Questo materiale, tratto in parte da Wikipedia dall’enciclopedia online Treccani e da altre fonti, è riservato
agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Germania del CPIA sede territoriale Petrarca di
Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali sono a cura del Prof. Sergio Bergami.
Lezione VI: gli Svevi
Economia
Mentre l'impero romano d'Occidente aveva basato la propria economia sugli scambi commerciali,
soprattutto marittimi e sulla vita urbana, gravitando verso il Mediterraneo, l'impero carolingio aveva
come base economica l'agricoltura latifondistica, caratterizzata prevalentemente da una produzione
di sussistenza. Le curtes erano articolate in base ad una distinzione tra la terra direttamente gestita
dal proprietario fondiario attraverso manodopera servile direttamente alle sue dipendenze, la pars
dominica (terra del dominus), e la terra data in concessione ai coloni, la pars massericia.
Quest'ultima era composta da piccoli poderi, detti mansi, sufficienti al sostentamento di una
famiglia (5-30 ettari), concessi in affitto a famiglie di massari liberi in cambio di un canone in
denaro o in natura oppure affidati al lavoro dei servi casati. I massari pagavano al proprietario il
canone e si impegnavano ad effettuare nella pare dominica un certo numero di servizi per il signore,
detti corvées (richieste).
Solitamente la pars dominica comprendeva un mulino ed altri servizi utili alla comunità.
Le curtes non rappresentano territori compatti, ma risultano frammisti spesso a possessi di altri
signori fondiari, indominicati (cioè di un signore) o in concessione: i "villaggi" erano spesso
collocati dove maggiore era la concentrazione di terre frammiste, e riunivano le abitazioni di coloni
che rispondevano a diversi signori. Gli scambi erano quasi del tutto inesistenti, tuttavia viene
valutato in modo piuttosto positivo il ruolo delle eccedenze della produzione fondiaria: nei villaggi
o in centri più consistenti e di nuova formazione, erano frequenti piccoli mercati locali, dove lo
scambio avveniva prevalentemente tramite il baratto, data la scarsità di moneta. Perciò è indubbia la
presenza di scambi spontanei, regionali: d'altra parte le rotte continentali nord-sud, vedevano
commercianti musulmani che dalle sponde occupate dell'Africa proponevano beni di lusso e merci
pregiate, così come i Frisoni, attivi nella regione moso-renana, e gli Ebrei.
In un'ottica più ampia, è a partire dall'inizio del secolo IX, nonostante le invasioni, che inizia quel
movimento che comporterà un aumento della resa agricola e conseguentemente demografico,
fondamentale per la rinascita dell'occidente medievale. Certamente, nel periodo carolingio,
l'elemento più rilevante, rispetto al quadro desolante dei due secoli precedenti, sembra limitarsi ad
una riorganizzazione della produzione agricola nella nascita della villa classica carolingia: le vie di
comunicazione sono sempre prive di manutenzione, e le vie fluviali e marittime sono privilegiate.
Con la casata imperiale di sassonia cominciava ad assumere così una propria fisionomia un vero
Stato territoriale, che dalla Sassonia giungeva alle terre al di là dell’Elba, strappate agli Slavi anche
con una massiccia penetrazione contadina proveniente da Renania, Franconia, Turingia, Sassonia e
Paesi Bassi: i contadini (detti ospiti) erano insediati al centro delle terre da dissodare, in nuovi
villaggi, dotati di statuti privilegiati. Accanto ai villaggi, nacquero anche vere e proprie città
nuove. È l’inizio del processo che porterà contadini, cavalieri e mercanti tedeschi a rigermanizzare
la parte orientale della Germania, insediandosi profondamente nel cuore dell’Europa orientale e
cambiandone profondamente la fisionomia. Nell’ambito di questa poderosa crescita della Germania
settentrionale va inquadrata la fondazione di Lubecca (1143), che diventò il principale porto di
smistamento delle merci del Baltico quando a Visby, nel 1161, venne fondata la Hansa.
A partire dall’anno Mille una serie combinata di fattori, quali il miglioramento delle condizioni
climatiche e lo sviluppo di nuove tecniche agricole, portarono a un considerevole aumento
demografico in Europa occidentale. Sul rapporto di causa-effetto tra questi fattori si è discusso; è
probabile, tuttavia, che la maggiore disponibilità di prodotti agricoli abbia portato a un aumento
della popolazione e che l’aumento della popolazione, a sua volta, abbia determinato l’aumento della
domanda di derrate, che venne soddisfatta tramite la messa a coltura delle terre marginali e,
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soprattutto, grazie al conseguimento di una maggiore produttività dell’agricoltura, dovuta
all’adozione di innovazioni tecniche.
Le innovazioni tecniche
Le innovazioni, che permisero quella che da alcuni studiosi è stata definita una vera e propria
‘rivoluzione agricola’, sono strettamente legate l’una all’altra. Si tratta dell’utilizzo di un nuovo
aratro, l’aratro pesante, che permetteva di rivoltare le zolle portando in superficie la terra più ricca e
quindi più fertile; dell’adozione di un nuovo giogo per gli animali da tiro che permise di far trainare
con efficacia l’aratro al cavallo; della diffusione della pratica della rotazione triennale in luogo della
biennale: il terreno, più fertile proprio grazie alle nuove tecniche di aratura, poteva essere coltivato
prima a cereali, poi a leguminose e soltanto dopo lasciato a maggese. Nei mulini ad acqua vennero
più agevolmente macinati i cereali.
La fine delle invasioni
Un altro elemento da rilevare è la relativa pace che l’area in oggetto si trovò a sperimentare in
seguito alla fine delle invasioni: gli Ungari, i Normanni e i Saraceni avevano smesso di compiere
scorrerie. I primi, che si erano stabiliti nei pressi del Danubio, erano stati sconfitti a Lechfeld nel
955 da Ottone I, ‘salvatore dell’Occidente’; i Normanni si erano stabiliti in Normandia e in Italia
meridionale e avevano conquistato l’Inghilterra (1066). Da ultimo, le incursioni dei Saraceni sulle
coste nord del Mediterraneo furono arginate, agli Arabi venne sottratta la Sicilia e i traffici
marittimi presero a svolgersi in un contesto ‘pacificato’.
I nuovi centri commerciali
La rinnovata disponibilità di un surplus agricolo diede l'avvio alla ripresa delle attività commerciali
e della economia monetaria; le merci ripresero a viaggiare e le antiche città romane, ridotte nei
primi secoli del medioevo a borghi nei quali molto spesso l'unica figura autorevole era quella del
vescovo, ripresero il loro ruolo di centri di produzione e di scambio; lungo le vie commerciali – le
antiche strade romane, le nuove, i corsi d'acqua navigabili – sorsero, inoltre, città di nuova
fondazione. Nelle città si stabilirono gli artigiani e gli altri soggetti l'attività dei quali risultava
funzionale alla ripresa economica, dai fabbri che col loro lavoro permettevano la ferratura dei
cavalli – un'altra delle innovazioni che avevano contribuito al progresso delle tecniche agricole –, ai
mercanti di panni, ai cambiavalute e banchieri. Le aree maggiormente interessate da questo
fenomeno furono l'Italia centro settentrionale, le Fiandre e le coste del mar Baltico.
Il Mar Baltico
Un ceto urbano specifico, quello dei mercanti riuniti nella Hansa, avrebbe collegato le città
protagoniste dei traffici nel mar Baltico, prime fra tutte Lubecca e Amburgo, interessate al
commercio di aringhe, tessuti, pellami. Nel XIV secolo, la lega anseatica avrebbe riunito città
autonome creando un'unica area commerciale che controllava quasi in una posizione di monopolio.
Gli Ebrei
Fino alla fine dell’XI secolo le comunità ebraiche europee, pur già discriminate, poterono godere
di una relativa libertà, sebbene non mancassero gravi episodi di violenze e di persecuzioni. Ma fu a
partire dal XII secolo che il fanatismo antisemita si intensificò, alimentato dall’animoso spirito di
crociata contro gli infedeli, i pagani e gli eretici, che in quell’epoca attraversò l’Europa cristiana.
L’antica accusa di deicidio, rivolta agli ebrei per avere messo a morte il Figlio di Dio, aveva già
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profonde radici nel Medioevo cristiano, quando nel 1096 masse fanatiche di pellegrini dirette verso
Oriente dopo l’appello alla crociata di papa Urbano II si scatenarono contro le comunità ebraiche
renane e danubiane, promuovendo terribili massacri. Da quell’epoca l’antigiudaismo si radicò in
tutti i ceti sociali europei e assunse le forme pregiudiziali e stereotipe che si sono riprodotte
attraverso
i
secoli
e
resistono
tuttora.
L’avversione verso gli ebrei faceva leva presso la mentalità diffusa tra la gente comune anche su
pregiudizi di origine economica la cui formazione è assai curiosa e complessa. La morale cristiana
vietava il prestito a interesse, condannandolo come usura qualunque fosse il tasso applicato; ma
una società che fondava la sua crescita e il suo sviluppo sull’estendersi dei mercati e dei commerci
aveva come necessaria conseguenza la formazioni di attività di cambio valute e di prestito. In tale
contesto, che già considerava gli ebrei peccatori e dannati, ad alcuni membri delle comunità
ebraiche fu chiesto, e spesso imposto, di esercitare l’attività del prestito a usura e, quindi, di farsi
carico del disprezzo e dell’odio che a quella professione era connesso.
Avendo a che fare molti di essi con le attività commerciali e con il denaro fu facile per il
pregiudizio collettivo identificare tali attività con la natura stessa dell’ebreo; si sedimentò quindi
nella mentalità comune lo stereotipo dell’ebreo ricco, avido e affamatore del popolo. Quando poi il
divieto della Chiesa di prestare denaro ad interesse fu, nel tardo Medioevo, attenuato fino a
scomparire di fronte al sorgere delle banche moderne, le capacità imprenditoriali acquisite in molti
casi dagli ebrei, dopo alcuni secoli di esperienza, sollecitarono, tra l’altro, le gelosie delle
emergenti borghesie urbane e di mercanti e banchieri cristiani che vedevano negli ebrei dei temibili
concorrenti.
Vescovi, borghesi, signori feudali, popolo minuto, tutti portarono il loro contributo alla
persecuzione degli ebrei e alla costruzione di un’immagine moralmente infamante di questo popolo.
Intorno ai “giudei” presero corpo leggende mostruose, che li accusavano di profanare le ostie, di
avvelenare i pozzi d’accordo con i saraceni, di compiere sacrifici rituali di bambini, e pregiudizi e
stereotipi, come quello dell’ebreo avido di denaro, nemico dei poveri e “assassino di Cristo”.
Legislazioni antisemite si susseguirono nel corso del Medioevo: in particolare, fu vietato agli ebrei
di costruire nuove sinagoghe, di occupare cariche pubbliche e fu loro imposto di portare sugli abiti
un segno distintivo. Non appena qualche problema travagliava l’Europa, l’ebreo, per la sua
irriducibile diversità, diveniva un facile capro espiatorio. Carestie, epidemie, eventi naturali furono
spesso occasione di massacri e saccheggi di case ebraiche. Non stupisce quindi che nella terribile
pestilenza del 1347-48 migliaia di ebrei, ritenuti responsabili del grande male che si abbatteva
sull’Europa, furono trucidati in un clima di terrore e di follia collettiva.
La paura e l’odio antisemita non erano destinati a esaurirsi, proiettandosi su tutta la storia
europea e raggiungendo il culmine con l’aberrazione dell’Olocausto nazista.
Giorgio De Vecchi, L'antisemitismo nell'Europa cristiana (in: Corso modulare di storia antica e
medievale, Bruno Mondadori)
In Germania la loro posizione rimase in complesso buona fino alle Crociate, quando
incominciarono i massacri. Dai tempi del Barbarossa gli Ebrei furono considerati servi della
cancelleria imperiale e godettero di una certa protezione; Federico II li accolse alla corte di
Palermo. In Austria fu concessa loro giurisdizione civile propria dal duca Federico II nel 1244. Con
la Bolla d’oro di Carlo IV (1356) i principi elettori ottennero il privilegio di tenere Ebrei e di
tassarli; tuttavia continuarono le persecuzioni e massacri. Eccone un elenco:
1096-1099 PRIMA CROCIATA.
I crociati massacrano gli Ebrei della Renania. (Per molti uccidere un Ebreo equivaleva ad espiare i
propri peccati.) Intere comunità vengono distrutte perché gli Ebrei posti davanti all'alternativa di
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lasciarsi battezzare o di essere uccisi, preferiscono la morte all'apostasia. Molti Ebrei di Worms,
cercando rifugio in un castello locale, furono massacrati mentre recitavano le preghiere del mattino.
Entrati i Crociati in Gerusalemme, tutti gli Ebrei sono rinchiusi nella sinagoga che viene incendiata.
L'evento segnò la fine della comunità ebraica di Gerusalemme, sebbene un limitato numero di Ebrei
vi ritornò dopo la riconquista musulmana nel 1187.
1146 SECONDA CROCIATA.
I Crociati perseguitano e uccidono gli Ebrei della Renania.
1147 Würzburg. Massacro di Ebrei per falsa accusa di omicidio rituale.
1189-92 TERZA CROCIATA.
AUSTRIA. Persecuzioni e assassini di Ebrei.
1215 Il IV Concilio Lateranense introduce per gli Ebrei l'obbligo di portare una stella gialla sul
vestito.
1235 Fulda. Falsa accusa di omicidio rituale. 34 Ebrei massacrati.
1285 Incendio della sinagoga di Monaco con gli Ebrei che vi si sono rifugiati per sfuggire ai
Cristiani.
1289-1299 Massacro di centinaia di migliaia di Ebrei in 146 località della Germania meridionale e
centrale. Sterminio delle comunità di Würzburg e Norimberga
1331 Granducato di Baden. 300 Ebrei vengono rinchiusi in una casa alla quale si dà fuoco
1421 Persecuzioni degli Ebrei a Vienna e dintorni. Confisca dei loro beni e conversione forzata di
bambini Ebrei. 270 Ebrei vengono messi al rogo. Editto di Vienna. Espulsione degli Ebrei
dall'Austria.
1452-53 San Giovanni da Capistrano, frate francescano italiano, incita alla persecuzione e
all'espulsione degli Ebrei dalle città della Germania. Ebrei bruciati in Franconia e Breslavia.
1510 Espulsione degli Ebrei dal Brandeburgo
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Corrado III di Svevia
Corrado III Hohenstaufen (Bamberga, 1093 – Bamberga, 1152) fu il primo re tedesco della dinastia
di Hohenstaufen.
Alla morte di Lotario di Supplimburgo l’aristocrazia non elesse l’erede designato, Enrico il
Superbo duca di Sassonia, ma Corrado III di Hohenstaufen, capo del partito svevo. Erano così
gettate le basi della lotta per il controllo della corona tra la casa di Svevia – i cui sostenitori, dal
nome del castello di Waibling, furono detti ghibellini – e quella di Baviera e Sassonia, ovvero il
partito dei guelfi (Welfen), discendenti di Guelfo duca di Baviera; la lotta durò per tutto il regno di
Corrado (1138-52) prima di essere temporaneamente bloccata sotto Federico I Barbarossa (115290). Corrado III fu eletto re d'Italia nel dicembre 1127 ed incoronato a Monza l'anno successivo
dall'arcivescovo di Milano Anselmo V Pusterla a sua volta per questo scomunicato da papa Onorio
II. Corrado si arrese a Lotario III solo nel 1135. Dopo la morte di Lotario (dicembre 1137), Corrado
fu eletto Re dei Romani a Coblenza nel marzo 1138, e poco dopo concesse diritto di zecca a tre città
del nord Italia, prima a Genova (negli ultimi giorni del medesimo anno) ed in seguito ad Asti ed a
Piacenza.
Nel 1146 Corrado, dopo aver ascoltato Bernardo di Chiaravalle predicare la Crociata, partì con
Luigi VII per la Terrasanta (II Crociata). Corrado ed il suo esercito viaggiarono via terra attraverso
l'Ungheria causando distruzioni nei territori bizantini attraversati. Giunsero a Costantinopoli nel
dicembre 1147, alla testa delle armate francesi.
Nell'ottobre del 1148 le armi cristiane vennero sconfitte dai Turchi a Dorylaeum, nei pressi di
Eskişehir. Corrado e molti dei suoi cavalieri scamparono, ma molti dei soldati appiedati furono
uccisi o catturati. Corrado più tardi riuscì a raggiungere il regno crociato via mare da
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Costantinopoli. La crociata si concluse con l'abbandono da parte dei crociati dell'assedio di
Damasco, il 28 luglio 1148.
Corrado non fu mai incoronato imperatore, e continuò a fregiarsi del titolo di Re dei Romani fino
alla morte.
Egli stesso designò a succedergli il nipote Federico Barbarossa (figlio di suo fratello, Federico II
duca di Svevia).
Federico Barbarossa
Federico I Hohenstaufen imperatore, detto il Barbarossa (ted. Rotbart). - (1122 o 1125, Waiblingen
- nel fiume Göksu, 1190) Figlio di Federico II, duca di Svevia, e di Giuditta, sorella di Enrico il
Superbo, duca di Baviera, divenne duca di Svevia alla morte del padre (1147). Alla morte di suo zio
Corrado III, re di Germania, fu incoronato ad Aquisgrana il 9 marzo 1152 all'età di circa
trent'anni dopo essere riuscito a procurarsi anche l'appoggio del cugino Enrico il Leone, duca di
Sassonia, con la promessa di restituirgli il ducato di Baviera, che Corrado gli aveva tolto. In seguito
a questo compromesso la posizione di Federico in Germania fu politicamente assai più stabile. Fin
d'allora le direttrici della sua politica miravano a pacificare la situazione interna della Germania e a
ripristinare in Italia un'effettiva autorità regia, cui era collegato il titolo imperiale. L'unanimità della
sua elezione, come pure il sostegno compatto della Chiesa tedesca, resero possibile a Federico di
assumere un atteggiamento di indipendenza verso il papato. In seguito ad accordo con papa Eugenio
III, cui tra l'altro aveva assicurato il suo appoggio contro il re di Sicilia, F. discese in Italia (ott.
1154) e, nella dieta di Roncaglia, promulgò un editto che prevedeva la restituzione dei diritti regi da
parte dei Comuni che se ne erano impossessati nella prima metà del secolo e che avrebbero dovuto
sottostare a funzionarî di nomina imperiale. Incoronato a Monza re d'Italia (1155), proseguì verso
Roma, dove soppresse il Comune che vi si era costituito e ne consegnò uno degli ispiratori, Arnaldo
da Brescia, al pontefice Adriano IV, succeduto a Eugenio III, e si fece incoronare da questi
imperatore nel 1155, dopo aver vinto la resistenza della ribelle Tortona; non mantenne tuttavia la
promessa di affrontare i Normanni e preferì ritornarsene in Germania. Qui riaffermò la propria
autorità e il prestigio dell'impero: nella dieta di Ratisbona (1156) sancì la cessione della Baviera a
Enrico il Leone e ne risarcì i Babenberg con l'elevazione dell'Austria a ducato. Nel luglio dello
stesso anno sposò (le precedenti nozze [1147] con Adele di Vohburg erano state annullate dietro sua
richiesta dal papa nel 1153) Beatrice, figlia del conte Rinaldo III ed erede della Borgogna. Tornò
quindi, nel 1158, in Italia per riaffermare i suoi diritti sovrani sui Comuni lombardi, e
particolarmente su Milano, che fu costretta a pagare una forte multa.
Dopo che Enrico il Leone duca di Baviera e Sassonia, nel 1159, aveva rifondato la città di Lubecca,
concedendole un'ampia autonomia locale e esonerando i mercanti dal pagamento di tasse e pedaggi,
l'imperatore Federico, intervenendo prima a confermare, poi ad ampliare e quindi a prorogare le
concessioni di Enrico il Leone, mise le basi affinché Lubecca divenisse una città imperiale, libera
dalle influenze paralizzanti dei feudatari, e che, in seguito, avesse un ruolo determinante nella
Lega Anseatica, e diventasse una delle città principali della Lega.
Al momento dell'elezione di Federico, il duca di Boemia, Vladislao II, si dimostrò subito fedele
alleato di Federico, sostenendolo nelle sue campagne militari, dove l'esercito boemo ed il suo
condottiero dimostrarono notevoli doti di capacità e di coraggio.
Nel gennaio del 1158, in una dieta a Ratisbona, Federico Barbarossa incoronò Vladislao II, re di
Boemia, concedendogli l'importante privilegio di portare la corona reale e poterla trasmettere ai
propri discendenti. E Vladislao, con le insegne regali continuò a servire fedelmente Federico anche
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Lezione VI: gli Svevi
nelle campagne d'Italia. Forse anche per questo Federico concesse la Lusazia, che per alcuni secoli
fu legata al regno di Boemia, in feudo a Vladislao II.
Nel novembre del 1158 convocò di nuovo una dieta a Roncaglia e appoggiandosi anche alle teorie
del diritto romano il cui studio aveva ripreso vigore in quegli anni, vi emanò la Constitutio de
regalibus, vera carta dei diritti sovrani imperiali, che fu formalmente riconosciuta anche dai
rappresentanti dei Comuni. Tale riconoscimento non valse tuttavia ad allontanare il conflitto tra
l'autorità imperiale e l'autonomismo dei Comuni, decisi a non rinunciare alle libertà ottenute con i
precedenti imperatori. Al contrasto con i Comuni si accompagnò l'altro con il papato, per la pretesa
imperiale di intervenire nelle elezioni episcopali; tale contrasto divenne insanabile alla morte di
Adriano IV con l'elezione del card. Bandinelli, Alessandro III (1159), deciso assertore delle tesi
teocratiche che sostenevano la supremazia del papato sull'impero e al quale Federico contrappose
l'antipapa Vittore IV (e dopo la morte di questo, 1164, il nuovo antipapa Pasquale III). La naturale
alleanza tra il pontefice e i Comuni spinse l'imperatore ad un nuovo intervento contro Milano che
fu rasa al suolo nel 1162. Nel 1167 mentre Alessandro III si rifugiava presso i Normanni, Federico
occupò la stessa Roma, ma una violenta epidemia decimò il suo esercito e lo costrinse al ritorno in
Germania.
Nel frattempo molti Comuni dell'Italia settentrionale si erano uniti nella Lega lombarda (giurata a
Pontida, 1167). Soltanto dopo aver regolato gli affari di Germania (ma senza ottenere dal cugino
Enrico il Leone l'aiuto militare per la nuova discesa in Italia) Federico ritornò nella penisola nel
1174. All'infruttuoso assedio di Alessandria (ottobre 1174 - aprile 1175), seguì nel 1176 la
sconfitta di Legnano, che portò Federico sulla via delle trattative. La pace tra papa e imperatore fu
così conclusa a Venezia il 21 luglio 1177: Federico riconobbe Alessandro III quale unico e
legittimo pontefice e firmò con i Comuni una tregua di sei anni. La successiva pace di Costanza
(1183) costituì un sostanziale riconoscimento, da parte di Federico, delle libertà cittadine di contro
alla loro formale accettazione della sovranità imperiale e al pagamento di un tributo.
In Germania intanto i rapporti di Federico con Enrico il Leone raggiungevano il loro punto critico.
Dopo averlo inutilmente esortato a giustificarsi dinanzi a lui, Federico, forse preoccupato che la
formazione di singoli stati regionali come quello del cugino potesse nuocere all'autorità dell'Impero,
dichiarò Enrico decaduto dal possesso di tutti i beni feudali e allodiali e assegnò il dominio sulla
Sassonia e sulla Baviera ai Wittelsbach. Nel 1181, a Erfurt, il Leone, che aveva opposto resistenza
anche armata alle misure imperiali, dovette chiedere il perdono di Federico e accettare l'esilio.
La caduta di Enrico portò la pace nel nord del paese ma significò anche l'indipendenza del regno
di Danimarca il cui re non riconobbe più l'autorità imperiale, il nuovo re Canuto VI, nel 1182,
rifiutò di fare atto di omaggio a Federico.
La caduta di Gerusalemme (1187) provocò la indizione della III Crociata. Nella dieta di Magonza
(1188) Federico si impegnò a condurre una crociata contro gli infedeli. Partito da Ratisbona nel
maggio del 1189, morì affogando nel fiume Göksu nei pressi di Seleucia in Cilicia.
A Federico succedette sul trono reale e imperiale il figlio Enrico VI.
La figura di Federico, che la tradizione comunale italiana legò alle crudeltà contro Milano e
Tortona, facendola nel Risorgimento quasi la prefigurazione dell'oppressore tedesco, trovò invece
consenso nel sentimento nazionale germanico, che la cantò in innumerevoli saghe come quella del
puro eroe germanico, del grande re che dorme nell'antro segreto delle montagne di Turingia pronto
a risorgere per la grandezza della Germania.
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Lezione VI: gli Svevi
ENRICO VI imperatore
Della casa degli Hohenstaufen, figlio di Federico I Barbarossa e di Beatrice di Borgogna, (11651197). A soli tre anni fu nominato re dei Romani, a 19, associato all'Impero col titolo di Cesare.
Egli riusciva con una fortunata azione diplomatica, che l'ostilità della Curia non era valsa a
impedire, a ottenere quel predominio in Italia che non aveva potuto affermare in trent'anni di lotte,
per mezzo del matrimonio di suo figlio Enrico con Costanza d'Altavilla, zia di Guglielmo il Buono
ed erede del regno di Sicilia e di Puglia. Nel 1186 le nozze venivano con gran pompa celebrate a
Monza e nel 1190, morti già il vecchio imperatore e Guglielmo il Buono, EnricoVI rimase unico
signore di diritto dell'Impero e del trono normanno. Nel 1190 però Enrico, impaziente di cingere la
corona imperiale e di raccogliere l'eredità siciliana, finì col venire a un accordo con Enrico il Leone
per affrettarsi a scendere in Italia. Il 15 aprile 1191 fu incoronato imperatore in Roma da
Celestino III.
Sceso nel regno di Sicilia e di Puglia, si trovò di fronte un rivale nella persona di Tancredi di Lecce,
bastardo di Ruggero II, intorno al quale si era raccolta gran parte della nobiltà nazionale. Per
insuccessi militari e per una grave epidemia scoppiata nel suo esercito, dovette ritirarsi da Napoli
ch'egli aveva inutilmente cinta d'assedio, mentre la stessa imperatrice Costanza, già accolta
trionfalmente in Salerno, veniva ora trattenuta in quella città come prigioniera. La sconfitta rinsaldò
le fila dei suoi nemici. Il papa si dichiarò in favore di Tancredi, al quale erano pure alleati Enrico di
Brunswick, figlio di Enrico il Leone, e Riccardo Cuor di Leone re d'Inghilterra, cognato di Enrico il
Leone e legato alla monarchia normanna come fratello di Giovanna, vedova di Guglielmo il Buono.
Ma la prigionia di Riccardo Cuor di Leone, caduto in potere del suo nemico il duca Leopoldo
d'Austria, e la morte di Tancredi di Lecce valsero a risolvere improvvisamente la grave situazione
dell'imperatore. Tolti di mezzo i suoi più potenti avversarî, egli venne con Enrico il Leone a un
nuovo accordo, che fu sanzionato dal riconoscimento dell'avvenuto matrimonio di Enrico di
Brunswick con la cugina dell'imperatore, Agnese; e nel 1194 poté scendere di nuovo in Italia e
impadronirsi senza contrasti del regno di Sicilia e di Puglia. Sibilla, vedova di Tancredi, e i figli di
lui, venuti prima a un accordo col vincitore, poi, col pretesto d'una congiura, imprigionati, furono
inviati in Germania e custoditi in carcere.
Pacificati i grandi feudatarî tedeschi e conquistato il Regno, Enrico si trovò all'apogeo della sua
potenza. Così quando nel 1196, nella dieta di Würzburg, volle tentare di rendere il potere imperiale
da elettivo ereditario nella sua famiglia, non riuscì a superare la viva opposizione dei principi. In
Sicilia poi la feroce repressione di tutte le forze che si aggruppavano intorno ai Normanni e la larga
distribuzione di feudi fatta a vassalli tedeschi avevano eccitato contro l'imperatore un sordo
fermento di ribellione che scoppiò in rivolta palese nel 1196. A capo della rivolta era il nobile
Giordano che aspirava a cingere la corona di Sicilia. Anche questa volta la ribellione fu soffocata
nel sangue e Giordano perì fra i supplizî più atroci. Riaffermato il suo potere, l'attività di Enrico VI
si volse principalmente a cercare una base d'accordo con la Chiesa.
Mentre si trascinavano ancora tali trattative, l'imperatore morì improvvisamente a soli 32 anni il 20
settembre 1197, lasciando al figlioletto Federico, che aveva soli tre anni, la triste eredità d'un trono
malsicuro e d'innumerevoli nemici.
(tratto da R. Morghen, Enciclopedia Italiana, 1932)
Federico II di Svevia
Federico II Hohenstaufen (Jesi, 1194 – Fiorentino di Puglia, 1250) fu re di Sicilia (come Federico I,
dal 1198 al 1250), Duca di Svevia (come Federico VII, dal 1212 al 1216), re di Germania (dal 1212
al 1220) e Imperatore del Sacro Romano Impero, e quindi precedentemente Re dei Romani, (come
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Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali sono a cura del Prof. Sergio Bergami.
Lezione VI: gli Svevi
Federico II, eletto nel 1211, incoronato dapprima ad Aquisgrana nel 1215 e, successivamente, a
Roma dal papa come Imperatore nel 1220), infine re di Gerusalemme (dal 1225 per matrimonio,
autoincoronatosi nella stessa Gerusalemme nel 1229).
Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione
artistica e culturale, volta a unificare le terre e i popoli, ma fortemente contrastata dalla Chiesa, di
cui il sovrano mise in discussione il potere temporale. Federico stesso fu un apprezzabile letterato,
convinto protettore di artisti e studiosi: la sua corte fu luogo di incontro fra le culture greca, latina,
araba ed ebraica.
Uomo colto ed energico, stabilì in Sicilia e nell'Italia meridionale una struttura politica molto
somigliante a un moderno regno, governato centralmente e con una amministrazione efficiente.
Federico II parlava sei lingue (latino, siciliano, tedesco, francese, greco e arabo) e giocò un ruolo
importante nel promuovere le lettere attraverso la poesia della Scuola siciliana. La sua corte reale
siciliana a Palermo, dal 1220 circa sino alla sua morte, vide uno dei primi utilizzi letterari di una
lingua romanza (dopo l'esperienza provenzale), il siciliano. La poesia che veniva prodotta dalla
Scuola siciliana ha avuto una notevole influenza sulla letteratura e su quella che sarebbe diventata la
moderna lingua italiana. La scuola e la sua poesia furono salutate con entusiasmo da Dante e dai
suoi contemporanei, e anticiparono di almeno un secolo l'uso dell'idioma toscano come lingua
d'élite letteraria d'Italia.
Federico nacque il 26 dicembre 1194 da Enrico VI (a sua volta figlio di Federico Barbarossa) e da
Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II, detto Il Normanno, e zia di Guglielmo II
Questi titoli assicuravano diritti e prestigio, ma non davano un potere effettivo, mancando in quegli
stati una solida compagine istituzionale controllata dal sovrano: in pratica tali corone davano potere
solo se si era forti, altrimenti sarebbe stato impossibile far valere l'autorità e i diritti del re sui
feudatari e sui Comuni italiani. Inoltre per via materna Federico aveva ereditato la corona di Sicilia,
dove invece esisteva un apparato amministrativo ben strutturato a garantire che la volontà del
sovrano venisse applicata, secondo la tradizione di un governo centralistico. L'unione dei regni di
Germania e di Sicilia non veniva tuttavia vista di buon occhio né dai normanni, né tantomeno dal
papa, che, con i territori che a vario titolo componevano lo Stato della Chiesa che si sarebbe trovato
proprio in mezzo a questo nuovo grande regno e ciò avrebbe fatto sentire il pontefice accerchiato..
La corona imperiale a 18 anni
Il 26 dicembre 1208 Federico compì il quattordicesimo anno di età e uscì dalla tutela papale
assumendo il potere nelle sue mani. Su consiglio del pontefice nell'agosto del 1209 sposò la
venticinquenne Costanza d'Aragona, vedova del re d'Ungheria Emerico: Federico non aveva ancora
compiuto quindici anni.
In Germania, nel frattempo, dopo la morte di Enrico VI nessuno era più riuscito a farsi incoronare
imperatore. Due erano i rivali che puntavano al titolo imperiale vacante: il primo era appunto
Filippo di Svevia, fratello minore di Enrico VI, che fu eletto re dai principi tedeschi nel 1198 e
incoronato a Magonza; il secondo era Ottone di Brunswick, figlio minore del duca di Baviera e
Sassonia Enrico il Leone, che fu eletto anch’egli re da alcuni principi tedeschi che si opponevano
all’elezione dello Staufer e incoronato ad Aquisgrana. Ottone poteva contare sull’appoggio del re
d'Inghilterra Giovanni I, che era suo zio, e di Innocenzo III, che voleva evitare di vedere uno svevo
imperatore per scongiurare una rivendicazione di quest’ultimo del regno di Sicilia; Filippo, a sua
volta, poteva contare sull’appoggio del re di Francia Filippo II Augusto. La situazione si risolse solo
nel 1208 quando Filippo di Svevia fu assassinato per motivi personali e Ottone ebbe campo libero.
Egli fece numerose concessioni al papato, in particolare la corona doveva rinunciare all’ingerenza
nelle elezioni dei prelati e accettare senza limiti il diritto d’appello del pontefice negli affari
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Lezione VI: gli Svevi
ecclesiastici; inoltre si sarebbe posto fine ad abusi quali l’appropriazione delle rendite delle diocesi
vacanti. Il 4 ottobre del 1209, a Roma, Innocenzo III incoronò imperatore Ottone IV.
A causa dell’ostilità di Filippo Augusto di Francia, che incoraggiò la resistenza in Germania, la
nobiltà, che aveva inizialmente appoggiato Filippo di Svevia e ora vedeva Ottone IV combattere
proprio contro un Hohenstaufen, si ribellò all'imperatore, che fu costretto a tornare in Germania. I
feudatari ribelli cercarono allora l’aiuto di Federico, proponendolo come candidato da contrapporre
a Ottone IV; nel frattempo, in Sicilia, dove lo svevo era appena divenuto padre del suo primogenito
Enrico (VII), che neonato venne incoronato re di Sicilia come coreggente, si organizzò subito una
rapida spedizione Oltralpe: partito a marzo del 1212 da Palermo, Federico giunse a Roma e prestò
giuramento vassallatico al papa; a settembre entrò trionfalmente a Costanza, a ottobre indisse la sua
prima dieta da re di Germania e a novembre stipulò gli accordi col futuro re di Francia Luigi VIII
per combattere il rivale Ottone IV. Finalmente il 9 dicembre 1212 Federico veniva incoronato
imperatore nel duomo di Magonza. Il 12 luglio 1213, con la cosiddetta "Bolla d'Oro" (o "promessa
di Eger"), Federico promise di mantenere la separazione fra Impero e Regno di Sicilia (dominio del
Pontefice) e di rinunciare ai diritti germanici in Italia (promessa già fatta da Ottone IV e mai
mantenuta). Si impegnò inoltre a intraprendere presto una crociata in Terrasanta, nonostante non ci
fosse stata un'esplicita richiesta in tal senso da parte del papa.
Federico II poté essere riconosciuto unico pretendente alla corona imperiale solo dopo il 27 luglio
1214 quando, nella battaglia di Bouvines, Filippo Augusto re di Francia, alleato di Federico,
sbaragliò Ottone IV alleato degli inglesi. In Germania resistevano al dominio di Federico soltanto
Colonia e Aquisgrana. Aquisgrana cadde nel 1215 e Federico vi ricevette una seconda
incoronazione (25 luglio 1215) che completò quella di Magonza.
Morto Innocenzo III e salito al soglio Onorio III (1216), Federico fu incalzato dal nuovo pontefice a
dare corso alla promessa di indire la crociata. Il sovrano tergiversò a lungo e nel 1220 fece
nominare dalla Dieta di Francoforte, tenutasi nel medesimo anno, il figlio Enrico "re di Germania".
Onorio III per impegnare Federico lo nominò imperatore: nel 1220 lo Svevo fu incoronato
imperatore in San Pietro a Roma dallo stesso papa Onorio III.
Federico non diede peraltro alcun segnale di voler abdicare al Regno di Sicilia, pur mantenendo la
ferma intenzione di tenere separate le due corone. Aveva anzi deciso di lasciare il Regno di
Germania al figlio Enrico (VII), conservando tuttavia, quale imperatore, la suprema autorità di
controllo. Essendo stato educato in Sicilia è probabile che si sentisse più siciliano che tedesco, ma,
soprattutto, egli conosceva bene le potenzialità del suo regno, con una fiorente agricoltura, città
grandi e buoni porti, oltre alla straordinaria posizione strategica al centro del Mediterraneo.
L'attività nel regno di Sicilia
Tornato nel 1220 in Sicilia, che aveva lasciato otto anni prima, Federico poté dedicarsi a
consolidare le istituzioni nel Regno, indicendo due grandi assise a Capua e a Messina (1220-1221).
In quelle occasioni stabilì, rivendicando quanto accaduto in passato, che ogni diritto regio
confiscato precedentemente a vario titolo dai feudatari venisse immediatamente reintegrato al
sovrano. Introdusse inoltre il diritto romano, nell'accezione giustinianea rielaborata dall'Università
di Bologna su impulso di suo nonno il Barbarossa. A Napoli fondò l'Università laica nel 1224, dalla
quale sarebbe uscito il ceto di funzionari in grado di servirlo. Il tentativo di Federico di accentrare
l'amministrazione del Regno e ridurre il potere dei feudatari locali incontrò molte resistenze nella
parte continentale del regno, tra queste principalmente quella del conte di Bojano, Tommaso da
Celano, la cui contea, unita con i possedimenti originali in Marsica, rappresentava il feudo di
maggiore estensione del regno. Il conte Tommaso si rifiutò di smantellare i castelli come ordinato
dallo svevo e organizzò la resistenza presso le fortificazioni di Ovindoli e Celano in Marsica, Civita
di Bojano e Roccamandolfi in Molise, dove affrontò a partire dal 1220 la forza d'urto dell'esercito
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imperiale. Le prime tre città caddero nel giro del primo anno di guerra, mentre il castello di
Roccamandolfi, dove il conte da Celano aveva lasciato alla guida della resistenza la moglie
Giuditta, si arrese all'assedio nel 1223. Tommaso da Celano, non avendo in seguito rispettato i
termini della resa, fu espropriato della contea che cessò di essere la spina nel fianco nei
possedimenti normanni di Federico.
Nel castello di Melfi Federico II, con l'ausilio del suo fidato notaio Pier delle Vigne, emanò nel
1231 le Constitutiones Augustales (note anche come Costituzioni di Melfi o Liber Augustalis),
codice legislativo del Regno di Sicilia. Queste norme miravano a limitare i poteri e i privilegi delle
locali famiglie nobiliari e dei prelati, facendo tornare il potere nelle mani dell'imperatore e a rendere
partecipi anche le donne per quanto riguardava la successione dei feudi.
La crociata e la scomunica da parte di Gregorio IX
Negli anni seguenti Federico si dedicò a riordinare il Regno di Sicilia, eludendo le continue
richieste del papa Onorio III di intraprendere la crociata. Per dilazionare ulteriormente il suo
impegno, Federico stipulò col papa un trattato (Dieta di San Germano, nel luglio 1225), con il quale
si impegnava a organizzare la crociata entro l'estate del 1227, pena la scomunica. In realtà il vero
obiettivo di Federico era l'unione fra Regno di Sicilia e Impero, nonché l'estensione del potere
imperiale all'Italia. In questo disegno rientrò il suo tentativo di recuperare all'impero la marca di
Ancona e il ducato di Spoleto, rientranti nella sovranità papale. Inoltre in Sicilia procedette
all'occupazione di cinque vescovadi con sede vacante, alla confisca dei beni ecclesiali e alla
cacciata dei legati pontifici che si erano colà recati per la nomina dei vescovi, pretendendo di
provvedere direttamente alle nomine.
Nel frattempo, a causa delle mire di controllo sull'Italia da parte di Federico, era risorta nel nord
Italia la Lega Lombarda: nell'aprile 1226 Federico convocò la Dieta di Cremona con il pretesto di
preparare la crociata ed estirpare le dilaganti eresie, ma questa non poté avere luogo per
l'opposizione della Lega Lombarda, che impedì l'accesso ai delegati, mentre Federico non aveva al
nord forze sufficienti per contrastare i Comuni ribelli.
Il 9 settembre 1227, pressato dal successore di Onorio, papa Gregorio IX, e sotto la minaccia di
scomunica, Federico tentò di onorare la promessa fatta al predecessore partendo per la sesta
Crociata, ma una pestilenza scoppiata durante il viaggio in mare che falcidiò i crociati lo costrinse a
rientrare a Otranto: lui stesso si ammalò e dovette ritirarsi a Pozzuoli. Gregorio IX interpretò questo
comportamento come un pretesto e, conformemente al trattato di San Germano del 1225, lo
scomunicò il 29 dello stesso mese. A nulla valse una lettera di giustificazioni inviata al papa da
Federico nel novembre.
Nella primavera 1228, Federico partì per la Terrasanta. Quindi seppur scomunicato, partì da
Brindisi il 28 giugno 1228 per la sesta Crociata. Federico ottenne un successo di un certo rilievo
senza combattere una sola battaglia, ma grazie a un accordo diplomatico con il sultano ayyubide
al-Malik al-Kamil, nipote di Saladino: Gerusalemme venne ceduta, peraltro ridotta senza mura e
indifendibile, e con l'esclusione dell'area della moschea di Umar (ritenuta dai cristiani il Tempio di
Salomone), che era un luogo santo musulmano. Questa soluzione aveva evitato i combattimenti e
consegnava alla cristianità una vittoria effimera e in balia dei musulmani, anche se, formalmente,
con importanti risultati territoriali e, soprattutto, con la riconquista di Gerusalemme. Il 18 marzo
1229, nella basilica del Santo Sepolcro, Federico si incoronò re di Gerusalemme (in quanto
erede del trono per aver sposato nel 1225 Jolanda di Brienne, regina di Gerusalemme, nonostante
l'opposizione del clero locale e di quasi tutti i feudatari).
Quando Federico ritornò in Italia dopo la crociata, trovò molte città che appoggiavano il Papa:
riuscì ad avere ragione delle forze papali ma ritenne opportuno, per quel momento, riconciliarsi col
pontefice e con la Pace di San Germano del 23 luglio 1230, promise di rinunciare alle violazioni che
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Lezione VI: gli Svevi
avevano determinato la scomunica, di restituire i beni sottratti ai monasteri e alle chiese e di
riconoscere il vassallaggio della Sicilia al papa. D'altro canto il papa non poteva non tener conto
dell'obiettivo ottenuto da Federico in Terra santa e il 28 agosto successivo ritirò la scomunica: il 1º
settembre papa e imperatore si incontrarono ad Anagni.
Nella diatriba fra papa e imperatore intanto si erano inserite le città della Lega Lombarda ed era
ripresa la secolare divisione fra guelfi e ghibellini. Nel 1231 Federico convocò una Dieta a Ravenna
nella quale fece riaffermare l'autorità imperiale sui Comuni, ma ciò ebbe poca influenza sugli eventi
successivi.
In lotta col papato
Nel periodo di pace e distensione che seguì gli eventi precedenti, Federico volle sistemare alcune
questioni giuridiche nei suoi regni, con particolare riguardo a quello siciliano. Il rinnovato accordo
fra il papa e Federico venne utile a quest'ultimo allorché nel 1234 suo figlio Enrico si ribellò al
padre: rivoltosi al papa, Federico ottenne la scomunica contro il figlio, lo fece arrestare e lo tenne
prigioniero fino alla morte, avvenuta nel 1242. Alla corona tedesca venne allora associato l'altro
figlio Corrado IV (che non riuscì neppure lui a governare per l'opposizione dei nobili che gli
contrapposero bellicosamente alcuni anti-re).
Il sovrano svevo non era mai venuto meno ai suoi propositi di sottomettere l'Italia all'impero
germanico, favorendo l'instaurarsi di signorie ghibelline a lui amiche (la più potente fu quella dei
Da Romano che governava su Padova, Vicenza, Verona e Treviso). Nel novembre 1237
Federico colse una notevole vittoria sulla Lega Lombarda a Cortenuova, conquistando il
Carroccio che inviò in omaggio al papa. L'anno successivo il figlio Enzo (o Enzio) sposò Adelasia
di Torres, vedova di Ubaldo Visconti, giudice di Torres e Gallura e Federico lo nominò Re di
Sardegna. Ciò non poteva essere accettato dal papa, visto che la Sardegna era stata promessa in
successione al papa dalla stessa Adelasia. Alle rimostranze del pontefice, Federico rispose nel
marzo 1239 tentando di sollevargli contro la curia, ma il papa scagliò subito contro di lui una
nuova scomunica indicendo successivamente un concilio a Roma per la Pasqua del 1241. Federico,
per impedire lo svolgimento del Concilio bloccò le vie di terra per Roma e fece catturare due
cardinali e molti prelati, in viaggio per mare con navi della flotta genovese, da navi della flotta
pisana guidate dal figlio Enzo, con una battaglia navale avvenuta presso l'isola del Giglio (3 maggio
1241). Le truppe imperiali giunsero alle porte di Roma, ma il 22 agosto 1241 l'anziano papa
Gregorio IX morì e Federico, dichiarando diplomaticamente che lui combatteva il papa ma non la
Chiesa (egli era sempre sotto scomunica), si ritirò in Sicilia.
Dopo la morte di Gregorio IX, venne eletto papa Goffredo Castiglioni, che prese il nome di
Celestino IV, ma che morì dopo soli diciassette giorni di pontificato. I molti ecclesiastici ancora
prigionieri di Federico e l'incombente minaccia delle sue truppe alle porte di Roma provocarono
una vacanza al soglio pontificio di un anno e mezzo, periodo durante il quale si svolsero
frenetiche trattative. Infine l'elezione papale si tenne ad Anagni e fu eletto, il 25 giugno 1243, il
genovese Sinibaldo Fieschi che prese il nome pontificale di Innocenzo IV. Innocenzo tentò
inizialmente di trovare un accordo con Federico, ma la rivolta scoppiata in quei mesi contro
l'imperatore in Viterbo, preparata e portata avanti dal cardinale Capocci e che si concluse con una
clamorosa sconfitta dell'esercito imperiale.
Tra il 1243 e il 1246 Federico II trascorse le stagioni invernali a Grosseto, approfittando del clima
mite e delle aree umide attorno alla città per praticare la caccia, suo passatempo preferito.
In quegli stessi decenni, circolarono in Italia diverse opere di impronta apocalittica, che attribuivano
a Federico un ruolo di protagonista nella riforma della Chiesa. In particolare, il commento al profeta
Geremia Super Hieremiam (attribuito pseudoepigraficamente a Gioacchino da Fiore ma prodotto
forse entro ambigui ambienti cistercensi o florensi e rielaborato e aggiornato entro ambienti,
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Lezione VI: gli Svevi
egualmente poco affidabili, di francescani rigoristi) riconosceva a Federico II un ruolo
incredibilmente e paradossalmente provvidenziale, proprio in quanto atteso persecutore apocalittico
della Chiesa corrotta e in special modo dei cardinali.
Il declino e la fine
Papa Innocenzo IV decise di indire un Concilio per confermare la scomunica a Federico e far
nominare un altro imperatore, rivolgendosi ai suoi nemici che in Germania erano numerosi. Giunto
a Lione svolse un'intensa attività diplomatica presso i nobili tedeschi e indisse un Concilio che si
aprì il 28 giugno 1245. Il concilio non solo confermò la scomunica a Federico, ma addirittura lo
depose, sciogliendo sudditi e vassalli dall'obbligo di fedeltà, e invitò i nobili elettori tedeschi a
proclamare un altro imperatore, bandendo contro Federico una nuova crociata. Non tutta la
Cristianità però accettò quanto deliberato nel concilio, che si era tenuto in condizioni non troppo
chiare. Il papa aveva finto fino all'ultimo di voler patteggiare con Federico e molti si domandarono
se fosse giusto un provvedimento così grave contro l'imperatore in un momento in cui nuove
minacce si affacciavano all'orizzonte (l'offensiva mongola).
L'imperatore subì il gravissimo colpo che ne appannò il prestigio e dal 1245 gli eventi iniziarono a
precipitare. Gli Elettori tedeschi trovarono il nuovo imperatore (in realtà "re di Roma", titolo che
preludeva alla nomina di imperatore) in Enrico Raspe, margravio di Turingia, che il 5 agosto 1246
sconfisse nella battaglia di Nidda il figlio di Federico, Corrado. Tuttavia, l'anno successivo, Enrico
Raspe morì.
Nel febbraio del 1248 Federico subì una grave sconfitta nella battaglia di Parma ad opera di
Gregorio da Montelongo. L'imperatore riuscì a stento a rifugiarsi a San Donnino, da dove raggiunse
poi la fedele alleata Cremona. L'anno seguente il figlio Enzo, battuto nella battaglia di Fossalta, fu
catturato dai bolognesi che lo tennero prigioniero fino alla morte (1272). Poco dopo Federico subì
(o credette di subire) il tradimento di uno dei suoi più fidati consiglieri, Pier delle Vigne (rievocato
da Dante Alighieri nel tredicesimo canto dell'Inferno).
La vittoria militare del figlio Corrado sul successore di Raspe, Guglielmo II d'Olanda avvenuta nel
1250, non portò alcun vantaggio per Federico, il quale nel dicembre dello stesso anno morì a causa
di un attacco di dissenteria. Nel suo testamento nominava suo successore il figlio Corrado, ma il
papa non solo non riconobbe il testamento ma scomunicò pure Corrado (che morì quattro anni dopo
di malaria, nel vano tentativo di ricuperare a sé il Regno di Sicilia).
L'eredità culturale
Federico fu chiamato dai suoi contemporanei Stupor Mundi (Stupore del Mondo), appellativo che
deriva dalla sua inestinguibile curiosità intellettuale, un eclettismo che lo portò ad approfondire la
filosofia, l'astrologia (consigliere molto ascoltato fu l'astrologo Guido Bonatti), la matematica (ebbe
corrispondenza e fu in amicizia con il matematico pisano Leonardo Fibonacci, che gli dedicò il suo
Liber quadratorum), l'algebra, la medicina e le scienze naturali (impiantò a Palermo persino uno
zoo, famoso ai suoi tempi, per il numero di animali esotici che conteneva); scrisse anche un libro,
un manuale sulla falconeria, il De arte venandi cum avibus che fu uno dei primi manoscritti con
disegni in tema naturalistico. Si dice che Federico conoscesse ben nove lingue e che fosse un
governante molto moderno per i suoi tempi, visto che favorì la scienza e professò punti di vista
piuttosto avanzati in economia.
Alla sua corte soggiornarono uomini di gran cultura di quei tempi quali Michele Scoto, che tradusse
alcune opere di Aristotele, Teodoro da Antiochia, un arabo cristiano, e Juda ben Salomon Cohen,
grande enciclopedista ebreo.
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La poesia siciliana
Contribuì a far nascere la letteratura italiana e in questo senso ebbe importanza fondamentale la
Scuola siciliana o anche Scuola poetica siciliana che nacque tra il 1230 e il 1250, che ingentilì il
volgare siculo con il provenzale, e i cui moduli espressivi e tematiche dominanti furono
successivamente ripresi dalla lirica della Scuola toscana. Gli sono inoltre attribuite quattro canzoni.
Appassionato della cultura araba, fece tradurre molte opere da quella lingua e fu quasi sempre in
ottimi rapporti con gli esponenti di quella cultura al punto da guadagnarsi il soprannome (fra i tanti)
di "sultano battezzato".
Nella corte era presente un gruppo di poeti, per lo più funzionari, che scrivevano in volgare
meridionale. Nella corte di Federico si costituì una scuola poetica siciliana al quale si deve
l'invenzione di una nuova metrica, il sonetto.
Federico è stato individuato come l'autore delle cinque questioni poste ai sapienti del suo tempo, a
cui rispose nelle Questioni siciliane il filosofo arabo Ibn Sab'in.
Corrado IV
Corrado IV Re dei romani (Andria 1228-Lavello 1254). Figlio di Federico II e di Iolanda di
Brienne; eletto re nel 1237 in luogo del fratello Enrico (VII), deposto dal padre, resse per lui la
Germania. Perdutala, per opera dei due antiré Enrico Raspe e Guglielmo d’Olanda, venne in Italia
(1251) per prendere possesso e governare il regno di Sicilia, di cui era reggente il fratellastro
Manfredi; ma venuto poco dopo a morte, lasciò allo stesso Manfredi la difficile successione
Manfredi
Manfredi Re di Sicilia (1232- Benevento 1266). Figlio naturale dell’imperatore Federico II e di
Bianca Lancia, poi legittimato. Alla morte del padre (1250) fu reggente per il fratellastro Corrado
IV allora in Germania, osteggiato da papa Innocenzo IV e da una parte della feudalità del regno, e
specialmente da Pietro Ruffo, vicario in Calabria e Sicilia. Morto Corrado IV (1254) lasciando la
tutela del fanciullo Corradino al tedesco Bertoldo di Hohenburg, Manfredi tentò di ottenere il
riconoscimento di Corradino, e con ciò della propria posizione, da parte del papa. Di fronte
all’ostilità di quest’ultimo, si piegò dapprima ad accordi, accettando, con riserva dei diritti di
Corradino, l’ufficio di vicario per la Chiesa in Basilicata e in Puglia. Ma poi, riparato a Lucera
(1254), dove poté disporre del tesoro degli svevi e ottenere il sostegno delle truppe saracene che vi
erano state stanziate da Federico II, in una guerra di tre anni riacquistò contro il legato pontificio
tutto il regno, e, diffusa ad arte la voce della morte di Corradino, si fece incoronare re a Palermo
(1258). Riprendendo la politica degli svevi in Italia, si procurò dovunque aderenti inserendosi nelle
lotte delle fazioni cittadine; la vittoria di Montaperti sui guelfi toscani (1260) segnò il culmine della
sua fortuna. Ma la vasta trama tessuta contro di lui dalla Chiesa si concretò con l’offerta del regno a
Carlo d’Angiò (1263), fratello del re di Francia Luigi IX (il Santo); il quale, ottenuti finalmente gli
aiuti dei banchieri toscani, poté entrare in Roma. (1265). Questi, abbandonato via via dai suoi
alleati, affrontò l’Angioino a Benevento (1266); sconfitto, morì sul campo. Il cadavere fu sepolto
presso un ponte, poi fatto disseppellire e disperdere dall’arcivescovo di Cosenza. La sua figura e la
sua fine sono stupendamente rievocate da Dante, Purg. III.
(di G. Paladino, Treccani online)
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Lezione VI: gli Svevi
Corradino
CORRADINO di Svevia. - Nato nel 1252 nel castello di Wolfstein da Corrado IV e da Elisabetta di
Wittelsbach, rimasto orfano del padre a due anni, Corradino venne accolto con la madre nella corte
del fratello di quest'ultima Ludovico di Baviera, il quale ne assunse la tutela, mentre il Regno di
Sicilia veniva usurpato da Manfredi (1258). Fino al 1259 Corradino rimase presso lo zio, poiché in
quell'anno, essendo la madre passata a nuove nozze con Mainardo conte di Gorizia, il fanciullo
venne affidato al vescovo di Costanza, Eberardo, per merito del quale, alla morte di Guglielmo
d'Olanda, Corradino poté riottenere ciò che restava del ducato di Svevia, una gran parte del quale
era stata usurpata da baroni, vescovi e città. Ma le attenzioni di Corradinoerano rivolte verso l'Italia,
e quando alcuni capi del partito avverso a Carlo d'Angiò l'invitarono a scendere nella penisola,
Corradino si affrettò a passare i monti con lo zio Ludovico, il padrigno Mainardo, Federico
d'Austria e altri. Ma, a Trento e a Verona, il duca di Baviera e il conte di Gorizia abbandonarono la
spedizione. Tuttavia, Corradino procedette e il 20 gennaio 1268 era a Pavia, che lasciò il 22 marzo
accompagnato da 500 cavalieri. Quindi si portò a Pisa, dove pervenne subito il grosso dell'esercito,
che Federico d'Austria aveva condotto per la via degli Appennini. A Pisa rimase dall'aprile al
giugno, mentre il papa lo scomunicava e re Carlo preparava nel Regno le sue difese.
Il 15 giugno 1268 Corradino mosse da Pisa e, mentre il duca d'Austria sbaragliava le poche milizie
angioine rimaste in Toscana, per Siena e Viterbo, si recò a Roma, dove Enrico di Castiglia e il
popolo lo ricevettero con onore (24 luglio). Carlo d’Angiò lasciato un presidio a guardia dei
Saraceni di Lucera, corse a difendere i confini. Le due schierea Tagliacozzo erano divise dal fiume
Salto, quando il mattino del 23 agosto il conflitto si accese e la vittoria arrise ai francesi.
Corradino fuggì. Il signore del luogo, Giovanni Frangipane, lo catturò e lo consegnò a re Carlo, che
in Napoli lo decapitò. Il cadavere di C. fu depositato sotto l'altare maggiore della vicina chiesa del
Carmine, donde nel 1847 i resti vennero trasferiti nella base del monumento, eretto nella chiesa
stessa dal Thorwaldsen per incarico di Massimiliano II di Baviera.
Interregno
Per interregno si intende, nella storiografia del Sacro Romano Impero, il periodo che va dalla
deposizione di Federico II da parte di papa Innocenzo IV, nel 1245 all'elezione di Rodolfo I
d’Asburgo nel 1273.
Durante questo periodo vennero eletti Re dei Romani Enrico Raspe, Guglielmo II d'Olanda,
Alfonso X di Castiglia e Riccardo di Cornovaglia. Nessuno di loro però riuscì ad esercitare
concretamente il potere imperiale.
Per trent'anni il Sacro Romano Impero era rimasto privo di un forte potere centrale. Questo non fece
che accentuare le spinte centrifughe già presenti nell'Impero. In questi anni si rafforzò il ruolo dei
principi elettori, ponendo le premesse del processo che sarebbe stato poi ratificato nel 1356 con la
Bolla d'oro. I principi territoriali consolidarono la loro sovranità e anche le città rafforzarono la loro
indipendenza rispetto al potere feudale ed imperiale. All'indomani dell'interregno gli imperatori
furono costretti, per assicurarsi libertà d'azione rispetto alle molteplici istanze e poteri dell'Impero, a
contare in misura sempre maggiore sui propri territori dinastici. Di conseguenza divenne sempre
più difficile che l'imperatore medesimo fosse considerato super partes e sintesi politica dell'Impero
nel suo complesso.
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Questo materiale, tratto in parte da Wikipedia dall’enciclopedia online Treccani e da altre fonti, è riservato
agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Germania del CPIA sede territoriale Petrarca di
Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali sono a cura del Prof. Sergio Bergami.
Lezione VI: gli Svevi
L’ordine dei cavalieri porta spada e l’ordine teutomico
Cavalieri portaspada (in latino: Fratres militiae Christi, in tedesco: Schwertbrüder) è un ordine
monastico militare tedesco costituito nel 1202 da Alberto di Riga. La regola era fondata sulla base
di quella dei cavalieri templari. Erano chiamati anche cavalieri di Cristo, fratelli della spada od
Ordine livoniano.
Alberto, vescovo di Riga, fondò l'ordine con lo scopo di spalleggiare il vescovato di Riga nella
conversione delle popolazioni pagane dei curi, dei livoni, selonici, semigalli e letgalli insediate nei
territori intorno al golfo di Riga. Fin dalla fondazione l'ordine mostrò di ignorare il suo presunto
vassallaggio nei confronti del vescovo e nel 1218 Alberto chiese assistenza al sovrano Valdemaro II
di Danimarca; questi si alleò invece con l'ordine e invase il nord dell'Estonia.
La sede dell'ordine si trovava nella città estone di Viljandi (Fellin) dove le mura del castello sono
tuttora visibili, altre roccaforti erano a Cēsis (Wenden), Sigulda (Segewold) e Aizkraukle.
Confederazione Livone, 1260 d.C.
Il 12 maggio 1237 l'ordine fu incorporato nell'Ordine teutonico e da quel momento fu, di fatto,
un braccio autonomo dell'Ordine teutonico continuando a mantenere un proprio gran maestro (che
de jure dipendeva dal gran maestro dell'Ordine teutonico) e abbigliamento e regola propri.
Tra il 1237 e il 1290 l'ordine conquistò la Curlandia, la Livonia e la Semgallia e nel 1346 acquistò
dal sovrano danese Valdemaro IV il rimanente territorio estone.
L'Ordine Teutonico o, nella sua definizione completa, Ordine dei Fratelli della Casa Ospitaliera di
Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme (in latino Ordo Fratrum Domus Hospitalis Sanctae
Mariae Teutonicorum in Jerusalem o Ordo teutonicus; in tedesco Orden der Brüder vom Deutschen
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Lezione VI: gli Svevi
Haus St. Mariens in Jerusalem o Deutscher Orden; sigla O.T.) è un antico ordine monastico-militare
e ospedaliero sorto in Terrasanta all'epoca della terza crociata (insieme a quelli gerosolimitano e del
Tempio) ad opera di alcuni tedeschi (di Brema e Lubecca) per assistere i pellegrini provenienti dalla
Germania.
Fino alla perdita di Acri nel 1291, il principale teatro di operazioni dei Cavalieri teutonici rimase la
Terrasanta. Tuttavia già a partire dal secondo decennio del XIII secolo operarono nell'Europa
orientale, prima in Transilvania, per proteggere il Regno d'Ungheria dalle incursioni dei nomadi
Cumani su richiesta di re Andrea II d'Ungheria, quindi sulla costa baltica, nella zona che si
estendeva a nord-est dei territori polacchi. Contribuirono ad una vasta opera di conquista e
cristianizzazione dei territori occupati da tribù baltiche, perlopiù pagane, iniziata già nel secolo
precedente con le cosiddette Crociate del Nord.
Il loro dominio nella regione li portò successivamente allo scontro sia con i russi ortodossi di Pskov
e Novgorod e alla sconfitta del lago Pepius (la battaglia del lago ghiacciato, lago Pepius, 1242,
venne raffigurata, seppur con diverse imprecisioni e invenzioni storiche, nel film Aleksandr Nevskij
di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn) che con i polacco-lituani. A seguito della sconfitta cessarono le
Crociate del Nord.
Il declino dell'Ordine teutonico iniziò in seguito alla sconfitta nella battaglia di Grunwald nel 1410 e
alla secolarizzazione dei territori della Prussia da parte di Alberto di Prussia nel 1525. Nel 1413
l'Ordine dei portaspada riuscì a tornare indipendente. Durante la guerra di Livonia fu sconfitto in
modo perentorio dalle truppe russe nel corso della battaglia di Ergeme (1560). L'ordine cercò allora
l'appoggio del sovrano polacco Sigismondo II che già nel 1557 era intervenuto in una guerra tra
l'ordine e il vescovo di Riga.
In seguito ad un accordo con i rappresentanti del sovrano polacco (e in particolare Mikołaj
"Czarny" Radziwiłł), l'ultimo gran maestro, Gottardo Kettler, secolarizzò l'ordine convertendolo al
luteranesimo. Nella parte meridionale dei territori dell'ordine creò il ducato di Curlandia e
Semigallia per i suoi famigliari. Il territorio rimanente entrò a far parte dell'Unione Polacco-Lituana,
mentre la parte settentrionale dell'Estonia fu divisa in una parte danese e una parte svedese.
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