L’atto di
destinazione:
profili negoziali e
pubblicitari
Notaio Fabrizio PASCUCCI
L’ATTO DI DESTINAZIONE: PROFILI NEGOZIALI E
PUBBLICITARI
di Fabrizio Pascucci
1. Il negozio di destinazione di beni allo scopo: presupposti dogmatici.
L’art. 2740 del codice civile pone uno dei principi fondanti l’intero sistema
privatistico italiano.
Esso dispone che “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con
tutti i suoi beni presenti e futuri” e che “Le limitazioni della responsabilità non sono
ammesse se non nei casi previsti dalla legge”.
La norma, di derivazione francese1, è funzionale all’attuazione di principi
generali riconosciuti anche a livello costituzionale quali, in primis, quello della tutela
del credito, a sua volta funzionale alla piena attuazione del principio di libera
iniziativa economica scolpito nell’art. 41 della Carta fondamentale.2
Le limitazioni alla responsabilità universale del debitore costituiscono dunque,
nel nostro sistema, ipotesi eccezionali, tradizionalmente ammesse solo a protezione
di interessi che unicamente il legislatore poteva riconoscere meritevoli di tutela
poiché di rango almeno uguale a quelli protetti dalla norma in commento.
Ne conseguiva un principio di tassatività delle fattispecie di limitazione di
responsabilità, e degli interessi idonei ad integrarle, pacificamente condiviso.
Con l’evoluzione in senso liberale dell’ordinamento giuridico, sempre più
attento alle esigenze di celerità ed efficienza delle contrattazioni, ed anche per effetto
dell’apertura del sistema ad istituti propri di ordinamenti giuridici di altri Paesi, il
suddetto principio di tipicità ha subìto progressive erosioni in virtù di eccezioni
sempre più numerose, fino ad essere superato, secondo alcune opinioni,
dall’introduzione nel codice civile dell’art. 2645 ter.
Le accennate esigenze di tutela del credito del resto sempre più spesso trovano,
nella pratica degli scambi, soddisfazione in strumenti, anche informativi, di natura
preventiva più che nella tutela giurisdizionale e pertanto rivestono ormai un rango
normativo meno rilevante rispetto all’epoca della codificazione, al contrario
emergendo sempre più l’esigenza della efficienza degli strumenti giuridici, anche in
un’ottica di competitività tra sistemi economici.
1
2
La disposizione riproduce il contenuto dell’art. 2284 del Code Napoleon.
Cfr. M. BIANCA, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Riv. dir. civ., 2007, p. 216.
La norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ., intitolata “Trascrizione di atti di
destinazione”, consente infatti per la prima volta di delegare ai privati, e quindi
all’interprete non già al legislatore, la selezione degli interessi idonei a giustificare la
creazione di fattispecie comportanti un effetto di separazione patrimoniale.
Essa costituisce quindi il punto di arrivo del percorso di progressiva
liberalizzazione del principio della unità del patrimonio già evidenziatosi, tra l’altro,
con l’introduzione degli enti unipersonali dotati di responsabilità limitata.
L’accennato principio dell’unità del patrimonio, rinveniente dalla cultura
illuminista, trovava origine nel dogma della coincidenza tra soggetto e patrimonio e
aveva quale conseguenza l’opinione dell’inammissibilità di negozi giuridici con
causa di destinazione: la dottrina tradizionale considerava infatti l’erezione della
persona giuridica l’unico strumento di attuazione del fenomeno destinatorio.3
Nel senso dell’inammissibilità di patrimoni destinati ad uno scopo con effetto
segregativo creati dall’autonomia privata, anche in considerazione dell’accennato
rilievo costituzionale del principio scolpito nell’art. 2740 cod. civ., si continuava
tuttavia ad esprimere, prima dell’introduzione nel codice civile dell’art. 2645 ter , la
dottrina prevalente.4
La teoria personalistica del patrimonio era peraltro discussa in dottrina già
all’inizio del novecento.5
Il processo di erosione del suddetto principio dell’unità del patrimonio, in corso
nel nostro ordinamento, risulta peraltro già da numerosi interventi legislativi tesi a
valorizzare l’efficienza economica della segmentazione patrimoniale, quali quelli in
materia di cartolarizzazione di crediti, di cui alla legge 30 aprile 1999 n. 130, di fondi
pensione, di cui al D. Lgs. 5 dicembre 2005 n. 252, e di introduzione nel codice
3
N. COVIELLO, Manuale di diritto civile italiano, Milano, 1924, p. 255 ove si afferma “L’unità
del patrimonio deriva dall’unità della persona”; G. BONELLI, La teoria della persona giuridica, in Riv.
dir. civ., 1910, I, p. 445.
4 Si veda per tutti, R. QUADRI, La destinazione patrimoniale. Profili normativi e autonomia
privata. Napoli, 2004.
Si esprimevano, invece, già prima dell’introduzione dell’art. 2645 ter nel codice civile, in senso
favorevole: G. PALERMO, Autonomia negoziale e fiducia (breve saggio sulla libertà delle forme), in R.
giur. sarda, 1991, p. 571 e ss; ID., Contributo allo studio del trust e dei negozi di destinazione
disciplinati dal diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2001, p. 391 e ss.; ID, Ammissibilità e disciplina del
negozio di destinazione, in Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative. Atti
della giornata di studio organizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato, Roma, Palazzo Santacroce,
19 giugno 2003, in B. LIBONATI, P. FERRO LUZZI (a cura di), Quaderni romani di diritto
commerciale, Milano, 2003, p. 213 e ss.; U. LA PORTA, Destinazione di beni allo scopo e causa
negoziale, Napoli, 1994.
5 Si veda in particolare F. FERRARA, La teoria della persona giuridica, in Riv. dir. civ., 1911, p.
638, il quale afferma che “il patrimonio non è un attributo inerente della personalità, unico ed
inscindibile, perché così si confonde la capacità patrimoniale col patrimonio; né può ridursi ad una cassa
ideale vuota che accompagna la persona, poiché è sempre in senso economico un complesso di valori,
ed in senso giuridico un complesso di diritti”.
civile dell’art. 2447 bis in materia di “Patrimoni destinati ad uno specifico affare”, ad
opera del D. Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6.
2. La struttura negoziale.
Il sostantivo destinazione, dal latino destinare, individua, sul piano giuridico,
l’attribuzione di una funzione, di uno scopo.6
Tale attribuzione può determinare, quale conseguenza, una limitazione del
potere dominicale sulla cosa oggetto della destinazione: questa la ragione per cui si
adotta il termine “vincolo di destinazione”. Il titolare della posizione dominicale
subisce una limitazione alle facoltà contenute nel diritto di proprietà per effetto
appunto della destinazione del bene allo scopo.
La destinazione è, del resto, una delle possibili modalità di attuazione del potere
di disposizione che appartiene al titolare di un diritto reale.7
Essa può peraltro discendere dalle caratteristiche proprie della cosa (c.d.
destinazione naturale)8 ovvero dalla funzione economica che alla cosa si attribuisce
(c.d. destinazione economica).9 Quest’ultima si fonda necessariamente su un atto di
volontà: rientra, infatti, tra i poteri dominicali del proprietario quello di attribuire al
bene oggetto della proprietà una funzione che lo ponga in relazione con altre cose, o
con interessi patrimoniali, del proprietario medesimo. Da tale destinazione dipende
l’applicabilità al bene di norme che altrimenti non lo riguarderebbero.10
Diverse sono le fattispecie di destinazione economica già conosciute nel nostro
diritto positivo, sia per espressa disposizione normativa11 sia per condivisa
ricostruzione interpretativa.12
Appare comune a tutte le fattispecie di destinazione la coesistenza di due
presupposti: un elemento oggettivo, costituito dalla idoneità del bene al
6
Cfr. P. SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta in AA.VV., Negozio di
destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007.
7
Cfr. P. PERLINGIERI, Introduzione alla problematica della proprietà, Napoli, 1970, p. 41.
8
Si veda, più ampiamente, tra gli altri, M. DOGLIOTTI, Comunione e condominio, in Tratt. di dir.
civ. diretto da R. Sacco, Torino, 2006, VII, p. 63.
9
Cfr. F. COSTANTINO, A. DE MAURO, Determinazione convenzionale dell’uso dei beni, in Giur.
it., 1991, I, p. 113.
10
Cfr. P. SPADA, Destinazioni patrimoniali ed impresa (Patrimonio dell’imprenditore e patrimoni
aziendali), in G. VETTORI (a cura di), Atti di destinazione e trust. (Art. 2645 ter del codice civile) , cit.,
p. 330.
11
Si pensi alla nozione di pertinenza di cui all’art. 817 cod. civ..
12
Si pensi alla nozione di azienda recata dall’art. 2555 cod. civ., quale “complesso di beni
organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
perseguimento di un dato scopo, ed uno soggettivo, dato dalla volontà del
proprietario di costituire il nesso funzionale insito nella destinazione.13
Discussa è in dottrina la natura giuridica dell’atto di volontà che imprime il
vincolo di destinazione, da taluni14 ritenuto un vero e proprio negozio giuridico.
Prevalente
sembra
però l’opinione
contraria
che,
sulla
scorta
della
considerazione che il mero fatto volontario della destinazione assume giuridica
rilevanza mercè effetti prefigurati e disciplinati dalla legge, attribuisce natura di atto
giuridico in senso stretto alla manifestazione di volontà che è fonte della
destinazione.15
Il concetto di atto di destinazione è peraltro ampio nel nostro sistema, data la
molteplicità delle fattispecie in cui il fenomeno ricorre.16
Non revocabile in dubbio ci pare, tuttavia, la natura negoziale dell’atto da cui
promana il vincolo di cui all’art. 2645 ter cod. civ., attesa la necessità che si abbia
una regolamentazione del suo contenuto, con particolare riguardo alla prefigurazione
dello scopo cui esso tende, la cui esplicita definizione è resa imprescindibile dal
necessario vaglio della meritevolezza degli interessi sottesi al vincolo che lo stesso
art. 2645 ter cod. civ. rimette all’interprete.
Pur condividendo l’assunto che la disposizione in commento non si atteggi quale
norma sulla fattispecie, non disciplinando alcun modello negoziale, bensì quale
norma sugli effetti17, non ci sembra quindi potersi dubitare del fatto che essa
costituisca riconoscimento della piena operatività nel nostro ordinamento della figura
generale costituita dal negozio di destinazione allo scopo.18
L’art. 2645 ter cod. civ. non contiene peraltro disposizioni relative alla struttura
del negozio di destinazione.
13
G. ALPA, Destinazione dei beni e struttura della proprietà, cit., p. 2.
F. FERRARA, La teoria della persona giuridica, cit., p. 630.
15
G. MIRABELLI, L’atto non negoziale nel diritto privato italiano, Napoli 1955; G.
TAMBURRINO, voce Pertinenze in Enc. dir., Milano, 1983.
16
Tanto che G. MIRABELLI, cit. p. 197, riconosce l’inesistenza di una nozione unitaria di atto di
destinazione nella dottrina italiana.
17
Cfr. P. MANES, La norma sulla trascrizione di atti di destinazione è, dunque, norma sugli effetti,
in Contr. e impr., 2006, p. 632.
18
Scrive efficacemente di “funzione ermeneutica in senso retrospettivo” della norma di cui all’art.
2645 ter cod. civ. R. LENZI, Le destinazioni tipiche e l’art. 2645 ter c.c., in Contr. e impr., 2007, p. 229
e ss., il quale desume dall’introduzione nel sistema della norma suddetta l’avvenuto riconoscimento
della liceità della categoria generale del negozio di destinazione suscettibile, quindi, di applicazioni
anche ulteriori rispetto a quelle strettamente rientranti nell’ambito oggettivo di applicabilità della norma
citata.
14
Appare pertanto incontestabile, in base al dato letterale della norma,
l’affermazione secondo la quale esso possa atteggiarsi sia quale negozio unilaterale
sia quale negozio bilaterale.19
Autorevole dottrina20 si è espressa, peraltro, in senso contrario, in considerazione
della vigenza nel nostro ordinamento del principio di tipicità delle promesse
unilaterali, scolpito nell’art. 1987 cod. civ., nonché in virtù del generale principio di
intangibilità delle sfere giuridiche secondo il quale non sono ammesse modificazioni
nella sfera giuridica altrui senza il consenso del destinatario delle modificazioni
medesime.
Se, tuttavia, si condivide la nostra opinione circa la natura sui generis
dell’istituto in esame, quale vincolo modificativo della posizione dominicale sul bene
che ne è oggetto e che non necessariamente postula un’obbligazione in capo al
disponente21, ci sembra di poter affermare la non inerenza delle suddette
argomentazioni al tema in questione.22
Non è nell’alveo delle promesse unilaterali che si inserisce l’istituto di cui
all’art. 2645 ter cod. civ. né per esso ci pare si possano supporre profili di
incompatibilità con il generale principio di intangibilità delle sfere giuridiche altrui,
attesa la natura necessariamente favorevole per il terzo beneficiario dell’effetto che
consegue alla costituzione del vincolo.
Non è infatti certamente ammissibile, sia in virtù del richiamato principio
generale di intangibilità delle sfere giuridiche altrui sia in virtù del tenore letterale
della disposizione in esame, che il disponente, in difetto di espresso consenso del
beneficiario, imponga oneri od obbligazioni in capo a quest’ultimo, anche a titolo di
indiretto corrispettivo del vantaggio che scaturisce dal vincolo.23
19
Cfr. G. PETRELLI, cit., p. 165; nello stesso senso M. D’ERRICO, La trascrizione del vincolo di
destinazione nell’art. 2645- ter c.c.: prime riflessioni, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione
dell’atto negoziale di destinazione, Milano, 2007, p. 121 e ss.; M. NUZZO, Atto di destinazione e
interessi meritevoli di tutela, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di
destinazione, cit., p. 59 e ss.; S. BARTOLI, Riflessioni sul nuovo art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra
negozio di destinazione di diritto interno e trust, in Giur. it., 2007, I, 5.
20
G. BARALIS, cit., p. 145; F. GAZZONI, cit., p.172. Nello stesso senso in giurisprudenza: Trib.
Reggio Emilia 22 giugno 2012 sulla scorta della considerazione che il tenore letterale della norma di cui
all’art. 2645 ter cod. civ. la rende “norma sugli effetti e non sugli atti”, così svalutando la portata del
principio di autonomia negoziale di cui all’art. 1322 cod. civ.. Conforme peraltro l’ordinanza del
medesimo Trib. Reggio Emilia in data 12 maggio 2014.
21
Sia consentito rinviare, per una più ampia disamina del problema, a F.PASCUCCI, Vincoli
fiduciari di destinazione, Padova, 2012.
22
Condivisibile ci pare l’affermazione di P.SPADA, Destinazioni patrimoniali ed impresa
(Patrimonio dell’imprenditore e patrimoni aziendali), cit., p. 332, il quale scrive di negozio di
destinazione che non assume efficacia obbligatoria di per sé ma che costituisce “coelemento di un
procedimento di separazione patrimoniale”, promanando la destinazione “bensì da un atto di autonomia
privata, ma non da un negozio ad effetti obbligatori”.
23
Nessuna disposizione vieta peraltro la configurabilità di un atto costitutivo di vincolo di
destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. a titolo oneroso, ben potendo il vincolo in parola essere apposto,
quale pattuizione accessoria, anche a contratti bilaterali.
Ci pare del resto che la situazione giuridica soggettiva che scaturisce, in capo al
beneficiario, dalla costituzione del vincolo de quo possa al più essere inquadrata
nello schema del diritto di credito, come tale sempre rifiutabile o non azionabile e
quindi non bisognoso di un atto di accettazione quale elemento costitutivo della
fattispecie concreta che lo genera.
È vero che dalla trascrizione consegue un effetto di segregazione patrimoniale
opponibile ai terzi ma esso, in quanto previsto espressamente dalla disposizione in
commento, non pare in contrasto, come già affermato, con i principi generali posti a
salvaguardia del meccanismo di responsabilità universale del debitore.24
In proposito va d’altronde ribadito che, come affermato anche da autorevole
dottrina25, resta esperibile nei confronti dell’atto di destinazione, ove ne ricorrano i
presupposti, l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 cod. civ..
Non ci pare decisivo neanche il secondo degli argomenti posti a fondamento
della citata opinione, atteso che non ci sembra configurabile un negozio costitutivo
del vincolo in parola che si atteggi quale promessa al pubblico ex art. 1989 cod. civ..
Ciò non tanto per effetto del principio di tipicità vigente, anche per le promesse al
pubblico, in virtù del disposto dell’art. 1987 cod. civ., il quale potrebbe anche
considerarsi rispettato dalla disposizione normativa contenuta nell’art. 2645 ter cod.
civ., bensì proprio in considerazione della natura non promissoria del negozio
costitutivo del vincolo de quo.
Tale conclusione è del resto confortata dalla circostanza della necessaria
individuazione, ai sensi dell’art. 2645 ter cod. civ., di beneficiari determinati per il
vincolo di destinazione in parola.
È peraltro vero che se si ammette la configurabilità di un atto costitutivo del
vincolo che non produca effetto traslativo del bene che ne è oggetto, come pare
incontestabile anche in virtù del dato letterale della norma che si commenta, non può
argomentarsi della natura bilaterale ovvero unilaterale del relativo negozio in base al
profilo dell’efficacia traslativa del medesimo.26
Non condivisibile ci sembra anche l’argomentazione, tesa a dimostrare la natura
necessariamente non contrattuale dell’atto costitutivo del vincolo di destinazione,
fondata sull’osservazione che se il medesimo avesse struttura contrattuale non
24
Non pare pertanto costituire argomentazione decisiva, nel senso dell’inammissibilità di un vincolo
di destinazione costituito con atto unilaterale, la pur autorevole considerazione di F. GAZZONI, cit., p.
173, secondo la quale “una qualche forma di tutela per i creditori può essere affidata ad una
interpretazione rigorosa della norma, avuto riguardo al ruolo che la tipicità svolge nel contesto della
regola posta dall’art. 1987 c.c.”.
25
A. FALZEA, Introduzione, in Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche
innovative, cit., p. 30.
26
Cfr. M. CEOLIN, cit., p. 159.
potrebbe giustificarsi l’attribuzione, espressamente prevista dall’art. 2645 ter cod.
civ., a “qualsiasi interessato” della legittimazione attiva ad agire per la realizzazione
degli interessi dedotti nel vincolo.27
Sembra infatti coerente che il legislatore abbia attribuito la suddetta
legittimazione a qualsiasi interessato a fronte della naturale destinazione del vincolo
in questione alla realizzazione di interessi di ampia portata, anche di rilevanza
pubblica, e comunque non classificabili a priori.
A noi sembra, quindi, fuorviante pretendere rigide classificazioni astratte
dell’istituto in questione le quali prescindano dall’analisi della fattispecie concreta.
La formulazione utilizzata dal legislatore, che si riferisce alla legittimazione ad
agire di “qualsiasi interessato”, ci pare anch’essa infatti rimandare ad un esame
concreto, riferito ad ogni singola fattispecie, della sussistenza dell’interesse ad agire.
Sarà dunque l’interprete, a seconda dell’assetto di interessi di volta in volta divisato
nel singolo negozio di destinazione, a dover selezionare i soggetti portatori di un
interesse idoneo a giustificare la suddetta legittimazione ad agire.28
Una volta chiarita la possibile struttura, sia unilaterale sia bilaterale, del negozio
in questione, a seconda dell’utilizzazione di volta in volta in concreto decisa, e quindi
affermata l’ammissibilità di un vincolo di destinazione “autoimposto”29, ci sembra di
poter affermare la superfluità di una astratta catalogazione del negozio in questione
tra quelli recettizi o non recettizi.
Alla stessa stregua ci sembra di poter condividere l’ammissibilità di un vincolo
di destinazione costituito per testamento.
Sul punto autorevole dottrina30 conclude in senso favorevole, pur evidenziando il
mancato coordinamento della norma contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ. con quella
di cui all’art. 2648 cod. civ. la quale, si afferma, avrebbe richiesto un’integrazione al
fine di contemplare l’istituto di cui ci occupiamo tra i possibili strumenti degli
acquisti mortis causa suscettibili di pubblicità immobiliare.
Pur evidenziando il suddetto mancato coordinamento, che l’Autore in questione
imputa a “dimenticanza”, egli conclude per l’ammissibilità del negozio testamentario
27
In questo senso F. SANTAMARIA, Il negozio di destinazione, Milano, 2009.
Autorevole dottrina (R. LENER, Atti di destinazione del patrimonio e rapporti reali, in Contr. e
impr., 2008, p. 1054) del resto non manca di osservare che la legittimazione a pretendere l’adempimento
non presuppone necessariamente la titolarità della pretesa.
29
Nello stesso senso anche D. MURITANO, Il contenuto delle clausole, in A. DE DONATO, M.
BIANCA (a cura di) Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea,
Milano, 2013.
30
G. PETRELLI, cit., p. 165.
28
di costituzione di vincolo di destinazione poiché “non si riesce a rinvenire
un’adeguata giustificazione di tale disparità di trattamento”.31
A nostro sommesso avviso, tuttavia, se si condivide la proposta ricostruzione
dell’istituto in commento quale figura sui generis, non necessariamente produttiva di
effetti traslativi, si può invece individuare una diversa spiegazione del mancato
coordinamento normativo sopra evidenziato.
L’art. 2648 cod. civ. è, infatti, dedicato alla disciplina dei meccanismi
pubblicitari dei negozi che producono, quale effetto, un acquisto a causa di morte.
Esso, del resto, si riferisce espressamente, già nella rubrica, alla trascrizione di
“accettazione di eredità e acquisto di legato”.
Poiché il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ., come già evidenziato,
non produce di per sé alcun effetto traslativo, sarebbe stata, secondo noi, impropria la
integrazione dell’art. 2648 cod. civ. mediante la previsione del vincolo in commento.
La trascrizione prevista dall’art. 2645 ter cod. civ. è d’altronde prevista con una
norma ad hoc, non per richiamo od integrazione dell’art. 2643 cod. civ., e pertanto
con norma idonea a legittimare la trascrizione del vincolo anche disposto mediante
testamento, purchè il testamento soddisfi i requisiti formali che lo stesso art. 2645 ter
cod. civ. impone.
È quindi a nostro avviso configurabile, anche in virtù della vigenza del principio
di autonomia privata pure in tema di disposizioni di ultima volontà32, la costituzione
di un vincolo di destinazione per testamento, sebbene esclusivamente mediante
testamento in forma pubblica.33
31
In senso opposto, M. IEVA, La trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi
meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o
persone fisiche (art. 2645 – ter c.c.) in funzione parasuccessoria, in Riv. not., 2009, p. 1289 e ss.,
rinviene nella mancata espressa previsione del testamento quale possibile fonte del vincolo di
destinazione il fondamento della risposta negativa al quesito circa l’ammissibilità di un vincolo
testamentario, dovendosi considerare l’art. 2645 ter cod. civ. quale norma di stretta interpretazione in
quanto posta in deroga al principio generale di cui all’art. 2740 cod. civ.. L’Autore osserva altresì che
“la disciplina degli istituti che possono essere considerati affini a quello in esame prevede
espressamente la costituzione sia per atto pubblico che per testamento (art. 14 c.c. per la costituzione
delle fondazioni e art. 167 c.c. per la costituzione del fondo patrimoniale).” Le suddette argomentazioni,
pur autorevolmente sostenute, non ci sembrano però sufficienti in considerazione delle osservazioni
sopra svolte. Nello stesso senso peraltro Trib. Roma 18 maggio 2013 sulla scorta della mera
considerazione che la mancata espressa previsione del vincolo testamentario sarebbe significativo di una
esplicita volontà del legislatore di non ammetterlo.
32
Cfr. G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato, Milano, 1991, p. 65.
33
Nello stesso senso C. ROMANO, Riflessioni sul vincolo testamentario di destinazione, in A. DE
DONATO, M. BIANCA (a cura di) Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di
un’idea, Milano, 2013. Ammettono peraltro la costituzione del vincolo anche mediante testamento
olografo, sulla scorta del principio di fungibilità delle forme testamentarie, R. QUADRI, L’art. 2645 ter
e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contr. e impr., 2006, p. 1725; A. MERLO, Brevi note
in tema di vincolo testamentario di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter, in Riv. not., 2007, p. 513; G.
CONDÒ L’art. 2645 ter del Codice civile, in Federnot., 2008, p. 94.
In realtà, atteso l’avvenuto riconoscimento del negozio di destinazione quale
categoria generale, potrebbe sostenersi la validità dell’eventuale disposizione
contenente una destinazione di beni allo scopo inserita in un testamento olografo, pur
inidonea, per difetto di forma, ad accedere alla pubblicità prevista dall’art. 2645 ter
cod. civ. e quindi inopponibile ai terzi ma dotata di efficacia relativa. Rinviando,
tuttavia, a quanto da noi affermato nel prossimo paragrafo, a proposito della natura
della forma dell’atto di destinazione, si deve ribadire l’opinione della possibile
costituzione di vincoli di destinazione per testamento unicamente per mezzo del
testamento in forma pubblica.
Quanto alle modalità tecniche di una simile trascrizione, ci pare di poter
affermare l’idoneità del testamento pubblico, quale atto di cui è autore il notaio, a
conseguire l’effetto pubblicitario in questione che, come si vedrà meglio, è effetto sui
generis, in coerenza con la natura peculiare e non necessariamente traslativa del
vincolo di destinazione de quo.
E’ appena il caso di sottolineare peraltro come al vincolo testamentario di
destinazione dovrà applicarsi anche la limitazione di cui all’art. 549 cod. civ. in tema
di pesi sulla quota di legittima, norma ormai pacificamente interpretata come divieto
non limitato alla condizione ed all’onere in senso tecnico ma a qualunque
disposizione che diminuisca, sia economicamente sia qualitativamente, i diritti
riservati ai legittimari.
3. La forma
L’ art. 2645 ter cod. civ. prevede la forma dell’atto pubblico per il negozio
costitutivo del vincolo di destinazione.
L’esigenza della forma solenne discende sia dalla necessità, sempre sottesa ai
negozi in forma pubblica, di rendere, attraverso l’intervento del notaio, perfettamente
edotte le parti delle conseguenze e degli effetti giuridici dell’operazione che
concludono34, sia dall’utilità del ministero notarile nell’attività di selezione degli
interessi meritevoli di tutela idonei, ai sensi della norma in commento, a giustificare
le limitazioni di responsabilità nei confronti dei terzi che dalla fattispecie promanano.
L’utilizzabilità dello strumento in parola, che comporta una compressione della
responsabilità generale del debitore, si giustifica del resto soltanto se finalizzata al
perseguimento di interessi di rango almeno pari a quelli dei creditori del disponente.
34
C.M. BIANCA, Diritto civile. III. Il contratto, cit., p. 278, efficacemente definisce la suddetta
esigenza con la locuzione “responsabilizzazione del consenso”.
La selezione dei suddetti interessi richiede dunque una delicata operazione di
bilanciamento tra le esigenze dei diversi soggetti coinvolti, al fine di determinare la
eventuale prevalenza dell’interesse sotteso al vincolo di destinazione su quello dei
creditori del disponente e teso alla garanzia generica delle obbligazioni del loro
debitore.
Evidentemente il legislatore inserisce un elemento di tutela di tutti gli interessi
coinvolti mediante l’intervento del pubblico ufficiale, quale autore del documento
nella forma dell’atto pubblico, responsabile anche della verifica dell’idoneità degli
interessi sottesi al vincolo di destinazione a giustificare, almeno in astratto, la
limitazione della responsabilità del disponente che consegue al vincolo oltre che
responsabile della indagine della volontà delle parti.35
Ci sembra dunque di poter affermare che il requisito formale in parola sia
disposto ad substantiam e non già ai meri fini della trascrizione del vincolo di
destinazione.36
Autorevole dottrina37 conclude, peraltro, in senso contrario sulla scorta della
considerazione che l’atto di destinazione può comunque produrre il proprio effetto,
sul piano meramente obbligatorio, anche in difetto della trascrizione.
La trascrizione, in quest’ottica, occorrerebbe dunque unicamente ai fini
dell’accesso ai pubblici registri del negozio costitutivo del vincolo in parola, che
sarebbe già efficace di per sé sul piano dei rapporti inter partes.
A noi sembra peraltro che, se si condivide la ricostruzione della natura giuridica
del vincolo de quo quale istituto che produce un effetto destinatorio idoneo a seguire
il bene che ne è oggetto e quindi anche a produrre effetti erga omnes, si coglie il
ridimensionamento che della novella in esame si attuerebbe riconoscendo efficacia
meramente obbligatoria alla fattispecie.
35
Proprio l’elemento dell’obbligatoria indagine delle volontà delle parti costituisce attualmente la
reale distinzione tra l’atto pubblico e la scrittura privata autenticata, distinzione oggi attenuata a seguito
della riforma dell’art. 474 c. p. c. ad opera dell’art. 12 della legge 28 novembre 2005 n. 246 e dell’art. 2,
terzo comma, lettera e), n.1), del d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80 e
modificato dalla legge 28 dicembre 2005 n. 263. Cfr. G. PETRELLI, L’indagine della volontà delle
parti e la “sostanza dell’atto pubblico notarile, in Riv. not., 2006, p. 29 e ss..
36
Nello stesso senso peraltro: G. GABRIELLI, cit., p. 336; F. GAZZONI, cit., p. 172; G. OBERTO,
Atti di destinazione (art. 2645 – ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contr. e impr. Europa, 2007, I,
p. 351; S. PATTI, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita not., 2006, p. 979;
R. QUADRI, op. ult. cit., ove si evidenzia altresì che la forma pubblica ad substantiam è sempre
richiesta nelle principali fattispecie di destinazione patrimoniale legislativamente disciplinate, quale
quella della fondazione e quella del fondo patrimoniale, a conferma della ritenuta necessità
dell’intervento notarile al fine di una adeguata ponderazione degli interessi idonei a comprimere il
principio generale scolpito nell’art. 2740, secondo comma, del codice civile.
37
G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 164. Nello stesso senso: D.
MURITANO, Negozio di destinazione e trust interno, in G. VETTORI (a cura di), Atti di destinazione
e trust, cit., p. 280.
In altri termini, in assenza del requisito dell’opponibilità ai terzi, ci sembra
verrebbe meno l’essenza stessa dell’istituto di cui ci occupiamo, il quale trova in tale
opponibilità il perfezionamento della propria funzione.
Un vincolo di destinazione che si limitasse ad operare sul piano meramente
obbligatorio non sarebbe cioè, a nostro sommesso avviso, idoneo proprio a produrre
l’effetto della destinazione la quale, per sua stessa definizione, presuppone
un’efficacia erga omnes.
Così ragionando si coglie, d’altronde, la distinzione tra il vincolo di destinazione
de quo e le c.d. obbligazioni propter rem, le quali si risolvono appunto in un mero
obbligo assunto dal titolare di un diritto reale in relazione all’esercizio del proprio
diritto.38
Poiché, quindi, la trascrizione nei registri immobiliari del vincolo di destinazione
costituisce elemento costitutivo della fattispecie, la prescrizione formale di cui si
tratta assurge necessariamente ad (ulteriore) requisito di giuridica esistenza del
vincolo medesimo.
Il requisito formale dell’atto pubblico non è del resto presupposto indefettibile
della trascrivibilità di un negozio nei registri immobiliari atteso che, a tal fine, è
sufficiente, ai sensi dell’art. 2657 cod. civ, la forma della scrittura privata autenticata.
Se il legislatore ha ritenuto di richiedere la forma solenne è dunque,
inevitabilmente, per soddisfare esigenze diverse.
Coerentemente, peraltro, la citata dottrina che ritiene la forma del vincolo di
destinazione meramente prescritta ad transcriptionem considera la trascrizione del
relativo atto costitutivo meramente facoltativa.
Si deve peraltro precisare come il controllo di legalità demandato al notaio in
riferimento alla fattispecie de quo debba necessariamente limitarsi alla liceità degli
interessi perseguiti dal disponente non potendo, data la funzione del controllo
notarile, spingersi al sindacato che inerisce la meritevolezza degli stessi e che
soltanto il giudice, il quale interviene ex post e con la completa contezza di tutti gli
interessi coinvolti in ogni singola fattispecie concreta, può effettuare .39
38
Cfr. F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1974, p. 82.
Per una più ampia disamina della questione sia consentito rinviare a F. PASCUCCI,
Meritevolezza degli interessi e controllo notarile, in Rivista Notarile, n.0/2012.
39
4. La trascrizione nei registri immobiliari
La dottrina che considera meramente facoltativa la trascrizione del vincolo di
destinazione di cui ci occupiamo fonda tale opinione innanzitutto sul tenore letterale
della norma contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ..40
Questo, infatti, testualmente dispone che gli atti comportanti vincoli di
destinazione “possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il
vincolo” medesimo.
A noi sembra peraltro possibile una diversa spiegazione della citata locuzione.
Come già detto, infatti, la disposizione in parola ha innanzitutto una portata
innovativa nel suo contenuto permissivo: nel consentire, per la prima volta, la
trascrizione di atti comportanti vincoli di destinazione il legislatore ha inteso
risolvere un risalente dibattito dottrinale, del quale si è già dato conto, circa
l’ammissibilità stessa di negozi giuridici comportanti vincoli di destinazione allo
scopo, posti in essere nell’esercizio dell’autonomia privata di cui art. 1322 cod. civ..
Ci sembra, quindi, che la formula utilizzata possa spiegarsi con l’intento del
legislatore di risolvere il riferito dibattito sancendo l’ammissibilità dei negozi di
destinazione e consentendone, di conseguenza,
la trascrizione nei registri
immobiliari. La possibile spiegazione del resto della collocazione della norma in
commento nel Libro VI del codice civile si rintraccia, a nostro avviso, proprio in
nell’ intento del legislatore di fornire la indispensabile disciplina pubblicitaria di un
negozio giuridico suscettibile di regolamentazione, in tutti gli altri suoi aspetti, da
parte dei soggetti coinvolti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale.
La citata locuzione, avente appunto tenore “permissivo”, non ci pare in ogni
caso argomento sufficiente a fondare una ricostruzione in termini di facoltatività
della trascrizione del vincolo di destinazione in parola.
Come già detto, infatti, un vincolo di destinazione privo di pubblicità, e quindi
inidoneo ad essere opponibile ai terzi, ci sembrerebbe inadeguato proprio ad
integrare l’effetto della destinazione.
Esso potrebbe al più risolversi sul piano meramente obbligatorio, atteggiandosi
quale obbligazione propter rem.41
Preferiamo, quindi, ritenere la trascrizione del vincolo in questione un elemento
costitutivo della fattispecie, quale presupposto indefettibile del fenomeno
40
Così anche G. BARALIS, cit., p. 132.
Sebbene anche per le obbligazioni propter rem la dottrina e la giurisprudenza assolutamente
prevalenti siano consolidate nel senso della loro tipicità. Si vedano, per tutti, F. SANTORO
PASSARELLI, cit., p. 82; Cass. 4 dicembre 2007, n. 25289, in Mass. Giur. it, 2007; giova ribadire
41
destinatorio in quanto tale, laddove questo si riferisca a beni immobili o a beni mobili
registrati.
Non a caso la norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ. è collocata successivamente
a quella di cui all’art. 2644 cod. civ., la quale pone la disciplina di un altro degli
effetti tipici dell’ordinaria trascrizione: quello della risoluzione dei conflitti tra più
aventi causa dal medesimo autore. Tale circostanza ci sembra confermare la
peculiarità del meccanismo pubblicitario de quo, non propriamente rientrante nel
tipico schema della trascrizione immobiliare il quale presuppone una distinzione di
piani: quello meramente obbligatorio dell’efficacia inter partes, che prescinde dal
regime pubblicitario, e quello dell’opponibilità ai terzi, conseguente all’avvenuta
trascrizione di un negozio comunque già avente effetto relativo.
Una trascrizione quindi sui generis, come sui generis è la fattispecie cui essa si
riferisce. Una trascrizione, cioè, costitutiva della fattispecie medesima e comportante
effetto dichiarativo nel senso dell’opponibilità ai terzi.42
Proprio la collocazione dell’art. 2645 ter cod. civ., successivamente all’art. 2644
cod. civ., deve infatti far ritenere che detto effetto non si produca con la semplice
trascrizione del vincolo, anche in considerazione del fatto che il citato art. 2644 cod.
civ. testualmente limita l’efficacia dichiarativa della trascrizione agli “atti enunciati
nell’articolo precedente”.
La norma di chiusura del sistema, contenuta nell’art. 2645 cod. civ. e tendente ad
estendere l’efficacia dichiarativa alla trascrizione di ogni atto idoneo a produrre
alcuno degli effetti di cui all’art. 2643 cod. civ., è del resto anteposta, nella
collocazione, rispetto a quella di cui ci occupiamo.
Cionondimeno dalla trascrizione del vincolo di destinazione consegue, per
espressa disposizione contenuta nell’art. 2645 ter cod. civ., l’effetto di rendere
“opponibili ai terzi il vincolo di destinazione”. Opponibilità che però non contiene in
sé, nel caso di specie, l’efficacia dichiarativa intesa nel senso della soluzione dei
conflitti tra più aventi causa dal medesimo autore.
Quanto detto ci sembra altresì confermare la configurabilità di negozi
comportanti vincoli di destinazione, ex art. 2645 ter cod. civ., non aventi effetto
traslativo. Proprio in considerazione di tale configurabilità pare infatti che il
come a noi sembri, per quanto già detto, ultroneo, rispetto al contenuto della disposizione di cui all’art
2645 ter cod. civ., affermare che sia stata introdotta una nuova fattispecie di obbligazione propter rem.
42
Nel senso della natura costitutiva della trascrizione in parola, anche G. GABRIELLI, cit., p. 338;
M. CEOLIN, cit., p. 219.
Vi attribuisce natura dichiarativa dell’esistenza del vincolo ma costitutiva dell’effetto di separazione
patrimoniale F. GAZZONI, cit., p. 183. Nello stesso senso G. PETRELLI, cit., p. 191.
legislatore abbia scelto la collocazione della norma in questione, dovendo prevedere
un meccanismo di pubblicità generale per l’istituto in parola e quindi utilizzabile per
ogni fattispecie concreta di vincolo di destinazione allo scopo.
Ne consegue che, in ipotesi di negozio comportante vincolo di destinazione ed
avente efficacia traslativa, ipotesi la quale, come già evidenziato, non esaurisce le
possibili utilizzazioni dell’istituto in questione ma che sicuramente vi rientra, il
relativo negozio dovrà essere sottoposto ad una duplice formalità di trascrizione: una
avente ad oggetto l’effetto traslativo, e che rientrerà nel disposto degli articoli 2643,
2644 e 2645 cod. civ., ed un’altra, connessa, eseguita ai sensi dell’art. 2645 ter cod.
civ..
Al contrario, in ipotesi di negozio non traslativo comportante vincolo di
destinazione (c.d. “vincolo autoimposto”), la relativa trascrizione andrà eseguita
esclusivamente a carico del disponente, già titolare di diritto reale sul bene, quale
trascrizione di un vincolo di indisponibilità, anche parziale, sul medesimo bene
oggetto del vincolo.43
Non necessaria appare dunque la formalità di trascrizione in favore dei
beneficiari i quali del resto, come già detto, non sono destinatari di un effetto reale in
senso proprio.44
5. L’oggetto ed il contenuto.
L’art. 2645 ter cod. civ., come ovvio data la sua collocazione, si riferisce alla
trascrizione di atti comportanti vincoli di destinazione su beni immobili e mobili
registrati.
Un’interpretazione restrittiva della norma può dunque far concludere nel senso
che il negozio di destinazione sia ammesso nel nostro sistema esclusivamente
nell’ambito oggettivo di applicabilità della norma in questione e che quindi non sia
configurabile un vincolo avente ad oggetto beni diversi da quelli dalla stessa indicati
ed in particolare beni mobili.45 Tale interpretazione restrittiva si fonda
Ritengono, invece, tipicamente dichiarativa l’efficacia della suddetta trascrizione: M. D’ERRICO,
cit., p. 125; L. SALAMONE, Destinazione e pubblicità immobiliare. Prime note sul nuovo art. 2645 ter c.c., in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 157.
43
Cfr. G. PETRELLI, cit., p. 192.
44
I beneficiari possono d’altronde anche essere determinabili mediante atti giuridici successivi al
negozio costitutivo del vincolo di destinazione.
45
In questo senso si esprime, infatti, parte della dottrina: F. GAZZONI, cit., p. 177; E. RUSSO, Il
negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., 2006, p.
1238; P. TROIANO, L’atto negoziale di destinazione: origine dell’istituto e possibili applicazioni in
essenzialmente sulla considerazione della natura eccezionale, e quindi insuscettibile
di applicazione analogica, della norma in commento in quanto posta in deroga a
principi generali dell’ordinamento, quali innanzitutto quello di cui all’art. 2740 cod.
civ..
Un simile assunto appare immediatamente condivisibile se riferito ai beni mobili
tout court che, difettando di un meccanismo pubblicitario oggettivamente
riscontrabile al di là di quello del loro possesso materiale, difficilmente possono
immaginarsi oggetto di un vincolo di destinazione il quale, per sua natura,
producendo l’effetto della limitazione della responsabilità generale del suo autore,
richiede un’ adeguata pubblicità, strumentale all’effetto di opponibilità nei confronti
dei terzi.
Esistono però beni mobili nel nostro sistema che, pur non definibili quali mobili
registrati, sono soggetti ad adeguati meccanismi pubblicitari: si pensi, in primis,
all’iscrizione nel registro delle imprese per le vicende relative alle quote di società a
responsabilità limitata.
Il dibattito dottrinale intorno alla natura giuridica delle quote di partecipazione al
capitale di s.r.l. è risalente46 e non ancora del tutto risolto, tuttavia è innegabile che
esso vada aggiornato alla luce del testo dell’art. 2470 cod. civ. introdotto dalla
riforma del diritto societario che ha sancito47 il principio in virtù del quale
l’opponibilità ai terzi degli atti di trasferimento di quote di s.r.l. discende
esclusivamente dalla loro iscrizione nel registro delle imprese. Se, dunque, è
ipotizzabile che la norma di cui all’art. 167 cod. civ., la quale introdusse nel nostro
ordinamento l’istituto del fondo patrimoniale, non abbia contemplato quale possibile
oggetto del fondo anche le quote di s.r.l. a causa del fatto che all’epoca
dell’introduzione della suddetta norma non esisteva un adeguato meccanismo di
pubblicità relativo alle vicende delle quote medesime, oggi non può non tenersi in
conto che il sistema di pubblicità nel registro delle imprese relativo alle quote sociali
è del tutto esaustivo e completo.
favore di pubbliche amministrazioni, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di
destinazione, cit., p. 161; D. MURITANO, cit., p. 283.
46
Si vedano, per le diverse posizioni: A. GIULIANI, Sul pegno di quote di partecipazione a società
di capitali, in Banca, borsa e titoli di credito, 1952, p. 495; C. PASTERIS, Premesse ad un’indagine
sulla natura giuridica dei diritti patrimoniali del socio nelle società, in Riv. dir. comm., 1958, p. 196; G.
SANTINI, Delle società a responsabilità limitata, in Commentario Scialoja Branca, artt. 2472 – 2479,
Bologna, 1992, p. 20.
47
Definitivamente a seguito dell’abolizione dell’obbligo di tenuta del libro soci per opera del
decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito con modificazioni nella legge 28 gennaio 2009 n. 2.
Ci sembra di poter quindi affermare l’idoneità in astratto di taluni beni mobili,
non definibili quali beni mobili registrati, tuttavia dotati di adeguati sistemi di
pubblicità, ad essere oggetto di negozi comportanti vincoli di destinazione.48
La figura del negozio destinatorio è d’altronde, come già accennato,
innegabilmente stata oggetto, per effetto dell’introduzione nel codice civile dell’art.
2645 ter, di un riconoscimento quale tipo. La norma costituisce del resto il primo
caso, nell’ambito del nostro codice civile, nel quale il legislatore usa l’espressione
“atti di destinazione”: non pare si possa quindi revocare in dubbio che la
disposizione, seppur in materia di trascrizione, abbia sancito l’astratta ammissibilità
dei negozi di destinazione quale categoria generale. Costituirebbe un’irragionevole
disparità di trattamento ritenerla applicabile esclusivamente ai beni suscettibili di
trascrizione nei registri immobiliari.
Se la fattispecie del negozio destinatorio è ammessa per i beni normalmente
considerati di maggior rilevanza dal legislatore, ed oggetto quindi di uno statuto più
vincolato, quali appunto gli immobili ed i mobili registrati, non si vede perché non
ammettere negozi di destinazione aventi ad oggetto anche beni mobili non registrati,
purché dotati di meccanismi pubblicitari.49
Va a nostro avviso, tuttavia, osservato che queste considerazioni, corrette sul
piano dei principi, rimangono, almeno per quanto attiene all’ipotesi di vincoli di
destinazione aventi ad oggetto quote di società a responsabilità limitata, mere
indicazioni de jure condendo poiché impingono in un dato che appare ostacolo
insormontabile: la vigenza, anche nella materia della pubblicità del registro imprese,
del medesimo principio di tipicità che governa i registri immobiliari.50
Se dunque non ricorrono, a nostro sommesso avviso, ostacoli di tipo logico giuridico ad un intervento legislativo che ammetta la iscrizione nel registro delle
imprese degli atti contenenti vincoli di destinazione aventi ad oggetto quote sociali, è
altrettanto vero che fin tanto che non sia introdotta un’apposita disposizione in tal
senso, la suddetta iscrizione potrebbe legittimamente essere rifiutata dai conservatori
dei registri delle imprese.51
48
In questo senso del resto si esprime la dottrina maggioritaria: A. FALZEA, cit., p. 6; A. DE
DONATO, Il negozio di destinazione nel sistema delle successioni a causa di morte, in M. BIANCA (a
cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 41; G. BARALIS, cit., p. 146; R.
QUADRI, cit., p. 1726.
49
Si pensi anche alle azioni di s.p.a., ai marchi ed ai brevetti.
50
Si veda infatti l’art 7, secondo comma lettera b), del D.P.R. 7 dicembre 1995 n. 581.
51
Conclude nel senso della inammissibilità di vincoli di destinazione su beni diversi da quelli
indicati nell’art. 2645 ter cod. civ. M. CEOLIN, cit., p. 204, in considerazione dell’incertezza che
deriverebbe dalle possibili difformi valutazioni circa l’idoneità del meccanismo pubblicitario di volta in
volta previsto per ciascuna categoria di beni. L’argomentazione ci pare invero apprezzabile sul piano
dell’opportunità ma non per questo stringente sotto il profilo giuridico.
Ci sembra pertanto di poter concludere nel senso che l’eventuale atto di
destinazione allo scopo avente ad oggetto beni mobili tuttora non suscettibili di
meccanismi pubblicitari, lungi dall’essere invalido, per le ragioni sopra esposte,
sarebbe affetto da mera inopponibilità nei confronti dei terzi, circostanza tuttavia
idonea a svuotarne gran parte della pratica utilità.
Resta ferma però la possibilità, in coerenza con quanto sopra affermato, di
stipulare negozi di destinazione aventi ad oggetto beni mobili dotati di mezzi
pubblicitari non governati dall’accennato principio di tipicità quali le azioni di
società, i marchi ed i brevetti. In questo senso l’istituto de quo si rivela più utile, sul
piano pratico, dell’analogo istituto del fondo patrimoniale rispetto al quale gode di un
ambito oggettivo di applicabilità più ampio, anche in considerazione del fatto che il
fondo patrimoniale, in quanto convenzione matrimoniale, presuppone, come noto,
l’esistenza di un matrimonio laddove il vincolo in commento si pone quale possibile
utile strumento di tutela degli interessi delle famiglie di fatto.
In riferimento invece al contenuto dell’atto notarile di destinazione, si deve
innanzitutto sottolineare come una particolare attenzione il notaio dovrà riservare
all’enunciazione della durata del vincolo (che non può superare i novanta anni o la
durata della vita del beneficiario) e, soprattutto, degli interessi alla cui attuazione il
vincolo è funzionale onde consentire il sindacato di meritevolezza che ai sensi della
norma in commento è presupposto dell’ammissibilità del vincolo (e che ci fa ritenere
la enunciazione dei suddetti interessi vero e proprio requisito di validità dell’atto
costitutivo del vincolo).
Nell’ipotesi poi di vincolo di destinazione accessorio ad un negozio ad efficacia
reale, sarà ovviamente necessario l’inserimento nel relativo atto di tutte le clausole
disposte per gli atti traslativi di diritti reali (in materia urbanistica, edilizia, di
conformità catastale e di prestazione energetica) ben note ai notai.
In simili ipotesi si potrà avere la circostanza che il bene oggetto del vincolo
venga affidato, ai fini di una piena attuazione degli interessi meritevoli di tutela
dedotti nel vincolo medesimo, ad un soggetto attuatore, mandatario del disponente,
che assuma una posizione analoga (ma non uguale in difetto di norme di legge che
pongano una vera segregazione patrimoniale) a quella del trustee nei trusts di
common law.
In tali circostanze saranno opportune clausole negoziali volte a disciplinare il
rapporto gestorio, gli obblighi di custodia, i poteri e le responsabilità dell’attuatore,
anche con rinvio alle disposizioni di legge in tema di mandato, all’uopo essendo
consigliabili disposizioni che prevedano l’ipotesi della circolazione dei beni vincolati
disciplinando la destinazione del relativo ricavato, anche mediante clasuole di
surrogazione oggettiva.
Si deve peraltro qui sottolineare come, difettando norme di legge che prevedano
l’effetto segregativo, resti a nostro avviso ineludibile il fenomeno di ordine pubblico
della successione ereditaria e sia quindi rischioso utilizzare lo strumento de quo in
alternativa ai trusts che restano, sotto questo profilo, strumento negoziale più
efficiente e sicuro in quanto idonei a separare il patrimonio destinato da quello che
cade nella successione del trustee in virtù dell’espressa disposizione di cui all’art. 2
della Convenzione de l’Aja sulla legge applicabile ai trusts (ratificata dalla legge 16
ottobre 1989 n. 364).
6. La circolazione dei beni vincolati
L’art. 2645 ter cod. civ. non contempla né vieta la circostanza che il bene
oggetto del vincolo di destinazione circoli mediante successivi atti di disposizione.
A noi sembra tuttavia sicuramente legittimo che la stipulazione di un atto di
destinazione possa anche implicare un vincolo di indisponibilità sui beni che ne sono
oggetto.
Una simile ipotesi sembra infatti poter rientrare nello schema astratto della
fattispecie, ferma restando la necessaria coerenza con il principio di cui all’art. 1379
cod. civ.. Quest’ultimo pare peraltro a sua volta già rispettato in virtù delle
prescrizioni, in termini di sussistenza dell’interesse meritevole di tutela e di termine
massimo di durata, che lo stesso art. 2645 ter cod. civ. pone.
È stato del resto affermato che l’art. 2645 ter cod. civ. comporta una restrizione
dell’ambito oggettivo di applicabilità del citato art. 1379 cod. civ.: fermo il valore di
generale precetto di ordine pubblico di tale ultima disposizione, essa sarebbe ormai,
in tale ottica, norma applicabile alle fattispecie di divieti pattizi di alienazione non
aventi ad oggetto beni suscettibili di trascrizione nei registri immobiliari
relativamente ai quali l’art. 2645 ter cod. civ. opererebbe quale norma speciale.52
È, al contrario, secondo noi sicuramente possibile, ad eccezione che nei casi in
cui il vincolo consista proprio, per volontà delle parti, in una temporanea
52
In questo senso G. PETRELLI, cit., p. 199; l’Autore sottolinea altresì che dalla Relazione al
codice civile si evince come l’art. 1379 fosse stato concepito con l’accorgimento dei “convenienti limiti
di tempo” in quanto “è parso esorbitante riconoscere al patto un’efficacia reale data la difficoltà di
organizzare per esso un sistema di pubblicità che potesse attuarsi rispetto ad ogni categoria di beni o
diritti” (così la Relazione al codice civile, par. n. 630).
indisponibilità dei beni che ne sono oggetto, che il coacervo destinato, o parte di
esso, sia trasferito a terzi.53
Nulla vieta infatti che l’atto di destinazione che pone il vincolo sia collegato ad
un negozio traslativo così producendo un effetto accessorio rispetto a quello di
trasferimento.
In tale ipotesi, come evidente, il meccanismo della trascrizione determinerà
l’opponibilità della destinazione nei confronti dell’avente causa.54
Al fine della suddetta circolazione, sia detto per inciso, non sembra sempre
necessario il consenso del soggetto beneficiario, attesa la già indicata natura di diritto
di credito che la sua posizione giuridica soggettiva può, in concreto, rivestire. Il
beneficiario ha del resto a disposizione, come già accennato, al fine di tutelare i
propri interessi nei confronti di atti dispositivi eventualmente lesivi dei suoi diritti,
sia il rimedio peculiare prefigurato nell’art. 2645 ter cod. civ.55 sia gli ordinari rimedi
dell’azione revocatoria e dell’azione di simulazione, ove ne ricorrano presupposti.
Ci si deve a questo punto domandare in che termini operi l’opponibilità ai terzi,
che tipicamente discende dal sistema della trascrizione, relativamente al vincolo di
destinazione di cui si tratta.
Secondo un’autorevole dottrina56 “chiunque in seguito ad una vicenda giuridica
si trovi ad essere proprietario” dei beni oggetto del vincolo “è gravato da un obbligo
di gestione dei medesimi nell’interesse altrui”.
L’affermazione muove dall’opinione che, con l’istituto in esame, si sia introdotta
nel nostro ordinamento una nuova fattispecie a rilevanza reale, la proprietà
nell’interesse altrui, intrinsecamente conformata al perseguimento degli interessi
espressi nell’atto di destinazione che ne costituisce titolo.
L’affascinante ricostruzione resta però, a nostro sommesso avviso, contraria al
principio del numerus clausus dei diritti reali tuttora vigente nel nostro sistema ed
53
Scrive G. PETRELLI, cit., p. 195: “vi sono ipotesi in cui l’atto di disposizione può atteggiarsi in
modo compatibile con lo scopo di destinazione”.
54
Scrive E. RUSSO, cit., p. 1238: “la destinazione non esclude affatto l’alienazione del bene e la
circolazione di esso, perché res transit cum onere suo e l’acquirente acquisterà la cosa gravata da una
limitazione di godimento”. Nello stesso senso M. BIANCA, Novità e continuità dell’atto negoziale di
destinazione, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 38.
55
Condivisibile ci sembra l’opinione di S. MEUCCI, cit., p. 252, secondo la quale la peculiare
azione “per la realizzazione” dell’interesse meritevole di tutela prefigurata nella norma in esame ha
contenuto eterogeneo e può sia contenere poteri di controllo preventivo sia giustificare l’esperimento di
azioni di esecuzione in forma specifica.
Nello stesso senso M. BIANCA, Trustee e figure affini nel diritto italiano, in Riv. not., 2009, p. 573,
la quale scrive: “All’azione concessa a tutela della finalità destinatoria dall’art. 2645 – ter deve invece
attribuirsi una tutela più ampia volta a contrastare atti che comportano una significativa deviazione dalla
finalità impressa al patrimonio”. L’Autrice ricomprende dunque, nell’alveo della suddetta azione, “una
gamma di strumenti, dal risarcimento del danno, all’esecuzione in forma specifica, all’azione di
riduzione in pristino”.
56
A. GAMBARO, Appunti sulla proprietà nell’interesse altrui, cit., p. 170.
inoltre in contrasto con il principio in virtù del quale sono opponibili ai terzi, a
seguito della trascrizione nei registri immobiliari, esclusivamente gli effetti, non di
natura obbligatoria, espressamente previsti dalla legge. Il profilo obbligatorio
dell’atto di destinazione, pur certamente ammissibile, anche se meramente eventuale
e di contenuto variabile, non ci sembra pertanto idoneo, per sua natura, ad estendersi
agli aventi causa.
Se si condivide la ricostruzione, non in termini di nuovo diritto reale, da noi
proposta circa l’effetto del vincolo di destinazione de quo sulla situazione
dominicale, non può che affermarsi che ciò che è opponibile all’acquirente del bene
oggetto dell’atto di destinazione è il mero vincolo in sé.
Le obbligazioni strumentali alla realizzazione dello scopo dell’atto di
destinazione ben potranno essere assunte dai successivi aventi causa, che intendano
occuparsi della relativa attuazione, ma soltanto per effetto di una loro manifestazione
di volontà. In difetto di questa, essi saranno tenuti ad un’obbligazione negativa il cui
contenuto consiste nel rispetto della destinazione impressa dal disponente.
È evidente invece che, nell’ipotesi in cui l’alienazione avvenga in violazione del
vincolo posto dall’atto di destinazione, come in quest’ultimo definito, in difetto di
una norma imperativa generale in materia di violazione dei vincoli di destinazione57,
si avrà innanzitutto, ed ancor prima dell’eventuale esperimento della citata peculiare
azione prefigurata nell’art. 2645 ter cod. civ., una sanzione operante proprio sul
piano dei principi della trascrizione: l’atto di alienazione infedele sarà, in coerenza
con la ratio della norma in questione, affetto da inopponibilità nei confronti dei
beneficiari.58
Non ci sembra infatti, in assenza di una previsione espressa in tal senso ed in
considerazione di quanto da noi affermato in tema di oggetto del vincolo ex art. 2645
ter cod. civ., configurabile il meccanismo della surrogazione reale che estenda al
corrispettivo dell’alienazione il regime vincolato posto dall’atto di destinazione.59
Per quanto attiene poi al piano dei rapporti con i creditori del “conferente”,
indubbia appare, come già accennato, l’esperibilità dell’azione revocatoria di cui
all’art. 2901 e ss. cod. civ., purché ricorrano i relativi presupposti.60
57
Cfr. R. QUADRI, La circolazione dei beni del “patrimonio separato”, in Nuova giust. civ. comm.,
2006, II, p. 7.
58
In questo senso G. PETRELLI, cit., p. 196.
59
Il rimedio della surrogazione reale è ritenuto invece operante quale “strumento generale di
conservazione di tutti i vincoli” da M. BIANCA, op. ult. cit., p. 37.
60
Scrive A. FALZEA, Introduzione, cit., p. 30, che in ipotesi di avvenuta stipulazione di un atto di
destinazione non trova applicazione, a tutela dei creditori del disponente, l’art. 2740 cod. civ. bensì
l’azione revocatoria poiché, “ragionando diversamente, tutti gli atti di alienazione e, più in generale tutti
gli atti di disposizione dovrebbero considerarsi come limitativi della responsabilità patrimoniale e
ricadere sotto il divieto posto indirettamente dall’art. 2740 c.c.”.
A noi sembra tuttavia che, adottando la prospettiva secondo la quale il negozio
di destinazione allo scopo richiede, data l’ampiezza degli assetti di interesse
suscettibili di integrarne i presupposti, una valutazione in concreto della sua
meritevolezza, anche sul piano dei rimedi si possa configurare l’esperibilità di
strumenti più efficaci.
In particolare ci sembra che non possa escludersi da parte del giudice che
rinvenga nella fattispecie concreta l’assenza di un reale scopo meritevole ed, invece,
la evidente mal celata intenzione di frodare i creditori del disponente, una
declaratoria di nullità radicale dell’atto di destinazione proprio per difetto della
meritevolezza dell’interesse perseguito la quale, come già scritto, assurge a nostro
avviso a presupposto della validità stessa del negozio destinatorio.61
In questo senso si ribadisce come la novella costituisca a nostro avviso, tra l’atro,
conferma positiva della maturata concezione “in concreto” della causa del negozio
giuridico, concezione che chiama l’interprete ad una disamina complessiva
dell’assetto di interessi di volta in volta realizzato onde esprimere una valutazione di
insieme circa la compatibilità degli effetti della stessa con i principi generali
dell’ordinamento giuridico.
7. L’estinzione del vincolo di destinazione
L’art. 2645 ter cod. civ. contempla una sola causa tipica di estinzione del
vincolo: quella dello spirare del suo termine finale. La norma impone, infatti, il
termine finale quale elemento essenziale della fattispecie in esame, in attuazione del
generale principio in virtù del quale non sono ammesse limitazioni perpetue al diritto
di proprietà.62
Non ci sembra peraltro revocabile in dubbio l’ammissibilità di un’estinzione
consensuale anticipata del vincolo in questione, per effetto di un contrarius actus.63
Un simile negozio non ci pare tuttavia possa risolversi in un mero atto
unilaterale, avente natura di revoca. Difficilmente configurabile nella pratica è infatti
un vincolo di destinazione i cui interessi sottesi si esauriscano nella sfera giuridica
del solo disponente. L’apposizione del vincolo di destinazione coinvolge
61
Esclude invece espressamente l’applicabilità della sanzione della nullità S. MEUCCI, cit., p. 258,
la quale, del resto, muove dall’opinione che le singole fattispecie debbano essere interpretate in base alle
categorie generali ed astratte, non condividendo la prospettiva “in concreto” da noi preferita.
62
Cfr. Cass. 10 luglio 1979, n. 3969, in Giur. it., 1980, I, p. 882 e ss., secondo la quale
“l’imposizione su beni di vincoli di indisponibilità immutabili e tendenzialmente perpetui si giustifica
unicamente per il perseguimento di scopi di pubblica utilità”.
63
Cfr. R. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, cit., p. 1747.
necessariamente interessi di terzi, i beneficiari innanzi tutto, e dunque non ci pare
rimuovibile, in virtù dei principi generali del sistema, per effetto di un mero atto
unilaterale.
In particolare sembra applicabile in via analogica il principio contenuto nel
disposto dell’art. 1411, secondo comma, cod. civ., in tema di contratto a favore di
terzi, in virtù del quale la stipulazione in favore del terzo è revocabile finché questi
non abbia dichiarato di volerne profittare.
Allorquando dunque i beneficiari abbiano manifestato volontà di profittare della
stipulazione in loro favore recata dal negozio di destinazione, il loro consenso, il
quale avrà contenuto di rinunzia ai diritti acquisiti per effetto dell’atto destinatorio,
costituirà presupposto necessario dell’estinzione consensuale anticipata del vincolo
di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ..64
Un’ultima questione che merita attenzione, in relazione alla estinzione del
vincolo di destinazione de quo, è quella che attiene alla cancellazione della sua
trascrizione.
L’art. 2645 ter cod. civ. è muto sul punto, tanto che la dottrina si è interrogata
circa la stessa ammissibilità di una simile cancellazione.
Ci sembra assolutamente condivisibile l’opinione favorevole65 che si fonda
sull’assunto che il principio di tassatività delle fattispecie suscettibili di trascrizione
non si estende alla cancellazione, la quale ha la funzione di attuare il principio di
verità della pubblicità immobiliare, principio che necessariamente deve legittimare
l’eliminazione di formalità relative a fattispecie non più produttive di effetti sul piano
sostanziale.
Tale soluzione ci pare preferibile rispetto a quella proposta da chi66 ritiene che la
pubblicità dell’estinzione del vincolo possa avvenire mediante annotazione, in
considerazione del fatto che l’art. 2655 cod. civ. ha, secondo l’opinione prevalente67,
contenuto tassativo.
Ai fini della suddetta cancellazione sarà sufficiente, in applicazione analogica
dell’art. 2668 cod. civ., un atto pubblico o una scrittura privata autenticata all’uopo
sottoscritti dal disponente, dall’eventuale avente causa e, a fini prudenziali, anche dai
beneficiari sebbene, come già evidenziato, la loro posizione giuridica soggettiva non
sempre si atteggi, nelle fattispecie concrete di vincolo di destinazione possibili, in
termini di diritto soggettivo; i beneficiari sono infatti in ogni caso portatori di un
64
Nello stesso senso G. PETRELLI, cit., p. 197.
G. PETRELLI, cit., p. 193; G. GABRIELLI, cit., p. 339.
66
F. GAZZONI, cit., p. 185; M. CEOLIN, cit., p. 234.
67
Si veda Cass. 17 maggio 1974, n. 1468, in Riv. not., 1976, p. 216.
65
interesse che la stessa norma di cui all’art. 2645 ter cod. civ. rende giuridicamente
rilevante.
In difetto del consenso di una delle citate parti, e sempre in applicazione
analogica dell’art. 2668 cod. civ., la cancellazione potrà anche essere ordinata
giudizialmente con sentenza passata in giudicato.
8. La trascrizione di vincoli pubblici.
Rientrano nell’ampio genus degli atti di destinazione anche i negozi costitutivi di
vincoli in favore dello Stato, degli Enti locali e comunque di enti pubblici o che
svolgano servizi pubblici68 la cui trascrizione è prevista dall’art. 2645 quater,
introdotto nel codice civile dal decreto legge 2 marzo 2012 n. 6, convertito nella
legge 26 aprile 2012 n. 44.
La novella segue quella che aveva già introdotto il numero 2 bis dell’art. 2643
cod. civ. e che consente la trascrizione nei registri immobiliari dei contratti ad
efficacia reale aventi ad oggetto diritti edificatori69 e dimostra l’intento del legislatore
di risolvere alcune incertezze legate al principio di tipicità delle fattispecie (rectius:
degli effetti giuridici) suscettibili di trascrizione. Come noto, infatti, l’inesistenza di
norme ad hoc di carattere generale70 aveva indotto la dottrina notarile e la prassi, per
fini di certezza del diritto, a consentire la trascrizione di atti quali le convenzioni
urbanistiche previste da leggi regionali e, sempre più di frequente, anche da strumenti
urbanistici comunali, in virtù dell’interpretazione estensiva di norme dettate ad altri
fini.71
L’interpretazione estensiva e l’applicazione analogica non sono però strumenti
idonei a garantire certezza del diritto e comunque nel caso di specie riguardavano
norme non idonee, anche perché di carattere non imperativo (e che quindi
68
Ivi inclusi gli enti di diritto privato che svolgano servizi di interesse pubblico: si pensi ad esempio
alle società che prestano servizi di fornitura di energia elettrica quali Enel S.p.a..
69 Il numero 2 bis dell’art. 2643 cod. civ. è stato introdotto dal decerto legge 13 maggio 2011 n.70
convertito nella legge 12 giugno 2011 n.106.
70
Esistevano già diverse norme speciali che prescrivevano la trascrizione di specifici tipi di atti
contenenti vincoli pubblicistici: si veda, tra gli altri, l’art. 15 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, Codice
dei beni culturali, che prevede la necessaria trascrizione del provvedimento dichiarativo dell’interesse
culturale di un determinato bene immobile.
71
In particolare si rendeva oggetto di interpretazione estensiva l’art. 28, quinto comma, della legge
n.1150 del 1942 (c.d. “legge urbanistica”) che prevede la trascrizione, “a cura del proprietario”, delle
convenzioni di lottizzazione al fine dell’ottenimento della relativa autorizzazione.
rimettevano all’iniziativa del proprietario l’onere della trascrizione senza porne un
obbligo), a soddisfare le suddette esigenze di certezza.
Esigenze di certezza particolarmente avvertite in subiecta materia data la natura
pubblicistica dei vincoli de quo e la loro conseguente opponibilità agli aventi causa
del soggetto sottoscrittore delle relative convenzioni pur in difetto di trascrizione.
La norma, nel riferirsi “ai contratti e agli altri atti di diritto privato”, intende
certamente ricomprendere anche gli atti unilaterali d’obbligo.
L’art. 2645 quater introduce quindi per la prima volta un vero e proprio obbligo
di carattere generale relativo alla trascrizione di tutte le convenzioni che imprimano
vincoli pubblici su beni immobili (il suo tenore letterale del resto inizia così: “si
devono trascrivere...”).
Sono quindi oggi senza dubbio trascrivibili anche tipologie di atti già diffuse
nella prassi ma la cui qualificazione giuridica generava controversie, oggi superabili
più facilmente a seguito della maturata opinione che ammette il negozio di
destinazione di beni allo scopo: si pensi alle c.d. “servitù personali” quali quelle
richieste dalla società Enel Distribuzione Spa negli atti di cessione degli impianti di
rete elettrica e che non hanno ad oggetto un fondo dominante bensì vengono richieste
genericamente in favore dell’ente.
Discussa è peraltro l’efficacia della trascrizione in commento.
Secondo una parte della dottrina72 essa avrebbe la ordinaria efficacia dichiarativa
tipica della trascrizione immobiliare e costituirebbe quindi presupposto per
l’opponibilità ai terzi, ed in specie agli aventi causa del sottoscrittore privato, degli
atti che ne sono oggetto.
La tesi resta minoritaria in quanto i vincoli pubblicistici, poichè posti
nell’interesse generale e recati da strumenti già dotati di un proprio regime di
pubblicità erga omnes, devono intendersi opponibili a chiunque a prescindere dalla
loro trascrizione nei registri immobiliari. Non a caso la norma è stata collocata, sul
piano sistematico, dopo l’art. 2644 cod. civ. che contiene la disposizione dell’effetto
dichiarativo tipico della trascrizione immobiliare e la sua idoneità a risolvere quindi i
conflitti tra più aventi causa dal medesimo autore.73
L’art. 2645 quater cod. civ. introduce dunque un utilissimo dovere di
trascrizione nei registri immobiliari di atti già opponibili ai terzi in quanto tesi al
perseguimento di interessi collettivi e dotati di un proprio regime pubblicitario, la cui
trascrizione svolge però una fondamentale funzione di pubblicità notizia strumentale
72
G.PETRELLI, Trascrizione di atti costitutivi di vincoli pubblicistici, in www.gaetanopetrelli.it
alla completezza dei registri immobiliari e, conseguentemente, alla certezza dei
traffici.74
73
Nel senso della natura di mera pubblicità notizia della trascrizione in commento si esprime, tra gli
altri, F. GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze, in Trattato della trascrizione diretto da E.
GABRIELLI e F. GAZZONI, Torino, 2012.
74 E’ appena il caso di ricordare che la dottrina prevalente ritiene applicabili anche alle trascrizioni
con funzione di pubblicità notizia i principi di tipicità delle fattispecie trascrivibili e di obbligatorietà per
il notaio del relativo adempimento: si veda in proposito G. GABRIELLI, La pubblicità immobiliare, in
Trattato di diritto civile, Torino, 2012.