febbraio 2015

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anteo
newsletter per l’investitore istituzionale
febbraio 2015
81
anno XI – n.
l’editoriale di questo mese:
Bentornati sulle nostre pagine a tutti voi, fedeli followers del nostro
ANTEO, giunto al suo 13° anno, che scaramanticamente auspichiamo
quanto mai propizio per tutti! …
> pagina 4
prometeia
advisor sim
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anteo
newsletter per l’investitore istituzionale
n.81
in questo numero:
editoriale
p. 4
la parola a…
L'angolo dell'analisi
p. 6
Prof. Paolo Onofri
osservatorio prometeia
Come impostare l’asset allocation nell’era delle politiche non convenzionali p. 8
Cosimo Musiello, Responsabile attività asset allocation — Prometeia Advisor Sim
contributi
Un anno di divergenze monetarie: implicazioni per i mercati obbligazionari p. 11
Maria Paola Toschi, Market Startegist — J.P. Morgan Asset Management
Prospettive per il credito europeo nel 2015 Fixed Income Team — Aberdeen Asset Management
p. 14
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newsletter per l’investitore istituzionale
Mercati azionari globali: outlook 2015 p. 17
Matteo La Tassa, Senior Relationship Manager & Institutional
Business Development — ING Investment Management
2015 : L’incertezza è l’unica certezza p. 20
Bernardo Bailo, Managing Director — Man Group
Back to Real Estate p. 22
Paolo Scordino, Amministratore Delegato — Prelios Sgr
Andrea Cornetti, Responsible Business Development, Fund Raising &
Investor Relation — Prelios Sgr
Private Equity e Private Debt: analisi dell’attuale contesto di mercato p. 26
Raniero Proietti, Responsabile Italia Investment Solutions — Partners Group
pillole
Prospettive per i mercati finanziari nel 2015
Ugo Speculato e Lea Zicchino — Prometeia
p. 28
n.81
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editoriale
Bentornati sulle nostre pagine a tutti voi, fedeli followers del nostro ANTEO, giunto al suo 13° anno,
che scaramanticamente auspichiamo quanto mai propizio per tutti!
Il numero inaugurale è, come ormai vuole la tradizione, dedicato a qualche sempre più vano vaticinio
macroeconomico e finanziario sul “nuovo” anno, come sempre avvalendoci di alcuni contributi
specialistici da parte di chi è in “prima linea” sui diversi mercati, che come sempre ringraziamo
vivamente. Ai commenti “dell’industria” associamo come sempre quelli “della casa”, che troverete
nel consueto “angolo” del Prof. Onofri e nelle “pillolone” dei nostri specialisti di mercati finanziari (in
plancia Lea Zicchino e Ugo Speculato, che ringraziamo ora per tutto l’anno che verrà).
Non sfuggirà all’attento lettore l’omissione su currencies & commodities, in merito alle quali da
sempre è difficile formulare qualche previsione non destinata a repentina smentita, figuriamoci
di ‘sti tempi…Eppure la sensazione è che proprio dai destini del risiko globale tra cambi e materie
prime dipendano, nel prossimo futuro, le sorti dei portafogli finanziari, anche di quelli non
direttamente esposti a questi fattori di rischio. Sono infatti questi i mercati dove più attivamente
agiscono operatori la cui funzione obiettivo è diversa da quella degli investitori e degli intermediari
finanziari: Governi e Banche Centrali da sempre, shadow banks & funds più di recente. La loro
capacità di influenzare i corsi è straordinariamente elevata, paragonabile solo all’effetto combinato
dei sistemi di trading computerizzato sui mercati azionari più liquidi: le ultime evidenze in merito
sono l’abbandono improvviso da parte della Banca Nazionale Svizzera del cambio “controllato”
CHF/€ e il collasso del prezzo del rame, imputato a misteriosi hedge funds cinesi, pare dotati di
miliardi di USD di “munizioni”, letali in mercati poco liquidi e trattati solo attraverso derivati.
Il compendio tra le analisi sell side e la nostra apprezzata ricerca indipendente è sempre affidato
a Cosimo Musiello, responsabile del Comitato Asset Allocation di Prometeia Advisor, che cerca
di mettere a fuoco i temi più rilevanti utili ad orientare la rimodulazione dei portafogli, in chiave
strategica e tattica, tipica attività di inizio anno per molti investitori istituzionali.
In un mondo di politiche economiche particolarmente interventiste, a difesa ciascuno del proprio
“spazio vitale”, anche la rivisitazione delle asset allocation dei sempre più ipertrofici fondi sovrani
e dei fondi pensione pubblici non può che avere effetti significativi sui corsi. Qui l’esempio più
eclatante ci arriva dal Government Investment Pension Fund (GIPF), il fondo pensione dei lavoratori
pubblici giapponesi: la nuova asset allocation prevede una riduzione del country bias (dal 72 al
60%), ma con una forte ricomposizione (bond da 60% a 35%, equity da 12% a 25%); il 40% della
componente internazionale, poi, prevede la prevalenza degli investimenti in equity (25% dal
precedente 12%).
Wow! Chissà se qualche fondo pensione nostrano avrà lo stesso coraggio, pur avendo la quasi
certezza che l’Euro tenderà a svalutarsi e che dai bond governativi ricaverà ben poco (pur con la
“polizza QE”).
prometeia
advisor sim
Guardando il consensus 2015 e rileggendo quello del 2014, viene da chiedersi quanto il “copia e
incolla” sia una tentazione sempre più irrinunciabile per chi svolge il gramo mestiere dello strategist.
Pur in presenza di uno scenario molto differente, anche un anno fa le indicazioni di portafoglio
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erano quasi univocamente orientate all’azionario (specie europeo e giapponese), al credito
più rischioso (“periferici” UEM, corporate high yield e qualche selezionato Paese emergente, con
conti pubblici e bilancia dei pagamenti in ordine e crescita sostenibile).
Forse gli analisti hanno anticipato troppo il mercato: vediamo se quest’anno andrà loro meglio
(come al momento pare, sia osservando i flussi di capitali che i rendimenti ed i fondamentali dei
diversi mercati finanziari).
Rispetto allo scorso anno, siamo in grado di dare una risposta all’interrogativo che allora ci si
poneva, ovvero: “come impiegheranno lo strabordante cash che hanno in pancia tantissime
imprese medio-grandi in USA e in Europa?” L’impiego prevalente è stato volto al rimborso o alla
rinegoziazione del debito, nei confronti delle banche e del mercato, con più di un occhio (specie
negli USA) anche alla soddisfazione dell’azionista, attraverso generosi dividendi e corposi buy
backs (che fanno contenti anche i managers, i cui bonus e/o piani di stock options sono spesso
legati al prezzo di mercato dell’azione dell’azienda per cui operano).
Animata anche l’attività di M&A, sostenuto nei volumi e nei multipli dai fondi di private market
(debt & equity), che devono repentinamente trovare impiego per circa un trilione di dollari di
capitali da richiamare.
Dalle nostre parti, più modestamente, in uno scenario deflazionistico e con una fiscalità sempre
pesante sugli investimenti, indipendentemente dalla loro finalità ed orizzonte temporale,
preoccupano principalmente sostenibilità e adeguatezza.
Vale per la previdenza, dove gli schemi a prestazione definita faticano a generare i rendimenti
target con rischi accettabili, mentre quelli a contribuzione definita si parametrano ad una media
mobile del PIL nominale ed a un coefficiente di rivalutazione del TFR sempre più ridotti.
Vale anche per le Fondazioni di origine bancaria, alcune delle quali hanno toccato con mano il
vulnus alla loro sopravvivenza determinato dalla concentrazione sull’asset bancario, tutte alle
prese con un deciso ridimensionamento di quanto sarà possibile erogare sui loro territori, che
invece sono sempre più affamati di risorse.
Tutto il Team di Prometeia Advisor è all’opera per supportare al meglio gli investitori in questo
momento di scelte strategiche rilevanti, che proprio perché difficili devono anche essere
responsabilmente coraggiose!
Anche nel 2015 il buon ANTEO giunge nelle vostre caselle di posta e sul sito (www.
prometeiaadvisor.it) in ritardo sul nostro San Silvestro, ma in tempo per festeggiare insieme il
capodanno cinese, previsto per il 19 febbraio. Comincia l’anno della Capra, il cui lento e paziente
brucare segue le cavalcate a volte impazzite e gli imbizzarrimenti di fine corsa dell’uscente
Cavallo. La “direzione sfortunata” per la Capra, secondo il tassonomico zodiaco cinese, è “sudest”: tra Grecia e Medio Oriente, rabbrividiamo…anche perché, in attesa dell’anno della Capra, ci
aspettano gli inesorabili giorni della Merla!
Non ci resta che congedarci, augurando una buona lettura a tutti!
prometeia
advisor sim
L'angolo dell'analisi
Prof. Paolo Onofri
L’atteso quantitative easing della Bce è arrivato:
intanto qual è la sua prima impressione?
Sarei tentato di rispondere: ottimo e abbondante;
passiamo alla prossima domanda. Più seriamente:
grande e positiva mediazione, gestita con molta
intelligenza anche nel suo lento maturare,
propinando digestivi in anticipo alla stampa
tedesca.
La modalità con cui sarà attuato genera
già opinioni contrastanti; intanto, esiste
effettivamente un rischio di una maggiore
frammentazione finanziaria? Così come anche,
tra le prime reazioni, qualcuno ha paventato il
rischio di rendere più problematica la situazione
dei Paesi periferici in caso di difficoltà di bilancio
pubblico.
Mi pare che le prime reazioni preoccupate per
la condivisione del rischio solamente al 20%
siano state eccessive, dimenticando che non c’è
nemmeno analoga condivisione degli interessi:
se la Bce acquista titoli tedeschi a tassi negativi,
l’onere della perdita è all’80% sul governo
tedesco. Nel caso dei titoli dei Paesi periferici il
tasso è comunque positivo e quindi si tratta di
distribuzioni intertemporali delle eventuali perdite
contabili dovute alle fluttuazioni dei tassi, perdite
che il flusso di interessi è in grado di compensare.
Comunque, la perdita intertemporale sicura
per titoli a tassi negativi potrà eventualmente
verificarsi solamente per i paesi core, gli stessi
che hanno voluto la separazione dei rischi. L’evento
default, essendo per il momento escluso l’acquisto
di titoli greci, sta nella coda della distribuzione di
probabilità. In ogni caso, entrando di più nel merito,
va considerato che se c’è segregazione del rischio
non c’è segregazione della base monetaria che
questa operazione crea: essa potrà circolare in
tutti i Paesi indipendentemente dalla residenza
dell’operatore che l’ha originata.
prometeia
advisor sim
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La reazione dei mercati è stata finora positiva
e, come spesso capita, piuttosto intensa
generando il timore di effetti di overshooting che
potrebbero poi essere ridimensionati nel tempo;
in particolare, i rendimenti obbligazionari sono
ovunque al minimo storico e ciò rende più difficile
l’investimento in questa asset class da parte dei
nostri investitori; è lecito domandarsi su quanto
gli attuali livelli abbiano già incorporato il QE e, di
conseguenza, se e quanto possano ancora ridursi.
Molto del percorso implicato dalla dimensione del
QE credo sia stato già fatto; abbiamo cominciato
a parlare di QE europeo all’inizio della primavera
scorsa (Prometeia aveva già valutato ad aprile
2014 l’effetto di un QE europeo di 1000 miliardi),
il 5 giugno è stato annunciato un QE via banche
(Tltro) e il 5 dicembre l’attuale QE via portafogli
finanziari. Prometeia aveva stimato un effetto
sul rendimento dei Btp decennali di circa 140 pb,
dopo sei mesi, ovvero un rendimento dell’1,3%. Se
crediamo a quella valutazione lo spazio ancora da
percorrere sarebbe abbastanza limitato. Ai livelli
di oggi (29 gennaio) vi sarebbero non più di 30
punti di possibile discesa. Tutto ciò va, comunque,
ponderato con gli effetti delle tensioni relative allo
sviluppo della situazione greca.
In parallelo, è lecito attendersi uno spread BTP –
Bund sotto i 100 pb e quali effetti potrebbe avere
sull’economia italiana?
Quanto ho appena detto implica che con un
rendimento del bund attorno a 0,4%, lo spread
per il Btp potrebbe scendere verso 90 pb. L’effetto
complessivo nell’arco dei due anni durante i quali
il QE dovrebbe manifestarsi, tenendo conto anche
un periodo di tapering, potrebbe essere di 0.5
punti di Pil.
Sul fronte dei cambi c’è stato molto movimento
negli ultimi mesi; ora siamo attratti dal
deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro
che, si auspica, possa proseguire per sostenere
la domanda estera; oltre a chiederle se è lecito
attendersi un ulteriore rafforzamento del dollaro,
possiamo considerare scongiurata una “tensione”
valutaria a livello internazionale?
A
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Dato il mutamento dei rapporti di cambio
intervenuto tra le diverse monete (yen, dollaro,
euro) la tensione valutaria l’abbiamo già
avuta; possiamo aspettarci che ora le valute si
assestino per un almeno un anno attorno alle
attuali quotazioni. Nel considerare gli effetti
sull’economia italiana, non dobbiamo dimenticare
che se l’euro si è deprezzato di quasi il 20 per
cento verso il dollaro, in termini effettivi nominali
il deprezzamento non ha superato il 10 per cento,
per il deprezzamento parallelo delle monete
dei Paesi emergenti. Ciò avrà influenza sulle
nostre capacità di esportare verso quei Paesi e
indubbiamente anche verso il Giappone, vista
la nostra presenza non particolarmente forte
in quelle aree. Le nostre esportazioni potranno
contare sulla penetrazione in quelle aree dei
prodotti tedeschi e quindi sulla domanda da parte
della Germania dei nostri prodotti intermedi,
molto importanti nei loro processi produttivi.
Un’ultima domanda: l’altro evento atteso
era costituito dalle elezioni greche; alla luce
dell’evoluzione generale degli eventi, l’esito
elettorale di domenica scorsa quali influenze
potrà avere?
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Credo che l’effetto principale sia di aumentare
la volatilità sui mercati finanziari e valutari
abbastanza a lungo, ma senza spostare
significativamente i valori medi. Le ragioni
di tensione sono molteplici e le fasi in cui si
espliciteranno saranno prolungate; quindi andrà
prestata molta attenzione nella gestione dei
portafogli, che potranno subire fluttuazioni
consistenti nei loro valori di mercato. Comunque,
pur a parità di valori medi delle grandezze
finanziarie coinvolte, va detto che l’eventuale
perdurare di una elevata varianza di tali valori
potrebbe mettere a repentaglio la trasmissione
degli effetti del QE, della riduzione del prezzo
del petrolio e del deprezzamento dell’euro
sull’economia reale, condizionando negativamente
le decisioni di consumo e di investimento.
Incrociando le dita, direi che questo possibile
scenario per il momento non mi sentirei di
sottoscriverlo. Senza farmi prendere dall’euforia,
come altri, ritengo però che questa che abbiamo
di fronte sia la prima vera occasione di por fine a
sette anni di crisi.
prometeia
advisor sim
A
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osservatorio prometeia
Come impostare l’asset allocation nell’era delle
politiche non convenzionali
Cosimo Musiello, Responsabile attività asset
allocation — Prometeia Advisor Sim
C
ome ormai tradizione, utilizziamo il
primo numero dell’anno 2015 di Anteo
per individuare, sulla base dello scenario
e dell’outlook, i temi rilevanti di asset
allocation. Essendo arrivato il tanto atteso
Quantitative Easing (QE) della Bce, l’abbiamo in
qualche modo incorporato nel titolo di questo
articolo, ma il "non convenzionali" poterebbe
in verità riferirsi anche a questioni più ampie.
La giusta domanda che i nostri investitori si
pongono attualmente è come impostare le
proprie asset allocation in un contesto finanziario
diverso forse da tutti i cicli passati. Il livello medio
di liquidità nei portafogli è mediamente elevato,
in parte per le prese di beneficio di fine anno sui
mercati, soprattutto obbligazionari. Si pone il
problema dei reinvestimento e più in generale,
di come rivedere le politiche di investimento
coerentemente con il mutato contesto. Come
al solito cercheremo di estrapolare alcuni temi
di discussione sui quali improntare alcune
considerazioni, che potranno interessare le
strategie e le politiche di gestione, sia nel
breve che nel lungo termine, degli investitori
istituzionali italiani.
prometeia
advisor sim
Le politiche espansive di questi ultimi anni
hanno avuto certamente il merito di stabilizzare
il quadro finanziario e di evitare pericolose
recrudescenze recessive, ma non sono ancora
state determinati per generare un percorso
di stabile ripresa economica. Forse solo negli
Stati Uniti l’attuale fase ciclica appare più
solidamente proiettata verso una ripresa
ciclica che, pur profondamente diversa rispetto
a quelle passate, può risultare più stabile nei
prossimi anni. Le altre aree geografiche hanno
problematiche di vario tipo, che rendono la
politica monetaria espansiva uno strumento
in questa fase assolutamente necessario ma
non sufficiente per avviare un ciclo di ripresa.
A fronte di mercati finanziari caratterizzati da
quotazioni relativamente elevate, soprattutto
in alcuni segmenti, il ciclo economico presenta
ancora delle difficoltà: risulta quindi quanto
mai necessario saper valutare correttamente i
fondamentali dei mercati per cogliere la presenza
di eventuali "bolle".
Il riferimento a dati storici poco aiuta: ci troviamo
infatti in una condizione mai sperimentate in
passato. I rendimenti dei titoli obbligazionari
sono eccezionalmente bassi e in diversi casi al
minimo storico assoluto; ciò ha determinato
una distorsione della percezione (e di riflesso
della tolleranza) al rischio. Sul mercato dei titoli
di Stato, i rendimenti dei Paesi considerati
“core” sono ai minimi storici e, in Europa,
negativi per buona parte della curva; le attese
prima e l’effettivo annuncio del QE della Bce
hanno compresso anche gli spread con il Bund;
il differenziale tra il BTP e il titolo tedesco
decennale si attesta attorno a 120 pb: tali livelli
non si vedevano dalla primavera del 2010, prima
dell’inizio della crisi dei debiti sovrani. Ciò implica
però che anche i rendimenti del BTP si trovano
ai minimi storici, pari sulla scadenza decennale
all’1,5%. Anche i rendimenti dei titoli corporate
sono ai minimi storici e occorre guardare al
segmento high yield per trovare rendimenti
superiori al 2%. Ciò genera una certa apprensione
nell’allocazione della liquidità, posto che per i
nostri investitori l’asset class obbligazionaria
riveste comunque rilevanza, sia per ragioni
normative che per motivi di equilibri di asset
allocation.
Sui mercati azionari, alcune piazze registrano
livelli prossimi ai massimi storici (Usa, Germania,
Uk); nei Paesi periferici, invece, si registrano
livelli degli indici ben inferiori rispetto ai
massimi visti prima della crisi; ciò sia perché
probabilmente allora i livelli erano cresciuti
troppo, sia per le maggiori criticità economiche
che conseguono alla crisi finanziaria intervenuta.
In tale contesto, la domanda più logica che ci
possiamo porre è: dove cercare performance
nel 2015? Altrettanto logico sarebbe rispondere
che la ricerca della redditività quest’anno sarà
piuttosto ardua, ma sarebbe banale.
Stante l’immissione di liquidità che determinerà
sui mercati finanziari dell'area Uem, è lecito
attendersi che il QE della Bce avrà effetti
A
anteo
relativamente benefici. Ciò potrà favorire le
attività a maggiore contenuto di rischio, ma si
rifletterà anche sui rendimenti obbligazionari dei
Paesi periferici, destinati quindi a mantenersi
contenuti anche nei prossimi mesi. Il tono
generale delle politiche monetarie resterà
espansivo non solo nelle aree che hanno
iniziato o che stanno per iniziare le politiche
non convenzionali, ma anche negli Stati Uniti
dove, pur terminato il QE, è presumibile che il
rialzo dei tassi non avvenga prima dell’ultima
parte dell’anno, con la Fed comunque attenta a
non provocare repentini rialzi dei rendimenti a
medio-lungo termine, per non generare tensioni
finanziarie e per non condizionare la ripresa
economica.
Grazie alla loro elevata diversificazione, quindi,
i prodotti obbligazionari globali e tra questi
gli aggregate, risulteranno un asset class
interessante nei prossimi mesi. il contesto geopolitico sarà foriero di volatilità, che certamente
può condizionare le scelte e i risultati di breve
termine, ma che può costituire a sua volta
un’opportunità di investimento, fruibile tramite
stili di gestione attiva sia del rischio tasso che del
rischio credito (ad esempio strategie long/short
o di replica hedge). Se allarghiamo lo sguardo
su un orizzonte temporale più ampio, è ovvio
che la situazione corrente sui rendimenti del
Bund appare eccessiva; anche alcuni esercizi di
valutazione del fair value sui titoli obbligazionari
di medio-lungo termine indicano una situazione
di sopravvalutazione, diversamente da quanto si
osserva, ad esempio, sui Treasury statunitensi,
per i quali le valutazioni risultano maggiormente
allineate. Ciò potrebbe suggerire la possibilità
di cominciare a guardare prodotti short sul
Bund per sfruttare un eventuale rimbalzo dei
rendimenti in futuro.
Anche sul mercato corporate vi possono
essere delle opportunità; intanto sul mercato
statunitense gli spread si sono ampliati,
soprattutto sul segmento high yield, a causa
principalmente della dinamica dei titoli
energetici, stante la dinamica dei prezzi del
petrolio (si vedano le "Pillole" per maggiori
dettagli). Se, come appare nelle previsioni di
consenso, oltre che nelle nostre, la situazione
inerente i prezzi del petrolio dovesse evolvere
verso una risalita, anche i titoli ad esso collegati o
correlati potrebbero beneficiarne. Nell’area Uem
potrebbero essere interessanti i titoli a cavallo
tra la soglia di investment grade e high yield che
potrebbero intercettare una maggiore domanda
da parte degli operatori finanziari.
9
Sui mercati azionari occorre intanto constatare
che le valutazioni fondamentali non indicano
segnali di surriscaldamento, praticamente
dappertutto, compresi i listini che si trovano
vicini ai massimi storici. Ciò non vuol dire,
ovviamente, che possiamo attenderci
automaticamente un trend positivo per l’anno
in corso, ma in un’ottica di medio termine
i mercati azionari sono comunque l’asset
class con le attese di maggiore performance,
ponendo sempre la dovuta attenzione al livello
di diversificazione e privilegiando i mercati che
hanno ancora quotazioni relativamente basse
rispetto alle medie degli ultimi anni (tra i quali
quello italiano).
L’area Europea resta quella con il maggior ritardo
congiunturale, per cui risulta fondamentale
accentuare la diversificazione internazionale.
Ciò risulta coerente, peraltro, con la possibilità
che l’euro resti relativamente debole sui mercati,
favorendo quindi investimenti a cambio aperto.
Dal punto di vista gestionale, occorre
nuovamente focalizzare l’attenzione sulla
robustezza e coerenza dei processi di
investimento . Le evoluzioni normative che
stanno interessando le diverse categorie
di investitori istituzionali catalizzeranno
l’evoluzione nei modelli di investimento, nei
processi di controllo dei rischi, nell’universo di
investimento, con un forte focus sui meccanismi
decisionali e operativi. Di conseguenza, una volta
definite le strategie, occorre considerare che
la velocità con cui si muovono i mercati, nonché
le necessità di doversi comunque assumere
dei rischi per conseguire rendimenti coerenti
con i propri target, rendono maggiormente
indispensabile rivedere anche i modelli gestionali,
ricorrendo senz’altro in misura maggiore al
risparmio gestito beneficiando, con le dovute
cautele, delle capacità innovative dell'industria
nel contrastare fasi di mercato alterne come
quelle che ci attendono.
Ma ancor prima, occorre definire una strategia
che possa risultare lungimirante dove l’obiettivo
prioritario deve essere l’equilibrio di medio-lungo
termine, il che vuol dire risultare sostenibili
nel tempo nell’evoluzione dei propri impegni
istituzionali, sia che si tratti di prestazioni di
walfare che di erogazioni sul territorio, senza
compromettere la capacità di conservazione del
proprio patrimonio. In sostanza, ribadiamo un
concetto che portiamo avanti ormai da anni nella
definizione delle strategie occorre sganciarsi
dalle logiche di breve termine (tipicamente
il bilancio di esercizio) e invece guardare alla
prometeia
advisor sim
solidità di lungo termine, che potrebbe essere
altrimenti minata.
Una volta definita la strategia, la gestione
tattica ha comunque un rilievo essenziale e
quindi le valutazioni di cui sopra sulle possibili
opportunità delle rispettive classi di attività
andranno opportunamente valutate, in funzione
ovviamente delle composizioni di portafoglio
e dei rispettivi profili di rischio. Ma accanto
a queste decisioni, occorre anche effettuare
valutazioni e scelte coerenti con il contesto
evolutivo, che è caratterizzato da profondi
cambiamenti strutturali dei quali tenere conto.
Certamente non mancano e non mancheranno
prometeia
advisor sim
A
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10
opportunità e soluzioni di investimento che
l’industria finanziaria potrà proporre, che
possono costituire allo stesso tempo il giusto
equilibrio tra i propri target finanziari di mediolungo periodo e i propri indirizzi strategici e
istituzionali.
Il contesto che abbiamo davanti è certamente
complesso e per molti aspetti più difficile
di altre situazioni affrontate in passato;
allo stesso tempo, le evoluzioni in atto
offrono delle opportunità che vanno colte,
adeguando evidentemente processi e logiche
nell’impostazione e implementazione delle
politiche di investimento.
A
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11
contributi
Un anno di divergenze monetarie: implicazioni per
i mercati obbligazionari
Maria Paola Toschi, Market Startegist — J.P.
Morgan Asset Management
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alla crisi finanziaria del 2008/2009,
le principali banche centrali dei Paesi
sviluppati si sono mosse nella stessa
direzione, introducendo varie misure
di allentamento monetario. Nel 2015, questa
situazione cambierà, con l’inizio di una politica di
inasprimento da parte della Federal Reserve (Fed)
e della Bank of England (BoE), e la continuazione
delle politiche espansive della Banca Centrale
Europea (BCE) e della Bank of Japan (BoJ). Le forti
pressioni disinflazionistiche globali, continuano
a spingere i tassi in basso, spostando in avanti le
attese di rialzo e aumentando i rischi per i mercati
obbligazionari nei prossimi anni.
Le diverse performance economiche guidano le
divergenze monetarie
Nell’ultima parte del 2014 la ripresa statunitense
sembra avere trovato un buon ritmo. La crescita
procede a un tasso annualizzato di oltre 3% e la
disoccupazione è scesa sotto la media di lungo
termine. Nonostante ciò l’aumento dei salari resta
modesto. Non si è registrato un significativo
incremento dell’inflazione, ma anzi è avvenuto il
contrario. Inoltre, l’inflazione potrebbe restare
bassa per i prossimi mesi, dato che il calo del
prezzo del petrolio e il rafforzamento del Dollaro
compensano movimenti al rialzo delle retribuzioni
sul mercato interno. Le aspettative inflazionistiche
di lungo termine sono scese nell’ultima parte del
2014. Il tasso swap a 5 anni, un indicatore di dove
si attestino le previsioni a 5 anni sull’inflazione
statunitense, ha registrato un netto calo
nell’ultima parte del 2014, evidenziando un’elevata
correlazione con il rialzo del dollaro e con il calo del
petrolio. Per questo le autorità monetarie hanno
più volte chiarito che l’inasprimento monetario
resterà molto lento anche dopo che la ripresa avrà
preso slancio. Il consenso degli economisti prevede
un primo rialzo dei tassi di interesse statunitensi
a metà 2015. Ed è possibile che la Fed alzerà i tassi
più rapidamente di quanto prevedano i mercati, se
solo la crescita dei salari accelererà.
Nel Regno Unito la politica monetaria è già
diventata meno accomodante, e il bilancio della
banca centrale ha registrato una contrazione
rispetto al PIL. La BoE potrebbe proseguire il ciclo
di normalizzazione di politica monetaria nel 2015,
con uno o più rialzi dei tassi a partire dalla metà
Figura 1: Aspettative d'inflazione a lungo termine (inflazione di pareggio 5 anni/ 5 anni)
4.0
2.4
3.8
2.3
2.2
3.6
2.1
3.4
2.0
3.2
1.9
3.0
1.8
2.8
1.7
2.6
2.4
dic-12
1.6
1.5
giu-13
Stati Uniti (sx)
dic-13
Regno Unito (sx)
giu-14
Eurozona (dx)
Fonte: Bloomberg, J.P. Morgan Asset Management. Guide to the Markets – Europa. Dati al 31 dicembre 2014.
prometeia
advisor sim
dell’anno. Anche il Regno Unito ha registrato un
forte incremento dei posti di lavoro negli ultimi
anni, senza rialzi dell’inflazione o dei salari. La
differenza rispetto agli Stati Uniti sta nel fatto
che la partecipazione alla forza lavoro è in fase di
aumento. L’occupazione rispetto alla popolazione
si sta oggi avvicinando ai massimi storici. Ciò è
positivo per la crescita di lungo termine, ma ha
prodotto un calo della produttività. La produzione
pro capite è aumentata ancora più lentamente
che negli Stati Uniti. Ne consegue che vi è
probabilmente meno capacità inutilizzata rispetto
agli Stati Uniti, cosa che potrebbe indurre la BoE
ad alzare il tasso di riferimento prima della Fed.
Anche in questo caso il governatore della BoE,
Mark Carney, ha chiarito che il processo di rialzo dei
tassi sarà lento e si arresterà a un livello inferiore
rispetto al passato.
prometeia
advisor sim
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12
In Europa la ripresa ha perso slancio nella seconda
metà del 2014. Preoccupa il rallentamento di
alcuni Paesi, come Italia e Francia. L’Eurozona
necessita di maggiore crescita e inflazione per
ridurre l’indebitamento pubblico e privato. Per
questo dall’estate scorsa, la BCE ha intensificato
gli sforzi per contrastare il calo dell’inflazione,
annunciando programmi per incentivare le
banche a concedere prestiti alle imprese (TLTRO),
impegnandosi ad acquistare titoli ABS e covered
bond privati su base continuativa. Il consiglio
direttivo della BCE si è inoltre esplicitamente
impegnato ad ampliare lo stato patrimoniale della
banca riportandolo a circa 3.000 miliardi di EUR,
intensificando la lotta alla deflazione. Ciò ha già
prodotto un importante indebolimento dell’Euro.
NLa Bce ha poi annunciato un nuovo round di
misure di allentamento quantitativo, proprio
per limitare i rischi deflazionistici e rilanciare
la crescita. Nonostante la BCE e il Governatore
Draghi con l’OMT (Outright Monetary Transaction)
e con il discorso su “whatever it takes” abbia già
raggiunto alcuni importanti obiettivi, come il calo
dei tassi sui governativi periferici e l’indebolimento
dell’Euro, non ha tuttavia agito sufficientemente
sulla crescita della liquidità. Per questo la Bce ha
implementato un programma di acquisti più ampio
che includerà anche i governativi. Queste misure
saranno positive per l’Europa, come anche il forte
calo del prezzo del petrolio, che potrà determinare
un calo dei costi per le aziende e le famiglie, pur
ostacolando lo sforzo di rialzare l’inflazione. Se la
crescita e l’inflazione non riusciranno a infrangere
la soglia dell’1% in alcuni Paesi (come l’Italia), vi sarà
il rischio che gli investitori mettano nuovamente
in dubbio la sostenibilità delle finanze pubbliche.
Inoltre per assicurare l’efficacia delle politiche
della BCE, le aziende dovranno avere più fiducia
nel futuro della ripresa. Anche i governi dovranno
dare il loro contributo, sostenendo la domanda
e accelerando le riforme strutturali. L’aumento
degli investimenti privati e della occupazione in
Spagna indicano che gli sforzi fatti per migliorare la
competitività possono tradursi in un’accelerazione
della crescita. L’Europa è quindi l’area dove restano
le maggiore aspettative di espansione monetaria.
Questo elemento la candida ad essere l’area più
stabile e meno esposta al rialzo dei tassi.
Venendo al Giappone, sotto la guida di Shinzo
Abe, il governo ha promesso non solo drastiche
misure di lotta alla deflazione da parte della banca
centrale, ma anche una serie di riforme strutturali
per incrementare la crescita di lungo termine. Non
è ancora chiaro se la cosiddetta “Abenomics” sia in
grado di imprimere una svolta rispetto agli ultimi
due decenni di stagflazione, ma prevediamo che
la politica monetaria resterà molto accomodante.
Dopo avere mostrato un certo slancio a inizio
anno, l’economia nipponica ha risentito degli
effetti dell’aumento dell’imposta sui consumi.
Il tasso di inflazione strutturale è nuovamente
sceso riducendo le speranze di centrare l’obiettivo
del 2% entro aprile 2015. Ciò ha indotto la BoJ a
raddoppiare gli sforzi per reflazionare l’economia,
deprezzando la valuta e spingendo al ribasso i
rendimenti obbligazionari di lungo termine. La
BoJ ha preso l’impegno a tempo indeterminato
di acquistare titoli di Stato per 80.000 miliardi di
JPY l’anno (circa il 15% del PIL), superando di gran
lunga le misure adottate dalle altre banche centrali.
Inoltre la BoJ acquisterà il 100% dei Titoli di Stato
giapponesi di nuova emissione (dal precedente
70%). Ciò potrà anche compensare il calo degli
acquisti da parte del fondo pensione statale,
che ha annunciato l’intenzione di investire una
quota maggiore in azioni. Questi sviluppi saranno
probabilmente positivi per i mercati e l’economia
giapponese nel breve periodo. Ma affinché questi
miglioramenti possano continuare nel 2015 saranno
fondamentali i progressi in termini di riforme
strutturali.
Il rialzo del Dollaro e gli effetti sui tassi
Le prospettive contrastanti di crescita e politica
monetaria tra Stati Uniti ed Europa potranno avere
tre probabili ripercussioni. Le prime due sono il
rafforzamento del dollaro e la continua debolezza
dei prezzi delle materie prime. La terza consiste
nel fatto che i tassi statunitensi, resteranno
probabilmente inferiori al livello a cui si sarebbero
attestati per un periodo più lungo del previsto.
Le minori pressioni inflazionistiche e i tassi
di interesse più bassi dovrebbero favorire la
A
anteo
ripresa statunitense e, di conseguenza, quella
globale. Il rischio potrebbe invece aumentare se
il dollaro si dovesse impennare eccessivamente
continuando ad attrarre flussi d’investimento
verso i mercati azionari, già molto elevati, e
verso i Treasury. È possibile che assisteremo a un
periodo di tassi statunitensi di lungo termine spinti
eccessivamente al ribasso dalla continua domanda
mondiale di Treasury e dalle politiche divergenti
attuate da BCE e BoJ. La Fed potrebbe essere
costretta a effettuare rialzi dei tassi di breve
termine più marcati, per non rischiare di trovarsi
con condizioni monetarie troppo accomodanti in
una fase avanzata della ripresa.
Nell’incontro di settembre, i membri del FOMC
hanno annunciato le loro previsioni sui tassi dei
Federal Fund a fine 2015, 2016 e 2017. La mediana
di tali stime vedeva, a fine 2015, un tasso compreso
tra 1,25% e 1,50%. Questo livello di tassi riflette
un inasprimento monetario superiore a quello
che sconta il mercato. Questo scostamento è
probabilmente frutto della liquidità, che ha creato
forti distorsioni. In effetti, la stima di un aumento
di 1,25% del tasso dei Fed Fund nel corso del 2015
sembra ragionevole, dato il clima economico
del Paese, con un tasso di disoccupazione che
potrebbe a breve scendere sotto al 5% e la crescita
dei salari che dovrebbe accelerare. In uno scenario
di questo tipo, non vi sarebbe alcun bisogno di
politica monetaria espansiva.
La Fed potrebbe rendersi conto di dover realizzare
una transizione verso la neutralità monetaria
iniziando presto a rialzare i tassi già nel primo
incontro di giugno 2015 e proseguendo senza
interruzioni, per raggiungere il target di 3,75%,
stabilito per il lungo termine, entro l’inizio del
2017. Nel momento in cui la Fed inizierà il ciclo di
inasprimento, anche i tassi sui Treasury di lungo
termine potrebbero salire, ma il trend potrebbe
differire da quanto osservato in passato. Nei 50
anni precedenti il 2007, il rendimento del Treasury
decennale è stato mediamente lo 0,9% al di sopra
del tasso dei Fed Fund. Un ritorno alla storica
relazione tra il tasso dei Fed Fund e il Treasury
decennale, implicherebbe un rendimento del
decennale di oltre 4,5% entro l’inizio del 2017, dal
1,9% attuale. Tale livello potrebbe essere inferiore
se le divergenze monetarie determineranno un
afflusso di capitali verso i Treasury. Se i tassi di
interesse di lungo termine restassero troppo bassi,
a causa della forte domanda di Treasury dall’estero,
pur in un contesto di crescita dei tassi a breve,
l’effetto sarebbe di stimolo dell’economia e non di
raffreddamento. In questo caso, la Fed potrebbe
cercare di mantenere i tassi di lungo termine
superiori a quelli di breve termine con vendite di
13
titoli. Con un bilancio di oltre 4.500 miliardi di USD,
accumulato in questi ultimi anni di allentamento
quantitativo, che ad un certo punto vorrà
ridimensionare, la Fed dispone delle munizioni
necessarie a generare un incremento dei tassi di
interesse di lungo termine.
Il ruolo delle banche centrali e i rischi
d’investimento
È possibile che nei prossimi mesi le banche centrali
continueranno ad essere al centro dell’attenzione
dei mercati. Sarà quindi molto importante che
riescano a gestire la fase di uscita dall’emergenza
monetaria in maniera più efficiente possibile
e senza eccessive ripercussioni in termini di
volatilità dei mercati. Il caso della Banca Nazionale
Svizzera e della brusca reazione al rialzo del Franco
all’annuncio inaspettato di eliminazione della
parità verso Euro, ha infatti dimostrato come sia
importante guidare adeguatamente le aspettative
e agire senza creare eccessivi shock di mercato.
Per questo il rischio di un rialzo dei tassi persiste,
nonostante il calo anche recente dei rendimenti,
alimentato dal calo del prezzo del petrolio e delle
aspettative d’inflazione, i pericoli di rialzo dei
tassi sono aumentati e si potranno materializzare
nell’anno corrente ed in quelli a venire.
I mercati obbligazionari al di fuori degli Stati Uniti
potrebbero avere un andamento migliore. I recenti
annunci della BoJ e della BCE ribadiscono la ferma
intenzione di fornire ulteriori stimoli monetari. Né il
Giappone né l’Europa mostrano segni di crescita o
inflazione degni di nota. Il debito dei Paesi europei
periferici, tuttavia, potrebbe essere vulnerabile ai
risultati politici; il riemergere di rischi di fuoriuscita
di un Paese dalla UE o dalla moneta unica potrebbe
intensificare i timori creditizi.
La ricerca di rendimento cedolare resterà un tema
dominante per l’investimento in reddito fisso.
Le obbligazioni dei mercati emergenti offrono
yield più elevati rispetto ai mercati sviluppati.
Malgrado la presenza di rischi idiosincratici, Paesi
emergenti come l’India, in cui le banche centrali
perseguono la protezione della valuta e il controllo
dell’inflazione, possono essere interessanti. Il ciclo
di inasprimento della Fed, previsto per il 2015 è
stato abbondantemente annunciato e discusso:
potrebbe quindi generare meno volatilità del
taper tantrum del 2013. Tuttavia sarà importare
impostare una rigida strategia di selettività e di
minore esposizione ai rischi di volatilità valutaria.
prometeia
advisor sim
A
anteo
14
contributi
Prospettive per il credito europeo nel 2015
considerazione il mercato high yield dovrebbero
porsi tre specifiche domande: Questo nervosismo
è destinato a persistere? Ci stiamo avvicinando
alla fine del ciclo del credito? E dove altro si
può investire per ottenere un livello di reddito
significativo?
Fixed Income Team — Aberdeen Asset
Management
Il segmento high yield europeo nel 2015
I
Attualmente il nervosismo la fa da padrone
e deriva da molteplici cause. La politica
economica degli Stati Uniti si sta muovendo in
direzione opposta alla politica europea, il forte
dollaro statunitense sottrae denaro ai mercati
emergenti e le implicazioni del vertiginoso calo
delle quotazioni petrolifere sono ancora in
corso di valutazione, nonostante tale situazione
abbia nel frattempo inciso negativamente
(-15%) sul mercato dell’high yield statunitense
e abbia provocato il crollo del rublo russo. Al
contempo è entrata in gioco anche la deflazione
mentre l’Europa continua a esibire rendimenti
obbligazionari ai minimi storici. La fragilità politica
della Grecia e la sua permanenza nell’Eurozona
continuano a conquistare le prime pagine dei
giornali. La volatilità resterà strutturalmente più
elevata per diverse buone ragioni mentre stiamo
per entrare in una nuova fase del mega ciclo
iniziato alla fine della crisi finanziaria globale.
l mercato high yield europeo, stando all’indice
Bank of America Merrill Lynch European
Currency High Yield, ha chiuso il 2014 con un
soddisfacente 5,5%. Questo dato è il risultato
dell’ottimo primo semestre registrato dall’asset
class (rendimento del 5,5% a metà anno) a cui
ha fatto seguito una seconda parte dell’anno
più debole che, nel complesso, ha determinato
rendimenti flat.
Storicamente il mercato high yield risulta,
nella migliore delle ipotesi, semiliquido. I
deflussi contribuiscono a ridurre le quotazioni
obbligazionarie mentre l’avversione al rischio
può provocare squilibri a livello di pricing degli
asset. Anche un default in un particolare settore
è in grado di determinare un re-pricing di tutte
le obbligazioni analoghe. Il mercato high yield
europeo ha sperimentato tutti questi fattori nel
secondo semestre del 2014 e quindi iniziamo il
nuovo anno in una situazione ancora febbrile.
Dopo quasi sei anni il ciclo del credito è maturo,
ma non siamo in presenza di un ciclo normale.
In questo contesto, gli investitori che prendono in
Figura 1:
prometeia
advisor sim
High Yield paneuropeo – Rendimento minimo (YTW)
Fonte: Barclays Capital.
01/01/2015
12/01/2014
11/01/2014
10/01/2014
09/01/2014
08/01/2014
07/01/2014
06/01/2014
05/01/2014
04/01/2014
03/01/2014
02/01/2014
01/01/2014
5.500
5.250
5.000
4.750
4.500
4.250
4.000
3.750
3.500
3.250
3.000
2.750
2.500
High Yield paneuropeo – OAS
A
anteo
15
mentre il rendimento medio sulle obbligazioni
con rating B è salito dell’1,2% a quota 5,7%, con il
prezzo effettivo medio che è sceso di 4,75 punti a
quota 102,25.
L’Eurozona ha ormai raggiunto un punto in cui
l’inflazione è divenuta negativa per via di una
domanda carente, della flessione dei prezzi degli
alimentari e, più di recente, del calo dei prezzi
dell’energia. Da più parti ci si attende che la Banca
Centrale Europea (BCE) dia il via a una specie di
quantitative easing (QE) mirato a contrastare la
deflazione. Questo contesto con tassi di interesse
costantemente ridotti è quindi destinato ad
essere ulteriormente consolidato dal nuovo
stimolo monetario di prossima introduzione, il
che garantirà la persistenza di una congiuntura
caratterizzata da ridotti tassi di default per le
società. Il mercato fa eccessivo affidamento
sulle Banche Centrali, ma viste le misure che tali
istituti sono stati disposti a mettere in campo per
rilanciare gli asset e le economie, è improbabile
che abbandonino proprio ora queste politiche.
A dispetto dell’aumento dei default idiosincratici,
è improbabile che si assista a una serie di
default sistemici. Un grafico del ciclo dei default
dovrebbe assomigliare più a un altopiano che a
una vera e propria vetta, ovvero attestarsi su livelli
abbastanza elevati per un certo periodo di tempo
piuttosto che registrare una brusca impennata.
Nelle circostanze attuali e in prospettiva, gli
spread creditizi offrono una remunerazione più
che adeguata rispetto al rischio di default assunto.
Con i due terzi dell’universo composti da società
con rating BB, la maggior parte della società high
yield europee continuerà a generare liquidità e
pagare cedole.
Le società finanziariamente deboli, che operano
nel high yield tendono ad aver bisogno di tassi
di crescita nominale superiori per favorire
l’ampliamento dei rispettivi bilanci. Questo
segmento del mercato potrebbe quindi essere
sottoposto a ulteriori pressioni. Malgrado ciò, gli
emittenti europei con rating CCC rappresentano
solo una minima parte del mercato, di poco
inferiore al 7%. Gli emittenti con rating B
costituiscono il 28% del mercato e, sebbene
alcuni risentiranno di un contesto caratterizzato
da inflazione negativa e crescita debole, hanno già
subito una revisione dei prezzi rispetto ai massimi
di giugno 2014. Oggi, lo spread medio rispetto ai
Bund tedeschi si attesta a 563 punti base (+144pb),
In sintesi, la volatilità sembra destinata a restare
più alta rispetto all’ultimo periodo. Le valutazioni
non forniranno più una protezione adeguata, ma gli
spread creditizi sono appena oltre i minimi. Anche
se il rendimento dell’asset class appare ridotto in
termini storici, siamo in presenza di uno spread
puro dal momento che la curva dei bund tedeschi
sottostanti offre un contributo quasi inesistente.
In questo contesto non si può di certo sostenere
che il valore in gioco sia straordinario ma, vista
la politica monetaria ancora eccezionalmente
accomodante e i ridotti default, un rendimento
del 5% circa per un’asset class a ridotta duration
risulta relativamente interessante rispetto agli
altri principali segmenti del reddito fisso.
Figura 2:
2.5
2
1.5
1
0.5
Rendimento minimo (YTW)
#RIF!
Fonte: BAML.
#RIF!
OAS titoli di Stato
01/01/2015
18/12/2014
04/12/2014
20/11/2014
06/11/2014
23/10/2014
09/10/2014
25/09/2014
11/09/2014
14/08/2014
28/08/2014
17/07/2014
31/07/2014
03/07/2014
19/06/2014
05/06/2014
22/05/2014
08/05/2014
24/04/2014
27/03/2014
10/04/2014
13/03/2014
27/02/2014
13/02/2014
16/01/2014
30/01/2014
02/01/2014
0
prometeia
advisor sim
Il segmento investment grade europeo nel
2015
Diversamente dall’high yield europeo, il mercato
investment grade in euro non ha vissuto periodi di
volatilità nel secondo semestre 2014. Infatti si è
trattato di un altro anno eccezionale, con spread
di rendimento sui Bund tedeschi in contrazione
di 20 punti base, che ha portato il rendimento
complessivo, anche a causa della flessione dei
rendimenti dei Bund tedeschi, all’8,25% nel
corso dell’anno. Sebbene nei mercati del credito
in sterline gli spread, stando all’indice Bank of
America Merrill Lynch Sterling Non-gilt, abbiano
subito un leggero ampliamento nel corso dell’anno,
nel 2014 il rendimento complessivo si è attestato
al 12,35%, per via di una duration mediamente
superiore e del calo dei rendimenti dei titoli di
Stato.
Analogamente al high yield, questa positiva
performance è in larga parte attribuibile alle
aspettative e alle misure adottate dalla BCE
in termini di politica monetaria. Il mercato ha
correttamente anticipato che, nell’ambito del
proprio programma di QE, la BCE avrebbe iniziato
ad acquistare direttamente titoli di credito
corporate ed a spingere al ribasso i rendimenti
dei titoli di Stato tramite l’acquisto di debito
sovrano, con un conseguente incremento della
necessità di rendimento non sovrano. In ambedue
i casi, i mercati del credito ne dovrebbero trarre
vantaggio.
Rispetto alla congiuntura descritta per l’high yield,
il quadro fondamentale del credito investment
prometeia
advisor sim
A
anteo
16
grade appare piuttosto solido, indipendentemente
dalla riduzione del costo di rifinanziamento da
parte della BCE. E ciò è essenzialmente imputabile
a due ragioni.
Sul fronte bancario, la riforma normativa ha
comportato un significativo rafforzamento
del capitale azionario, soprattutto per i leader
nazionali, mentre i modelli di business stanno
subendo una sostanziale riduzione del rischio.
Sul fronte societario, la persistente debolezza
dell’economia europea ha indotto la maggior
parte delle società industriali europee di maggiori
dimensioni a posticipare l’avvio del processo di
re-leveraging, che normalmente risulta già in corso
in questa fase del ciclo del credito. Inoltre, il crollo
delle quotazioni petrolifere non ha ancora inciso in
misura significativa sulle società europee operanti
nel settore dell’energia. Al contrario, la flessione
delle quotazioni petrolifere dovrebbe favorire i
margini delle industrie e la crescita economica
generale. A livello di fondamentali, l’impatto più
forte è stato avvertito da alcune società operanti
in Russia a fronte delle sanzioni imposte al Paese e
della conseguente recessione in atto.
Nonostante il contesto sia estremamente
favorevole dal punto di vista tecnico e
fondamentale, permangono notevoli rischi
macroeconomici e politici, tra cui un possibile
aumento dei tassi della Federal Reserve USA.
Per il momento resta il margine per un ulteriore
aumento della volatilità ma, se il mercato non
perde fiducia nella BCE, sembra improbabile che
l’anno si chiuda con spread di rendimento più
ridotti rispetto a quelli di fine 2014.
A
anteo
17
contributi
Mercati azionari globali: outlook 2015
e i bassi costi di finanziamento. In un contesto di
elevata disoccupazione, difficilmente le società
dell’eurozona si troveranno ad affrontare pressioni
salariali. Riteniamo quindi possibile una ripresa dei
margini aziendali nella zona Euro e in Giappone.
Matteo La Tassa, Senior Relationship Manager
& Institutional Business Development — ING
Investment Management
R
ispetto al 2014, la crescita dei
mercati sviluppati nel 2015 segnerà
un’accelerazione, soprattutto in termini
nominali, pur rimanendo ad un livello
inferiore alla media storica. Per i Paesi del G4
stimiamo una crescita nominale del 3,6% nel 2015,
di poco superiore al dato del 2014 (3,0%), mentre
a livello globale, Includendo i mercati emergenti, la
crescita dovrebbe stabilizzarsi attorno al 5,6%.
Nonostante le valutazioni azionarie siano superiori
alla media decennale in termini assoluti, è
necessario tenere in considerazione tre elementi.
In primo luogo, l’Europa e il Giappone sono nella
fase iniziale di un trend rialzista degli utili che
giustifica un PE leggermente superiore alla media.
In secondo luogo le banche centrali sembrano
orientate ad assicurare sufficiente liquidità al
mercato. Pensiamo che sia la Bce che la BoJ
continueranno ad adottare politiche monetarie
espansive, mentre riteniamo che la Fed aumenterà
i tassi di interesse a metà anno. Fino ad allora la
politica monetaria globale rimarrà estremamente
accomodante, quindi a sostegno delle valutazioni.
Il QE spinge inoltre gli investitori a risalire la
curva di rischio, tanto che la ricerca di rendimento
potrebbe estendersi ai segmenti corporate e high
yield, fino a coinvolgere i titoli azionari.
Questi livelli di crescita sono sufficienti per dare
un discreto slancio agli utili aziendali, tuttavia
sono probabili divergenze a livello regionale.
Per il Giappone e l’eurozona ci aspettiamo
una crescita degli utili superiore a quella delle
aziende statunitensi. La debolezza dell’euro e
dello yen rispetto al dollaro farà aumentare gli
utili e migliorerà la competitività delle imprese.
Entrambe le Regioni presentano un elevato
leverage operativo, pertanto piccole variazioni
nella crescita dei ricavi possono determinare
variazioni importanti dell’utile netto. Inoltre, per
una valutazione completa, è necessario tenere in
considerazione anche il calo del prezzo del petrolio
L’ultimo elemento da considerare riguarda le
valutazioni relative. Il premio al rischio azionario
è pari approssimativamente al 4,6%, mentre la
media a lungo termine è compresa tra il 3 e il 3,5%.
Figura 1: Margini operativi netti
18.0%
16.0%
14.0%
12.0%
10.0%
8.0%
6.0%
4.0%
2.0%
Eurozone
Fonte: Datastream, INGIM (dicembre 2014) .
Japan
USA
01/02/2014
01/03/2013
01/04/2012
01/05/2011
01/06/2010
01/07/2009
01/08/2008
01/09/2007
01/11/2005
01/10/2006
01/12/2004
01/01/2004
01/02/2003
01/03/2002
01/04/2001
01/05/2000
01/07/1998
01/06/1999
01/08/1997
01/09/1996
01/10/1995
01/11/1994
01/12/1993
0.0%
prometeia
advisor sim
A
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18
Figura 2: PE mondiale rispetto alla media decennale
35
30
25
20
15
10
5
WORLD PE
31/12/2014
31/12/2013
31/12/2012
31/12/2011
31/12/2010
31/12/2009
31/12/2008
31/12/2007
31/12/2006
31/12/2005
31/12/2004
31/12/2003
31/12/2002
31/12/2001
31/12/2000
31/12/1998
31/12/1999
31/12/1997
31/12/1996
31/12/1995
31/12/1994
31/12/1993
31/12/1992
31/12/1991
31/12/1990
0
WORLD 10 YR AVG
Fonte: Datastream, INGIM (dicembre 2014) .
Le azioni sono in grado di assorbire un graduale
aumento dei rendimenti obbligazionari, purché
giustificato da un miglioramento dei fondamentali
sottostanti.
In base agli elementi sopra esposti il 2015 si
presenta come un anno potenzialmente positivo
per i mercati azionari, tuttavia ravvisiamo alcuni
rischi in grado di cambiare le carte in tavola.
Il primo è di natura geopolitica. L’impressionante
diminuzione del prezzo del petrolio potrebbe
incidere sugli equilibri di potere. La Russia è
in recessione e il prezzo attuale del petrolio è
nettamente inferiore al break-even fiscale di
gran parte degli Stati produttori. In un’area già
molto fragile, questa situazione può sfociare in
disordini sociali. Il conflitto russo-ucraino e le
tensioni al confine rappresentano un’ulteriore
fonte di preoccupazione. Importante sarà valutare
quale sarà l’impatto sui flussi di investimento nei
fondi sovrani, che ormai sfiorano i 6.000 miliardi
di dollari americani e che in molti casi dipendono
dai ricavi delle materie prime. Alcuni dei maggiori
progetti di sviluppo immobiliare e infrastrutturale
al mondo sono finanziati da tali fondi.
Il secondo rischio è la deflazione nell’eurozona,
che penalizzerebbe gli asset rischiosi. Riteniamo
tuttavia che una risposta decisa da parte della Bce
possa contrastare tale rischio.
prometeia
advisor sim
La terza fonte di rischio, la più importante
da monitorare nel 2015, è il cambiamento di
politica monetaria negli Stati Uniti e l’impatto
sui rendimenti obbligazionari. L’aumento
dei rendimenti obbligazionari di per sé non
è preoccupante, purché sostenuto da un
miglioramento dei dati economici sottostanti e
dall’andamento degli utili, in quanto la contrazione
del PE viene compensata da utili più elevati. La
volatilità dei mercati è sicuramente destinata
ad aumentare in prossimità delle riunioni della
Fed e della pubblicazione dei dati economici, in
particolare ora che la crescita degli utili Usa ha
imboccato un trend discendente.
Un quarto rischio è rappresentato dalla situazione
politica interna nei Paesi dell’Eurozona, dove i
partiti anti-establishment stanno guadagnando
consensi e presumibilmente incideranno
sull’agenda dei partiti tradizionali. Il 2015 sarà
un anno di elezioni nel Regno Unito (maggio),
in Spagna (dicembre), in Portogallo (ottobre)
e in Grecia (febbraio). Probabilmente questi
appuntamenti elettorali influenzeranno la volatilità
nel corso dell’anno, come già visto di recente ad
esito delle elezioni greche.
Un ultimo rischio riguarda il possibile “hard
landing” della Cina. Gli indicatori economici
segnalano un rallentamento, che coinvolge in
particolare l’importante settore immobiliare.
Gli investitori sperano che il governo intervenga
annunciando maggiori stimoli, ma al tempo stesso
i responsabili politici cercano di contrastare la
costante crescita dei livelli di indebitamento. Il
calo dei prezzi energetici rappresenta sicuramente
un toccasana per l’economia cinese, come per la
maggior parte delle economie asiatiche.
A
anteo
19
Figura 3: Premio al rischio azionario globale
8
7
6
5
4
3
2
1
01/01/2014
01/12/2012
01/11/2011
01/10/2010
01/09/2009
01/08/2008
01/07/2007
01/05/2005
01/06/2006
01/04/2004
01/03/2003
01/01/2001
01/02/2002
01/12/1999
01/11/1998
01/10/1997
01/09/1996
01/08/1995
01/07/1994
01/05/1992
01/06/1993
01/04/1991
01/03/1990
01/01/1988
01/02/1989
0
Fonte: Datastream, ASR (gennaio 2015) .
Spostando l’analisi a livello regionale, il mercato
azionario Usa ha dominato la scena, grazie ai
migliori fondamentali macroeconomici e alla
maggiore crescita degli utili.
Per il 2015 non abbiamo una visione negativa in
termini assoluti sulle azioni Usa, ma riteniamo
che questa classificazione relativa tra i mercati
sviluppati potrebbe assumere contorni assai
diversi. Le variabili principali sono la politica
monetaria e la crescita degli utili, ambiti in cui ci
aspettiamo che gli Stati Uniti intraprendano una
diversa direzione rispetto all’Europa e al Giappone.
Il Giappone è la piazza finanziaria preferita.
A fine ottobre la BoJ ha sorpreso il mercato
varando ulteriori stimoli monetari; come se non
bastasse ha contemporaneamente annunciato una
variazione dell’asset allocation del GPIF (fondo
pensione pubblico con un patrimonio gestito di
130.000 miliardi di yen) che sarà articolata lungo
due preferenze relative: dalle obbligazioni alle
azioni e dagli asset domestici a quelli esteri. Il
previsto aumento dell’imposta sulle vendite dall’8
al 10% è stato rinviato ad aprile 2017 e il governo
ha annunciato un budget fiscale aggiuntivo di
3.000 miliardi di yen per stimolare la domanda
al consumo e sostenere le piccole e medie
imprese; la maggioranza in carica ha inoltre vinto
le elezioni, assicurando al primo ministro Abe
altri quattro anni di tempo per attuare la sua
strategia. Una simile conclusione è suggerita
anche dall’andamento dei margini operativi,
tornati sui massimi pre-crisi e dal calo del petrolio
che rappresenta un importante driver positivo,
non solo per i margini ma anche per la spesa al
consumo.
Consideriamo quindi il Giappone come la migliore
combinazione tra crescita degli utili e valutazioni
interessanti .
Nel mezzo ci sono le società dell’Eurozona: la forza
del dollaro è certamente un fattore positivo, ma
la debolezza dello yen può costituire un problema
per alcune aziende in concorrenza diretta con le
imprese giapponesi in mercati sensibili ai prezzi.
Sul mercato internazionale il dollaro è comunque
dominante, pertanto ci aspettiamo un impatto
valutario positivo sugli utili dell’Eurozona.
Nonostante questo aspetto, siamo ancora cauti
sia per i dati macroeconomici che per il quadro
politico greco, che ha assunto nuovamente
contorni incerti; rimaniamo quindi in attesa
degli effetti delle politiche monetarie della BCE
sull’economia reale.
prometeia
advisor sim
A
anteo
20
contributi
2015 : L’incertezza è l’unica certezza
Bernardo Bailo, Managing Director — Man Group
S
iamo all’inizio del 2015 ed è difficile
immaginare un periodo storico in cui
le prospettive macroeconomiche e le
aspettative per i mercati dei capitali,
siano state più incerte, soprattutto in Europa.
L’Eurozona è entrata ufficialmente in deflazione,
l’Euro è scambiato al minimo livello da più di dieci
anni a questa parte e gli ostacoli al QE (nonostante
le remore di un parte degli stati membri) sono
progressivamente venute meno.
Solo il tempo potrà dire se non sia già troppo tardi
in Europa per evitare i “decenni perduti” di cui ha
sofferto il Giappone, ma è preoccupante il fatto
che la Banca Centrale Europea sia stata pronta
solo ora ad implementare il QE, ben sei anni più
tardi rispetto al Regno Unito e Stati Uniti. Mentre
molti non sono ancora convinti dell’efficacia del
QE, ci sembra indubbio che esso abbia svolto
un ruolo importante per risanare i bilanci delle
istituzioni finanziarie di Regno Unito e Stati Uniti.
La domanda da porsi a questo punto, anche se
dopo l’AQR e stress la debolezza dei bilanci bancari
non è più il principale problema europeo, è se il QE
potrà effettivamente produrre i risultati sperati.
In un’ottica più globale, la discussione riguardante
la forte riduzione del prezzo del petrolio si e’
spostata da considerazioni sui vantaggi per i
consumatori alla valutazione sul possibile impatto
destabilizzante che ciò avrebbe per i prezzi al
consumo.
L’industria petrolifera si è indebitata molto per
finanziare il processo produttivo e per finanziare
progetti di sviluppo che erano concepiti con
l’ipotesi che il prezzo del petrolio sarebbe rimasto
sopra gli 80 dollari al barile. Perciò gli spread
creditizi sul debito si sono ampliati notevolmente
ed i rischi di default sugli strumenti di debito di
società del settore petrolifero sono più elevati
che in precedenza. Non è da escludersi, inoltre, che
tali effetti si possano estendere contagiando altri
settori.
prometeia
advisor sim
Dopo la crisi finanziaria, il peso degli strumenti
azionari nei portafogli degli investitori istituzionali
è calato progressivamente, ma una delle recenti
ricerche al riguardo (Mercer European Asset
Allocation Survey) mostra che questa tendenza
si è rallentata in modo significativo negli ultimi
tempi. Crediamo che questo sia il riflesso di
un’atteggiamento meno conservativo da parte
degli investitori verso l’investimento azionario,
che costituisce uno strumento in grado di generare
rendimenti interessanti quando i tassi di interesse
sono ridotti, specialmente ora che una politica
monetaria molto accomodante renderà meno
probabile il realizzarsi a breve degli scenari
economici più pessimistici.
Ciò significa che gli investitori sono probabilmente
più inclini a trovare buoni motivi per investire
in azioni, piuttosto che preoccuparsi dei rischi
associati a quel tipo di investimento. In questo
contesto le preoccupazioni per la mancanza
di crescita sostenibile dei ricavi sono state
sostanzialmente ignorate nei mesi scorsi, mentre il
miglioramento degli utili aziendali, essenzialmente
finanziario, è stato preso come giustificazione
dell’aumento delle quotazioni azionarie. Vale la
pena notare che il mercato azionario statunitense,
in particolare, è cresciuto con un livello di extraperformance, rispetto agli altri mercati, tale
che gli indici azionari mondiali ponderati per
capitalizzazione sono oggi ancora più esposti agli
Stati Uniti di quanto non lo fossero in precedenza.
Possibili soluzioni d’investimento nell’attuale
contesto
Detto questo, le valutazioni azionarie non
sembrano essere particolarmente elevate,
soprattutto in relazione ai rendimenti
obbligazionari, potrebbero quindi esserci ancora
le condizioni per un proseguimento dei rialzi di
mercato che continuano dal Marzo 2009. Tuttavia
non vanno ignorati possibili bruschi aumenti
di volatilità, similmente a quanto accaduto
nell’autunno scorso, causati da incertezza e da un
consenso meno diffuso, che possono creare rischi
di correzioni anche improvvise.
Come accennato, gli investitori sono
comprensibilmente riluttanti ad abbandonare il
mercato azionario... Quindi ci chiediamo: come
si può sfruttare il potenziale di rialzo, mitigando
contestualmente potenziali perdite? Le strategie
Equity Long-Short cercano di catturare il
potenziale di sovraperformance di singoli titoli
mitigando l’esposizione al mercato azionario
A
anteo
21
nel suo complesso. La principale differenza tra
un fondo azionario tradizionale e una strategia
azionaria Long-short è la combinazione di
esposizioni ribassiste a fronte di un’esposizione
tradizionale rialzista al mercato.
Tipicamente i fondi azionari long-short sono
meno efficaci durante i mercati al rialzo poiché
la direzione rialzista del mercato complessivo (o
beta) tende ad essere la principale determinante
della performance di un portafoglio azionario.
Tuttavia, i fondi long-short a basso beta, e talvolta
beta neutral, forniscono un attraente profilo
rischio/rendimento in un contesto di mercato
incerto, in quanto la loro volatilità e la perdita
potenziale sono tipicamente inferiori rispetto a
quelle di un portafoglio azionario long-only in caso
di correzione del mercato.
A beneficio di chi cerchi una maggiore
diversificazione di portafoglio, vale la pena
notare che, dopo anni di alternanza tra fasi di
mercato “risk-on” e “risk-off”, con l’aumento
dell’incertezza sulle prospettive dell’economia e
degli investimenti è aumentata anche l’intensità
dei trend nei movimenti di prezzo dei vari attivi
finanziari. Chiaramente, la tendenza al ribasso dei
prezzi del greggio, è un esempio di immediata di
individuazione, ma abbiamo visto esempi simili
anche in altre asset-class, particolarmente nel
reddito fisso e sulle valute.
Le cosiddette Strategie “managed futures”
sono posizionate per catturare i trend dei prezzi
in entrambe le direzioni e in una vasta gamma
di mercati finanziari, potendo fornire anche
protezione in caso di forti ribassi in un ambiente
di crescente avversione al rischio. Infatti, vale
la pena ricordare come per le strategie di
managed futures il 2008 sia stato un anno di
ottime performance, benché al culmine della crisi
finanziaria. Queste strategie hanno registrato
ottimi risultati anche durante la forte correzione
del settore tecnologico e le turbolenze dei
mercati emergenti nel 1998. Ciò suggerisce che
un’allocazione a strategie di managed futures
potrebbe potenzialmente generare rendimenti
durante una fase di contrazione del mercato,
non limitandosi alla sola funzione di pura
diversificazione.
Accessibilità
Le strategie “managed futures” e “equity Longshort” sono facilmente accessibili attraverso fondi
UCITS. Infatti, si tratta di strategie alternative
che investono in strumenti essenzialmente liquidi
e per loro natura più allineati ai requisiti della
direttiva UCITS.
In un mondo di crescente incertezza, è forse
giunto il momento di dare più considerazione agli
investimenti alternativi liquidi?
Documento ad uso riservato degli investitori qualificati di cui è
vietata la diffusione tra il pubblico.
Le opinioni espresse sono quelle dell’autore e potrebbero non
essere condivise da tutto il personale di Man Group plc (‘Man’).
Queste opinioni sono soggette a modifiche senza preavviso, sono
da considerarsi a solo scopo informativo e non costituiscono
un’offerta o una sollecitazione ad intraprendere investimenti in
qualsiasi strumento finanziario o in qualsiasi prodotto in merito al
quale membri di Man Group forniscano consulenza di investimento
o altri servizi. Tutte le dichiarazioni previsionali sono valide solo alla
data in cui sono state fatte e sono soggette a rischi e incertezze che
potrebbero causare risultati effettivi differiscono sostanzialmente
da quelli contenuti nelle suddette dichiarazioni. Salvo diversa
indicazione, queste informazioni sono comunicate da GLG Partners
LP, società autorizzata e regolamentata nel Regno Unito dalla
Financial Conduct Authority.
prometeia
advisor sim
A
anteo
22
contributi
Back to Real Estate
da nuove opportunità di business scaturite
nell’ultimo trimestre.
Paolo Scordino, Amministratore Delegato —
Prelios Sgr
Andrea Cornetti, Responsible Business
Development, Fund Raising & Investor Relation
­— Prelios Sgr
L
a forza espressa dai dati macroeconomici,
il clima di rinnovata fiducia e la
stabilizzazione dello scenario finanziario
internazionale hanno mostrato già
nel corso del 2014 segnali di una lenta ripresa
dell’economia in tutta l’area Euro. Tuttavia, le
incertezze derivanti dall’instabilità politica di
alcuni Paesi così come la continua stagnazione
nell’erogazione dei nuovi finanziamenti, che è
proseguita anche dopo gli esiti dell’asset quality
review, hanno impedito ancora una volta la piena
ripartenza.
Il mercato immobiliare, dopo circa sette anni di
evidenti contrazioni e la perdita di fiducia da parte
degli invertitori istituzionali e privati nell’industria
immobiliare, ha registrato nel 2014 una
performance migliore rispetto ad altri mercati. Già
a partire dal 2013 nell’area Euro si erano intravisti
segnali di miglioramento, che si sono mantenuti
per tutto il 2014. Tuttavia il fatturato del settore
immobiliare dell’ultimo anno si è chiuso con una
leggera contrazione, comunque controbilanciata
In Italia il 2014 è iniziato con ancora un perdurante
timore per la disgregazione della moneta unica,
che ha contribuito ad aumentare la situazione di
incertezza che già gravava intorno al nostro Paese.
Tale sfiducia è stata in parte superata a seguito
delle azioni condotte per la realizzazione delle
riforme strutturali, che il nostro Paese attendeva
da tempo. Di certo il 2014, nonostante alcune
scelte politiche adottate dal nostro governo, non
verrà ricordato né per la ripartenza dei consumi,
che continuano a segnare un andamento negativo,
né per il ritorno del segno positivo del prodotto
interno lordo, che pur essendo migliorato in
termini percentuali rispetto all’anno precedente
chiude ancora con un segno negativo.
Analizzando il mercato immobiliare italiano
dell’ultimo anno si possono però intravedere alcuni
fattori di cambiamento che, qualora dovessero
permanere anche nel 2015, consentirebbero la
ripartenza dell’industria immobiliare. Le principali
tendenze positive occorse durante l’anno sono
identificabili nel protrarsi dell’interesse degli
operatori esteri per il prodotto immobiliare
italiano e nell’aumento della richiesta, da parte di
soggetti privati e non, di finanziamenti dedicati agli
immobili.
Figura 1: Andamento del prodotto interno
2011
2012
2013
2014
2015
2016
1
0.5
Variazione %
0
0.80
0.60
0.40
-0.5
-0.40
-1
-1.5
-2
-2.5
-3
prometeia
advisor sim
-1.90
-2.40
PIL (Variazione %)
Fonte: stime Fondo Monetario Internazionale 20.01.2015 .
A
anteo
23
Le stime in aumento sul PIL nazionale del 2015
(+0,4%) e del 2016 (+0,8%), unite ai trend sopra
descritti, ci portano ad affermare che, dopo anni
consecutivi di contrazione, l’economia italiana se
pur moderatamente tornerà a crescere.
Il cambiamento del trend macroeconomico
nazionale precedentemente descritto farà
auspicabilmente da volano anche per la ripresa del
settore immobiliare, sia in termini di fatturato, sia
per quanto riguarda la creazione di nuovi posti di
lavoro.
Se l’Italia è tornata nel mirino degli investitori, è
soprattutto Milano a costituire l’obiettivo del loro
interesse, anche in considerazione dell’importante
evento che l’anno appena iniziato porterà con
sé. Expo 2015 attrarrà un flusso stimato di oltre
venti milioni di visitatori, che porterà con se
benefici per tutta l’economia italiana e coinvolgerà
indirettamente le più importanti città turistiche
italiane (Roma, Firenze e Venezia). Non a caso,
si è già manifestato un forte interesse da
parte degli investitori e delle principali catene
internazionali per gli alberghi collocati in posizioni
prime nelle città sopra elencate. Tale trend
dovrebbe continuare anche per tutto il 2015. Le
quotazione degli alberghi sono previste in crescita,
soprattutto per quanto concerne il mercato degli
hotel lusso (alberghi con 5 stelle) per i quali è già in
corso una forte crescita del tasso di occupancy.
Il mercato immobiliare nelle città secondarie,
salvo alcune particolari eccezioni, sconterà ancora
la fragile ripresa. Tuttavia, per la fine dell’anno si
prevede un modesto aumento delle transazioni
nelle compravendite residenziali. La conseguenza
sarà un aumento dei prezzi di vendita, però
percettibile solamente nel primo semestre del
2016.
Complice il repricing già avvenuto per alcune
tipologie di asset immobiliari nelle principali città,
il prossimo biennio dovrebbe segnare il graduale
ritorno degli investitori internazionali core e la
conseguente diminuzione della presenza nel Paese
di investitori opportunistici esteri. Questi ultimi,
da un lato hanno monopolizzato il Paese grazie alla
loro grossa disponibilità di liquidità, ma dall’altro
lo hanno reso terreno fertile agli occhi di una
diversa categoria di investitori che da parecchio
tempo avevano escluso l’Italia dalla propria
mappa. Difatti, per gli investitori core esteri
l’Italia rappresenterà una quota di investimento
fondamentale per consentire un’adeguata
diversificazione del portafoglio (asset allocation),
sia dal punto di vista geografico sia in termini
prettamente economici.
I nuovi investitori, focalizzati su obiettivi di ritorno
di medio e lungo periodo, dovrebbero innescare
l’inizio di un nuovo ciclo immobiliare caratterizzato
da una crescita sempre più qualitativa che
quantitativa. Questo ciclo comporterà la
ridefinizione dell’appeal immobiliare verso quegli
immobili in grado di garantire maggior flessibilità
e multifunzionalità, nonché un sensibile risparmio
energetico. Osservando nel dettaglio gli immobili
italiani, ci si accorge però di come vi sia, su tutto
il territorio nazionale, un’importante carenza
di prodotto immobiliare per questa tipologia
di investitori. L’attesa conseguenza sarà un
Figura 2: Andamento e previsioni del fatturato del mercato immobiliare italiano (mln di euro)
140 000
120 000
111 600 113 600
115 050
104 700
100 000
98 750 97 350
120 300
131 000
124 600 127 600
104 050
80 000
60 000
40 000
20 000
0
2010
2011
2012
Nota: 2014 stima, 2015 previsionale .
2013
2014*
2015°
2016°
2017°
2018°
2019°
2020°
prometeia
advisor sim
sensibile incremento della domanda per taluni
beni e il conseguente aumento dei prezzi. L’effetto
combinato delle due variabili genererà altresì
una compressione dei rendimenti, che dovrebbe
consentire una migliore stabilizzazione del
mercato nel medio e lungo periodo.
Osservando i singoli comparti immobiliari
nazionali ci si attende che il settore residenziale
superi il momento di grossa incertezza normativa
e fiscale che ormai da tempo condiziona gli
investimenti, le compravendite e la pianificazione
dei costi operativi riguardanti gli immobili. Il trend
atteso per il 2015 prevede un incremento del
15% delle transazioni immobiliari e vede in prima
fila il ritorno, come investitori, delle famiglie. I
prezzi, dopo anni di forti contrazioni, dovrebbero
rimanere stabili per tutto l’anno o comunque in
leggera diminuzione rispetto al valore registrato
nel 2014. Va altresì precisato che le quotazioni per
gli immobili posizionati nella fascia medio-bassa
del mercato potrebbero discostarsi in modo
più significativo dai valori registrati nel 2014,
cosi come è prevista una ripresa di valore per gli
immobili posizionati in fasce di prezzo elevate.
La completa ripresa del mercato residenziale
dovrebbe avvenire solamente a cavallo del 2016,
periodo in cui le banche dovrebbero riprendere ad
erogare con una certa continuità nuova finanza.
Nell’ultimo anno, il segmento degli uffici ha subito
contrazioni elevate, a causa della debolezza del
comparto dei servizi, l’alto tasso di disoccupazione
e i riflessi dello scenario economico nazionale. Di
fatto, il mercato del 2015 sconterà ancora il tasso
di vacancy elevato ereditato dagli anni precedenti.
Le stime prevedono per i prossimi mesi un calo
delle quotazioni appena inferiore all’1% e una forte
diminuzione della domanda per nuovi spazi, che
dovrebbe coinvolgere anche gli immobili di recente
costruzione e con buoni standard qualitativi.
Un elemento di assoluta positività per questo
comparto riguarda la stabilizzazione dei canoni di
locazione per gli immobili con già in corso contratti
di locazione. Infatti sono previste in diminuzione
tutte le attività volte alle rinegoziazioni al ribasso
dei contratti di locazione. La diminuzione di
queste attività impatterà positivamente sulla
stabilizzazione dei flussi di cassa operativi, con
la conseguente diminuzione della volatilità del
rendimento.
prometeia
advisor sim
A
anteo
24
L’inizio dell’anno porta con se grandi aspettative
per tutto il comparto destinato al retail. Cosi
come per il settore alberghiero, agli occhi degli
investitori istituzionali l’Italia è “back on the
map”. Già verso la fine del 2014 si sono verificate
transazioni immobiliari di asset high street
retail che si sono perfezionate a livelli di yield
considerati fino a pochi mesi prima inapplicabili
in Italia. Anche per questo settore si ripresenta il
problema della poca disponibilità di prodotto di
qualità, particolarmente appetibile per tutti gli
investitori istituzionali ed esteri. L’aspettativa di
conseguenza prevede un forte aumento dei prezzi
per il prodotto di qualità sul mercato prime.
Vorremmo, poi, porre la nostra attenzione
verso gli immobili in proprietà agli istituti di
credito. A seguito degli esiti e delle svalutazioni
imposte dall’asset quality review, esiste un
enorme quantitativo di asset rimasti off market
fino ad oggi, che qualora messi sul mercato
ne influenzerebbero l’andamento in modo
significativo. La messa sul mercato di questi beni
non andrebbe a colmare la lacuna di immobili
di qualità richiesta dagli investitori, dato che
ne rappresentano un minima percentuale. La
messa in vendita di questa tipologia di immobili
rappresenta una variabile da gestire attraverso
operatori professionali e specializzati con
soluzioni e prodotti innovativi. D’altro canto, salvo
alcune eccezioni (in primis Unicredit e intesa
SanPaolo), la maggior parte degli istituti di credito
non ha ancora preso posizione in merito alle
proprie strategie/attività di liquidazione per l’anno
2015, pertanto bisognerà attendere l’evoluzione in
corso dell’anno per poter analizzare i dati in modo
puntuale.
Da ultimo vorremmo soffermarci sull’industria
dei fondi immobiliari, che negli ultimi anni ha
caratterizzato le più importanti transazioni sul
mercato, arrivando a detenere in gestione attività
complessive stimate in circa 42 miliardi di Euro.
L’anno appena passato ha portato con se alcuni
cambiamenti regolamentari destinati ai fondi
retail (fondi destinati al pubblico risparmio), tra
i quali la possibilità di prorogare/estendere di
ulteriori due anni la data di scadenza del Fondo.
L’applicazione di questa norma è volta a limitare
l’eccesso di offerta immobiliare sul mercato
nazionale, così da consentire una migliore
performance per i sottoscrittori dei fondi. Senza
l’introduzione della norma sarebbero arrivati sul
mercato più di cinque miliardi di euro di immobili,
dismessi dai venti fondi in scadenza nel prossimo
biennio, che avrebbero impattato sulla ripresa
del mercato. Risulterà un elemento di assoluta
distinzione per gli operatori specializzati la
capacità di intercettare e valorizzare, anche in
fase di alienazione, i propri portafogli immobiliari.
Il 2015 dovrebbe portare in dote ulteriori novità
regolamentari, non solo per i fondi immobiliari,
ma anche per la nascita di nuovi strumenti di
finanza strutturata volti ad intercettare il piccolo
A
anteo
investitore. Una volta definiti gli aggiornamenti
normativi e le caratteristiche dei nuovi prodotti
sarà possibile identificare le migliori strategie
di investimento, così da poter pianificare una
corretta asset allocation.
Se verranno mantenute tutte le previsioni
ipotizzate in precedenza e la fiducia continuerà
a prendere il sopravvento sullo scetticismo,
sui timori di instabilità politica, sugli ostacoli
burocratici e giuridici in cui può incorrere un
investitore, il 2015 potrebbe diventare l’anno
della svolta per il mercato immobiliare. Anche
gli investitori stranieri intravedono nell’Italia,
soprattutto in Milano, una delle città principali
in cui investire nel 2015, per via dell’Expo ma
anche dell’inacessibilità dei prezzi di acquisto nei
25
principali mercati di investimento degli ultimi anni
quali Inghilterra, Germania e Francia. Le condizioni
del mercato immobiliare mondiale offrono all’Italia
un importante opportunità di riscatto per l’anno
in corso: il compito degli operatori specializzati
è di operare affinché queste condizioni positive
vengano a concretizzarsi.
In conclusione, si può affermare come le stime
sul 2015 prevedano una ripresa graduale di
tutta l’industria immobiliare e ricollochino il
settore immobiliare fra le principali asset class
di investimento. La ripresa degli investimenti da
parte delle famiglie sarà tuttavia strettamente
legata alla concessione della nuova finanza da
parte delle banche.
prometeia
advisor sim
A
anteo
26
contributi
Private Equity e Private Debt: analisi dell’attuale
contesto di mercato
Raniero Proietti, Responsabile Italia Investment
Solutions — Partners Group
Il quadro macroeconomico
L
’economia reale a livello globale continua
a mostrare tassi di crescita inferiori
rispetto al dato medio storico di lungo
periodo. In parziale contrasto rispetto
ai mercati azionari quotati, il cui andamento
complessivamente rialzista continua tuttavia
ad essere caratterizzato da una volatilità
estremamente elevata, a causa delle numerose
incertezze geopolitiche ed alle azioni delle
Banche Centrali.
Nel breve termine, il sensibile calo del prezzo
del petrolio avrà un impatto positivo sul potere
d’acquisto delle famiglie e sulla competitività
delle industrie energy-intensive. In tal senso, il
Fondo Monetario Internazionale stima che una
riduzione del 30% dei prezzi del petrolio equivale
ad un aumento annuale del PIL pari allo 0,8%
nelle economie avanzate. Tra i Paesi che potranno
beneficiare maggiormente di tale fenomeno vi
sono gli USA, la Cina, l’Eurozona ed il Giappone, ma
anche i Paesi ad alta inflazione (Turchia e Brasile) e
quelli energy-subsidizers (India e Indonesia).
Ciò premesso, da un punto di vista
macroeconomico le prospettive di crescita a
livello globale rimangono, nel medio termine,
poco entusiasmanti.
Questo è particolarmente vero per l’area Euro,
che vive una fase di alta disoccupazione, elevato
livello di indebitamento (sia pubblico che privato)
ed una debole domanda interna; tutto ciò pone
l’attenzione –ancora una volta- sulla necessità di
riforme strutturali, con particolare riferimento
al mercato del lavoro, alla revisione della spesa
pubblica e, più in generale, ad un complessivo
aumento di competitività delle imprese europee.
prometeia
advisor sim
In un quadro macroeconomico come quello
sopra delineato, caratterizzato da un contesto
complessivamente riparametrato su prospettive
di minore crescita, valorizzazioni degli attivi
relativamente elevate, forte volatilità e
significativi volumi di liquidità alla ricerca di
rendimento, Partners Group ritiene che la
selettività e la disciplina nella selezione degli
investimenti, nonché un profuso impegno nella
ricerca di “tangibili” e “misurabili” opportunità
di creazione di valore, rappresentino i principali
fattori di successo con riferimento ai mercati
degli assets, non quotati (cd. private markets).
Aggiornamento sul mercato del Private
Equity
Partners Group continua ad intravedere sul
mercato prezzi complessivamente elevati, con
valorizzazioni delle aziende a volte superiori
rispetto ai picchi raggiunti nel 2007. In questo
senso, la disponibilità di credito a tassi favorevoli
ed un dry powder (capitali raccolti non ancora
impiegati) da parte dei fondi di Private Equity
pari a circa USD 1 trilione hanno l’effetto di
aumentare la competizione ed incrementare
progressivamente i prezzi delle transazioni.
L’immediata conseguenza dell’attuale contesto
di mercato è che i financial sponsors cercano
di capitalizzare le elevate quotazioni, avviando
numerosi processi di exit dalle società
partecipate, sia attraverso la vendita ad operatori
industriali (cd. ‘trade sales’), che tramite IPOs
(quotazioni in borsa). Sulla base dei dati Preqin, il
volume di exit year-to-date al 20 novembre 2014,
pari a USD 130 mld, si attesta ai record storici
sul mercato USA. In Europa, i gestori di Private
Equity hanno generato un volume di exit pari a
USD 91 mld alla stessa data.
In questo senso, un trend estremamente chiaro e
visibile rispetto al periodo antecedente alla crisi
finanziaria (e che ci aspettiamo continuerà anche
nel 2015) è relativo all’incremento di operazioni
“sponsor-to-sponsor” (USD 58 mld year to date a
Novembre 2014, tra USA ed Europa).
Tale fenomeno, che riteniamo diverrà sempre più
rilevante, rappresenta una notizia positiva per i
detentori delle aziende, i quali possono contare
su un numero maggiore di possibili acquirenti per
le società in portafoglio.
A
anteo
Con riferimento al mercato secondario di
Private Equity, il deal flow continua ad essere
significativo, seppur con sconti rispetto al NAV
inferiori rispetto al passato. In particolare, i volumi
sono prevalentemente trainati da processi di
riallocazioni del portafoglio messi in atto dagli
investitori, oltre che da esigenze regolamentari (in
particolare con riferimento agli istituti finanziari,
che sono sempre più incentivati a concentrarsi
sui rispettivi core business). Oltre a ciò, si registra
un sempre maggiore numero di operazioni “nonstandard” (tra cui, a titolo di esempio, complesse
ristrutturazioni di portafogli di fondi o “direct
secondaries”). Ci si attende, nei prossimi mesi, un
progressivo aumento di tali tipologie di operazioni
che rappresentano, di fatto, un’interessante
opportunità per gli operatori con una expertise in
questo ambito.
Aggiornamento sul mercato del Private Debt
Il mercato del credito continua ad essere
caratterizzato da elevata liquidità; in particolare,
negli Stati Uniti il volume di prestiti senior YTD a
Novembre 2014 ha raggiunto quota USD 463 mld1,
un dato leggermente inferiore rispetto a quello
dell’intero anno precedente (pari a USD 478 mld).
Inoltre, le emissioni di debito second-line (con
minori garanzie) sono state pari a USD 33 mld,
in significativo aumento rispetto al 2013 (USD
21 mld). I volumi di debito registrati in USA sono
inoltre guidati dalle significative emissioni di CLOs
(USD 95 mld nel 2014, contro USD 57 mld dell’anno
precedente).
I CLOs continueranno a giocare un ruolo importante
nel 2015, anche se ci si attende una riduzione
rispetto ai picchi raggiunti nel 2014, sia in Europa
(a causa di una normativa sempre più stringente)
sia negli Stati Uniti (Paese nel quale la Volcker Rule
pone significative restrizioni agli istituti finanziari
con riferimento all’investimento in CLOs).
Nel secondo semestre del 2014, si è assistito ad
operazioni di sindacazione sempre più difficoltose
con particolare riferimento ai all-senior debt deals
in ambito di large-cap; Partners Group continua
pertanto a ritenere che l’area di investimento più
interessante nell’attuale contesto di mercato
rimanga il segmento del “middle-market”, che
è caratterizzato da livelli di leva finanziaria più
contenuti e stabili.
È inoltre un trend visibile sul mercato il fatto
che i senior “club-deals” siano identificati in
via crescente come la fonte di finanziamento
1
S&P Capital IQ LCD
27
maggiormente affidabile da parte delle aziende
nell’attuale contesto di mercato. Si prevede,
pertanto, che tale modalità di conclusione delle
operazioni (caratterizzata da un numero limitato di
lenders in grado di offrire una soluzione di financing
“su misura” rispetto alle esigenze dell’azienda
debitrice) sarà sempre più centrale nel prossimo
futuro, anche a beneficio degli investitori, che in
tal modo possono contare su un miglior profilo di
rischio-rendimento atteso.
Con riferimento al pricing delle operazioni
attualmente concluse sul mercato, è bene
evidenziare come lo spread sull’Euribor/Libor
(quindi sia in Europa che in USA) risulti superiore di
oltre il 50% rispetto al dato medio di lungo periodo.
Ciò a conferma del fatto che, a livello di timing, la
fase attuale risulta essere ancora estremamente
interessante in termini di profilo di rischiorendimento per un investitore che ambisca ad
aumentare l’esposizione all’asset class del credito
non quotato.
Il private debt si configura, infatti, come una valida
soluzione per gli investitori istituzionali interessati
a riallocare parte della componente obbligazionaria
quotata dei propri portafogli (caratterizzata da
rendimenti assai contenuti nel contesto attuale),
pur mantenendo una esposizione all’asset class del
credito.
In ultimo, vi è un ulteriore importante elemento
da sottolineare, che è quello relativo alla
diversificazione. Per garantire agli investitori
un corretto profilo di rischio-rendimento è
fondamentale, per il gestore, poter mantenere uno
spettro di investimento il più ampio possibile, con
l’obiettivo di massimizzare il deal flow, mettere
il capitale al lavoro velocemente e minimizzare
il rischio di concentrazione su una singola area
geografica, su uno specifico settore o emittente.
Come già illustrato in passato, è nostra convinzione
che l’investimento in debito non quotato
presupponga diverse competenze provenienti dal
mondo del Private Equity nell’effettuare l’analisi e
la due-diligence delle società target. L’approccio
da “equity investor” permette, peraltro, di poter
contare spesso su migliori set informativi, di
avvalersi di team verticali specializzati per settore e
di negoziare forti elementi a tutela dell’investitore,
tra cui clausole di covenant ed observer rights.
Tali elementi risultano essere pertanto, ad avviso di
chi scrive, estremamente importanti e determinanti
nel processo di selezione che un investitore
dovrebbe affrontare nel costruire od aumentare la
propria esposizione all’asset class del private debt.
prometeia
advisor sim
A
anteo
28
pillole
Prospettive per i mercati finanziari nel 2015
privato: il Pil è cresciuto dell’1.2 per cento su
base trimestrale (come non si vedeva dal 2006)
e si presenta ora in accelerazione rispetto al
secondo trimestre, anziché in rallentamento come
indicato dalle stime precedenti. Nonostante la
diffusione di dati nel periodo più recente migliori
del previsto avessero evidenziato la possibilità
di una accelerazione dei consumi privati, secondo
le stime preliminari la crescita del Pil nel IV
trimestre ha rallentato più delle attese, allo 0.7
per cento su base trimestrale: salvo revisioni,
la crescita annuale del Pil reale nella media del
2014 si attesterebbe al 2.4 per cento, facendo
meglio del 2.2 per cento dell’anno precedente.
La ripresa in atto più forte del previsto anticipa
Ugo Speculato e Lea Zicchino — Prometeia
Le prospettive macroeconomiche
L
a crescita dell’attività economica
internazionale e dell’interscambio
mondiale ha mostrato segni di
moderazione nei mesi finali del 2014 dopo
un buon terzo trimestre. Il prezzo del Brent ha
continuato a ridursi, attestandosi a fine gennaio
poco sotto i 50 dollari al barile, inferiore di circa il
60 per cento rispetto a metà giugno dello scorso
anno, quando è iniziata la discesa. Gli effetti di
questo calo si stanno manifestando sull’inflazione,
in ulteriore e netta decelerazione in molte
economie avanzate ed emergenti, e sulla domanda
di beni di consumo, confermando lo scenario di
un sia pur graduale miglioramento dei ritmi della
ripresa in prospettiva.
Gli sviluppi dello scenario internazionale degli
ultimi mesi – il forte calo del prezzo del petrolio, il
deprezzamento dell’euro e l’avvio del Quantitative
Easing nell’Eurozona – hanno aumentato la
distanza tra i cicli economici nelle diverse aree.
Gli Usa mantengono un ruolo di traino della
crescita mondiale, con una dinamica relativamente
sostenuta dell’attività. Nell’Uem il quadro
macroeconomico rimane debole, sebbene il calo
del prezzo del petrolio e l’indebolimento dell’euro
sembrano aver contribuito alla stabilizzazione
dell’attività nel periodo più recente. Tra le altre
economie avanzate vi è evidenza di un lieve
rallentamento nel Regno Unito, dove la crescita
economica, comunque sostenuta, sembra risentire
della moderazione della domanda estera e della
normalizzazione del settore delle costruzioni, e
di un possibile recupero dell’attività in Giappone,
dopo la recessione causata dell’aumento delle
imposte indirette. Tra le maggiori economie
emergenti permane un andamento incerto, con
rischi verso il basso per la crescita, già modesta,
del Brasile e, soprattutto, della Russia, colpita
dagli effetti della crisi con l’Ucraina e dal calo del
prezzo del petrolio (Fig. 1).
prometeia
advisor sim
Negli Usa la crescita economica nel III-14 è stata
ulteriormente rivista al rialzo e in misura superiore
alle attese, a seguito di una crescita più forte
della domanda interna proveniente dal settore
Figura 1: Prodotto interno lordo in termini reali
(var.% sull’anno precedente)
6
4
2
0
-2
IV-10
IV-11
IV-12
mondiale
Uk
IV-13
Usa
Giappone
IV-14
Uem
12
9
6
3
0
-3
IV-10
IV-11
Cina
IV-12
India
IV-13
Brasile
IV-14
Russia
Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 30/1/15.
Nota: Il Pil mondiale è costruito come media dei tassi di crescita
dei singoli Paesi pesati con il peso PPP del Pil.
A
anteo
un buon ritmo di crescita anche per i primi mesi
del 2015, con l’occupazione che continuerà ad
aumentare: la crescita annuale del Pil è attesa
superiore al 3 per cento nella media dell’anno in
corso, con una successiva lieve decelerazione nel
biennio successivo, per effetto del rallentamento
dell’occupazione e di una politica monetaria meno
espansiva.
Nell’Uem si sta osservando una stabilizzazione
degli indicatori dopo il deterioramento dei mesi
estivi, con timidi segnali di miglioramento per
alcuni Paesi, per la combinazione degli effetti
positivi derivanti dal basso prezzo del petrolio
e dalla debolezza dell’euro. Proprio questi fattori,
insieme al QE della Bce, portano a rivedere
verso l’alto la crescita del Pil nell’eurozona,
bilanciando gli effetti negativi dovuti alla clima di
fiducia ancora debole per le imprese e l’elevata
disoccupazione. La crescita annuale del Pil
dovrebbe attestarsi allo 0.8 per cento nella media
del 2014, per poi tornare sopra l’1 per cento del
triennio 2015-17. Effetti positivi anche per l’Italia,
con il Pil che dal 2015 dovrebbe tornare a salire
grazie anche ai consumi, stimolati dagli effetti
del miglioramento della ragione di scambio e di
una politica fiscale più permissiva sul reddito
disponibile.
In Giappone la caduta del Pil nel III-14 è stata
leggermente più intensa di quanto indicato in
precedenza (-0.5 per cento su base trimestrale
anziché -0.4 per cento); ciò è dipeso in larga misura
dalla revisione verso il basso degli investimenti.
Si è quindi prolungata la fase di recessione in cui
è entrata l’economia giapponese per gli effetti
esercitati dall’aumento delle imposte indirette
sulla domanda interna, in particolare con una
forte caduta degli investimenti in costruzioni.
Alla fine dello scorso anno è stato approvato un
pacchetto fiscale di sostegno ai consumi ed è
stato posticipato il nuovo rialzo dell’imposta sui
consumi che era previsto per il prossimo ottobre,
misure che dovrebbero rafforzare gli effetti
dell’aumento degli stimoli monetari deciso in
ottobre. Dai dati più recenti emerge la possibilità
che la fase di recessione sia terminata, ma il
quadro congiunturale rimane incerto, rendendo
probabile un recupero assai graduale dell’attività:
dopo la crescita sostanzialmente nulla nel 2014,
il Pil giapponese dovrebbe crescere a un ritmo
medio annuo di poco superiore all’1 per cento nel
triennio successivo.
A livello mondiale, la stima della crescita del Pil
nel 2014 dovrebbe essere di poco superiore al 3
per cento. Nel triennio 2015-17 la crescita del Pil
e del commercio mondiale dovrebbe rallentare
29
lievemente rispetto ai cinque anni precedenti,
con un aumento del contributo dei Paesi
industrializzati e un andamento opposto di quello
dei Paesi emergenti, soprattutto a causa della
crisi della Russia.
Le prospettive per i mercati finanziari nel
2015
Le condizioni sui mercati finanziari sembrano
in via di miglioramento dopo la decisione sul
Quantitative Easing della Bce e le elezioni in
Grecia e ciò potrebbe contribuire a far rientrare
l’elevata volatilità che da inizio dicembre ha
caratterizzato tutti i mercati. Nei prossimi mesi,
la ripresa del ciclo economico e l’elevata liquidità
a livello globale dovrebbero alimentare una
maggiore preferenza per le attività più rischiose,
e in particolare i titoli azionari e obbligazionari
dei Paesi periferici dell’Eurozona, dove si
dovrebbero ridurre i premi al rischio. Ulteriori
pressioni al ribasso sui prezzi petroliferi, tensioni
fra il nuovo governo greco e la Troika, eventuali
ritardi della ripresa economica nell’Uem e un
dollaro troppo forte rappresentano comunque
fattori che potrebbero far rimanere la volatilità
su livelli ancora relativamente elevati.
Mercato monetario
Dall’ultima riduzione dei tassi da parte della
Banca centrale europea a settembre – quando
il tasso sui rifinanziamenti principali è stato
portato allo 0.05 per cento – e per quasi tutto
il resto del 2014 l’euribor a 3 mesi è rimasto
sostanzialmente stabile intorno allo 0.10 per
cento. Il tasso è sceso di qualche punto base a
fine 2014, per effetto dell’aumento della liquidità
in eccesso a cui ha contribuito la seconda Tltro,
nella quale sono stati richiesti 130 miliardi di euro
(Fig. 2). A fine gennaio, dopo la decisione della
Bce di estendere il Quantitative Easing, l’euribor
a 3 mesi è arrivato a quasi 5 punti base.
La politica monetaria nell’area euro resterà
espansiva ancora molto a lungo e i tassi Bce
dovrebbero rimanere sui livelli correnti fino a
quasi tutto il 2017, per poi iniziare lentamente a
salire. Di conseguenza l’euribor a 3 mesi rimarrà
estremamente basso per quasi tutti i prossimi
tre anni e inizierà a crescere solo nel 2017,
anticipando l’inizio della fase restrittiva.
La cautela della Federal Reserve nell’iniziare
ad aumentare i tassi di politica monetaria per
evitare un rafforzamento eccessivo del dollaro
– in assenza di segnali di surriscaldamento
dell’economia – ci porta a prevedere il primo
prometeia
advisor sim
A
anteo
30
rialzo per la fine di quest’anno e un tasso sui fed
funds a 1.75 per cento alla fine del triennio.
Titoli di Stato
Dal meeting della Bce del 5 dicembre sono
aumentate le probabilità di un’estensione del
QE anche ai titoli di Stato, a causa dell’ulteriore
deterioramento dell’inflazione e della minore
probabilità, visti gli esiti delle prime due aste
Tltro, che le misure già adottate fossero
sufficienti a riportare l’attivo della Banca centrale
verso la dimensione desiderata. Il rafforzamento
delle attese per il QE ha fatto aumentare i prezzi
dei titoli governativi dell’area euro già prima
dell’annuncio del 22 gennaio. A fine gennaio i
rendimenti sul Bund sono arrivati allo 0.40 per
cento, dallo 0.78 per cento del 5 dicembre. Nello
stesso tempo sono aumentati anche i prezzi, e
quindi scesi i tassi, dei titoli dei Paesi periferici,
anche se a dicembre l’andamento è stato in parte
condizionato dall’attesa delle elezioni anticipate
in Grecia con la probabile vittoria, poi avvenuta,
di Syriza, che avrebbe determinato una richiesta
di rinegoziazione del debito. Il tasso decennale
italiano dopo la riunione della Bce del 22 gennaio
si è portato intorno all’1.50 per cento e lo spread
sul Bund intorno ai 120 punti base. Le attese degli
interventi della Bce hanno avuto degli effetti
anche sui titoli Usa: il rendimento decennale è
tornato sotto l’1.90 per cento (dal 2.30 per cento
di inizio dicembre).
Come annunciato nella conferenza stampa del
meeting di gennaio, la Bce da marzo comprerà
titoli pubblici e privati sul mercato secondario
per 60 miliardi al mese, fino ad almeno settembre
2016 (o anche oltre, finché il tasso di inflazione
di medio termine non ritorni verso il target del 2
per cento). La Bce acquisterà titoli di ogni Paese
dell’eurozona in base alla partecipazione al
capitale delle singole Banche nazionali (non oltre
il 33 per cento dei titoli di debito di un singolo
Paese e non oltre il 25 per cento di una singola
emissione), con maturità compresa tra i 2 e i 30
anni e anche con rendimenti a scadenza negativi.
prometeia
advisor sim
Il piano di acquisti della Bce non dovrebbe avere
effetti molto marcati sui prezzi dei titoli dei
Paesi core, già su livelli molto elevati, mentre ci
attendiamo che favorisca ulteriormente i titoli
dei Paesi periferici, favorendone la riduzione
dei premi al rischio. Il tasso sui Btp decennali
scenderà intorno all’1.30 nel corso del 2015, con
lo spread Btp-Bund che si porterà intorno ai 90
punti base, livello a cui dove dovrebbe rimanere
fino alla fine del triennio di previsione (Fig. 3).
Figura 2: Eccesso di liquidità del sistema
interbancario Uem (miliardi di euro),(a)
tassi eonia ed euribor a 3 mesi (per cento)
0.4
700
600
0.3
500
0.2
400
0.1
300
200
0.0
100
-0.1
0
gen-13 mag-13 set-13 gen-14 mag-14 set-14 gen-15
eccesso liquidità (dx)
euribor 3m
eonia
Fonte: Bce, Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 28/1/15;
medie mobili a 5 giorni.
(a)
L’eccesso di liquidità è calcolato come totale operazioni di
mercato aperto al netto dei fattori autonomi, delle riserve
obbligatorie e del Securities Markets Programme.
Il prezzi dei titoli Usa scenderanno per effetto
del quadro macroeconomico favorevole e di una
politica monetaria meno espansiva, ma il calo
sarà attenuato dagli effetti del QE europeo.
I titoli obbligazionari dei Paesi emergenti
potrebbero essere penalizzati dal cambio di
intonazione della politica monetaria Usa, a cui
questa classe di attività è molto legata, e dalle
condizioni non ancora stabili in alcuni Paesi,
che potrebbero favorire deflussi di capitale. I
Figura 3: Rendimenti sui titoli governativi a
10 anni di Italia e Germania: storia e
previsioni Prometeia (per cento)
7
500
450
6
400
5
350
4
300
3
200
250
150
2
100
1
0
IV-08
50
II-10
IV-11
spread (dx)
II-13
IV-14
Btp 10 anni
II-16
0
IV-17
Bund 10 anni
Fonte: Thomson Reuters, elaborazioni e dati previsionali
Prometeia, Rapporto di Previsione, gen-15; dati medi
trimestrali; dati storici al IV-14.
A
anteo
31
Figura 4: Rendimento a scadenza delle
obbligazioni del settore Energy Usa
(per cento)(a) e prezzo del Brent (u$/barile)
30
11
40
10
50
60
9
70
8
80
7
90
100
6
110
5
gen-14
apr-14
lug-14
ott-14
120
gen-15
rendimento obbligaz. corp. Usa, settore Energy
prezzo del Brent (dx, sc. inv.)
Fonte: Thomson Reuters, BofA/Merrill Lynch, elaborazioni
Prometeia; dati al 28/1/15.
(a)
Indice .BofA/Merrill Lynch, all maturities.
titoli emessi in valuta locale mantengono uno
spread sui titoli statunitensi ancora molto
elevato (mediamente di oltre 350 punti base, e
più elevato, quasi 600 pb, per i titoli dell’America
Latina), che potrebbe ampiamente compensare
gli effetti di un rialzo dei tassi Usa.
Nella prima parte dell’anno gli effetti del
prezzo contenuto del petrolio continueranno
a mantenere negativa l’inflazione al consumo
nell’Uem. Ma successivamente l’azione della
var. della componente ciclica (z-score)
contrazione in
miglioramento
0.10
espansione in
accelerazione
0.05
0.00
Uem
-0.05 mar-12
-0.10
-0.15
gen-15
-1.0
-0.5
Italia
espansione in
rallentamento
contrazione in
peggioramento
0.0
componente ciclica (z-score)
0.5
Credito
Nel 2014 i prezzi delle obbligazioni corporate
sono aumentati nel segmento Investment Grade
mentre l’andamento è stato più contrastato
per i titoli più rischiosi. Gli effetti del crollo del
prezzo del petrolio sugli utili di importanti gruppi
petroliferi ha aumentato la possibilità che il
maggior rischio di liquidità possa tradursi in
un aumento dei tassi di default, penalizzando i
titoli delle società energetiche Usa e dell’intero
comparto High Yield, in cui pesano per circa il 15
per cento (Fig. 4).
Lo scenario di bassi tassi di interesse dovrebbe
portare a una maggiore preferenza degli
investitori per gli investimenti obbligazionari
con più elevato rendimento. Tuttavia, nel breve
termine potrebbero proseguire gli effetti del
calo del prezzo del petrolio sulla volatilità e le
prospettive di redditività del mercato corporate,
penalizzandone i prezzi, almeno nel segmento
High Yield Usa.
Mercati azionari
Figura 5: Evoluzione del ciclo azionario,
Uem e Italia (z-score)(a)
0.15
politica monetaria ridurrà progressivamente
il rischio di deflazione e andrà a sommarsi alle
spinte inflazionistiche dall’estero derivanti dal
deprezzamento della valuta comune. In tal modo
il QE della Bce contrasterà il rialzo dei tassi in
termini reali, favorendo quindi i prezzi dei titoli
inflation-linked.
1.0
Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 15/1/15.
(a)
Componente ciclica stimata mediante filtro asimmetrico di
Christiano-Fitzgerald sull’indice azionario Datastream Market
(indice di prezzo).
I mercati azionari nel 2014 hanno vissuto
fasi alterne, soprattutto nella seconda metà
dell’anno quando è aumentata l’incertezza per
diversi fattori, già precedentemente menzionati
(deterioramento delle prospettive di ripresa
economica nell’Uem e in alcune aree emergenti,
crollo del prezzo del petrolio e crisi politica in
Grecia). C’è stato inoltre, sempre nella seconda
parte dell’anno appena concluso, un periodo in
cui erano aumentati i timori che la Fed potesse
invertire in tempi brevi la politica monetaria
nonostante i segnali di più moderata ripresa
dell’attività mondiale. Tutti questi elementi
hanno contribuito a una crescita delle quotazioni
azionarie decisamente meno brillante, seppur a
doppia cifra per gli indici di Usa e Giappone, di
quella dell’anno precedente. Anche depurando gli
indici azionari dalla componente di trend emerge
che nei principali Paesi il ciclo azionario, tornato
ad espandersi un paio di anni fa, è in una fase di
rallentamento dagli ultimi mesi dello scorso anno
(Fig. 5).
I fattori che hanno caratterizzato il secondo
prometeia
advisor sim
A
anteo
32
semestre del 2014 hanno generato inoltre un
aumento dei livelli di volatilità implicita che,
seppur non su livelli storicamente molto elevati,
si sono allontanati dai minimi storici raggiunti
prima della scorsa estate.
L’andamento altalenante dei mercati azionari
degli ultimi mesi ha comunque contribuito a
mantenere gli indicatori di valutazione sotto i
livelli di lungo periodo (Fig. 6).
Le prospettive per il 2015 restano quindi ancora
favorevoli per i mercati azionari, grazie alla
liquidità globale ancora molto elevata. Nei
prossimi mesi non è tuttavia escluso che, anche
per gli effetti post elettorali in Grecia, la volatilità
resti più elevata del recente passato.
Le azioni dell’Uem, e in particolare quelle dei
Paesi periferici, potrebbero salire in misura
maggiore beneficiando degli effetti del QE
della Bce, che dovrebbe ridurre l’Equity Risk
Premium dall’8 per cento di inizio 2015, anche se
difficilmente potrà portarlo sui valori medi di più
lungo periodo (Fig. 7).
A differenza di quanto avvenuto nel 2014,
l’indice Usa potrebbe avere ritmi di crescita
inferiori a quelli dell’Uem: nonostante le migliori
prospettive di crescita economica, l’indice
statunitense ha già ampiamente superato i
livelli pre-crisi e nella seconda parte dell’anno e
potrebbe risentire dell’inversione della politica
monetaria. Prospettive più incerte, infine, per il
mercato giapponese, che dopo aver beneficiato
di politiche monetarie sempre più espansive
dovrebbe riflettere la debolezza del quadro
congiunturale, e per i mercati emergenti, alle
prese con difficoltà di diversa natura.
Commodity
prometeia
advisor sim
La seconda metà del 2014 è stata caratterizzata,
come si è già più volte detto, da un forte calo
del prezzo del petrolio, determinato da una
abbondante offerta, a cui ha contribuito il
mancato taglio della produzione da parte
dell’Opec per contrastare la concorrenza dello
shale oil Usa e di altri Paesi sui mercati asiatici,
e da un concomitante indebolimento della
domanda. Il prezzo del Brent è sceso sotto i 50
dollari al barile, inferiore di circa il 60 per cento
rispetto alla metà dello scorso anno. L’andamento
del Brent ha guidato anche il calo dei prezzi
dei metalli, tuttavia molto meno marcato. In
controtendenza invece, per fattori stagionali, i
prezzi delle commodity agricole (Fig. 8).
Figura 6: Valutazione dei mercati azionari
rispetto alle medie storiche tramite i
multipli di borsa (z-score)(a)
2.0
1.5
1.0
0.5
0.0
-0.5
-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
'07
'08 '09 '10
'11
industrializzati
'12
'13
'14
emergenti
Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 31/12/14.
(a)
Valutazione calcolata tramite la media dei multipli di borsa:
price/earnings, dividend/price, price/book value e price/cash
earnings. Indici Morgan Stanley.
Le quotazioni del petrolio dovrebbero iniziare
a recuperare nella seconda metà del 2015,
fermandosi comunque sotto i 70 dollari al barile,
livello che garantisce un sostanziale equilibrio tra
prospettive di sviluppo dello shale oil e crescita
dei consumi globali. Spazi contenuti per ulteriori
correzioni dei prezzi delle materie prime non
energetiche, poiché scambiati da diverso tempo
su livelli prossimi ai costi marginali di produzione
(metalli) o molto contenuti rispetti all’ultimo
Figura 7: Evoluzione dell’Equity Risk Premium
implicito da DDM a 3 stadi, Uem
(per cento)(a)
12
10
8
6
4
2
0
'88
'91
'94
'97
'00
'03
'06 '09
'12
'15
ERP implicito da DDM
media dal 1988
media dal 2000
Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati di fine mese,
27/1/15 per gen-15.
(a)
ERP calcolato utilizzando l’indice azionario Datastream-Market
e le aspettative IBES sugli utili dell’indice Morgan Stanley.
A
anteo
33
biennio (beni agricoli).
Figura 8: Prezzo del petrolio Brent ($/barile) e
prezzi in $ delle materie prime
Cambi
(indice, 2005=100)(a)
290
270
120
250
110
230
100
210
90
190
170
80
150
70
130
60
110
50
90
(medie mensili)
70
40
gen-09 gen-10 gen-11 gen-12 gen-13 gen-14 gen-15
130
Brent
beni agricoli (dx)
metalli industriali (dx)
Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 28/1/15.
(a)
Indici S&P GSCI.
Figura 9: Cambio dollaro/euro: volatilità implicita
(per cento) e livello ($ per €)(a)
13
1.10
12
1.15
11
1.20
10
9
1.25
8
1.30
7
6
1.35
5
4
gen-13
lug-13
gen-14
lug-14
1.40
gen-15
volatilità implicita dei cambio dollaro/euro
cambio dollaro/euro (dx, inv.)
Fonte: Thomson Reuters, Bloomberg, elab. Prometeia; dati al
28/1/15.
(a)
Volatilità implicite ottenute da opzioni call su tassi di cambio
con scadenze a un mese.
Le attese di misure straordinarie della Bce
e l’ultimo annuncio sul QE, che ha sorpreso
positivamente gli operatori (per l’ammontare
e la durata), hanno portato a un marcato
indebolimento dell’euro, che da inizio maggio
2014, quando si sono instaurate le aspettative di
un intervento espansivo, ha perso oltre il 10 per
cento in termini effettivi. Nello stesso periodo
il cambio dollaro/euro è sceso di circa il 19 per
cento, portandosi sotto l’1.12 – il livello minimo
da metà settembre 2003 – dopo la riunione Bce
del 22 gennaio scorso. Le incertezze su modalità
e tempi del QE, l’evoluzione della crisi politica in
Grecia e la decisione, a metà gennaio, della Banca
centrale svizzera di cancellare la soglia sul tasso
di cambio del franco svizzero con l’euro hanno
portato a un repentino aumento delle volatilità
implicite (Fig. 9).
L’andamento del cambio degli ultimi mesi
dovrebbe aver già anticipato il disallineamento
tra le politiche monetarie. Anche in virtù della
cautela che la Fed adotterà nell’avvio della fase
restrittiva, ci attendiamo un cambio dollaro/
euro su valori mediamente intorno a quelli
attuali per tutto il triennio di previsione; la
maggiore volatilità che ancora caratterizzerà
i prossimi mesi potrebbe comunque far
scendere temporaneamente il cambio sotto
1.10. L’euro dovrebbe avere qualche margine
di indebolimento in più nei confronti di yen e
sterlina, con i rapporti di cambio rispettivamente
sotto 130 e 0.74 nel medio periodo.
Nella Tabella 1 sono riportate le variazioni dei
rendimenti di alcune asset class a gennaio 2015 e
negli anni passati.
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Tabella 1: Variazioni % in valuta locale (indici total return)
classi di attività
liquidità e strumenti a breve Uem
2010
2011
2012
2013
0.8
1.4
0.6
0.2
2014
2015
28-gen-15
volatilità
ultimi 5 anni
0.2
0.0
0.0
indici obbligazionari governativi*
Italia
-0.6
-5.9
21.3
7.4
15.7
2.2
7.7
Uem
1.2
1.8
11.4
2.4
13.5
2.0
3.8
Usa
6.1
9.9
2.2
-3.4
6.1
2.6
4.1
Giappone
2.5
2.3
1.8
2.2
4.8
-0.1
2.1
Uk
7.5
16.8
2.6
-4.2
14.1
4.3
6.1
11.8
9.2
18.0
-8.3
6.2
0.5
5.6
Uem
4.8
2.0
13.0
2.4
8.3
0.8
2.3
Usa
9.5
7.5
10.4
-1.5
7.5
2.5
4.4
Uem
14.3
-2.5
27.2
10.1
5.5
0.9
4.3
Usa
15.2
4.4
15.6
7.4
2.5
0.7
3.5
0.1
-2.0
18.3
0.0
9.1
2.5
6.0
paesi emergenti (in u$)
indici obbligazionari corporate I.G. *°
indici obbligazionari corporate H.Y.*°
indice inflation linked Uem
indici obbligazionari convertibili
Uem
4.0
-7.5
17.5
14.7
1.3
4.1
6.1
15.7
-3.8
13.6
26.6
10.0
-1.0
9.5
Italia
-8.1
-19.6
11.7
16.1
3.6
7.3
25.7
Uem
3.3
-14.1
20.6
24.4
5.1
7.6
19.9
15.4
2.0
16.1
32.6
13.4
-2.5
15.8
0.7
-18.6
21.8
54.8
9.8
1.5
19.7
Usa
indici azionari
Usa
Giappone
Uk
12.2
-1.8
10.2
18.5
0.5
4.0
15.4
paesi emergenti (in u$)
19.2
-18.2
18.6
-2.3
-1.8
3.0
16.1
9.0
-1.2
0.1
-1.2
-33.1
-10.6
17.7
commodities
(S&P GSCI Commodity Index in U$)
cambi nei confronti dell'euro (^)
dollaro Usa
yen
sterlina
6.9
3.3
-1.5
-4.3
13.9
6.7
9.3
22.8
8.9
-12.4
-21.3
-0.2
8.6
12.1
3.7
2.6
3.0
-2.5
7.2
3.9
7.4
Fonte: WM/Reuters; dati al 28/01/2015; * Indici obbligazionari All Maturities. ° Indici corporate euro/dollar issues.
(^) I segni negativi indicano un apprezzamento dell'euro.
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