Marco Foglieni. Matricola 50691. “Il contributo del private equity allo sviluppo delle imprese italiane: analisi di alcuni casi di successo”. Relatore Prof.ssa Barbara Del Bosco. Anno accademico 2009/2010 RIASSUNTO Il private equity è una forma d’investimento attraverso cui operatori finanziari immettono capitali di rischio in un’impresa, ne diventano azionisti e, di conseguenza, sono in grado di influenzarne le decisioni strategiche. Questo tipo di finanziamento può essere particolarmente vantaggioso per le numerose imprese italiane di piccola e media dimensione sotto diversi punti di vista. In primo luogo, il private equity può fornire, quel “capitale paziente” che le PMI faticano a trovare attraverso altri canali e, in secondo luogo, può mettere a disposizione un insieme di risorse accessorie che possono creare valore per l’azienda. Tuttavia, in Italia, il private equity è ancora poco diffuso, anche se, nel corso degli anni, ha intrapreso un discreto percorso di crescita, testimoniato sia dall’aumento del numero di operatori attivi sia dall’ammontare dei capitali investiti. L’obiettivo della presente tesi è analizzare quali siano in concreto le risorse apportate da un operatore di private equity e quali siano quelle che maggiormente producono benefici nell’azienda partecipata. Attraverso un’analisi empirica condotta tramite interviste in profondità relative a 9 operazioni di private equity di successo, si è analizzato come avviene il processo di finanziamento, indagando sulle ragioni dell’investimento e osservando gli interventi concreti di un operatore di private equity all’interno dell’impresa. La scelta di selezionare operazioni di successo deriva dalla convinzione che esse siano le più adatte a mostrare i potenziali effetti positivi dell’ingresso di un operatore di private equity. Il private equity viene suddiviso dalla letteratura in 3 categorie principali (ossia finanziamento dell’avvio, dello sviluppo, e del cambiamento), ognuna delle quali presenta caratteristiche diverse dal punto di vista delle esigenze delle imprese partecipate (e di conseguenza delle risorse da fornire da parte dell’investitore), dei criteri di selezione, dell’entità di capitale proprio da apportare e dell’intensità dell’intervento di natura gestionale dell’operatore. A prescindere dalla categoria, si possono distinguere 2 tipi di orientamenti tipicamente assunti dagli investitori. Alcuni adottano un approccio “hands off”, caratterizzato da una scarsa interferenza nella gestione ordinaria dell’impresa, mentre altri partecipano più attivamente alla vita dell’impresa (approccio “hands on”), ridefinendo, in alcuni casi in modo significativo, la strategia dell’impresa, cambiando quasi interamente il management e rivedendo la struttura organizzativa e i sistemi di controllo. Marco Foglieni. Matricola 50691. “Il contributo del private equity allo sviluppo delle imprese italiane: analisi di alcuni casi di successo”. Relatore Prof.ssa Barbara Del Bosco. Anno accademico 2009/2010 La decisione di investire in un’azienda viene presa dopo un lungo e severo processo di selezione, che si conclude, dopo un’attenta analisi, con l’investimento in meno del 5% dei progetti analizzati. Solitamente gli operatori compiono una preselezione dei progetti ricevuti basata su 4 tipi criteri (dimensionali, geografici, settoriali e fase del ciclo di vita). Tra le imprese rimanenti, l’investitore seleziona poi quelle che presentano alcuni tratti peculiari che le rendono più attraenti rispetto alle altre. Analizzando quanto dichiarato dai 115 soci AIFI sui propri siti internet, le caratteristiche più richieste sembrano essere una grande potenzialità di crescita, una posizione di leadership sul mercato e la presenza di un management aziendale capace e motivato. Dall’analisi dei 9 casi studiati, l’importanza di questi aspetti sembra essere confermata. Infatti, è emerso che le caratteristiche che hanno maggiormente convinto gli investitori a finanziare le imprese sono state, in generale, la potenzialità di crescita, e, entrando nel dettaglio, la qualità del management e la capacità di innovazione mostrata dall’impresa. L’elemento che più contraddistingue il private equity dalle altre forme di finanziamento è rappresentato dal fatto che, oltre all’apporto di risorse finanziarie, l’investitore fornisce una serie di altri contributi che favoriscono la crescita aziendale e, secondo varie statistiche, concorrono a produrre benefici in termini di redditività, di aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo, di aumento dell’internazionalizzazione e di impatto occupazionale. Un primo aspetto che risalta osservando i 9 casi analizzati, è l’assunzione, da parte dell’investitore, di una funzione di “guida”: gli operatori, infatti, sono stati importanti perché hanno apportato in azienda figure manageriali molto competenti ed esperte. Successivamente, la loro attività non è consistita in una gestione diretta, ma in un continuo confronto e concertazione con i dirigenti aziendali, ai quali era lasciata un’ampia autonomia. Tutte le operazioni di successo sono state caratterizzate da una forte crescita tramite acquisizioni e un forte aumento dell’internazionalizzazione. Questi 2 processi sono stati favoriti sia dalle risorse finanziare che da quelle accessorie apportate dall’investitore. Inoltre le società di private equity hanno procurato benefici all’impresa grazie all’intervento in molti altri campi. Infatti, importanti contributi si sono registrati anche in termini di consulenza finanziaria, di inserimento nel proprio network (soprattutto finanziario) e di miglioramento delle funzioni aziendali che presentavano carenze (in particolar modo nei sistemi di pianificazione e controllo).