L’atto di destinazione: profili negoziali e pubblicitari Notaio Fabrizio PASCUCCI L’ATTO DI DESTINAZIONE: PROFILI NEGOZIALI E PUBBLICITARI di Fabrizio Pascucci 1. Il negozio di destinazione di beni allo scopo: presupposti dogmatici. L’art. 2740 del codice civile pone uno dei principi fondanti l’intero sistema privatistico italiano. Esso dispone che “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” e che “Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi previsti dalla legge”. La norma, di derivazione francese1, è funzionale all’attuazione di principi generali riconosciuti anche a livello costituzionale quali, in primis, quello della tutela del credito, a sua volta funzionale alla piena attuazione del principio di libera iniziativa economica scolpito nell’art. 41 della Carta fondamentale.2 Le limitazioni alla responsabilità universale del debitore costituiscono dunque, nel nostro sistema, ipotesi eccezionali, tradizionalmente ammesse solo a protezione di interessi che unicamente il legislatore poteva riconoscere meritevoli di tutela poiché di rango almeno uguale a quelli protetti dalla norma in commento. Ne conseguiva un principio di tassatività delle fattispecie di limitazione di responsabilità, e degli interessi idonei ad integrarle, pacificamente condiviso. Con l’evoluzione in senso liberale dell’ordinamento giuridico, sempre più attento alle esigenze di celerità ed efficienza delle contrattazioni, ed anche per effetto dell’apertura del sistema ad istituti propri di ordinamenti giuridici di altri Paesi, il suddetto principio di tipicità ha subìto progressive erosioni in virtù di eccezioni sempre più numerose, fino ad essere superato, secondo alcune opinioni, dall’introduzione nel codice civile dell’art. 2645 ter. Le accennate esigenze di tutela del credito del resto sempre più spesso trovano, nella pratica degli scambi, soddisfazione in strumenti, anche informativi, di natura preventiva più che nella tutela giurisdizionale e pertanto rivestono ormai un rango normativo meno rilevante rispetto all’epoca della codificazione, al contrario emergendo sempre più l’esigenza della efficienza degli strumenti giuridici, anche in un’ottica di competitività tra sistemi economici. 1 2 La disposizione riproduce il contenuto dell’art. 2284 del Code Napoleon. Cfr. M. BIANCA, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Riv. dir. civ., 2007, p. 216. La norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ., intitolata “Trascrizione di atti di destinazione”, consente infatti per la prima volta di delegare ai privati, e quindi all’interprete non già al legislatore, la selezione degli interessi idonei a giustificare la creazione di fattispecie comportanti un effetto di separazione patrimoniale. Essa costituisce quindi il punto di arrivo del percorso di progressiva liberalizzazione del principio della unità del patrimonio già evidenziatosi, tra l’altro, con l’introduzione degli enti unipersonali dotati di responsabilità limitata. L’accennato principio dell’unità del patrimonio, rinveniente dalla cultura illuminista, trovava origine nel dogma della coincidenza tra soggetto e patrimonio e aveva quale conseguenza l’opinione dell’inammissibilità di negozi giuridici con causa di destinazione: la dottrina tradizionale considerava infatti l’erezione della persona giuridica l’unico strumento di attuazione del fenomeno destinatorio.3 Nel senso dell’inammissibilità di patrimoni destinati ad uno scopo con effetto segregativo creati dall’autonomia privata, anche in considerazione dell’accennato rilievo costituzionale del principio scolpito nell’art. 2740 cod. civ., si continuava tuttavia ad esprimere, prima dell’introduzione nel codice civile dell’art. 2645 ter , la dottrina prevalente.4 La teoria personalistica del patrimonio era peraltro discussa in dottrina già all’inizio del novecento.5 Il processo di erosione del suddetto principio dell’unità del patrimonio, in corso nel nostro ordinamento, risulta peraltro già da numerosi interventi legislativi tesi a valorizzare l’efficienza economica della segmentazione patrimoniale, quali quelli in materia di cartolarizzazione di crediti, di cui alla legge 30 aprile 1999 n. 130, di fondi pensione, di cui al D. Lgs. 5 dicembre 2005 n. 252, e di introduzione nel codice 3 N. COVIELLO, Manuale di diritto civile italiano, Milano, 1924, p. 255 ove si afferma “L’unità del patrimonio deriva dall’unità della persona”; G. BONELLI, La teoria della persona giuridica, in Riv. dir. civ., 1910, I, p. 445. 4 Si veda per tutti, R. QUADRI, La destinazione patrimoniale. Profili normativi e autonomia privata. Napoli, 2004. Si esprimevano, invece, già prima dell’introduzione dell’art. 2645 ter nel codice civile, in senso favorevole: G. PALERMO, Autonomia negoziale e fiducia (breve saggio sulla libertà delle forme), in R. giur. sarda, 1991, p. 571 e ss; ID., Contributo allo studio del trust e dei negozi di destinazione disciplinati dal diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2001, p. 391 e ss.; ID, Ammissibilità e disciplina del negozio di destinazione, in Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative. Atti della giornata di studio organizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato, Roma, Palazzo Santacroce, 19 giugno 2003, in B. LIBONATI, P. FERRO LUZZI (a cura di), Quaderni romani di diritto commerciale, Milano, 2003, p. 213 e ss.; U. LA PORTA, Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994. 5 Si veda in particolare F. FERRARA, La teoria della persona giuridica, in Riv. dir. civ., 1911, p. 638, il quale afferma che “il patrimonio non è un attributo inerente della personalità, unico ed inscindibile, perché così si confonde la capacità patrimoniale col patrimonio; né può ridursi ad una cassa ideale vuota che accompagna la persona, poiché è sempre in senso economico un complesso di valori, ed in senso giuridico un complesso di diritti”. civile dell’art. 2447 bis in materia di “Patrimoni destinati ad uno specifico affare”, ad opera del D. Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6. 2. La struttura negoziale. Il sostantivo destinazione, dal latino destinare, individua, sul piano giuridico, l’attribuzione di una funzione, di uno scopo.6 Tale attribuzione può determinare, quale conseguenza, una limitazione del potere dominicale sulla cosa oggetto della destinazione: questa la ragione per cui si adotta il termine “vincolo di destinazione”. Il titolare della posizione dominicale subisce una limitazione alle facoltà contenute nel diritto di proprietà per effetto appunto della destinazione del bene allo scopo. La destinazione è, del resto, una delle possibili modalità di attuazione del potere di disposizione che appartiene al titolare di un diritto reale.7 Essa può peraltro discendere dalle caratteristiche proprie della cosa (c.d. destinazione naturale)8 ovvero dalla funzione economica che alla cosa si attribuisce (c.d. destinazione economica).9 Quest’ultima si fonda necessariamente su un atto di volontà: rientra, infatti, tra i poteri dominicali del proprietario quello di attribuire al bene oggetto della proprietà una funzione che lo ponga in relazione con altre cose, o con interessi patrimoniali, del proprietario medesimo. Da tale destinazione dipende l’applicabilità al bene di norme che altrimenti non lo riguarderebbero.10 Diverse sono le fattispecie di destinazione economica già conosciute nel nostro diritto positivo, sia per espressa disposizione normativa11 sia per condivisa ricostruzione interpretativa.12 Appare comune a tutte le fattispecie di destinazione la coesistenza di due presupposti: un elemento oggettivo, costituito dalla idoneità del bene al 6 Cfr. P. SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007. 7 Cfr. P. PERLINGIERI, Introduzione alla problematica della proprietà, Napoli, 1970, p. 41. 8 Si veda, più ampiamente, tra gli altri, M. DOGLIOTTI, Comunione e condominio, in Tratt. di dir. civ. diretto da R. Sacco, Torino, 2006, VII, p. 63. 9 Cfr. F. COSTANTINO, A. DE MAURO, Determinazione convenzionale dell’uso dei beni, in Giur. it., 1991, I, p. 113. 10 Cfr. P. SPADA, Destinazioni patrimoniali ed impresa (Patrimonio dell’imprenditore e patrimoni aziendali), in G. VETTORI (a cura di), Atti di destinazione e trust. (Art. 2645 ter del codice civile) , cit., p. 330. 11 Si pensi alla nozione di pertinenza di cui all’art. 817 cod. civ.. 12 Si pensi alla nozione di azienda recata dall’art. 2555 cod. civ., quale “complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. perseguimento di un dato scopo, ed uno soggettivo, dato dalla volontà del proprietario di costituire il nesso funzionale insito nella destinazione.13 Discussa è in dottrina la natura giuridica dell’atto di volontà che imprime il vincolo di destinazione, da taluni14 ritenuto un vero e proprio negozio giuridico. Prevalente sembra però l’opinione contraria che, sulla scorta della considerazione che il mero fatto volontario della destinazione assume giuridica rilevanza mercè effetti prefigurati e disciplinati dalla legge, attribuisce natura di atto giuridico in senso stretto alla manifestazione di volontà che è fonte della destinazione.15 Il concetto di atto di destinazione è peraltro ampio nel nostro sistema, data la molteplicità delle fattispecie in cui il fenomeno ricorre.16 Non revocabile in dubbio ci pare, tuttavia, la natura negoziale dell’atto da cui promana il vincolo di cui all’art. 2645 ter cod. civ., attesa la necessità che si abbia una regolamentazione del suo contenuto, con particolare riguardo alla prefigurazione dello scopo cui esso tende, la cui esplicita definizione è resa imprescindibile dal necessario vaglio della meritevolezza degli interessi sottesi al vincolo che lo stesso art. 2645 ter cod. civ. rimette all’interprete. Pur condividendo l’assunto che la disposizione in commento non si atteggi quale norma sulla fattispecie, non disciplinando alcun modello negoziale, bensì quale norma sugli effetti17, non ci sembra quindi potersi dubitare del fatto che essa costituisca riconoscimento della piena operatività nel nostro ordinamento della figura generale costituita dal negozio di destinazione allo scopo.18 L’art. 2645 ter cod. civ. non contiene peraltro disposizioni relative alla struttura del negozio di destinazione. 13 G. ALPA, Destinazione dei beni e struttura della proprietà, cit., p. 2. F. FERRARA, La teoria della persona giuridica, cit., p. 630. 15 G. MIRABELLI, L’atto non negoziale nel diritto privato italiano, Napoli 1955; G. TAMBURRINO, voce Pertinenze in Enc. dir., Milano, 1983. 16 Tanto che G. MIRABELLI, cit. p. 197, riconosce l’inesistenza di una nozione unitaria di atto di destinazione nella dottrina italiana. 17 Cfr. P. MANES, La norma sulla trascrizione di atti di destinazione è, dunque, norma sugli effetti, in Contr. e impr., 2006, p. 632. 18 Scrive efficacemente di “funzione ermeneutica in senso retrospettivo” della norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ. R. LENZI, Le destinazioni tipiche e l’art. 2645 ter c.c., in Contr. e impr., 2007, p. 229 e ss., il quale desume dall’introduzione nel sistema della norma suddetta l’avvenuto riconoscimento della liceità della categoria generale del negozio di destinazione suscettibile, quindi, di applicazioni anche ulteriori rispetto a quelle strettamente rientranti nell’ambito oggettivo di applicabilità della norma citata. 14 Appare pertanto incontestabile, in base al dato letterale della norma, l’affermazione secondo la quale esso possa atteggiarsi sia quale negozio unilaterale sia quale negozio bilaterale.19 Autorevole dottrina20 si è espressa, peraltro, in senso contrario, in considerazione della vigenza nel nostro ordinamento del principio di tipicità delle promesse unilaterali, scolpito nell’art. 1987 cod. civ., nonché in virtù del generale principio di intangibilità delle sfere giuridiche secondo il quale non sono ammesse modificazioni nella sfera giuridica altrui senza il consenso del destinatario delle modificazioni medesime. Se, tuttavia, si condivide la nostra opinione circa la natura sui generis dell’istituto in esame, quale vincolo modificativo della posizione dominicale sul bene che ne è oggetto e che non necessariamente postula un’obbligazione in capo al disponente21, ci sembra di poter affermare la non inerenza delle suddette argomentazioni al tema in questione.22 Non è nell’alveo delle promesse unilaterali che si inserisce l’istituto di cui all’art. 2645 ter cod. civ. né per esso ci pare si possano supporre profili di incompatibilità con il generale principio di intangibilità delle sfere giuridiche altrui, attesa la natura necessariamente favorevole per il terzo beneficiario dell’effetto che consegue alla costituzione del vincolo. Non è infatti certamente ammissibile, sia in virtù del richiamato principio generale di intangibilità delle sfere giuridiche altrui sia in virtù del tenore letterale della disposizione in esame, che il disponente, in difetto di espresso consenso del beneficiario, imponga oneri od obbligazioni in capo a quest’ultimo, anche a titolo di indiretto corrispettivo del vantaggio che scaturisce dal vincolo.23 19 Cfr. G. PETRELLI, cit., p. 165; nello stesso senso M. D’ERRICO, La trascrizione del vincolo di destinazione nell’art. 2645- ter c.c.: prime riflessioni, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, Milano, 2007, p. 121 e ss.; M. NUZZO, Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 59 e ss.; S. BARTOLI, Riflessioni sul nuovo art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra negozio di destinazione di diritto interno e trust, in Giur. it., 2007, I, 5. 20 G. BARALIS, cit., p. 145; F. GAZZONI, cit., p.172. Nello stesso senso in giurisprudenza: Trib. Reggio Emilia 22 giugno 2012 sulla scorta della considerazione che il tenore letterale della norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ. la rende “norma sugli effetti e non sugli atti”, così svalutando la portata del principio di autonomia negoziale di cui all’art. 1322 cod. civ.. Conforme peraltro l’ordinanza del medesimo Trib. Reggio Emilia in data 12 maggio 2014. 21 Sia consentito rinviare, per una più ampia disamina del problema, a F.PASCUCCI, Vincoli fiduciari di destinazione, Padova, 2012. 22 Condivisibile ci pare l’affermazione di P.SPADA, Destinazioni patrimoniali ed impresa (Patrimonio dell’imprenditore e patrimoni aziendali), cit., p. 332, il quale scrive di negozio di destinazione che non assume efficacia obbligatoria di per sé ma che costituisce “coelemento di un procedimento di separazione patrimoniale”, promanando la destinazione “bensì da un atto di autonomia privata, ma non da un negozio ad effetti obbligatori”. 23 Nessuna disposizione vieta peraltro la configurabilità di un atto costitutivo di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. a titolo oneroso, ben potendo il vincolo in parola essere apposto, quale pattuizione accessoria, anche a contratti bilaterali. Ci pare del resto che la situazione giuridica soggettiva che scaturisce, in capo al beneficiario, dalla costituzione del vincolo de quo possa al più essere inquadrata nello schema del diritto di credito, come tale sempre rifiutabile o non azionabile e quindi non bisognoso di un atto di accettazione quale elemento costitutivo della fattispecie concreta che lo genera. È vero che dalla trascrizione consegue un effetto di segregazione patrimoniale opponibile ai terzi ma esso, in quanto previsto espressamente dalla disposizione in commento, non pare in contrasto, come già affermato, con i principi generali posti a salvaguardia del meccanismo di responsabilità universale del debitore.24 In proposito va d’altronde ribadito che, come affermato anche da autorevole dottrina25, resta esperibile nei confronti dell’atto di destinazione, ove ne ricorrano i presupposti, l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 cod. civ.. Non ci pare decisivo neanche il secondo degli argomenti posti a fondamento della citata opinione, atteso che non ci sembra configurabile un negozio costitutivo del vincolo in parola che si atteggi quale promessa al pubblico ex art. 1989 cod. civ.. Ciò non tanto per effetto del principio di tipicità vigente, anche per le promesse al pubblico, in virtù del disposto dell’art. 1987 cod. civ., il quale potrebbe anche considerarsi rispettato dalla disposizione normativa contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ., bensì proprio in considerazione della natura non promissoria del negozio costitutivo del vincolo de quo. Tale conclusione è del resto confortata dalla circostanza della necessaria individuazione, ai sensi dell’art. 2645 ter cod. civ., di beneficiari determinati per il vincolo di destinazione in parola. È peraltro vero che se si ammette la configurabilità di un atto costitutivo del vincolo che non produca effetto traslativo del bene che ne è oggetto, come pare incontestabile anche in virtù del dato letterale della norma che si commenta, non può argomentarsi della natura bilaterale ovvero unilaterale del relativo negozio in base al profilo dell’efficacia traslativa del medesimo.26 Non condivisibile ci sembra anche l’argomentazione, tesa a dimostrare la natura necessariamente non contrattuale dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione, fondata sull’osservazione che se il medesimo avesse struttura contrattuale non 24 Non pare pertanto costituire argomentazione decisiva, nel senso dell’inammissibilità di un vincolo di destinazione costituito con atto unilaterale, la pur autorevole considerazione di F. GAZZONI, cit., p. 173, secondo la quale “una qualche forma di tutela per i creditori può essere affidata ad una interpretazione rigorosa della norma, avuto riguardo al ruolo che la tipicità svolge nel contesto della regola posta dall’art. 1987 c.c.”. 25 A. FALZEA, Introduzione, in Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative, cit., p. 30. 26 Cfr. M. CEOLIN, cit., p. 159. potrebbe giustificarsi l’attribuzione, espressamente prevista dall’art. 2645 ter cod. civ., a “qualsiasi interessato” della legittimazione attiva ad agire per la realizzazione degli interessi dedotti nel vincolo.27 Sembra infatti coerente che il legislatore abbia attribuito la suddetta legittimazione a qualsiasi interessato a fronte della naturale destinazione del vincolo in questione alla realizzazione di interessi di ampia portata, anche di rilevanza pubblica, e comunque non classificabili a priori. A noi sembra, quindi, fuorviante pretendere rigide classificazioni astratte dell’istituto in questione le quali prescindano dall’analisi della fattispecie concreta. La formulazione utilizzata dal legislatore, che si riferisce alla legittimazione ad agire di “qualsiasi interessato”, ci pare anch’essa infatti rimandare ad un esame concreto, riferito ad ogni singola fattispecie, della sussistenza dell’interesse ad agire. Sarà dunque l’interprete, a seconda dell’assetto di interessi di volta in volta divisato nel singolo negozio di destinazione, a dover selezionare i soggetti portatori di un interesse idoneo a giustificare la suddetta legittimazione ad agire.28 Una volta chiarita la possibile struttura, sia unilaterale sia bilaterale, del negozio in questione, a seconda dell’utilizzazione di volta in volta in concreto decisa, e quindi affermata l’ammissibilità di un vincolo di destinazione “autoimposto”29, ci sembra di poter affermare la superfluità di una astratta catalogazione del negozio in questione tra quelli recettizi o non recettizi. Alla stessa stregua ci sembra di poter condividere l’ammissibilità di un vincolo di destinazione costituito per testamento. Sul punto autorevole dottrina30 conclude in senso favorevole, pur evidenziando il mancato coordinamento della norma contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ. con quella di cui all’art. 2648 cod. civ. la quale, si afferma, avrebbe richiesto un’integrazione al fine di contemplare l’istituto di cui ci occupiamo tra i possibili strumenti degli acquisti mortis causa suscettibili di pubblicità immobiliare. Pur evidenziando il suddetto mancato coordinamento, che l’Autore in questione imputa a “dimenticanza”, egli conclude per l’ammissibilità del negozio testamentario 27 In questo senso F. SANTAMARIA, Il negozio di destinazione, Milano, 2009. Autorevole dottrina (R. LENER, Atti di destinazione del patrimonio e rapporti reali, in Contr. e impr., 2008, p. 1054) del resto non manca di osservare che la legittimazione a pretendere l’adempimento non presuppone necessariamente la titolarità della pretesa. 29 Nello stesso senso anche D. MURITANO, Il contenuto delle clausole, in A. DE DONATO, M. BIANCA (a cura di) Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea, Milano, 2013. 30 G. PETRELLI, cit., p. 165. 28 di costituzione di vincolo di destinazione poiché “non si riesce a rinvenire un’adeguata giustificazione di tale disparità di trattamento”.31 A nostro sommesso avviso, tuttavia, se si condivide la proposta ricostruzione dell’istituto in commento quale figura sui generis, non necessariamente produttiva di effetti traslativi, si può invece individuare una diversa spiegazione del mancato coordinamento normativo sopra evidenziato. L’art. 2648 cod. civ. è, infatti, dedicato alla disciplina dei meccanismi pubblicitari dei negozi che producono, quale effetto, un acquisto a causa di morte. Esso, del resto, si riferisce espressamente, già nella rubrica, alla trascrizione di “accettazione di eredità e acquisto di legato”. Poiché il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ., come già evidenziato, non produce di per sé alcun effetto traslativo, sarebbe stata, secondo noi, impropria la integrazione dell’art. 2648 cod. civ. mediante la previsione del vincolo in commento. La trascrizione prevista dall’art. 2645 ter cod. civ. è d’altronde prevista con una norma ad hoc, non per richiamo od integrazione dell’art. 2643 cod. civ., e pertanto con norma idonea a legittimare la trascrizione del vincolo anche disposto mediante testamento, purchè il testamento soddisfi i requisiti formali che lo stesso art. 2645 ter cod. civ. impone. È quindi a nostro avviso configurabile, anche in virtù della vigenza del principio di autonomia privata pure in tema di disposizioni di ultima volontà32, la costituzione di un vincolo di destinazione per testamento, sebbene esclusivamente mediante testamento in forma pubblica.33 31 In senso opposto, M. IEVA, La trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche (art. 2645 – ter c.c.) in funzione parasuccessoria, in Riv. not., 2009, p. 1289 e ss., rinviene nella mancata espressa previsione del testamento quale possibile fonte del vincolo di destinazione il fondamento della risposta negativa al quesito circa l’ammissibilità di un vincolo testamentario, dovendosi considerare l’art. 2645 ter cod. civ. quale norma di stretta interpretazione in quanto posta in deroga al principio generale di cui all’art. 2740 cod. civ.. L’Autore osserva altresì che “la disciplina degli istituti che possono essere considerati affini a quello in esame prevede espressamente la costituzione sia per atto pubblico che per testamento (art. 14 c.c. per la costituzione delle fondazioni e art. 167 c.c. per la costituzione del fondo patrimoniale).” Le suddette argomentazioni, pur autorevolmente sostenute, non ci sembrano però sufficienti in considerazione delle osservazioni sopra svolte. Nello stesso senso peraltro Trib. Roma 18 maggio 2013 sulla scorta della mera considerazione che la mancata espressa previsione del vincolo testamentario sarebbe significativo di una esplicita volontà del legislatore di non ammetterlo. 32 Cfr. G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato, Milano, 1991, p. 65. 33 Nello stesso senso C. ROMANO, Riflessioni sul vincolo testamentario di destinazione, in A. DE DONATO, M. BIANCA (a cura di) Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea, Milano, 2013. Ammettono peraltro la costituzione del vincolo anche mediante testamento olografo, sulla scorta del principio di fungibilità delle forme testamentarie, R. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contr. e impr., 2006, p. 1725; A. MERLO, Brevi note in tema di vincolo testamentario di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter, in Riv. not., 2007, p. 513; G. CONDÒ L’art. 2645 ter del Codice civile, in Federnot., 2008, p. 94. In realtà, atteso l’avvenuto riconoscimento del negozio di destinazione quale categoria generale, potrebbe sostenersi la validità dell’eventuale disposizione contenente una destinazione di beni allo scopo inserita in un testamento olografo, pur inidonea, per difetto di forma, ad accedere alla pubblicità prevista dall’art. 2645 ter cod. civ. e quindi inopponibile ai terzi ma dotata di efficacia relativa. Rinviando, tuttavia, a quanto da noi affermato nel prossimo paragrafo, a proposito della natura della forma dell’atto di destinazione, si deve ribadire l’opinione della possibile costituzione di vincoli di destinazione per testamento unicamente per mezzo del testamento in forma pubblica. Quanto alle modalità tecniche di una simile trascrizione, ci pare di poter affermare l’idoneità del testamento pubblico, quale atto di cui è autore il notaio, a conseguire l’effetto pubblicitario in questione che, come si vedrà meglio, è effetto sui generis, in coerenza con la natura peculiare e non necessariamente traslativa del vincolo di destinazione de quo. E’ appena il caso di sottolineare peraltro come al vincolo testamentario di destinazione dovrà applicarsi anche la limitazione di cui all’art. 549 cod. civ. in tema di pesi sulla quota di legittima, norma ormai pacificamente interpretata come divieto non limitato alla condizione ed all’onere in senso tecnico ma a qualunque disposizione che diminuisca, sia economicamente sia qualitativamente, i diritti riservati ai legittimari. 3. La forma L’ art. 2645 ter cod. civ. prevede la forma dell’atto pubblico per il negozio costitutivo del vincolo di destinazione. L’esigenza della forma solenne discende sia dalla necessità, sempre sottesa ai negozi in forma pubblica, di rendere, attraverso l’intervento del notaio, perfettamente edotte le parti delle conseguenze e degli effetti giuridici dell’operazione che concludono34, sia dall’utilità del ministero notarile nell’attività di selezione degli interessi meritevoli di tutela idonei, ai sensi della norma in commento, a giustificare le limitazioni di responsabilità nei confronti dei terzi che dalla fattispecie promanano. L’utilizzabilità dello strumento in parola, che comporta una compressione della responsabilità generale del debitore, si giustifica del resto soltanto se finalizzata al perseguimento di interessi di rango almeno pari a quelli dei creditori del disponente. 34 C.M. BIANCA, Diritto civile. III. Il contratto, cit., p. 278, efficacemente definisce la suddetta esigenza con la locuzione “responsabilizzazione del consenso”. La selezione dei suddetti interessi richiede dunque una delicata operazione di bilanciamento tra le esigenze dei diversi soggetti coinvolti, al fine di determinare la eventuale prevalenza dell’interesse sotteso al vincolo di destinazione su quello dei creditori del disponente e teso alla garanzia generica delle obbligazioni del loro debitore. Evidentemente il legislatore inserisce un elemento di tutela di tutti gli interessi coinvolti mediante l’intervento del pubblico ufficiale, quale autore del documento nella forma dell’atto pubblico, responsabile anche della verifica dell’idoneità degli interessi sottesi al vincolo di destinazione a giustificare, almeno in astratto, la limitazione della responsabilità del disponente che consegue al vincolo oltre che responsabile della indagine della volontà delle parti.35 Ci sembra dunque di poter affermare che il requisito formale in parola sia disposto ad substantiam e non già ai meri fini della trascrizione del vincolo di destinazione.36 Autorevole dottrina37 conclude, peraltro, in senso contrario sulla scorta della considerazione che l’atto di destinazione può comunque produrre il proprio effetto, sul piano meramente obbligatorio, anche in difetto della trascrizione. La trascrizione, in quest’ottica, occorrerebbe dunque unicamente ai fini dell’accesso ai pubblici registri del negozio costitutivo del vincolo in parola, che sarebbe già efficace di per sé sul piano dei rapporti inter partes. A noi sembra peraltro che, se si condivide la ricostruzione della natura giuridica del vincolo de quo quale istituto che produce un effetto destinatorio idoneo a seguire il bene che ne è oggetto e quindi anche a produrre effetti erga omnes, si coglie il ridimensionamento che della novella in esame si attuerebbe riconoscendo efficacia meramente obbligatoria alla fattispecie. 35 Proprio l’elemento dell’obbligatoria indagine delle volontà delle parti costituisce attualmente la reale distinzione tra l’atto pubblico e la scrittura privata autenticata, distinzione oggi attenuata a seguito della riforma dell’art. 474 c. p. c. ad opera dell’art. 12 della legge 28 novembre 2005 n. 246 e dell’art. 2, terzo comma, lettera e), n.1), del d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80 e modificato dalla legge 28 dicembre 2005 n. 263. Cfr. G. PETRELLI, L’indagine della volontà delle parti e la “sostanza dell’atto pubblico notarile, in Riv. not., 2006, p. 29 e ss.. 36 Nello stesso senso peraltro: G. GABRIELLI, cit., p. 336; F. GAZZONI, cit., p. 172; G. OBERTO, Atti di destinazione (art. 2645 – ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contr. e impr. Europa, 2007, I, p. 351; S. PATTI, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita not., 2006, p. 979; R. QUADRI, op. ult. cit., ove si evidenzia altresì che la forma pubblica ad substantiam è sempre richiesta nelle principali fattispecie di destinazione patrimoniale legislativamente disciplinate, quale quella della fondazione e quella del fondo patrimoniale, a conferma della ritenuta necessità dell’intervento notarile al fine di una adeguata ponderazione degli interessi idonei a comprimere il principio generale scolpito nell’art. 2740, secondo comma, del codice civile. 37 G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 164. Nello stesso senso: D. MURITANO, Negozio di destinazione e trust interno, in G. VETTORI (a cura di), Atti di destinazione e trust, cit., p. 280. In altri termini, in assenza del requisito dell’opponibilità ai terzi, ci sembra verrebbe meno l’essenza stessa dell’istituto di cui ci occupiamo, il quale trova in tale opponibilità il perfezionamento della propria funzione. Un vincolo di destinazione che si limitasse ad operare sul piano meramente obbligatorio non sarebbe cioè, a nostro sommesso avviso, idoneo proprio a produrre l’effetto della destinazione la quale, per sua stessa definizione, presuppone un’efficacia erga omnes. Così ragionando si coglie, d’altronde, la distinzione tra il vincolo di destinazione de quo e le c.d. obbligazioni propter rem, le quali si risolvono appunto in un mero obbligo assunto dal titolare di un diritto reale in relazione all’esercizio del proprio diritto.38 Poiché, quindi, la trascrizione nei registri immobiliari del vincolo di destinazione costituisce elemento costitutivo della fattispecie, la prescrizione formale di cui si tratta assurge necessariamente ad (ulteriore) requisito di giuridica esistenza del vincolo medesimo. Il requisito formale dell’atto pubblico non è del resto presupposto indefettibile della trascrivibilità di un negozio nei registri immobiliari atteso che, a tal fine, è sufficiente, ai sensi dell’art. 2657 cod. civ, la forma della scrittura privata autenticata. Se il legislatore ha ritenuto di richiedere la forma solenne è dunque, inevitabilmente, per soddisfare esigenze diverse. Coerentemente, peraltro, la citata dottrina che ritiene la forma del vincolo di destinazione meramente prescritta ad transcriptionem considera la trascrizione del relativo atto costitutivo meramente facoltativa. Si deve peraltro precisare come il controllo di legalità demandato al notaio in riferimento alla fattispecie de quo debba necessariamente limitarsi alla liceità degli interessi perseguiti dal disponente non potendo, data la funzione del controllo notarile, spingersi al sindacato che inerisce la meritevolezza degli stessi e che soltanto il giudice, il quale interviene ex post e con la completa contezza di tutti gli interessi coinvolti in ogni singola fattispecie concreta, può effettuare .39 38 Cfr. F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1974, p. 82. Per una più ampia disamina della questione sia consentito rinviare a F. PASCUCCI, Meritevolezza degli interessi e controllo notarile, in Rivista Notarile, n.0/2012. 39 4. La trascrizione nei registri immobiliari La dottrina che considera meramente facoltativa la trascrizione del vincolo di destinazione di cui ci occupiamo fonda tale opinione innanzitutto sul tenore letterale della norma contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ..40 Questo, infatti, testualmente dispone che gli atti comportanti vincoli di destinazione “possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo” medesimo. A noi sembra peraltro possibile una diversa spiegazione della citata locuzione. Come già detto, infatti, la disposizione in parola ha innanzitutto una portata innovativa nel suo contenuto permissivo: nel consentire, per la prima volta, la trascrizione di atti comportanti vincoli di destinazione il legislatore ha inteso risolvere un risalente dibattito dottrinale, del quale si è già dato conto, circa l’ammissibilità stessa di negozi giuridici comportanti vincoli di destinazione allo scopo, posti in essere nell’esercizio dell’autonomia privata di cui art. 1322 cod. civ.. Ci sembra, quindi, che la formula utilizzata possa spiegarsi con l’intento del legislatore di risolvere il riferito dibattito sancendo l’ammissibilità dei negozi di destinazione e consentendone, di conseguenza, la trascrizione nei registri immobiliari. La possibile spiegazione del resto della collocazione della norma in commento nel Libro VI del codice civile si rintraccia, a nostro avviso, proprio in nell’ intento del legislatore di fornire la indispensabile disciplina pubblicitaria di un negozio giuridico suscettibile di regolamentazione, in tutti gli altri suoi aspetti, da parte dei soggetti coinvolti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale. La citata locuzione, avente appunto tenore “permissivo”, non ci pare in ogni caso argomento sufficiente a fondare una ricostruzione in termini di facoltatività della trascrizione del vincolo di destinazione in parola. Come già detto, infatti, un vincolo di destinazione privo di pubblicità, e quindi inidoneo ad essere opponibile ai terzi, ci sembrerebbe inadeguato proprio ad integrare l’effetto della destinazione. Esso potrebbe al più risolversi sul piano meramente obbligatorio, atteggiandosi quale obbligazione propter rem.41 Preferiamo, quindi, ritenere la trascrizione del vincolo in questione un elemento costitutivo della fattispecie, quale presupposto indefettibile del fenomeno 40 Così anche G. BARALIS, cit., p. 132. Sebbene anche per le obbligazioni propter rem la dottrina e la giurisprudenza assolutamente prevalenti siano consolidate nel senso della loro tipicità. Si vedano, per tutti, F. SANTORO PASSARELLI, cit., p. 82; Cass. 4 dicembre 2007, n. 25289, in Mass. Giur. it, 2007; giova ribadire 41 destinatorio in quanto tale, laddove questo si riferisca a beni immobili o a beni mobili registrati. Non a caso la norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ. è collocata successivamente a quella di cui all’art. 2644 cod. civ., la quale pone la disciplina di un altro degli effetti tipici dell’ordinaria trascrizione: quello della risoluzione dei conflitti tra più aventi causa dal medesimo autore. Tale circostanza ci sembra confermare la peculiarità del meccanismo pubblicitario de quo, non propriamente rientrante nel tipico schema della trascrizione immobiliare il quale presuppone una distinzione di piani: quello meramente obbligatorio dell’efficacia inter partes, che prescinde dal regime pubblicitario, e quello dell’opponibilità ai terzi, conseguente all’avvenuta trascrizione di un negozio comunque già avente effetto relativo. Una trascrizione quindi sui generis, come sui generis è la fattispecie cui essa si riferisce. Una trascrizione, cioè, costitutiva della fattispecie medesima e comportante effetto dichiarativo nel senso dell’opponibilità ai terzi.42 Proprio la collocazione dell’art. 2645 ter cod. civ., successivamente all’art. 2644 cod. civ., deve infatti far ritenere che detto effetto non si produca con la semplice trascrizione del vincolo, anche in considerazione del fatto che il citato art. 2644 cod. civ. testualmente limita l’efficacia dichiarativa della trascrizione agli “atti enunciati nell’articolo precedente”. La norma di chiusura del sistema, contenuta nell’art. 2645 cod. civ. e tendente ad estendere l’efficacia dichiarativa alla trascrizione di ogni atto idoneo a produrre alcuno degli effetti di cui all’art. 2643 cod. civ., è del resto anteposta, nella collocazione, rispetto a quella di cui ci occupiamo. Cionondimeno dalla trascrizione del vincolo di destinazione consegue, per espressa disposizione contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ., l’effetto di rendere “opponibili ai terzi il vincolo di destinazione”. Opponibilità che però non contiene in sé, nel caso di specie, l’efficacia dichiarativa intesa nel senso della soluzione dei conflitti tra più aventi causa dal medesimo autore. Quanto detto ci sembra altresì confermare la configurabilità di negozi comportanti vincoli di destinazione, ex art. 2645 ter cod. civ., non aventi effetto traslativo. Proprio in considerazione di tale configurabilità pare infatti che il come a noi sembri, per quanto già detto, ultroneo, rispetto al contenuto della disposizione di cui all’art 2645 ter cod. civ., affermare che sia stata introdotta una nuova fattispecie di obbligazione propter rem. 42 Nel senso della natura costitutiva della trascrizione in parola, anche G. GABRIELLI, cit., p. 338; M. CEOLIN, cit., p. 219. Vi attribuisce natura dichiarativa dell’esistenza del vincolo ma costitutiva dell’effetto di separazione patrimoniale F. GAZZONI, cit., p. 183. Nello stesso senso G. PETRELLI, cit., p. 191. legislatore abbia scelto la collocazione della norma in questione, dovendo prevedere un meccanismo di pubblicità generale per l’istituto in parola e quindi utilizzabile per ogni fattispecie concreta di vincolo di destinazione allo scopo. Ne consegue che, in ipotesi di negozio comportante vincolo di destinazione ed avente efficacia traslativa, ipotesi la quale, come già evidenziato, non esaurisce le possibili utilizzazioni dell’istituto in questione ma che sicuramente vi rientra, il relativo negozio dovrà essere sottoposto ad una duplice formalità di trascrizione: una avente ad oggetto l’effetto traslativo, e che rientrerà nel disposto degli articoli 2643, 2644 e 2645 cod. civ., ed un’altra, connessa, eseguita ai sensi dell’art. 2645 ter cod. civ.. Al contrario, in ipotesi di negozio non traslativo comportante vincolo di destinazione (c.d. “vincolo autoimposto”), la relativa trascrizione andrà eseguita esclusivamente a carico del disponente, già titolare di diritto reale sul bene, quale trascrizione di un vincolo di indisponibilità, anche parziale, sul medesimo bene oggetto del vincolo.43 Non necessaria appare dunque la formalità di trascrizione in favore dei beneficiari i quali del resto, come già detto, non sono destinatari di un effetto reale in senso proprio.44 5. L’oggetto ed il contenuto. L’art. 2645 ter cod. civ., come ovvio data la sua collocazione, si riferisce alla trascrizione di atti comportanti vincoli di destinazione su beni immobili e mobili registrati. Un’interpretazione restrittiva della norma può dunque far concludere nel senso che il negozio di destinazione sia ammesso nel nostro sistema esclusivamente nell’ambito oggettivo di applicabilità della norma in questione e che quindi non sia configurabile un vincolo avente ad oggetto beni diversi da quelli dalla stessa indicati ed in particolare beni mobili.45 Tale interpretazione restrittiva si fonda Ritengono, invece, tipicamente dichiarativa l’efficacia della suddetta trascrizione: M. D’ERRICO, cit., p. 125; L. SALAMONE, Destinazione e pubblicità immobiliare. Prime note sul nuovo art. 2645 ter c.c., in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 157. 43 Cfr. G. PETRELLI, cit., p. 192. 44 I beneficiari possono d’altronde anche essere determinabili mediante atti giuridici successivi al negozio costitutivo del vincolo di destinazione. 45 In questo senso si esprime, infatti, parte della dottrina: F. GAZZONI, cit., p. 177; E. RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., 2006, p. 1238; P. TROIANO, L’atto negoziale di destinazione: origine dell’istituto e possibili applicazioni in essenzialmente sulla considerazione della natura eccezionale, e quindi insuscettibile di applicazione analogica, della norma in commento in quanto posta in deroga a principi generali dell’ordinamento, quali innanzitutto quello di cui all’art. 2740 cod. civ.. Un simile assunto appare immediatamente condivisibile se riferito ai beni mobili tout court che, difettando di un meccanismo pubblicitario oggettivamente riscontrabile al di là di quello del loro possesso materiale, difficilmente possono immaginarsi oggetto di un vincolo di destinazione il quale, per sua natura, producendo l’effetto della limitazione della responsabilità generale del suo autore, richiede un’ adeguata pubblicità, strumentale all’effetto di opponibilità nei confronti dei terzi. Esistono però beni mobili nel nostro sistema che, pur non definibili quali mobili registrati, sono soggetti ad adeguati meccanismi pubblicitari: si pensi, in primis, all’iscrizione nel registro delle imprese per le vicende relative alle quote di società a responsabilità limitata. Il dibattito dottrinale intorno alla natura giuridica delle quote di partecipazione al capitale di s.r.l. è risalente46 e non ancora del tutto risolto, tuttavia è innegabile che esso vada aggiornato alla luce del testo dell’art. 2470 cod. civ. introdotto dalla riforma del diritto societario che ha sancito47 il principio in virtù del quale l’opponibilità ai terzi degli atti di trasferimento di quote di s.r.l. discende esclusivamente dalla loro iscrizione nel registro delle imprese. Se, dunque, è ipotizzabile che la norma di cui all’art. 167 cod. civ., la quale introdusse nel nostro ordinamento l’istituto del fondo patrimoniale, non abbia contemplato quale possibile oggetto del fondo anche le quote di s.r.l. a causa del fatto che all’epoca dell’introduzione della suddetta norma non esisteva un adeguato meccanismo di pubblicità relativo alle vicende delle quote medesime, oggi non può non tenersi in conto che il sistema di pubblicità nel registro delle imprese relativo alle quote sociali è del tutto esaustivo e completo. favore di pubbliche amministrazioni, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 161; D. MURITANO, cit., p. 283. 46 Si vedano, per le diverse posizioni: A. GIULIANI, Sul pegno di quote di partecipazione a società di capitali, in Banca, borsa e titoli di credito, 1952, p. 495; C. PASTERIS, Premesse ad un’indagine sulla natura giuridica dei diritti patrimoniali del socio nelle società, in Riv. dir. comm., 1958, p. 196; G. SANTINI, Delle società a responsabilità limitata, in Commentario Scialoja Branca, artt. 2472 – 2479, Bologna, 1992, p. 20. 47 Definitivamente a seguito dell’abolizione dell’obbligo di tenuta del libro soci per opera del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito con modificazioni nella legge 28 gennaio 2009 n. 2. Ci sembra di poter quindi affermare l’idoneità in astratto di taluni beni mobili, non definibili quali beni mobili registrati, tuttavia dotati di adeguati sistemi di pubblicità, ad essere oggetto di negozi comportanti vincoli di destinazione.48 La figura del negozio destinatorio è d’altronde, come già accennato, innegabilmente stata oggetto, per effetto dell’introduzione nel codice civile dell’art. 2645 ter, di un riconoscimento quale tipo. La norma costituisce del resto il primo caso, nell’ambito del nostro codice civile, nel quale il legislatore usa l’espressione “atti di destinazione”: non pare si possa quindi revocare in dubbio che la disposizione, seppur in materia di trascrizione, abbia sancito l’astratta ammissibilità dei negozi di destinazione quale categoria generale. Costituirebbe un’irragionevole disparità di trattamento ritenerla applicabile esclusivamente ai beni suscettibili di trascrizione nei registri immobiliari. Se la fattispecie del negozio destinatorio è ammessa per i beni normalmente considerati di maggior rilevanza dal legislatore, ed oggetto quindi di uno statuto più vincolato, quali appunto gli immobili ed i mobili registrati, non si vede perché non ammettere negozi di destinazione aventi ad oggetto anche beni mobili non registrati, purché dotati di meccanismi pubblicitari.49 Va a nostro avviso, tuttavia, osservato che queste considerazioni, corrette sul piano dei principi, rimangono, almeno per quanto attiene all’ipotesi di vincoli di destinazione aventi ad oggetto quote di società a responsabilità limitata, mere indicazioni de jure condendo poiché impingono in un dato che appare ostacolo insormontabile: la vigenza, anche nella materia della pubblicità del registro imprese, del medesimo principio di tipicità che governa i registri immobiliari.50 Se dunque non ricorrono, a nostro sommesso avviso, ostacoli di tipo logico giuridico ad un intervento legislativo che ammetta la iscrizione nel registro delle imprese degli atti contenenti vincoli di destinazione aventi ad oggetto quote sociali, è altrettanto vero che fin tanto che non sia introdotta un’apposita disposizione in tal senso, la suddetta iscrizione potrebbe legittimamente essere rifiutata dai conservatori dei registri delle imprese.51 48 In questo senso del resto si esprime la dottrina maggioritaria: A. FALZEA, cit., p. 6; A. DE DONATO, Il negozio di destinazione nel sistema delle successioni a causa di morte, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 41; G. BARALIS, cit., p. 146; R. QUADRI, cit., p. 1726. 49 Si pensi anche alle azioni di s.p.a., ai marchi ed ai brevetti. 50 Si veda infatti l’art 7, secondo comma lettera b), del D.P.R. 7 dicembre 1995 n. 581. 51 Conclude nel senso della inammissibilità di vincoli di destinazione su beni diversi da quelli indicati nell’art. 2645 ter cod. civ. M. CEOLIN, cit., p. 204, in considerazione dell’incertezza che deriverebbe dalle possibili difformi valutazioni circa l’idoneità del meccanismo pubblicitario di volta in volta previsto per ciascuna categoria di beni. L’argomentazione ci pare invero apprezzabile sul piano dell’opportunità ma non per questo stringente sotto il profilo giuridico. Ci sembra pertanto di poter concludere nel senso che l’eventuale atto di destinazione allo scopo avente ad oggetto beni mobili tuttora non suscettibili di meccanismi pubblicitari, lungi dall’essere invalido, per le ragioni sopra esposte, sarebbe affetto da mera inopponibilità nei confronti dei terzi, circostanza tuttavia idonea a svuotarne gran parte della pratica utilità. Resta ferma però la possibilità, in coerenza con quanto sopra affermato, di stipulare negozi di destinazione aventi ad oggetto beni mobili dotati di mezzi pubblicitari non governati dall’accennato principio di tipicità quali le azioni di società, i marchi ed i brevetti. In questo senso l’istituto de quo si rivela più utile, sul piano pratico, dell’analogo istituto del fondo patrimoniale rispetto al quale gode di un ambito oggettivo di applicabilità più ampio, anche in considerazione del fatto che il fondo patrimoniale, in quanto convenzione matrimoniale, presuppone, come noto, l’esistenza di un matrimonio laddove il vincolo in commento si pone quale possibile utile strumento di tutela degli interessi delle famiglie di fatto. In riferimento invece al contenuto dell’atto notarile di destinazione, si deve innanzitutto sottolineare come una particolare attenzione il notaio dovrà riservare all’enunciazione della durata del vincolo (che non può superare i novanta anni o la durata della vita del beneficiario) e, soprattutto, degli interessi alla cui attuazione il vincolo è funzionale onde consentire il sindacato di meritevolezza che ai sensi della norma in commento è presupposto dell’ammissibilità del vincolo (e che ci fa ritenere la enunciazione dei suddetti interessi vero e proprio requisito di validità dell’atto costitutivo del vincolo). Nell’ipotesi poi di vincolo di destinazione accessorio ad un negozio ad efficacia reale, sarà ovviamente necessario l’inserimento nel relativo atto di tutte le clausole disposte per gli atti traslativi di diritti reali (in materia urbanistica, edilizia, di conformità catastale e di prestazione energetica) ben note ai notai. In simili ipotesi si potrà avere la circostanza che il bene oggetto del vincolo venga affidato, ai fini di una piena attuazione degli interessi meritevoli di tutela dedotti nel vincolo medesimo, ad un soggetto attuatore, mandatario del disponente, che assuma una posizione analoga (ma non uguale in difetto di norme di legge che pongano una vera segregazione patrimoniale) a quella del trustee nei trusts di common law. In tali circostanze saranno opportune clausole negoziali volte a disciplinare il rapporto gestorio, gli obblighi di custodia, i poteri e le responsabilità dell’attuatore, anche con rinvio alle disposizioni di legge in tema di mandato, all’uopo essendo consigliabili disposizioni che prevedano l’ipotesi della circolazione dei beni vincolati disciplinando la destinazione del relativo ricavato, anche mediante clasuole di surrogazione oggettiva. Si deve peraltro qui sottolineare come, difettando norme di legge che prevedano l’effetto segregativo, resti a nostro avviso ineludibile il fenomeno di ordine pubblico della successione ereditaria e sia quindi rischioso utilizzare lo strumento de quo in alternativa ai trusts che restano, sotto questo profilo, strumento negoziale più efficiente e sicuro in quanto idonei a separare il patrimonio destinato da quello che cade nella successione del trustee in virtù dell’espressa disposizione di cui all’art. 2 della Convenzione de l’Aja sulla legge applicabile ai trusts (ratificata dalla legge 16 ottobre 1989 n. 364). 6. La circolazione dei beni vincolati L’art. 2645 ter cod. civ. non contempla né vieta la circostanza che il bene oggetto del vincolo di destinazione circoli mediante successivi atti di disposizione. A noi sembra tuttavia sicuramente legittimo che la stipulazione di un atto di destinazione possa anche implicare un vincolo di indisponibilità sui beni che ne sono oggetto. Una simile ipotesi sembra infatti poter rientrare nello schema astratto della fattispecie, ferma restando la necessaria coerenza con il principio di cui all’art. 1379 cod. civ.. Quest’ultimo pare peraltro a sua volta già rispettato in virtù delle prescrizioni, in termini di sussistenza dell’interesse meritevole di tutela e di termine massimo di durata, che lo stesso art. 2645 ter cod. civ. pone. È stato del resto affermato che l’art. 2645 ter cod. civ. comporta una restrizione dell’ambito oggettivo di applicabilità del citato art. 1379 cod. civ.: fermo il valore di generale precetto di ordine pubblico di tale ultima disposizione, essa sarebbe ormai, in tale ottica, norma applicabile alle fattispecie di divieti pattizi di alienazione non aventi ad oggetto beni suscettibili di trascrizione nei registri immobiliari relativamente ai quali l’art. 2645 ter cod. civ. opererebbe quale norma speciale.52 È, al contrario, secondo noi sicuramente possibile, ad eccezione che nei casi in cui il vincolo consista proprio, per volontà delle parti, in una temporanea 52 In questo senso G. PETRELLI, cit., p. 199; l’Autore sottolinea altresì che dalla Relazione al codice civile si evince come l’art. 1379 fosse stato concepito con l’accorgimento dei “convenienti limiti di tempo” in quanto “è parso esorbitante riconoscere al patto un’efficacia reale data la difficoltà di organizzare per esso un sistema di pubblicità che potesse attuarsi rispetto ad ogni categoria di beni o diritti” (così la Relazione al codice civile, par. n. 630). indisponibilità dei beni che ne sono oggetto, che il coacervo destinato, o parte di esso, sia trasferito a terzi.53 Nulla vieta infatti che l’atto di destinazione che pone il vincolo sia collegato ad un negozio traslativo così producendo un effetto accessorio rispetto a quello di trasferimento. In tale ipotesi, come evidente, il meccanismo della trascrizione determinerà l’opponibilità della destinazione nei confronti dell’avente causa.54 Al fine della suddetta circolazione, sia detto per inciso, non sembra sempre necessario il consenso del soggetto beneficiario, attesa la già indicata natura di diritto di credito che la sua posizione giuridica soggettiva può, in concreto, rivestire. Il beneficiario ha del resto a disposizione, come già accennato, al fine di tutelare i propri interessi nei confronti di atti dispositivi eventualmente lesivi dei suoi diritti, sia il rimedio peculiare prefigurato nell’art. 2645 ter cod. civ.55 sia gli ordinari rimedi dell’azione revocatoria e dell’azione di simulazione, ove ne ricorrano presupposti. Ci si deve a questo punto domandare in che termini operi l’opponibilità ai terzi, che tipicamente discende dal sistema della trascrizione, relativamente al vincolo di destinazione di cui si tratta. Secondo un’autorevole dottrina56 “chiunque in seguito ad una vicenda giuridica si trovi ad essere proprietario” dei beni oggetto del vincolo “è gravato da un obbligo di gestione dei medesimi nell’interesse altrui”. L’affermazione muove dall’opinione che, con l’istituto in esame, si sia introdotta nel nostro ordinamento una nuova fattispecie a rilevanza reale, la proprietà nell’interesse altrui, intrinsecamente conformata al perseguimento degli interessi espressi nell’atto di destinazione che ne costituisce titolo. L’affascinante ricostruzione resta però, a nostro sommesso avviso, contraria al principio del numerus clausus dei diritti reali tuttora vigente nel nostro sistema ed 53 Scrive G. PETRELLI, cit., p. 195: “vi sono ipotesi in cui l’atto di disposizione può atteggiarsi in modo compatibile con lo scopo di destinazione”. 54 Scrive E. RUSSO, cit., p. 1238: “la destinazione non esclude affatto l’alienazione del bene e la circolazione di esso, perché res transit cum onere suo e l’acquirente acquisterà la cosa gravata da una limitazione di godimento”. Nello stesso senso M. BIANCA, Novità e continuità dell’atto negoziale di destinazione, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 38. 55 Condivisibile ci sembra l’opinione di S. MEUCCI, cit., p. 252, secondo la quale la peculiare azione “per la realizzazione” dell’interesse meritevole di tutela prefigurata nella norma in esame ha contenuto eterogeneo e può sia contenere poteri di controllo preventivo sia giustificare l’esperimento di azioni di esecuzione in forma specifica. Nello stesso senso M. BIANCA, Trustee e figure affini nel diritto italiano, in Riv. not., 2009, p. 573, la quale scrive: “All’azione concessa a tutela della finalità destinatoria dall’art. 2645 – ter deve invece attribuirsi una tutela più ampia volta a contrastare atti che comportano una significativa deviazione dalla finalità impressa al patrimonio”. L’Autrice ricomprende dunque, nell’alveo della suddetta azione, “una gamma di strumenti, dal risarcimento del danno, all’esecuzione in forma specifica, all’azione di riduzione in pristino”. 56 A. GAMBARO, Appunti sulla proprietà nell’interesse altrui, cit., p. 170. inoltre in contrasto con il principio in virtù del quale sono opponibili ai terzi, a seguito della trascrizione nei registri immobiliari, esclusivamente gli effetti, non di natura obbligatoria, espressamente previsti dalla legge. Il profilo obbligatorio dell’atto di destinazione, pur certamente ammissibile, anche se meramente eventuale e di contenuto variabile, non ci sembra pertanto idoneo, per sua natura, ad estendersi agli aventi causa. Se si condivide la ricostruzione, non in termini di nuovo diritto reale, da noi proposta circa l’effetto del vincolo di destinazione de quo sulla situazione dominicale, non può che affermarsi che ciò che è opponibile all’acquirente del bene oggetto dell’atto di destinazione è il mero vincolo in sé. Le obbligazioni strumentali alla realizzazione dello scopo dell’atto di destinazione ben potranno essere assunte dai successivi aventi causa, che intendano occuparsi della relativa attuazione, ma soltanto per effetto di una loro manifestazione di volontà. In difetto di questa, essi saranno tenuti ad un’obbligazione negativa il cui contenuto consiste nel rispetto della destinazione impressa dal disponente. È evidente invece che, nell’ipotesi in cui l’alienazione avvenga in violazione del vincolo posto dall’atto di destinazione, come in quest’ultimo definito, in difetto di una norma imperativa generale in materia di violazione dei vincoli di destinazione57, si avrà innanzitutto, ed ancor prima dell’eventuale esperimento della citata peculiare azione prefigurata nell’art. 2645 ter cod. civ., una sanzione operante proprio sul piano dei principi della trascrizione: l’atto di alienazione infedele sarà, in coerenza con la ratio della norma in questione, affetto da inopponibilità nei confronti dei beneficiari.58 Non ci sembra infatti, in assenza di una previsione espressa in tal senso ed in considerazione di quanto da noi affermato in tema di oggetto del vincolo ex art. 2645 ter cod. civ., configurabile il meccanismo della surrogazione reale che estenda al corrispettivo dell’alienazione il regime vincolato posto dall’atto di destinazione.59 Per quanto attiene poi al piano dei rapporti con i creditori del “conferente”, indubbia appare, come già accennato, l’esperibilità dell’azione revocatoria di cui all’art. 2901 e ss. cod. civ., purché ricorrano i relativi presupposti.60 57 Cfr. R. QUADRI, La circolazione dei beni del “patrimonio separato”, in Nuova giust. civ. comm., 2006, II, p. 7. 58 In questo senso G. PETRELLI, cit., p. 196. 59 Il rimedio della surrogazione reale è ritenuto invece operante quale “strumento generale di conservazione di tutti i vincoli” da M. BIANCA, op. ult. cit., p. 37. 60 Scrive A. FALZEA, Introduzione, cit., p. 30, che in ipotesi di avvenuta stipulazione di un atto di destinazione non trova applicazione, a tutela dei creditori del disponente, l’art. 2740 cod. civ. bensì l’azione revocatoria poiché, “ragionando diversamente, tutti gli atti di alienazione e, più in generale tutti gli atti di disposizione dovrebbero considerarsi come limitativi della responsabilità patrimoniale e ricadere sotto il divieto posto indirettamente dall’art. 2740 c.c.”. A noi sembra tuttavia che, adottando la prospettiva secondo la quale il negozio di destinazione allo scopo richiede, data l’ampiezza degli assetti di interesse suscettibili di integrarne i presupposti, una valutazione in concreto della sua meritevolezza, anche sul piano dei rimedi si possa configurare l’esperibilità di strumenti più efficaci. In particolare ci sembra che non possa escludersi da parte del giudice che rinvenga nella fattispecie concreta l’assenza di un reale scopo meritevole ed, invece, la evidente mal celata intenzione di frodare i creditori del disponente, una declaratoria di nullità radicale dell’atto di destinazione proprio per difetto della meritevolezza dell’interesse perseguito la quale, come già scritto, assurge a nostro avviso a presupposto della validità stessa del negozio destinatorio.61 In questo senso si ribadisce come la novella costituisca a nostro avviso, tra l’atro, conferma positiva della maturata concezione “in concreto” della causa del negozio giuridico, concezione che chiama l’interprete ad una disamina complessiva dell’assetto di interessi di volta in volta realizzato onde esprimere una valutazione di insieme circa la compatibilità degli effetti della stessa con i principi generali dell’ordinamento giuridico. 7. L’estinzione del vincolo di destinazione L’art. 2645 ter cod. civ. contempla una sola causa tipica di estinzione del vincolo: quella dello spirare del suo termine finale. La norma impone, infatti, il termine finale quale elemento essenziale della fattispecie in esame, in attuazione del generale principio in virtù del quale non sono ammesse limitazioni perpetue al diritto di proprietà.62 Non ci sembra peraltro revocabile in dubbio l’ammissibilità di un’estinzione consensuale anticipata del vincolo in questione, per effetto di un contrarius actus.63 Un simile negozio non ci pare tuttavia possa risolversi in un mero atto unilaterale, avente natura di revoca. Difficilmente configurabile nella pratica è infatti un vincolo di destinazione i cui interessi sottesi si esauriscano nella sfera giuridica del solo disponente. L’apposizione del vincolo di destinazione coinvolge 61 Esclude invece espressamente l’applicabilità della sanzione della nullità S. MEUCCI, cit., p. 258, la quale, del resto, muove dall’opinione che le singole fattispecie debbano essere interpretate in base alle categorie generali ed astratte, non condividendo la prospettiva “in concreto” da noi preferita. 62 Cfr. Cass. 10 luglio 1979, n. 3969, in Giur. it., 1980, I, p. 882 e ss., secondo la quale “l’imposizione su beni di vincoli di indisponibilità immutabili e tendenzialmente perpetui si giustifica unicamente per il perseguimento di scopi di pubblica utilità”. 63 Cfr. R. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1747. necessariamente interessi di terzi, i beneficiari innanzi tutto, e dunque non ci pare rimuovibile, in virtù dei principi generali del sistema, per effetto di un mero atto unilaterale. In particolare sembra applicabile in via analogica il principio contenuto nel disposto dell’art. 1411, secondo comma, cod. civ., in tema di contratto a favore di terzi, in virtù del quale la stipulazione in favore del terzo è revocabile finché questi non abbia dichiarato di volerne profittare. Allorquando dunque i beneficiari abbiano manifestato volontà di profittare della stipulazione in loro favore recata dal negozio di destinazione, il loro consenso, il quale avrà contenuto di rinunzia ai diritti acquisiti per effetto dell’atto destinatorio, costituirà presupposto necessario dell’estinzione consensuale anticipata del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ..64 Un’ultima questione che merita attenzione, in relazione alla estinzione del vincolo di destinazione de quo, è quella che attiene alla cancellazione della sua trascrizione. L’art. 2645 ter cod. civ. è muto sul punto, tanto che la dottrina si è interrogata circa la stessa ammissibilità di una simile cancellazione. Ci sembra assolutamente condivisibile l’opinione favorevole65 che si fonda sull’assunto che il principio di tassatività delle fattispecie suscettibili di trascrizione non si estende alla cancellazione, la quale ha la funzione di attuare il principio di verità della pubblicità immobiliare, principio che necessariamente deve legittimare l’eliminazione di formalità relative a fattispecie non più produttive di effetti sul piano sostanziale. Tale soluzione ci pare preferibile rispetto a quella proposta da chi66 ritiene che la pubblicità dell’estinzione del vincolo possa avvenire mediante annotazione, in considerazione del fatto che l’art. 2655 cod. civ. ha, secondo l’opinione prevalente67, contenuto tassativo. Ai fini della suddetta cancellazione sarà sufficiente, in applicazione analogica dell’art. 2668 cod. civ., un atto pubblico o una scrittura privata autenticata all’uopo sottoscritti dal disponente, dall’eventuale avente causa e, a fini prudenziali, anche dai beneficiari sebbene, come già evidenziato, la loro posizione giuridica soggettiva non sempre si atteggi, nelle fattispecie concrete di vincolo di destinazione possibili, in termini di diritto soggettivo; i beneficiari sono infatti in ogni caso portatori di un 64 Nello stesso senso G. PETRELLI, cit., p. 197. G. PETRELLI, cit., p. 193; G. GABRIELLI, cit., p. 339. 66 F. GAZZONI, cit., p. 185; M. CEOLIN, cit., p. 234. 67 Si veda Cass. 17 maggio 1974, n. 1468, in Riv. not., 1976, p. 216. 65 interesse che la stessa norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ. rende giuridicamente rilevante. In difetto del consenso di una delle citate parti, e sempre in applicazione analogica dell’art. 2668 cod. civ., la cancellazione potrà anche essere ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato. 8. La trascrizione di vincoli pubblici. Rientrano nell’ampio genus degli atti di destinazione anche i negozi costitutivi di vincoli in favore dello Stato, degli Enti locali e comunque di enti pubblici o che svolgano servizi pubblici68 la cui trascrizione è prevista dall’art. 2645 quater, introdotto nel codice civile dal decreto legge 2 marzo 2012 n. 6, convertito nella legge 26 aprile 2012 n. 44. La novella segue quella che aveva già introdotto il numero 2 bis dell’art. 2643 cod. civ. e che consente la trascrizione nei registri immobiliari dei contratti ad efficacia reale aventi ad oggetto diritti edificatori69 e dimostra l’intento del legislatore di risolvere alcune incertezze legate al principio di tipicità delle fattispecie (rectius: degli effetti giuridici) suscettibili di trascrizione. Come noto, infatti, l’inesistenza di norme ad hoc di carattere generale70 aveva indotto la dottrina notarile e la prassi, per fini di certezza del diritto, a consentire la trascrizione di atti quali le convenzioni urbanistiche previste da leggi regionali e, sempre più di frequente, anche da strumenti urbanistici comunali, in virtù dell’interpretazione estensiva di norme dettate ad altri fini.71 L’interpretazione estensiva e l’applicazione analogica non sono però strumenti idonei a garantire certezza del diritto e comunque nel caso di specie riguardavano norme non idonee, anche perché di carattere non imperativo (e che quindi 68 Ivi inclusi gli enti di diritto privato che svolgano servizi di interesse pubblico: si pensi ad esempio alle società che prestano servizi di fornitura di energia elettrica quali Enel S.p.a.. 69 Il numero 2 bis dell’art. 2643 cod. civ. è stato introdotto dal decerto legge 13 maggio 2011 n.70 convertito nella legge 12 giugno 2011 n.106. 70 Esistevano già diverse norme speciali che prescrivevano la trascrizione di specifici tipi di atti contenenti vincoli pubblicistici: si veda, tra gli altri, l’art. 15 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei beni culturali, che prevede la necessaria trascrizione del provvedimento dichiarativo dell’interesse culturale di un determinato bene immobile. 71 In particolare si rendeva oggetto di interpretazione estensiva l’art. 28, quinto comma, della legge n.1150 del 1942 (c.d. “legge urbanistica”) che prevede la trascrizione, “a cura del proprietario”, delle convenzioni di lottizzazione al fine dell’ottenimento della relativa autorizzazione. rimettevano all’iniziativa del proprietario l’onere della trascrizione senza porne un obbligo), a soddisfare le suddette esigenze di certezza. Esigenze di certezza particolarmente avvertite in subiecta materia data la natura pubblicistica dei vincoli de quo e la loro conseguente opponibilità agli aventi causa del soggetto sottoscrittore delle relative convenzioni pur in difetto di trascrizione. La norma, nel riferirsi “ai contratti e agli altri atti di diritto privato”, intende certamente ricomprendere anche gli atti unilaterali d’obbligo. L’art. 2645 quater introduce quindi per la prima volta un vero e proprio obbligo di carattere generale relativo alla trascrizione di tutte le convenzioni che imprimano vincoli pubblici su beni immobili (il suo tenore letterale del resto inizia così: “si devono trascrivere...”). Sono quindi oggi senza dubbio trascrivibili anche tipologie di atti già diffuse nella prassi ma la cui qualificazione giuridica generava controversie, oggi superabili più facilmente a seguito della maturata opinione che ammette il negozio di destinazione di beni allo scopo: si pensi alle c.d. “servitù personali” quali quelle richieste dalla società Enel Distribuzione Spa negli atti di cessione degli impianti di rete elettrica e che non hanno ad oggetto un fondo dominante bensì vengono richieste genericamente in favore dell’ente. Discussa è peraltro l’efficacia della trascrizione in commento. Secondo una parte della dottrina72 essa avrebbe la ordinaria efficacia dichiarativa tipica della trascrizione immobiliare e costituirebbe quindi presupposto per l’opponibilità ai terzi, ed in specie agli aventi causa del sottoscrittore privato, degli atti che ne sono oggetto. La tesi resta minoritaria in quanto i vincoli pubblicistici, poichè posti nell’interesse generale e recati da strumenti già dotati di un proprio regime di pubblicità erga omnes, devono intendersi opponibili a chiunque a prescindere dalla loro trascrizione nei registri immobiliari. Non a caso la norma è stata collocata, sul piano sistematico, dopo l’art. 2644 cod. civ. che contiene la disposizione dell’effetto dichiarativo tipico della trascrizione immobiliare e la sua idoneità a risolvere quindi i conflitti tra più aventi causa dal medesimo autore.73 L’art. 2645 quater cod. civ. introduce dunque un utilissimo dovere di trascrizione nei registri immobiliari di atti già opponibili ai terzi in quanto tesi al perseguimento di interessi collettivi e dotati di un proprio regime pubblicitario, la cui trascrizione svolge però una fondamentale funzione di pubblicità notizia strumentale 72 G.PETRELLI, Trascrizione di atti costitutivi di vincoli pubblicistici, in www.gaetanopetrelli.it alla completezza dei registri immobiliari e, conseguentemente, alla certezza dei traffici.74 73 Nel senso della natura di mera pubblicità notizia della trascrizione in commento si esprime, tra gli altri, F. GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze, in Trattato della trascrizione diretto da E. GABRIELLI e F. GAZZONI, Torino, 2012. 74 E’ appena il caso di ricordare che la dottrina prevalente ritiene applicabili anche alle trascrizioni con funzione di pubblicità notizia i principi di tipicità delle fattispecie trascrivibili e di obbligatorietà per il notaio del relativo adempimento: si veda in proposito G. GABRIELLI, La pubblicità immobiliare, in Trattato di diritto civile, Torino, 2012.