un dollaro troppo forte rappresentano comunque fattori che potrebbero far rimanere la volatilità su livelli ancora relativamente elevati. Mercato monetario Dall’ultima riduzione dei tassi da parte della Banca centrale europea a settembre – quando il tasso sui rifinanziamenti principali è stato portato allo 0.05 per cento – e per quasi tutto il resto del 2014 l’euribor a 3 mesi è rimasto sostanzialmente stabile intorno allo 0.10 per cento. Il tasso è sceso di qualche punto base a fine 2014, per effetto dell’aumento della liquidità in eccesso a cui ha contribuito la seconda Tltro, nella quale sono stati richiesti 130 miliardi di euro (Fig. 2). A fine gennaio, dopo la decisione della Bce di estendere il Quantitative Easing, l’euribor a 3 mesi è arrivato a quasi 5 punti base. La politica monetaria nell’area euro resterà espansiva ancora molto a lungo e i tassi Bce dovrebbero rimanere sui livelli correnti fino a quasi tutto il 2017, per poi iniziare lentamente a salire. Di conseguenza l’euribor a 3 mesi rimarrà estremamente basso per quasi tutti i prossimi tre anni e inizierà a crescere solo nel 2017, anticipando l’inizio della fase restrittiva. La cautela della Federal Reserve nell’iniziare ad aumentare i tassi di politica monetaria per evitare un rafforzamento eccessivo del dollaro – in assenza di segnali di surriscaldamento dell’economia – ci porta a prevedere il primo prometeia advisor sim A anteo 30 rialzo per la fine di quest’anno e un tasso sui fed funds a 1.75 per cento alla fine del triennio. Titoli di Stato Dal meeting della Bce del 5 dicembre sono aumentate le probabilità di un’estensione del QE anche ai titoli di Stato, a causa dell’ulteriore deterioramento dell’inflazione e della minore probabilità, visti gli esiti delle prime due aste Tltro, che le misure già adottate fossero sufficienti a riportare l’attivo della Banca centrale verso la dimensione desiderata. Il rafforzamento delle attese per il QE ha fatto aumentare i prezzi dei titoli governativi dell’area euro già prima dell’annuncio del 22 gennaio. A fine gennaio i rendimenti sul Bund sono arrivati allo 0.40 per cento, dallo 0.78 per cento del 5 dicembre. Nello stesso tempo sono aumentati anche i prezzi, e quindi scesi i tassi, dei titoli dei Paesi periferici, anche se a dicembre l’andamento è stato in parte condizionato dall’attesa delle elezioni anticipate in Grecia con la probabile vittoria, poi avvenuta, di Syriza, che avrebbe determinato una richiesta di rinegoziazione del debito. Il tasso decennale italiano dopo la riunione della Bce del 22 gennaio si è portato intorno all’1.50 per cento e lo spread sul Bund intorno ai 120 punti base. Le attese degli interventi della Bce hanno avuto degli effetti anche sui titoli Usa: il rendimento decennale è tornato sotto l’1.90 per cento (dal 2.30 per cento di inizio dicembre). Come annunciato nella conferenza stampa del meeting di gennaio, la Bce da marzo comprerà titoli pubblici e privati sul mercato secondario per 60 miliardi al mese, fino ad almeno settembre 2016 (o anche oltre, finché il tasso di inflazione di medio termine non ritorni verso il target del 2 per cento). La Bce acquisterà titoli di ogni Paese dell’eurozona in base alla partecipazione al capitale delle singole Banche nazionali (non oltre il 33 per cento dei titoli di debito di un singolo Paese e non oltre il 25 per cento di una singola emissione), con maturità compresa tra i 2 e i 30 anni e anche con rendimenti a scadenza negativi. prometeia advisor sim Il piano di acquisti della Bce non dovrebbe avere effetti molto marcati sui prezzi dei titoli dei Paesi core, già su livelli molto elevati, mentre ci attendiamo che favorisca ulteriormente i titoli dei Paesi periferici, favorendone la riduzione dei premi al rischio. Il tasso sui Btp decennali scenderà intorno all’1.30 nel corso del 2015, con lo spread Btp-Bund che si porterà intorno ai 90 punti base, livello a cui dove dovrebbe rimanere fino alla fine del triennio di previsione (Fig. 3). Figura 2: Eccesso di liquidità del sistema interbancario Uem (miliardi di euro),(a) tassi eonia ed euribor a 3 mesi (per cento) 0.4 700 600 0.3 500 0.2 400 0.1 300 200 0.0 100 -0.1 0 gen-13 mag-13 set-13 gen-14 mag-14 set-14 gen-15 eccesso liquidità (dx) euribor 3m eonia Fonte: Bce, Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 28/1/15; medie mobili a 5 giorni. (a) L’eccesso di liquidità è calcolato come totale operazioni di mercato aperto al netto dei fattori autonomi, delle riserve obbligatorie e del Securities Markets Programme. Il prezzi dei titoli Usa scenderanno per effetto del quadro macroeconomico favorevole e di una politica monetaria meno espansiva, ma il calo sarà attenuato dagli effetti del QE europeo. I titoli obbligazionari dei Paesi emergenti potrebbero essere penalizzati dal cambio di intonazione della politica monetaria Usa, a cui questa classe di attività è molto legata, e dalle condizioni non ancora stabili in alcuni Paesi, che potrebbero favorire deflussi di capitale. I Figura 3: Rendimenti sui titoli governativi a 10 anni di Italia e Germania: storia e previsioni Prometeia (per cento) 7 500 450 6 400 5 350 4 300 3 200 250 150 2 100 1 0 IV-08 50 II-10 IV-11 spread (dx) II-13 IV-14 Btp 10 anni II-16 0 IV-17 Bund 10 anni Fonte: Thomson Reuters, elaborazioni e dati previsionali Prometeia, Rapporto di Previsione, gen-15; dati medi trimestrali; dati storici al IV-14. A anteo 31 Figura 4: Rendimento a scadenza delle obbligazioni del settore Energy Usa (per cento)(a) e prezzo del Brent (u$/barile) 30 11 40 10 50 60 9 70 8 80 7 90 100 6 110 5 gen-14 apr-14 lug-14 ott-14 120 gen-15 rendimento obbligaz. corp. Usa, settore Energy prezzo del Brent (dx, sc. inv.) Fonte: Thomson Reuters, BofA/Merrill Lynch, elaborazioni Prometeia; dati al 28/1/15. (a) Indice .BofA/Merrill Lynch, all maturities. titoli emessi in valuta locale mantengono uno spread sui titoli statunitensi ancora molto elevato (mediamente di oltre 350 punti base, e più elevato, quasi 600 pb, per i titoli dell’America Latina), che potrebbe ampiamente compensare gli effetti di un rialzo dei tassi Usa. Nella prima parte dell’anno gli effetti del prezzo contenuto del petrolio continueranno a mantenere negativa l’inflazione al consumo nell’Uem. Ma successivamente l’azione della var. della componente ciclica (z-score) contrazione in miglioramento 0.10 espansione in accelerazione 0.05 0.00 Uem -0.05 mar-12 -0.10 -0.15 gen-15 -1.0 -0.5 Italia espansione in rallentamento contrazione in peggioramento 0.0 componente ciclica (z-score) 0.5 Credito Nel 2014 i prezzi delle obbligazioni corporate sono aumentati nel segmento Investment Grade mentre l’andamento è stato più contrastato per i titoli più rischiosi. Gli effetti del crollo del prezzo del petrolio sugli utili di importanti gruppi petroliferi ha aumentato la possibilità che il maggior rischio di liquidità possa tradursi in un aumento dei tassi di default, penalizzando i titoli delle società energetiche Usa e dell’intero comparto High Yield, in cui pesano per circa il 15 per cento (Fig. 4). Lo scenario di bassi tassi di interesse dovrebbe portare a una maggiore preferenza degli investitori per gli investimenti obbligazionari con più elevato rendimento. Tuttavia, nel breve termine potrebbero proseguire gli effetti del calo del prezzo del petrolio sulla volatilità e le prospettive di redditività del mercato corporate, penalizzandone i prezzi, almeno nel segmento High Yield Usa. Mercati azionari Figura 5: Evoluzione del ciclo azionario, Uem e Italia (z-score)(a) 0.15 politica monetaria ridurrà progressivamente il rischio di deflazione e andrà a sommarsi alle spinte inflazionistiche dall’estero derivanti dal deprezzamento della valuta comune. In tal modo il QE della Bce contrasterà il rialzo dei tassi in termini reali, favorendo quindi i prezzi dei titoli inflation-linked. 1.0 Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 15/1/15. (a) Componente ciclica stimata mediante filtro asimmetrico di Christiano-Fitzgerald sull’indice azionario Datastream Market (indice di prezzo). I mercati azionari nel 2014 hanno vissuto fasi alterne, soprattutto nella seconda metà dell’anno quando è aumentata l’incertezza per diversi fattori, già precedentemente menzionati (deterioramento delle prospettive di ripresa economica nell’Uem e in alcune aree emergenti, crollo del prezzo del petrolio e crisi politica in Grecia). C’è stato inoltre, sempre nella seconda parte dell’anno appena concluso, un periodo in cui erano aumentati i timori che la Fed potesse invertire in tempi brevi la politica monetaria nonostante i segnali di più moderata ripresa dell’attività mondiale. Tutti questi elementi hanno contribuito a una crescita delle quotazioni azionarie decisamente meno brillante, seppur a doppia cifra per gli indici di Usa e Giappone, di quella dell’anno precedente. Anche depurando gli indici azionari dalla componente di trend emerge che nei principali Paesi il ciclo azionario, tornato ad espandersi un paio di anni fa, è in una fase di rallentamento dagli ultimi mesi dello scorso anno (Fig. 5). I fattori che hanno caratterizzato il secondo prometeia advisor sim A anteo 32 semestre del 2014 hanno generato inoltre un aumento dei livelli di volatilità implicita che, seppur non su livelli storicamente molto elevati, si sono allontanati dai minimi storici raggiunti prima della scorsa estate. L’andamento altalenante dei mercati azionari degli ultimi mesi ha comunque contribuito a mantenere gli indicatori di valutazione sotto i livelli di lungo periodo (Fig. 6). Le prospettive per il 2015 restano quindi ancora favorevoli per i mercati azionari, grazie alla liquidità globale ancora molto elevata. Nei prossimi mesi non è tuttavia escluso che, anche per gli effetti post elettorali in Grecia, la volatilità resti più elevata del recente passato. Le azioni dell’Uem, e in particolare quelle dei Paesi periferici, potrebbero salire in misura maggiore beneficiando degli effetti del QE della Bce, che dovrebbe ridurre l’Equity Risk Premium dall’8 per cento di inizio 2015, anche se difficilmente potrà portarlo sui valori medi di più lungo periodo (Fig. 7). A differenza di quanto avvenuto nel 2014, l’indice Usa potrebbe avere ritmi di crescita inferiori a quelli dell’Uem: nonostante le migliori prospettive di crescita economica, l’indice statunitense ha già ampiamente superato i livelli pre-crisi e nella seconda parte dell’anno e potrebbe risentire dell’inversione della politica monetaria. Prospettive più incerte, infine, per il mercato giapponese, che dopo aver beneficiato di politiche monetarie sempre più espansive dovrebbe riflettere la debolezza del quadro congiunturale, e per i mercati emergenti, alle prese con difficoltà di diversa natura. Commodity prometeia advisor sim La seconda metà del 2014 è stata caratterizzata, come si è già più volte detto, da un forte calo del prezzo del petrolio, determinato da una abbondante offerta, a cui ha contribuito il mancato taglio della produzione da parte dell’Opec per contrastare la concorrenza dello shale oil Usa e di altri Paesi sui mercati asiatici, e da un concomitante indebolimento della domanda. Il prezzo del Brent è sceso sotto i 50 dollari al barile, inferiore di circa il 60 per cento rispetto alla metà dello scorso anno. L’andamento del Brent ha guidato anche il calo dei prezzi dei metalli, tuttavia molto meno marcato. In controtendenza invece, per fattori stagionali, i prezzi delle commodity agricole (Fig. 8). Figura 6: Valutazione dei mercati azionari rispetto alle medie storiche tramite i multipli di borsa (z-score)(a) 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 -1.5 -2.0 -2.5 '07 '08 '09 '10 '11 industrializzati '12 '13 '14 emergenti Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 31/12/14. (a) Valutazione calcolata tramite la media dei multipli di borsa: price/earnings, dividend/price, price/book value e price/cash earnings. Indici Morgan Stanley. Le quotazioni del petrolio dovrebbero iniziare a recuperare nella seconda metà del 2015, fermandosi comunque sotto i 70 dollari al barile, livello che garantisce un sostanziale equilibrio tra prospettive di sviluppo dello shale oil e crescita dei consumi globali. Spazi contenuti per ulteriori correzioni dei prezzi delle materie prime non energetiche, poiché scambiati da diverso tempo su livelli prossimi ai costi marginali di produzione (metalli) o molto contenuti rispetti all’ultimo Figura 7: Evoluzione dell’Equity Risk Premium implicito da DDM a 3 stadi, Uem (per cento)(a) 12 10 8 6 4 2 0 '88 '91 '94 '97 '00 '03 '06 '09 '12 '15 ERP implicito da DDM media dal 1988 media dal 2000 Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati di fine mese, 27/1/15 per gen-15. (a) ERP calcolato utilizzando l’indice azionario Datastream-Market e le aspettative IBES sugli utili dell’indice Morgan Stanley. A anteo 33 biennio (beni agricoli). Figura 8: Prezzo del petrolio Brent ($/barile) e prezzi in $ delle materie prime Cambi (indice, 2005=100)(a) 290 270 120 250 110 230 100 210 90 190 170 80 150 70 130 60 110 50 90 (medie mensili) 70 40 gen-09 gen-10 gen-11 gen-12 gen-13 gen-14 gen-15 130 Brent beni agricoli (dx) metalli industriali (dx) Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 28/1/15. (a) Indici S&P GSCI. Figura 9: Cambio dollaro/euro: volatilità implicita (per cento) e livello ($ per €)(a) 13 1.10 12 1.15 11 1.20 10 9 1.25 8 1.30 7 6 1.35 5 4 gen-13 lug-13 gen-14 lug-14 1.40 gen-15 volatilità implicita dei cambio dollaro/euro cambio dollaro/euro (dx, inv.) Fonte: Thomson Reuters, Bloomberg, elab. Prometeia; dati al 28/1/15. (a) Volatilità implicite ottenute da opzioni call su tassi di cambio con scadenze a un mese. Le attese di misure straordinarie della Bce e l’ultimo annuncio sul QE, che ha sorpreso positivamente gli operatori (per l’ammontare e la durata), hanno portato a un marcato indebolimento dell’euro, che da inizio maggio 2014, quando si sono instaurate le aspettative di un intervento espansivo, ha perso oltre il 10 per cento in termini effettivi. Nello stesso periodo il cambio dollaro/euro è sceso di circa il 19 per cento, portandosi sotto l’1.12 – il livello minimo da metà settembre 2003 – dopo la riunione Bce del 22 gennaio scorso. Le incertezze su modalità e tempi del QE, l’evoluzione della crisi politica in Grecia e la decisione, a metà gennaio, della Banca centrale svizzera di cancellare la soglia sul tasso di cambio del franco svizzero con l’euro hanno portato a un repentino aumento delle volatilità implicite (Fig. 9). L’andamento del cambio degli ultimi mesi dovrebbe aver già anticipato il disallineamento tra le politiche monetarie. Anche in virtù della cautela che la Fed adotterà nell’avvio della fase restrittiva, ci attendiamo un cambio dollaro/ euro su valori mediamente intorno a quelli attuali per tutto il triennio di previsione; la maggiore volatilità che ancora caratterizzerà i prossimi mesi potrebbe comunque far scendere temporaneamente il cambio sotto 1.10. L’euro dovrebbe avere qualche margine di indebolimento in più nei confronti di yen e sterlina, con i rapporti di cambio rispettivamente sotto 130 e 0.74 nel medio periodo. Nella Tabella 1 sono riportate le variazioni dei rendimenti di alcune asset class a gennaio 2015 e negli anni passati. prometeia advisor sim A anteo 34 Tabella 1: Variazioni % in valuta locale (indici total return) classi di attività liquidità e strumenti a breve Uem 2010 2011 2012 2013 0.8 1.4 0.6 0.2 2014 2015 28-gen-15 volatilità ultimi 5 anni 0.2 0.0 0.0 indici obbligazionari governativi* Italia -0.6 -5.9 21.3 7.4 15.7 2.2 7.7 Uem 1.2 1.8 11.4 2.4 13.5 2.0 3.8 Usa 6.1 9.9 2.2 -3.4 6.1 2.6 4.1 Giappone 2.5 2.3 1.8 2.2 4.8 -0.1 2.1 Uk 7.5 16.8 2.6 -4.2 14.1 4.3 6.1 11.8 9.2 18.0 -8.3 6.2 0.5 5.6 Uem 4.8 2.0 13.0 2.4 8.3 0.8 2.3 Usa 9.5 7.5 10.4 -1.5 7.5 2.5 4.4 Uem 14.3 -2.5 27.2 10.1 5.5 0.9 4.3 Usa 15.2 4.4 15.6 7.4 2.5 0.7 3.5 0.1 -2.0 18.3 0.0 9.1 2.5 6.0 paesi emergenti (in u$) indici obbligazionari corporate I.G. *° indici obbligazionari corporate H.Y.*° indice inflation linked Uem indici obbligazionari convertibili Uem 4.0 -7.5 17.5 14.7 1.3 4.1 6.1 15.7 -3.8 13.6 26.6 10.0 -1.0 9.5 Italia -8.1 -19.6 11.7 16.1 3.6 7.3 25.7 Uem 3.3 -14.1 20.6 24.4 5.1 7.6 19.9 15.4 2.0 16.1 32.6 13.4 -2.5 15.8 0.7 -18.6 21.8 54.8 9.8 1.5 19.7 Usa indici azionari Usa Giappone Uk 12.2 -1.8 10.2 18.5 0.5 4.0 15.4 paesi emergenti (in u$) 19.2 -18.2 18.6 -2.3 -1.8 3.0 16.1 9.0 -1.2 0.1 -1.2 -33.1 -10.6 17.7 commodities (S&P GSCI Commodity Index in U$) cambi nei confronti dell'euro (^) dollaro Usa yen sterlina 6.9 3.3 -1.5 -4.3 13.9 6.7 9.3 22.8 8.9 -12.4 -21.3 -0.2 8.6 12.1 3.7 2.6 3.0 -2.5 7.2 3.9 7.4 Fonte: WM/Reuters; dati al 28/01/2015; * Indici obbligazionari All Maturities. ° Indici corporate euro/dollar issues. (^) I segni negativi indicano un apprezzamento dell'euro. prometeia advisor sim A anteo 35 Disclaimer Il presente documento deve essere inteso come fonte di informazione e non può, in nessun caso, essere considerato un’offerta o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di prodotti finanziari. Le informazioni contenute in questo documento sono frutto di notizie e opinioni che possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Il presente documento e i risultati delle analisi in esso contenute, sono elaborati sulla base di dati e informazioni forniti da terzi. Prometeia Advisor Sim S.p.A. non garantisce, in alcun modo, l’esattezza e la completezza di tali dati e informazioni e non potrà essere, in alcun modo, ritenuta responsabile per gli eventuali danni diretti, indiretti o accidentali, che possano derivare dall’utilizzo del presente documento e/o delle informazioni e dei dati in esso contenuti. 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