Introduzione Introduzione Il lettore attento che si trovi di fronte il sommario di questo volume si chiederà il perché dell’abbinamento fra Antichità classica e Medioevo, non del tutto scontato. E allora diciamolo subito: esso è stato dettato essenzialmente da esigenze di natura editoriale. Tuttavia, al di là delle contingenze, esiste sicuramente anche una logica storiografica a giustificarlo: in questi due periodi storici si gettano le basi e si elaborano i principi della cosiddetta civiltà Occidentale, che sarebbe poi quella in cui viviamo, facendo astrazione della globalizzazione degli ultimi decenni. In altre parole, le radici della nostra civiltà; un apparato radicale che però, come in ogni organismo che si rispetti, deve essere considerato in tutta la sua naturale articolazione e strutturazione, cioè in modo differenziato. Per comprendere meglio questa affermazione occorre intendersi sul significato da attribuire al concetto di civiltà Occidentale: diciamo, provvisoriamente, che si tratti di una civiltà basata sui valori Cristiani e con un costante, anche se quantitativamente mutevole, riferimento all’Antichità. Antichità classica e Medioevo rappresentano quindi due referenti di natura diversa, nello spazio come nel tempo. Infatti l’Antichità classica come fondamento non è patrimonio esclusivo dell’Europa Occidentale: è vero che la civiltà Ellenica ha costituito una barriera nei confronti del trascendentalismo asiatico, permettendo la formazione di quell’uomo occidentale che rivendica il diritto di affrontare e di spiegare razionalmente i fatti della vita, così come è vero che la civiltà Romana ha gettato le basi del diritto che ancora oggi regola i rapporti umani nell’Occidente. È però anche vero che Alessandro Magno ha portato i valori dell’Ellenismo sino all’India, che questi valori hanno retto per mille anni l’Impero Bizantino, che proprio “occidentale” non era, così come i Romani hanno portato il senso dello stato sino in Medio Oriente. Diciamo quindi che all’Antichità classica intesa come riferimento possono appellarsi anche popoli e civiltà che dell’Occidente inteso in senso stretto non fanno parte e quindi che essa costituisce un valore per certi versi universale. Diverso è invece il discorso per i valori cristiani: il Cristianesimo inteso come emanazione della Chiesa di Roma ha costruito le basi della civiltà occidentale sin dagli inizi del Medioevo, quale unica struttura in grado di raccogliere i cocci del periodo Tardo-Antico e di ridare una parvenza di unità e di civiltà al continente. Questo non è avvenuto in Oriente, dove la chiesa sin dai primi secoli si è identificata con lo stato e dove comunque non c’era la necessità di ricostruire la struttura sociale ed economica, ereditata dall’Impero Romano d’Oriente. Si può quindi tranquillamente affermare che il referente cristiano rappresenti una specificità dell’Occidente, come d’altra parte il Medioevo è un fenomeno prettamente occidentale. Il racconto di un periodo così dilatato nel tempo e disomogeneo pone chiari problemi di periodizzazione, che verranno meglio esemplificati nella trattazione; un esempio per tutti: la storiografia tradizionale poneva il limite fra l’Antichità e il Medioevo al 476 d.C., data corrispondente alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Come risultato si otteneva un periodo, il Medioevo, privo di ogni omogeneità storica, una specie di contenitore per fatti diversi, tanto che si era reso necessario suddividerlo, del tutto artificialmente, in Alto e Basso Medioevo. Qui si è preferito introdurre il concetto di periodo Tardo-Antico, concetto relativamente recente ma ormai universalmente accettato, per coprire i secoli che vanno dalla morte di Marco Aurelio nel 180 agli inizi del Medioevo, verso il 950; un periodo buio, dove l’Occidente scende ai suoi minimi storici in termini di civiltà. La conseguenza è la ridefinizione di un Medioevo, che nonostante il suo nome non si propone più come un’età di mezzo, bensì come un momento estremamente originale e creativo, in grado di definire i termini di una nuova civiltà. Attribuendo all’Antichità e al Medioevo la qualità di “radici”, si pone il problema del periodo Tardo-Gotico, che inizia convenzionalmente nel 1348 e si prolunga, a dipendenza delle aree geografiche, sino al Cinquecento e che trascende evidentemente, in termini tem- porali ma anche qualitativi, la fase formativa dell’Occidente, tanto da sussistere, in molti paesi, parallelamente al Rinascimento. Ignorarlo sarebbe stato coerente con il tema, però con il risultato di cancellarlo dalla costellazione di questa collana; pertanto l’architettura di questo periodo è stata tratteggiata unicamente nei suoi principi essenziali, sostenuti da pochi esempi, in una specie di appendice al racconto principale. Sì, perché al lettore che continuiamo a supporre attento, non sarà sfuggito che sin qui si è parlato di storia e non di architettura; si tranquillizzi, questo è un testo di storia dell’architettura, anche se spesso è stato necessario allargare il discorso ad esempio alle arti figurative, al pensiero del tempo, alla filosofia. Di questo atteggiamento è emblematico il titolo della prima parte: Non solo architettura, il mondo Ellenico. Il ruolo dell’architettura nel contesto del proprio tempo è infatti diverso in ogni momento della storia; riteniamo che questo assioma possa essere dato per acquisito. In particolare a variare è il rapporto fra segno e significato, sia in termini qualitativi che quantitativi, per cui se per alcuni periodi sarebbe quasi legittimo fare una trattazione puramente filologica dell’architettura, per altri l’aspetto semantico diventa imprescindibile, con l’inevitabile allargamento del discorso che esso comporta. Quindi chi avrà la pazienza di arrivare sino alla fine del libro noterà un approccio diverso ai problemi nei diversi periodi, diversità che nuoce forse all’unità della trattazione ma che riteniamo indispensabile per poter meglio penetrare nella specificità di ogni momento storico-architettonico. Ancora una riflessione, questa volta sulla ponderazione storico-geografica: se nell’Antichità i luoghi legati alle manifestazioni artistiche sono chiaramente definiti nella loro gerarchia, nel Medioevo e in particolare nel periodo Romanico, caratterizzato da una diffusione a scala Europea e qualitativamente molto differenziata di casi, si impone una scelta metodologica, forzatamente restrittiva, non potendo ovviamente riferire su tutto, scelta che presenta due opzioni: 5 6 Introduzione - fissare un’asticella comune e scegliere solo i casi emergenti, per qualità o specificità, dal livello dato, oppure - operare delle scelte mirate, che assicurino la rappresentatività anche di aree culturali anomale rispetto alle tendenze comuni, a prescindere da un livello qualitativo prefissato. Ci si è qui orientati verso la seconda opzione, soprattutto con l’intento di assicurare un’ampia visibilità all’area culturale italiana, quindi a noi più vicina, e di evidenziarne quelle specificità che in epoca Romanica vengono bollate come Antiromanico e che nel periodo Gotico costituiranno la premessa all’esperienza Rinascimentale. Bruno Vezzoni