La storia del pensiero evolutivo prima del 1800

La storia del pensiero evolutivo prima
del 1800
“Leggere la scienza” Percorso “Evoluzione”; Scuola Secondaria di Secondo Grado.
Scheda 1.
Traduzione: di Karin dal Ri
Impaginazione e adattamento: Mauro Sparapani
Fonte: http://evolution.berkeley.edu
Understanding Evolution, University of Berkeley, California Museum of Paleontology, National Science Foundation
“Leggere la scienza” Percorso “Evoluzione”; Scuola Secondaria di Secondo Grado. Scheda 1.
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1. Anatomia comparata: Andrea Vesalio
Verso la fine del XVI secolo, gli studiosi europei possedevano soltanto una conoscenza
piuttosto approssimativa dell’anatomia umana ed animale. Nelle università dove gli
studenti si preparavano a diventare medici, come Parigi e Bologna, i professori facevano
riferimento esclusivamente ai testi del medico romano Galeno. Galeno aveva combinato il
lavoro di Aristotele e di altri filosofi greci con la sua esperienza nell’ambito dell’anatomia
comparata. Il risultato del lavoro di Galeno fu una teoria anatomo-fisiologica che non
spiegava soltanto come era fatto il corpo umano, ma anche come funzionavano i diversi
organi interni.
In seguito furono gli arabi, ed in particolare il medico persiano Avicenna, a tradurre,
rivedere ed arricchire il lavoro di Galeno, aggiungendo commentari, riflessioni ed
indicazioni per la diagnosi e la terapia.
Intorno al 1100, grazie al minuzioso lavoro di traduzione dei testi Arabi da parte di alcuni
studiosi europei (il Canone di Avicenna fu tradotto da Gerardo da Sabbioneta nel XII
secolo su ordine di Federico II di Svevia) l’opera di Galeno divenne il testo di riferimento
per i medici di tutta Europa. Ma attraverso il lavoro di traduzione e di revisione gran parte
dello spirito dell’opera di Galeno, in particolare l’importanza che il medico greco dava
all’osservazione scientifica diretta, piuttosto che alla fiducia incondizionata nelle teorie,
andò persa. Nelle università i professori leggevano i testi di Galeno ai loro studenti, mentre
un chirurgo dissezionava un cadavere, in genere quello di un criminale giustiziato, e
mostrava le diverse parti del corpo umano, che, per morfologia e funzione, rispondevano
perfettamente ai precetti della medicina galenica. L’anatomista non si preoccupava mai di
studiare nel dettaglio il corpo umano, perché ogni informazione poteva essere trovata nei
testi di Galeno e di Avicenna.
1.1 Osservando il corpo umano
Questa tradizione venne messa in crisi dal lavoro
di un giovane anatomista fiammingo, che dimostrò
come, sotto molti punti di vista, il lavoro di Galeno
fosse completamente sbagliato. Andrea Vesalio
(1514-1564)
all’inizio
della
sua
carriera
all’Università di Parigi era uno strenuo difensore
del “galenismo”. In seguito Vesalio si spostò a
Padova, dove iniziò ad operare personalmente le
dissezioni per studiare la struttura del corpo
umano. Abile disegnatore, riproduceva dettagliati
schemi e disegni del corpo umano per i suoi allievi.
Questa attività lo rese talmente famoso che la
corte del tribunale di Padova gli garantì una
fornitura supplementare di cadaveri per poter
realizzare i suoi studi.
Man mano che Vesalio proseguì le sue ricerche
sul corpo umano, scoprì che Galeno aveva
commesso numerosi errori. Nella struttura dello
sterno contò soltanto tre elementi. Al contrario
Galeno ne aveva contati ben sette. Sui libri di
Galeno era scritto che le ossa più lunghe del corpo umano erano il femore e l’omero.
Vesalio dimostrò che le ossa della gamba (la tibia e la fibula) superavano in lunghezza
l’omero, che diventava, quindi, il quarto segmento osseo più lungo dello scheletro umano.
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Nel corso dei secoli gli anatomisti avevano già rilevato qualche incongruenza nell’opera di
Galeno, ma Vesalio, per la prima volta, iniziava una ricerca anatomica sistematica, con lo
scopo di verificare ogni singola descrizione ed affermazione del medico romano. L’origine
di questi errori in breve gli fu chiara: Galeno non aveva mai dissezionato un corpo umano,
ma aveva basato le sue considerazioni esclusivamente su ricerche anatomiche sugli
animali (macaco, bertuccia, maiale ed ungulati) oppure sulla sua esperienza quale medico
dei gladiatori.
Frontespizio del De humani corporis fabrica
1.2 Sfidare il Galenismo
All’età di soli 25 anni Vesalio si impegnò in un vero e
proprio assalto frontale al “galenismo”. Nelle sue
lezioni a Padova e a Bologna il medico fiammingo
confrontava scheletri umani e scheletri di macachi,
per dimostrare quanto fossero scorrette le
considerazioni anatomiche di Galeno. In seguito
Vesalio si dedicò alla stesura di un nuovo trattato di
anatomia che includesse le sue fondamentali
scoperte. Un lavoro che durò oltre quattro anni,
durante i quali Vesalio si avvalse della
collaborazione dei migliori disegnatori ed incisori
della bottega del Tiziano (fra i quali il fiammingo
Stephan von Calcar). Il De humani corporis fabrica
libri venne dato alle stampe nel 1543: le figure in
pose classiche presenti nella monumentale opera
dell’anatomista belga (ben sette volumi) diventarono
punto di riferimento per quanti si occupavano di
anatomia e di fisiologia umana.
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1.3 Gli esseri umani non sono così diversi dagli animali…
La Fabrica di Vesalio rappresenta una pietra miliare nella tradizione dell’anatomia in
Europa: da questo momento gli anatomisti si fideranno soltanto delle loro osservazioni
sperimentali ed inizieranno ad esplorare il corpo umano come un nuovo continente. Le
scoperte di Vesalio, in relazione alle importanti differenze fra le specie, introdussero gli
studiosi alle ricerche nell’ambito dell’anatomia comparata, attraverso le quali è possibile
indagare le somiglianze e le differenze fra i diversi organismi viventi.
Immagini tratte dal libro di Vesalio
Attraverso questo ricerca gli studiosi si convinsero gradualmente che gli esseri umani non
sono altro che una specie fra le altre, che presenta alcune caratteristiche peculiari ma che
condivide anche molti caratteri con gli altri organismi viventi. Vesalio fu il primo che scosse
profondamente l’imponente impianto della medicina galenica, nel quale si fecero sempre
più evidenti le crepe di una teoria basata più sulla speculazione razionale che
sull’osservazione sperimentale. A trecento anni di distanza Darwin utilizzerà questo vasto
bagaglio di conoscenze anatomiche (umane e comparate) per costruire la sua teoria
dell’evoluzione.
Per approfondire:
http://www.leonardoeilcorpo.it/documenti/smb_cap3.pdf
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2. Osservazione sperimentale teologia naturale: William Harvey e
William Paley
Nel corso del 1600 le discipline che si occupavano
di studiare i fenomeni legati alla vita subirono un
radicale cambiamento. I naturalisti europei iniziarono
a guardare con occhi diversi al corpo umano e agli
altri organismi viventi, facendo osservazioni e
scoperte che spesso erano in contraddizione con la
secolare tradizione della fisiologia galenica. Gli
anatomisti scoprirono nuovi organi e strutture nel
corpo umano e, soprattutto, dimostrarono che gli
organi fino ad allora conosciuti non funzionavano
secondo i precetti della tradizione galenicoaristotelica.
Agli inizi del 1600 il medico inglese William Harvey
(1578-1657) scoprì che il sangue veniva pompato
dal cuore attraverso un sistema circolatorio chiuso e
che questo circolo si univa alla periferia in una
fittissima rete di capillari (che Harvey non vide, ma
dei quali teorizzò l’esistenza in base ai suoi dati
sperimentali). Nello stesso periodo si susseguirono
William Harvey (1578-1657)
numerose scoperte in merito alla morfologia ed alla
fisiologia degli animali e delle piante.
I primi microscopisti, fra i quali l’inglese Robert Hooke (1635-1702), riuscirono a
descrivere per la prima volta e a fissare in straordinarie immagini, l’eccezionale
complessità del mondo microscopico: dal corpo della pulce all’apparato boccale dell’ape o
della mosca.
L’esperimento con il quale Harvey dimostrò che il sangue scorre nelle vene in senso centripeto è esemplare
e si può ripetere facilmente, perché si basa sulla legatura del braccio di un uomo poco sopra il gomito.
Harvey distingueva due tipi di legatura: quella stretta, capace di comprimere le arterie profonde, e quella
lenta, capace di bloccare solo le vene superficiali. Utilizzando la legatura lenta dimostrò la presenza nelle
vene di piccole tumefazioni (indicate nelle figure con le lettere) che altro non sono che le valvole venose
(figura 1). Bloccando lo scorrere del sangue in una di queste vene (figura 2) la vena si svuota in direzione
del cuore, a dimostrazione che il sangue circola dalla periferia verso il centro. Le valvole servono ad
impedire il reflusso del cuore (figura 3 e 4) e non a rallentare il flusso dal centro alla periferia (come
sosteneva Fabrizio d’Acquapendente).
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2.1 Concepire gli organismi come macchine
La nuova generazione di naturalisti considerava gli organismi viventi una sorta di
“macchine perfette”. Esattamente come una macchina costruita dall’uomo, un animale è
costituito da diverse parti (i muscoli, gli occhi, le ossa, gli organi etc…), ognuna delle quali
svolge una funzione vitale, che serve all’animale per poter sopravvivere.
I naturalisti di questo periodo pensavano di poter applicare allo studio della vita gli stessi
metodi e modelli che i meccanicisti utilizzavano per studiare i fenomeni fisici e per
progettare nuove macchine.
2.2 La teologia naturale ed il disegno divino
Alcuni rappresentati del clero erano seriamente preoccupati che questo approccio
meccanicistico portasse ad una concezione atea della vita. Ma fra gli stessi naturalisti
molti erano convinti di essere investiti da una missione di tipo religioso. Di fatto, molti di
questi studiosi erano sia esperti di scienze naturali che teologi. Era opinione comune che il
progetto di Dio fosse perfetto e comprensibile, almeno in parte, da creature intelligenti.
Studiando la struttura complessa e delicata di una mano o di una penna, un naturalista
avrebbe potuto apprezzare la straordinaria benevolenza del disegno divino.
Il reverendo William Paley (1743-1805)
La cosiddetta teologia naturale dominò il pensiero inglese per circa due secoli. Nei primi
dell’Ottocento queste idee trovarono amplia diffusione attraverso gli scritti e le ricerche del
reverendo William Paley (1743-1805). La teologia naturale fu importante poiché orientò i
ricercatori verso la questione fondamentale di che cosa sia la vita e di come funzionino i
processi vitali. Anche ai giorni nostri, quando i ricercatori scoprono un nuovo tipo di organo
o di proteina, cercano di capire quale sia la sua funzione. Ma sarà soltanto Charles
Darwin, che occuperà la stessa cattedra di Paily all’università di Cambridge e che sarà un
grande ammiratore del suo predecessore, che abbandonerà definitivamente la teologia
naturale per affrontare il problema della vita in una dimensione scientifica anziché
religiosa.
Per approfondire
http://www.leonardoeilcorpo.it/documenti/smb_cap3.pdf
http://www.leonardoeilcorpo.it/documenti/smb_cap4.pdf
(dal sito http://www.leonardoeilcorpo.it)
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3. I fossili e la nascita della Paleontologia: Niccolò Stenone
Se si dovesse assegnare una data di nascita alla paleontologia, questa corrisponderebbe
con il giorno in cui, nel 1666, due pescatori catturarono uno squalo gigante lungo la costa
tirrenica nei pressi di Livorno. Il gran duca di Toscana ordinò che questo reperto venisse
spedito immediatamente a Stenone, un anatomista danese che in quel periodo lavorava a
Firenze. Quando Stenone dissezionò lo squalo, rimase sorpreso di quanto i denti del
pescecane fossero simili alle cosiddette “glossopetre” (o lingue di pietra). Le glossopetre
erano dei fossili triangolari che erano conosciuti fin dai tempi più antichi.
Niccolò Stenone (1638-1686)
Pochi potevano immaginare che la materia vivente si potesse trasformare in pietra e che,
oltretutto, venisse inglobata nella roccia - in particolar modo se quella roccia, pur
trovandosi ben sopra il livello del mare, conteneva i resti di un animale marino. Infatti si
pensava che i fossili fossero strani oggetti caduti dal cielo oppure che si trattasse di
“scherzi di natura”, cioè di forme geometriche particolari che si erano formate
spontaneamente ed in modo del tutto casuale nelle rocce.
3.1 Da tessuti viventi a roccia
Stenone fece uno straordinario salto concettuale e dichiarò che le glossopietre in realtà
provenivano dalle fauci di antichi squali. Egli dimostrò quanto fossero simili le pietre e i
denti dei pescecani.
Il disegno di Stenone della testa di uno squalo lo aiutò a capire che le glossopietre in realtà sono dei denti
fossili di squalo (a destra)
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Tuttavia Stenone doveva anche spiegare come era stato possibile che questi denti di
squalo si erano trasformati in pietra ed erano stati inglobati all’interno della roccia. I
naturalisti dell’epoca di Stenone erano convinti che la materia fosse costituita da diverse
combinazioni di minuscoli “corpuscoli” - un’idea analoga, in un certo senso, al concetto
moderno di molecola. Stenone affermò che i corpuscoli dei denti dello squalo venissero
sostituiti un poco alla volta dai corpuscoli dei minerali. Attraverso questo processo
graduale i denti mantenevano la loro forma e si trasformavano lentamente da tessuto
organico in pietra.
3.2 Il principio di sovrapposizione di Stenone
Ma come possono finire i fossili in profondità dentro le rocce? Stenone studiò le colline e le
scogliere dell’Italia per trovare una risposta. Egli propose che tutte le rocce e i minerali in
origine fossero fluidi. Fluttuando sulla superficie del pianeta molto tempo fa, si andarono
gradualmente a depositare fuori dagli oceani e crearono degli strati orizzontali, con nuovi
strati che si depositavano sopra a quelli più antichi. Talvolta le rocce fuse si infiltravano
dentro questi strati, raggiungendo la superficie ed espandendosi a formare loro stesse un
nuovo strato superficiale. Quando le rocce si formavano potevano intrappolare i resti di
animali, trasformandoli in fossili e conservandoli in profondità dentro i loro strati di roccia.
Questi strati orizzontali rappresentano una sequenza temporale, con gli strati più antichi in
profondità e i più giovani in superficie, fino a quando ulteriori processi geologici non
modificano questa disposizione. Attualmente questo concetto viene definito “Principio di
Sovrapposizione di Stenone”, il suo più importante contributo alla geologia.
Questi strati di roccia illustrano in modo molto chiaro il principio di Stenone, con gli strati più giovani in
superficie e quelli più antichi in profondità.
Stenone non fu l’unico naturalista a proporre che i fossili appartenessero a creature
viventi. Leonardo da Vinci e, in seguito, Robert Hook, per esempio, erano della stessa
opinione. Ma Stenone sviluppò ulteriormente la sua idea. Egli affermò per la prima volta
che i fossili erano “fotografie” della vita in diversi momenti della storia della Terra e che gli
strati della roccia si formavano molto lentamente nel tempo. Saranno questi due concetti
fondamentali che saranno alla base della paleontologia e della geologia nei secoli
seguenti. E infatti i fossili saranno fra le prove principali dell’evoluzione dellla vita sulla
Terra nel corso degli ultimi 4 miliardi di anni.
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4. La classificazione tassonomica (Gerarchie nidificate), l’ordine della
natura: Carlo Linneo
Homo Sapiens, Tyrannosaurus rex, Escherichia coli
– la lingua (inglese) è cosparsa di coppie di nomi
latini di animali, piante e microbi. Come mai una
lingua morta ha ritrovato nuova vita? Ciò è accaduto
grazie all’eredità lasciataci 250 anni fa da un
naturalista svedese che ha cercato di scoprire
l’operato di Dio nella natura.
Carlo Linneo (1707 – 1798) non è stato il primo a
cercare di classificare le forme di vita. Aristotele per
esempio sosteneva che ogni specie aveva una
forma unica e che poteva essere classificata in base
ad alcune delle sue caratteristiche principali. Egli
organizzò dunque le forme di vita in una scala
gerarchica che poneva le piante alla base, gli
animali in mezzo e l’essere umano in cima. Gli
studiosi europei del Medioevo basavano le loro
teorie su Aristotele e sulla Bibbia. Essi credevano
che la Natura, che includeva tutte le specie viventi
sulla Terra, riflettesse la benevola organizzazione del mondo operata da Dio.
4.1 Alla ricerca di un sistema di classificazione
Con l’avvento del Rinascimento, i naturalisti cercarono di comprendere
questo piano divino cercando di trovare uno schema razionale dietro
questa sbalorditiva gamma di specie. Raggrupparono specie che
mostravano similitudini di fondo in gruppi più ampi che chiamarono
genere (genus). Leoni, tigri e leopardi, ad esempio, appartenevano tutti
al genere dei “grandi felini”.
Ma i grandi felini potevano essere compresi in uno schema più ampio
insieme ad altri animali? Era difficile rispondere a questa domanda per
vari motivi. Da una parte esploratori e colonizzatori europei
cominciavano ad imbattersi in specie fino ad allora sconosciute nel
Nuovo Mondo, in Africa ed in Asia. D’altra parte c’era un problema di
metodo. Alcuni sostenevano che nella ricerca di un sistema di
classificazione i naturalisti dovessero considerare il maggior numero
possibile di caratteristiche di una specie. Questo avrebbe garantito che
il loro sistema di classificazione fosse veramente naturale. Altri
sostenevano invece che i sistemi di classificazione non si trovano nella
natura, ma vengono costruiti nella nostra mente. Di conseguenza i
naturalisti avrebbero dovuto inventare sistemi artificiali basati su pochi
tratti distintivi a loro scelta, come ad esempio la forma degli organi
riproduttivi di una pianta.
Il sistema di Linneo
differiva dalla visione
di Aristotele di una
Grande Catena degli
Esseri.
(vedi sopra)
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4.2 La classificazione tassonomica dei viventi (L’organizzazione dei viventi in
gerarchie nidificate)
Carolus Linnaeus si dedicò alla ricerca di un metodo di classificazione dopo aver compiuto
studi di medicina presso l’università di Uppsala. La botanica faceva parte della
preparazione di ogni studente in medicina, poiché la maggior parte dei medicinali si
ricavava dalle piante. Dopo aver compiuto spedizioni botaniche attraverso la Lapponia e la
Svezia centrale, Linneo si convinse di poter organizzare tutte le forme di vita in un singolo
sistema artificiale, un sistema che avrebbe rappresentato il primo passo verso la
comprensione del disegno di Dio nella natura.
Nel 1735 pubblicò la prima edizione della sua opera
Sistema Naturae. In essa identificò ogni specie che
conosceva in base ad una nomenclatura standard
costituita da due nomi: genere e specie. Prima di
Linneo i naturalisti usavano nomi irregolari e
ingombranti, che creavano confusione. Ma Linneo si
spinse oltre nella sua classificazione: raggruppò i
generi in categorie più ampie, che chiamò famiglie, le
famiglie in gruppi chiamati ordini e gli ordini in regni,
come una serie di scatole cinesi, una dentro l’altra.
Gli esseri umani come primati
Linneo, Systema Naturae (1735)
La classificazione di Linneo fu importante per molti
aspetti, anche per il modo in cui classificò gli esseri
umani. Egli chiamò l’uomo Homo sapiens, e lo inserì
nel genere Homo insieme a scimpanzè e oranghi, le
due scimmie antropomorfe conosciute all’epoca.
Classificò il genere Homo in una famiglia che chiamò
Primates, insieme ad altri due generi: scimmie e
lemuri. Nonostante Linneo ritenesse gli umani degli
esseri speciali nella Creazione divina, inserì la nostra
specie nel suo sistema, come tutte le altre.
Linneo organizzò i viventi con una precisione quasi geometrica ed era così impressionato
dal suo stesso sistema, che lo usò per classificare anche le rocce ed altri non viventi. La
sua classificazione dei minerali è superata da molto, ma nel campo della biologia il
sistema di Linneo si è dimostrato utile. Chiaro, semplice e diretto, rese la sfida di
classificare nuove specie molto più semplice dei sistemi precedenti. Divenne il metodo
standard di organizzare la diversità delle forme di vita.
I biologi usano le convenzioni di Linneo ancora oggi per nominare le nuove specie, ma
Darwin rese obsoleta la filosofia che si celava dietro quelle convenzioni. Darwin riconobbe
che la gerarchia delle somiglianze che aveva tanto colpito Linneo poteva essere il prodotto
dell’evoluzione, del passaggio da antiche specie a nuove specie. I biologi classificano
ancora maiali, porcospini e uomini come mammiferi, ma lo fanno perché le prove –
comparazione di fossili, anatomia e geni – confermano che essi discendono da un
antenato comune.
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La specie umana nella classificazione moderna secondo il sistema di Linneo
5. Terra antica, vita antica: George Louis Leclerc, Conte di Buffon
Nessun naturalista del 1700 più di Georges-Louis
Leclerc, Conte di Buffon (1707 – 1788) impersona
i cambiamenti rivoluzionari che l’Illuminismo portò
nello studio delle scienze naturali. Nel 1600 la
maggior parte dei naturalisti credeva che il mondo
avesse solo qualche migliaio di anni, che le specie
fossero state create separatamente e quindi
organizzate in una scala gerarchica immutabile,
nella quale gli umani occupavano lo scalino
immediatamente inferiore agli angeli. Nel 1800
Darwin descrisse un mondo incredibilmente antico,
un mondo nel quale la vita cambiava gradualmente
da una forma all’altra senza la necessità di
interventi soprannaturali. Leclerc Buffon si pone più
o meno a metà strada tra queste due visioni.
Il lavoro di Leclerc si concentrò su un unico enorme
progetto: una enciclopedia che egli chiamò Histoire
Naturelle e che secondo i suoi piani doveva
contenere tutto ciò che in quel tempo si conosceva
sul mondo naturale. (Leclerc riuscì a pubblicare solo
36 dei 50 volumi progettati prima della sua morte.)
Per realizzare il suo progetto egli attinse alle sue straordinarie conoscenze, che
spaziavano dall’astronomia alla botanica, e fece riferimento alle conoscenze degli esperti
del tempo. Nei suoi scritti non si limitò però a ripetere acriticamente le opinioni di altri.
Cercò di spiegare tutti i fatti descritti con teorie globali sul pianeta e sui suoi abitanti.
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5.1 Una spiegazione non biblica della storia della Terra
Leclerc comprese che per interpretare il
mondo doveva comprenderne la storia.
Nonostante la censura della Chiesa, non fece
affidamento sulla Bibbia in quanto guida
esatta e rigorosa alla storia del pianeta.
Utilizzò invece la nuova fisica di Newton per
formulare un’ipotesi su come la materia in
movimento avesse potuto dare forma al
mondo. Secondo la sua teoria una cometa
colpì il sole e provocò il distacco di detriti che
diventarono poi i pianeti del Sistema Solare.
Inizialmente la Terra era infuocata, ma
gradualmente si raffreddò finché la roccia
fusa non divenne solida e la pioggia caduta
dalle nubi formò gli oceani. Leclerc riteneva
che l’intero processo fosse durato più di 70.000 anni. Per la maggior parte degli Europei
dell’epoca questo equivaleva all’eternità, visto che ritenevano che la Terra avesse meno di
7000 anni.
Secondo Leclerc i detriti causati dalla collisione di una
cometa con il sole divennero i pianeti del Sistema
Solare
5.2 L’origine spontanea della vita
Leclerc sosteneva che anche la vita, come la Terra, avesse una storia. Come molti altri
filosofi illuministi, pensava che la vita potesse generarsi spontaneamente in determinate
condizioni. Nei caldi oceani della giovane Terra, secondo lui, grandi quantità di forme di
vita si generarono dalla materia non organizzata – persino grandi animali presero forma in
questo modo. Con il passare degli anni, mentre il clima della terra si raffreddava, molti
animali migrarono verso i tropici. La teoria della migrazione poteva spiegare come mai ai
tempi di Leclerc si scoprissero fossili di elefanti in Siberia e nell’ America del Nord, mentre
gli elefanti vivevano solo in Africa e nel sud dell’Asia. Gli elefanti attuali deriverebbero
quindi dalle specie siberiane, mentre gli elefanti nordamericani si sarebbero estinti.
5.3 Mutamento e migrazione
Secondo Leclerc, la vita ebbe origine con diverse tipologie di organismi distinti uno
dall’altro, secondo una forma interna che organizzava le particelle organiche che
costituivano ogni singola creatura. Durante le migrazioni però le forme di vita subivano dei
mutamenti. Quando una specie si spostava verso un nuovo habitat, anche la massa di
particelle organiche che potevano creare nuovi individui mutava, e le particelle potevano
quindi cambiare la forma di una specie. In altre parole Leclerc proponeva una sorta di
proto-evoluzione. Pur sostenendo che questo processo non potesse produrre forme
corporee radicalmente nuove, riteneva che esso poteva spiegare la distribuzione
geografica di specie simili nel mondo.
“Leggere la scienza” Percorso “Evoluzione”; Scuola Secondaria di Secondo Grado. Scheda 1.
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Leclerc credeva che i moderni elefanti indiani e africani fossero i discendenti migrati dei mammut siberiani.
Le teorie di Leclerc anticipavano di molto i tempi, ma furono condannate a vita breve
poiché si basavano sulle scarse prove che i naturalisti del XVIII sec. avevano a
disposizione. La sua stima dell’età della terra si rivelò lontana dalla realtà e la sua
concezione dei cambiamenti biologici non si fondava su un meccanismo coerente. Eppure
le sue teorie precorrevano alcuni dei più importanti sviluppi che si ebbero nelle scienze
naturali negli anni successivi alla sua morte – dalle scoperte di Cuvier sulle estinzioni, alle
prove che Lyell ed altri geologi trovarono dell’antichità della Terra e della vita sul pianeta,
alla stessa teoria dell’evoluzione di Darwin.
Può essere vero che nessuna delle idee di Leclerc ha resistito al tempo, ma la sua opera è
comunque una pietra miliare della scienza. Egli infatti pensò alla Terra ed alla vita come
pochi prima avevano fatto: sia la Terra che la vita sul pianeta avevano una storia.
6. L’ ecologia delle popolazioni umane: Thomas Malthus
Thomas Malthus (1766-1834) ha un posto consacrato nella storia della biologia,
nonostante egli stesso ed i suoi contemporanei non lo considerassero un biologo, ma un
economista politico. Malthus crebbe in un’epoca di rivoluzioni e nuove filosofie sulla natura
umana. Egli scelse un percorso conservatore: prese gli ordini nel 1797, ed iniziò a scrivere
saggi contro l’idea che gli esseri umani e la società si potessero sviluppare senza limiti.
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6.1 Crescita demografica e disponibilità delle scorte alimentari
L’opera più famosa di Malthus, An Essay on the Principle of Population as it affects the
Future Improvement of Society (Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo
sviluppo futuro della società), fu pubblicata nel 1798. Malthus dubitava che una nazione
potesse raggiungere un livello tale che le leggi non fossero più necessarie e tutti potessero
vivere in prosperità ed armonia. C’era secondo lui una sorta di innata agonia nell’esistenza
umana, dovuta al fatto che la crescita demografica di una popolazione avrebbe sempre
superato la sua capacità di nutrirsi. Se ogni coppia avesse generato quattro figli, la
popolazione sarebbe raddoppiata in 25 anni e da quel momento in poi avrebbe continuato
a raddoppiare. Non sarebbe aumentata in progressione aritmetica, ma in progressione
geometrica, quindi più velocemente.
Fra il 1800 e il 2000 la popolazione umana è aumentata di sei volte. Le scorte alimentari sono aumentate in proporzione? Ci sarà cibo
sufficiente per nutrire una popolazione che secondo le proiezioni demografiche sarà di 9.2 miliardi nel 2050?
Se la popolazione di uno stato fosse esplosa in questo modo, secondo Malthus non ci
sarebbero state
speranze che le riserve alimentari mondiali potessero bastare.
Disboscando nuove terre per l’agricoltura o migliorando la resa delle colture si potevano
ottenere raccolti più abbondanti, ma questi potevano aumentare solo in progressione
aritmetica, non geometrica. L’incremento demografico incontrollato avrebbe portato
inevitabilmente alla fame e alla miseria. L’unico motivo per cui l’umanità non si trovava già
in uno condizione di denutrizione costante, era perché il suo incremento demografico
veniva continuamente tenuto sotto controllo da fenomeni quali le malattie e la mortalità
infantile. A ciò si aggiungeva il fatto di rimandare i matrimoni fino alla mezza età. Malthus
riteneva che la crescita demografica avrebbe condannato ogni sforzo di migliorare la sorte
dei poveri. Una maggiore quantità di denaro avrebbe permesso ai poveri di generare più
figli, affrettando così l’appuntamento degli stati con la fame e la denutrizione.
6.2 Una nuova visione degli esseri umani
Malthus sviluppò le sue pionieristiche teorie economiche trattando gli esseri umani in
modo innovativo. Invece di concentrarsi sull’individuo, considerò gli uomini come gruppi di
individui soggetti alle stesse basilari leggi di sopravvivenza. Usò gli stessi principi che un
ecologo avrebbe applicato per studiare una popolazione di animali o di piante. Inoltre
Malthus sottolineò che le stesse forze riguardanti fertilità e morte per denutrizione che
agivano sulla razza umana agivano anche su animali e piante. Se le mosche avessero
potuto deporre uova in modo incontrollato, il mondo sarebbe stato presto immerso fino alle
ginocchia in un mare di larve. La maggior parte delle mosche (come la maggior parte dei
membri di qualsiasi specie) doveva morire senza procreare. Così quando Darwin adattò le
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idee di Malthus alla teoria dell’evoluzione, gli fu chiaro che gli esseri umani dovevano
evolversi come qualsiasi altro animale.
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