CONVEGNO DI STUDI Lo STATUTO dei DIRITTI del CONTRIBUENTE Aspetti processuali e sostanziali (L. n. 212/2000) ROSSANO ● 15 MARZO 2008 PALAZZO S. BERNARDINO, SALA ROSSA INDICE DELLE RELAZIONI Avv. Michele Marincolo, Giudice Tributario (CTP Cosenza)..........................................................................4 “Introduzione al Convegno” Prof. Gianni Marongiu, ordinario di Diritto Tributario Università di Genova. .............................................10 “Lo Statuto del contribuente e i vincoli al legislatore” Prof. Raffaele Botta, Consigliere di Cassazione SS.UU. .............................................................................38 “L’interpretazione dello statuto del contribuente nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione” Avv. Giuseppe Falcone, già Consigliere di Cassazione SS.UU. ..................................................................49 “L’ interpello e la tutela giurisdizionale del contribuente in ambito statutario” Dott. Antonio Montesano, Notaio in Paola. ................................................................................................63 “La tutela dell’affidamento del contribuente. Profili di rilevanza notarile” Prof. Francesco D’ Ayala Valva, ordinario di Diritto Tributario Università del Molise. ...............................97 “Il garante del contribuente per una buona amministrazione tributaria.” Avv. Serafino Trento, Avvocato Tributarista del Foro di Rossano. ...........................................................107 “La motivazione degli atti impositivi” Prof. Antonio Uricchio, docente di Diritto Tributario Università di Bari. ..................................................145 “Le garanzie in materia di illeciti amministrativi e reati tributari” Avv. Licia Fiorentini……………………………………………… ..........................................................168 “I vizi degli atti tributari e lo statuto del contribuente” -3- INTRODUZIONE AL CONVEGNO AVV. MICHELE MARINCOLO, Giudice Tributario (CTP Cosenza). La legge n.212 del 27 luglio 2000, più brevemente conosciuta come “Lo statuto del contribuente”, ha rappresentato un importante passaggio nel cammino intrapreso dall’amministrazione finanziaria verso quel processo di cambiamento nel rapporto tra Stato-cittadino, con l’intento di dare maggiore democraticità e trasparenza al prelievo fiscale. Un cammino il cui inizio va sicuramente ricondotto alla legge n. 241 del 7 agosto 1990 (che, lo ricordiamo, procedimento ha introdotto amministrativo, semplificazione di dell’azione nuove norme accesso in ai materia documenti amministrativa). Non di e a di caso l’articolo 7 dello Statuto, richiama proprio l’articolo 3 della legge 241 del 1990, elencando tassativamente gli elementi che l’amministrazione finanziaria deve indicare negli atti ai fini della motivazione (ancorché tralasci di comminare un’adeguata sanzione). Non v’è dubbio rappresentino che una le disposizioni concreta tutela contenute dei nello diritti statuto economici dei contribuenti. Ma, a distanza di otto anni dalla entrata in vigore di questa legge, sembra lecito hanno trovato, nel porsi corsi una degli domanda: anni, queste disposizioni effettiva operatività? Ossia, sono state effettivamente applicate? Ebbene, la risposta non credo possa essere del tutto positiva; anzi, al riguardo diverse sono le perplessità ed i dubbi circa la sua effettiva applicazione. L’elenco risulterebbe troppo lungo. E’ sufficiente solo rifarci alle critiche apparse sulla stampa – specializzata e non – di questi ultimi giorni con riferimento alla recente legge di conversione del decreto “mille proroghe”, su cui certamente gli illustri relatori avranno modo di soffermarsi, anche per i risvolti di rilevanza costituzionale che la legge sicuramente contiene. -4- Pur tuttavia, la consapevolezza che la ratio dello statuto è rappresentata comunque (per come dicevo) dalla volontà dello Stato di voler continuare quel percorso di cambiamento nel rapporto Stato-cittadino, intrapresa con la 241/90, ha spinto gli organizzatori di questo convegno, a portare l’argomento – dopo otto anni dall’entrata in vigore della legge – all’attenzione, non solo degli operatori del diritto tributario, ma anche e soprattutto della generalità dei cittadini. Ed, infatti, nello statuto del contribuente c’è una marcata attenzione del legislatore alle attese del "cittadino-cliente" e ai criteri di efficienza, di trasparenza e d’imparzialità che devono necessariamente caratterizzare l’azione amministrativa. Attese che, però, ripercorrendo questi otto anni, per alcuni versi, sono andate deluse. Ed allora, ristretto per in evitare ambiti amministrativo e che il gestionali citato o cambiamento procedimentali tributario, è rimanga del necessario diritto compiere qualcos’altro; è necessario – a mio avviso – che chi è chiamato a questo compito, svolga un lavoro formativo più efficace e più incisivo, al fine di favorire una più ampia riflessione sul diritto che lo Stato ha d’imporre tributi, essenziale, certo, per la sua sopravvivenza, ma anche sui suoi limiti a fronte dei diritti di presupposto libertà economica dell’effettiva dei libertà cittadini, delle che persone sono e il delle famiglie (cenno alle politiche fiscali di questi anni). Il prof. Marongiu – per essere stato uno di quelli che più si è speso per la sua approvazione – ricorderà sicuramente che la legge 212 era attesa da molto tempo; tanto è vero che il disegno di legge governativo fu approvato dal Consiglio dei Ministri nell’agosto del 1996 (Cfr. Senato della Repubblica, atto n. 1286. Va evidenziato che negli ultimi dieci anni si sono susseguiti numerosi disegni di legge, presentati sia al Senato della Repubblica — atto n. 1244 del 1994 —, sia alla Camera dei Deputati: atti n. 5079 del 1990, n. 254 del 1992, n. 1124 del 1992, n. 1125 del 1992, n. 391 del 1994, n. 324 del 1996, n. 4546 del 1998 e n. 4818 del 1998. Il tema ha interessato anche la dottrina: cfr. Gianni Marongiu, Contributo alla realizzazione -5- della "Carta dei diritti del contribuente", in Diritto e pratica tributaria, vol. LXII, Padova 1991, parte I, pp. 585-636. E solo dopo quattro anni di discussioni fu licenziato in via definitiva un testo tuttora in vigore di appena ventuno articoli, subendo, tra l’altro, durante il cammino parlamentare, diverse modifiche. I giudizi di allora, ancorché contrastanti, furono per lo più positivi. Chi non ricorda i titoli dei principali quotidiani di quell’anno: Fisco più umano, pagherà i propri errori (2), Un Garante del contribuente (3), Maggiori garanzie per i contribuenti (4), Varato lo statuto del contribuente. Del Turco: pagherà anche lo Stato (5), Per lo statuto un debutto dimezzato (6). Ed a proposito di giudizi, voglio qui richiamare, fra i tanti, quello espresso dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri Commercialisti, che, nella circolare n. 32 del 2 agosto 2000, dava atto che disposizioni la volte nuova ad legge fissa assicurare il "[...] una rispetto serie dei di diritti fondamentali del contribuente tra cui si possono individuare, come si legge nella relazione governativa al provvedimento, una migliore informazione e chiarezza delle norme tributarie, un’adeguata conoscenza delle conseguenze delle proprie azioni sul piano fiscale, fiscale, la la speditezza semplificazione degli e tempestività adempimenti e dell’azione un equo e regolare svolgimento delle procedure di accertamento" . Certo, non mancarono anche i giudizi negativi, determinati dalla mancanza dei decreti di attuazione ma soprattutto dalla sfiducia di alcuni nella capacità di ricezione e di applicazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, dei princìpi e delle regole enunciati dalla legge. Ma dobbiamo, però, riconoscere che, per la prima volta, con lo statuto del contribuente, vengono raccolte una serie di norme che codificano i diritti dei contribuenti, interessati all’attività di accertamento e di riscossione degli uffici fiscali. Principi, questi, certamente ovvii ed evidenti, dato che sono già ampiamente disciplinati nella Carta Costituzionale. -6- Eppure, c’è chi ha definito tali principi “tanto banali quanto rivoluzionari”. Evidentemente perché i diritti dei contribuenti erano stati talmente dimenticati, calpestati e banalizzati da norme, circolari, sentenze, comunicati stampa, al punto tale da determinare il legislatore ad avviare una specifica iniziativa parlamentare che ha portato poi alla emanazione di una magna carta dei diritti del contribuente: il così detto appunto “Statuto del contribuente”. Grazie, quindi, a quella presa di posizione del Legislatore che oggi possiamo dire che lo Statuto del Contribuente è una legge dello Stato e quindi una realtà con cui bisogna necessariamente fare i conti. Una legge che dal punto di vista formale è una legge – è vero – come le altre, ma che dal punto di vista sostanziale è sicuramente una legge dal contenuto normativo di chiaro stampo costituzionale: violare i principi in essa contenuti vuol dire – a mio avviso – violare la nostra carta costituzionale. Si tratta, in buona sostanza, di una legge importante e, per alcuni versi, molto impegnativa, per la cui effettiva attuazione ed applicazione è richiesto, da parte di tutti gli operatori, un quotidiano sforzo culturale. Il problema è tutto qui. Questa legge, così come ogni legge, non vale soltanto per quello che contiene sul piano formale, ma per quanto si radica nella coscienza dei consociati, per come viene attuata dai destinatari, che in base ad essa hanno degli obblighi, e anche per come viene chiesta e invocata da chi in essa trova la fonte e lo strumento per la difesa dei propri diritti. E’ questo aspetto evidenziare e che che – mi sembra riguarda – tutti si debba maggiormente indistintamente (P.A. contribuenti, operatori del diritto, giudici ecc.). Si tratta, cioè, di convincersi che una legge di questo tipo, pur non essendo costituisce però da sola sufficiente lo strumento per a cambiare raggiungere una le cose, migliore tutela dei diritti del contribuente. E’ vero, si potrebbe obiettare: non sono visibili molte sanzioni nei casi di violazione dello Statuto. -7- D’altra parte, si tratta di una legge che enuncia principi generali, che da un lato individua gli obblighi dei contribuenti e dall’altro stabilisce i limiti del potere pubblico. Ma ribadire sempre principi generali, si contribuisce a tenerli vivi. Proprio per questo è importante, per la loro effettiva applicazione, lottare per la loro difesa, sollevare eccezioni tutte le volte che vengono violati, dinanzi alle Commissioni Tributarie o più in generale dinanzi agli organi competenti (penso soprattutto alla figura del Garante – Prof. D’Ayala). Così facendo, significato, non ma solo vuol si dire contribuisce anche a esserne riempirli gelosi custodi di e soprattutto evitarne la desuetudine. Nel corso della soffermeranno giornata, sicuramente dall’applicazione dello gli sui illustri relatori, risvolti Statuto del si pratici avuti contribuente, grazie all’opera coraggiosa di molti operatori del diritto. Pensate, per esempio all’eccezione che non manca quasi mai nei ricorsi e che viene sollevata quasi per abitudine, ossia la carenza di motivazione degli atti della Pubblica Amministrazione. Ebbene, c’è voluto l’articolo 3 della legge 241 del 1990 per ribadire questa necessità nei confronti del cittadino, così come è stato necessario ribadire tale obbligo di motivazione anche nei confronti del contribuente, quasi non fosse questi, innanzi tutto, un cittadino. Eppure, in termini pratici, seppure a fatica, tutto questo si è tradotto in un obbligo di reale motivazione degli avvisi di accertamento ed ha portato anche ad un rinnovato “look” delle cartelle esattoriali, pena la censura in sede processuale da parte dei giudici tributari. Quindi, la necessità di rispettare e far rispettare una legge dello Stato dalla valenza sostanziale rilevante, come quella di cui oggi ci occupiamo. Ed a proposito, mi piace fare un parallelo con l’esperienza della famosa L. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), la cui forza normativa ha caratterizzato il mondo del lavoro degli ultimi trenta e più anni. -8- Ma mentre in quel caso il soggetto forte dal quale “tutelarsi” è il datore di Contribuente lavoro, serve a nel mondo difendere tributario la parte lo Statuto contribuente del dalla “prepotenza” dello Stato. E’ sicuramente articolato di singolare legge Amministrazione essere per costretti arginare nell’esercizio e delle ad limitare proprie emanare la un Pubblica prerogative nei confronti dei cittadini: qui, infatti, i titolari degli obblighi sono soggetti di inadempimento diritto crea pubblico ed obiettivamente il loro maggiori eventuale difficoltà nell’effettiva applicazione della norma. E le difficoltà verso una effettiva e piena applicazione della legge 212, nascono, a mio avviso, proprio dal considerare tale aspetto. Non v’è dubbio che, sotto tale profilo, lo Statuto del contribuente ha subìto dei duri colpi a causa degli attacchi da parte dello stesso legislatore che, pur avendone concepito la nascita, ne ha poi, in parte e contraddittoriamente, favorito la disapplicazione, laddove, nel corso di questi anni, ha emanato leggi finanziarie addirittura con la seguente espressa previsione: “alla presente legge non si applicano le norme dello Statuto del Contribuente!” L’ultima, in ordine di tempo (lo ricordavo prima), è stata l’approvazione della legge di conversione del decreto c.d.“mille proroghe”, di cui è inutile riportare i commenti negativi e quali siano state le reazioni. Sono questi, purtroppo, cattivi esempi, dati fra l’altro, già all’indomani dell’entrata in vigore dello Statuto, che, pur essendo stati tutti stigmatizzati, di fatto fanno capire la enorme difficoltà per una effettiva applicazione. Ed allora è giunto il momento (per i giudici, gli operati del diritto, gli autorevoli studiosi ed esperti della materia), di dovere necessariamente incidere sul contenuto normativo delle singole disposizioni, proseguendo quella azione di resistenza e difesa cui tutti sono tenuti a continuare per vedere, finalmente ed effettivamente, attuati tutti i principi stabiliti dallo Statuto dei diritti del contribuente. -9- Ecco, perché (e mi avvio alla conclusione), mi auguro che anche da questo convegno possa chiaramente venire fuori un invito forte – direi quasi un’esortazione – da rivolgere a tutti gli operatori del contribuenti settore, sia legislatore; perché costante così come e la difesa provenga, auspico dei prima diritti dei tutto, dal di un’altrettanta costante attenzione (ed anche fermezza) da parte dei giudici tributari tutte quelle volte in cui sono chiamati a pronunciarsi sulla violazione di norme della legge 212 del 2000. E’ così, infatti, che si educano i destinatari di provvedimenti di legge a rispettarne il contenuto. PRIMA SESSIONE RELAZIONE INTRODUTTIVA Prof. Gianni Marongiu, ordinario di Diritto Tributario Università di Genova. “Lo Statuto del contribuente e i vincoli al legislatore” 1. A metà degli anni “80”, riflettendo sullo stato, non buono, della disciplina dei tributi si richiedeva, almeno, “una nuova politica legislativa e della codificazione fiscale". "La legislazione fiscale non può essere - come è stato dopo la riforma del 1971-1973 - analitica ed enumerativa, per casi e sottocasi, soprattutto in un sistema che estende la libertà contrattuale fino ad ammettere i contratti innominati e dunque l'uso indiscriminato di strumenti civilistici per ottenere risultati fiscalmente non previsti o previsti con la minima incidenza fiscale. Lo sforzo di inseguire e fotografare con norme fiscali i processi reali dell'economia ha creato un apparato normativo la cui inutilità è data e segnata proprio dalla sua espansione e che ormai si avvita nella paralisys by analysis, con effetti di blocco e di ritardo dannosi per l'economia. La legislazione fiscale deve essere ricostruita per principi (come era nel testo unico delle imposte dirette del - 10 - 1958). Il corpo normativo deve essere raccolto in un nuovo testo unico che non può essere una raccolta delle norme esistenti per i vari tributi ma che deve contenere una parte generale di regolazione degli istituti generali e, dunque, comuni ai vari tributi"1. In sintesi, all’esigenza della semplificazione applicativa e amministrativa si affiancava l’altrettanto impellente necessità dell’arresto della profluvie normativa e della stabilizzazione dell’ordinamento tributario per evitare che le leggi tributarie si riducessero a dei “palinsesti di norme incapaci di norme, si sopravvivere alla annuale legge finanziaria”2. La maggiore trasparenza soggiungeva, adempimenti avrebbe, formali e conoscibilità ovviamente, onde delle interagito “semplificazione”, anche sugli “trasparenza”, “stabilità” divennero la formula sintetica per coloro, che, da posizioni di minoranza, intendevano agevolare la realizzazione della pretesa fiscale. Obiettivi che rimasero tali ancora per alcuni anni se, nella relazione al Senato a un disegno di legge costituzionale del 1992 (relativo a una possibile “Carta dei diritti del contribuente”), si legge: “L’attuale sistema tributario è sempre più condizionato dalle soluzioni, peraltro sempre più precarie e di emergenza, immaginate dalle forze di governo per far fronte ai problemi posti dalla “crisi fiscale dello Stato”. “In tale contesto dell’attenzione è opportuno l’esigenza di una riportare piena al centro realizzazione dei diritti dei cittadini nella coscienza che il “contratto sociale” delle moderne società si regge essenzialmente sul “patto fiscale”, patto che implica “diritti” e “doveri” reciproci dello Stato e del cittadino. In tal modo si può meglio comprendere che praticare trascurare una il politica momento dei della diritti non significa “responsabilità” affatto individuale o collettiva. Il presente disegno di legge prospetta quindi una “Carta dei diritti del contribuente”. 1 2 La relazione è pubblicata in Il foro it., 1986, V, col. 119. Così G. MARONGIU, Le riforme tributarie a “costo zero” in Riv. trim. dir. pubbl., 1989, p. 378. - 11 - “La nostra proposta di legge mira essenzialmente a mettere ordine e a restituire correttezza al rapporto tra cittadino e amministrazione tributaria anche al di là dei limiti in cui ciò è reso possibile dall’applicazione all’area tributaria dei principi fissati nella recente l. 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo. “L’esigenza di contribuente realizzazione appare di oggigiorno una Carta dei indiscutibile, diritti specie del se si considera che la legge n. 241 del 1990, nel dettare nuove norme in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi, ha espressamente ribadito l’obbligo improntare di economicità, di che la la efficacia pubblica propria e di amministrazione azione a pubblicità”, ha “criteri così di come ha generalmente garantito in maggior misura la tutela dei diritti civici nei confronti dell’azione amministrativa. “Il dato principale dal quale occorre muovere è che il vigente sistema fiscale incentra la fase di accertamento dei procedimenti tributari sulla attiva ed esclusiva collaborazione del cittadino-contribuente, sul quale ricade l’onere di conoscere ed interpretare una normativa vasta, frammentaria e complessa, fonte pressochè inesauribile di nuovi obblighi e vincoli di carattere spesso meramente formale. “Queste difficoltà di conoscenza e di intelleggibilità della normativa rappresentano la causa prima della mancata conformazione dell’attività tributaria ai menzionati canoni di economicità, efficacia e pubblicità, così come la frammentarietà costituisce una delle principali cause tecniche delle diseguaglianze fiscali”3. * * * * * * 2. Dalle descritte esigenze mossero i progetti, ufficiosi4 e ufficiali5, di redigere uno Statuto dei diritti del contribuente. Così la relazione di accompagnamento al d.l.cost. 4 gennaio 1992, atto n. 322, primo firmatario il sen. prof. Vincenzo Visco, pubblicata, assieme al testo dell’articolato, in Dir. prat. trib., 1993, I, pg. 240-254 con un’osservazione di G. Marongiu. 4 Si veda G. MARONGIU, Contributo alla realizzazione della “Carta dei diritti del contribuente”, in Dir.prat.trib., 1991, I, pg. 585-636 e Id., Disposizioni sulla legge tributaria in - 12 3 Progetto che incontrò difficoltà sempre maggiori quanto più, dal 1996, entrò in una fase decisiva con la presentazione al Senato (18 settembre 1996) dello schema di legge approvato dal Consiglio dei Ministri l’8 agosto 19966. Ebbene, quando le prospettive di un sollecito varo dello Statuto si fecero concrete7, apparve sull’orizzonte una minaccia ancor più sottile e subdola delle dure resistenze in specie burocratiche8, il suggerimento di approvarlo con la veste di una legge costituzionale. Evidente era la trappola ove si consideri che l’“iter” normale di discussione e approvazione è durato quattro anni, dal 1996 al 2000: i tempi si sarebbero raddoppiati e neppure nella tredicesima legislatura lo Statuto avrebbe visto la luce e, molto probabilmente, in una stagione (quali sono stati gli anni dal 2001 al 2005) connotata dall’uso e dall’abuso dei condoni, l’antitesi dei principi costituzionali, esso sarebbe stato definitivamente affossato. Al riguardo è, quindi, opportuno spendere qualche ulteriore parola perché, anche a Statuto emanato, qualcuno ha lamentato la mancata adozione di una legge costituzionale e ha denunciato questa scelta come un limite, foriero del suo immaginabile, e da qualcuno fosse auspicato, fallimento. Un autorevole nonostante quotidiano pretenda economico di contenere scrisse: “Lo principi Statuto generali dell’ordinamento tributario, come pomposamente si legge nel suo art. 1, continua a manifestare i suoi limiti … “Limiti che non si sarebbero manifestati se anziché approvare una legge purchessia, si fosse seguito il suggerimento di adottare una legge costituzionale”. generale, ivi, 1994, I, pg. 337 sg. e qui (pg. 366-368) il testo di un elaborato normativo redatto in collaborazione con il prof. Cesare Glendi. 5 Si veda la più risalente proposta di legge 20 dicembre 1990 (n. 5079) in Dir.prat.trib, 1991, I, 198 sg. e poi ancora il disegno di legge citato alla nota 90. 6 Si veda il testo in Corr.trib., 1996, n. 36, pg. 2805 sg. corredato dalla Relazione di accompagnamento. 7 Si veda G. MARONGIU, Contributo alla realizzazione dello Statuto del contribuente, in Tributi, 1999, p. 3. 8 Si vedano G.MARONGIU, Statuto del contribuente: primo consuntivo a un anno dall’entrata in vigore in Corr.trib., 2001, pg. 2069 sg.; e anche F. D’AYALA VALVA, Il principio di cooperazione nello Statuto dei diritti del contribuente, Roma, 2003, pg. 46 sg. - 13 - Una legge purchessia? Era da più di due lustri che si susseguivano i progetti ma nessuno era mai arrivato in porto perché lo Statuto incontrava fortissime, seppure sotterranee, resistenze, frettolosi anche perché esso, decreti-legge, era in un un mondo popolato di apprezzabile spezzone di diritto tributario parlamentare. L’Europa giuridica avrebbe riso e avrebbe tratto amare conclusioni sull’affidabilità di un paese nel quale per imporre la motivazione degli atti tributari non basta(va) la legge del 1990, per imporre il principio di buona fede non basta(va) il codice civile, per introdurre l’interpello non era sufficiente una legge ordinaria: ci voleva una legge “Costituzionale”! In realtà, e a costituzionalizzare ben neppure guardare, i non precetti era oggi opportuno contenuti negli articoli 3 e 4 perché il divieto assoluto di retroattività e di spiccare decreti legge in materia tributaria avrebbe costretto il legislatore ordinario in un inaccettabile e inopportuno letto di Procuste, esso sì contrario ai principi costituzionali proprio per l’impossibilità di affrontare anche gli effettivi stati di emergenza o di porre rimedio a errori o ingiustizie. Ma, anche a ritenere di dover riconoscere (in astratto) valenza costituzionale ai precetti contenuti negli artt. 3 e 4, due sarebbero state le alternative certamente rovinose, o rinunciare a tutte le norme successive all’art. 4 o scrivere due Statuti, uno con dignità di legge costituzionale e uno con dignità di legge ordinaria: insomma uno Statuto di serie A e uno di serie B. E’ facile immaginare gli ulteriori sorrisi per un vero capolavoro del perpetuo bizantinismo. Una sola è allora la previa conclusione: di fronte a norme nuove vale la loro qualificazione formale ma soprattutto l’impegno a studiarle per coglierne tutte le possibili implicazioni. E lo Statuto merita di essere studiato e applicato (come accade) perché esso, anche nella sua qualificazione di legge ordinaria recante “principi”, “si sta dimostrando, per la sua organicità e, se si vuole, interpretativo per la importante sua nella solennità, prassi un riferimento amministrativa e - 14 - giurisprudenziale”9 nonché, si può soggiungere, nella crescita di una consistente e qualificata produzione dottrinaria. E’ vero, certamente, che il legislatore lo soffre, tende a svilirlo e a mortificarlo10 ma in ciò sta il segno della sua vitalità se non altro perché è la misura dello scostamento della legislazione spessore dai “buoni giuridico, costituzionale, a e corretti anche doglianze in che, principi” termini e dà di altrimenti, fondo e legittimità rimarrebbero le ennesime giaculatorie11. E peraltro significativo che il 1° agosto 2007 la Commissione finanze votato, del Senato, presieduta all’unanimità, una da Giorgio mozione Benvenuto, abbia affinché, nella predisposizione della “Finanziaria 2008”, Governo e Parlamento rispettino soprattutto l’intero art. 3 dello Statuto12 * * * * * * 3. In sintesi, e tornando alla genesi dello Statuto, tutte le esigenze e le istanze sopra ricordate furono rese concrete dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo “Statuto dei diritti del contribuente”, dell’ordinamento che tributario codifica mai i formulati principi prima generali nel nostro Paese13. Provvedimento talmente importante e innovativo che ha dato impulso all’esigenza di ridisegnare l’ordinamento Così R. LUPI, Diritto tributario. Parte generale, Milano, Giuffrè, 2005, ottava ed., p. 34. In una intervista a Giorgio Benvenuto, presidente della Commissione finanze del Senato e tenace sostenitore dello Statuto, si legge a proposito delle norme tributarie retroattive: “Abbiamo contato una violazione nella XIII legislatura e 17 dal giugno 2001 all’aprile di quest’anno. E altre sei da quando il centrosinistra è tornato al Governo”; ma lo stesso senatore soggiunge: “Le tasse che retroagiscono sono il risultato del modo convulso con cui si fanno le leggi fiscali in Italia: sulla pelle del contribuente che deve confrontarsi con continue violazioni dei suoi diritti” (così su Il Sole-24 Ore di sabato 25 novembre 2006, p. 25). 11 Sulle violazioni, perpetrate dal legislatore, degli artt. 2, 3 e 4 dello Statuto si veda la relazione della Corte dei conti depositata il 25 maggio 2007 (rel. il consigliere Stefano Siracusa). 12 Si veda Il Sole 24 Ore di giovedì 2 agosto 2007. 9 10 A commento, anche con ampi riferimenti alla giurisprudenza e alla letteratura, si vedano Lo Statuto del contribuente, a cura di A. FEDELE e di A. FANTOZZI, Milano, Giuffrè, 2006 (di seguito citato come “Lo Statuto, Milano, cit.”); G. MARONGIU, Statuto del contribuente in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 2006; G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente nella quinquennale esperienza giurisprudenziale, in Dir. prat. trib., 2005, I, p. 1007 sg.; A. URICCHIO, Statuto del contribuente, in Digesto disc. priv. sez. comm., agg. 11, Torino, 2003, pg. 845 sg.,nonché il volume collettaneo citato nella nota seguente. - 15 13 tributario italiano e non a caso esso era esplicitamente richiamato nella legge delega per la riforma del sistema fiscale statale (legge 7 aprile 2003, n. 80)14. Certo quest’ultima non è stata attuata ma in essa, per la prima volta, si prevedeva la codificazione15 “articolata in una parte generale” e in una parte speciale e si soggiungeva che “la parte generale ordina il sistema fiscale sulla base di più principi e tra questi sancisce che “le norme fiscali, in coerenza con le disposizioni contenute nella legge 27 luglio 2000, n. 212, sono informate ai principi di chiarezza, semplicità, conoscibilità effettiva, irretroattività”. Traspare, all’evidenza e immediatamente, che la legge del 2000 è innovativa non solo perchè l’Italia non ha mai avuto uno “Statuto dei diritti del contribuente” ma perchè esso va ben al di là di ciò che suggerisce il suo titolo e di ciò che fino ad oggi hanno attuato Paesi che lo Statuto hanno da tempo. Non è certamente questa la sede per procedere a una analisi dei differenti “Statuti”, o “Carte dei diritti del contribuente”, adottati in Francia nel 1975, in Australia nel 1982, in Canada nel 1985 e in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nel 1988 16. Può dirsi, peraltro, senza tema di smentite, che, mentre la più gran parte delle “Carte” degli Stati aderenti all’OCSE è volta a informare i contribuenti dei loro diritti nel procedimento amministrativo di imposizione e a garantirli17, quello italiano va oltre poiché disciplina “anche il modo di legiferare in Per le speranze suscitate dalla cennata legge delega, andate presto deluse per l’inerzia del Governo, proprio nel 2003, in coincidenza con il centesimo anniversario della nascita di Ezio Vanoni, si tenne a Genova, per iniziativa dell’ANTI, un convegno dedicato al commento dello Statuto: i lavori di M. Beghin, R. Cordeiro Guerra, L. Del Federico, E. Della Valle, G. Marongiu, M. Miccinesi, L. Salvini, S. Sammartino, D. Stevanato, A. Uricchio sono raccolti nel volume collettaneo “Lo Statuto dei diritti del contribuente” a cura di G. Marongiu, Torino, Giappichelli, 2004, di seguito citato come “Lo Statuto,Torino, cit.” 15 Si veda G. MARONGIU, Dallo Statuto del contribuente al codice tributario nel ricordo di Ezio Vanoni, in AA.VV., La politica economica tra mercati e regole, Rubbettino, 2005, pg. 237 sg. 16 Si veda OCSE, Droits et obligations des contribuables: description de la situation légale dans les pays de l’Ocde, Paris, 1990. 17 Si veda F. d’AYALA VALVA, Origini e prospettive dell’istituto del garante del contribuente. Riflessioni dopo il primo quinquennio, Padova, 2006, spec. pg. 9-12. - 16 14 materia tributaria, costituendo il primo passo verso la codificazione fiscale”18. Significativamente disposizioni tributario e l’art. 1 della legge statuisce che le sue costituiscono attuazione principi degli generali artt. 3, 23, dell’ordinamento 53 e 97 della Costituzione. Infatti, le disposizioni dello Statuto, in quanto dichiarate principi generali, assumono una particolare collocazione nella gerarchia delle disposizioni fonti speciali del diritto19. possono derogare E’ a ben quelle vero che le generali di principio ma “è altrettanto vero che la specialità della legge derogativa dei principi deve essere in qualche modo giustificata sulla base di esigenze particolari e che, inoltre, i principi forniscono la chiave interpretativa delle disposizioni speciali, le quali, per quanto possibile, devono essere conformate ai principi”20. A maggior ragione, soggiungo, se tali principi costituiscono l’attuazione di fondamentali precetti costituzionali. * * * * * * Così si legge nella relazione della VI Commissione permanente della Camera presentata il 20 settembre 1999 dall’on.le prof. G. Marongiu. 19 Per una considerazione della gerarchia delle fonti del diritto, all’interno di una fonte dello stesso grado, si veda RUSSO-DORIA-LENER, Istituzioni delle leggi civili, Padova, 2004 ove (a pag. 13) si legge:”E’ ravvisabile una gerarchia anche nell’ambito di una fonte di un certo grado. Ad es., nel codice civile esistono disposizioni che vengono ritenute fondamentali (c.d. principi) in ragione del loro livello elevato di generalità. Queste disposizioni informano del loro contenuto le disposizioni particolari ed attribuiscono ad esse uno specifico significato. Sono, quindi, gerarchicamente superiori e le disposizioni particolari se vogliono derogare ad esse devono porsi esplicitamente come norme derogatrici di un principio”. Nel testo si sottolinea la particolare importanza della gerarchia delle fonti dello stesso grado, val quanto dire dei rapporti tra diritto generale e diritto speciale: “Il vero è che raramente si pone un conflitto di fonti (per il contrasto tra le norme poste da esse) risolvibile applicando il criterio “gerarchico”. E ciò perché le fonti di grado superiore contengono norme che hanno un campo di applicazione generale mentre le fonti di grado inferiore hanno un campo di applicazione più ristretto, e a volte assai specifico. La fonte di grado inferiore, quindi, non confligge apertamente e direttamente con la fonte di grado superiore, ma opera in concorrenza e in combinazione con quest’ultima in un campo di applicazione specifico. Esistono, poi procedimenti per “adeguare” il significato delle fonti di grado inferiore al significato delle fonti di grado superiore, le quali esplicano la loro incidenza, (la loro superiorità gerarchica) nell’ambito del procedimento di interpretazione della legge”. 20 Così E. RUSSO, La natura negoziale “determinativa” della dichiarazione dei redditi in Riv.dir.civ. 2005, pp. 395-396. - 17 18 4. Lo Statuto, coerentemente, nelle sue prime norme, è volto a garantire una disciplina tributaria scritta per principi, stabile nel tempo, affidabile e trasparente e perciò idonea ad agevolare, nella interpretazione, l’amministrazione finanziaria sia il (anch’essa contribuente ha che ripetutamente e giustamente documentato difficoltà nell’intendere e nel gestire un ordinamento “torrentizio”) e a diminuire gli alibi del primo nel tentare e realizzare comportamenti “evasivi”. E’, per altro, riduttivo intendere i precetti dello Statuto (ancorchè esso non abbia natura di legge costituzionale) come una sorta di manifesto frettolosamente comportamenti scrisse, non di buone volto esemplari intenzioni, a del come qualcuno condannare in astratto i legislatore, ma inidoneo a ostacolarli in concreto per la mancata sovraordinazione dello Statuto stesso21. Innanzi tutto,la lettura dei singoli precetti, congiuntamente con la clausola di autoqualificazione di cui all’art. 1, comma primo, esprimente la funzione attuativa di determinate disposizioni della Costituzione, e in particolare degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. 22, è stata salutata con favore in quanto “l’intento prospettiva di orientare in costituzionale senso del garantistico diritto tutta tributario la merita particolare apprezzamenti alla luce della tendenza costante, fin qui manifestata discrezionalità dal in legislatore, materia, fino a a sfruttare farla la propria trasmodare in arbitrio”23. Muovendo dalla riconosciuta e lodata connotazione garantista del complesso delle norme e delle più puntuali disposizioni dello Statuto, può allora prospettarsi una ricostruzione che non fonda la vincolatività delle meta-norme su profili formali, ma, Contro questa lettura riduttiva si veda L.PERRONE, Valenza ed efficacia dei principi contenuti nello Statuto del contribuente, in Diritto tributario e Costituzione, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007, p. 433 sg. 22 Si vedano a commento G.FALCONE Il valore dello Statuto del contribuente in Il Fisco, 2000, 11038 sg. e S. LOMBARDI, Statuto dei diritti del contribuente e teoria delle fonti, in Riv.dir.trib. 2005, n. 2, pg. 165 sg. e qui ampie considerazioni in specie sugli artt. 3 e 4. 23 Si veda C. PINELLI,Sulle clausole rafforzative dell’efficacia delle disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente (l.n. 212 del 2000) in Foro it., 2001, n.5, p.102 sg. - 18 21 all’opposto, sulla rilevanza del contenuto, invece che del contenente, della legge. Il che sta a significare che le disposizioni dello Statuto possono fungere da ausilio interpretativo nella lettura degli stessi articoli della Costituzione in esso richiamati e i suoi principi possono e debbono rivestire la funzione di un canone ermeneutico vincolante per l’interprete. Ebbene è proprio questa l’impostazione della Corte di Cassazione che dello Statuto ha colto lo spirito e la valenza. Lo spirito allorquando ha statuito che “il cosiddetto Statuto del contribuente è uno strumento di garanzia del contribuente che serve ad arginare il potere dell’erario nei confronti del soggetto più debole del rapporto di imposta”24 e ancora che “uno Stato moderno che operi secondo criteri di efficienza e di coerenza non deve avere timore di porsi su un piede di parità con il cittadino (non più suddito)”25. La valenza quando il Supremo Collegio ha affermato e asseverato la “superiorità assiologica” dei principi dello Statuto26. Questa è, quindi, la nuova linea interpretativa, e cioè che va rifiutata, di una norma (si trattava di una norma del processo tributario), l’interpretazione che la porrebbe “in patente contraddizione con la ratio del nuovo processo tributario, che è ispirato alla tutela dei diritti del contribuente (e in particolare dell’inalienabile diritto di difesa), nel quadro di una assimilazione ai caratteri del processo civile, nonché con i principi “forti” che, alla luce della legge n, 212 del 2000, caratterizzano l’attuale sistema tributario nella direzione di un “riequilibrio” contraddittorio”: delle “imporre posizioni al delle contribuente, ha parti in soggiunto il Supremo collegio, l’impugnazione cumulativa dell’atto successivo e dell’atto notificazione, presupposto del significherebbe quale sia stata privilegiare omessa la immotivatamente l’amministrazione finanziaria, recuperandone in via processuale l’azione 24 25 26 impositiva esercitata in violazione della specifica Così Cass., sez. trib., 21 aprile 2001, n. 5931. Così Cass. sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760. Così Cass., sez.trib., 12 febbraio 2002, n. 17576: si veda amplius al par. - 19 - scansione procedimentale dettata dalle regole di diritto sostanziale”27 Da questi primi riferimenti emerge, senza tema di smentita, che sono forti le “rationes” obiettive sottese allo Statuto e anche quale è la sua specifica incisività. Esso vuole fare uscire da una stagione negativa nella quale l’intento “protezionistico” provvedimenti dell’erario legislativi nell’interpretazione della o lo si trovava emergeva giurisprudenza nei prepotente guidata da una malintesa tutela dell’interesse fiscale (in alcuni non rari casi sarebbe più corretto parlare di “ragione di Stato”) e ciò accadeva nonostante che una illustrissima dottrina insegnasse, già decenni or sono, che “niente nell’art. 53 Cost., sta ad indicare che all’interesse fiscale sia data una qualsiasi prevalenza nell’ordine dei valori costituzionali”28. E vi riesce per più ragioni e sotto diversi profili. In primo luogo le disposizioni dello Statuto, esprimendo una valutazione del legislatore, un dall’autoqualificazione giudizio dello di Statuto valore, stesso rafforzato come legge di attuazione costituzionale, comportano che eventuali deroghe a tali disposizioni, giustificate, possono qualora essere non siano censurate sufficientemente sul piano della loro costituzionalità. In secondo luogo i principi determinati dal legislatore rappresentano il parametro per l’interpretazione di altre disposizioni normative che devono essere sorrette dalla regola espressa statutariamente dallo stesso fissati principio. esprimono Infine, precetti i la principi cui forza espansiva trova fondamento nella volontà del legislatore29. In sintesi, Costituzione il richiamo “sta a agli artt. significare che 3, le 23, 53 e 97 della prescrizioni dello Statuto rappresentano, per espresso e autorevole riconoscimento del legislatore ordinario, il necessario ed equilibrato Così Cass. sez.un., 25 luglio 2007, n. 16412. Così V. CRISAFULLI, In tema di capacità contributiva, in Giur. cost., 1965, spec. pg. 861-862. 29 Si vedano amplius, M. LOGOZZO, L’ignoranza della legge tributaria, Milano, Giuffrè, 2002, spec. pg. 38 e G. TINELLI, I principi generali, in Atti del convegno di Perugia del 10 marzo 2001 in Il fisco, 2001, n. 39, p. 9. - 20 27 28 contemperamento delle contrapposte esigenze di rango costituzionale che si fronteggiano in materia tributaria”30. Ed esse, come esprimendo la concreta valori esperienza fondanti ha subito dell’ordinamento dimostrato, tributario, collegati a quelli sanciti dalla Costituzione, sono destinate a orientare sia l’attività interpretativa che la produzione normativa assicurando nel contempo la sindacabilità dell’unità e della coerenza dell’ordinamento: anzi, ha deciso il Supremo Collegio “quando si tratti di leggi in senso sostanziale emanate dal Governo su delega parlamentare, quando si tratti, cioè, di “leggi di parte” la lettura costituzionale deve essere più penetrante31. * * * * * * 5. Lo Statuto ha inteso attribuire alle proprie disposizioni il valore come di già “principi generali sottolineato dell’ordinamento dalla Corte di tributario” Cassazione, e, questa autoqualificazione “trova puntuale rispondenza nella effettiva natura della maggior parte delle disposizioni stesse, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell’ordinamento tributario, nonchè dei relativi rapporti”. A queste specifiche autoqualificazione delle “clausole rafforzative” disposizioni stesse “deve di essere attribuito, perciò – soggiunge la Corte smentendo i pavidi e i conformisti32 – un preciso valore normativo ed interpretativo sia sé hanno costituzionali la funzione richiamate di dallo dare attuazione Statuto sia sé alle norme costituiscono “principi generali dell’ordinamento tributario”. “Il legislatore, l’intenzione di infatti, attribuire ha ai manifestato principi esplicitamente espressi nelle disposizioni dello Statuto, o desumibili da esso, una rilevanza del tutto particolare nell’ambito della legislazione tributaria Così P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, parte generale, Milano, Giuffrè, 2002, 63. Così Cass., sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760. 32 Per una replica ad alcune prime letture scettiche dello Statuto rinvio alla mia noterella apparsa in Corr. Trib., 2001, 2069 sg. - 21 30 31 e una sostanziale superiorità rispetto alle altre disposizioni vigenti in materia. Nella categoria dei principi giuridici è insita inoltre – come si desume dal secondo comma dell’art. 12 delle preleggi – la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto”. Ne consegue, insegna ancora la Corte di Cassazione, che, enucleati, dall’art. 1, primo comma, quattro enunciati – a) l’autoqualificazione delle disposizioni dello Statuto come attuative della Costituzione; b) il valore di tali norme, come principi generali dell’ordinamento tributario; c) il divieto di deroga o modifica delle norme, in modo tacito; d) il divieto di deroga o modifica mediante leggi speciali, “Quale che possa essere l’incidenza dei quattro enunciati normativi contenuti nel primo comma dell’art. 1 della legge n. 212 del 2000….. è certo, però, che alle autoqualificazione specifiche delle clausole disposizioni rafforzative stesse come di attuative delle norme costituzionali richiamate e come principi generali dell’ordinamento tributario, deve essere attribuito un preciso valore normativo”. distinti E poiché significati “… della il tratto locuzione comune ai “principi quattro generali dell’ordinamento tributario” è costituito, quanto meno, dalla superiorità assiologica dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete”….. “il dubbio portata interpretativo di qualsiasi ambiti materiali essere risolto o applicativo disposizione disciplinati dall’interprete sul significato tributaria che dalla legge n. nel senso più e sulla attenga 212/2000 conforme ad deve ai principi statutari”33. E “questa legislatore prescrizione tributario, non ma è diretta si soltanto riflette come al futuro criterio interpretativo sull’esercizio della stessa attività applicativa dell’interprete, che è chiamato ad applicare quei principi anche con riferimento a leggi tributarie che non siano state oggetto Così Cass. sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17576, in Giur. it., 2003, I, 2194, con nota di A. TURCHI, e anche Cass., sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760. - 22 33 di correzione, vale a dire virtualmente tutte le altre norme dell’ordinamento tributario”34. Fondamentale è, nell’interpretazione quindi, delle il ruolo disposizioni dello tributarie Statuto di rango legislativo35, così come il Supremo Collegio, con la sentenza ora citata (Cass. n. 17576), mostra di condividere l’impostazione secondo la quale lo Statuto contiene disposizioni volte a orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario, “per cui, dopo questa sentenza, il collegamento tra diritto tributario e diritto costituzionale appare più stretto e la Costituzione appare più vicina”36. * * * * * * 6. In coerenza con il suo impianto, per cui “le disposizioni dello Statuto costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario” (e quindi di tutto l’ordinamento tributario), l’art. 1 statuisce, al terzo comma, che “le Regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla presente legge in attuazione delle disposizioni in essa contenute”37. Soggiunge il quarto comma che “gli enti locali provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai principi dettati dalla presente legge”. In adesione a una delle interpretazioni prospettate in dottrina sulle conseguenze del mancato adeguamento allo Statuto da parte delle province e dei comuni, la giurisprudenza ha correttamente e inequivocabilmente deciso che le norme dello Statuto (nel caso concreto si trattava della disposizione che ha reso obbligatoria l’allegazione dell’atto richiamato al provvedimento impositivo) sono immediatamente applicabili anche agli atti delle Così Cass., sez. trib. 14 aprile 2004, n. 7080. Al riguardo si veda L. MURCIANO, Statuto del contribuente e fonti del diritto tributario: un’ipotesi interpretativa sull’art. 23 Cost., in Riv.dir.trib., 2002, I, 921 sg. e spec, 950 sg. 36 Così G. FALCONE, Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione tributaria, in Il Fisco, 2003, 2221 e sg. 37 Lo stesso terzo comma prevede che “Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi ordinamenti delle norme fondamentali contenute nella medesima legge”. - 23 34 35 amministrazioni locali a prescindere dal termine assegnato agli stessi per adeguare i rispettivi statuti e regolamenti ai principi desumibili dallo Statuto38. Soluzione statuto condivisibile, si impositore applicano diverso ai quella per rapporti cui fra “i principi contribuente dall’amministrazione dello ed finanziaria ente dello Stato”39 anche sé molte delle norme dello Statuto non richiedono alcun adeguamento: così dicasi della informazione del contribuente (art. 5), dell’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati (art. 6) e dell’interpello (art. 11) in relazione al quale appare condivisibile l’opinione secondo cui esso trova applicazione anche per i tributi locali pur in assenza delle norme regolamentari dettate al riguardo dall’ente locale40. Ma un rilievo non minore hanno, per i tributi locali, le norme che sanciscono la motivazione degli atti pretensivi, la tutela dell’integrità patrimoniale e il rispetto dell’affidamento e della buona fede41. Sarebbe, per altro, limitativo ritenere che abbiano concreta applicazione solo le norme dello Statuto che attengono allo specifico e concreto rapporto obbligatorio. Invero dalla qualificazione dello Statuto sopra evidenziata discendono conseguenze rilevanti anche sotto il profilo della sua attuazione nell’ordinamento delle Regioni e degli enti locali. Quanto alle prime ciò appare evidente alla luce della nuova formulazione dell’art. 117 Cost.42 secondo il quale “nelle materie di legislazione concorrente (fra le quali rientra il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario) spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la Così Cass., sez. trib., 22 marzo 2005, n. 6201. Così Cass., sez. trib., n. 21513 del 2006. 40 Così A. URICCHIO, in Lo Statuto, Torino, cit., pag. 179 sg. e anche A. URICCHIO, L’attuazione dell’interpello negli Enti territoriali, in AA.VV., Il diritto di interpello, a cura di G. CAPUTI, Roma, 2003, pg. 233 sg. 41 A quest’ultimo proposito si veda infra ( al par. ) la sentenza della Corte di cassazione che ha applicato detto principio alla Tarsu. 42 Si veda la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e a commento M.C. FREGNI, Autonomia tributaria delle Regioni e riforma del titolo V della Costituzione in Diritto tributario e Corte costituzionale, cit., p. 477 sg. - 24 38 39 determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Sebbene nel precisi la nuovo portata titolo di quinto tale della locuzione, Costituzione ritenendosi non si “principi fondamentali” quelli stabili e univoci in qualche modo legati alla tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico e ricavabili dai parametri costituzionali”43, può ragionevolmente concludersi che tra i “principi fondamentali” di cui all’art. 117 Cost. rientrano le norme dello Statuto del contribuente sia se emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. sia se “principi generali dell’ordinamento tributario”44. Resta da chiedersi se le norme dei regolamenti comunali e provinciali che si pongono in contrasto con le disposizioni dello Statuto debbano considerarsi abrogate, sia pure in modo implicito. Sebbene la legge non rechi una norma esplicita deve ritenersi che i regolamenti non adeguati ai principi generali posti dallo Statuto finiscano per essere viziati da illegittimità sopravvenuta, la quale trascina con sé tutti gli atti normativi consequenziali. Tale conclusione, si scrive, non discende, soltanto, dalla collocazione dello Statuto del contribuente e dei regolamenti comunali su piani diversi nella gerarchia formale delle fonti, ma soprattutto dalla capacità condizionante dello Statuto conseguente alla qualificazione di principi generali delle disposizioni ivi contenute. * * * * * * * 7. Lo “Statuto” vuole essere, in primo luogo, un piccolo ma sostanzioso contributo alla chiarezza e alla trasparenza delle disposizioni tributarie. E’ un’esigenza, questa, addirittura elementare perchè le norme tributarie sono troppo spesso incomprensibili a causa dei rinvii mediante date e numeri a leggi precedenti e, ciò che è peggio, Così F. GALLO, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 Cost., in Rass. trib., 2002, p. 596; così mi pare anche A. FEDELE, Appunti delle lezioni di diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2005, p. 119 secondo il quale “l’inserzione nello Statuto del contribuente qualifica incontestabilmente la regola dell’irretroattività come principio generale del diritto tributario, operante anche nelle materie di competenza legislativa regionale se non altro come principio di coordinamento” 44 Così A. URICCHIO, in Lo Statuto, Torino cit., p. 175. - 25 43 non facilmente identificabili perchè inserite in provvedimenti che non hanno natura tributaria. Al riguardo la legge del 2000 ha enucleato, nei quattro commi dell’art. 2, alcune regole che così sono formulate: “Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni di carattere tributario devono menzionare l’oggetto nel titolo e la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute; “le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima; “i richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio; “le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato”45. Se questo dispone lo Statuto è agevole dedurre il “bene” protetto, la conoscibilità effettiva degli articolati normativi. Essa è garantita, individuazione delle in positivo, disposizioni disponendo tributarie e la facile in negativo statuendo che i precetti fiscali non possono essere contenuti in provvedimenti non tributari (è, in altre parole, la garanzia dell’omogeneità); deteriore, si legislative contenuto inoltre, vuole devono della modificative di che battendo i richiami indicare, disposizione leggi in breccia di seppure richiamata, tributarie debbono altre una prassi disposizioni sinteticamente, mentre riportare le il il norme testo modificato. Evidente, come si diceva, è l’intento perseguito perchè se, da un lato, sussiste l’esigenza dell’ente impositore di contare su risorse determinate in tempi certi per consentire alla mano pubblica di realizzare i propri compiti, dall’altro chi Per la attenta, diffusa, analisi di questi precetti si veda F. VARAZI, Contributo alla certezza della norma tributaria, in Statuto , Milano, cit,, pg. 73-87. - 26 45 contribuisce alla spesa deve poter conoscere l’ammontare e le modalità della propria partecipazione. E’ questa un’esigenza sottesa anche ad altre norme dello stesso Statuto tant’è finanziaria che, secondo l’art. 5, “l’amministrazione deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore”. Ma è un obbligo che grava, innanzi tutto, sul legislatore che, ai sensi dell’art. 2, deve garantire, ai destinatari delle norme fiscali, la loro individuazione e la loro, non anodina, lettura. Il che, si badi, costituisce, logicamente, un “prius” rispetto alla cronica mutevolezza di cui soffre l’ordinamento (si fa per dire) tributario italiano. L’art. 2 costituisce un “prius” perchè vuole garantire non solo norme chiare e intelleggibili ma anche individuabili e reperibili da parte di chi a quei precetti è chiamato a dare ampia applicazione, come è, oggi, per il contribuente. Significativamente la direttiva del Ministro delle finanze 21 settembre 2000 esige che “d’ora in avanti particolare attenzione sia riservata alla qualità dei testi normativi perchè è evidente che lo Statuto in questa parte si rivolge sia al Governo che al Parlamento”; legislativo così come la relazione illustrativa del decreto recante le disposizioni correttive di leggi tributarie vigenti46 sottolinea che l’art. 2 è finalizzato “a rendere immediatamente percepibile per il contribuente la portata delle modifiche dei testi”. Orbene, alla luce di queste considerazioni non è facile individuare cosa può accadere quando il legislatore adotti una tecnica legislativa in violazione dell’art. 2 dello Statuto. Si veda il d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, emanato in esecuzione dell’art. 16 dello Statuto che, assai significativamente, ha delegato il Governo a emanare, “entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente necessarie a garantire la coerenza con i principi desumibili dalle disposizioni della presente legge”. - 27 46 Può concludersi, come si è concluso, che la violazione dell’art. 2 non costituisce di per sè una violazione della Costituzione47 o, come altri ha scritto che “il suo valore rimane prevalentemente “politico” risultando più difficile prospettarne un utilizzo forte, nei termini di ragionevolezza e di rovesciamento del favor legittimitatis prima indicati, da parte della Corte “Sembra costituzionale”48. possibile fornisca ritenere elementi per Anche che se, soggiunge una violazione se vi valutare sia Varazi, dell’art. una 2 violazione dell’art. 3 della Costituzione e come tale possa essere causa di incostituzionalità della normativa tributaria”49. Resta, però, a chi scrive un dubbio. E’ vero, infatti, che il dovere di informazione e di conoscenza costituisce, per il contribuente, diretta esplicazione dei doveri di solidarietà di cui all’art. singoli 2 Cost. soggetti la perchè massima, “la Costituzione costante tensione richiede dai ai del fini rispetto degli interessi dell’altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone posivitamente la tutela giuridica”50. Ma è altrettanto Costituzione vero impone che alla l’art. Repubblica 3, di secondo comma, rendere della concreta la conoscibilità della legge, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il diritto alla conoscenza compiuta e tempestiva della legge, si impone quale libertà costituzionale strumentale all’esercizio di ogni altro potere giuridico soggettivo di livello costituzionale51. Così F. VARAZI, Contributo alla certezza, cit., loc. cit., p. 87. Così L. ANTONINI, Intorno alle “metanorme” dello Statuto dei diritti del contribuente, rimpiangendo Vanoni, in Riv. dir. trib., 2001, p. 619 sg. e spec. 632; Antonini, per altro, soggiunge che una maggiore efficacia si potrebbe, invece, ipotizzare nell’ambito del sindacato di costituzionalità sui decreti legislativi qualora, nel silenzio della legge delega, il Governo apportasse delle deroghe alle disposizioni dell’art. 2 dello Statuto”. 49 Così F. VARAZI, op. ult. cit., p. 87. 50 Così Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364. 51 Si veda MIRABELLI, Il rischio”da diritto”: il costo dell’incertezza ed alcune possibili economie, in La certezza del diritto, Milano, 1993, pg. 39 sg. - 28 47 48 Per non dire che la libertà economica e la libera iniziativa imprenditoriale dei privati sono assicurate solo da un sistema che garantisca la certezza, la prevedibilità e la conoscibilità della legge. Orbene, se la pretesa fiscale (come quella sanzionatoria) si realizza attraverso la legge (art. 23 Cost.)52 ciò comporta che anche lo Stato legislatore deve rispettare i suoi doveri costituzionali e, in primis, quelli attinenti alla formulazione dei precetti, alla loro struttura e ai loro contenuti. Se ciò implica, per le norme penali, che esse devono essere, tra l’altro, “chiaramente formulate”, ebbene uguale esigenza deve valere per le norme fiscali che limitano la proprietà personale. Lo insegna oggi, (seppure senza averne fatto ancora un’applicazione concreta) il Supremo Collegio secondo il quale “l’esame complessivo di queste disposizioni chiarisce che la correttezza debbono e la buona essere fede osservate finanziaria in fase legislatore tributario nei confronti non solo applicativa, all’atto ma del contribuente dall’amministrazione anche dallo dell’emanazione stesso delle fonti normative, come emerge in particolare dall’art. 2 che detta i criteri di chiarezza e trasparenza che debbono essere osservati nelle disposizioni tributarie53”. E’ appena il discipline caso fiscali di ricordare, innovative si qui, come rinvengano molto nei spesso cosiddetti maxiemendamenti delle cosiddette “finanziarie” di fine anno e come la dottrina costituzionalistica concorde nel segnalare da tempo sia sostanzialmente l’illegittimità costituzionale del fenomeno degli emendamenti – controprogetti specie quando esso si abbina alla questione di fiducia. Ancora più recentemente maxiemendamenti come si è “indecorosa denunciata e la spudorata prassi frode dei alla Costituzione, avallata dalla compiacenza dei presidenti delle due Camere” perché “non può essere seriamente contestato che un articolo composto di 100 commi od oltre (l’autore era ancora Si veda S.CIPOLLINA, La riserva di legge in materia fiscale nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, in Diritto tributario e Corte costituzionale , cit., pp. 163 sg. 53 Così Cass., sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080. - 29 52 ottimista) è un fatto abnorme, sicuramente proposto al solo fine di aggirare la Costituzione”54 Orbene, tornando al nostro specifico tema, posto, dunque, che lo Stato, sul versante sanzionatorio, “deve adempiere ai propri doveri e quindi deve esistere per l’agente l’oggettiva possibilità di conoscere le leggi penali”, anche per le norme tributarie il dovere di conoscerle diventa concretamente possibile se esse si rendono conoscibili55. L’art. 2 dello Statuto soddisfa, per l’appunto, questa esigenza e disciplina il contenuto minimo per la individuazione, la riconoscibilità e la conoscibilità delle disposizioni fiscali; con la conseguenza che un precetto tributario che non rispetti lo stesso art. 2 può contrastare con l’art. 23 Cost. perchè ogni prestazione personale e patrimoniale può essere imposta solo con una legge conoscibile. E’ certo che, se anche dovesse dubitarsi della percorribilità della strada descritta e della relativa conclusione, nessuno potrebbe essere punito, si intende neppure con una sanzione amministrativa, disposizione che per non la violazione avesse i di una requisiti legge di o di una riconoscibilità previsti dall’art. 2. Considerato, infatti, che ai sensi dell’art. 10 dello Statuto “le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”, a maggior ragione esse non possono essere applicate quando (non è incerto il significato della norma ma) addirittura la norma la si è dovuta scovare dentro “1300” commi di un unico articolo di legge privo di titolo, di partizioni interne e delle loro specifiche individuazioni o quando ci si è imbattuti in una disposizione fiscale contenuta in un provvedimento che di fiscale non ha nulla, nè nel titolo nè nell’oggetto o quando, infine, come Così G.U.RESCIGNO, L’atto normativo, Bologna, 1998, p. 139 e anche, con ulteriori riferimenti dottrinali, N. LUPO, Il potere di emendamento e i maxiemendamenti alla luce della Costituzione , in Quaderni regionali, rivista quadrimestrale fondata da F. Cuocolo, 2007, n. 1-2, pp. 243 sg. e spec. 261 sgg. 55 Per le espressioni virgolettate si veda ancora Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364. - 30 54 spesso accade, siano violati il terzo e il quarto comma dell’art. 2 dello Statuto56. In questi casi vale il brocardo “ad impossibilia nemo tenetur” e se si parla negligenza obbligo di (dove di sanzioni è sarebbe la informarsi imprescindibile dovere impossibile colpa?) è dello imputare al contribuente subordinato Stato una di qualche il cui all’altrettanto rendere possibile e agibile l’informazione. * * * * * * * 8. Alla luce di inequivocabile queste l’intento prime del osservazioni legislatore appare dello già Statuto di dettare alcune regole che valgano a garantire anche la stabilità e la ponderatezza della legislazione fiscale. Intento encomiabile, che ha trovato la sua genesi non solo nella frequenza degli interventi legislativi, non solo nella loro sovrapposizione ma anche e soprattutto per l'abuso del decretolegge. Ciò spiega il disposto del citato art. 4, che, recuperando la volontà dei “padri costituenti”, per anni tradita e mortificata, statuisce che “non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti”. Evidente è l’intento dello Statuto che vuole proteggere l’interprete-contribuente non solo dal peso di nuovi tributi, frettolosamente pensati o peggio realizzati, ma anche dall’onere gravissimo di intendere la nuova disciplina da solo, senza il conforto di adeguati lavori preparatori, senza l’ausilio delle relazioni delle pretermesse), Commissioni senza la tributarie preconoscenza (molto dell’ordito spesso normativo proprio della burocrazia che, sovente, nei decreti, detta e scrive le norme che è poi chiamata a interpretare e applicare. Una solitudine accompagnano rischiosa adempimenti perchè applicativi ai da nuovi precetti eseguirsi in si tempi Sulla violazione, da parte del legislatore, dello Statuto, e in particolare del suo art. 2, perchè “le Finanziarie sono sempre più spesso caratterrizzate dalla presenza eccessiva di commi e dalla mancata indicazione del contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio” si veda la relazione della Corte dei Conti citata alla nota (11). - 31 - 56 ravvicinati all’entrata in vigore del provvedimento e l’errore, al riguardo, può essere costoso. Orbene non si intendono riprendere tutte le osservazioni altrove svolte sulla fisiologica utilizzazione del decreto-legge, che non mortifica affatto le possibilità di scelta del legislatore che, aumentando o diminuendo aliquote di tributi esistenti, può operare scelte di politica economica non incidenti sulla struttura dell’ordinamento tributario esistente57. Si intende, però, sottolineare che il precetto contenuto nello Statuto si apprezza proprio alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale per cui “il difetto dei requisiti del caso straordinario di necessità ed urgenza, anche una volta intervenuta la conversione del decreto legge, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge onde l’esistenza dei cennati requisiti può costituzionalità”58: essere principio, oggetto lo si di scrutinio ricorda, che è di stato ribadito con la sentenza n. 341 del 2003, mentre con altre la Corte ha ritenuto di prescindere da tale questione perchè era da escludere l’evidente carenza dei su indicati presupposti (si vedano le sentenze n. 178 e 196 del 2004). Orbene, ricordato adottato, ma che senza un una diverso specifica orientamento motivazione, era stato da altre sentenze59, la stessa Corte, di recente, ha ritenuto di dovere ribadire il principio affermato nel 1995 per diverse ragioni, tutte diffusamente argomentate e anche perchè “affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle norme primarie”. Pertanto, ha concluso la Corte, in un caso in cui ha dichiarato incostituzionale un precetto contenuto in un decreto-legge convertito in legge, “occorre verificare, alla stregua di indici Si veda G. MARONGIU, Lo Statuto del contribuente: le sue “ragioni”, le sue applicazioni, in Dir.prat.trib., 2003, I, pg. 1008 sg. e spec. 1016-1026. 58 Così Corte cost. 27 gennaio 1995, n. 29. 59 Si vedano le sentenze n. 336 del 1996 e n. 419 del 2000. - 32 57 estrinseci ed intrinseci alla disposizione impugnata, se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d’urgenza cui provvedere”60. Procedendo in questa “l’utilizzazione dall’apodittica urgenza, del analisi Corte decreto-legge esistenza nè la può delle non ha può ragioni esaurirsi di nella precisato essere che sostenuta necessità e constatazione di della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta”. Occorre, invece, necessità e di contenute nel riscontrare urgenza decreto se siano legge. le affermate riferibili Nel caso a ragioni tutte concreto, la le di norme Corte - considerato che nel preambolo di quello oggetto del sindacato i requisiti previsti dall’art. 77 della Costituzione erano invocati per emanare disposizioni in materia di enti locali con particolare riferimento “alle procedure di approvazione dei bilanci di previsione”, “alle difficoltà finanziarie dei Comuni di ridotta dimensione demografica” e “al risanamento di particolari situazioni di dissesto finanziario”, - ha ritenuto giustificata la più gran parte delle norme ma ha concluso che “nulla risulta, nè dal preambolo nè dal contenuto degli articoli, che abbia attinenza con i requisiti per concorrere alla carica di sindaco” onde “la norma censurata si connota per la sua evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita”61: di qui l’incostituzionalità dell’articolo denunciato per violazione dell’art. 77 Cost. Alla luce di queste considerazioni ben si può apprezzare la capacità espansiva del conseguente insegnamento applicato alle normative tributarie ove, molto spesso, precetti fiscali sono inseriti in provvedimenti che non hanno un oggetto precipuamente tributario, sparse ove molto disposizioni) spesso sono i del primi (contenuti tutto estranei in alla poche e materia disciplinata dalle altre disposizioni: con il che le ragioni di necessità 60 61 e di urgenza possono essere state appalesate ed Per le frasi virgolettate si veda Corte cost., 23 maggio 2007, n. 171. Così ancora la sentenza n. 171 del 2007. - 33 - esistere con riguardo alle “altre” disposizioni ma non a quelle tributarie. Oggi i decreti-legge “multipurposes”, “omnibus”, usati questi veicoli spregiudicatamente come di trasporto strumenti per veicolare qualsiasi novità, hanno trovato, al fine, un posto di blocco nel quale trasportate è hanno possibile una chiedere evidente ed se “tutte evidenziata le norme” ragione di necessità e di urgenza. * * * * * * 9. Alla luce di queste considerazioni è certamente legittimo l’uso del decreto-legge in materia tributaria al fine di apportare modificazioni non strutturali al relativo ordinamento come nel caso dall’art. 77 in della cui, sussistendone Costituzione, si le condizioni vogliano previste modificare le aliquote di una o più imposte o tasse. E’ proprio questo che volevano i “padri costituenti” ed è proprio la loro volontà che nel tempo è stata tradita come emerge dai lavori della Commissione economica dell’Assemblea costituente. “Il problema dell’urgenza – si legge nel relativo rapporto – è certamente un grave e serio problema; ma pare che alle maggiori necessità che esso affaccia può essere provveduto entro la linea delle esperienze fatte in tutti i paesi a regime parlamentare. I decreti catenaccio, cioè i decreti che portano variazioni di tariffe, che se conosciute in precedenza darebbero luogo a speculazioni private ingiustificate ed a forme intese ad evitare l’aggravio, possono essere esplicitamente ammessi nella Costituzione e fatti oggetto di particolare regolamento inteso ad assicurarne la sollecita presentazione e discussione al Parlamento62”. L’esigenza esposta fu, nel farsi dello Statuto, sentita in modo così categorico che un disegno di legge costituzionale sanciva che “il ricorso al decreto legge è consentito esclusivamente per apportare variazioni alle aliquote di tributi esistenti”63. Così Ministero per la Costituente, Rapporto della Commissione economica, vol. V, Finanza, Relazione, Roma, 1946, p. 20. 63 Così il d.d.l. cost., 4 giugno 1992 (atto n. 322; primo firmatario il sen. V. Visco) pubblicato in Diritto e pratica tributaria, 1993, I, p. 240 sg. e spec. 246. - 34 62 Formulazione a ben guardare non tanto rigorosa quanto rigida perchè nulla può impedire di pensare che, in casi straordinari di necessità finanziarie, si possa provvedere anche con mezzi diversi da quello della variazione delle aliquote. Lo Statuto più opportunamente (non a caso esso non è stato approvato con legge costituzionale) ha previsto che “non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi nè prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti” (così l’art. 4). Anche questa regola trova la sua origine in una aspirazione risalente a una fonte autorevole tant’è che nel citato Rapporto della Commissione economica si legge: “E’ universale il rilievo che il sistema della legislazione per decreto legge ha creato una situazione legislazione caotica, tributaria; frammentaria, che il insostenibile normale cittadino nella con una normale diligenza non arriva a conoscere tutti gli obblighi e tutti gli adempimenti che gli sono richiesti dalle leggi d’imposta, per cui nella confusione e complicazione delle norme trova un facile alibi per violare anche gli obblighi essenziali per la buona funzionari amministrazione della pubblica dei tributi; che amministrazione gli si stessi orientano difficilmente nella selva selvaggia delle norme tributarie; che il troppo rapido variare delle regole dei tributi e l’incauta introduzione di nuove forme d’imposta rinnova continuamente gli attriti propri rendendo rapporti, delle instabili creando nuove gli e imposte, irritando accomodamenti mantenendo nocive e gli le economie, equilibri ragioni di dei incertezza nelle previsioni degli operatori. In sostanza questi rilievi si risolvono e si concludono nell’affermazione che il sistema tributario per essere efficace, e per essere sopportato coi minori inconvenienti, deve avere un fondamentale carattere di permanenza nel tempo, in particolare nella sua struttura formale; e tale permanenza si pensa di realizzare richiedendo forme rigorose per l’approvazione delle leggi d’imposta”64. 64 Così Ministero per la Costituente, Rapporto della Commissione economica, cit. p. 20. - 35 - Sembrano parole scritte oggi ed invece sono solo profetiche di una realtà per provvedere alla quale è occorso elevare il livello degli interventi. Ebbene la formulazione adottata dallo Statuto non sembra, una “mera dichiarazione di intenti politici”, come pure è stato scritto, perchè da un canto non costringe il legislatore in un letto di Procuste e, dall’altro, consente un sindacato sulla ragionevolezza delle scelte del legislatore. Se ex art. 77 Cost. particolare deve essere la necessità, se straordinario deve essere il caso, se impellente deve essere l’esigenza, con specifico riguardo alla materia tributaria il decreto legge può essere utilizzato non solo per provvedere ad eventuali urgenti necessità finanziarie con le manovre sulle aliquote di tributi esistenti ma anche istituendo nuove imposte, a condizione per altro, che siano straordinarie e cioè non destinate a durare. E’ il caso, concreto, della c.d. Socof (1983) o della c.d. ISI (1992), istituite entrambe per un solo anno per fare fronte a specifiche, eccezionali necessità. Lo rilevò la Corte, con riguardo all'imposta straordinaria sugli immobili che essa “costituisce un tributo la cui istituzione, come emerge dai lavori parlamentari, aveva il fine di reperire mezzi per il bilancio dello Stato in una situazione economica del Paese che appariva di notevole gravità, esigendo dai cittadini sacrifici straordinari per altro limitati a un solo anno”65. La legittimità di questo tributo non fu, allora, contestata sotto il profilo qui considerato ma se questa censura fosse stata fatta, ad essa avrebbe potuto replicarsi che, per sopperire alle straordinarie e urgenti necessità della finanza pubblica, può utilizzarsi uno strumento legislativo non ordinario, quale è il decreto legge, e quindi con esso istituire anche un tributo straordinario, destinato a vivere una breve stagione, quella ineccepibile: 65 dell’emergenza. esigenze gravi ed Insomma una eccezionali, sequenza strumento Così Corte cost., 5 febbraio 1996, n. 21. - 36 - legislativo derogatorio delle normali competenze, tributo straordinario. Non appare, invece, compatibile con il principio statutario l’istituzione, con decreto legge, di un tributo ordinario perchè appare contradditorio provvedere con esso a soddisfare un’esigenza straordinaria e urgente. In altre parole è legittimo chiedersi se avrebbe potuto essere istituita per decreto legge, come avvenne nel lontano 1989, la tormentatissima ICIAP, l’imposta comunale per l’esercizio d’imprese, arti e professioni (si veda il d.l. 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni della legge 24 aprile 1989, n. 144) perchè essa non era, e non voleva essere, a differenza della Socof straordinaria e e dell’ISI, non sopra intendeva ricordate, fare fronte a una una imposta specifica eccezionale necessità ma si presentava come una modificazione strutturale e permanente dell’ordinamento tributario comunale. Al riguardo non sarebbe valsa neppure la constatazione che, allora, nessuna comunali la imposta ricchezza chiamava mobiliare, a contribuire derivante alle spese dall’esercizio di un’impresa, di un’arte, di una professione. Era così, infatti, da anni, da decenni onde alla lacuna strutturale dell’ordinamento tributario comunale non si poteva certo provvedere confliggente con con un tributo l’intento straordinario, perequativo transeunte, perseguito che era strutturale e non eccezionale. Ecco allora la duplice valutazione che avrebbe dovuto farsi (e che dovrà farsi) in presenza della norma oggi dettata dallo Statuto del contribuente. L’intervento con un decreto-legge, nell’esempio fatto, avrebbe dovuto trovare giustificazione nell’esigenza straordinaria di intervenire urgentemente a favore della fiscalità comunale (e la situazione del 1989 offriva ben più di uno spunto) anche con un tributo; ma la scelta di un tributo ordinario si sarebbe scontrata con il canone generale che, oggi, in presenza dello Statuto, ne preclude in via di principio l’adozione. - 37 - In sintesi la disciplina statutaria ha una sua autonoma valenza che, con riguardo alla materia tributaria, integra il disposto dell’art. 77 della Costituzione. Prof. Raffaele Botta, Consigliere di Cassazione SS.UU. “L’interpretazione dello statuto del contribuente nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione” 1. Debbo confessare di essere rimasto sorpreso che il tema assegnato a questo Convegno fosse lo Statuto del contribuente. Mi sembra, infatti, che questa non sia più un’epoca di statuti, anzi non sia più un’epoca di diritti. Dopo le dolorose vicende dell’11 settembre 2001 e quelle che a a tale avvenimento sono seguite, è iniziato, in tutto il mondo ed in tutti gli ordinamenti giuridici, un cammino di regressione dei diritti e soprattutto della tutela dei diritti. Si è conseguentemente determinato un (forse dai più inavvertito) rafforzamento degli “elementi di prepotenza” del legislatore e dei governi, fino ad arrivare a considerare nel novero delle possibilità l’utilizzo della tortura come mezzo di interrogatorio. Questo oscuro percorso di formazione del diritto e della giustizia lascia, quindi, abbastanza perplessi sulla possibilità di parlare efficacemente di tutela dei diritti. Ma proviamo a riflettere ugualmente sulla realtà attuale di almeno uno del mezzi di tutela che l’ordinamento giuridico italiano, in anni precedenti a questi dolorosi sviluppi, ha tentato di predisporre. 2. Il “cosiddetto” Statuto del contribuente, come lo ha efficacemente definito il Prof. Marongiu nella sua bellissima relazione, si compone di due parti. Se si riflette bene sulla prima parte, in particolare ai quattro articoli iniziali, è abbastanza agevole scoprire che ci si trova - 38 - di fronte ad una sorta manuale del buon legislatore, che sembra, a mio avviso, perdere parte della sua forza proprio per essere (riduttivamente) classificato con “statuto del contribuente”. E’ noto che il legislatore non sopporta vincoli, quasi sempre li ritiene intollerabili e uno “statuto” che fosse imperativo, sul piano generale dell’ordinamento (e non solo) per una disciplina di settore, potrebbe avere conseguenze di rilievo. Per questo sembra davvero non condivisibile la lettura riduttiva che di redente la Corte costituzionale sembra patrocinare nei confronti di detto statuto. Eppure è difficile dimenticare che proprio la Corte costituzionale, certo in anni meno recenti, ha “qualificato” una particolare categoria di norme come principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Un categoria normativa questa riprende gli esiti di una polemica antica su quale debba essere la interpretazione del criterio di gerarchia delle fonti. Alla gerarchia formale Costituzionale, con costituzionale, ha delle i fonti principi voluto del diritto supremi associare la Corte dell’ordinamento definitivamente una gerarchia materiale delle norme giuridiche. Gerarchia materiale, che non corrisponde ad una sorta di diritto vivente rafforzata dal diritto di maggioranza (o di prepotenza della maggioranza). No. E’ qualcosa totalmente altra. Nella categoria sovraordinate formale, delle norme nonostante siano tradizionalmente irreformabilità della che si possono ritenersi dotate della colloca il Costituzione c.d. ad stessa forza principio “materiale” altre se di non attraverso lo “spargimento del sangue”, in quanto comporta la rottura del patto costituzionale che sta a fondamento della stessa Costituzione. Nell’attuale testo costituzionale un siffatto principio viene esplicitato solo con riferimento alla forma repubblicana dello Stato (art. 139 Cost.), ma in realtà esso è alla base dei diritti fondamentali espressione nell’art. della 2, che persona è e stata trova definita una basilare dalla Corte Costituzionale e dalla dottrina in forma kelseniana come la Grundnorm dell’ordinamento costituzionale italiano. Una norma - 39 - che esprime un principio di solidarietà che non si può rompere se non rompendo l’ordinamento. L’irruzione sulla scena dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale evidenzia l’esistenza all’interno di uno stesso quadro normativo di norme, come potremo dire, che sono più costituzionali di altre, nel senso che hanno un superiore limite di reformabilità. Questo introduce nell’ordinamento un principio di organizzazione delle fonti in cui, anche all’interno dello schema della legge ordinaria, fonti formali si possono affiancare le a fonti materiali. 3. Lo statuto del contribuente si dovrebbe porre all’interno di questo disegno costituzionali costituzionale – peraltro che anch’esse vede accanto organizzate alle in norme una loro interna gerarchia materiale – quelle fonti che sono definiti leggi “rinforzate”, fonti cioè che hanno una resistenza passiva all’abrogazione superiore alla propria collocazione secondo la gerarchia formale. Lo statuto del contribuente per non essere declassato a “carta dei servizi” dovrebbe inserirsi in questo quadro. Esso, infatti, non si prospetta come una “norma sull’organizzazione della pubblica amministrazione”, ma esprime principi che sono relativi alla formazione del diritto, vere e proprie norme sulla norma, cioè norme procedurali che indicano al legislatore il modo di confezionare le leggi (nel caso di specie, in materia tributaria). Ma proprio per questa caratteristica, i principi espressi dallo Statuto, in particolare quelli che sono codificati nei primi quattro articoli, dovrebbero trovare una applicazione più ampia grazie a un lavoro di esegesi che potrebbe spettare alla Corte Costituzionale. I problemi che pongono, ad es., le leggi finanziarie di un articolo con 1800 commi e l’utilizzo continuo del decreto-legge trovano la propria radice nel malfunzionamento del Parlamento: il legislatore è costretto a agire così, non è una scelta, il prezzo è non legiferare addirittura, perché il procedimento legislativo è spesso utilizzato in modo alterno dalle forze - 40 - politiche come interdittivo del risultato finale: e spesso un determinato procedimento diviene, come efficacemente ha detto il professor Marongiu, un tram per portare a destinazione qualcosa. E’ piuttosto evidente lo svantaggio che ne deriva al cittadino (e non al solo contribuente): e allora la Corte Costituzionale dovrebbe avere il “coraggio” di affermare che una legge fatta così è incostituzionale e basta, perché viola le norme sulla corretta procedura legislativa, oltre che porre seri problemi di conoscibilità delle norme da parte del destinatario (problema tipico delle c.d. leggi omnibus, oggi tanto utilizzate). 4. Il principio di trasparenza, cui l’ordinamento deve (dovrebbe) rispondere a partire dalla formazione della norma per giungere fino all’organizzazione dell’amministrazione, è un principio generale che comporta che la norma sia semplice, che la norma sia comprensibile, nei limiti in cui sia possibile per non snaturare la fondamentale funzione di essere contenitore predisposto a contenere quello che c’è oggi ma anche quello che ci sarà. Il diritto è per sua natura qualcosa che segue sempre gli avvenimenti: il problema sorge prima all’interno della compagine sociale e il diritto rappresenta una risposta a quel problema. Occorre che sia una buona risposta, una risposta che abbia anche una capacità di resistenza (non si effimera, cioè si risolva in una “legge provvedimento”). Come ottenere questo risultato è il problema fondamentale dello Stato, e soprattutto dell’ordinamento dello Stato italiano, che si può risolvere solo attraverso una approfondita riforma del procedimento legislativo da porre nella Costituzione, perché è solo la Costituzione che può efficacemente costituire un limite per il legislatore, in special modo quando si tratti di una Costituzione rigida come quella di cui il nostro paese si è dotato nel processo costituente del secondo dopoguerra. L’augurio è che i cittadini abbiano sempre la lungimiranza di non concedere mai a nessuno una maggioranza tale da consentirgli di cambiare la Costituzione senza ricorrere al patteggiamento parlamentare con la minoranza, nel luogo deputato alla massima - 41 - mediazione politica. I padri costituenti non a torto hanno costruito il procedimento di revisione costituzionale chiedendo la necessità di specifiche maggioranze “aggravate” che possano impedire la prepotenza assoluta della maggioranza di rifare la Costituzione a propria immagine e somiglianza (la tentazione c’è sempre). All’epoca si riteneva impossibile arrivare ad avere maggioranze tali che consentissero il mutamento della norma costituzionale: ma oggi, con la polarizzazione che sempre più sta subendo il sistema politico il problema potrebbe porsi. 5. La legge ordinaria, invece, non riesce a stabilire, come la vicenda dello Statuto del contribuente mostra, un efficace limite al legislatore. Persino la Corte Costituzionale esclude che possa pensarsi, pur in un caso “formale” e così forza particolare, “materiale” ad una della scissione fonte, al tra punto forza che lo Statuto potrebbe non costituire alcun ostacolo ad una diversa volontà legislativa, pur quando la ratio legis di questa particolare fonte del diritto – l’intentio che il legislatore vi ha espresso – svela che la predetta normativa è nata per costituire un limite invalicabile, o quanto meno non valicabile mediante il normale processo legislativo, che aspira ad eccedere la categoria, i contribuenti, per la quale è stata adottata. Anzi poiché la sfera di applicazione della norma tributaria risponde al tradizionale principio “no taxation without legislation”, la scelta di affidare questo messaggio di regole di comportamento diretto al legislatore ad uno Statuto del contribuente potrebbe non essere del tutto impropria e avere una notevole capacità espansiva nel sistema. Singolarmente la Corte di Cassazione ha riconosciuto alla prima parte dello Stato la funzione di chiave interpretativa della seconda parte dello Statuto medesimo, anzi di più: la Corte ha dato alla parte introduttiva dello Statuto la consistenza di parametro di valutazione di conformità “quasi costituzionale” di altre norme tributarie. Qualcosa di simile a quella attività che il giudice delle leggi da tempo chiede al giudice del merito e di legittimità: verificare l’esistenza di una possibile - 42 - interpretazione di una norma in senso costituzionalmente conforme prima di denunciarne il sospetto di incostituzionalità. Una corretta applicazione dello Statuto, rafforzato da questa valenza di canone giurisprudenza l’intervento della del interpretativo Corte di riconosciutogli Cassazione, legislatore dalla potrebbe nell’elaborazione ridurre di norme interpretative, che quasi sempre esprimono il “fastidio” del legislatore per i “risultati” della giurisprudenza nella applicazione delle norme (di diritto tributario in particolare, stante la forza cogente delle esigenze di cassa). Ma la norma interpretativa è la norma più scandalosa dell’ordinamento. Lo è ancor più in un ordinamento come quello italiano perché sconta i tempi lunghi della giustizia, sì da determinare, a seconda della durata di un processo, trattamenti differenziati di situazioni regolate dalla stessa disposizione di legge (in un senso prima del sopraggiungere della norma interpretativa, in altro successivamente all’entrata in vigore di questa). Proprio la consapevolezza di questa possibile ingiustizia, ha determinato il legislatore dello Statuto ad obbligare il futuro legislatore a dichiarare espressamente il carattere interpretativo di una norma che egli stesse per emanare: un rafforzativo dell’opera che può sempre svolgere la Corte costituzionale negando ad una norma, che pur si dichiari tale, di non avere i caratteri per essere realmente una norma interpretativa. L’idea di all’esistenza un rafforzamento di uno statuto delle che tutele concerna è connaturata un rapporto asimmetrico, come è il caso dello statuto dei lavoratori. In tutti i rapporti asimmetrici c’è bisogno di una maggiore tutela nei confronti della parte debole: il contribuente è una parte particolarmente debole, perché l’altra parte – lo Stato – può addirittura cambiare le regole del gioco in corso, attraverso la norma interpretativa. - 43 - 6. La “seconda” parte dello Statuto è quella che concerne il rapporto tra contribuente ed amministrazione, un rapporto presidiato per la ricordata asimmetricità delle posizioni. Tuttavia, va anche sottolineato Cassazione ha interpretato i che principi finora dello la Corte Statuto di in una prospettiva “in negativo” più che “in positivo”: nel senso cioè di riconoscere ai principi in questione una forza espansiva verso il passato, ma esclusivamente una cogenza verso il futuro. Eppure non sarebbe fuor d’opera dubitare che questo tipo di legge stabilisca norme solo per l’avvenire. Si tratta, infatti, di una legge che esplicita principi costituzionali, una legge che chiarisce quello che già c’era nell’ordinamento, quello che già c’è, è una sorta di norma interpretativa, se vogliamo, di quello che volevano esprimere le disposizioni di tutela del contribuente presenti all’interno del disegno costituzionale. Potrebbe, quindi, ben trattarsi di norme applicabili anche per il passato, almeno all’interno di determinati confini. In ogni caso in esse c’è l’individuazione di principi che sono indicativi di una tutela che vuole essere rafforzata. Un principio nell’art. 6 comunitario, di che questo tipo prescrive imponendo è la stato, per esempio, conformazione all’amministrazione visto all’ordinamento di non potersi rifugiare in una astratta negazione di aver ricevuto la domanda che il contribuente asserisce di aver presentato, ma deve dare prova di questo, potendo addirittura il giudice, ecco qui entriamo in una prospettiva processualcivilistica, formarsi un convincimento sulla base del comportamento processuale tenuto dalla stessa amministrazione. Ecco, questo contatto, che è continuo nel disegno di riforma, tra processo tributario e processo civile, mi rassicura sulla efficacia della tutela del contribuente che può realizzarsi nel momento dell’esercizio della giurisdizione, la garanzia di una indipendenza di predeterminata. giudizio Per questo che sono si sviluppi prudente nel senza “guida” giudicare sui limiti dell’autonomia della giurisdizione tributaria, nel senso che mi turba ogni tentativo di creare una distanza tra istituti processuali civilistici e istituti processuali tributari. Più di - 44 - tutto mi turbano le istanze, anche assai autorevoli, per la istituzione di una “Cassazione Tributaria”, che mi sembra somigliare ad una resurrezione della Commissione Centrale e ad una possibile morte dell’efficace tutela del contribuente, . La Cassazione rappresenta l’unitarietà dell’ordinamento dello Stato e minare l’unità della Corte Suprema significa, può ben significare, ridurre amministrativa la (come giustizia giustizia tributaria del a giustizia “principe”), significa regredire nel percorso che tanto faticosamente si è fatto per portare il processo tributario al livello degli istituti processuali civilistici. La Corte di Cassazione si è sforzata di esprimere questa vicinanza ai principi processuali civilistici, e posso dire che le soluzioni più nuove processualcivilistici e lo più interessanti stanno per realizzando le gli istituti Sezioni Unite proprio prendendo spunto dalla materia tributaria. E’ stato così per la rilevanza del giudicato esterno ed attualmente una ordinanza della Sezione tributaria ha posto il problema della notifica di una sola copia del ricorso ad un procuratore che rappresenta più parti, ritenendo che la tutela del diritto di difesa non sarebbe accresciuta in nulla, anche stante l’attuale tecnologia (fax, fotocopiatrici, ecc.), dalla notifica di più copie dello stesso atto. 7. Tra gli altri principi dello Statuto credo abbia una notevole rilevanza il principio di collaborazione, di cui è figlio il principio di trasparenza, affidamento: è un problema la trasparenza, fondamentale assicurare nel rapporto la tra l’ammini-strazione ed il contribuente. In base a siffatto principio la Corte di Cassazione ha affermato che: «i tema di contenzioso tributario, nel caso in cui il contribuente deduca che la prova di una determinata circostanza a lui favorevole emerge dalla documentazione detenuta dall’amministrazione finanziaria (nel caso, bollette e documenti comprovanti forza del confortato l’avvenuto principio dalla pagamento), di legge quest’ultima collaborazione n. 212/2000 è fra P.A. che ha tenuta, e in privati, dettato le - 45 - disposizioni in tema di statuto del contribuente (da cui deriva una diversa ricostruzione dei loro rapporti anche in materia di distribuzione dell’onere della prova), a pronunciarsi in maniera espressa e non generica sull’effettivo possesso degli atti in questione, potendo in caso contrario il giudice desumere argomenti di prova dal suo comportamento omissivo» (Cass. n. 21512 del 2004). Tutto ciò non è forse una conseguenza, uno sviluppo se si vuole, dei principi espressi dall’art. 97 Cost.? La Corte costituzionale non ha mancato, ad esempio, di sottolineare che l’osservanza, sul piano comunitario, dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza, stesse sul regole andamento, piano interno, costituzionali che devono costituisce della guidare attuazione imparzialità l’azione e delle del della buon pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost. (v. Corte cost. n. 401 del 2007): un orientamento, a ben vedere, non molto diverso da quello adottato dalla Corte di Cassazione nell’interpretazione del principio di collaborazione stabilito dallo Statuto del contribuente. Un orientamento capace di ridurre efficacemente l’amministrazione ad interpretare il ruolo di una delle parti del processo, con il conseguente accrescimento della sfera di tutela del contribuente. Nella stessa Cassazione, direzione quando, a mi sembra Sezioni si Unite, muova ha la Corte affermato che di «la circolare con la quale l’Agenzia delle entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente» (Cass. S.U. n. 23031 del 2007). La circolare esprime la “dottrina dell’am-ministrazione”, ma non è (e non equivale a) una norma. 8. Al principio dell’affidamento che emerge dal principio di collaborazione è strettamente connesso il principio, anch’esso espresso dallo Statuto, della chiarezza della motivazione degli atti, perché il contribuente ha diritto a conoscere la pretesa - 46 - tributaria nei suoi esatti confini, per poter efficacemente esercitare il diritto fondamentale alla difesa. Una importante affidamento, presa mi di sembra posizione che la in Corte tema di di principio Cassazione di l’abbia adottata con la sentenza n. 1231 del 2007, che riprende una più risalente decisione (la n. 17576 del 2002): «In tema di condono fiscale, con riguardo alla chiusura delle liti pendenti prevista dall’art. 2-quinquies del d.l. 30 settembre 1994, n. 564, convertito nella legge 30 novembre 1994, n. 656, la previsione della natura perentoria del termine, di cui all’art. 6, comma 3, del regolamento reso col d.P.R. 28 settembre 1994, n. 591, per la comunicazione, da parte dell’ufficio, dell’insussistenza dei presupposti per la definizione, con conseguente decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere di reiezione dell’istanza di condono, oltre a non essere contenuta nella norma regolamentare, non si ricava dalla disciplina legislativa della materia, nella quale non si riscontra alcun limite temporale contribuente. alla comunicazione L’osservanza del termine sull’istanza posto dal del comma 3 dell’art. 6 del regolamento è, del resto, espressamente esclusa, dal successivo comma 6, per le istanze relative a liti fiscali, come quella oggetto della controversia di specie, di valore superiore a lire 20 milioni. Una volta venuta meno la necessità per l’amministra-zione regolamentare, sull’istanza violazione in di del di osservare presenza condono di una proposta, principio di il detto termine comunicazione non affidamento è tardiva configurabile la contribuente di del fronte all’azione dell’ammini-strazione finanziaria, ai sensi dell’art. 10, commi 1 e 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, il quale dà luogo caratterizzata: dell’attività favorevole al a) ad da una situazione un’apparente dell’Amministrazione contribuente; b) tutelabile legittimità finanziaria, dalla buona quando e sia coerenza in senso fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di - 47 - circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono». Ma ancor più importante potrebbe rivelarsi, per quanto ho prima detto in ordine retroattivo alla possibile dell’applicazione l’affermazione che la estensibilità dei Corte di principi in dello Cassazione ha senso Statuto, fatto nella sentenza n. 5951 del 2007: «Nel processo tributario, il ricorso avverso un avviso di mora, emesso dal concessionario per la riscossione, che venga notificato all’ufficio non competente, ricorrendo l’ipotesi, prevista dall’art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 644, di costituzione in una medesima circoscrizione territoriale di due distinti ed autonomi uffici distrettuali delle imposte dirette, assegnatari di differenti servizi, non può essere ritenuto inammissibile. Ciò in quanto, considerato che l’atto impugnato indicazione non nominalistica inammissibile il ricorso conteneva nella specie dell’ufficio finanziario, si in porrebbe alcuna ritenere contrasto con il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, ora codificato, in materia tributaria, dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, ma già costituente, alla luce degli artt. 3, 23, 53 e 97 vigente Cost., anche normativa del questioni, un a distinzioni prescindere, 2000, come principio ed quella di servizi idoneo di fondamentale ed ad oltre, dell’ordinamento, la orientare specie, esplicati basata nel portata la su della soluzione di formalistiche medesimo settore impositivo». Come si vede nell’orientamento della Corte di Cassazione, a differenza di alcuni segnali di significato incerto che vengono dalla Corte costituzionale, sembra prevalere l’apertura verso una lettura dello Statuto costituzionalmente orientata in un senso forte e non in un senso debole. Vedremo quali saranno i risultati nel futuro. E’ certo comunque che lo Statuto del contribuente rimane un complesso di norme che costituisce un esempio di quello che si dovrebbe fare legislativa e per la migliorare tutela del il processo cittadino dalle di formazione tentazioni di - 48 - prepotenza del legislatore e delle maggioranze politiche un’esperienza positiva temporanee. Lo Statuto del contribuente è dell’ordinamento giuridico italiano. Avv. Giuseppe Falcone, già Consigliere di Cassazione SS.UU. “L’ interpello e la tutela giurisdizionale del contribuente in ambito statutario”. 1.L’interpello. Nell’ambito dello Statuto, l’interpello è probabilmente l’istituto che ha suscitato il maggiore interesse pratico. Basti pensare che dal giugno 2001 e fino alla fine del 2005 l’Agenzia delle Entrate ha dato risposta tempestiva a ben 34.424 interpelli ordinari ed ha reso così un servizio sicuramente apprezzato dai contribuenti. Presupposto per esercitare il diritto di interpello è che vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione e applicazione di disposizioni tributarie a casi “concreti e personali”. L’art. 11 dello Statuto richiede che l’istanza di interpello venga fatta in maniera “circostanziata e specifica”. Questo vuol dire che l’esposizione del fatto, o del comportamento da tenere, assume grandissima importanza al fine di consentire l’individuazione della norma che deve essere applicata, nonché il suo ambito di operatività. Va subito evidenziato che con l’interpello si risolvono soltanto questioni di diritto attraverso la qualificazione dei fatti e dei comportamenti che vengono prospettati (comportamenti che non sono stati ancora tenuti e che si intendono porre in essere). La risposta che l’Agenzia fornirà non è idonea ad accertare fatti. Questo è compito che fuoriesce dall’interpello e compete all’Amministrazione in sede di accertamento. Di recente, è stato escluso l’utilizzo dell’interpello nel caso di determinazione del “valore normale” di alcuni immobili (ris. N.170/E del 13 luglio 2007- Agenzia delle Entrate), sul - 49 - presupposto che a seguito delle modifiche apportate dall’art. 35, comma 2 D.L. dell’Ufficio n.223/06 esiste ormai (c.d. una manovra Prodi), presunzione a relativa, favore spiegata anche nella circolare n.6/E del 06.02.2007, basata su una serie di elementi la corrispettivo cui presenza indicato consente nell’atto come di non considerare il corrispondente al prezzo effettivamente pagato. Forse è opportuno segnalare che in questa materia il contenzioso è destinato ad aumentare in maniera sensibile per effetto delle presunzioni che le norme recenti hanno introdotto nelle compravendite immobiliari nel tentativo di agevolare l’azione accertativa ancorata al c.d. “valore normale”. Si deve convenire sulla esattezza di questa risoluzione poichè la ricognizione (o la ricostruzione) dei fatti non può costituire oggetto di istanza o di risposta di interpello, costituendo questo solo uno strumento di attività consultiva dell’Amministrazione in ordine alla interpretazione delle norme tributarie, e non potendo essere utilizzato per ottenere una forma di salvacondotto sulle prove che si intendono utilizzare nel giudizio. L’interpello è sicuramente uno strumento preventivo, ma non si può negare che esso venga usato anche quando il contribuente ha già applicato delle norme, ma è ancora nei termini per esercitare altre attività giuridicamente rilevanti, quali per esempio una ravvedimento dichiarazione operoso. integrativa La e forse conoscenza del anche un pensiero dell’Amministrazione può essere utile al contribuente che ha ancora dei margini di tempo per correggere la sua impostazione iniziale su una questione che si presta a soluzioni differenti, previo utilizzo di strumenti previsti dall’ordinamento. La risposta all’interpello ha il valore di un parere e non costituisce esercizio di potestà impositiva nei confronti del richiedente. Essa vale esclusivamente per il contribuente che ha formulato l’interpello, tranne il caso in cui un numero elevato di contribuenti abbia prospettato la stessa questione a fronte della quale può essere emanato un atto generale che, quanto a vincolatività, avrà lo stesso valore giuridico e gli stessi effetti di una risposta singola. - 50 - Il valore particolare della risposta in sede di interpello consiste nel fatto che l’Amministrazione è vincolata a tenere ferma quella risposta, anche se essa dovesse risultare poi –re melius perpensa- inesatta o errata. La norma prevede, infatti, la nullità di un provvedimento impositivo o sanzionatorio emesso in contrasto con la risposta. E’ chiaro che qui la norma fa prevalere il principio dell’affidamento sul principio di legalità mentre, al di fuori dell’interpello, nel caso in cui l’Amministrazione modifichi il proprio orientamento espresso in altri atti (per esempio in una circolare), prevale il principio di legalità nel senso che, il contribuente che si sia adeguato alle indicazioni contenute nella circolare, interessi e le sanzioni, ma l’Amministrazione manifesta una dovrà non pagherà gli pagare opinione l’imposta diversa se rispetto a quella già manifestata. Sia la norma che prevede gli effetti dell’interpello, e sia la norma che tutelano l’affidamento sono norme eccezionali e non possono valere oltre i casi in esse previste. La mancata risposta nel termine di 120 giorni fa formare il silenzio-assenso, valido ovviamente nell’ambito del comportamento descritto nell’istanza. Pare che fino a questo momento l’Amministrazione abbia sempre dato una risposta. Il contribuente è libero di accettare la risposta e di conformare il proprio comportamento ad essa o di disattenderla. Se si adegua, otterrà una stabilizzazione degli effetti del rapporto poiché l’Ufficio non potrà più porre in discussione la soluzione data. Ritengo che non ci sia la possibilità di impugnare una risposta che dichiari l’inammissibilità dell’interpello posto che una tale impugnativa non è prevista da nessuna norma. 2.La tutela del contribuente in ambito statutario. La legge n.212/2000 è intitolata “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”. Il termine statuto fa pensare ad un complesso di norme formulate per meglio individuare e per meglio tutelare i diritti di una categoria di soggetti. - 51 - Se lo statuto soggetti, in riconosce quello situazioni stesso momento di favore pone a per carico alcuni di altri soggetti una serie di obblighi, il cui adempimento è dato spesso come un fatto abbastanza generalizzato e prevedibile. Con uno strumento di questo tipo in effetti si da visibilità normativa ad orientamenti in linea di massima abbastanza condivisi e diffusi, o quantomeno auspicati dalla gran parte della gente, orientamenti che anche a seguito di un riconoscimento esplicito tendono a diventare un costume. Questo è avvenuto per lo statuto dei lavoratori che è divenuto patrimonio comune, ormai tendenzialmente irreversibile, anche se è contenuto in una legge ordinaria. La differenza tra i due statuti è che mentre i datori di lavoro sono soggetti privati, che prima o poi pagano il prezzo di un inadempimento, controparti goduto e nel sono godono caso dello soggetti statuto pubblici, (almeno il del che contribuente, storicamente legislatore) di un le hanno potere di supremazia e di una sostanziale impunità. Basta pensare che il legislatore tributario è alla ricerca di un equilibrio fin dagli anni settanta. Da una parte vi è un livello di evasione molto alta, e dall’altra vi è una pressione altrettanto alta nei confronti di chi è conosciuto dal Fisco. Da alcuni anni buona parte del dibattito politico ruota attorno al problema tributario proprio perché in questo settore si riscontrano le più grosse ingiustizie che toccano i cittadini nella quotidianità. La speranza è che le regole dello statuto, proprio perché esprimono valori di civiltà, vengano sentite come proprie non solo dai contribuenti, ma anche da chi deve applicarle, rispettarle e farle rispettare, sempre che questi soggetti si convincono che questa è la strada maestra. Al di là della singola norma, lo statuto deve orientare la giurisprudenza del futuro, come è stato scritto nel 2000 da un giurista insigne, Vincenzo Carbone, che all’epoca è stato presidente presso la Sezione Tributaria, e che da un anno è Primo Presidente della Cassazione. Nell’articolo apparso su Guida Normativa del 14.12.2000, Carbone significativamente ed incisivamente ha scritto che ““Lo statuto del contribuente può - 52 - avere un impatto importante sul diritto tributario, ma perché ciò avvenga occorre che contribuenti, difensori e interpreti se ne facciano paladini l’interpretazione da invocandone parte dei l’applicazione giudici. Il e problema è l’acquisita consapevolezza della rilevanza dello statuto come tale, anche se nel caso concreto si invoca una singola, specifica disposizione. Bisogna evitarne la frammentazione che accrescerebbe la debolezza dello statuto, aumentando il degrado di un diritto già eccessivamente casistico, per puntare, invece, come in cogliendo un puzzle sulla contestualmente norma lo relativa spirito al caso dell’intero di specie statuto che tiene insieme le varie parti: dalla tessera musiva si risale al mosaico. Se attraverso l’interpretazione dei giuristi lo statuto decollerà, lo dovrà non alla fortuna di una o più disposizioni, ma al successo della ratio di una tela ordinamentale, percepita e vissuta come tale: lo statuto che sancisce la tutela del più debole, meritevole di protezione da parte dell’ordinamento. E’ il percorso di un’idea portante, la tessitura dell’intero statuto, accompagnata dalla consapevolezza che si può resistere all’invasione degli eserciti, ma non si resiste all’invasione delle idee e delle esigenze come la tutela del contribuente di fronte al Fisco, in un rapporto che ricorda Davide di fronte a Golia””. Ecco, a distanza di circa otto anni, le parole del Presidente Carbone manifestano la loro attualità. Oggi, però, forse si stanno manifestando anche le difficoltà a fare valere i diritti scritti nello Statuto, quando la controparte è lo Stato legislatore, che nella sua posizione di supremazia diverse volte ha rinnegato quanto aveva scritto nel 2000. Occorre riconoscere che la Cassazione egregiamente la da sua subito parte, ha come fatto è e emerso continua dalla a fare relazione dell’illustre Consigliere Raffaele Botta. Bisogna auspicare che questa tendenza possa contagiare anche altri livelli dell’ordinamento, che hanno la capacità di apprezzare sul piano culturale i valori espressi dallo statuto, anche essi se non hanno l’involucro della legge costituzionale, ma a quelle norme hanno voluto dare attuazione. - 53 - 2.1.La tutela delle situazioni giuridiche nell’ambito statutario. Nello statuto del contribuente ci sono norme che assegnano posizioni di diritto soggettivo (la cui tutela è assegnata ai Giudici Tributari), norme che assegnano genericamente posizioni di interesse legittimo (e per queste, almeno a livello di atti generali, la tutela è riservata dall’art. 7, ultimo comma al Tar), ci sono norme (a mio avviso le più significative e le più importanti) che riconoscono solo un interesse di fatto e diffuso, collegato al diritto di cittadinanza (per alcune di queste la tutela è assegnata al Garante e per altre la tutela resta affidata o alla Corte Costituzionale o al self restraint del soggetto passivo). Per il primo tipo di norme, portatrici di diritti soggettivi ed affidate alle cure dei Giudici Tributari, pensiamo ad esempio al principio della obbligatorietà della motivazione, ormai generalizzata e intesa come strumento che legittima in senso democratico l’esercizio sanzionatorio, e la cui del potere violazione di comporta accertamento e sicuramente la nullità dell’atto. Per il secondo tipo di norme, portatrici di interessi legittimi, ed affidate alle cure dei Giudici amministrativi, pensiamo ad esempio alla corretta applicazione dei procedimenti previsti per l’emanazione degli studi di settore, del redditometro, di atti generali decreto nelle materie ministeriale in più varie tema (per di ultimo, determinazione si del veda il valore normale degli immobili). Qui, in verità occorre soffermarsi un momento. L’art. 7, comma 4, dello Statuto ha previsto che la natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti. Sembrava, in base a questa norma, che anche atti aventi natura individuale, allorché lesivi di interessi legittimi, appartenessero alla giurisdizione del giudice amministrativo. Poi, nel 2001 è stato modificato l’art. 2 del D.Lgs. n.546/1992 - 54 - ed è sembrato che sia stata creata una giurisdizione esclusiva a favore dei Giudici amministrativo e Tributari. l’iscrizione Poi, di nel ipoteca 2006, (che il fermo costituiscono tipici atti discrezionali) sono stati assegnati alle Commissioni tributarie. Intanto, è necessario richiamare le sentenze emesse dalle Sezioni Unite della Cassazione in tema di autotutela (sentenze nn.16776/05, 7388/07, 22245/06). Il Supremo Collegio ha confermato la creazione di una giurisdizione esclusiva anche per gli atti discrezionali, proponibilità della ed ha domanda, spostato il quindi sulla e problema sulla impugnabilità dell’atto di cui si discute. Al Giudice amministrativo restano sicuramente gli atti generali (cfr. in questi sensi SS.UU. sent. n.16428/07) che tanta importanza stanno assumendo nel diritto tributario da quando sono state introdotte massicciamente le presunzioni, che la riforma degli anni 70 aveva lasciato ai margini del sistema, avendo operato una scelta più garantista che poi –purtroppo per la storia italiana- non è stata attuata con la necessaria determinazione. A questo punto, è indispensabile richiamare una sentenza molto recente delle Sezioni Unite in tema di impugnabilità delle circolari, sentenza redatta dal qui presente Prof. Botta nella quale è stato formulato il seguente principio di diritto ““La circolare con la quale l’Agenzia delle Entrate interpreti una norma tributaria, uffici esprime anche gerarchicamente esclusivamente qualora contenga subordinati un parere perchè una vi direttiva si agli uniformino, dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, e non è, quindi, impugnabile né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva””. Su questa base, il Supremo Collegio ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione ed ha cassato senza rinvio. Ritengo di dovere condividere in pieno e senza riserve i principi affermati in questa sentenza che –pur ribadendo orientamenti già formulati in precedenza- ha il pregio di avere con estrema lucidità - 55 - ricondotto limiti l’attività assegnando dell’Amministrazione alla circolare il nei valore suoi di giusti documento di parte, senza altri ulteriori significati paranormativi. Mi piace riferire un passaggio specifico che rende molto bene il senso del principio di legalità, al quale ognuno deve attenersi in materia tributaria. interpretazione Si dice contenuta nella nella) sentenza circolare è che se errata, (la l’atto emanato in difformità sarà legittimo perché è conforme alla legge, se invece la (interpretazione contenuta nella) circolare è corretta l’atto emanato in difformità sarà illegittimo per violazione di legge. Anche per questa via, emerge un principio al quale sono molto legato: quello che conta, ai fini di assegnare valore ad un atto, non è la veste giuridica che esso assume, ma è la validità intrinseca del pensiero che esso esprime. Allora, per concludere sul punto, al giudice amministrativo oggi sono riservate le posizioni di interesse legittimo derivanti dalla approvazione dei regolamenti, dei Decreti Ministeriali, degli atti generali quali gli studi di settore, o degli atti aventi un valore impositivo generale, quali quelli di determinazione dei valori degli immobili o di altri beni, fatte a livello centrale ed in via generale ed astratta. Questo giudice ha il potere di annullamento dell’atto amministrativo, mentre il giudice tributario ha il potere di disapplicazione dell’atto ritenuto illegittimo. Il sistema completo di posto situazione tutela che un giuridica, che ne esce è provvedimento, potrà essere senz’altro se è abbastanza lesivo annullato dal di una giudice tributario se ha natura tributaria o disapplicato da questi se ha natura amministrativa, e annullato dal Giudice amministrativo, se si tratta di atto generale. Per il terzo tipo di norme, quelle che sono collegate al diritto di cittadinanza e che dovrebbero servire a contribuire a creare una migliore qualità della vita perché trattano di questioni più generali, mi sembra necessario ed opportuno formulare qualche - 56 - riflessione su come lo statuto è stato considerato in questi ultimi anni dai vari soggetti dell’ordinamento. Per onestà intellettuale occorre sottolineare subito che l’Amministrazione Finanziaria, in tutte le sue articolazioni, e anche altri Enti titolari di un potere impositivo, sia con lo strumento dell’interpello, e sia nei rapporti quotidiani ed individuali, hanno interiorizzato lo statuto e lo hanno fatto diventare strumento abbastanza visibile. Il clima nei rapporti è sicuramente cambiato a seguito dello statuto. Anche i Giudici tributari hanno fatto la loro parte soprattutto attraverso all’esame la rimessione della Corte di diverse Costituzionale, questioni importanti manifestando così una grandissima sensibilità verso il tentativo di creare un sistema normativo più aderente ai valori costituzionali, che era uno degli scopi dello statuto. Negli anni immediatamente successivi all’emanazione dello statuto, da parte della dottrina c’è stata prima un diffuso senso di scetticismo e di svalutazione della normativa. Forse questo è accaduto perché gli studiosi conoscevano bene il sistema e l’evoluzione normativa degli ultimi anni. Certo è che un argomento così importante nei migliori manuali istituzionali era appena accennato e che le pubblicazioni organiche sull’argomento non sono abbondate. Poi, forse anche per la presa di posizione della Cassazione, c’è stata una consapevolezza diversa. Sono però aumentati quelli che hanno insistito sul fatto che la legge n. 212/2000 è in sostanza una legge ordinaria che può essere modificata senza alcuna limitazione da ogni legislatore successivo. Ed è stata così offerta una sponda preziosa al legislatore che sin dal primo momento, almeno in tema di norme interpretative e dell’accertamento, retroattive, ha e apportato di allungamento diverse deroghe dei ai termini principi dello statuto. A mio avviso, è stata sprecata una occasione storica per fare un salto di qualità, ossia per passare da un fatto formale ad un fatto sostanziale. Ci sono paesi che non hanno leggi scritte o che ne hanno poche e non per questo alcuni valori resistono meno - 57 - nel tempo, con la scusa che il contenitore non è di cemento armato. Era forse il momento di capire se i principi dello statuto veramente volevano attuare valori contenuti nelle norme costituzionali richiamate dallo stesso legislatore, se su quei principi si poteva essere d’accordo o meno, e se quei principi meritavano rispetto da tutti o potevano essere rispettati da qualcuno ad nutum. Quei principi sono stati definiti dal legislatore come principi generali del diritto tributario, ossia come principi che devono guidare l’interprete perché hanno una forza ed uno spessore superiore ad altri principi o a principi opposti. Se questi principi esprimono dei valori condivisibili, occorre sostenere che ad essi si deve attenere anche il legislatore sulla base dell’antico “Pacta sunt servanda”, utilizzato anche nei rapporti tra Stati, e cioè ai massimi livelli, allorché non ci sono né Carabinieri né Giudici ad applicare una sanzione. Come si vede,allora, il problema non è se la legge è una legge ordinaria o una legge costituzionale. Il problema è di vedere se siamo d’accordo d’accordo, confronti o dobbiamo di un meno su quei esprimere legislatore il che principi. nostro sul Perchè, fermo piano se siamo dissenso culturale fa nei un arretramento, molto negativo per le conseguenze che ricadranno sul sistema in termini di credibilità della massima istituzione quale è il Parlamento, che non può dire oggi una cosa e domani un’altra, poiché o sbagliava prima o sbaglia dopo. Ora, è chiaro che un tale problema non può essere appannaggio solo della dottrina o della Corte costituzionale, ma deve essere sentito e vissuto come problema di tutti, dagli operatori del diritto ma anche da chi, al di fuori del mondo giuridico, pensa che sia ancora attuale e valida l’esigenza di tendere al miglioramento dei rapporti tra cittadini e stato e da chi in definitiva ha a cuore le sorti del proprio Paese. Già i Romani si erano posti il problema di chi custodisce i custodi. E la risposta l’hanno data i grandi giuristi che sono passati alla storia per avere individuato ed indicato i principi fondamentali del sistema, a prescindere da quello che era il contenuto delle singole leggi. Anche oggi, l’unico strumento, - 58 - nel caso in cui il self restraint non funziona, è quello di fare capire e di dimostrare –sul piano culturale- da parte delle persone più attente e più credibili che le soluzioni in deroga ai principi generali (se non sono legittimate da esigenze vere e condivisibili) costituiscono un male peggiore di quello che con esse si voleva evitare. Il male peggiore è proprio quello della perdita della fiducia. Quando le deroghe sono abrogare quei principi forse tante, bisogna avere il coraggio di generali perché generali non sono più (o non sono mai stati se non nella mente illuminata di chi ha creduto che anche in Italia ci fossero le condizioni per un cambiamento, rectius per un miglioramento). Quello che non può essere fatto è lasciare lo statuto e devitalizzarlo, perché si torna al passato, ad un passato di sudditi privi di un diritto di cittadinanza piena, che sicuramente non era più felice. Il principio dell’affidamento (che vale innanzitutto nei confronti dello stato legislatore) è un principio rispettato nelle democrazie più mature poiché vi sono regole che si possono fare e regole che è meglio non fare. E qui sta la distinzione tra diritto e legge, che resta attuale anche in questo momento, pur caratterizzato da forme di consapevolezza culturale mai conosciute nella nostra storia. Un legislatore attento si preoccupa di perseguire il diritto, un legislatore meno attento si accontenta di fare una legge. Un discorso a parte deve essere fatto per la Corte Costituzionale, che sembra avere scelto, con riferimento allo statuto, la strada del valore formale di legge ordinaria utilizzata dal legislatore del 2000. Questo è stato scritto nella recentissima ordinanza n. 41/08 depositata il 27.02.2008 a proposito della norma interpretativa con la quale è stato stabilito che le aree edificabili, a fini Ici, sono ab imis anche quelle per le quali manca l’approvazione del piano da parte della Regione o per le quali manca uno strumento di attuazione, ma è stato scritto anche in precedenza. Nell’ordinanza n. 41/08 è stato scritto che la norma denunciata (l’art. 36, comma 2 d.l.n.233/06) ““in quanto dotata della stessa forza della legge n. 212 del 2000 (che non ha valore - 59 - superiore a quello della legge ordinaria, come sottolineatola questa Corte con le ordinanze n.180 del 2007, n. 428 del 2006 e n. 216 del 2004) è idonea ad abrogare implicitamente quest’ultima e, conseguentemente ad introdurre nell’ordinamento una valida norma di interpretazione autentica, ancorché priva di una espressa autoqualificazione in tal senso””. La soluzione sul piano della gerarchia delle fonti è ineccepibile, anche se essa è insoddisfacente poichè il metro della ragionevolezza, spesso meritoriamente applicato in molte occasioni negli anni passati, è rimasto totalmente fuori dalla valutazione. A me sembra che ci si dovrebbe chiedere se sia ragionevole il principio generale secondo cui le norme interpretative devono essere emanate solo in casi eccezionali e con qualificazione espressa. Se a questa domanda diamo risposta positiva poiché siamo convinti che sia giusto –in via generale- che l’interpretazione delle norme non spetta a chi le fa (ma ad altri, in base al principio della divisione dei poteri, di cui ancora oggi non possiamo fare a meno), dobbiamo rispondere senza alcuna remora che non è ragionevole riconoscere forza abrogante implicita ad una norma emessa senza accertare la ricorrenza della eccezionalità. L’accertamento della eccezionalità diventa sul piano validità accettiamo culturale del indispensabile principio la validità generale della perché e eccezione o siamo ed accettiamo la conseguenti, eliminiamo o quella regola generale, che evidentemente tale non è. Altre due vicende, una già definita e una in corso di svolgimento, meritano di essere esaminate proprio perché esse hanno le radici nel principio di uguaglianza che lo Statuto avrebbe dovuto attuare, e la cui attuazione (almeno in queste due ipotesi) appare molto lontana. La prima riguarda il problema della nullità delle cartelle non contenenti l’indicazione del responsabile del procedimento. E’ accaduto che la Corte Costituzionale, nella ordinanza n.377/07, ha richiamato la normativa dell’art. 7 dello Statuto, ed ha precisato che ““l’obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del - 60 - procedimento, lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare amministrativa,la piena la trasparenza informazione del dell’attività cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost. (si veda, ora, l’art. 1, comma 1, della legge n.241 del 1990, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n.15, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n.241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”)””. E’ accaduto ancora che il legislatore, ritenendo che la mancanza di questo elemento comporta la nullità, ha fatto una norma che dichiara la prevede la nullità per il futuro (e cioè per le cartelle relative ai ruoli che saranno consegnati a partire dal 01.06.2008), e che esclude quella nullità per il passato. La situazione è diventata a questo punto paradossale poiché se quell’elemento era veramente così importante da comportare la nullità della cartella, la soluzione doveva essere una sola: una norma interpretativa che affermasse la stessa soluzione per il passato e per il futuro. Se, invece, si riteneva che la mancanza di quell’elemento (in un atto dovuto, a contenuto vincolato) non fosse lesiva di alcun interesse concreto (anche perché nessuno avrebbe potuto negare una eventuale azione di responsabilità in capo al concessionario, a prescindere dalla individuazione della persona fisica), una norma che distingue tra passato e futuro non doveva essere mai fatta sul piano della ragionevolezza. L’Agenzia delle Entrate, con circolare n.16/E del 6 marzo 2008, emanata dopo l’entrata in vigore dell’art. 36, comma 4 ter del d.l.n.248/07, in l. n.31/08, ha invitato gli Uffici a resistere in giudizio nelle controversie di questo tipo sul presupposto che l’indicazione del responsabile del procedimento non era prevista, nell’art. 7, comma 2, lett. a) dello Statuto a pena di nullità. Il che comporterà il proliferare di un consistente contenzioso, che dovrà essere risolto con la ricerca di una soluzione unica per tutte le controversie, per evitare che nel corso dei vari giudizi si possano creare intollerabili soluzioni - 61 - differenti tra loro. Ne va di mezzo il fondamentale principio di uguaglianza richiamato dal legislatore del 2000 all’art. 1 dello Statuto e trattato con disinvoltura dal legislatore del 2008, che per lo stesso vizio ha dato due soluzioni differenti. La seconda vicenda, ancora da definire, è quella che riguarda il divieto di allungamento dei tempi dell’accertamento dall’art. 3, comma 3 dello Statuto, secondo il previsto ““I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati””. Anche qui, la veste formale data alla legge dello statuto non c’entra per niente, perché i soggetti che operano a vario titolo nell’ordinamento o sono d’accordo sulla validità di questo principio generale, o non sono d’accordo. Se sono d’accordo, devono rispettare il principio proprio perché esso è un principio generale, che può avere una deroga solo in casi eccezionali (come in tutti i casi della vita). Se non sono d’accordo, è meglio che dicano chiaramente che questo principio è irrazionale e va abrogato. La proroga dei termini previsti a pena di decadenza comporta un mutamento delle regole mentre la partita ancora è in corso, ed è chiaro che una proroga fatta e legittimata senza che ci sia alcun fatto eccezionale, diventa incomprensibile sul piano del sistema. E infatti, oggi, nel 2008, nessuno può volere, può legittimare o può auspicare un mutamento delle regole mentre la partita è ancora in corsa, senza mettere in discussione il senso stesso della civiltà. E’ accaduto, come è noto, che la legge n.289/02, da una parte ha premiato alcuni soggetti (attraverso una rinuncia a fare valere il potere accertativo penalizzato altri e sanzionatorio), e dall’altra ha soggetti (che avevano la colpa di non avere fatto il condono) prorogando di due anni i termini previsti a pena di decadenza per l’accertamento. La Commissione Tributaria di Cosenza, a seguito di una eccezione di illegittimità costituzionale, con una ordinanza esemplare (sez. XI, 24.08.2007, Pres. Rizzuti, rel. Marincolo, in Corr. Trib. N.43/07 pag.3509, con commento favorevole di E. De Mita), - 62 - ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale che dovrà risolvere il problema. Io credo che non basterà rilevare che la legge n. 212/2000 è una legge ordinaria, poiché questa volta il principio da salvare o da rinnegare è quello che discende dall’antico “pacta sunt servanda”. Si tratta, probabilmente, di valutare se questo principio merita di restare negli schemi della ragionevolezza che sono necessari per governare meglio la vita di relazione anche e soprattutto in una società complessa, o se invece un preteso senso di modernità può travolgere una regola così elementare che continua a valere nei rapporti tra amici, tra parenti, tra cittadini in genere, e che diventa –nei rapporti tra cittadini e stato- carta che si può stracciare quando si vuole. Dott. Angelo Gargani, Presidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria. Il cerchio si chiude, mi pare che l'ultima relazione è del collega Falcone, mi consenti se ti chiamo ancora collega, ha dato maggiore incisività più di quanto abbia fatto il professor Marongiu o il collega Botta, peccato che non c'è una voce contrastante, evidentemente forse non deve esserci. Va bene ora diamo la parola al dottor Antonio Montesano notaio in Paola. Dott. Antonio Montesano, Notaio in Paola. “La tutela dell’affidamento del contribuente. Profili di rilevanza notarile”. 1. I Introduzione. principi radicati di buona nell’intero fede e di tutela ordinamento dell’affidamento giuridico, a garanzia sono dei rapporti che si instaurano tra soggetti privati, relativamente alle varie vicende negoziali. Nel particolare principi hanno l’approvazione ambito dell’ordinamento trovato dello “Statuto espresso dei tributario, riconoscimento diritti del detti con contribuente” - 63 - (legge 27 luglio 2000, n. 212) che ha segnato la fine dell’era della supremazia amministrativa nei rapporti tra i due soggetti, privato e pubblico, dell’obbligazione tributaria. In particolare: • le disposizioni dello Statuto dei contribuenti, in attuazione degli articoli 3 (principio di pari dignità sociale di tutti i cittadini e di uguaglianza davanti alla legge), 23 (divieto di imporre prestazioni personali o patrimoniali se non in base alla legge)66, 53 (obbligo di tutti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva)67 e 97 (organizzazione degli uffici della Pubblica Amministrazione secondo le disposizioni di legge)68 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali (articolo 1, comma 1); • eventuali norme interpretative in materia tributaria possono essere introdotte soltanto: ) in casi eccezionali; ) con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica (articolo 1, comma 2). 2. Riferimenti normativi L’articolo 10, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, sotto la rubrica «Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente», dispone che: «I rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede69». 66 Si tratta di una riserva di legge relativa, secondo la quale la legge non deve regolare integralmente il rapporto tributario, ma deve contenere gli elementi necessari per individuare il tributo. Sarà poi un regolamento delegato ad integrare la legge. Si ricorda che, secondo l’opinione della dottrina prevalente, l’art. 23 in esame si applica solo alle imposte e non alle tasse; tuttavia, non mancano, al riguardo, opinioni contrarie. 67 Questa norma, di carattere precettivo e non programmatico, limita la libertà dei cittadini, affermando un loro dovere e un corrispondente diritto dello Stato. 68 Il fine della norma è quello di assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. 69 Come è stato precisato (Cass. 10 dicembre 2002, n. 17576, in Il Fisco 2003, pag. 137), «… il termine “collaborazione” allude, per un verso, ai principi di “buon andamento”, “efficienza” ed “imparzialità” dell’azione amministrativa tributaria di cui all’art. 97, comma 1, della Costituzione (richiamato dall’art. 1, comma 1, dello Statuto), e, per l’altro, a comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall’art. 53, comma 1, della Costituzione (anch’esso richiamato dalla predetta - 64 - Detta norma fissa (“collaborazione” debbono sempre e le regole “buona informare fede” lo generali di in oggettivo) senso svolgimento comportamento delle - attività che di amministrazione finanziaria e contribuente nei loro reciproci rapporti; si tratta di regole che devono trovare applicazione relativamente a tutti i rapporti giuridici tributari, e cioè a tutte le attività mediante le quali essi si costituiscono, si svolgono e si esauriscono. Il comma 2 del medesimo articolo aggiunge: «Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione modificate finanziaria, dall’amministrazione comportamento risulti posto direttamente conseguenti a in ancorché medesima, essere ritardi, successivamente o a qualora seguito omissioni il di od suo fatti errori dell’amministrazione stessa»70. Il comma 3, infine, precisa: «Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto71». 3. Profili definitori. disposizione statutaria) ed imposto a “tutti” i contribuenti, di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”; … il termine “buona fede”, se riferito all’amministrazione finanziaria, coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine “collaborazione”, posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell’amministrazione stessa “coerenti”, vale a dire “non contraddittori” o “discontinui” (mutevoli nel tempo); … il medesimo termine, se riferito al contribuente, presenta un’analoga, parziale coincidenza con quello di “collaborazione” ed allude ad un generale dovere di correttezza, volto ad evitare, ad es., comportamenti del contribuente capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da “abuso” di diritti e/o tesi ad “eludere” una “giusta” pretesa tributaria». 70 È evidente che, alla base di siffatte ipotesi, sta la tutela - espressamente limitata all’esclusione dell’irrogazione di sanzioni e/o della richiesta d’interessi moratori - dell’affidamento del contribuente, ingenerato in quest’ultimo dai fatti ivi indicati. 71 Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156. - 65 - In linea generale, i termini “buona fede” e “affidamento”, benché siano spesso accomunati, non sono tra loro equivalenti. In particolare, per “affidamento” deve intendersi la condizione psicologica propria di chi ha fiducia in qualcosa o qualcuno. La locuzione “buona fede”, invece, ha due accezioni: una soggettiva ed una oggettiva. La prima fa riferimento allo stato psicologico di chi ritiene di avere agito in conformità della legge (ignoranza di ledere una situazione giuridica altrui), mentre la seconda consiste in un generale dovere di correttezza che impone atteggiamenti leali e vieta comportamenti contrari alle legittime aspettative altrui, originate da un proprio precedente comportamento. In ambito tributario, il principio della tutela dell’affidamento del contribuente costituisce un mero svolgimento dei contenuti dei principi di collaborazione e di buona fede; «infatti, se in base ai principi l’amministrazione della collaborazione finanziaria ha il e della dovere di buona fede esercitare la propria attività e di adottare le proprie decisioni, oltreché in modo legittimo (ossia, in base al generale principio di legalità dell’azione amministrativa), anche in maniera “coerente”, qualsiasi comportamento dell’amministrazione stessa non conforme a tali canoni può essere idoneo a costituire, secondo le circostanze del caso concreto, in capo al contribuente in buona fede (in senso oggettivo), cui non sia addebitabile alcun comportamento “scorretto” …, una situazione giuridica soggettiva di vantaggio, fondata proprio sul convincimento (buona fede in senso soggettivo) dell’attività delle apparenti amministrativa legittimità tributaria: e coerenza situazione, che, secondo le circostanze del caso concreto appunto, in forza del principio dell’affidamento, è considerata dal legislatore dello Statuto meritevole di tutela»72. I presupposti affidamento che del integrano una contribuente situazione di fronte di legittimo all’azione dell’Amministrazione finanziaria e che consentono al primo di 72 Cass. 17576/2002, cit. - 66 - invocarne la relativa tutela, si possono, dunque, così sintetizzare73: a) attività dell’Amministrazione finanziaria idonea a determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente; b) conformazione in buona fede (in senso soggettivo) da parte del contribuente alla situazione giuridica apparente, purché nel contesto di una condotta dello stesso (buona fede in senso oggettivo) - anteriore, contemporanea e successiva all’attività dell’amministrazione - connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del generale dovere di correttezza gravante sul medesimo (affidamento legittimo); c) eventuale presenza di circostanze specifiche del caso concreto e idonee a costituire altrettanti indici della sussistenza o dell’insussistenza dei predetti presupposti74. 3.1. “Buona fede” e “affidamento” nella giurisprudenza amministrativa. Il supremo Giudice amministrativo ha sempre considerato i principi della buona fede e del legittimo affidamento tra i canoni regolatori ultimi dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e amministrati nelle più diverse fattispecie75. In particolare, il Consiglio di Stato ha più volte ribadito che il potere di autotutela deve essere esercitato nella ponderazione dell’interesse privato, che viene sacrificato, in comparazione con quello pubblico, avuto riguardo all’affidamento 73 Cass. 17576/2002, cit. Ad esempio, la situazione normativa astrattamente idonea a disciplinare la concreta fattispecie; ovvero, lo stesso fluire del tempo, quale indice della “coerenza” dell’azione amministrativa tributaria e/o dell’affidamento del contribuente e/o del “consolidamento” della situazione giuridica soggettiva favorevole a quest’ultimo. 74 75 Cfr. Cons. St., sez. V, 22 maggio 1981, n. 206, in Foro amm. 1981, I, 1, pag. 1088; Id., sez. IV, 6 ottobre 1986, n. 651, in Foro amm. 1986, 1, pag. 2064; Id., Ad. plen., 30 settembre 1993, n. 11, in Rass. Avv. Stato 1994, I, 4, pag. 524 con nota di F. Basilica; Id., sez. IV, 17 dicembre 1998, n. 1815, in La legge plus on line, IPSOA. In numerose decisioni è stato affermato il principio secondo cui, la determinazione di recupero di somme indebitamente pagate è un tipico provvedimento di annullamento d’ufficio, destinato ad eliminare gli atti in base ai quali l’indebito pagamento è stato effettuato, talché, alla stregua dei principi generali, essa può essere legittimamente adottata solo se il pubblico interesse perseguito non collida con situazioni giuridiche contrarie, quale quella conseguente, in base al principio dell’affidamento, alla percezione in buona fede, da parte dell’interessato, delle somme non dovute (cfr., tra le altre, Cons. St. 9 marzo 1985, n. 77, in Cons. Stato 1985, I, pag. 257; Id., 23 novembre 1985, n. 559, in La legge plus on line, IPSOA). - 67 - riposto nella ponderazione legittimità - amministrativa76; dell’azione necessaria quando dall’annullamento tale d’ufficio derivi un danno per il privato - non lo è quando si tratti di rimuovere un ingiusto vantaggio dallo stesso conseguito. Inoltre, limitato, il potere sulla di base annullamento del d’ufficio principio generale può essere della tutela dell’affidamento del privato, dallo stesso trascorrere del tempo che abbia consolidato la situazione giuridica di vantaggio acquisita dal privato medesimo77. In quest’ottica, si è assistito ad un proliferare di fattispecie, nei vari settori del diritto amministrativo, nelle quali è stata data prevalenza al principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino di fronte all’azione della Pubblica Amministrazione78. Nella stessa direzione si muovono anche le prime pronunce della Corte di cassazione, che hanno fatto applicazione delle disposizioni statutarie79. 4. La valenza costituzionale della tutela del legittimo affidamento del cittadino. Il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino di cui all’art. 10 dello Statuto dei contribuenti, come si è precisamente detto, negli trova artt. origine 3, 23, nella 53 e Costituzione 97, e, espressamente 76 Cfr., ex pluribus, Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 1984, n. 9, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 28 luglio 1992, n. 704, in Riv. amm. 1992, IV, pag. 1300; Id., 11 aprile 1996, n. 399, in La legge plus on line, IPSOA. 77 Cfr., ad es., Cons. St., sez. VI, 29 marzo 1996, n. 520, in La legge plus on line, IPSOA; Id., sez. V, 18 ottobre 1996, n. 1253, ivi; Id., 20 febbraio 1998, n. 161, ivi. 78 Ad es., nell’interpretazione ed applicazione dei bandi di concorso: cfr. Cons. St., sez. V, 30 maggio 1997, n. 582, in La legge plus on line, IPSOA. Ovvero quale limite al potere discrezionale dell’autorità amministrativa, competente alla pianificazione urbanistica, di modificare, senza congrua motivazione, precedenti piani di lottizzazione, proprio in ragione dell’esigenza di tutelare l’affidamento che il cittadino fonda su tali piani: cfr. Cons. St., sez. IV, n. 1785/1999. 79 E così, è stato precisato (Cass., 5 ottobre 2001, n. 12284, in Foro it. 2001, I, pag. 3530; Id., 14 novembre 2001, n. 14141, in La legge plus on line, IPSOA) che la disposizione di cui al primo periodo del comma 4 dell’art. 6 dello Statuto dei diritti del contribuente - secondo cui “al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente” - è espressiva del “principio di collaborazione” nei rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria. Cfr., inoltre, Cass., 22 novembre 2001, n. 14782, in La legge plus on line, IPSOA, che ha dato importanza al principio dell’affidamento, basato su un provvedimento concessivo dell’Amministrazione ed ha affermato che il contribuente che si affida al suo creditore e ne attua le disposizioni non può essere penalizzato con la esclusione da un beneficio riguardante le sanzioni. Lo stesso principio è stato espresso nella sentenza 21 marzo 2001, n. 4050, ivi. - 68 - richiamati dall’art. 1 dello Statuto medesimo; esso, pertanto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti articolazioni, dello Stato limitandone di diritto l’attività nelle diverse legislativa e amministrativa80. A differenza di altre norme dello Statuto, che presentano un contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente, la previsione del citato art. 10 è dunque espressiva di principi generali esistenti dell’entrata motivo, canone deve in nell’ordinamento vigore ritenersi ermeneutico della che legge tale tributario n. anche 212/2000; disposizione, dell’interpretazione per in prima questo forza del adeguatrice a Costituzione, risulti applicabile: • ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore81. È stato, invece, escluso che le norme di natura procedimentale dello Statuto possano essere applicate retroattivamente82. Ciò in quanto, tenuto conto dello stato della legislazione preesistente, le disposizioni di tale natura, in linea di massima, istituiscono nuove garanzie in favore del contribuente, o ampliano significativamente garanzie già previste in misura minore; • ai rapporti fra contribuente ed ente impositore diverso dall’Amministrazione finanziaria dello Stato; • ad elementi dell’imposizione diversi da sanzioni e interessi, giacché i casi di tutela espressamente enunciati dal comma 2 del citato art. 10 riguardano situazioni meramente esemplificative, legate ad ipotesi maggiormente frequenti, ma non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti. Su quest’ultimo punto, attese le rilevanti implicazioni pratiche ad esso correlate, si tornerà nel prosieguo del presente lavoro (v. punto 6.1.). 80 Oltre la sentenza 17576/2002, cit., cfr. Cass., 6 ottobre 2006, n. 21513, in La legge plus on line, IPSOA. 81 Cass., 14 aprile 2004, n. 7080 in Il fisco n. 27/2004, fascicolo n. 1, pag. 4238; Id., 17576/2002, cit. 82 Cfr. Cass., 12 ottobre 2001, n. 12462, in La legge plus on line, IPSOA. - 69 - Ora è bene precisare che, non sempre la valenza costituzionale delle norme Statutarie guida i passi del legislatore tributario; infatti, non sono pochi i provvedimenti legislativi che ne violano i precetti. Ad esempio, il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, si pone in contrasto con lo Statuto in questione, laddove indica le varie date di decorrenza degli effetti di alcune disposizioni in esso contenute. Si fa riferimento alla norma: • sui paradisi fiscali (art. 1, comma 6); • sugli immobili in leasing (art. 2, comma 18), che ha effetto dal 4 luglio 2006; • sui fringe benefit (art. 2, commi 71 e 72), che retroagisce al 1° gennaio 2006; • sulle auto aziendali (art. 2, commi 71 e 72), che decorre dal 3 ottobre 2006; • sul riporto delle perdite (art. 2, comma 22), che decorre dal periodo in corso al 4 luglio 2006; • sulle società in trasparenza (art. 2, comma 23), che decorre dal 4 luglio 2006; • sui contributi per l’editoria (art. 2, commi da 124 a 128), vigente per l’anno 2006. Lo stesso decreto, inoltre, con riferimento all’imposta sulle successioni e donazioni, prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino alle successioni apertesi dal 3 ottobre 2006 e agli atti pubblici formati, agli atti a titolo gratuito fatti, alle private non scritture private autenticate autenticate presentate per la e alle scritture registrazione, a decorrere dal 1° gennaio 2007. Per le donazioni, invece, ai fini dell’applicazione dell’imposta, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (29 novembre 2006) si tiene conto della data del rogito notarile. Per le dichiarazioni di successione già presentate alla data di entrata in vigore della predetta legge e per i decessi avvenuti dal 3 ottobre 2006 in poi, le imposte già pagate sono ripetibili - 70 - (se versate in più) perché, in molti casi, non si è tenuto conto della “franchigia” introdotta per le devoluzioni in linea retta, mentre restano invariate le liquidazioni per quelle in favore di altri soggetti. Appare, dunque, evidente che l’accavallarsi di date e di effetti della nuova disciplina crea non poche difficoltà non solo agli operatori del settore e agli interpreti ma, soprattutto, ai contribuenti, a dispregio della ratio dello Statuto. 5. La tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente quale limite alla retroattività sfavorevole della legge tributaria. Nell’affrontare il problema dei limiti all’efficacia retroattiva delle leggi interpretative, la Corte Costituzionale, in alcune pronunce83, li ha individuati - oltreché in quello previsto esplicitamente per la materia penale (art. 25, comma 2, della Costituzione) – anche in quelli che attengono alla salvaguardia di norme costituzionali; tra questi viene annoverato il principio «della tutela dell’affidamento legittimamente posto nella certezza dell’ordinamento giuridico»; in particolare, è stato precisato, quello «sull’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica è principio che, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetto retroattivo che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti»84. Recependo l’insegnamento del Giudice delle leggi, il Legislatore statutario, con riguardo alla disciplina dei tributi, statuisce che: «Salvo quanto previsto dall’art. 1, comma 285, le 83 Cfr. le sentenze n. 211/1997, n. 416 /1999 e n. 525 /2000 (anticipate, tra le altre, dalle sentenze n. 349/1985, n. 822/1988 e n. 390/1995), consultabili nella Sezione «Giurisprudenza» sotto la voce «Ricerca sulle pronunce» del sito http://www.cortecostituzionale.it/. 84 In termini, sentenza n. 525/2000, cit., con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3, comma 1, della Costituzione, dell’art. 21, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, nella parte in cui estende anche al periodo anteriore alla sua entrata in vigore l’efficacia della interpretazione autentica, da essa dettata, dell’art. 38, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, «poiché in questo modo è stato frustrato l’affidamento dei soggetti nella possibilità di operare sulla base delle condizioni normative presenti nell’ordinamento in un dato periodo storico, senza che vi fosse una ragionevole necessità di sacrificare tale affidamento nel bilanciamento con altri interessi costituzionali». 85 Che disciplina l’ipotesi dell’adozione di norme interpretative. - 71 - disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo» (art. 3, comma 1, primo periodo, della legge n. 212/2000). Pertanto, «ogni qualvolta una normativa fiscale sia suscettibile di una duplice interpretazione, una che ne comporti la retroattività e una che la escluda, l’interprete dovrà dare preferenza a questa seconda interpretazione come conforme a criteri generali introdotti con lo Statuto del contribuente e, attraverso di essi, ai valori costituzionali intesi in senso ampio e interpretati direttamente dallo stesso legislatore attraverso lo Statuto»86. Tuttavia, va precisato che «il c.d. Statuto del contribuente è uno strumento di garanzia del contribuente e, quindi, mentre serve ad arginare il potere dell’Erario nei confronti del soggetto più debole del rapporto di imposta, non può ostacolare l’approvazione di disposizioni che siano a favore del contribuente, che si risolvano eventualmente in un ulteriore autolimitazione del potere legislativo (una sorta di autotutela legislativa)»87. In quest’ottica deve essere intesa la natura eccezionale delle norme interpretative. In particolare, l’irretroattività secondo della la legge Corte disposta di cassazione, dall’art. 11 delle preleggi è una regola generale che può essere derogata solo per due ordini di motivi: 1. se risulta l’espressa ed univoca dichiarazione del legislatore; 2. se la nuova norma appaia emessa per precisare il significato di norme preesistenti ed imponga una variante che risolva, con intervento chiarificatore del legislatore, un precedente contrasto interpretativo, fornendone interpretazione autentica, purché compatibile con il loro tenore letterale88. 86 Cass., 14 aprile 2004, n. 7080, in Corriere trib. 2004, n. 29, pag. 2290, con nota di G. Marongiu. 87 Cass., 21 aprile 2001, n. 5931, in Corriere trib. 2001, 35, pag. 2644, con nota di M. Bruzzone. 88 Cass., 26 aprile 2005, n. 8637, in La legge plus on line, IPSOA. Negli stessi termini, cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 376/1995, n. 397/1994, n. 229/1999 e n. 525/2000, consultabili nella Sezione «Giurisprudenza» sotto la voce «Ricerca sulle pronunce» del sito http://www.cortecostituzionale.it. - 72 - Quanto al carattere d’interpretazione autentica di una legge, come è stato affermato89, «esso dipende esclusivamente dal suo contenuto caratterizzato dall’enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente, a cui la norma si ricollega nella formula e nella ratio, e da un momento precettivo, con il quale il legislatore impone questa interpretazione, escludendone ogni altra». Accertata la natura interpretativa di una norma, la stessa deve, di conseguenza, considerarsi «applicabile anche ai rapporti non ancora definiti senza che tale efficacia retroattiva possa dar luogo a dubbi di legittimità costituzionale»90. 5.1. Determinazione della rendita catastale delle turbine e delle centrali idroelettriche Così, ad esempio, la Corte di Cassazione91 ha risolto la questione relativa alla computabilità del valore delle turbine nella quantificazione elettriche, della sostenendo rendita l’efficacia catastale retroattiva delle centrali dell’art. 1- quinquies del D.L. 31 marzo 2005, n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 8892. Questa problematica - intorno alla quale si è sviluppato un lungo contenzioso tra l’Enel S.p.A., da un lato, e gli Uffici del Territorio e i Comuni, dall’altro -, trae origine dall’impugnazione da parte dell’Enel degli atti di classamento 89 Cass., Sezioni Unite, 4 marzo 1983, n. 1622, in Foro it. 1983, I, pag. 1257; Id., 12 giugno 1986, n. 3928, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 10 febbraio 1989, n. 829, ivi; Id., 20 giugno 2003, n. 9895, ivi. Cfr. pure Corte costituzionale, sentenza n. 525/2000, cit., secondo la quale «il legislatore può adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni legislative non solo quando sussista una situazione di incertezza nell’applicazione del diritto o vi siano contrasti giurisprudenziali, ma anche in presenza di un indirizzo omogeneo della Corte di Cassazione, quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore». 90 Cass., 22 gennaio 2004, n. 1026, in La legge plus on line, IPSOA. 91 Sentenza 7 giugno 2006, n. 13319, in La legge plus on line, IPSOA. 92 Secondo tale norma: «Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’art. 4 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto concorrono alla determinazioni della rendita catastale, ai sensi dell’art. 10 del citato decreto-legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell’attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo». - 73 - con i quali gli Uffici del Territorio rettificavano la rendita catastale delle centrali elettriche - e degli avvisi di liquidazione - con i quali i Comuni che ospitano le centrali ponevano in riscossione l’ICI relativa alle medesime centrali emessi sulla base della rendita rettificata, nonché delle relative sanzioni. Ciò avveniva all’indomani dell’approvazione della cosiddetta procedura DOCFA regolata dal D.M. n. 701/1994. In particolare, la società elettrica, nell’attuare siffatta procedura di determinazione della rendita, ha riformulato il classamento delle centrali termoelettriche, omettendo il valore (assai rilevante) delle turbine, non ritenute dall’ente impianti fissi, ottenendo così rendite inferiori del 60-70% rispetto alle precedenti determinate dagli uffici e abbattendo il gettito ICI dei piccoli comuni di appartenenza. Secondo le società di produzione, infatti, il valore delle centrali elettriche deve essere determinato solo dal valore dell’area e dei muri, con esclusione degli impianti. Questa tesi, però, contrasta con la prassi interpretativa ed applicativa delle norme catastali in materia di fabbricati di categoria D. Il contenzioso ha generato contrastanti pronunce della giurisprudenza di merito93 e di legittimità94, fino a richiedere - quando la questione era già stata rimessa all’attenzione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - l’intervento del legislatore con le disposizioni di cui agli articoli 1, comma 540, della legge n. 311/200495, prima, e 1-quinquies del D.L. n. 44/2005, poi. 93 Cfr. Commissione Tributaria Regionale Umbria 13 marzo 2003, n. 13, consultabile nella sezione «Servizi», sotto la voce «Doc. economica e Tributaria» (cliccando prima su «Estremi», poi su «Giurisprudenza») del sito http://www.cerdef.it/site.php?page=home e Commissione Tributaria Regionale Lazio 17 giugno 2003, n. 261, ivi, per la non computabilità delle turbine; Id., 24 febbraio 2004, n. 48, ivi, e Id., 16 settembre 2005, n. 133, ivi, per l’opposta soluzione. 94 Cfr. Cass., 6 settembre 2004, n. 17933, in La legge plus on line, IPSOA, per la non computabilità delle turbine e Cass., 17 novembre 2004, n. 21730, ivi, in senso favorevole al computo delle turbine. 95 La norma interpretativa di cui alla legge n. 311 del 2004 (Finanziaria 2005) è stata abrogata dall’art. 4, comma 1, del D.L. n. 35/2005, come modificato dalla legge di conversione n. 80/2005: ciò perché, il contenuto generico della disposizione interpretativa aveva preoccupato molte piccole imprese che temevano di veder considerati come immobili i più disparati macchinari e veder così aumentare eccessivamente la loro imposizione fiscale (in specie ai fini ICI). - 74 - Sicché, oggi, è alla luce di queste norme che deve essere risolta la questione e l’ambito della discussione trova «il proprio naturale interpretativa confine nella dell’intervento valutazione del della legislatore natura e della compatibilità costituzionale della norma approvata»96. Con riferimento alla prima questione (natura della norma in esame), deve essere precisato che il citato art. 1-quinquies del D.L. n. 44/2005 può essere considerato norma d’interpretazione autentica97 per due ordini di motivi: 1. esso è formalmente qualificato come norma d’interpretazione dallo stesso legislatore; 2. è volto a chiarire il senso di una norma preesistente per porre termine al contrasto giurisprudenziale che la riguarda98. Ciò posto, va ricordato che, secondo la norma in esame, con riferimento alle centrali elettriche, una costruzione può essere definita “stabile” se è costituita «dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso»99. L’art. 1-quinquies del D.L. n. 44/2005, in pratica, ha considerato le turbine quali elementi essenziali costitutivi del bene “centrale elettrica” (bene immobile per incorporazione di mobile a immobile) e non rileva il mezzo di unione tra “mobile” e “immobile”: l’impossibilità sia perché di separare quel che l’uno davvero dall’altro conta è senza la sostanziale alterazione del bene complesso (che non sarebbe più, nel caso di specie, una centrale elettrica), sia perché “mezzo di unione” idoneo a determinare l’incorporazione non può essere qualificato solo quello che tale poteva considerarsi al tempo dell’approvazione del codice civile; al riguardo, infatti, si deve tener conto del progresso tecnologico e dei mezzi 96 Cass. 7 giugno 2006, n. 13319, cit. Di conseguenza, esso ha efficacia retroattiva. 98 E, come si è detto, proprio questa è, tradizionalmente, una delle ragioni dell’intervento del legislatore in sede d’interpretazione autentica. 99 Del resto, ai sensi dell’art. 812 del codice civile si considerano beni immobili, tra l’altro, le costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio. 97 - 75 - utilizzati per venire incontro a specifiche esigenze tecniche (come accade per le turbine, per le quali devono utilizzarsi particolari mezzi di unione al suolo, in ragione della necessità di tener conto della dilatazione cui sono soggette per le elevate temperature di esercizio)100. Con riferimento alla seconda questione (compatibilità costituzionale della norma), non si può certo affermare che l’articolo de quo sia viziato per irragionevolezza, per aver stabilito che una determinata norma si interpreti in un senso riguardo ad alcuni soggetti che ne sono destinatari e in un senso diverso (addirittura opposto) rispetto ad altri101. La norma in discussione, infatti, è diretta a risolvere, in via definitiva, un contrasto ermeneutico insorto relativamente alla situazione specifica delle centrali elettriche, e non stabilisce affatto che la norma interpretata sia soggetta ad una diversa esegesi in situazioni omogenee102. Né si potrebbe ritenere che, la disposizione in esame, comporti violazione dell’art. 53 della Costituzione. Infatti, anzitutto non è prospettabile una lesione del tipo indicato in relazione alla determinazione della rendita catastale (che non costituisce né un’imposta, né un presupposto d’imposta); inoltre, la capacità contributiva, quale idoneità soggettiva all’obbligazione presupposto economico al d’imposta quale - l’imposta è desumibile collegata dal - può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità, sotto il profilo della palese arbitrarietà e manifesta 100 In termini, cfr. la più volte citata sentenza della Cassazione 7 giugno 2006, n. 13319. Sentenza 7 giugno 2006, n. 13319, cit. 102 Essa, pertanto, non contrasta con l’articolo 3 della Costituzione. Infatti, la situazione delle centrali elettriche è del tutto specifica; inoltre non sussiste alcuna significativa omogeneità tra tutti gli immobili classificabili nel gruppo catastale D, come rivela immediatamente la circostanza che alla loro valutazione catastale si debba procedere, per espressa previsione normativa, mediante stima diretta. 101 - 76 - irragionevolezza103, ipotesi che non sussistono nel caso di specie104. 5.2. Determinazione di area fabbricabile Altra questione è sorta con riferimento all’articolo 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), secondo il quale: «Ai fini dell’applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo». Questa norma, entrata in vigore il 4 luglio 2006, ha risolto un’annosa questione che, all’interno della sezione quinta della Corte di cassazione, ha dato luogo a contrastanti indirizzi giurisprudenziali. Infatti, mentre alcune pronunce sostenevano che un suolo può essere considerato edificabile soltanto sulla base di uno strumento urbanistico perfezionato con l’approvazione regionale, altre, invece, ritenevano sufficiente, ai fini della valutazione fiscale, che un suolo risultasse inserito in una zona di edificazione di un piano anche soltanto adottato dal comune e non ancora approvato dalla regione. La questione era di particolare importanza, sia perché ricorreva frequentemente, sia perché gli interessi coinvolti erano spesso notevoli. 5.2.1. Linee generali. Posto che i maggiori problemi ermeneutici hanno avuto ad oggetto il concetto di “utilizzabilità a scopo edificatorio”, occorre 103 Corte costituzionale, sentenze n. 362/2000, n. 143/1995, n. 315/1994, n. 42/1992 e n. 226/1984, consultabili nella Sezione «Giurisprudenza» sotto la voce «Ricerca sulle pronunce» del sito http://www.cortecostituzionale.it. 104 Nello stesso senso, Commissione Tributaria Regionale Lombardia, 27 dicembre 2005, n. 131, in GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, 2006, 7, 628, con nota di E. Carrasi. - 77 - chiarire cosa deve intendersi con tale espressione, dopo l’approvazione del D.L. n. 223/2006. La qualifica di area fabbricabile presuppone l’utilizzabilità dell’area stessa a scopo edificatorio, in base allo strumento urbanistico. Secondo alcune pronunce giurisprudenziali, per aree fabbricabili si deve intendere, ai fini fiscali (con specifico riferimento all’ICI), «i terreni immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio, con possibilità legale ed effettiva di rilascio di concessione edilizia distinguendosi, urbanizzate al nella per le momento dell’imposizione disciplina quali è dell’imposta, consentito il tributaria, tra le rilascio zone della concessione edilizia secondo le previsioni del piano regolatore generale del comune, ancora prima dell’adozione dei piani attutivi, e le zone che, pur comprese nelle previsioni del piano regolatore scopo generale, edificatorio, non sono essendo il immediatamente rilascio della utilizzabili a concessione a edificare subordinato all’adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione»105. Dopo la novella del 2006, però, tale tesi non è più sostenibile. Il testo della legge non consente più di distinguere a seconda delle “fasi di lavorazione” degli strumenti urbanistici106; 105 Cass., 15 novembre 2004, n. 21573, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 16 novembre 2004, n. 21644, ivi. Secondo queste sentenze, «il legislatore ha voluto sottoporre ad imposta, con base imponibile diversa, quelle aree immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio, con possibilità legale ed effettiva di rilascio di concessione edilizia al momento dell’imposizione fiscale, distinguendo tra zone urbanizzate, per le quali è consentito il rilascio di concessione edilizia in base al P.R.G., ancora prima dell’approvazione dei piani attuativi, e quelle che, non trovandosi in tale situazione anche se comprese nel P.R.G., devono attendere i piani particolareggiati o i piani di lottizzazione per potere ottenere tale concessione». In altri termini, «il legislatore ha inteso riservare un diverso trattamento fiscale, con la previsione di una base imponibile sul valore reale, per quelle aree la cui utilizzazione a scopo edificatorio è attuale e non rinviata alla adozione e successiva approvazione regionale degli strumenti urbanistici attuativi e, quindi, per quei terreni per i quali il rilascio della concessione edilizia è previsto da provvedimenti definitivi e non in fieri. Se non avesse inteso dire quanto sopra esposto, il legislatore avrebbe potuto limitarsi a definire l’area fabbricabile quella , “compresa nel PRG” oppure quella “destinata all’edificazione”, senza riferimento agli strumenti urbanistici “attuativi” o alle “possibilità effettive di edificare” richiamando, inoltre, i criteri contenuti nella L. n. 359 del 1952 (possibilità legali ed effettive di edificazione)». 106 Si ricorda che, in materia di ICI, già l’art. 11-quaterdecies, comma 16, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) aveva anticipato che: «Ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo». La norma, però, non chiariva se lo strumento urbanistico generale dovesse essere stato approvato dalla regione. - 78 - questo perché, quello che interessa al legislatore fiscale è che venga adottato un diverso criterio di valutazione dei suoli, quando questi siano avviati sulla strada (non necessariamente senza ritorno) dell’edificabilità107. Ciò dipende, legislazione soprattutto, urbanistica dal si fatto che le differenziano finalità della quelle della da legislazione fiscale: la prima tende a garantire il corretto uso del territorio urbano, e, quindi, lo ius aedificandi non può essere esercitato se non quando gli strumenti urbanistici siano perfezionati (garantendo la compatibilità degli interessi individuali con quelli collettivi); la seconda, invece, mira ad adeguare il economici dei parallelo, prelievo suoli, dal fiscale che sorgere si alle variazioni registrano della mera e dei valori progrediscono, aspettativa dello in ius aedificandi, fino al perfezionamento dello stesso. Ne consegue, che le chiavi di lettura dei due comparti normativi possono essere legittimamente differenti; pertanto, in sede di valutazione, la minore dell’edificabilità dovrà o maggiore essere attualità considerata e ai potenzialità fini di una corretta valutazione del valore venale delle stesse, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, per l’ICI, e dell’art. 51, comma 3, del D.P.R. n. 131/1986, per l’imposta di registro108. 5.2.2. Con Imposta di registro specifico riferimento a quest’ultima imposta, la problematica in questione discende dal tenore del D.P.R. n. 131/1986. In particolare, si ricorda che: a) in linea di principio, la base imponibile dell’imposta di registro, per i contratti di compravendita è costituita dal valore dei beni trasferiti (art. 43 del citato decreto); b) per gli atti di trasferimento di beni immobili, «si intende per valore il valore venale in comune commercio» (art. 51, comma 1, del citato decreto); 107 Normalmente, infatti, già l’avvio della procedura per la formazione del PRG determina una “impennata” di valore, pur con tutti i necessari distinguo (riferiti alle zone e alla necessità di ulteriori passaggi procedurali). 108 Così Cass., SS.UU., 30 novembre 2006, n. 25505, in La legge plus on line, IPSOA. - 79 - c) se l’ufficio ritiene che gli immobili ceduti hanno un valore venale superiore a quello dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede alla rettifica, e alla conseguente liquidazione (art. 52, comma 1, del citato decreto) «avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di reddito analoghe netto di caratteristiche cui gli e condizioni, immobili sono ovvero al suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni» (art. 51, comma 3, del citato decreto); d) l’ufficio corrispettivo degli non può rettificare immobili, iscritti «il in valore o catasto il con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto» (cd. “valutazione automatica”109), salvo che si tratti di «terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria» (art. 52, comma 4, del citato decreto). Proprio con riguardo quest’ultimo punto, come si vede, la norma originaria non specificava se lo strumento urbanistico dovesse essere soltanto adottato o anche approvato; di qui le oscillazioni giurisprudenziali che hanno portato al denunciato 109 Si ricorda che il criterio cosiddetto della “valutazione automatica” ha subito una notevole contrazione in seguito all’entrata in vigore del D.L. n. 223/2006, prima, e della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), poi. In particolare, l’articolo 35, comma 23-ter, del D.L. n. 223/2006 ha aggiunto il comma 5-bis all’articolo 52del D.P.R. n. 131/1986, secondo il quale, le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni (legge finanziaria 2006). Secondo quest’ultima disposizione, in deroga all’art. 43 del D.P.R. n. 131/1986, «per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 131/1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento» (cosiddetto “criterio del prezzo-valore”). La forfetizzazione della base imponibile e la conseguente inibizione dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, quindi, trova applicazione nelle sole ipotesi ivi richiamate. - 80 - contrasto e, ora, all’approvazione della legge interpretativa di cui al D.L. n. 223/2006. Come è stato precisato110, quest’ultimo provvedimento ha accolto la tesi sostanzialistica, secondo la quale: «non occorre che lo strumento urbanistico, adottato dal comune, abbia perfezionato il proprio iter di formazione mediante l’approvazione da parte della regione, urbanistico, con atteso che inserimento l’adozione di un dello terreno con strumento destinazione edificatoria, imprime al bene una qualità che è recepita dalla generalità dei consociati come qualcosa di già esistente e di difficile reversibilità e, quindi, è sufficiente a far venir meno, ai fini anzidetti, la presunzione del rapporto proporzionale tra reddito dominicale risultante in catasto e valore del terreno medesimo, posto a fondamento della valutazione automatica»111. In altri termini, dinanzi ad una vocazione edificatoria di un suolo, formalizzata in un atto della procedura prevista dalla legislazione urbanistica, l’erario ritiene che, a prescindere dallo status giuridico formale dello stesso, non sia più possibile apprezzarne il valore sulla base di un parametro di riferimento, come il reddito dominicale, che deve considerarsi superato da più concreti criteri di valutazione economica. Non interessa, dunque, ai fini fiscali, che il suolo sia immediatamente ed incondizionatamente edificabile, perché possa farsi ricorso legittimamente al criterio di valutazione del valore venale in comune commercio: l’inizio della procedura di “trasformazione” urbanistica di un suolo, implica, di per sé, una “trasformazione” economica dello stesso, che non consente più la valutazione, ai fini fiscali, secondo il criterio del reddito dominicale112. Tuttavia, l’aspettativa di edificabilità di un suolo, non comporta, ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic 110 Cass., SS.UU., 30 novembre 2006, n. 25505, cit. 111 Cass., 9 dicembre 2002, n. 17513, in Il Fisco 2003, pag. 762; Id., 27 marzo 2002, n. 4381, ivi 2002, pag. 3926, con nota di F.P. D’Orsogna; Id., 22 marzo 2002, n. 4120, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 12 dicembre 2002, n. 17762, in Il Fisco 2003, pag. 294; Id., 18 settembre 2003, n. 13817, in La legge plus on line, IPSOA. 112 Pertanto, se la procedura per la formazione del PRG è stata avviata, la situazione in movimento non consente più di beneficiare del criterio della valutazione automatica. - 81 - et simpliciter all’edificabilità, ma soltanto, l’assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli. 113 In conclusione, ai fini dell’applicazione del D.P.R. n. 131/1986: 1. un’area utilizzabile urbanistico a è da scopo generale dall’approvazione considerarsi edificatorio adottato della in dal regione e fabbricabile base comune, allo se strumento indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo; 2. in caso di trasferimento di tali aree, non opera l’inibizione del potere di controllo di cui all’art. 52, comma 4, con la conseguenza che l’accertamento del valore deve essere effettuato ai sensi dell’art. 51, tenendo conto anche di quanto sia effettiva e prossima l’utilizzabilità a scopo edificatorio delle stesse, e di quanto possano incidere gli ulteriori eventuali oneri di urbanizzazione. 5.2.3. Efficacia (retroattiva o irretroattiva) dell’art. 36, comma 2, del D.L. n. 223/2006. Dunque, il citato art. 36, comma 2, del D.L. n. 223/2006 ha natura d’interpretazione autentica e, in quanto tale, detta norma ha efficacia retroattiva: essa, cioè, si applica anche alle fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore. Va, tuttavia, rilevato che, nonostante l’autorevolezza della fonte della suesposta tesi114, sul punto in questione esiste ancora qualche incertezza. Basti pensare che la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, in una recente sentenza115, si è espressa in senso opposto a quello sopra precisato ed ha affermato che la 113 In definitiva, non rileva il fatto che, in ipotesi, lo strumento urbanistico possa essere modificato o non approvato, con la conseguenza che il suolo torni ad essere inedificabile. Del resto, l’imposta di registro non ha natura periodica, ma colpisce un evento istantaneo, nella specie il trasferimento di un bene immobile, che costituisce il fatto imponibile, la cui valutazione fiscale deve essere effettuata tenendo conto della situazione vigente al momento in cui si verifica il fatto imponibile stesso. Quindi, nessuna influenza possono avere le variazioni successive, se non rispetto agli eventuali ulteriori atti di trasferimento. 114 115 Cass., SS. UU., 30 novembre 2006, n. 25505, cit. 29 gennaio 2008, n. 91. - 82 - norma in questione, in quanto introduttiva di criteri nuovi, non ha natura interpretativa ed è applicabile alle sole fattispecie verificatesi successivamente alla sua entrata in vigore. I giudici tributari hanno sottolineato, in particolare, che, dalla sistematicità utilizzata nella redazione e approvazione di tale disposizione, emerge come il legislatore, quando ha voluto applicare la norma espressamente, con effetto derogando retroattivo, specificamente lo all’art. ha fatto 3, comma 1, della Corte di dello Statuto dei contribuenti116. La richiamata sentenza delle Sezioni Unite Cassazione117, secondo i giudici tributari, non contrasterebbe con questa tesi. Essa, infatti, avrebbe considerato l’articolo in questione come norma di interpretazione autentica solo ai fini dell’inapplicabilità del sistema della valutazione automatica; ma questa valutazione di fatto, che interferisce con una determinata situazione giuridica, non produrrebbe l’automatico superamento dei principi contenuti nello Statuto dei contribuenti, che rimarrebbe applicabile al di fuori dei casi specificamente esclusi dal suo ambito di applicazione, secondo le indicazioni contenute nello stesso articolo 36 del D.L. n. 223/2006. 6. La tutela contribuente dell’affidamento quale limite al e della buona ripensamento fede del interpretativo sfavorevole dell’Amministrazione finanziaria. Il principio della tutela del legittimo affidamento è stato ravvisato in dall’art. 10, fattispecie comma 2, relative dello alle ipotesi Statuto dei prefigurate diritti del contribuente118. 116 Ad esempio, lo stesso articolo 36 del D.L. n. 223/2006, al comma 8 stabilisce, tra l’altro, che: «In deroga all’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, le norme di cui ai precedenti commi 7 e 7-bis si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di ammortamento e i canoni di leasing relativi ai fabbricati acquistati o acquisiti a partire da periodi d’imposta precedenti …». 117 Cass. 30 novembre 2006, n. 25505, cit. 118 Cfr. Cass. 22 novembre 2001, n. 14782, cit., secondo la quale: «Il beneficio dell’esclusione della soprattassa, previsto dall’art. 21 della legge n. 154/1989 si applica nel caso di presentazione di - 83 - In particolare, è stato affermato il principio secondo il quale, le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti e di obblighi; per cui, qualora il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea data dall’amministrazione successivamente finanziaria modificata, è in esclusa una circolare, l’irrogazione delle relative sanzioni proprio in base al principio della tutela dell’affidamento espressamente sancito al citato art. 10, comma 2119. In altri termini, precedenza se l’interpretazione dall’Amministrazione illegittima, addirittura l’adozione opposta dell’amministrato contrario alla di non di può è ma erronea fornita e, un’interpretazione fungere ottenere legge, normativa da base comunque può giustificare la quindi, diversa per un in la o pretesa provvedimento pretesa del contribuente di non essere sottoposto a sanzioni. 6.1. L’incidenza del principio della tutela dell’affidamento sulla possibile debenza del tributo. Ciò posto, è bene ricordare che la Corte di cassazione, nella ben nota sentenza affermato che, n. nel 17576/2002, principio di si è spinta affidamento oltre ed legittimo ha del contribuente è insita - in ragione sia della sua natura di principio sia del suo contenuto - una “capacità espansiva” non limitata alle fattispecie specificamente considerate dal secondo comma dell’articolo contribuente; anticipato, tali devono 10 dello fattispecie, considerarsi Statuto pertanto, meramente dei come diritti si è del sopra esemplificative, ovvero specifiche espressioni del principio stesso relative a casi ritenuti dal legislatore maggiormente frequenti. un’istanza di rateizzazione formulata dal contribuente prima della scadenza del ruolo, poiché tale istanza, anche alla luce delle disposizioni contenute nella legge n. 212/2000 in materia di statuto del contribuente e recante il titolo “ tutela dell’affidamento e della buona fede”, costituisce atto idoneo a manifestare la volontà di adempimento, soprattutto quando tale volontà ha trovato attuazione anche per la parte relativa agli interessi, con la conseguenza che il mancato rispetto della scadenza del ruolo rappresenta fatto puramente formale, privo di rilievo sul piano sostanziale, non avendo il ritardo provocato alcun danno all’amministrazione creditrice». 119 Cass., 14 febbraio 2002, n. 2133, in Corriere trib. 2002, 30, pag. 2713, con nota di A. Benazzi. - 84 - Conseguentemente, possono darsi dei casi in cui - accertata la sussistenza dei presupposti dell’affidamento del contribuente ne consegua necessariamente non soltanto l’inapplicabilità di sanzioni e/o di interessi moratori, ma addirittura l’inesigibilità tour court della prestazione tributaria. In tutti questi casi, il giudice può e deve pronunciare l’annullamento totale dell’atto impositivo, anche con riguardo all’imposta, se accerti che la pretesa fiscale è difforme (e superiore) rispetto a quella determinabile sulla base dell’interpretazione fornita nella circolare cui il contribuente si fosse adeguato o, comunque, in contrasto con un atto o con un comportamento dell’Amministrazione. Nella stessa logica si pone il principio secondo il quale, «deve essere ammesso alla definizione agevolata il contribuente che abbia sostanzialmente rispettato la condizione fissata dalla disposizione che la introduce, provvedendo al versamento delle somme iscritte a ruolo non nell’originario termine di scadenza, ma in quello provvedimento successivo di fissato dilazione a concesso seguito di formale dall’Amministrazione finanziaria». Infatti, «la contraria interpretazione … si pone in evidente contrasto con il principio di affidamento che deve guidare l’interprete nella valutazione delle vicende attinenti alla nascita quindi, «il e alla evoluzione comportamento del dei rapporti contribuente che tributari» … sia e, stato rispettoso delle prescrizioni ministeriali, non può poi essere ritenuto illegittimo o comunque preclusivo di benefici»120. In sintesi, in base a questo orientamento: 120 Cass., 13 novembre 2003, n. 17129, in Corriere trib. 2004, n. 5, pagg. 389 e seguenti, con nota di M. Basilavecchia. Secondo questa sentenza, nel campo di applicazione dell’art. 10, comma 1, dello Statuto dei contribuenti deve essere compreso anche il sostituto d’imposta. Tale affermazione non è scontata, in quanto la disposizione de qua impiega il termine “contribuente” che, in senso proprio, andrebbe riferito al solo soggetto passivo su cui grava effettivamente l’obbligo tributario, non a quei soggetti che, come il sostituto o il responsabile d’imposta, si sostituiscono o si affiancano al contribuente nell’adempimento degli obblighi tributari, avendo però l’obbligo o la possibilità di rivalersi sul contribuente. È però evidente, sottolinea l’Autore (M. Basilavecchia), «che la funzione della norma che sancisce la rilevanza dell’affidamento non può che investire la totalità dei soggetti che si confrontano con l’Amministrazione finanziaria, quale che sia il ruolo dagli stessi svolto sul piano sostanziale e formale di ciascun tributo; così che gli obblighi di collaborazione e di buona fede non possono che riferirsi, nei riflessi attivi e passivi, ad una nozione più ampia possibile di “contribuente” e di “Amministrazione finanziaria”». - 85 - a. se l’atto con il quale l’Amministrazione finanziaria ha fornito un’interpretazione erronea ha un contenuto inequivocabile, senza possibilità di prospettazioni alternative, neppure l’imposta potrà essere pretesa da chi ad esso si sia attenuto; b. se l’atto erroneo dell’Amministrazione prospetta una mera ipotesi interpretativa – un’indicazione preferenziale, ma non esaustiva - non dovranno essere pretesi interessi né irrogate sanzioni a chi ad essa si sia attenuto121; c. fuori dal campo dell’affidamento e della tutela della buona fede (e quindi a prescindere dall’esistenza di circolari e di risoluzioni), non potranno essere irrogate sanzioni quando la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria122. Invero, tale impostazione – secondo la quale, accertata la sussistenza dei presupposti dell’affidamento del contribuente, ne consegue necessariamente non soltanto l’inapplicabilità di sanzioni e/o di interessi moratori, bensì l’inesigibilità tour court della prestazione tributaria – non va esente da critiche. È stato, infatti, rilevato che, quella tributaria è una attività vincolata, la quale trova origine, limiti e fondamento esclusivamente nella legge123. Sicché, a fronte dell’art. 10, comma 1, della legge n. 212/2000 - che ha introdotto la possibilità di utilizzare, anche in materia tributaria, il fondamentale principio dell’affidamento si pone il comma l’affidamento potrà 2 della essere la stessa causa norma, per il quale dell’abbattimento delle sanzioni e degli interessi (che non si giustificherebbero per la buona fede del contribuente, che ha seguito le indicazioni dell’Amministrazione), ma non potrà essere in alcun caso la causa di un abbattimento dell’imposta (che è disciplinata in maniera oggettiva dalla legge soltanto). 121 G. Marongiu, Lo Statuto dei diritti del contribuente, in Il Fisco 2006, I, 20. Così statuisce il comma 3 dell’art. 10 dello Statuto. 123 In termini, G. Falcone, Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione tributaria, in Il Fisco 2003, 15, 221. 122 - 86 - E in questo senso, sul piano dei principi generali, vi è una giurisprudenza che dell’Amministrazione di ha riconosciuto agire in via di il diritto autotutela e di annullare o revocare, ad esempio, condoni o accertamenti con adesione illegittimi, in quanto in contrasto con la legge124. Si deve concludere, allora, che un affidamento da tutelare non può fare venir meno l’obbligo di pagare un’imposta che discende dalla legge, dichiarata e in che un viene dall’interprete provvedimento di solo accertata autotutela, che va e a ripristinare la legalità. Una conferma puntuale e sistematica a questa impostazione discende, secondo una parte della dottrina125, dalla lettura della norma sull’interpello, contenuta nell’art. 11 dello Statuto medesimo, laddove il legislatore ha previsto al comma 2, terzo periodo, che: «Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta … è nullo». In questo caso, la nullità dell’atto impositivo (difforme dalla risposta) è sancita giustamente dalla legge e l’interprete non può che dichiararla; in tal caso, l’Amministrazione ha consumato il suo potere e, su quella questione, nei confronti di quel contribuente, non potrà più fare nulla di diverso. In altri termini, il legislatore ha posto un limite all’autotutela e ha voluto sanzionare con la nullità qualsiasi intervento (impositivo o sanzionatorio) contrastante con la risposta fornita dall’Amministrazione nel caso specifico. Ma, proprio questa previsione particolare e specifica dell’interpello conferma, secondo questi Autori, la validità e la legittimità della norma generale di cui al comma 2 dell’art. 10 dello Statuto, che lascia intatto il potere di autotutela sotto il profilo impositivo e lo azzera solo sotto il profilo sanzionatorio e degli interessi. 124 Cfr. Cass., 11 luglio 2002, n. 10102, in Il fisco n. 33/2002, fascicolo n. 1, pag. 5371; Id., 24 luglio 2002, n. 10800, in La legge plus on line, IPSOA. 125 G. Falcone cit; E. Grassi I reiterati interventi del giudice di legittimità sulla tematica concernente lo Statuto dei diritti del contribuente, con particolare riguardo al principio dell’affidamento in Il Fisco, 2005, 32, 4943. - 87 - In conclusione, secondo questa tesi, la tutela dell’affidamento, per quanto forte possa essere, non può esentare il contribuente dal pagamento dell’imposta, quando l’imposta è oggettivamente dovuta; l’estensiva applicazione della tutela dell’affidamento, infatti, confligge con principi fondamentali dell’ordinamento, primo fra tutti il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria126. 6.2. Principio generali del di buona diritto fede nel comunitario e, rapporto in con i particolare, principi con la nozione comunitaria di affidamento. La Corte di Giustizia delle Comunità europee ha da tempo e costantemente affermato che quelli della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto costituiscono principi generali del diritto e dell’ordinamento comunitari127. In particolare attuazione di tali principi, la Corte comunitaria - sulla base della premessa secondo cui il diritto di esigere la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione comunitaria gli ha dato aspettative fondate128 - ha stabilito, tra l’altro, che la revoca di un atto amministrativo favorevole è generalmente soggetta a condizioni molto rigorose. Sicché, è senz’altro innegabile che ogni istituzione comunitaria, la quale accerta che un atto da essa emanato è viziato da illegittimità, ha il diritto di revocarlo entro un termine ragionevole con effetto retroattivo; tale diritto, tuttavia, può essere limitato dalla necessità di rispettare il legittimo affidamento del destinatario dell’atto. A tal fine, è necessario verificare che: 126 In quest’ottica è stato precisato (C. Scalinci, Verso una “nuova” codificazione: uno statuto di principi tra ricognizione, determinazione e clausole in apicibus, in “Rassegna Tributaria” n. 2/2003, pag. 656, nota 109) che, la capacità espansiva delle norme statutarie può trovare terreno in altre disposizioni dello Statuto, come, per esempio, l’art. 7. comma 2, lett. c) che, limitandosi a stabilire taluni aspetti del modello di effettività del diritto di difesa, quali la doverosa informazione sui modi e sui tempi degli atti impugnabili, ben può essere considerato esemplificativo e non esaustivo dell’informazione stessa, a tutela del diritto medesimo. 127 Cfr., sentenze 3 maggio 1978, in causa 112/77, e 21 settembre 1983 in cause riunite 205215/82. 128 Cfr. sent. 19 maggio 1983, in causa 289/81; nonché Tribunale di primo grado, sent. 17 dicembre 1998, in causa T-203/96. - 88 - 1. nessun interesse di ordine pubblico prevalga sull’interesse del destinatario a conservare una situazione che egli poteva considerare stabile; 2. che il destinatario non abbia provocato l’atto mediante indicazioni false o incomplete. In proposito, la Corte ha precisato che il momento determinante per stabilire quando nasce il legittimo affidamento del destinatario di un atto amministrativo è rappresentato dalla notifica dell’atto stesso e non dalla data della sua adozione o della sua revoca129. 7. L’affidamento e l’emendabilità degli errori della dichiarazione fiscale. In un sistema improntato ormai, per effetto dell’entrata in vigore dello Statuto del contribuente, ai principi di tutela dell’affidamento e contribuente possibilità la della buona di fede, deve far valere, riconoscersi al attraverso la procedura del rimborso – disciplinata compiutamente dall’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973 - «ogni tipo di errore (materiale o di diritto, ancorché non rilevabile ictu oculi dalla dichiarazione) commesso in buona fede nel momento della redazione della dichiarazione e da cui sia derivato un pagamento indebito»130. A queste conclusioni, invero, si è giunti non senza qualche difficoltà, a causa dei contrastanti orientamenti che si registrano nel panorama nella giurisprudenza di legittimità131. E precisamente, secondo la tesi, per così dire, restrittiva (maggioritaria), fondata sulla necessaria osservanza dei termini prescritti dalla legge per la presentazione delle dichiarazioni tributarie, la correzione delle dichiarazioni stesse doveva ritenersi esclusa oltre la scadenza di detti termini, a meno che 129 Cfr. sent. 17 aprile 1997, in causa C-90/95; cfr. anche sentt. 26 febbraio 1987, in causa 15/85, e 20 giugno 1991, in causa C-248/89. 130 Cass. 10 settembre 2001, n. 11545, in La legge plus on line, IPSOA; Id., SS.UU., 25 ottobre 2002, n. 15063, ivi. Si ricorda che la prova dell’inesistenza dell’obbligazione tributaria a causa di un errore e la prova del verificarsi di un indebito grava sul contribuente, che deve fornire gli elementi costitutivi della sua pretesa. 131 Si veda, al riguardo, M. Logozzo, Le SS.UU. della Cassazione riconoscono la ritrattabilità della dichiarazione tributaria, in Corriere tributario, 1 / 2003, p. 55. - 89 - non si trattasse di errori materiali o di calcolo risultanti ictu oculi dal testo della medesima dichiarazione. Il fondamento all’esigenza di di tale filone dare giurisprudenziale “stabilità” ad un rispondeva atto giuridico assoggettato a precisi vincoli di forma e di tempo che importano una sostanziale irritrattabilità. Del resto, è stato precisato, se si riconoscesse al contribuente la facoltà di modificare radicalmente la dichiarazione originaria (al di là, dunque, dei casi di errori materiali o di calcolo) «si vanificherebbero tutte le norme che disciplinano ed assoggettano a limiti temporali rigorosi le dichiarazioni del contribuente stesso»132. L’orientamento, viceversa, per così affermava dire, la “liberale” rettificabilità (minoritario), da parte del contribuente degli errori, anche non materiali e di calcolo, contenuti nella dichiarazione dichiarazione, ha natura di sul rilievo manifestazione che di la stessa scienza (non costitutiva, quindi, del debito d’imposta) e, in quanto tale, si inserisce nell’ambito del procedimento di accertamento dei tributi. La ritrattabilità doveva essere fatta valere nei termini previsti per azionare il rimborso d’imposta ovvero per impugnare gli atti impositivi, essendo destinate a rimanere irritrattabili soltanto le dichiarazioni riferite a rapporti tributari che, per il trascorrere del tempo e/o per il sopravvenire di decadenze, si dovevano ritenere esauriti133. Oggi, soprattutto dopo la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione134, che ha accolto la tesi cosiddetta “liberale, si può affermare, con una certa tranquillità, che al potere dell’ufficio di rettificare la dichiarazione deve corrispondere il potere-dovere del contribuente di correggere la stessa anche a suo favore, soprattutto allorché l’errore commesso comporti 132 Cass. 3 aprile 1997, n. 2885, in Foro it. 1997, I, pag. 1385; Id. 13 agosto 1992, n. 9554, cit.. Cass., 1° agosto 2000, n. 10055, in Giur. imposte 2000, II, pag. 1294 e Giur. it. 2000, pag. 2193. Secondo la citata sentenza, non derogano a questo quadro di esigenze di un rigoroso rispetto delle modalità e dei termini di presentazione le dichiarazioni in tema di IVA, rispetto alle quali tali esigenze si fanno - anzi - tanto più nette, ove si considerino - ad esempio - i meccanismi di detrazioni d’imposta operanti a favore del cessionario del bene o della prestazione di servizio. 134 Sentenza 25 ottobre 2002, n. 15063, cit. 133 - 90 - l’applicazione di un’imposta superiore a quella realmente dovuta. Ad esempio, la dichiarazione è stata ritenuta rettificabile nei seguenti casi: ⎯ errore sull’esistenza del presupposto tributario135; ⎯ errore materiale136; ⎯ errore od omissione137; ⎯ erronea valutazione di una situazione giuridica o erronea rappresentazione di circostanze di fatto138; ⎯ errore “di diritto” circa la qualificazione come reddito imponibile di una determinata imposta139. Ed invero, sulla base dell’indirizzo che riconosce all’emendabilità degli errori (anche non meramente materiali o di calcolo), contenuti in dichiarazioni (o, comunque, in atti dello stesso dell’imposizione sistema contribuente fiscale), tributario140, «il costituenti valenza di il principio contribuente può presupposto generale procedere del alla rettifica di errori di qualsiasi genere, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione e tale rettifica, se formulata, deve essere presa in considerazione dall’ufficio ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta»141. E ciò anche alla luce del principio - esistente ancor prima dell’espresso riconoscimento contenuto nell’art. 10 della legge n. 212/2000 - della collaborazione e della buona fede, che deve caratterizzare i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria. 135 136 137 138 Commissione Tributaria Centrale, sez. II, 11 ottobre 1972, n. 8988. Commissione Tributaria Centrale, 24 novembre 1978, n. 16278, in Corriere trib., 1980, 1795. Cass. 23 gennaio 1985, n. 271, ivi, 1985, 857. Commissione Tributaria Centrale, sez. XX, 15 gennaio 1991, n. 260, in Corriere trib., 1991, 1225. 139 Cass. 27 giugno 1994, n. 6157, in Il fisco, 1994, 11470. 140 Ciò in quanto, come è stato affermato (Cass. 20 giugno 2002, n. 8972, in La legge plus on line, IPSOA) «la dichiarazione non ha valore confessorio, né costituisce fonte dell’obbligazione tributaria - inserendosi nell’ambito di un più complesso procedimento di accertamento e di riscossione. Inoltre, i principi della capacità contributiva e di buona amministrazione rendono intollerabile un sistema legale che impedisse al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo. Ai citati principi costituzionali si aggiunge quello di legalità dell’amministrazione». 141 Cass. 20 giugno 2002, n. 8972, cit. Questa sentenza, sebbene circoscritta alla tematica della dichiarazione di successione, costituisce una novità giurisprudenziale di notevole rilievo, ponendosi in antitesi rispetto all’orientamento, per così dire, restrittivo sino a quel momento manifestato dai giudici di legittimità in materia di ritrattabilità della dichiarazione tributaria. - 91 - Non solo. Il principio di buona fede, che impone al contribuente di tenere un comportamento, per così dire, leale nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, non può essere inteso nel solo senso di consentire, al contribuente stesso, di dichiarare o correggere situazioni all’amministrazione e a sé non sfavorevoli anche nel e senso favorevoli contrario di correggere situazioni a sé favorevoli e sfavorevoli all’altra parte142. In altri termini, realizzarsi a l’interesse danno del dell’amministrazione, indebitamente correttezza a se solo così carico pubblico che, non a da violato prima può vantaggio trattenere risultanti verrebbe Fisco e di perché fosse del o contribuente consentendole riscosse dichiarazione; fiscale somme un’errata l’obbligo ancora di di essere sacralizzato nello Statuto del contribuente, trova la sua fonte nell’art. 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui sancisce il principio del buon andamento dell’azione amministrativa. 7.1. Ritrattabilità della dichiarazione di successione, in particolare. La Corte di Cassazione, in una nota sentenza,143 ha stabilito che, in tema di imposta di successione, il contribuente può procedere alla rettifica di contenuti nella dichiarazione, errori anche di dopo qualsiasi la genere, scadenza del termine per la sua presentazione; tale rettifica, se fondata, deve essere presa in considerazione dall’ufficio, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta, ex art. 33 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Testo Unico in materia di imposta sulle successioni e donazioni). Il caso è paradigmatico. Alcuni soggetti presentano, in qualità di eredi, una dichiarazione di successione nella quale attribuiscono a un bene ereditario un determinato valore. 142 F. Moschetti, Emendabilità della dichiarazione tributaria, tra esigenze di stabilità del rapporto e primato dell’obbligazione dovuta per legge, in Rass. trib., 2001, n. 4, 1168. 143 Sentenza 20 giugno 2002, n. 8972, cit. - 92 - Successivamente, l’ufficio del registro-successioni notifica ai medesimi eredi un avviso di liquidazione dell’imposta, determinata in base ai valori dichiarati. I contribuenti, affermando di avere per errore attribuito al detto cespite un valore superiore a quello risultante dalla moltiplicazione della rendita catastale per il coefficiente di legge, provvedono al pagamento di una somma inferiore a quella dovuta in base al valore dichiarato, dandone notizia all’ufficio mediante lettera raccomandata e presentando, altresì, dopo il decorso di sei mesi dalla data di apertura della successione144, una nuova dichiarazione nella quale indicano il valore che ritengono corretto. L’ufficio notifica nuovo avviso di liquidazione per la differenza tra il pagato e il preteso. Si apre, così, un contenzioso tra Fisco e contribuenti che si conclude a favore di questi ultimi145. In particolare, secondo la Cassazione, la regola contenuta nell’art. 33, comma 2, del D.Lgs. n. 346/1990, secondo il quale: «In sede di liquidazione l’ufficio provvede a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile …», lungi dal prevedere un potere discrezionale conferito esclusivamente all’amministrazione finanziaria, deve considerarsi espressione del principio della collaborazione e della buona fede contenuto nell’art. 10, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente. Ne consegue che il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione. Ovviamente – prosegue il Collegio - l’ipotesi dell’errore deve essere ben distinta da quella dell’indicazione consapevole di un valore diverso da quello precedentemente dichiarato (e cioè il 144 Detto termine di sei mesi dalla data di apertura della successione entro il quale la dichiarazione deve essere presentata è oggi fissato, come noto, in 12 mesi dalla medesima data. 145 Si ricorda, tuttavia, che sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale avevano accolto la tesi del Fisco, sul rilievo che la dichiarazione può essere rettificata dagli eredi soltanto entro il termine utile per la sua presentazione: scaduto il termine, la rettifica può avvenire solo per errori di diritto. - 93 - vero e proprio esercitata nei ius poenitendi), termini previsti facoltà per la che deve essere presentazione della dichiarazione. 7.2. In Limiti temporali all’emendabilità della dichiarazione. relazione ai limiti temporali dell’emendabilità della dichiarazione, occorre operare, secondo la giurisprudenza, una necessaria distinzione. In particolare, «quando si tratta di errore materiale o di calcolo, rilevabile ictu oculi dalla stessa denunzia, per la sua rettifica non è necessario uno specifico atto d’impugnazione da proporsi entro correggibile un termine anche sollecitazione di decadenza, d’ufficio146 dell’interessato, o su entro essendo una il esso qualunque termine di prescrizione del diritto al rimborso in base al principio della falsa demonstratio non nocet»147. Nell’ipotesi in cui, invece, il contribuente intenda far valere precisazioni o rettifiche diverse dai meri errori materiali o di calcolo, occorre utilizzare le stesse forme e rispettare gli stessi termini previsti per la dichiarazione che si intende correggere, la quale viene così sostituita da quella successivamente presentata148. 146 Ad esempio, per le imposte sui redditi, per mezzo dell’art. 36-bis, comma 2, lett. a), del D.P.R. n. 600/1973. 147 Cass., 23 gennaio 1985 n. 277, in Corriere trib., 1985, 857. 148 In tal senso, Cass., 27 aprile 1988, n. 3174, in Corr. trib., 1988, 1571; Id., 13 agosto 1992, n. 9554, ivi, 1992, 730; Id., 5 febbraio 1996, n. 946, in Riv. not. 1996, II, pag. 1219. Quest’ultima, in particolare, afferma che, «al di fuori degli errori materiali o di calcolo, contenuti nella dichiarazione del contribuente - per la cui correzione non è necessario uno specifico atto d’impugnazione, da proporsi entro un termine di decadenza, dovendosi procedere d’ufficio alla correzione dell’errore ed al rimborso della somma indebitamente versata entro il termine di prescrizione del diritto del contribuente - a questo è consentito correggere gli errori - sia di fatto che di diritto - in via di “ritrattazione” con obbligo per l’Ufficio di tenerne conto, solo presentando una dichiarazione “sostitutiva” con le modalità e nel termine stabiliti dalla legge per l’adempimento dell’obbligo tributario. Pertanto, la denuncia di successione, rettificativa di quella originaria con riferimento al valore dichiarato dei vari cespiti ereditari, presentata oltre i termini di cui all’art. 39 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, non assume funzione sostitutiva di quest’ultima e non costituisce, quindi, base per il calcolo dell’imposta di successione dovuta. Ne deriva che la mancata tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta principale, emesso sulla base dei valori risultanti dalla denuncia originaria, rende l’imposta principale definitiva ed incontestabile, escludendo la possibilità di far valere, nei confronti del Fisco, con altri mezzi, gli “errori di valutazione”, asseritamente contenuti nella prima denuncia, per ottenere la riduzione dell’imposta principale dovuta». Nella specie, il contribuente aveva proposto istanza di rimborso in via amministrativa, chiedendo la riliquidazione dell’imposta principale sulla base della dichiarazione - 94 - Al riguardo, le pronunce succedutesi nel tempo mostrano un certo qual favor per il comportamento virtuoso del contribuente che adegua quanto dichiarato alla realtà dei fatti e delle norme149. In questa prospettiva, è stato ritenuto che la rettifica da parte del contenziosa, contribuente sino a possa quando aver il luogo anche rapporto in non sede si sia definitivamente esaurito150, in virtù del principio secondo il quale un’imposta non può considerarsi definitivamente dovuta solo in quanto oggetto di dichiarazione151. Una considerazione a parte merita l’ipotesi della rettifica della dichiarazione dei redditi, in ordine alla quale entra in gioco l’istituto della dichiarazione integrativa in diminuzione, previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 435/2001, che ha aggiunto, all’art. 2 del D.P.R. n. 322/1998, il comma 8- bis: sulla base di tale disposizione, la dichiarazione dei redditi (e la dichiarazione IRAP e quella dei sostituti d’imposta) può essere integrata dal contribuente per correggere errori od omissioni che abbiamo determinato un maggior reddito o, comunque, un maggior debito d’imposta. Come è stato rilevato, il profilo più delicato è quello della ristrettezza dei tempi per la presentazione della dichiarazione in diminuzione, la quale può essere presentata “non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”152. rettificativa e, successivamente, aveva presentato ricorso alla Commissione Tributaria avverso il silenzio - rifiuto dell’Ufficio. 149 Si è sostenuto, ad esempio, che ove la dichiarazione dei redditi contenga un errore – derivato nella specie da una erronea certificazione resa al contribuente dall’Inps e da questi utilizzata in buona fede per la redazione della dichiarazione – costui può rettificare la dichiarazione prodotta, nel termine di cinque anni che è concesso all’Amministrazione finanziaria dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 per la rettifica della stessa; in tal modo, il contribuente potrà ottenere il rimborso di quanto indebitamente versato, indipendentemente dalla scadenza del termine per l’impugnazione del ruolo. In termini, Comm. centr., sez. III, 18 aprile 1991, n. 2987, in Riv. dir. trib., 1991, II, 601; Id., sez. IX, 15 novembre 1997, n. 5561, in Giur. imp., 1998, 365; Id., sez. I, 21 aprile 1998, n. 2059, in Giur. imp., 1998, 763. Secondo quest’ultima pronuncia, la rettificabilità in sede contenziosa deriva dal fatto che oggetto della cognizione del Giudice – nel processo tributario – è l’accertamento della sussistenza o meno del rapporto d’imposta e del conseguente debito del contribuente. 150 In questi termini Comm. centr., sez. XIX, 31 maggio 1989, n. 3906, in Giur. imp., 1989, 453. 151 Cfr. Comm. trib. di Reggio Emilia, sez. VII, 13 ottobre 1993, n. 703, in Boll. trib., 1994, 1364. 152 Cfr. M. Logozzo, “Le dichiarazioni integrative in aumento e in diminuzione”, in Corr. Trib. n. 9/2002, pag. 745, secondo il quale, la ristrettezza dei termini per la presentazione della dichiarazione in diminuzione può essere spiegata solo se si considera che ciò consente al contribuente di utilizzare in compensazione il credito - 95 - Ora, non sembra possibile affermare che il termine previsto per la dichiarazione integrativa in diminuzione sia il termine ultimo per la ritrattazione: siffatta interpretazione del comma 8-bis dell’art. 2 del D.P.R. n.322/1998, infatti, segnerebbe un arretramento rispetto alle più recenti posizioni della giurisprudenza di legittimità153. È stato quindi superato l’anno affermato dal che, momento nel della caso in considerazione, sua presentazione, «la dichiarazione erronea potrà essere ritrattata con gli strumenti “classici”, ossia la proposizione dell’istanza di rimborso entro i termini stabiliti dalla legge (per le imposte sui redditi art. 38 del D.P.R. n. 600/1973) ovvero il ricorso contro un atto d’imposizione avviso di (avviso di liquidazione, accertamento, ecc.) per iscrizione sottoporre al a ruolo, giudice la cognizione dell’intero rapporto tributario, compresa la parte oggetto di dichiarazione erronea»154. 7.3. La rettifica della dichiarazione, considerazioni conclusive. Dall’esame delle pronunce sopra richiamate possono trarsi le seguenti conclusioni. Come affermato da una parte della giurisprudenza, la rettifica della dichiarazione è ammissibile fino allo spirare del termine previsto per l’esercizio dell’attività di accertamento. Secondo questa tesi, che evidentemente attribuisce alla dichiarazione natura di dichiarazione di scienza155, l’intento di far prevalere la realtà sull’apparenza deve essere considerato preminente rispetto al generale interesse relativo alla certezza dei rapporti giuridici; di conseguenza, la dichiarazione risulta sempre emendabile, purché non sia intervenuta la prescrizione di ogni debito restitutorio dell’Amministrazione156. d’imposta scaturente da detta dichiarazione con il debito d’imposta della dichiarazione del periodo successivo e attribuisce all’Amministrazione un congruo lasso di tempo per effettuare il controllo della nuova dichiarazione. 153 E. De Mita, “Un passo verso la codificazione”, in Il Sole 24-Ore del 30 ottobre 2002, pag. 25. M. Logozzo, op. cit. 155 Si rinvengono, infatti, tre contrapposti orientamenti dottrinali che configurano la dichiarazione come: 1) dichiarazione di volontà; 2) confessione stragiudiziale; 3) manifestazione di scienza. 154 156 Principio cristallizzato nell’art. 10, comma 1, della legge n. 212/2000, secondo il quale «i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede»: ed è, senza alcun dubbio, conforme alla buona fede provvedere alla restituzione di somme non dovute. - 96 - SECONDA SESSIONE Prof. Francesco D’ Ayala Valva, ordinario di Diritto Tributario Università del Molise. “Il garante del contribuente per una buona amministrazione tributaria.” SOMMARIO: .1 Alla ricerca di una migliore tutela dei diritti dei cittadini. – .2.– I Garanti dei diritti del contribuente.. – .3 Competenza per materia – .4 L’ambito regionale di intervento –5 I problemi di un organo collegiale –6 La temporaneità dell’incarico – .7 Qualificazione e professionalità del Garante – .8 L’autonomia dell’organo ed indipendenza economica . –9 La segnalazione al Garante ed i moderni processi di comunicazione fiscale –.10 Il potere di attivazione dell’autotutela –.11 Riflessioni conclusive. 1. Alla ricerca di una migliore tutela dei diritti dei cittadini. Il Garante del contribuente non ha avuto, presso l’ampio pubblico dei contribuenti ma anche degli stessi giuristi, quella risonanza che le funzioni ad esso attribuite permettevano di poter sperare. Ad oltre otto anni di distanza dalla sua istituzione questa nuova figura stenta ad imporsi, in parte soffocata dalla presenza di altre Authority157 di maggiore rilevanza158 ed impatto mediatico, quale quella sugli scioperi o sulla Privacy, in parte travolta dalla vivacità delle tematiche normative, annunziate ed, alle volte, solo limitatamente attuate negli ultimi otto anni159. L’alba del nuovo millennio è stata, infatti, caratterizzata da una vasta produzione normativa, continuata, anche con maggiore vigore, negli anni successivi, 157 IACOLARI M.A., La rappresentanza e la mediazione degli interessi nell’ordinamento tributario italiano, ESI, 2007, 157, nota 5; V. ONIDA, “La Costituzione”, Mulino, 2004, 105. 158 M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Il Mulino, Bologna 2005; G. GRASSO, Le autorità amministrative indipendenti della Repubblica tra legittimità costituzionale e legittimità democratica, Giuffré, Milano, 2006; la proliferazione di Autorità-Garanti è ora oggetto di riesame, con ipotesi di accorpamento lì dove lo spazio dei confini delle competenze si sta dimostrando di complessa gestione. 159 Anche per il garante del contribuente era stato presentato, alla fine della legislatura, un progetto di legge di ampliamento dei relativi poteri, senza alcuna possibilità temporale di un suo esame ed approvazione. - 97 - tendente ad aggiornare il diritto scritto160 con il diritto vivente161. L’interpretazione evolutiva162 delle norme sembrava mostrare, alle l’emersione ed volte, il dei limiti consolidarsi di sempre più alcuni insuperabili principi e generali richiedeva sempre di più una loro collocazione in nuovi atti normativi. L’intervento del legislatore non si è limitato agli atti comuni di normazione163, ma si è volto anche alla carta costituzionale, proprio nell’intendimento di adeguarla alle nuove esigenze. Il riferimento è alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione164, preceduta da altre significative innovazioni, pur sempre riguardanti le Regioni165 e le fonti di autonomia territoriale in genere166, proseguita poi con 160 L’evoluzione della semplificazione dell’apparato normativo si è spinto verso una sostanziale abrogazione della precedente normativa, tramite una legge delega. Sul punto vedi alcune riflessioni di P. AQUILANTI, Abrogare le leggi più vecchie, e anche quelle di mezza età, Foro it. 2005, V, 162. 161 Una forte spinta all’evoluzione del diritto vivente è stata fornita dalla nuova attenzione all’”Etica” ed alle sue connessioni con il diritto, specie negli affari. Sul punto vedi G. VISENTINI, Etica e affari. Una prospettiva giuridica, Luiss University Press, 2005, passim.; CAPRIGLIONE F., Etica della finanza e finanza etica, Laterza, 1997, 5, evidenzia che si è in presenza di una tendenza al superamento dell’interpretazione utilitaristica, che in passato ha caratterizzato la rilevanza teorica del mercato. Ciò da luogo ad una lettura dei fenomeni sempre più orientata alla valorizzazione di alcuni principi (quali la solidarietà, la redistribuzione, l’equità, ecc.) che appaiono destinati ad attenuare la rigida applicazione delle categorie proprie della scienza economica ed a consentire un’impostazione etica dei rapporti intersoggettivi. L’Autore intravede una concezione dei rapporti economici nella quale liceità della proprietà privata, libertà d’iniziativa, libertà di associazione dovrebbero essere ispirate alla “cultura del dare”. Da questa riflessione consegue che proprio nel campo tributario si riscontra, in misura maggiore, la scelta egoistica ed asociale dell’evasore che non “ da”, negando la partecipazione alle spese pubbliche, in relazione alla propria capacità contributiva e nella misura determinata dal legislatore. 162 GUASTINI R., Le fonti del diritto e l’interpretazione, Giuffrè, 1993, 385, ricorda che mutando le circostanze storiche (sociali, culturali, etc.) nelle quali una legge deve essere applicata, deve mutare (“evolversi”) altresì il modo di interpretarla. Dello stesso Autore vedi L’interpretazione dei documenti normativi, in Trattato di diritto civile e commerciale, Giuffré, 2004, 196. 163 Lo sforzo di adeguare le norme alle nuove esigenze non si è tuttavia esaurito ed è stato di recente auspicato da G. ALPA, Riti e normative da semplificare, Il sole 24 ore, sabato 4 marzo 2006, n. 62, 21, nella qualità di Presidente del Consiglio nazionale forense. In particolare, prendendo le mosse dai progetti normativi sui cosiddetti servizi legali, ha dichiarato che l’avvocatura chiede al futuro legislatore di ricevere uno statuto normativo proprio, in relazione al ruolo che essa assolve nel sistema costituzionale, nell’ambito di amministrazione della giustizia, nella soluzione stragiudiziale delle controversie e nel predisporre e concretare le operazioni, che sono il motore dell’economia. Si auspica, quindi, uno “Statuto dell’avvocatura” idoneo ridisegnare la professione forense in forma unitaria, sottraendola ad iniziative non coordinate. E interessante notare che in questo caso è stata invocata la particolare forma normativa “Statuto”, riconoscendo la particolare valenza di tale “forma” nell’ambito della legislazione ordinaria, sulla scia forse dello statuto dei diritti del lavorator prima e del contribuente poi. 164 A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, Lezioni, Giappichelli, 2005, quarta edizione, 4, afferma che le novità sono state di tale ampiezza da non consentirgli di salvare neppure un rigo della precedente trattazione relativa alle fonti regionali e locali in genere. 165 La pressione su un nuovo rapporto stato enti locali faceva perno anche su un diverso criterio di ripartizione dei tributi. Di una rotazione dell’asse del prelievo fiscale dal centro alla periferia parlano G. TREMONTI G. VITALETTI, Il federalismo fiscale. Autonomia municipale e solidarietà sociale, Laterza, 1994. 166 A. FEDELE, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Giappichelli, Torino, 2005, 34, evidenzia come nella nuova formulazione del titolo V della carta costituzionale il contenuto della nozione “sistema tributario” sembra mantenere il suo significato, designando l’insieme di tutti gli istituti fiscali presenti nell’ordinamento giuridico. Osserva che, invece, nuova appare la nozione di “sistema tributario dello Stato”, che - 98 - ulteriori interventi del legislatore con la legge costituzionale recante “Modifiche alla Parte II della costituzione”167, disattesa dal referendum confermativo168. Ricordare l’evoluzione normativa fa prendere dell’interprete nel coscienza cercare di della cogliere nuova la difficoltà portata della normativa precedente alla luce del differente e mutante quadro normativo, nel quale è pur sempre chiamata ad operare. In un contesto di particolare effervescenza normativa169, alle volte condannata ad esaurirsi nella sola enunciazione di un provvedimento170, è stato emanato un testo normativo di particolare rilievo171, più conosciuto come Statuto dei diritti del contribuente, finalizzato ad introdurre nel sistema normativo una nuova forma di tutela indiretta del contribuente. E’ stato puntualmente osservato172 che l’approvazione, dopo una lunga e complessa vicenda parlamentare, della legge 27 luglio 2000, n. 212, costituisce una novità importante nel panorama legislativo. Pur con una certa frammentarietà e con il dichiarato intento di limitare l’intervento ai soli profili di garanzia per il contribuente, la legge si caratterizza come vera e propria legge generale, volta a fissare “principi generali” identifica i soli tributi erariali, contrapposti a tutti gli altri. Sul punto vedi da ultimo A. DI PIETRO, Federalismo e devoluzione nella recente riforma costituzionale: profili fiscali, Rass. Trib., 2006, 1, 245; P. SELICATO, La nuova autonomia degli enti territoriali, Dir. prat. trib., 2005, I, 1196; S. PELLEGRINI, L’autonomia tributaria delle regioni è condizionata dalle leggi statali di coordinamento, Dir. prat. trib., 2005, II, 1291. 167 G.U. 18 novembre 2005, n. 269; A. PIZZORUSSO, Le riforme costituzionali: una transizione per destinazione sconosciuta, Foro it. , 2005, V, 217. 168 Ricordare l’evoluzione normativa fa prendere coscienza della nuova difficoltà dell’interprete nel cercare di cogliere la portata della normativa precedente alla luce del differente e mutante quadro normativo, nel quale è pur sempre chiamata ad operare. E’ appena il caso di ricordare il passaggio di consegne tra l’Amministrazione delle Finanze e le Agenzie fiscali, con i complessi problemi interpretativi sul soggetto legittimato ad agire ed a contraddire nel processo tributario; l’assenza di una normativa intertemporale ha portato la Corte di Cassazione a soluzioni inizialmente contraddittorie e, quindi, ad una ipotesi elastica tra agenzia centrale e locale. 169 G. MARONGIU, Dallo Statuto del contribuente al Codice tributario nel ricordo di Ezio Vanoni, in AA VV, La politica economica tra mercati e regole, Rubettino, 2005, 243, afferma che alla stabilità normativa giova, indubbiamente, una disciplina per principi che è, esattamente, l’antitesi di quanto è avvenuto negli ultimi venti anni durante i quali la gran massa di provvedimenti normativi sono connotati da discipline, di settore, per dettagli e continuamente rinnovatesi. 170 G. NAVARRINI, Le forme rituali della politica, Laterza, 2001, 170, evidenzia come la presentazione di un disegno di legge alle volte non corrisponde al desiderio di vederlo subito approvato, ma anche più limitatamente di essere presente sulla scena politica come fabbrica di notorietà. 171 BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 547. 172 A. FANTOZZI A. FEDELE, Statuto dei diritti del contribuente, Prefazione, Giuffrè, 2005, VI; F. D’AYALA VALVA, Dall’ombudsman al garante del contribuente, Studio di un percorso normativo, in Riv. Dir. trib., 2000, 1037. - 99 - della materia173 e con l’esplicita previsione di clausole “autorafforzative”174. Nella legge possono enuclearsi, unitamente alla affermazione di principi generali tratti dalla Costituzione, anche nuovi istituti, che costituiscono un insieme di particolare rilevanza in quanto esplicitazione ed attuazione concreta dei principi costituzionali con giurisprudenza della perplessità dottrina, derivata la Corte dalle stessa di norma cassazione, prime prese riaffermati. dopo di una La iniziale posizione della ha accolto con favore il messaggio contenuto nelle disposizioni dello Statuto, richiamandole ed approfondendone il contenuto175. In particolare, con la sentenza n. 17.576 del 10 dicembre 2002176, di rilevante valore interpretativo e di 173 LONGO A., I valori costituzionali come categoria dogmatica.Problemi e ipotesi, Novene, Napoli, 2007, 143, parla di maggior contenuto di valore del principio rispetto alla norma o se si preferisce una sua maggior prossimità rispetto al valore costituzionale cui da attuazione. 174 C. PINELLI, Sulle clausole rafforzative dell’efficacia delle disposizioni dello Statuto del contribuente, Foro it., 2001, V, 102. 175 G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, Giappichelli, Torino, 2008. 176 In Riv. Dir. trib., 11/2004, II, 661, con nota V. MASTROIACOVO, Ancora sull’efficacia dello Statuto dei diritti del contribuente, 672; E. DE MITA, Lo Statuto del contribuente alla prova della gerarchia, Dir. prat. trib., 2004, II, 847. E’ utile ricordare i passi più salienti della pregevole sentenza dovendo in qualche maniera rileggere l’intero apparato normativo tributario alla luce dei principi indicati dallo statuto. :- "Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali" (comma 1). In particolare la Corte ha affermato che l'autoqualificazione delle disposizioni della legge come "principi generali dell'ordinamento tributario" trova puntuale rispondenza nella effettiva natura della maggior parte delle disposizioni stesse, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell'ordinamento tributario, nonché dei relativi rapporti. Ha precisato che quale che possa essere l'incidenza dei quattro enunciati normativi contenuti nel comma 1, dell'art. 1 della L. n. 212 del 2000 (e cioè:autoqualificazione delle disposizioni dello Statuto come attuative delle norme costituzionali richiamate e come "principi generali dell'ordinamento tributario"; divieto di deroga o modifica delle disposizioni stesse in modo "tacito", ovvero mediante leggi speciali), complessivamente considerati, sull'efficacia delle disposizioni statutarie dal punto di vista del sistema costituzionale delle fonti (vale a dire, ad esempio, sul piano della loro "forza" "attiva" e "passiva", ovvero della loro attitudine ad essere qualificate quali possibili parametri, "integrativi" delle norme costituzionali "attuate", nel giudizio di costituzionalità delle leggi) - delicato e complesso problema, questo (relativo, in altri termini, alla possibilità ed alla efficacia di "norme sulla normazione" contenute in fonti pari ordinate a quelle che si intendono disciplinare) è certo, però, che alle specifiche "clausole rafforzative" di autoqualificazione delle disposizioni stesse come attuative delle norme costituzionali richiamate e come - principi generali dell'ordinamento tributario" deve essere attribuito un preciso valore normativo. Infatti, quest'ultima espressione, in particolare, deve essere intesa come formulazione sintetica di quattro diversi e specifici significati: in primo luogo, quello di "principi generali del diritto, dell'azione amministrativa e dell'ordinamento particolare tributari" (artt. 3 e 5-19, che dettano disposizioni volte sia a disciplinare l'efficacia temporale delle norme tributarie, sia ad assicurare la "trasparenza" dell'attività stessa, sia, come è stato rilevato esattamente in dottrina, ad "orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario"); in secondo luogo, quello di "principi fondamentali della legislazione tributaria", tesi a vincolare in vario modo l'attività del futuro legislatore tributario, statale e regionale, sia nella scelta della fonte di produzione (artt. 1, comma 2, e 4) e del relativo oggetto (art. 2, comma 2), sia nella tecnica di redazione delle leggi (art. 2, commi 1, 3 e 4); in terzo luogo, quello di "principi fondamentali della materia tributaria", in relazione all'esercizio della relativa potestà legislativa "concorrente" da parte delle regioni ed infine, quello di "norme fondamentali di grande riforma economico sociale", in relazione all'esercizio della potestà legislativa "esclusiva" da parte delle regioni ad autonomia speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Ha ancora affermato che tanto premesso - e tenuto conto, da un lato, che, alla base delle predette quattro "clausole rafforzative" dell'efficacia delle disposizioni - 100 - indirizzo anche per il legislatore, ha affermato che le disposizioni contenute nello Statuto debbono essere interpretate ed applicate alla luce di quanto affermato nell'art. 1 della stessa legge. dell’ordinamento L’autoqualificazione tributario delle come norme principi dello generali statuto devono statutarie sta, comunque, l'esplicita intenzione del legislatore, acché le disposizioni stesse (al di là di ogni eventuale ostacolo "formale” o sistematico) magis valeant nella legislazione tributaria; e, dall'altro, che è insita nella categoria dei "principi giuridici" la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell'interpretazione del diritto (cfr., ad esempio, art. 12, comma 2, secondo periodo, delle disposizioni sulla legge in generale) - il tratto comune ai quattro, distinti significati della locuzione principi generali dell'ordinamento tributario" è costituito, quantomeno, dalla "superiorità assiologica" dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l'interprete: in altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla L. n. 212 del 2000, deve essere risolto dall'interprete nel senso più conforme ai principi statutari. Siffatta prospettiva appare ulteriormente confermata da quanto stabilito nell'art. 16, comma 1, dello Statuto, laddove il Governo viene delegato "ad emanare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente necessarie a garantirne la coerenza con i principi desumibili dalle disposizioni della presente legge".È noto che tale delega è stata esercitata dal Governo con l'adozione del (solo) del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32. Ma, al di là del concreto esercizio della delega, conta sottolineare la volontà esplicita del legislatore delegante - ovviamente consapevole della mole enorme "delle leggi tributarie vigenti" e, quindi, della inevitabilità di limitare la delega alla emanazione delle "disposizioni correttive strettamente necessarie a garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti con i principi statutari" (e cioè, alla emanazione di quelle disposizioni relative alle "leggi tributarie vigenti" di più frequente applicazione: come è dimostrato dal contenuto, quantitativamente modesto, delle modificazioni apportate dal D.Lgs. n. 32 del 2001) - di riaffermare, in consonanza con l'art. 1, comma 1, la necessità di "garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti (id est: di tutte le leggi tributarie vigenti) con i principi desumibili dalle disposizioni" dello Statuto. In altre parole se le "disposizioni correttive" del D.Lgs. n. 32 del 2001 per definizione, "garantiscono la coerenza" delle (sole) leggi ivi considerate con i principi statutari - identica coerenza deve essere assicurata non soltanto nell'esercizio dell'attività del futuro legislatore tributario, ma anche nell'esercizio dell'attività dell'interprete, che tali principi è chiamato ad applicare anche con riferimento a leggi tributarie "non corrette" dal legislatore delegato, e cioè a "tutte le altre" leggi tributarie vigenti. Il predetto valore ermeneutico dei principi statutari si fonda su un duplice rilievo. In primo luogo, su quello, secondo cui l'interpretazione conforme a Statuto si risolve, in definitiva, nell'interpretazione conforme alle norme costituzionali richiamate, che lo Statuto stesso dichiara esplicitamente di attuare nell'ordinamento tributario. In secondo luogo e conseguentemente, su quello, secondo cui (alcuni de)i principi posti dalla L. n. 212 del 2000 - proprio in quanto esplicitazioni generali, nella materia tributaria, delle richiamate norme costituzionali - debbono ritenersi "immanenti" nell'ordinamento stesso già prima dell'entrata in vigore dello Statuto e, quindi, vincolanti l'interprete in forza del fondamentale canone ermeneutico della "interpretazione adeguatrice" a Costituzione: cioè, del dovere dell'interprete di preferire, nel dubbio, il significato e la portata della disposizione interpretata conformi a Costituzione. Lo Statuto, pertanto, qualifica gli elementi (non procedimentali) contenuti nel testo come principi generali; poichè questi sono l’attuazione del disposto costituzionale, retroagiscono tendenzialmente al momento della sua promulgazione. I principi della "collaborazione", della "buona fede" e dell'"affidamento". e della “cooperazione”, nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, sanciti dai primi due commi dell'art. 10 e dal settimo comma dell’articolo 12 della L. n. 212 del 2000, anche perché immediatamente deducibili, rispettivamente, dai principi di "buon andamento" e di "imparzialità" dell'Amministrazione, di "capacità contributiva" e di eguaglianza (sub specie del rispetto del canone della ragionevolezza), garantiti dagli artt. 97 comma 1, 53 comma 1, e 3 comma 1, della Costituzione - debbono essere annoverati tra quelli "immanenti" nel diritto e nell'ordinamento tributari già prima dell'entrata in vigore dello Statuto dei diritti del contribuente (prima, cioè, del 1° agosto 2000: cfr. art. 21 della L. n. 212 del 2000). L'art. 10, comma 1, si riferisce ad un unico principio "della collaborazione e della buona fede", trattando i due diversi termini quasi come espressione di un'endiadi; può osservarsi, innanzitutto, che il termine "collaborazione" allude, per un verso, ai principi: di "buon andamento", "efficienza" ed "imparzialità" dell'azione amministrativa tributaria di cui all'art. 97, comma 1, della Costituzione (richiamato dall'art. 1, comma 1, dello Statuto), e, per l'altro, a comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall'art. 53 comma 1, della Costituzione (anch'esso richiamato dalla predetta disposizione statutaria) ed imposto a "tutti" i contribuenti, di "concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"; in secondo luogo, che il termine "buona fede", se riferito all'Amministrazione finanziaria, coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine "collaborazione", posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell'Amministrazione stessa "coerenti", vale a dire "non contraddittori" o "discontinui" (mutevoli nel tempo); ed infine, che il medesimo termine, se riferito al contribuente, presenta un'analoga, parziale coincidenza con quello di "collaborazione" ed allude ad un generale dovere di correttezza, volto ad evitare, ad esempio, comportamenti del contribuente capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da "abuso" di diritti e/o tesi ad "eludere" una "giusta" pretesa tributaria. - 101 - costituire un nuovo faro normativo precedente e nell’interpretare nello stesso anche tempo il tessuto indirizzare i comportamenti sia dell’Amministrazione che del contribuente La figura del Garante del contribuente 177 è posizionata alla fine delle disposizioni, quasi a suggellare la funzione di tutela, diretta ed immediata, delle stesse norme e di quelle tributarie in genere. In particolare non può sfuggire il collegamento con il riaffermato principio di collaborazione e della buona fede178, come modalità necessaria del rapporto tra fisco e contribuente, la cui tutela difficilmente può trovare concreta attuazione dinanzi agli organi giudiziari ordinari. Il Garante, pertanto, si inserisce in questo spazio equidistante tra le distinte posizioni del contribuente e l’Amministrazione finanziaria in tutti i profili nella quale si manifesta. Le Agenzie fiscali, Finanziaria, che sono subentrate i ripetuti nonostante all’Amministrazione interventi di riorganizzazione e controllo di efficienza179, nel loro agire, in relazione anche ai mutati contesti normativi, evidenziano profili frequenza comportamentali rispetto ai alle volte, precedenti ma sempre periodi, sul con confine minore della legalità. Il Garante si inserisce, quindi, in uno spazio rimasto scoperto da un’efficace tutela giudiziaria180. Il livello di “alegalità”, vale a dire di prassi o comportamenti differenziati, che si collocano tra il sistema delle norme, rigidamente l’estrema uniforme varietà per delle tutto il situazioni territorio e dei nazionale, contesti e socio- economici locali, con “performances” così diverse, sono idonee ad incrinare, in concreto, il sistema delle garanzie e delle aspettative dei cittadini contribuenti. 177 L. SALVINI, Il Garante del contribuente, in AA.VV., Lo statuto dei diritti del contribuente, Giappichelli, 2004, nella relazione al convegno tenuto a Genova il 24 ottobre 2003 riporta una indagine dalla quale emerge che la figura e le funzioni del Garante del contribuente sono (ancora) marginalmente conosciute dai cittadini. 178 E. DE MITA, Statuto fondato sull’affidamento, Il sole 24 ore, 22 ottobre 2006, 21. 179 R. GALULLO, Riorganizzazione del fisco, Il Sole 24 ore, 23 gennaio 2006, ricorda che l’Agenzia delle Entrate agisce non solo sul versante assunzioni, per rafforzare i settori informazioni al contribuente, controlli e lotta all’evasione fiscale, ma promuove anche una massiccia opera di riqualificazione del personale. 180 G. ZAGREBESLSKY, La domanda di giustizia, G. Einaudi, 2003, 26, ricorda che la giustizia non si esaurisce nella legalità. - 102 - Questa situazione, non risolvibile con i mezzi tradizionalmente predisposti dall’ordinamento181, ha favorito lo studio di una figura estranea alla struttura dell’amministrazione finanziaria statale. Si tributario tratta,dell’introduzione di un nuovo soggetto, nel che nostro si sistema inserisce nel tradizionale rapporto obbligatorio fisco-contribuente182. Da questa originaria matrice, tendente a tutelare il cittadino nei confronti della pubblica amministrazione183, si è sviluppata anche in Italia delimitate ed una oggetti pluralità soggetti, diversi184, tra con i finalità quali più possono identificarsi alcuni, il cui scopo è quello di tutelare anche il cittadino, che riveste la qualifica di contribuente. .2 Va I Garanti dei diritti del contribuente. innanzi tutto rilevato che la norma sul Garante del Contribuente, pur inserita in un contesto esprimente i principi generali del diritto tributario desumibili dalla Carta Costituzionale, richiama o per meglio dire fotografa soggetti, rapporti e tributi vigenti nel contesto normativo e culturale proprio del lungo iter di approvazione della legge. Dopo un quinquennio l’interprete non può non riconoscere che l’orizzonte, nel quale era prevista l’operatività del Garante, è ormai molto mutato e richiederebbe un sostanzioso intervento normativo, per renderlo, nel rispetto delle finalità che ne 181 F. d’AYALA VALVA, Spunti sulle tutele del contribuente e dell’interesse fiscale collettivo, in Atti Convegno Nuove forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nelle esperienze processuali, Messina 26 settembre 2003, Pubblicazione della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina, giuffrè, 2004, 247. 182 BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 551. 183 N. BOBBIO, L’età dei diritti, Einaudi,1997, 262 afferma che non pare dubbio che le varie tradizioni si stiano avvicinando e stiano formando insieme un unico grande disegno di difesa dell’uomo, che comprende i tre sommi beni della vita, della libertà e della sicurezza sociale. Il nuovo rapporto cittadino stato si inserisce, quindi, in questo cambiamento, che mette al centro dell’attenzione l’uomo cittadino e non l’uomo suddito. 184 L’affermazione dei nuovi diritti della persona ha fatto emergere situazioni che progressivamente hanno richiesto una qualche nuova forma di tutela. Da questi si è affermata la figura del “consumatore”, in tutti i profili ove possa estrinsecarsi ed anche indipendentemente dalla qualità di “cittadino”, che sta avendo una considerevole attenzione. Sul punto vedi G. FERRARA, Contributo allo studio della tutela del consumatore. Profili pubblicistici, Giuffrè, Milano, 1983, 377, ove richiama la figura dell’Ombudsman, che vede codificata nella figura del difensore civico. G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Laterza, 2002, 4, afferma che la scoperta del “consumatore” è piuttosto recente ed è un dato tipico delle società opulente e avviene gradualmente in tutti i paesi occidentali. Puntualizza che alla scoperta del consumatore non fa seguito l’adozione immediata di misure legislative a sua difesa. Richiama infine (pag. 439) tra gli strumenti di tutela l’ombudsman in alcune sue applicazioni concrete, soffermandosi in particolare sull’ombudsman bancario. - 103 - hanno motivato l’istituzione, più aderente alle mutate disposizioni. Rinunciando a creare un Garante del contribuente unico a livello nazionale ed anticipando la successiva approvazione delle norme costituzionali regolanti i nuovi rapporti Stato, Regioni ecc., è stata operata la scelta di istituire tale soggetto presso ogni Agenzia Regionale collegamento tributari più delle entrate, immediato locali. La confermando tra il creazione di la cittadino questo e nuovo funzione gli di uffici organo, di derivazione costituzionale e con specifiche funzioni e finalità, prima della nuova suddivisione dei rapporti istituzionali dei nuovi enti locali non può essere sottovalutata e ci si può chiedere se successivamente la a nuova questi potestà ultimi normativa possa in scalfire o addirittura sostituire le funzioni attribuita qualche maniera attribuite al Garante del contribuente. La questione non appare teorica in quanto le regioni, nei loro statuti, tendono ad inserire anche la figura del garante del contribuente di ambito regionale, con funzioni analoghe a quelle attribuite al garante previsto nello Statuto del contribuente. Il differente assetto Stato, regioni ed enti locali e la futura regolamentazione della materia tributaria porterà alla ribalta la figura del Garante ed i rapporti con questi nuovi soggetti. La localizzazione regionale del Garante del contribuente ed i nuovi o anche vecchi tributi regionali o locali ha già portato momenti di contatto con le istituzioni locali e la emersione della necessità di nuove regole a tutela del contribuente locale ed a favore di una migliore organizzazione delle strutture e dei soggetti che, a vari livelli, gestiscono i tributi locali185. Una soluzione già si intravede alla luce della più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di ICI186., 185 Sul punto vedi le osservazioni ed i richiami di F. BATTOCCHI, Il garante del contribuente, in AA.VV., Statuto dei diritti del contribuente, Giuffrè, 2005, 727 186 La Corte Costituzionale ha avuto l’occasione di precisare che per tributi erariali si intendono anche i precedenti tributi, identificati quali tributi locali per la destinazione del gettito e non per l’origine, negandone la disponibilità da parte dei nuovi enti territoriali locali. Con la recentissima sentenza n. 75 del 24 febbraio 2006 la stessa Corte ha ribadito il proprio pensiero, censurando l’art. 27 della legge regionale Friuli Venezia Giulia 4 marzo 2005, n. 4, poiché quest ultima interveniva su materia non attribuita alla potestà legislativa regionale. In particolare ha affermato: “La potestà legislativa della Regione nella materia tributaria deve esercitarsi «in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» e deve limitarsi all'«istituzione di tributi - 104 - valevole per tutti i tributi locali di origine statale, quali i nuovi enti non possono incidere se non nei per i limiti previsti dalle singole normative impositiva, ricomprendono sia i tradizionali tributi erariali che tutti quelli in precedenza istituiti dallo Stato sotto qualsiasi denominazione corrente come tributi locali, comunali o altro. Da ciò può affermarsi che sussiste la competenza del Garante del contribuente, di diretta derivazione Statutaria (l. n. 212/2000), su tutti i tributi preesistenti e le relative regolamentazioni ed uffici ad essi demandati. Da questo spartiacque emerge altresì che i nuovi Garanti, di derivazione statutaria regionale o comunque locale, potranno svolgere la loro funzione di tutela esclusivamente nei confronti dei nuovi futuri tributi locali ed i relativi uffici ad essi preposti. La costituzione nello Statuto del contribuente di una pluralità di garanti non è stata seguita anche dalla previsione di un organo di collegamento o coordinamento tra i vari Garanti; questa scelta può essere vista quale ulteriore garanzia “di piena autonomia” secondo comma nell’ambito del del singolo dell’art potere 13; di Garante, d’altro auto così come canto disciplinare recita non le il esclude, proprie regionali prevista nell'articolo 51». Quest'ultimo articolo, a sua volta, stabilisce che l'istituzione dei tributi regionali deve essere effettuata con legge regionale, «in armonia col sistema tributario dello Stato, delle Province e dei Comuni». Dal combinato disposto di tali norme risulta, dunque, che la potestà impositiva della Regione può concernere solo i tributi regionali, e cioè quei tributi che la Regione medesima ha facoltà di istituire ai sensi di detto art. 51. L'ICI non è istituita dalla Regione e, quindi, non è un tributo regionale ai sensi dello statuto. È, invece, un tributo erariale, istituito dalla legge dello Stato (art. 1 del citato d.lgs. n. 504 del 1992) e da questa disciplinato (v., ex plurimis, le sentenze numeri 37, 381 del 2004 e n. 397 del 2005), salvo quanto espressamente rimesso all'autonomia dei Comuni (art. 4 del d.lgs. n. 504 del 1992 e art. 59 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, recante «Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali»). Ne consegue che l'impugnato art. 27 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2005, nell'introdurre casi di esenzione dall'ICI, interviene su materia non attribuita dallo statuto alla competenza del legislatore regionale e si pone, perciò, in contrasto con l'evocato art. 5 dello statuto medesimo.” La Corte, per fugare altri dubbi e precisando il suo pensiero sul contenuto dell’espressione finanza locale ha anche precisato che: “Tale conclusione non è smentita dal richiamo della norma impugnata all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 9 del 1997, secondo cui «spetta alla regione disciplinare la finanza locale». Tale articolo, essendo norma di mera attuazione statutaria in tema di ordinamento degli enti locali, può riguardare, infatti, solo quella parte della finanza locale presa in considerazione dallo statuto e non quei tributi comunali che, come l'ICI, sono invece previsti e istituiti esclusivamente dalla legge statale e, nei limiti da questa indicati, disciplinati dai regolamenti comunali.” Ha quindi preso posizione suo rapporto con il nuovo testo della carta costituzionale affermando che: “La Regione Friuli-Venezia Giulia non ha potestà legislativa in materia di ICI, non solo ai sensi delle norme statutarie, ma neanche ai sensi del combinato disposto degli articoli 117, terzo comma, Cost. e 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Essendo infatti l'ICI tributo statale, la sua disciplina rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tale riserva di competenza impedisce che le norme denunciate rientrino nella invocata potestà legislativa concorrente e non consente, nella specie, di effettuare la comparazione richiesta dal citato art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 tra le forme di autonomia garantite dalla Costituzione e quelle statutarie”. - 105 - iniziative, la operatività di periodiche conferenze comuni, in vista, ad esempio, della presentazione della relazione sull’attività svolta al Ministro delle finanze ed agli altri uffici. Sotto questo collegi di aspetto Garanti, si è con operata la competenza scelta di creare territoriale, pari più alle regioni, con ciò avvicinando la nuova figura alla struttura territoriale del difensore civico regionale; i due organi rimangono, comunque, distinti per competenze e sotto la veste formale, in quanto quest’ultimo è un organo monocratico, ove si assommano tutti i poteri; nello stesso tempo, la scelta di un organo collegiale, pur analoga ad altre figure di Autorità o Garanti, distingue quello del contribuente proprio in relazione alla diffusione regionale, non presente nelle altre tipologie, collocate in un unico ufficio centralizzato. Particolare rilievo si deve dare ai rapporti con soggetti privati appaltatori di servizi di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura, previsti esplicitamente nell’ultima parte dell’articolo 14 dello Statuto; la generica previsione di applicabilità della stessa legge a questi ultimi soggetti non sembra tutelare nella medesima misura i contribuenti. Gli istituti dell’autotutela e dei procedimenti disciplinari, posti a garanzia, mal si adattano ai soggetti privati e richiederebbero uno sforzo interpretativo estensivo di particolare portata. .3 La competenza per materia. La localizzazione presso l’Agenzia regionale delle entrate non può, tuttavia, significare sotto altro profilo, che la funzione sia limitata ai soli tributi di competenza di tale ufficio, potendosi ben ritenere, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale sopra riportata, che questa sussista anche per tutti i tributi “erariali”. E’ stato da taluni posta in dubbio la possibilità di una tale estensione dei poteri del Garante. Si ipotizzerebbe un Garante su base regionale, con competenza denominati circoscritta erariali; ai questo soli tributi convincimento tradizionalmente viene legato alla - 106 - circostanza che mentre in numerosi articoli dello Statuto viene indicata genericamente l’amministrazione finanziaria, le attività esterne propriamente propulsive, quali le segnalazioni, le comunicazioni e le relazioni, riguardano le direzioni generali delle imposte, i comandi della guardia di finanza o lo stesso Ministro, omettendo qualsiasi riferimento ad entità territoriali locali. La limitata competenza ipotizzata non sembra poggiare su basi incontrovertibili. Lo Statuto nella sua intitolazione parla di “contribuenti”, non dividendoli in alcun modo in relazione al destinatario L’art. 1 della dello contribuzione Statuto, dopo né aver alla fonte premesso dell’obbligo. che (tutte) le disposizioni della stessa legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53, e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento ordinario tributario, (regolano), le invitava Regioni a le Regioni statuto a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano (provvedono) e gli enti locali (provvedono) ad adeguare i rispettivi ordinamenti i primi alle norme fondamentali dello Statuto e gli ultimi ai principi. I termini per tali adempimenti erano di gran lunga antecedenti all’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 119 della Costituzione e, quindi, nessun serio dubbio potrebbe opporsi a ritenere parte integrante della normativa di tali enti locali l’intero impianto dello Statuto. Va ricordato, infine, il disposto dell’articolo 17 della medesima legge il quale recita che le disposizioni si applicano anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura. La competenza del Garante dovrebbe ora trovare corrispondenza in tutti i tributi richiamati dall’art. 1 D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992 sul processo tributario, nel testo novellato anche - 107 - da ultimo con il d.l. 30 settembre 2005, n. 203 convertito con modificazioni nella l. 2 dicembre 2005, n. 248187. Certamente utile alla delimitazione della competenza del Garante può essere il richiamo agli elementi per la qualificazione di una legge come tributaria, così come ricordati dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 11 del 12 gennaio 1995, in tema di referendum abrogativo, ove è stato affermato che questi sono necessariamente costituiti dall’ablazione delle somme con l’attribuzione delle stesse ad un ente pubblico e la loro destinazione fabbisogno allo finanziario scopo di dell’ente approntare i medesimo188. mezzi Di per il conseguenza qualsiasi prelievo con tali caratteristiche potrà essere motivo d’intervento del Garante presso l’ente (finanziario)189. Il richiamo al D.lg. n. 546/92 pone il quesito se sia di competenza del Garante anche la segnalazione di disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi anomale o irragionevoli degli uffici del territorio preposti all’intestazione, delimitazione, figura, estensione, classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché degli uffici demandati alla delimitazione della consistenza, classamento delle singole unità immobiliari, urbane e l’attribuzione della rendita catastale. Una lettura restrittiva della norma limitata, alla sostanza del tributo, ne escluderebbe la competenza; una tale interpretazione non sembra condivisibile, stante lo stretto collegamento delle operazioni erariali e catastali locali. con In il ogni presupposto caso il di numerosi generico tributi richiamo “agli 187 L’ampliamento della giurisdizione tributaria avviene anche ad opera della giurisprudenza della Corte di cassazione, che ad esempio con la recentissima sentenza n. 618 del 13 gennaio 2006 (Corr. Trib. 9/2006, 717) ha riconosciuto che spetta al giudice tributario la giurisdizione in materia di diritti camerali. Sul punto rinvio al mio lavoro Il “nuovo processo tributario” in attesa di una revisione dopo l’ampliamento della giurisdizione delle Commissioni, in Il Fisco, 31/2006, 4741; nonché a F. PISTOLESI, Le nuove materie devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie, Giur. Imp., 2002, n. 6,1463.. 188 La natura tributaria di un prelievo è oggetto di un rinnovato studio, stante alcune recenti innovazioni sulla struttura e destinazione dei prelievi. Sul punto vedi da ultimo A. FEDELE, Appunti, cit., 16, R. LUPI, Società, diritto e tributi, Il sole 24 ore, 2005, 119; id, Diritto tributario, Parte generale, Giuffrè, 2005, VIII ed, 35. 189 G. GAFFURI, Diritto tributario, V ed. Cedam, 2006,, 16, distingue invece i tributi in generale da altre figure similari, quali i contributi, pur riconoscendo (pag. 14) che la linea di confine tra i due generi di rapporti è di difficile tracciamento. Afferma ancora che la nozione eterogenea e assai allargata desumibile dalle norme processuali non può essere scambiata per un’attendibile definizione di prelievo fiscale in senso proprio, che resta ancorata a presupposti specifici e peculiari e ai criteri fissati dai principi della Costituzione in materia. - 108 - uffici dell’amministrazione finanziaria” non può precludere l’intervento del Garante presso gli stessi ora agenzie. Sotto lo stesso profilo il Garante potrà esaminare le istanze relative a questioni in materia di sanzioni irrogate dagli uffici finanziari, non espressamente collegate ad un tributo, o il mancato tempestivo rimborso di somme riscosse coattivamente e riconosciute indebite dalle tributarie190. commissioni Non dovrebbero esservi dubbi sulla competenza anche per i tributi doganali, essendo previsto l’invio della relazione semestrale del Garante nonché di tutte le segnalazioni dei comportamenti dell’amministrazione, che possano determinare un pregiudizio ai contribuenti o conseguenze l’amministrazione, anche ai negative direttori nei rapporti compartimentali con delle dogane. Sullo sfondo potranno rimanere tutte le altre prestazioni patrimoniali, quali i contributi ai consorzi di bonifica o il canone televisivo, ove il profilo tributario della prestazione è diluito dall’interesse del singolo alla stessa prestazione. Le reiterate sentenze della Corte di Cassazione, che hanno affermato la natura tributaria di questi ultimi, militano verso una competenza rilievo infine del è Garante la anche controversa per tali prestazioni. collocazione del Di contributo previdenziale, collocato storicamente nella parafiscalità 191. Ove venisse confermato l’orientamento della più recente dottrina sulla natura questioni tributaria ricadrebbero del prelievo192 tutte nella competenza, per le relative materia, del Garante del contribuente e quindi delle Commissioni tributarie. I disservizi sottoponibili all’attenzione del Garante potrebbero, infine, riguardare i concessionari della riscossione oppure tutti l’attività di gli altri differenti accertamento, soggetti liquidazione e che esercitano riscossione di 190 Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 15, depositata il 4 gennaio 2007, ha affermato che spetta al giudice ordinario, e non al giudice tributario, la competenza a giudicare sulle liti che riguardano il risarcimento del danno per comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria, anche se tale comportamento derivava dalla illegittima richiesta di pagamento di una tassa automobilistica già regolarmente pagata dal contribuente. 191 G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Cedam, 2005, vol. I. 192 P. PURI, Destinazione previdenziale e prelievo tributario. Dalla parafiscalità alla fiscalizzazione del sistema previdenziale, Collana diretta da G. Falsitta e A. Fantozzi, Giuffrè, 2005, 141. - 109 - qualunque natura, trovando applicazione l’intera normativa dello Statuto del contribuente formalmente estranei anche alla a questi soggetti, amministrazione pur se finanziaria, ma espressamente destinatari delle disposizioni, ai sensi dell’art. 17 dalla più volte richiamata legge n. 212/2000. Nei confronti di questi Garante, ultimi ma questa segnalazione lacuna manca una lacuna semestrale normativa norma è o che potrebbe annuale divenuta regoli essere dello di i poteri oggetto stesso pressante del della Garante. attualità La dopo l’ampliamento della giurisdizione tributaria anche alla “ganasce fiscali”193. L’ampia libertà per l’uso di tali strumenti di coazione offre un ampio margine di intervento del Garante ove tali poteri non vengano utilizzati non solo legittimamente ma anche correttamente E’ compito del Garante esaminare preliminarmente la propria competenza per materia, in relazione alla segnalazione scritta, e comunicare propria immediatamente decisione trattandosi di amministrativo in un si caso atto può all’autore di della diniego. definitivo pensare ad In segnalazione quest’ultimo emesso una sua da un la caso organo ricorribilità al T.A.R.. Si può così ipotizzare un nuovo veicolo interpretativo, a cura questa volta del giudice amministrativo, sulla natura di talune decisioni del Garante del contribuente e poi sulla tipologia di alcune prestazioni imposte, sia pure sotto il più limitato profilo della competenza del Garante del contribuente. .4 L’ambito regionale di intervento. La norma tace sulla competenza territoriale dell’ufficio del Garante. E’ pur vero che il domicilio fiscale del contribuente radica la relativa competenza con gli uffici tributari, ma è altrettanto vero che i rapporti tributari possono essere incardinati anche con altri uffici, per i quali è irrilevante la residenza. seconda E’ casa, l’eventuale sufficiente a ubicata altro richiesta in di tal fine ricordare comune, rimborso di l’ICI altra riconosciuta sulla regione fondata e dallo 193 F. d’AYALA VALVA, Le Ganasce fiscali ed il giudice tributario. Un porto sicuro, un attracco difficoltoso, in Riv. Dir. Trib., 2006, n. 9, I, 621. - 110 - stesso comune e rimasta sospesa per inerzia del provvedere. Il collegamento territoriale potrebbe variare secondo il rilievo dato al domicilio del richiedente o dell’ufficio non ottemperante. Utilizzando il principio del foro del convenuto, la competenza territoriale del Garante dovrebbe essere radicata per tutte le questioni riguardanti gli uffici o enti territoriali con sedi nella propria regione, rimanendo irrilevante l’eventuale differente domicilio fiscale del richiedente. Ove, invece, la localizzazione territoriale del Garante dovesse essere intesa quale modo per l’esercizio più immediato del servizio al cittadino, non si potrebbe escludere una competenza per tutte le segnalazioni pervenute da soggetti residenti nella regione e ciò indipendentemente dalla localizzazione dell’ufficio ove si lamenta il disservizio. La questione ha la sua rilevanza anche per le ipotesi nelle quali un singolo ufficio dell’Agenzia deleghi l’espletamento di alcune attività ad altro ufficio della stessa agenzia localizzato in altra regione (all’ufficio di Reggio Calabria sono state attribuite delle funzioni relative a pratiche di contribuenti residenti nel Lazio). Anche in caso di diniego, per incompetenza territoriale, il Garante dovrà comunicare immediatamente all’istante, la propria risoluzione con l’indicazione del Garante ritenuto competente. Questa scelta, tuttavia, potrebbe essere vista come una sostanziale negazione della tutela richiesta e, quindi, sarebbe più opportuna l’immediata trasmissione della segnalazione del Garante che si territorialmente contribuente esclude, ritiene competente, della stessa certamente, territoriale, ove incompetente il ed al analoga trasmissione. l’ipotesi secondo di Il Garante, comunicazione al procedimento non conflitto neghi ritenuto di anch’esso competenza la propria competenza; in mancanza di un organo gerarchico superiore, la questione dovrebbe poter essere risolta dal secondo Garante. .5 I problemi di un organo collegiale. Il garante del contribuente, a differenza del difensore civico, è un organo collegiale, costituito da tre membri, operante in - 111 - piena autonomia. La scelta e la nomina di detti soggetti spetta ad un organo istituzionalmente estraneo all’Amministrazione Finanziaria, ma non avulso dalle problematiche tributarie, e precisamente al Presidente Regionale194, nella cui della Commissione circoscrizione è Tributaria compresa l’Agenzia Regionale delle entrate. Inoltre il Presidente della Commissione Tributaria Regionale assicura l’assoluta indipendenza nella nomina dei membri dell’organo. Pur essendo libera la scelta, questa deve ricadere soggetti, su prefissate istituzionalmente specifiche portatori tipologie di di un’alta professionalità, idonea allo scopo voluto dalla norma. L’organo è Presidente composto deve di un essere presidente scelto tra e da due membri; magistrati, il professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio; non è richiesta al designando la residenza nella regione al momento della nomina né l’obbligo di fissarvi la residenza per la durata dell’incarico195. Per i magistrati, non essendovi nella norma altra qualificazione, si deve intendere quelli ordinari, amministrativi e militari, con ciò escludendo tutti coloro che svolgono una qualche funzione giudiziaria onoraria; non vi rientrano, quindi, sia i giudici tributari sia i giudici di pace. Il Consiglio Superiore della Magistratura è restio a concedere il nulla osta a magistrati in servizio e questa scelta può condividersi, in relazione alla necessità di non distrarre le limitate forze giudiziarie dai gravosi compiti del proprio ufficio istituzionale. Alla luce delle nomine dei magistrati fin qui effettuate queste sono ricadute su soggetti di alta qualità in pensione, per lo più giudici tributari196. Per la categoria 194 Di recente è stata risolta positivamente dal TAR di Napoli la questione sulla possibilità che il Presidente f.f. della commissione tributaria regionale possa nominare i Garanti della propria regione, difformemente decisa in precedenza dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria. 195 L’art. 7 del d.ls. 31 dicembre 1992, n. 545 prevede, invece, espressamente tra i requisiti generali dei componenti delle commissioni tributarie, alla lettera f), “avere o aver dichiarato di voler stabilire la residenza nella regione nella quale ha sede la commissione tributaria. Analogamente non sussiste per il Garante del contribuente il divieto previsto espressamente per i componenti delle commissioni tributarie, nel terzo comma dell’art. 8 del medesimo d.ls n. 545, “Nessuno può essere componente di più commissioni tributarie”. 196 Il Consiglio della giustizia tributaria, in un primo moment,o aveva ritenuto sussistere una incompatibilità tra la funzione di giudice tributario e quella di componente del collegio del Garante del contribuente, sia come presidente che come membro. Tale presa di posizione, presupponeva la sussistenza di un potere di ingerenza del primo sulle scelte demandate al Presidente della Commissione tributaria regionale, agente non in una funzione - 112 - “professori universitari” va notato che l’art. 5 lettera b) del D. lgs. 545/1992, sull’ordinamento giurisdizione tributaria, universitari”, e quindi degli organi i “docenti richiama si potrebbe speciali di ipotizzare che di ruolo per il Garante possa essere considerata una difforme e più ristretta platea. Certamente professori in universitari questa di categoria ruolo, fuori sono considerati ruolo o a i riposo, compresi nella prima e nella seconda fascia dell’ordinamento universitario. Per quanto riguarda i notai, fermo restante il limite del superamento del concorso ed il loro permanere nel relativo albo, non è previsto l’obbligo di residenza nella regione né lo svolgimento dell’attività nella stessa. Gli altri due membri devono, a loro volta, avere una distinta provenienza, al fine evidente di mantenere una necessaria pluralità di esperienze professionali. In particolare, la scelta del secondo membro, deve ricadere su un dirigente dell’Amministrazione finanziaria e su un Ufficiale Generale e Superiore della Guardia di Finanza, scelti in una terna formata per ciascuna delle rispettivamente Dipartimento per delle Direzioni i primi entrate e Regionali dal per delle Direttore i secondi Entrate, Generale dal del Comandante Generale della Guardia di Finanza. Va osservato che la scelta del dirigente dell’Amministrazione finanziaria deve essere effettuata dal Direttore regionale delle entrate, di ciascuna regione, ma, anche in questo caso, non è prescritto che il designato abbia o non abbia svolto la propria attività nella regione o sia ivi residente. La scelta dell’ufficiale generale è, invece, comandante demandata Generale per della tutte G. di le F., regioni anche unicamente qui senza al alcun vincolo territoriale di provenienza o di residenza. Per una maggiore garanzia di neutralità ed al fine di evitare commistioni o possibili esami di proprie attività o di quella svolta dal precedente ufficio, è previsto che questi soggetti giurisdizionale, nonché l’adozione di una interpretazione più ampia dei casi di incompatibilità previsti dall’art.8 del d.lvo n. 545/1992. La presa di posizione cel Consiglio era stata probabilmente influenzata dalla circostanza che lo stesso soggetto avrebbe ricoperto le due funzioni nella stessa regione. Da ultimo (settembre 2006) il Consiglio ha rimeditato il proprio pensiero, dichiarando la sospensione dell’incarico da giudice tributario, per tutto il tempo in cui lo stesso soggetto va a ricoprire le funzioni di Garante del contribuente. Anche in questo caso non si è tenuto conto dell’eventuale differente localizzazione delle due funzioni. - 113 - debbano essere a riposo da almeno due anni. Il maggior decorso del tempo dall’inizio del pensionamento, per questa categoria rispetto a coerente con attività quanto la previsto necessità proprio per di per i un professionisti, distacco quei dalla soggetti risulta precedente facenti parte dell’amministrazione, della cui eventuale inefficienza si debba trattare. La scelta, per ogni regione, deve ricadere su di una triade e, quindi, sarà necessario un preventivo accordo di ogni Direttore regionale con il formalizzazione Comando generale tempestiva della della G. triade, da di f. per la sottoporre al Presidente di ogni commissione tributaria regionale. Il terzo membro deve essere scelto anch’esso in una terna, formata per ciascuna Direzione Regionale delle entrate, dagli ordini degli collegiati; avvocati, questi dottori soggetti commercialisti devono essere e già ragionieri pensionati al momento della nomina e, quindi, il pensionamento può avvenire anche dopo l’indicazione nella terna finale. La formazione della triade, mentre appare più semplice nell’ambito regionale, poiché fornita da tre ordini o collegi professionale, non sembra tenere conto della difforme consistenza numerica degli albi e dei collegi professionali e nella mancanza nell’ambito della regione di un organo di coordinamento interno tra ordini e collegi professionali, tale da esprimere tempestivamente la terna. Il tenore della norma potrebbe indicare che, in ogni regione, gli ordini ed i collegi congiuntamente debbano esprimere la terna da sottoporre al Presidente della commissione tributaria. Un eventuale disaccordo nella presentazione potrebbe portare all’impossibilità per il Presidente di effettuare la scelta, mancando l’elemento dal quale trarre il terzo membro del collegio. Il disaccordo nella composizione della terna potrebbe essere il più vario, iniziando dalla paralisi presentazione nella di più presentazione terne formate dell’unica da terna, differenti alla ordini o collegi professionali. Va osservato che per ciascuna categoria la terna deve essere “formata” dai soggetti rispettivamente indicati, ma ciò non - 114 - impedisce che le due terne siano composte solo da soggetti provenienti da una sola figura professionale nell’ambito delle due categorie (b/c dell’art. 13); la norma, infatti, richiede che la terna debba rappresentanti, contemporanea ma essere non formata implica presenza nella con anche terna la di l’accordo necessità tutti i dei della profili professionali. La prima terna potrebbe, quindi, essere composta nell’ambito di una dell’amministrazione singola regione finanziaria da e soli la rappresentanti seconda dai soli rappresentanti del collegio dei ragionieri. Quello che conta è la sola volontà dei rappresentanti, identificati dalla norma, di fornire, concordemente, una terna, nella quale il presidente dovrà effettuare la scelta. La nomina non prevede uno specifico atto di accettazione né formule particolari di rispetto della normativa, come ad esempio prescritto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 545 del1992 prima dell’immissione del giudice tributario nelle funzioni. Si può ritenere che sarà comunque necessaria l’apposizione da parte del presidente della l’accettazione dichiarazione commissione che potrà tributaria avvenire indirizzata al di anche Presidente un con termine una della per semplice commissione tributaria; decorso tale termine il soggetto deve intendersi non accettante e spetterà al Presidente scegliere un nuovo membro, tratto dalla categoria del non accettante. Poiché l’organo non prevede una interesse sospensione pubblico, tempestivamente, in le modo dell’attività nuove tale nomine da far indirizzata vengono ad un effettuate subentrare il nuovo soggetto accettante al momento della scadenza del precedente. .6 La temporaneità dell’incarico. L’incarico ha una durata quadriennale ed è rinnovabile, tenendo presenti professionalità, produttività ed attività già svolta. Il rinnovo dell’incarico dei membri del collegio del Garante del contribuente, avvenuto dopo il primo quadriennio, ha fatto emergere alcune riflessioni. Va ricordato che il problema della rinnovabilità degli incarichi è stato da qualche tempo oggetto di attenta analisi dalla dottrina, ravvisandosi proprio un - 115 - momento di rottura tra l’indipendenza dell’organo e la potestà di rinnovo dell’incarico. A tal fine può essere ricordata la sentenza n. 25 del 22 gennaio 1976, della Corte Costituzionale che ebbe a dichiarare l’illegittimità della norma sulla riconferma dei membri del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana in sede giurisdizionale. In quella sede la Corte ebbe ad affermare che il carattere temporaneo della nomina per estranei i ai contrasta, membri ruoli di garantiscono per designati organici sé, del con l’indipendenza dalla i e Giunta Consiglio principi con Regionale, Stato, non costituzionali, che l’imparzialità dei essa di ed giudici siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal fine non appare necessaria un’inamovibilità assoluta, specie per i membri laici, determinato e che ben congruo possono periodo, essere senza che nominati perciò per venga un meno l’indipendenza dell’organo o del singolo giudice. L’indipendenza è, invece, compromessa per l’effetto della disposizione, che prevede, al termine di un primo periodo, la possibilità di riconferma dell’incarico, secondo il discrezionale apprezzamento di un organo strettamente collegato con la funzione svolta dal giudice. Sotto questo profilo l’estraneità del presidente della commissione tributaria all’attività del Garante assicura una tranquillizzante garanzia di indipendenza ed imparzialità. Il rinnovo dell’incarico, al pari della scelta iniziale, appare lasciato alla completa discrezionalità del Presidente, il quale tuttavia, dopo la nomina, non è destinatario di alcuna comunicazione diretta dell’attività del Garante e, quindi, non sembra essere messo formalmente in condizione di poter valutare l’opportunità di una conferma di tutti o di alcuni dei membri dell’organo collegiale. Poiché il rinnovo del singolo componente deve tener presente la “professionalità, produttività e attività svolta” si rende necessario riconoscere un potere di esame e controllo del singolo soggetto in scadenza; con la conseguenza che il Presidente della commissione tributaria regionale dovrebbe essere legittimato ad effettuare un controllo diretto sull’attività svolta dal singolo nel periodo quadriennale, per acquisire i relativi elementi di giudizio. In ogni caso il - 116 - collegio dei garanti potrà inviare anche al Presidente della commissione tributaria sull’attività svolta, copia delle gli stessi che relazioni garanti periodiche sono tenuti a presentare al Ministro ai sensi del comma 12 dell’art 13 dello statuto. Il richiamo alla “professionalità, produttività e attività svolta” deve costituire uno degli elementi del giudizio per il rinnovo, ma non un elemento vincolante, in quanto la scelta può ben ricadere su altro soggetto esterno qualora le caratteristiche possano far copertura personali ritenere della dell’incarico e professionalità quest’ultimo carica ha la di provocato più meritevole Garante. alcuni riconosciuta Il per mancato ricorsi al la rinnovo Tar, tutti rigettati con la conferma della più ampia discrezionalità della scelta del presidente della commissione regionale. Non risulta, adottare membri. inoltre, alcuna nell’ipotesi La legge di 31 rinuncia luglio 1997, dell’Autorità per le garanzie espressamente che in caso impedimento di un menzione di commissario, o procedura impedimento n. nelle 249, di di Camera da taluni sull’istituzione comunicazioni, morte, la della prevede dimissioni competente o di procede all’elezione di un nuovo commissario, il quale resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei membri. L’applicazione di tale procedura anche al garante del contribuente non sembra corretta, potendosi ipotizzare una nuova nomina quadriennale. La sostituzione del Presidente è certamente più agevole, non essendo subordinata da alcuna attività di terzi, mentre la sostituzione degli altri membri potrebbe essere subordinata alla preventiva presentazione di una nuova triade, nella quale effettuare la scelta. L’organo nelle more non sarebbe in condizione di operare, con nocumento della funzione, che richiede segnalazioni. invece Anche una questa sollecita sembra trattazione essere una lacuna delle della disposizione che non prevede membri supplenti. La rinuncia all’incarico deve essere formalizzata e portata a conoscenza del Presidente della commissione tributaria, perché possa attivare la procedura di nomina di altro membro. La norma non prevede ipotesi di decadenza o di sospensione dall’incarico. - 117 - Certamente incidano una condanna penale, sull’attività del in relazione garante, a fatti costituisce che elemento sufficiente per una tale declaratoria. Può costituire ancora motivo di decadenza la mancata partecipazione, non giustificata, a più riunioni collegiali tale da impedirne la funzionalità previa contestazione dei fatti rilevati. In questo caso il Presidente o il membro più anziano nella funzione, ed in via subordinata per Commissione età, potrebbe Tributaria informare Regionale il Presidente della perché provveda alla sostituzione. La norma non prevede l’ipotesi di astensione di un membro per un interesse diretto o indiretto nella questione da esaminare oppure l’ipotesi di temporanea indisponibilità del membro per malattia o soluzione, cause non familiari. essendo La questione previsti sostituti non per è i di facile membri del collegio e non potendo lo stesso essere operativo in assenza di un suo membro. Da alcuni collegi si è distinta un’attività istruttoria, delegabile ad un solo componente, dalle attività propriamente decisionali per le quali l’organo collegiale deve operare nella sua interezza. .7 Qualificazione e professionalità del Garante. Da un esame dei vari collegi regionali si può subito rilevare una concreta garanzia di imparzialità, non sempre riscontrabile in una composizione collegiale di diversa estrazione; inoltre l’alta qualificazione prevista costituisce di per sé garanzia per la funzione alla quale gli stessi soggetti sono chiamati. La norma non prevede qualificanti i ulteriori candidati, quali elementi soggettivamente pubblicazioni scientifiche, partecipazione a convegni in qualità di relatore, partecipazione a commissioni di studio ecc.; questo deve essere inteso non nella possibilità Presidente della di arbitrio Commissione nella scelta Regionale, ma da come parte un del elemento comune di base per tutti i candidati, che devono rientrare nelle categorie (professionali) indicate; inoltre per gli altri membri la scelta in una terna prefissata, comporta che sia già avvenuto un vaglio da parte dei rispettivi uffici o organi - 118 - rappresentativi professionali sulle qualità e l’idoneità dei soggetti proposti. E’ stata già rilevata la diversa posizione dei membri, e la prevalenza della qualifica di pensionato rinvenibile in tutte le tre categorie. La previsione può essere intesa nell’opportunità di non disperdere sicure acquisite qualificazioni professionali in dipendenza della circostanza della maturazione dell’età pensionabile. Il sistema attualmente in vigore prevede un limite di anni lavorativi ed alle volte agevola l’uscita del lavoratore ancora in vede età per il solo fatto dell’avvenuta maturazione di un periodo minimo di contribuzioni, al fine di far subentrare nuove energie o per rinnovar i dirigenti (spoil system). La conseguenza è la presenza sul mercato del lavoro di soggetti idonei e disponibili ad alcune funzioni, non altrimenti inseribili in un processo lavorativo standardizzato. A questi soggetti si rivolge prosecuzione di la parte un’attività della normativa, lavorativa favorendo professionale, la che altrimenti andrebbe perduta. In questo senso può ricordarsi la figura del giudice di pace, che attinge proprio (di preferenza) i propri membri da soggetti, che, in possesso di una laurea in giurisprudenza, hanno svolto un’attività lavorativa qualificata e, pur cessando la precedente attività, intendono offrire alla società , sia pure sotto altri profili, le proprie energie lavorative e capacità intellettuali. La norma non indica un limite d’età dei membri, con ciò confermando la responsabile scelta che deve essere effettuata dal Presidente della commissione tributaria. In altre situazioni, come per la nomina dei giudici tributari, la norma prevede un limite di età massimo per la permanenza nell’incarico, eliminando possibili situazioni di imbarazzo e di aspettative197. .8 L’autonomia dell’organo ed indipendenza economica. 197 L’identificazione normativa di una età massima, per la chiamata o rinnovo alla funzione di Garante del contribuente, sarebbe auspicabile, anche se, in sede di ricorso la tar contro il mancato rinnovo per età avanzata, si è fatto presente che la gravosa funzione di Presidente della Repubblica è stata egregiamente ricoperta anche da ultra ottuagenari. - 119 - La norma, in un breve ma espressivo inciso, afferma che il Garante opera” in piena autonomia”. La dizione è meno estesa di quella prevista dalla legge 14 novembre 1995 n. 481 per tutte le Autorità, ove si parla di “piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione”. Dal testo breve della norma non si rinvengono limiti o regole nell’attività del Garante e, quindi, sarà compito dei singoli garanti l’eliminazione di tutti i vincoli che dovessero frapporsi al conseguimento delle finalità volute dalla norma istitutiva. Autonomia non vuol certamente dire libertà di non osservare la normativa vigente, ma solo non essere soggetto alle direttive di altri uffici o autorità. Vuol anche affermare che in tutte le attività di accesso o di richiesta dati non può essere opposto il rispetto di procedure predisposte per il pubblico. Sotto altro profilo l’operare in piena autonomia deve poter significare che ogni singolo ufficio del Garante ha il potere di auto organizzare la propria struttura e che non possono essere sollevate difficoltà da parte della Direzione regionale in relazione alle scelte operative. Ancora in relazione all’autonomia, quale caratteristica dell’organo di non avere condizionamenti economici, va rimarcato che il compenso per l’attività svolta ed i rimborsi spettanti ai membri sono determinati con decreto del Ministro delle Finanze. Può ben sollevarsi il dubbio sull’effettiva indipendenza dell’organo subordinato, quanto alla sua attività, direttamente dal soggetto controllato o dagli organi del medesimo. Questione ora riproposta con il taglio al compenso precedente, disposto dal Ministero, in ossequio alla generale direttiva precedente legge finanziaria. Nelle relazioni annuali è stata evidenziata la difficoltà di un controllo delle agenzie o degli uffici non ubicati nel capoluogo della regione non essendo previsto un idoneo servizio, ma il tutto lasciato alla buona volontà, anche economica dei singoli garanti. Per quanto riguarda le funzioni di segreteria e tecniche, assicurate dagli uffici delle Agenzie Regionali delle entrate, presso il quale è istituito, può legittimamente sollevarsi il dubbio della mancanza di una vera autonomia organizzativa - 120 - dell’organo, pur riconoscendo una generale fattiva collaborazione delle Direzioni. Spetta in ogni modo all’organo collegiale organizzare la struttura dell’ufficio in piena autonomia in relazione dell’evolversi delle esigenze. .9 La segnalazione al Garante ed i moderni processi di comunicazione fiscale. Dopo aver esaminato la struttura dell’ufficio del garante ormai consolidatasi, può rilevarsi che l’attivazione della funzione è molto informale, essendo sufficiente anche una segnalazione inoltrata per “iscritto” dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato. La circostanza che la norma preveda una segnalazione “per iscritto” non è stata ritenuta preclusiva di altre forme. La norma non prevede specifiche modalità per l’invio e, quindi, oltre alle classiche modalità della presentazione diretta dello scritto presso l’ufficio protocollo o accettazione, della spedizione a mezzo posta e dell’eventuale ma più formale uso dei servizi dell’ufficiale giudiziario, dovrebbe essere ammesso anche l’invio a mezzo Fax. Non è richiesta specificatamente la sottoscrizione manuale della segnalazione, né l’autentica della firma o l’accompagno della segnalazione con la fotocopia del documento dell'autore della segnalazione. La segnalazione deve, invece, contenere l’indirizzo del mittente, perché possa ricevere l’informazione dell’esito da parte del Garante. I Garanti hanno preso in esame anche le segnalazioni pervenute per posta elettronica. Quest’ultimo mezzo ha ormai raggiunto una sufficiente diffusione e permette una legittima acquisizione della segnalazione. Tra i primi compiti del Garante vi è stato quello di istituire, attraverso le reti telematiche, un canale di scambio tra la segreteria del Garante ed il contribuente, con la finalità di rendere più celere sia l’invio della segnalazione, che la richiesta di chiarimenti in ordine alla stessa, che infine l’invio dell’informativa finale allo stesso autore della segnalazione. L’adozione di idonee strutture - 121 - elettroniche ha consentito, per altro verso, una più rapida comunicazione delle richieste ai vari uffici e l’evasione delle stesse da parte di questi ultimi. E’ stato osservato Pubblica che uno amministrazione, dei principali nell’impiego obiettivi della della tecnologia, è quello di aumentare la competitività dello Stato e, quindi, la sua efficienza atteggiamento come deve, impresa erogatrice dunque, comprendere di servizi. un ruolo Il suo d’utilizzo, consapevole, ponderato ed efficiente, sia uno di garanzia, ossia di tutela contro possibili effetti perversi derivanti dalla scarsa o erronea regolamentazione della tecnologia stessa. La struttura della segreteria del Garante deve rispondere anche a tali esigenze, ed essere in grado di valutare anche le capacità operative nuove degli uffici, dei quali si lamenta l’inefficienza. Può pertanto ritenersi che, indipendentemente dalla modalità per mezzo con il quale la segnalazione è pervenuta, questa permette la conoscenza della circostanza lamentata e l’attivazione del Garante, avendo la facoltà di operare anche indipendentemente dalla tipologia della segnalazione. Il distinguo potrebbe avere una rilevanza sulla eventuale informativa da inviare all’autore della segnalazione prevista dal sesto comma dell’art. 13, ma questo fosse adempimento potrebbe identificabile nell’ambito di contribuente. scritto La per procuratore un il o presentazione essere l’indirizzo più efficiente norma non tramite di rappresentante. per il comunque tramite dell’autore, servizio prevede un la soggetto uno da rendere dei terzo, non è ove proprio presentazione Certamente di effettuato, dello sia esso vietata soggetti al la previsti dall’art. 63 del d.p.r. 600/72, ma in tal caso è necessaria la procura scritta, che potrà essere apposta sullo stesso documento. Legittimati alla segnalazione sono il contribuente o qualsiasi altro soggetto interessato. Il testo della norma porta ad alcune considerazioni poiché non chiarisce il rapporto tra il soggetto che effettua la segnalazione e l’oggetto della stessa, potendosi identificare distinte posizioni. La norma potrebbe essere intesa sotto il - 122 - profilo soggettivo della necessaria qualificazione sostanziale di “contribuente” per essere legittimato alla segnalazione, con ciò escludendosi ogni soggetto che, per avventura, non rivesta tale qualità; inoltre potrebbe ipotizzarsi la necessità che la qualità di contribuente sia rivestita non nella generalità dei casi, ma in relazione specifica al fatto ed al tributo segnalato. Il dubbio nasce dalla contrapposizione testuale tra “contribuente” e “qualsiasi altro soggetto interessato” legittimato a presentare la segnalazione scritta; inoltre non è definito se l’interesse alla segnalazione derivi in relazione ad una circostanza che abbia, comunque, attinenza alla posizione del soggetto, che effettua la segnalazione, oppure se sia ammissibile la segnalazione da parte di un soggetto, che venendo a conoscenza di un fatto, che rivesta le caratteristiche di “maladministration”198, sia anche interessato alla segnalazione, 198 La Dottrina aveva già identificato alcune figure tipiche, riscontrabili nella realtà. Sono state così evidenziate alcune forme che portano al fallimento dell’attività amministrativa: 1. la tendenza ad uccidersi di lavoro ovvero a lavorare in maniera antieconomica, in quanto i risultati desiderati vengono ottenuti a costi ingiustificatamente elevati; 2. comportamento controproducente: i risultati effettivamente ottenuti sono contrari a quelli desiderati; 3. l’inerzia che si ravvisa quando, ad uno stimolo interno o esterno, non fa seguito alcuna risposta; 4. l’inefficacia della stessa azione amministrativa, quando la risposta ottenuta consiste esclusivamente in un diversa disposizione degli input e degli output, senza che si produca alcun risultato significativo; 5. l’insoddisfazione perenne, quando ad un aumento di produzione, consegue unicamente una maggiore richiesta. A queste figure sono state affiancate altre ipotesi: A. eccesso e carenza di organizzazione, alle quali consegue pesantezza burocratica per procedure ritualizzate e corruzione; B. sprechi organizzativi: in quanto il personale viene addetto a compiti del tutto superflui; C. la sindrome del bastone conseguente a controlli e minacce controproducenti; D. dimostrazioni di forza con influenze negative derivanti dall’attuazione di misure che, nella realtà, suscitano antagonismi o scatenano meccanismi di risposta perversi; E. ritardi nell’attuazione di interventi necessari che rendono inutili e senza scopo le conseguenti attività; F. fittizia riorganizzazione della struttura, quando i cambiamenti assumono il significato di risposte simboliche, limitandosi ad interventi di facciata che lasciano inalterata la sostanza; G. sub-ottimizzazione quando le singole unità non tengono conto delle finalità globali; H. presenza di obiettivi conflittuali e mancanza di coordinamento; I. frammentazione professionale derivante da continue modifiche nell’attuazione dei compiti e delle spese. Altro autore ha evidenziato che la cattiva amministrazione derivava da disfunzioni imputabili ad assiomi autogiustificativi, quali: a). perseguire obiettivi astratti, senza definire una serie di obiettivi intermedi, che possano essere misurati, valutati e giudicati; b). intraprendere diverse attività contemporaneamente, senza fissare delle precise priorità da rispettare; c). perseguire la logica del “grasso è bello”, ovvero ciò che garantisce i risultati è l’abbondanza e non la competenza; d). essere dogmatici, anziché empirici; e). ignorare l’esperienza passata e ciò che da essa si può imparare; f). credersi immortali e non essere disposti ad abbandonare programmi inconcludenti. Alcune malattie delle amministrazioni pubbliche, derivanti da un male inteso concetto di professionalismo incline a degenerare, sono state così sintetizzate: 1. la perversità il professionismo finisce per diventare nemico degli stessi scopi che dovrebbe servire e si oppone a qualsiasi innovazione; 2. il tradimento – si oppone ai gradini dell’umanità in nome di una malintesa salvaguardia delle proprie procedure; 3. l’egoismo – il professionismo punta ad acquisire sempre maggiori poteri, privilegi e retribuzioni più elevate; 4. l’amore per la complessità e per i gergalismi – la tendenza a collaborare ed a utilizzare metodi di lavoro e gerghi sempre più complicati e laboriosi come strumento per conservare o accrescere il proprio status professionale; 5. timore delle definizioni rigorose – il professionismo è contrario alle decisioni e alle definizioni rigorose, che consentirebbero di adottare dei parametri di misura in base ai quali valutare le prestazioni; 6. l’insofferenza per tutte le forme di controllo – in particolar modo se esercitato dall’opinione pubblica “non informata”; 7. l’autovalutazione – la vanità, la tendenza ad attribuire un valore eccessivo ai risultati professionali conseguiti in passato; 8. la segretezza – il professionalismo non ha mai tollerato la presenza di occhi inquisitori; 9. la mancanza di creatività – le spinte al miglioramento vengono per lo più dai profani e incontrano l’opposizione dei professionisti; 10. l’abuso di potere – il professionalismo si è dimostrato poco cavalleresco, - 123 - tesa al miglior funzionamento della struttura amministrativa. Sotto questo chiunque profilo sia va ricordata interessato, di la possibilità, effettuare estesa a segnalazioni telefoniche, per fatti aventi rilevanza fiscale alla Guardia di Finanza; tale servizio è stato qualificato di pubblica utilità, poiché nato per fornire ai cittadini un filo diretto per tutti i problemi che riguardano il fisco. E’ stato così evidenziato che si tratta di contribuenti uno sforzo dell’amministrazione a superare difficoltà per aiutare amministrative i e burocratiche, offrendo a tutti una sponda immediata e facile da raggiungere, coerente con l’obiettivo di ricostruire un rapporto di fiducia e di comunicazione attiva e partecipata fra i cittadini e le istituzioni, in relazione ad una trasformazione di tutta l’amministrazione fiscale, sempre più aderente al disposto dell’art. 97 Cost.. Qualora la notizia non pervenga da una specifica segnalazione scritta, si può ritenere che questa possa essere acquisita per il tramite di qualsiasi mezzo di informazione, quali la stampa, la televisione o anche le notizie diffuse tramite internet. Sotto questo profilo emerge il diverso atteggiarsi del potere dell’organo, della in quanto segnalazione dalla fatta posizione pervenire passiva di nell’ufficio, ricezione si passa gradatamente dalla posizione di acquisizione dei fatti, per il tramite di notizie diffuse da terzi con carattere di generalità, alla ricerca diretta della notizia. Si passa, evidentemente, ad una difforme specifici e poteri più delicata ispettivi per funzione, che l’acquisizione richiederebbe e contestuale valutazione dei dati. Sotto questo profilo la normativa sembra indirizzata ad una regolamentazione restrittiva di tali poteri, anche se non sono vietate attività di accertamento o di ricerca delle eventuali disfunzioni degli uffici. Si potrebbe, infatti, valorizzare il richiamo alle funzioni tecniche, operato dal tirannico o addirittura crudele nei confronti dei deboli affidati alla sua tutela; 11. la malignità – all’interno del professionismo si combatte una guerra di calunnie e di offese contro gli innovatori, insinuando che si tratti di elementi anormali, con poco senso pratico, deboli, squilibrati, privi di capacità di giudizio, ignoranti, arruffoni, plagiari, e spinti da motivazioni egoistiche o dalla ricerca dell’autorealizzazione e dell’interesse personale. In tal senso, S. Cassese, “Maladministration” e rimedi, Foro It., V, 1992, 247; ancora, sulle “storture” del concetto di buona amministrazione, da ultimo, Id., “L’ideale di una buona amministrazione”, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007. - 124 - quinto comma dell’art. 13, per ipotizzare la creazione di una struttura tecnica idonea a realizzare l’acquisizione di tali notizie. Non è elaborazione altresì o prevista approfondimento una del qualche dato, attività oggetto di della segnalazione, ma questa deve intendersi compresa nei poteri del Garante, non dovendo questo fungere da mero ripetitore delle segnalazioni dei cittadini. Il sesto comma dell’art. 13 prevede la possibilità di richiesta di documenti o chiarimenti agli uffici competenti. Per quanto attiene al riguardi termine “documenti”, qualsiasi atto si in può ritenere possesso che questo dell’ufficio, ed indipendentemente dalla sua struttura cartacea o elettronica. La richiesta di documenti dovrà essere circoscritta all’argomento della segnalazione. E’ evidente che la richiesta non potrà che riferirsi a specifiche fattispecie, essendo dubbio che possa riguardare la generalità dei comportamenti. La risposta dell’ufficio dovrà essere sollecita e in ogni modo non dovrà superare i trenta giorni. La mancata risposta o il superamento immotivato del termine potrà essere motivo di ulteriore segnalazione al direttore regionale, quale distinto disservizio percepito direttamente dal Garante. Un potere autonomo del Garante è quello previsto in relazione all’accesso agli uffici finanziari. Questo potere potrebbe essere inteso nel senso che l’accesso non è limitato dall’orario di apertura servizio; al pubblico, potrebbe predisporre ma inoltre autonomi a quello significare accessi, in cui che è il svolto Garante indipendentemente da il può eventuali precedenti segnalazioni di disservizi. Tuttavia l’unico potere di controllo, espressamente previsto, ma collegato al potere di accesso, riguarda assistenza e particolari di quello della informazione servizi, funzionalità al dei contribuente. progressivamente ampliati servizi di tratta di Si a favore del cittadino contribuente, di grande utilità, per i quali tuttavia va considerata L’intervento la tipologia potrebbe essere dell’intervento indirizzato verso del un garante. rilievo dell’insufficienza quantitativa o qualitativa dello stesso, con monitoraggio eventuale del servizio ed in particolare delle - 125 - risposte rese ai quesiti. La qualità delle risposte non potrebbe essere limitata alla semplice esattezza, ma anche alla modalità formale della risposta, sotto il profilo della sua differenziazione in relazione anche al soggetto richiedente. La funzionalità del servizio dovrebbe riguardare il tempo in cui esso è reso nell’arco della giornata per gli sportelli aperti al pubblico e la loro sufficienza in relazione alla domanda. Il controllo andrebbe analogamente esteso anche ai servizi che non prevedono accessi telefonicamente Anche in modalità agli uffici quali i “Call center” o questo di materiali caso non espletamento è del inibito poiché resi per posta elettronica. un servizio. monitoraggio Di certamente delle minore portata, ma ugualmente indicativo, è il potere di controllo dell’agibilità degli spazi aperti al pubblico. Il controllo non dovrebbe essere limitato agli uffici dell’amministrazione finanziaria in senso stretto, ma anche agli uffici degli enti locali, soggetti attivi di tributi, degli stessi concessionari della riscossione ed infine delle commissioni tributarie, poiché locali aperti al pubblico e messi a disposizione dall’Amministrazione Finanziaria. Non sembra che la norma possa essere intesa controllo in forma restrittiva, dell’agibilità degli limitando spazi aperti il potere al di pubblico esclusivamente a quelli ove si svolgono servizi d’assistenza e d’informazione al amministrazione contribuente finanziaria. Il da potere parte di della controllo sola non può certamente essere lasciato al solo gusto soggettivo del Garante, ma dovrà tener presente gli standard previsti anche in sede europea. Di particolare territoriale generale rilevanza sull’intero è anche territorio la della competenza Regione e quindi sugli uffici ivi aventi sede. La qual cosa comporta la necessità dell’accesso anche nelle sedi degli uffici fuori dalla sede propria del Garante, ostacolata dal limitato rimborso delle spese vive e dall’assenza di mezzi propri dell’ufficio che assicurino una decorosa logistica per le attività esclusive. La segnalazione al Garante deve avere per oggetto situazioni identificabili come disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro - 126 - comportamento suscettibile di inclinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione Finanziaria. Va rilevato che l’elenco delle tipologie non sembra dover essere inteso in senso tassativo, potendosi ipotizzare situazioni analoghe, che, pur non concretizzandosi in una violazione di norme, realizzano fattispecie non identificabili come buona amministrazione, sotto il profilo voluto dall’art. 97 della carta costituzionale199. In particolare, irregolarità, il contribuente scorrettezze, prassi che lamenti disfunzioni, amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria, ha la possibilità di partecipare all’amministrazione, per il tramite del Garante, detti fatti, che, per le tradizionali vie dell’autocontrollo della gestione, non potrebbero facilmente emergere. Questa segnalazione ha una doppia valenza, sia diretta per l’interessato istante, che si attende una correzione del fatto evidenziato (autotutela negata); sia in relazione ad un mutamento dei comportamenti, concretamente adottati, ritenuti dall’istante come non conformi all’attesa di una buona amministrazione (cambiamento della procedura). Il fatto, oggetto della segnalazione, potrebbe avere dei profili di rilevanza penale, che dovranno essere oggetto di denuncia all’autorità competente. .10 Il potere di attivazione dell’autotutela. Di particolare rilevanza è l’inedito potere attribuito al Garante di “attivare le procedure di autotutela”. Nel contesto grammaticale di un sofferto periodo, questo sembra essere un potere consequenziale, e in ogni caso successivo, a quello di rivolgere chiarimenti all’ufficio, in ordine alla pervenuta segnalazione di prassi amministrative anomale o irragionevoli, ma non limitate a queste sole ipotesi. Questo potere risulta circoscritto in relazione agli “atti amministrativi di 199 R. LUPI, Diritto tributario, cit., 213, riconosce che con la creazione del garante, quello che avrebbe potuto essere un mero servizio reclami è divenuto una struttura indipendente che – pur senza sovrapporsi ai poteri dei giudici tributari – ha maggiore voce in capitolo nei rapporti con i vertici regionali e nazionali dell’amministrazione finanziaria. - 127 - accertamento o di riscossione notificati al contribuente”. Dall’insieme della previsione normativa sembra emergere una più limitata competenza, rispetto al potere di autotutela, riservato agli uffici dall’art. 68 del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, nel quale si prevede l’annullamento totale o parziale dei propri atti, riconosciuti illegittimi o infondati. Partendo da questa premessa, va subito “notificati” e rilevato detta che circostanza si deve esclude trattare di l’intervento atti nelle ipotesi sia di atti, per i quali non è prevista la notifica, sia gli stessi avvisi di accertamento o di riscossione non notificati. Il riferimento è a tutte le situazioni previste dall’ultimo comma dell’art. 19 del D.Lgs n. 546/1992 ed a tutte quelle altre sussistere ove il tributarie. la Corte diritto Inoltre di il Costituzionale difesa dinanzi riferimento ha riconosciuto alle commissioni specifico a tali atti sembrerebbe escludere qualsiasi iniziativa nei confronti di atti della G. di f., non rientrando quelli indicati tra le competenze di quest’ultimo corpo. Dopo l’abrogazione della norma, che prevedeva l’avviso di mora, la cartella di pagamento rimane il principale atto di riscossione da notificare al contribuente, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973. Va tuttavia considerato che l’art. 50 dello stesso D.P.R. n. 602, nel testo modificato dall’art. 16 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, con effetto dal 1 luglio 1999, ha introdotto nel tessuto normativo un nuovo atto, denominato “avviso”, che deve essere notificato al contribuente, assoggettato a riscossione coattiva, qualora l’espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella. Detto atto deve contenere l’intimazione a adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni dalla notifica, va redatto in conformità al modello approvato con Decreto del Ministro delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla notifica. Trattandosi di un atto prodromico alla riscossione esclusa. la Stante accertamento e competenza la di del genericità riscossione Garante del va non richiamo potrebbe agli considerata essere atti di l’ipotesi dell’ipoteca sul bene immobile e la possibilità di un intervento - 128 - del garante nell’ipotesi di sproporzione tra il valore dell’immobile, anche qualora questo fosse l’unico posseduto dal debitore, ed il credito tributario che si vuole tutelare oppure l’inerzia del concessionario garanzia tributaria dopo nella una eliminazione decisione di una favorevole tale della commissione tributaria. Per quanto attiene gli altri avvisi di accertamento l’espressione non deve essere intesa in maniera restrittiva, ma seguendo l’insegnamento della Corte Costituzionale, vanno ricompresi tutti gli atti con i quali l’ammistrazione esterna una sua volontà impositiva e quindi anche un eventuale avviso di liquidazione. Delimitato l’ambito di applicazione della norma, va esaminato il significato da attribuire alla locuzione “attiva le procedure di autotutela”. La questione è certamente rilevante poiché nel corso del quinquennio i casi pratici hanno portato all’emersione di incerti confini200. Il termine “attiva” potrebbe contenere una portata molto ampia, fino ad ipotizzare un intervento diretto del garante nella procedura medesima; questa estensione non sembra condivisibile in quanto non coerente con la figura generale dell’Ombudsman, che tradizionalmente non ha il potere di intervenire sull’attività dell’ufficio, ed inoltre estranea alla figura del Garante, quale soggetto che non fa parte della Amministrazione201. Solamente una norma esplicita potrebbe attribuire poteri positivi o sostitutivi di un ufficio. Si può ricordare una sola eccezione al principio è costituita dalla figura del “commissario ad acta”, nominato dalla commissione tributaria nell’ambito di un giudizio di ottemperanza, quale soggetto espressamente autorizzato a sostituirsi all’ufficio inadempiente. Nel nostro caso non sono riportati tali poteri e, quindi, l’attivazione delle procedure di autotutela sembra limitata ad un sollecito “qualificato” dal quale nasce l’obbligo dell’ufficio di esaminare l’istanza202. 200 S. MUSCARA’, La giurisdizione (quasi) esclusiva delle commissioni tributarie nella ricostruzione sistematica delle SS.UU. della Cassazione, in Riv. Dir. trib., 2006, n.1 II, 33. 201 A. BUSCEMA, Garante del contribuente, in AA VV, Statuto del contribuente, Cedam, 2002, 183 ed autori ivi citati. 202 Sulla impugnabilità del rifiuto espresso o tacito dell’amministrazione a procedere ad autotutela vedi la recentissima sentenza della corte di cassazione SS. UU. n. 16776, del 10 agosto 2005, con nota di F. CERRIONI, - 129 - Il contenuto di detto sollecito può essere visto sotto più profili, in ogni modo destinati a far evolvere l’istituto. Parte della dottrina ritiene che non vi sia in capo al contribuente, che richiede all’ufficio un provvedimento in autotutela, un correlativo diritto al riesame della pratica né il dirittodovere dell’ufficio di attivarsi a seguito della stessa istanza. Così posta la questione e senza ulteriori approfondimenti in questa sede, il potere del Garante sembra ora militare verso il subentro di una contribuente da forma di parte doverosa risposta dell’ufficio. all’istanza L’attivazione del della procedura da parte del Garante non dovrebbe significare anche un giudizio (positivo) di merito della stessa istanza in autotutela, non risultando alcuna specifica previsione in tal senso e potrebbe essere vista come un’indebita intromissione nell’attività uffici203. degli L’operazione dovrebbe essere simile alla delibazione dell’istanza di sospensione dell’atto impugnato, prevista dall’art. 47 del d.lgs n. 546/1992. Un maggior potere di valutare la conformità alla legge del comportamento degli organi ispettivi è invece previsto dall’art 12 della medesima legge n. 212/2000. In questo caso il contribuente, che si ritenga leso dalle modalità con le quali i verificatori procedono all’ispezione, può rivolgersi al Garante. Quest’ultimo, valutata la segnalazione, potrà richiedere chiarimenti sui fatti esposti ed eventualmente sollecitare la cessazione, in via di autotutela, dell’attività posta in essere con modalità non conformi alla legge204. Il richiamo a modalità ispettive “non conformi a legge” evidenzia un differente profilo del potere di intervento del Garante, atto ad interrompere procedure illegittime, potenzialmente idonee a far travolgere un successivo atto di accertamento, basato su di un processo verbale già riconosciuto illegittimo. Vi è da un lato una sorta di richiesta cautelare da parte del contribuente (interruzione della procedura illegittima e di per sé dannosa per l’istante) e Procedimenti di autotutela, dovere di riesame e tutela giurisdizionale in ambito tributario, Riv. Giur. Trib., 2005, n. 11, 1003. 203 F. D’AYALA VALVA, L’attivazione delle procedure di autotutela tributaria, Riv. Dir. trib. , 2004, 145. 204 F. D’AYALA VALVA,Il contribuente sottoposto a verifiche fiscali e l’intervento del Garante, Riv. Dir. trib., 2003, I, 179; F. NICCOLINI, Il codice di comportamento dei verificatori fiscali alla luce dello Statuto del contribuente, Rass. Trib., 2004, n. 4, 1415. - 130 - dall’altro una sorta di delibazione sulla procedura in essere, avente per oggetto il rispetto della normativa, analogo a quello che potrebbe, in un secondo momento, effettuare il giudice tributario, in funzione demolitoria dell’atto di accertamento impugnato. Il ruolo del relazione Garante alla troverà, procedura in di futuro, adesione nuova al linfa verbale in di constatazione, ex art. 5 bis d.lgs. 218/1997205. In particolare, la suddetta norma prevede che il contribuente possa aderire ai verbali di constatazione per gli accertamenti parziali in materia II.DD. ed IVA, entro 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale. Innanzitutto, ci si domanda se la procedura prevista per l’adesione al verbale di constatazione non rappresenti, da un lato, una deminutio delle prerogative di difesa del contribuente, visto che la norma statutaria prevede il termine più amplio di 60 giorni dalla consegna del verbale per produrre osservazioni e richieste. Dall’altro, la stessa, ad un primo rapido approccio, non sembra neanche rispettare il canone di buona amministrazione, inteso nel significato “statutario” del termine, considerato che la fretta di chiudere, in via anticipata, rilievi fiscali parziali, pur rispondendo a criteri di celerità e certezza del gettito, potrebbe celare errori materiali e/o impositivi, con conseguente violazione del canone della giusta imposizione ex art. 53 Cost.. Lasciando per il momento aperti gli interrogativi sui rimedi amministrativi e giudiziali avverso una adesione definitiva (?) “ingiusta”, il Garante, quale figura super partes, attraverso il controllo della correttezza delle operazioni di verifica, potrà influire sulla corretta indirettamente attuazione monitorando dello strumento l’intelligibilità di del adesione, verbale di constatazione e, dunque, la legittima e chiara determinazione dell’imponibile e dell’imposta verificata. Accanto a queste funzioni, che possono ritenersi analoghe a quelle del “richiami” difensore agli civico, uffici sono affinché previsti degli rispettino il specifici disposto 205 L’art. 5 bis è stato inserito nel contesto della d.lgs. 218/1997 dal D.L. 25 giugno 2008 n. 112 – L. 06 agosto 2008 n. 133. - 131 - dell’articolo 5 e dell’articolo 12 dello statuto. Si tratta di norme eterogenee, tese sostanzialmente al miglioramento della stessa amministrazione. Il significato del richiamo, tende alla mera segnalazione di non adeguati servizi. In particolare l’art. 5 prevede la messa a disposizione “gratuita”, anche in via elettronica, dei testi di legge coordinati, le circolari e le risoluzioni emanate l’intervento del senso. Il dalla garante sesto comma amministrazione potrebbe termina essere con finanziaria di la stimolo previsione e in tal di una comunicazione dell’attività svolta alla direzione regionale o al comando di zona della Guardia controllo, prevedendosi contribuente. Di di finanza, nonché agli organi di anche particolare l’invio di un’informativa rilevanza, per il al miglior funzionamento dell’amministrazione, è la previsione del potere di rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici, ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi206. Il garante è, quindi, tenuto a segnalare agli uffici competenti i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’amministrazione determinano un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’amministrazione. E’ previsto il potere dovere di segnalazione diretta al Ministero delle finanze, perché eserciti i poteri di rimessione in termine dei contribuenti nelle ipotesi di cause di forza maggiore, che possono aver impedito il tempestivo adempimento degli obblighi tributari ivi compresi i versamenti dei tributi. Va innanzi tutto distinta tale ipotesi da quella in cui il mancato eventi adempimento eccezionali degli ed obblighi tributari imprevedibili in sia quanto dipeso da distintamente previsti dal secondo comma dell’art. 9; questi ultimi casi sono tradizionalmente riferibili a calamità naturali eccezionali, che possano coinvolgere invece, vanno personale soggetto 206 in vaste annoverati maniera l’adempimento così aree del episodi paese. che determinante degli obblighi Nel primo coinvolgono da la impedire tributari; caso, sfera ad un l’ipotesi BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 559. - 132 - potrebbe riguardare un contribuente oggetto di sequestro. Al Garante dovrebbe spettare il potere istruttorio, per valutare la sussistenza della causa di forza maggiore e, nel caso di insufficienza probatoria, potrebbe invitare il contribuente a fornire ulteriori elementi di prova su quanto affermato. La funzione del Garante in questo caso andrebbe proprio indirizzata verso una funzione di concreto esercizio di una “attività di tramite” attivo tra il contribuente ed il Ministero. Ove non si dovesse riconoscere questa attività istruttoria di collaborazione, sarebbe lecito chiedersi il motivo per il quale la segnalazione di una causa di forza maggiore per un contribuente debba transitare per il tramite dell’ufficio del Garante e non piuttosto della direzione regionale delle entrate, ubicata nella stessa sede. Il Garante è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’attività svolta al Ministro delle finanze, al direttore regionale dell’agenzia territorio finanza, nonché al individuando delle entrate comandante gli di aspetti delle zona dogane e del della Guardia di più rilevanti e critici prospettando le relative soluzioni. Il tenore della norma indica certamente lo impegnativa, svolgimento che richiede un di un’attività continuo particolarmente monitoraggio dei casi trattati e delle soluzioni adottate con successo dagli uffici; richiede inoltre un’approfondita attività di studio teso a prospettare le soluzioni più idonee per risolvere i lamentati e più rilevanti disservizi. Si tratta di un’attività, che potrebbe spaziare dal ricercare soluzioni nuove, nell’ambito dei procedimenti previsti dalle norme, ed ipotesi di emendamenti normativi, qualora, nell’ambito delle norme in vigore, non fosse possibile adottare comportamenti e procedure diverse da quelle disapprovate. Inoltre ogni singolo garante regionale, con relazione annuale, riferisce al Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale. Si tratta di una ulteriore specifica funzione, che implica una particolare alta professionalità, che si distingue, - 133 - quanto alla qualità dei dati da elaborare, da una semplice elencazione dell’attività svolta. .11 Riflessioni conclusive. Le strutture delle amministrazioni dello Stato ed ora delle regioni e degli adeguarsi, con enti sotto sufficiente ordinati non sempre immediatezza, riescono all’evolversi a delle esigenze politiche, economiche e sociali. Da qui la bontà della scelta di istituire un nuovo soggetto “di spinta”. Il “Garante del contribuente”, analogamente al difensore civico, rientra tra le figure istituite a tutela del cittadino specificatamente nei confronti dell’apparato amministrativo. A differenza da direttamente quello di altri sul soggetti fatto indicare non oggetto ad ha il della un’autorità potere di incidere segnalazione, politica ed ma agli solo uffici dell’amministrazione finanziaria il disservizio lamentato. Si tratta, pertanto, probabilmente effettivi più poteri certamente una di un per soggetto il che può figura che idoneo carisma farsi personale, esercitare. può a “fare Per da il ascoltare, che per gli cittadino tramite”, nel è senso originario dell’Ombudsman, perché gli uffici diano seguito alle proprie istanze. La funzione di garanzia risiede proprio nel differente atteggiarsi di questa figura, rispetto alla generica disponibilità dell’amministrazione ad auto regolarsi in direzione di una maggiore efficienza. Su queste premesse le aspettative, in termini qualitativi, risultano rispettate. Il termine “Garante sovradimensionato, del contribuente” rispetto al sembra, servizio che tuttavia, può essere concretamente svolto in favore di quest ultimo; le funzioni svolte, o che possono essere svolte, dal Garante sembrano più indirizzate a fornire elementi conoscitivi concreti e tempestivi, ed anche servizi, in relazione alle segnalazioni per eventi eccezionali ed imprevedibili ai sensi dell’art. 9, alla amministrazione delle finanze al fine di migliorare il proprio servizio. Sotto quest’ ultimo profilo sembra riduttivo pensare che l’attività svolta dal Garante sia indirizzata unicamente a favore del contribuente in quanto la reale funzione sembra - 134 - piuttosto quella di ridurre i casi di cattiva amministrazione e stimolare l’esercizio dell’autotutela da parte della stessa amministrazione intesa in senso lato, nei casi in cui la norma prevede la sua applicabilità. L’istituzione del Garante positivamente, quale del segno di contribuente una differente va salutata attenzione nei confronti dei soggetti, che partecipano alle spese pubbliche, sopportandone l’onere; l’istituto, anche alla luce delle esperienze degli ultimi anni, appare sguarnito di una reale potere di garantire e rimediare ad alcuni disservizi lamentati (Prometeo incatenato), a differenza di quanto avviene per talune autorità amministrative indipendenti e per lo stesso difensore civico, ora dotato dalla legge 15 maggio 1997, n. 127 (Bassanini bis) del potere di nominare un commissario ad acta, nei confronti della stessa amministrazione inadempiente. In questo senso non si rinviene una sostanziale differenza nell’ipotesi di avvenuto riconoscimento del credito vantato dal contribuente, per effetto di riconoscimento una sentenza dell’ufficio; definitiva o per primo è attivabile nel caso espresso il giudizio di ottemperanza, con la rapida nomina di un commissario ad acta, mentre all’inerzia nel secondo (beffa-sono state caso il contribuente, attivate le dinanzi procedure ed il rimborso sarà effettuato quando vi saranno fondi disponibili), è costretto ad attivare un più lungo e dispendioso processo tributario, per poter usufruire, alla fine, della procedura del giudizio di ottemperanza. In quest’ultimo caso, e con le idonee garanzie, si potrebbe attribuire al Garante il potere di nominare un commissario ad acta, per il sollecito pagamento delle somme. Si tratterebbe di un potere circoscritto, di natura amministrativa, sostitutivo, in casi di evidente inerzia sindacabile dal Garante. E’ auspicabile contesto che normativo, le funzioni specie in vengano adeguate relazione alla al mutato differente tipologia ora acquisita dalla mitica e tradizionale figura della - 135 - Amministrazione Finanziaria207, e che siano progressivamente riformulati, ampliandoli, i poteri e gli ambiti di intervento del Garante del Contribuente, nella più generale riforma tributaria, attuata in via strisciante e non coordinata. Avv. Serafino Trento, Avvocato Tributarista del Foro di Rossano. “La motivazione degli atti impositivi” Prima di entrare nell'argomento, mi piace sottolineare come il convegno di Universitá oggi abbia Telematica visto unite "Giustino non solo Fortunato" ma la Athena, anche la l'Ordine degli Avvocati di Rossano e il Consiglio Notarile di Cosenza. Questo rappresenta collaborazione fra un le elemento varie importante, associazioni, perché credo la che sia importante per la riuscita delle manifestazioni. Con l'entrata in vigore della legge 27.07.2000 numero 212, del cosiddetto statuto dei diritti del contribuente, i rapporti fra il cittadino contribuente e gli enti impositori sono profondamente cambiati. Gli illustri relatori che mi hanno preceduto e credo anche quelli che seguiranno, hanno trattato e tratteranno i punti più importanti di questo statuto, che è stato introdotto, appunto, dalla legge 212, ma anche poi dal decreto legislativo 32 del 2001 che è stata emanata in attuazione dell'articolo 16 di tale legge. Pertanto io mi limiterò a fare delle brevi considerazione sul tema, argomento specifico, che mi è stato assegnato: la motivazione degli atti impositivi. Come già diceva la alla professoressa Bassano, la motivazione è un elemento essenziale non solo degli atti in positivo, ma per tutti gli atti, siano essi amministrativi che giudiziari. Tant'é che la mancanza o la contraddittorietà della motivazione costituisce motivo di impugnativa dell' atto, costituisce motivo di ricorso per alla Cassazione. motivazione Però stasera degli atti parliamo, impositivi accenniamo brevemente dell'amministrazione 207 CAMMELLI M., La pubblica amministrazione, Il Mulino, 2004, 40, riconosce che è stato messo in discussione il postulato dell’unità amministrativa, che dell’unicità dell’interesse generale è stato per lungo tempo corollario e garanzia. - 136 - finanziaria ed alle conseguenze che derivano da una mancata o da una insufficiente motivazione. Debbo dire per la verità che la motivazione degli atti impositivi non è, in assoluto, stata introdotta dalla legge, lo statuto del contribuente, dalla legge 212 del 2000, ma che già l'articolo 42 del d.p.r. 600 del '73 che era la disciplina all'accertamento dei redditi prevedeva l'obbligo della motivazione. Stabiliva infatti questo articolo che l'avviso di accertamento deve essere motivato in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono stati applicati e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi riconoscimento o di sintetici deduzione e e delle ragioni detrazione. Già del mancato prima della entrata in vigore dello statuto del contribuente, io ricordo, anche per aver fatto il presidente di commissione tributaria per parecchi anni, impugnative che da uno parte dei dei motivi più contribuenti ricorrenti erano nelle diretti alla mancanza di motivazione, anche se nella vecchia normativa era un po' più aleatorio il concetto di motivazione così come poi è stato invece specificato dalla legge 212. Però disposizioni dell'articolo 46 appunto con le la discrezionalità dell'amministrazione era eccessiva e il contribuente perciò non era messo nelle condizioni di poter valutare compiutamente le ragioni dell'accertamento al fine di poter disporre una adeguata difesa. Lo introdotto statuto nuovi dei diritti principi di del contribuente chiarezza ha sull'obbligo quindi della motivazione degli atti che vengono notificati ai contribuenti. L'articolo 7 della legge 212 del 2000 stabilisce espressamente che gli atti dell' amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto, e questo è il punto importante, dall' art. 3 riguarda della appunto amministrativi ragioni legge e 7 agosto del la motivazione deve indicare giuridiche che hanno 1990 di i n.141, tutti i presupposti determinato la legge che provvedimenti di la fatto, le decisione dell'amministrazione. Aggiunge questa norma, è molto importante, che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama. Con il - 137 - richiamo diritti all'articolo del tributari 3 della contribuente e dispone interviene quindi dall'amministrazione legge che debbano 241/90, alla base tutti essere come statuto dei sugli atti direttamente gli atti motivati, indicare espressamente i presupposti posti lo impositivi debbono cioè di fatto e di diritto fondamento del provvedimento amministrativo. Il contribuente deve essere messo in condizione di conoscere compiutamente tutti gli elementi sia di fatto che di diritto che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Qual'è lo scopo di questa norma? Lo scopo di questa norma è proprio quello di fornire delle sufficienti indicazioni sulla contribuente pretesa la tributaria conoscenza onde effettiva consentire dell' al atto che l'amministrazione gli ha notificato, allo scopo di rendere più comprensibile l'operato dell' amministrazione, e di mettere il contribuente in condizioni di poter capire meglio le pretese formulate nei suoi confronti così da consentirgli di valutarne la fondatezza giudiziale anche allo e e quindi in caso scopo di l'opportunità positivo poter di di esperire contestarlo predisporre una l'azione efficacemente, più opportuna e adeguata difesa dalle pretese dell'amministrazione finanziaria, soprattutto nel caso di contenzioso. E tutti gli elementi conoscitivi debbono essere forniti all' interessato, non solo tempestivamente, inserendoli cioè ab origine nel provvedimento amministrativo, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo contribuente un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa. La motivazione in sostanza assolve ad una funzione processuale di garanzia del diritto di difesa ed ha anche una funzione di trasparenza dovendo essere indicate le ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto la amministrazione alla emanazione dell' atto. E' da ribadire che, come appunto prevede l'articolo 7, nel caso in cui l'amministrazione questo deve essere faccia allegato riferimento all' atto ad che un lo altro atto, richiama. Sul punto, anche la circolare del Ministero delle Finanze n. 150E del 01/08/2000 ha chiarito che l' obbligo di una tale allegazione da parte degli uffici sussiste anche per gli atti - 138 - che in precedenza siano stati notificati allo stesso contribuente; per esempio all'avviso di rettifica deve essere allegato il precedente atto di accertamento anche se in passato già notificato. L' obbligo della motivazione è previsto non solo per gli atti dell'amministrazione finanziaria ma anche per quelli delle amministrazioni locali e per i vari tributi della fiscalità locale. In proposito, infatti, è da osservare che lo statuto dei diritti del contribuente che all'articolo 16 aveva disposto che il governo entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore provvedesse ad emanare, mediante uno o più decreti, le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti, strettamente necessarie a garantire la coerenza con i principi desumibili dalle disposizioni dello statuto medesimo. In attuazione di tale disposizione il governo ha emanato il decreto legislativo n. 32 del 26/1/2001 con il quale ha introdotto una serie di disposizioni che hanno la finalità di correggere le norme tributarie vigenti anche in tema di fiscalità locali a che permette al contribuente di avere maggiori tutele nei confronti delle azioni intraprese sia dalla amministrazione finanziaria che dall'amministrazione locale. Tale decreto all'articolo 6 nel modificare le singole discipline ha ribadito ed espressamente previsto l'obbligo della motivazione anche per gli atti di liquidazione e di accertamento in materia di fiscalità locale, stabilendo che la motivazione dell' accertamento deve essere fatto in relazione ai presupposti fatto e alla regioni giuridiche che lo hanno determinato. Con questo decreto, però, il legislatore ha all'amministrazione, aperto una intendendo porta più agevolare favorevole il compito dell'amministrazione. Infatti, mentre prima con la legge 212 era obbligatorio comunque e sempre l' allegazione dell'atto richiamato, con questo decreto il legislatore ha previsto che è obbligatoria l' allegazione dell' atto, salvo che quest'ultimo atto non ne riproduca il contenuto essenziale, quindi escludendo la allegazione disposizione il totale dell'atto. legislatore oltre E' ad evidente che agevolare il con tale compito dell'amministrazione, ha lasciato una maggiore discrezionalità all'ente impositore che può decidere cosa sia importante, far - 139 - conoscere al contribuente tramite l'avviso di accertamento, quale sia cioè il contenuto essenziale riprodotto nell'atto e che impedisca l' allegazione dell'atto richiamato. In tal modo non vi è certezza che possano ritenersi soddisfatte le aspettative del contribuente e si creano delle situazioni che spesso sono fonti di controversie. Come ho detto l'obbligo della motivazione deve essere osservato non solo con riferimento agli atti dell'amministrazione finanziaria, agli avvisi di accertamento e liquidazione dei tributi locali ma è necessario anche per l'irrogazione delle sanzioni; atteso che nonostante il provvedimenti di irrogazione delle sanzioni sia contestuale all'avviso di accertamento, lo stesso in ogni caso è ritenuto un atto autonomo ed è pertanto necessario che anche esso sia autonomamente motivato. Purtroppo spesso capita che specialmente per quanto attiene alle sanzioni, l'amministrazione non ometta completamente la motivazione. Purtroppo capita anche che poi il contribuente nemmeno le eccepisca in sede di ricorso alle varie commissioni, anche se trattandosi di nullità dovrebbe e potrebbe essere rilevata anche d'ufficio dalle commissioni tributarie decidenti. Perché spesso si chiede a proposito delle sanzioni, si dice, si chiede di non pagarle che non sono dovute per la difficoltà di interpretazione, ma difficilmente si chiede l'annullamento dell'irrogazione della sanzione per la mancata motivazione della stessa, motivazione, ripeto, che è necessaria anche per le sanzioni. Accertata quindi la obbligatorietà della motivazione degli atti impositivi occorre brevemente esaminare quali siano le conseguenze della mancata o insufficiente motivazione degli stessi. Non vi è dubbio, d'altra parte anche nel diritto processuale civile è così, non è dubbio che la mancanza o insufficiente motivazione determini la nullità dell'atto. Ora, la dottrina per riguarda questo punto, sempre ha sostenuto che, poiché l' atto di accertamento amministrativo ha natura sostanziale e non solo processuale, la motivazione non solo è necessaria ma deve contenere sotto pena di nullità tutti presupposti di fatto e le circostanze di diritto che hanno determinato il provvedimento dell'amministrazione, e deve essere inserito nell'atto impositivo. La Cassazione in un primo momento - 140 - si era opposta a tale indirizzo perché aveva ritenuto che l'avviso di accertamento in realtà doveva essere considerato solo come il primo atto del processo tributario cioè un mezzo processuale per instaurare il contraddittorio. Per cui, secondo le prime decisioni della Cassazione la motivazione dell'atto doveva indicare solo i criteri astratti in base ai quali l'avviso di accertamento era stato emesso salvo poi anche nel corso del processo l'onere dell'ufficio di provare i fatti giustificativi di tale accertamento. Questo per la verità era, diciamo, una tesi contrastante con la dottrina ma è una tesi che sostanzialmente non poteva essere condivisa perché si dava all'amministrazione la possibilità di dire: " io non te l'ho messa la motivazione totale, completa, nell'accertamento, però nel processo nullità". La indirizzo, cassazione indico e stessa infatti ha specifico Cassazione i motivi ha per cui successivamente con la sentenza affermato che l'avviso 5924 di del sano la cambiato 21/4/2001la accertamento ed in particolare l'avviso di cui agli articoli 42 e ss. del d.p.r. 600/73 è atto non processuale e non specificatamente funzionale al processo ma dottrinaria amministrativo; sul punto dell'amministrazione quindi esplicativo finanziaria in ha recepito della potestà sé per e sé la tesi impositiva perfetto e pienamente efficace, sicuramente non espressivo di una pretesa la cui fondatezza debba essere necessariamente vagliata in sede giurisdizionale traendone la conclusione della inapplicabilità della disciplina della sanatoria delle nullità. Qua parlava a proposito della notificazione degli atti processuali alla notifica dell'avviso dell'accertamento. E con la sentenza 59234 del 3 dicembre 2001 la stessa suprema corte dopo aver ribadito che l'avviso di amministrativo accertamento esplicativo non in è atto processuale particolare impositiva dell'amministrazione finanziaria sostanziale ha motivazione affermato che la della dalla bensì potestà natura costituisce un requisito di legittimità dell'avviso di accertamento richiesto a pena di nullità, articolo 42 comma due del d.p.r. 600/73, che il contribuente può chiedere che sia dichiarato in giudizio è con la modalità prescritta dall'articolo 61 del citato decreto. Il - 141 - processo tributario infatti dice in questa sentenza della cassazione che è diretto ad accertare la legittimità oltre che la fondatezza della pretesa tributaria, sulla base dell'atto impugnato ed alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente. Quindi la motivazione concorre a delimitare la materia del contendere nel successivo eventuale giudizio. Questo spiega perché l'amministrazione non possa in sede di giudizio addurre ragioni di rettifica diverse da quelle già indicate nell'atto impugnato. A proposito dell'allegazione degli atti, cui far riferimento anche lo statuto del contribuente, la Cassazione ha affermato della motivazione può assolvere alla funzione informativa che le è propria facendo riferimento ad elementi di fatto offerti da documenti diversi solo se tali documenti sono allegati o sono comunicati al contribuente. Nel corso degli anni abbiamo assistito ad un progressivo rifiorire del dibattito in tema di motivazione degli atti impositivi dell'amministrazione finanziaria e degli enti locali. La suprema corte ha mostrato e mostra ormai sempre maggiore attenzione al tema della motivazione affermando la nullità degli atti che provvedono altri alla tributi rettifica in del maniera reddito o sbrigativa all'accertamento senza specificare di i presupposti che sono alla base dell'accertamento così come la legge impone. In particolare con la sentenza 1905 del 30 gennaio 2007 la Suprema Corte ha ribadito in linea generale che la motivazione dell'avviso di accertamento come si ricava anche dalla più recente legislazione, e fa riferimento alla legge 241 del '90 sul processo amministrativo, la 212 del 2000 ed il decreto legislativo n. 32 del 2001 costituisce strumento essenziale di garanzia del contribuente, soggetto inciso nella propria sfera giuridica dall'amministrazione finanziaria nell'esercizio del suo potere di imposizione fiscale. Il giudice di legittimità ha osservato che la previsione dell'obbligo della motivazione statuto si del inserisce nell'ambito contribuente, oltre di quella norme all'articolo 7 dello che specificatamente lo contempla, gli articoli 2, 5, 6, 10 che sono espressivi di principi generali anche di rango costituzionale, - 142 - immanenti nell'ordinamento tributario e costituiscono perciò criteri guida per orientare l'interprete e l'esegesi della norma tributaria, anche anteriormente vigenti, le quali assolvono la essenziale funzione di garantire la conoscenza e l'informazione del contribuente nel quadro dei principi generali di collaborazione, trasparenza e buona fede che devono improntare, in quanto espressivi di civiltà giuridica, i rapporti tra fisco e contribuente. Pertanto, secondo la Suprema Corte, nell'avviso di accertamento, al fine di realizzare in pieno la anzidetta sua finalità informativa debbono confluire tutte le conoscenze dell'ufficio, e deve essere esternato con chiarezza, sia pure sinteticamente, l'iter logico giuridico seguito per giungere alla conclusione prospettata, fermo restando che tale contenuto della motivazione si atteggia in concreto, diversamente, in relazione alle singole norme applicabili nel caso specifico. Un problema non trascurabile, l'avevo già accennato in questa breve relazione, è quello della motivazione per relationem, cioè il riferimento ad elementi di fatto offerti da altri documenti. In proposito, sempre la sentenza 1905 del 2007 ha ribadito il principio secondo il quale prima delle modifiche apportate dallo statuto dei diritti del contribuente è dal decreto legislativo 32 del 2001, il requisito motivazionale dell'avviso di accertamento poteva essere assolto per relationem, cioè mediante il riferimento ad elementi di fatto offerti da altri documenti, ma sempre a condizione che gli stessi fossero conosciuti dal destinatario, presupposto sempre più degli atti anteriori che deve ritenersi sussistente in re ipse quando il riferimento attiene presenza al verbale del di ispezione contribuente, a lui e verifica comunque già compiuto alla notificati o comunicati nei modi di legge. Quando invece i verbali oggetto di relazione riguardano un soggetto diverso l'amministrazione ha all'onere di dimostrare, sia pure eventualmente tramite presunzione, l'effettiva e tempestiva conoscenza dei documenti stessi da parte del contribuente, non essendo sufficiente il riferimento ad atti nei quali il contribuente possa procurarsi la conoscenza, perché ciò comporterebbe una più o meno accentuata e non giustificata riduzione del lasso di tempo lui - 143 - concesso per valutare la fondatezza dell'atto impositivo con indebita menomazione del diritto di difesa. Invece, per quanto attiene gli atti successivi sembrerebbe da escludere la motivazione per relationem, perché appunto, come già o più volte detto, lo statuto del contribuente ha imposto l'obbligo di allegazione dell'atto richiamato o comunque di sua riproduzione nel atto notificato. Per la verità, l'indirizzo della Corte di Cassazione è stato fatto proprio dalla giurisprudenza, direi quasi unanime, delle commissioni tributarie che hanno approfondito il tema ed hanno ribadito la nullità degli atti impositivi affermando che l'assoluta mancanza di motivazione mina la possibilità per il contribuente di conoscere l'iter logico giuridico seguito, con gravi conseguenze sulla possibilità di reagire ad atti arbitrari illegittimi ed erronei ed incidendo così sulla possibilità di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, quindi in violazione dell'articolo 24 della Costituzione. In tal senso deve ritenersi che l'obbligo di motivazione, affermano le commissioni tributarie, debba essere valutato con particolare rigore. Avviandomi alla conclusione mi preme di fare un accenno anche alle motivazioni delle cartelle di pagamento, che pur non costituendo esse stesse un atto impositivo, la presentano comunque il mezzo attraverso cui l'amministrazione finanziaria e gli enti locali provvedono alla riscossione delle somme dovute a seguito degli accertamenti. In proposito, la suprema Corte di Cassazione con le sentenze numero 18415 del 16 settembre 2005 e 28318 del 21 dicembre 2005 ha affermato che quando la cartella di pagamento non è stata preceduta da avviso di accertamento debbono ritenersi applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo dall'articolo tre della legge 490 espressamente recepiti in materia tributaria dall'articolo 7 interpretazione della si legge vorrebbe 212, in un atteso che contrasto una diversa insanabile con l'articolo 24 della Costituzione. Quindi se la cartella non segue ad un avviso di accertamento, anche la cartella deve indicare i motivi per cui c'è la imposizione. Con la sentenza 18385 del 16 settembre 2005 la Suprema Corte ha affermato che - 144 - l'ente impositore ha sempre l'obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell'iscrizione a ruolo dell'importo preteso, in modo da consentire al contribuente un non eccessivamente difficoltosa esercizio del diritto di difesa. In conclusione, non può esservi dubbio alcuno, in ordine alla obbligatorietà sotto pena di nullità della motivazione degli dell'amministrazione atti finanziaria impositivi e degli da enti parte locali. Vi ringrazio dell'attenzione e vi auguro un buon proseguimento. Prof. Antonio Uricchio, docente di Diritto Tributario Università di Bari. “Le garanzie in materia di illeciti amministrativi e reati tributari” Grazie presidente, organizzatori di innanzitutto questo vorrei ringraziare interessante incontro anche gli denso di problematiche, e ovviamente gli amici che sono ancora presenti nonostante l'orario particolarmente ormai densa e avanzato, ricca anche dopo di una numerosi giornata spunti di riflessione. Il tema come ricordava il presidente della nostra sessione è quello del rapporto fra statuto del contribuente e disciplina sanzionatoria l'organizzatore del tributaria, convegno, quando l'avvocato Marincolo l'amico, mi aveva invitato a soffermarmi su questo invito, su questa tematica ho avuto qualche momento di perplessità, perché la disciplina in materia garanzie di statuto del del contribuente contribuente, quindi guarda il soprattutto rapporto fra alle normativa sanzionatoria di carattere tributario e normativa dello statuto che guarda ai profili dei diritti e delle garanzie degli elementi che interessano la posizione del contribuente sembrano porsi in una posizione di profondo conflitto. Già in precedenza - 145 - il professor è D' Ayala Valva ha consentito di ricomporre questo apparente conflitto fra norme di carattere sanzionatorio e norme che invece investono le garanzie del contribuente, e soprattutto il professor D' Ayala Valva c'ha fatto capire come la disciplina in materia di statuto del contribuente in veste invero non solo le garanzie del contribuente e le posizioni soggettive che il contribuente finanziaria, vanta a me nei confronti interessa l'intero dell'amministrazione ordinamento tributario, guarda alle garanzie del contribuente ma anche ai doveri che il contribuente anche vanta, che deve anche considerare, guarda alla posizione del contribuente ma guarda anche alla posizione dell'amministrazione finanziaria. Bisogna però sottolineare che nell'ambito della disciplina dello statuto del contribuente le disposizioni che investono gli illeciti di carattere tributario sono abbastanza scarne, è anzi la disciplina degli illeciti di carattere tributario sebbene sono più o meno coeve sotto il profilo temporale, la disciplina sulle sanzioni penali tributarie è del 2000, si tratta di appena pochi mesi prima dello statuto del contribuente delle disposizioni che riguardano le sanzioni amministrative risalgono a qualche anno prima, al 1997 e le disposizioni tra discipline sanzionatorie disciplina dello stato del contribuente sembrano tra loro abbastanza rive di quel necessario collegamento che semmai invece occorre nel momento in cui si guarda il fenomeno dell'illecito tributari assumere. Bisogna anche dire che alcune delle disposizioni che interessano le illecito coordinate, basti pensare tributario che la non sono disciplina nemmeno state sull'interpello, l'articolo 11, guarda esclusivamente all'interpello di carattere ordinario, mentre la disciplina dell'articolo 16 del decreto legislativo del 74 guarda all'interpello era regolamentato dalla legge del 1991 l'applicazione in delle materia norme di comitato antielusive, consultivo quindi per guardava all'interpello speciale senza che invece anche nel momento in cui sono entrate le disposizioni dello statuto del contribuente anche alla normativa in materia di illecito penale prendesse in considerazione il profilo dell'illecito tributario e soprattutto l'eventuale ipotesi che il contribuente avesse eccepito - 146 - nell'ambito del proprio dall'amministrazione comportamento nell'ambito e elementi dell'interpello forniti tributario. Addirittura oggi l'interpello che era regolamentato dalla legge del 1991 è dell'abolizione antielusive stata di del mentre fatto comitato la superata per disciplina in vista appunto l'applicazione delle prevista statuto dallo norme del contribuente in materia di interpello ordinario invece non è stata nemmeno menzionata dalle norme di carattere tributario. Allora, fatto questa necessaria premessa volevo soprattutto soffermarmi fra rapporto fra disciplina sanzionatoria tributaria penale e disposizioni dello statuto del contribuente. Il tema si deve necessariamente collegare al profilo che è stato ampiamente affrontato, presi in considerazione, se le disposizioni dello statuto possano investire sulla materia sanzionatorio tributare oppure semplicemente esprimano delle indicazioni meramente programmatiche la cui inosservanza è inidonea anche ad incidere sul profilo della responsabilità sotto il profilo sanzionatorio amministrativo e sotto il profilo della responsabilità penale. È stato ricordato anche nel corso della mattinata come soprattutto nella fase immediatamente successiva all'entrata in vigore della legge 212, molti erano convinti che le disposizioni contenute nello statuto proprio perché esprimessero dei principi di carattere programmatico, fossero del tutto a incidere sotto il profilo della responsabilità sia di natura penale che di natura anche amministrativa. Quindi le disposizioni contenute nello statuto, pur avendo qualche valore di carattere programmatico, non avrebbero potuto incidere sulle disposizioni in materia di responsabilità sotto il profilo penale. Nello stesso tempo si riteneva che amministrativa i profili fossero della responsabilità completamente estranei, penale e completamente sganciati, rispetto alle norme dello statuto. Il profilo della responsabilità penale era completamente sganciato rispetto alle garanzie che i contribuenti avrebbero potuto anche affidare. Responsabilità da un lato e diritti di garanzia dall'altro dovevano muoversi su piani completamente sganciati fra di loro, del tutto privi di quel collegamento. Il contribuente avrebbe dovuto rispondere anche dinnanzi alle responsabilità sotto il - 147 - profilo della pubblica amministrazione ma non avrebbe potuto far valere quelle garanzie che lo statuto del contribuente riteneva assicurare. Ora mi pare che le disposizioni dello statuto del contribuente prima di tutto non possano essere con considerate come norme meramente programmatiche e quindi come tali avrebbero potuto dispiegare profonde conseguenze quando ci muoviamo su un profilo completamente diverso quale rapporto tra amministrazione finanziaria disposizioni e contribuente, dello statuto, ma soprattutto proprio per mi la pare che complessità le dei principi che esprimono, proprio per il loro valore che trascende le disposizioni manifeste cui inizialmente si riteneva di poter intravedere, le disposizioni dello statuto del contribuente attraversano in modo orizzontale, in modo verticale l'intero sistema sanzionatorio amministrativo oltre che poi i profili immediatamente riferibili alla posizione dell'amministrazione finanziaria e all'attività che la pubblica amministrazione può esercitare. Allora, componendo questi aspetti, si deve innanzitutto respingere l'idea che il profilo sanzionatorio sia sganciato rispetto al momento delle garanzie, ma soprattutto si deve anche respingere l'idea che le disposizioni dello statuto del contribuente esauriscano il proprio valore sotto un profilo meramente programmatorio, di principio, e quindi non possono dispiegare effetti ben precisi nel momento in cui si guarda le disposizioni di carattere anche sanzionatorio, amministrativo e penale.se guardiamo le norme dello statuto del contribuente si deve innanzitutto riconosce come riflessi di carattere sanzionatorio, amministrativo e penale siano molteplici. Già nel corso della mattinata, lo diceva il professor Marongiu, è poi anche in precedenza il professore D' Ayala Valva, si è avuto modo di sottolineare come le disposizioni collocate nell'articolo 2 dello statuto, la chiarezza e la trasparenza delle disposizioni legislative. Le disposizioni contemplate nell'articolo 10, il principio di buona fede, di affidamento; le disposizioni contenute nei commi secondo e terzo dell'articolo 19 possono dispiegare profonde considerazioni sotto il profilo esplicitamente tributario. Infatti se l'articolo 2 che l'articolo 10 dello stato del contribuente ci fanno agevolmente - 148 - comprendere come appunto talune disposizioni che sono contenute nella normativa sanzionatorio penale, l'articolo 10 del decreto 472 del 97, penso poi ai principi più volte manifestati dalla Corte Costituzionale con riferimento alle clausole di esclusione della responsabilità, possono appunto discendere nel momento in cui le disposizioni possano far di carattere, applicazione contenute nell'ambito nelle statuto, dell'ordinamento tributario. Si deve ricordare che le disposizioni in materia sanzionatorio a e amministrativa e quelle di carattere penale che a loro volta avevano avuto verso la fine degli anni 81 esplicita inducono affermazione a esprimono ritenere in modo nell'ambito che a chiaro dell'ordinamento fronte il di disposizioni diritto alla penale che conoscenza non come ricordava stamattina il professor Marongiu, che esprimano delle indicazioni da parte dell'amministrazione finanziaria non del tutto rispondenti a quegli elementi che derivano dalla posizione del contribuente, penso a punto alle situazioni che oggi trovano largo riscontro nell'ordinamento positivo, inducono a farci riconoscere come appunto si possano invocare disposizioni che trovano una prima collocazione nelle disposizioni a punto dello statuto, ma che disposizioni poi trovano contenute un agile collegamento nell'ordinamento, anche di con le carattere ordinario. L'articolo 10 dello statuto del contribuente, per esempio nell'enunciare il principio di buona fede, di tutela dell'affidamento, poi il secondo comma e il terzo comma dell'articolo 10 dello statuto del contribuente possono offrire elementi significativi nel momento in cui si va ad dare un campo applicativo,una sfera applicativa, le disposizioni dello Stato. Il contribuente che si conformi alle disposizioni provenienti dall'amministrazione finanziaria può appunto invocare un atteggiamento coerente con le disposizioni dello statuto per, per esempio, evitare l'applicazione di carattere sanzionatorio. L'articolo esclude 10 terzo comma l'applicabilità sanzionatorio quando il dello di statuto che, disposizioni contribuente si per di sia esempio, carattere per esempio conformato a disposizioni di carattere penale che esauriscono la loro sfera applicativa nell'ambito dell'applicazione delle - 149 - sanzioni penali, costituiscono un'efficace momento di raccordo. Tant'è vero che nell'articolo 6 dello statuto del contribuente si esclude l'applicabilità di sanzioni penali nel momento in cui il contribuente disposizione abbia di semplicemente carattere penali dato applicazione ovvero non abbia a dato applicazione a queste stesse disposizioni, ma non abbia posti in essere comportamenti che violazione sostanziale tributario. Anche statuto del poi invece delle con contribuente, abbiano determinato disposizioni riferimento norma che di carattere all'articolo è stata una due lo semplicemente interpretata come norma programmatica, priva di un significato avere proprio, mi pare che non potendo distinguersi fra norme di carattere programmatico e norme di carattere precettivo, tutte le disposizioni comprese quelle che individuano le modalità che in precedenza il professor Marongiu definiva come "modalità di reperimento" o che possiamo più in generale definire quelle disposizioni consentono che anche orientano al la lettura contribuente di delle dare disposizioni applicazione alle disposizioni medesime; diciamo che anche questi aspetti possono essere facilmente invocati nell'ambito dell'ordinamento tributario. Quindi volendo riassumere i profili che emergono dal confronto fra norme sanzionatoria, si dello statuto e deve senz'altro norme della disciplina riconoscere che il coordinamento fra l'articolo 2 e l'articolo 7 offre ulteriori elementi che possono anche consentire di applicare norme di carattere sanzionatorio disposizioni di in carattere funzione dell'esplicazione tributario. Questi di aspetti poi meritano di essere ulteriormente approfonditi se si guarda ad un altro elemento che la Corte di Cassazione negli ultimi tempi ha più volte evidenziato, le disposizioni dello statuto del contribuente vanno non solo lette e interpretate e definite nella loro sfera fondamentale applicativa strumento di ma devono anche interpretazione consentire un secondo le disposizioni dello statuto. Quindi al di là del significato che l'espressione adoperate dal legislatore può assumere, le norme devono assolvere orientare ad l'attività un ulteriore interpretativa funzione del cioè quella contribuente e di del - 150 - soggetto stesso. consentire di dare sanzionatorio. nell'articolo penale, del Questi altri applicazione Pensiamo 7, per decreto elementi presente esempio, 482 del possono a norme le di carattere disposizioni della 1997, ulteriormente legislazione che nell' contenute in materia individuare i criteri di applicazione delle disposizioni transitorie impongono anche una valutazione di carattere complessivo che si presta ad essere meglio collegata alle disposizioni dello statuto del contribuente. Per esempio l'articolo 7 in materia dello Stato del contribuente fa riferimento a comportamenti che poggiano sull'atteggiamento del soggetto, per esempio il richiamo al dovere di collaborazione, il richiamo ai principi di buona fede, il richiamo ristabilire dei un comportamenti equilibrato che consentano diritto fra anche di contribuente e amministrazione finanziaria possano diventare strumenti utili nella determinazione per esempio dei criteri di determinazione della prestazione di carattere tributario. Un comportamento del contribuente che si conformi ai principi di collaborazione, ai principi di buona fede, può meglio consentire l'applicazione di carattere tributario delle disposizioni riguardanti le sanzioni. Molto spesso gli uffici finanziari quando applicano norme di carattere tributario tendono soprattutto ad applicare minimi e massimi ma senza guardare al comportamento soggettivo fra il contribuente e amministrazione finanziaria che invece va definito, costruito e immaginato alla luce di quei principi come buona fede, collaborazione e tutela dell'affidamento, che possono rilevarsi particolarmente efficaci. C'è un altro aspetto che va approfondito, questa volta è il rapporto tra le disposizioni in materia di retroattività; di applicazione delle disposizioni di carattere interpretativo e di applicazione delle disposizioni in materia di decreto-legge, quindi le disposizioni 1,3,4 dello statuto del contribuente e le disposizioni ancora una volta in materia di sanzione. già nel corso della mattinata questi temi sono stati approfonditi e soprattutto si è potuto verificare come molto spesso norme, come quelle definite sulle metanorme, hanno una funzione di mera indicazione programmatica, per cui il legislatore quando utilizza norme interpretative, - 151 - attraverso disposizioni di rango successivo o anche superarlo. Quando nell'ottica di norme riguardanti le disposizioni in materia di retroattività o in materia di utilizzo di sanzioni, anche qui il legislatore può spesso ignorare quella loro stessa portata alla luce della r deroga abilità o della possibilità di superare, attraverso norme ulteriori di rango modificativo, le disposizioni riguardanti la materia dello statuto del contribuente. Anche queste considerazioni, mi pare, non possano essere sostenute e possono anche meglio analizzarsi e valutarsi nel momento in cui si guardano profili di carattere sanzionatorio. La legislazione dello statuto del contribuente prevede la clausola dell'autoqualificazione e prevede la derogabilità se non in modo espresso, salvo una disposizione di rango transitorio oppure modificativo qualora in ossequio al principio della sovranità popolare si intende seguire questa particolare impostazione. È accaduto così negli ultimi tempi che norme interpretative siano state frequentemente adoperate è che anche norme che adottino decreti legge oppure norme di carattere interpretativo possano essere frequentemente adottate. Si è visto proprio nella relazione di questa mattina del notaio di Paola che il legislatore molto spesso adopera altre espressioni, si utilizzano forme di questo genere senza però rispondere in modo rigoroso alle disposizioni sia in materia di statuto del contribuente che alle disposizioni in materia di retroattività. A mio parere, la soluzione che andrebbe anche ulteriormente sviluppata nella giurisprudenza, le norme contenute nell'articolo 1,3,4 dello statuto del contribuente sono norme condizionanti, cioè norme che presuppongono l'adozione da parte del legislatore ordinario di quelle tecniche e di quelle modalità che lo statuto contempla. Quindi se viene adottata una norma che rispetta le prescrizioni poste dall'art.1, perché vi sia stata per esempio una violazione, oppure l'articolo 3 o articolo 4, solo in presenza di queste condizioni le disposizioni di rango successivo possono ritenersi rispondenti alle disposizioni dello statuto. Se una norma ordinaria, quindi, interpreta la norma sotto il profilo, per esempio come si è visto nel corso della disposizione di stamattina, senza una - 152 - precisa indicazione in tal senso, quindi il legislatore qualifica una norma come di rango generico ma non imponga il rispetto delle condizioni previste dallo statuto, allora questa disposizione proprio perché non risponde all'efficacia condizionante che la norma debba comportare può operare soltanto per il futuro. La corte di cassazione con una sentenza molto recente, la sentenza 22 gennaio del 2007, chiarisce che quando una disposizione ancorché qualificata come retroattiva non presenti quelle connotazioni in termini di retroattività può operare esclusivamente per il futuro. Quindi la disposizione opera per il futuro ma non opera per il passato, in altri termini se operare la per norma il presenta futuro un'efficacia ancorché la condizionante disposizione può stessa sembrerebbe operare per il passato. Ora si riguarda i profili di carattere sanzionatorio di elementi possono assumere particolare importanza perché sanzionatorio appunto muovono il le disposizioni profilo della di carattere retroattività o irretroattività a seconda del comportamento posto a carico del soggetto privato. Il soggetto privato può giovarsi di situazioni di rango anche disposizione di interpretativo, rango lui retroattivo favorevole, givi nei quando suoi la confronti, mentre poi la disposizione posta dall'articolo 3 dello statuto del contribuente opera per il futuro se il comportamento giova nei confronti di quest'ultimo. Le disposizioni dello Stato del contribuente evidenziano i due momenti, il soggetto che opera per il futuro si trova in una clausola, quella dell'articolo tre dello statuto del contribuente per lui favorevole, la norma retroattiva opera solo se si tratta di una norma lui favorevole, la norma successiva opera invece in senso superfluo. Questo profilo induce quindi chiaramente ad operare in una funzione che collega la disposizione di carattere transitorio,favor rei, ovvero la disposizione di carattere sanzionatorio a seconda del comportamento stesso. Ancora una volta, tirando il comportamento del contribuente e quindi operando sotto il profilo classificatorio bisogna considerare che le norme dello statuto del contribuente sono di carattere retroattivo e operano in senso interpretativo, diversamente per quanto concerne invece - 153 - comportamenti del contribuente. Guardando ancora e profili che interessano agli comprendere principio che di elementi il sanzionatori legislatore fissità, bisogna tributario nell'assumere appunto nell'assumere il principio il di classificazione, opera in funzione auto limitativa della propria sovranità popolare, è in questa prospettiva i principi di garanzia che lo statuto del contribuente offre e in particolar modo i principi generali dell'ordinamento che condizionano l'ordinamento tributario possono dispiegare i suoi effetti sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo invece processuale sanzionatorio. Grazie. Avv. Licia Fiorentini. “I vizi degli atti tributari e lo Statuto del contribuente” 1.- Premessa. 2.- Rapida panoramica sul regime delle invalidità nel sistema tributario: nullità ed annullabilità dell’atto tributario, secondo i dettami degli artt. 21 septies ed octies L. 241/1990. 2.1.- Riflessioni circa l’esaustività dogmatica del richiamo all’art. 21 septies L. 241/1990 in tema di nullità, a tutela delle prerogative statutarie. 2.2.- Nullità nello Statuto del contribuente: mancata indicazione del responsabile del procedimento. 2.3.Ancora, in tema di annullabilità dell’atto tributario. Sulla natura meramente formale o sostanziale delle norme statutarie. 3.- Conclusioni. 1.- Premessa. Scopo di questo lavoro non è quello di arginare compiutamente il mare magno espresse e delle latenti invalidità nello dei Statuto provvedimenti del tributari208, contribuente, ma, più semplicemente, di esaminare alcuni singoli temi di invalidità, alla luce del perenne confronto dialettico tra i principi che regolano la materia amministrativa e quelli che, in via speciale e, di certo, autonoma, regolano la materia tributaria, specie in tema di tutela del giusto procedimento209. 208 Per un’analisi completa della problematica, vedi F. Tesauro, “L’invalidità dei provvedimenti impositivi”, in Boll. Trib., n. 19/2005, pp. 1445 ss.. 209 Si pensi, da ultimo, alla pronunzia della sentenza della Cass., SS.UU. 25 luglio 2007 n. 16412, la quale, risolvendo il contrasto di giurisprudenza sul tema, ha affermato che “l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto - 154 - In particolare, la questione delle invalidità si è, da ultimo, riproposta con prepotenza nel panorama statutario per dare voce e corpo al polverone innalzatosi, dapprima con la ordinanza della Consulta210, con la quale si è riesumato dall’oblio l’interrogativo circa il peso da dare all’art. 7, comma 2, L. 212/2000211 sull’inserimento dell’indicazione del responsabile del procedimento nel contenuto tassativo degli atti tributari dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agente della Riscossione; poi, con l’intervento successivo del Legislatore212, con il quale quest’ultimo ha voluto fornire una risposta inequivocabile pro futuro, con la previsione di una nullità testuale per l’ipotesi di mancata indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento, escludendo il medesimo rigore sanzionatorio per il passato. La conseguenza dell’istantaneo risveglio della parola imponente del Legislatore in un tanto laborioso, quanto faticoso processo di definizione razionale e coerente del regime delle invalidità dei provvedimenti tributari, rischia di rallentarne un consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli – rimanendo esposto alla successiva azione dell’amministrazione, esercitatile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto – o di impugnare cumulativamente quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria”, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it., dando il giusto risalto alla necessità che le regole sul procedimento vengano rispettate dall’amministrazione finanziaria. Sul tema A. Cissello, “I vizi degli atti tributari nella segmentazione del prelievo. L’omessa notifica dell’atto presupposto”, in Il fisco, n. 8, 2008, pp. 1359 ss 210 Cfr. Corte Cost., ord. 05 novembre 2007 n. 377 (Pres. Bile, Red. Cassese), con la quale è stata dichiarata “manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, della L. 212/2000, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione. L’obbligo di indicazione del responsabile del procedimento non costituisce un adempimento di scarsa utilità posto a carico dei concessionari della riscossione bensì ha lo scopo di assicurare la piena informazione del cittadino / contribuente e garantire il diritto di difesa, altrettanti aspetti del principio di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione”, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it. 211 Sul tema, vedi Abruzzese “Il principio di trasparenza negli atti dell’amministrazione finanziaria alla luce dello Statuto dei diritti del contribuente”, in Giust. It., 2001, 9 ss.; Buscema, Forte, Santilli, “Statuto del contribuente, analisi dottrinale ed evoluzione giurisprudenziale”, Padova, 2002, pp. 733 ss.; Magistro, “L’avviso di accertamento”, in Corr. Trib., 2002, 733 ss.. 212 D.L. 31 dicembre 2007 n. 248 (G.U. 31 dicembre 2007 n. 302), legge di conversione 28 febbraio 2008 n. 31, art. 36, rubricato “disposizioni in materia di riscossione”, comma 4 ter: “la cartella di pagamento di cui all’art. 25 del Dpr 602/1973, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo che precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008. La mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it. Sul punto, è interessante notare come l’Agenzia delle Entrate si sia subito adeguata all’iniziativa legislativa con il provv. 22 aprile 2008, prot. N. 44128, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it. - 155 - inquadramento unitario e sistematico, contribuendo apertamente a creare non poche adattamento delle perplessità, norme in ordine alla capacità amministrativistiche, in tema di di invalidità, al sistema speciale tributario. Le zone di ombra sui limiti alla validità essere sintomo di del un provvedimento “tallone di tributario Achille” potrebbero dello Statuto, ovverosia la portata immediatamente precettiva del suo tessuto normativo, a scapito dell’effettiva tutela del contribuente. 2.- Rapida panoramica su alcuni profili problematici legati al regime delle invalidità nel sistema tributario: nullità ed annullabilità, secondo i tratti designati dagli artt. 21 septies ed octies L. 241/1990. Il primo interrogativo da porsi nell’ambito della tematica delle invalidità, consiste tributario possa Amministrazione nel chiedersi dirsi Finanziaria quando compiutamente e/o dal il provvedimento emanato Concessionario dalla ed, in particolare, se lo stesso debba trovare specchio in un prototipo indefettibile. Qualora la risposta possa dirsi affermativa, ci si chiede quale debba essere la sanzione correlata al “vizio” dell’atto tributario. Innanzitutto, vista l’indiscussa trasferibilità, all’ambito tributario, dei principi dettati dalla L. 241/1990, il primo passo verso una connotazione più puntuale delle invalidità non può che prendere le mosse da una prima analisi degli artt. 21septies ed octies L. 241/1990, rispettivamente disciplinanti il regime della nullità ed annullabilità del provvedimento amministrativo. 2.1.- Riflessioni circa l’esaustività dogmatica del richiamo all’art. 21 septies L. 241/1990 in tema di nullità, a tutela delle prerogative statutarie. La disciplina amministrativistica distingue quattro ipotesi di nullità, rispettivamente due legate a vizi intrinseci ed altre due legate a vizi estrinseci dell’atto. - 156 - .- carenza degli elementi essenziali dell’atto, da intendere come nullità strutturale; .- atto viziato da difetto assoluto di attribuzione; .- atto adottato in violazione o elusione del giudicato; .- altri casi espressamente previsti dalla legge, da intendere come nullità testuale. L’analisi della normativa porta, dunque, a rilevare che quest’ultima, a differenza del regime civilistico delle nullità ex art. 1418 c.c., non prevede espressamente “nullità virtuali”, ovverosia quelle che, in ambito contrattuale, sono determinate dalla contrarietà a norme imperative213. Il primo interrogativo consiste, dunque, nel chiedersi se il regime tributaristico delle invalidità debba discostarsi in tutto o in parte da quello amministrativistico ed abbracciare, al pari del sistema civilistico, anche nullità “sistematiche”. In via affermativa, pronunzia della abbiamo, Suprema Corte da ultimo, a Sezioni assistito ad una Unite, volta a proteggere la sequenza procedimentale stabilita dalla legge, a tutela della posizione soggettiva del contribuente e del suo diritto di dell’atto difesa, sanzionando successivo, non ove connotazione “virtuale” constatare che il preceduto previsto214. presupposto, con della richiamato la dalla Qualche predetta art. nullità 21 l’emanazione notifica dell’atto interrogativo nullità septies nasce L. sulla dal 241/1990 riconduce la categoria delle nullità strutturali alla carenza degli elementi essenziali dell’atto e non, in senso più ampio, agli atti essenziali della procedura. 213 F. Gazzoni, “Manuale di diritto privato”, XII ed., Ed. Scientifiche italiane, Napoli, 2006, pp. 988 ss. 214 Qualche interrogativo sulla sussistenza delle nullità virtuali in ambito tributario potrebbe porsi in relazione alla sentenza della Cass., SS.UU. 25 luglio 2007 n. 16412, la quale, risolvendo il contrasto di giurisprudenza sul tema, ha affermato che “l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli – rimanendo esposto alla successiva azione dell’amministrazione, esercitatile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto – o di impugnare cumulativamente quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria”, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it. Sul tema A. Cissello, “I vizi degli atti tributari nella segmentazione del prelievo. L’omessa notifica dell’atto presupposto”, in Il fisco, n. 8, 2008, pp. 1359 ss.. - 157 - Ciò potrebbe palesare amministrativistico ricostruttive procedimento l’insufficienza delle dei invalidità “vizi a sopire invalidanti” tributario, non del le regime difficoltà dell’atto espressamente e/o del codificati, ma conseguenza sistematica della portata direttamente precettiva dello Statuto principi del contribuente, costituzionali a tutela del inderogabili. coacervo Sembra di opportuno sottolineare che gli ostacoli ad una ricostruzione coerente ed unitaria della teoria delle invalidità e, di conseguenza, le difficoltà a far valere i diritti del contribuente nella patologia del procedimento215, spinge autorevole dottrina216 a valorizzare corretta la figura cooperazione del e Garante217, quale collaborazione tra incentivo alla l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente nella fisiologia del rapporto. 2.2.- Nullità nello Statuto del contribuente: mancata indicazione del responsabile del procedimento. Circa le nullità testuali, lo Statuto del contribuente ne conosce svariate tipologie, tra le quali ricordiamo la nullità comminata dall’art. 6, comma 5, per l’ipotesi di iscrizione a ruolo derivante dichiarazioni, dalla liquidazione di tributi non preceduta dall’invito risultanti a da fornire chiarimenti218, nonché l’art. 11, comma 2, seconda parte, il quale, in via del tutto innovativa, sanziona, con la nullità espressa, l’atto emanato dall’amministrazione finanziaria in difformità alla sua stessa risposta all’istanza di interpello, o 215 Sulle difficoltà che si incontrano, nel panorama attuale, nella ricostruzione del diritto del contribuente al contraddittorio in fase di verifica fiscale ex art. 12 L. 212/2000, se non per le ipotesi espressamente previste dalla legge, vedi S. Capolupo, “Manuale dell’accertamento delle imposte”, V ed., Ipsoa, 2007, pp. 1048 ss., nonché S. Salvini, “La nuova partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo Statuto del contribuente ed oltre), in Riv. Dir. trib. n. 1/2000, pp. 39 ss. 216 In tal senso, F. d’Ayala Valva, “Il contribuente sottoposto a verifiche fiscali e l’intervento del Garante”, in Riv. Dir. trib., fasc. 2, 2003, p. 190; Idem, “Dall'ombudsman al garante del contribuente. Studio di un percorso normativo”, in "Riv. Dir. Trib.", 2000, pagg. 1037-1119. 217 S. Capolupo, Garante del contribuente ed atti degli enti locali, in "il fisco" n. 23/2005, fascicolo n. 1,pag. 3467; 218 In tal senso, ex plurimis, sent. n. 52 del 25 febbraio 2008 (dep. il 10 marzo 2008) della Comm. trib. reg. di Napoli, Sez. staccata di Salerno, Sez. V, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it.. - 158 - in difformità dall’interpretazione o il comportamento tenuto dal contribuente, nelle ipotesi di silenzio – assenso219. Le nullità strutturali, ovverosia i vizi radicali attinenti alla struttura sistema, dell’atto, viceversa, considerato che, devono essere differentemente ricavate dalla dal normativa civilistica, nella quale sono elencati, come tali, gli elementi essenziali del contratto, quella tributaria non qualifica gli elementi essenziali dell’atto tributario, ovverosia quelli che lo connotano, sotto il profilo soggettivo, oggettivo, causale e volontaristico220, a meno che non si ritenga che l’art. 7 L. 212/2000 sia esaustivo ed inequivocabile in tal senso, ma se così fosse stato, alcun dibattito sarebbe potuto sorgere circa l’essenzialità dell’indicazione del responsabile del procedimento, ai fini della validità dell’atto. Tipica espressione di provvedimento impositivo, affetto da nullità strutturale, è quello carente di motivazione, ex art. 7, comma 1, L. 212/2000. L’essenzialità come del indicazione applicate e requisito della dell’imponibile delle imposte motivazione, accertato, liquidate, è intesa delle stata anche aliquote esplicitata dall’art. 42 Dpr 600/1973, con il quale il Legislatore, mediante il riconoscimento espresso di una comminatoria testuale di nullità per l’ipotesi di mancata indicazione della motivazione nel contesto de quo, ha inteso confermare e riconoscere, in via generale, la natura strutturale della motivazione, ai fini della validità dell’atto tributario. Ultimamente abbiamo, poi, assistito ad un intervento legislativo, alquanto bizzarro, in materia di indicazione del responsabile del procedimento221, ex art. 7, comma 2, dello Statuto del contribuente. 219 Gianni Marongiu “Lo Statuto dei diritti del contribuente”, Giappichelli, Torino, 2008. 220 Sul tema, V. Azioni, “La nullità del provvedimento tributario alla luce della L. 11 febbraio 2005, n. 15”, in Il Fisco, 2006, 13, 1932; G. Livrieri, “Il regime di invalidità dell’atto tributario dopo le modifiche alla L. n. 241/1990: riflessi sull’obbligo di motivazione”, in Il Fisco, 2007, 27, 3990. 221 Sulla figura del responsabile del procedimento nel diritto amministrativo, in dottrina, tra tutti, Cassese, “Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale”, Milano, 2003. Vedi anche, sull’indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento, Cucchi, “La nuova disciplina della riscossione coattiva mediante ruolo (c.d. esecuzione esattoriale)”, Padova, 1999, nonché, alla luce dello Statuto del contribuente, Abruzzese “Il principio di trasparenza negli atti - 159 - In particolare, dopo che la Consulta222 ha ritenuto che “l’obbligo di indicazione del responsabile del procedimento non costituisce un adempimento di scarsa utilità”, la giurisprudenza di merito, ha recepito siffatta interpretazione, connotando in modo differenziato l’invalidità derivante dalla violazione dell’art. 7, comma 2, citato, ora ritenendo configurabile il vizio di nullità, ora quello di illegittimità dall’atto 223. Da qui, l’impellenza sentita dal Legislatore di dire la sua in merito alla tipologia dell’eventuale vizio, statuendo che “la cartella di pagamento di cui all’art. 25 del Dpr 602/1973, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo che precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal responsabili 1° dei giugno 2008. procedimenti La nelle mancata indicazione cartelle di dei pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”224. dell’amministrazione finanziaria alla luce dello Statuto dei diritti del contribuente”, op. cit., pp. 9 ss.; Buscema, Forte, Santilli, “Statuto del contribuente, analisi dottrinale ed evoluzione giurisprudenziale”, op. cit. , pp. 733 ss.; Magistro, “L’avviso di accertamento”, op. cit., 733 ss.. 222 Cfr. Corte Cost., Ord. 05 novembre 2007 n. 377 (Pres. Bile, Red. Cassese), cit.. 223 Ad esempio, CTR Roma, 24 gennaio 2008 n. 7, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it, ha ritenuto che “la mancata indicazione del responsabile del procedimento nel corpo della cartella di pagamento notificata al contribuente costituisce manifesta violazione dell’art. 7, comma 2, dello Statuto del contribuente con conseguente illegittimità dell’atto della riscossione”; conforme CTP Lucca, 12 dicembre 2007, banca dati fisconline, www.ilfisco.it. Per la diversa sanzione della nullità della cartella non recante l’indicazione del responsabile del procedimento, vedi CTP Bari, 10 dicembre 2007 n. 445, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it, secondo cui “è nulla la cartella di pagamento che non rechi l’indicazione espressa del responsabile del procedimento in violazione dell’art. 7 dello Statuto del contribuente dovendosi ritenere generalmente applicabili anche ai procedimenti tributari, fatte salve le esplicte eccezioni, le disposizioni di cui alla L. 2411990. Tale adempimento è volto a garantire la trasparenza e piena informazione del destinatario dell’atto, nonché fonte di responsabilità diretta del funzionario incaricato, oltre ad assicurare il pieno diritto di difesa e tutelare il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, bene giuridico costituzionalmente rilevante ex at. 97 Cost.”. Nello stesso senso, vedi anche CTP Lecce, 12 dicembre 2007 n. 517, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it. In senso contrario, CTR Venezia, 14 giugno 2007 n. 49, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it, secondo cui “l’art. 7 dello Statuto del contribuente non commina alcuna specifica sanzione di nullità nell’ipotesi in cui nella cartella di pagamento notificata al contribuente sia omessa l’indicazione del responsabile del procedimento. Peraltro, la sanzione della nullità degli atti riflette una patologia talmente grave che deve trovare manifesta giustificazione ed espressione nella normativa di riferimento”. 224 D.L. 31 dicembre 2007 n. 248 (G.U. 31 dicembre 2007 n. 302), legge di conversione 28 febbraio 2008 n. 31, art. 36, rubricato “disposizioni in materia di riscossione”, comma 4 ter, citata. - 160 - Occorre, innanzitutto, notare la natura mista di tale disposizione, interpretativa per il passato, innovativa per il futuro. In specie, il Legislatore, disponendo la nullità testuale della cartella di pagamento per i “ruoli consegnati225 agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008”, ha indirettamente riconosciuto l’essenzialità dell’indicazione del responsabile del procedimento all’interno della struttura della cartella di pagamento, dando, in qualche misura, risalto alla volontà normativa, quale espressa nello Statuto del contribuente, circa il contenuto tassativo dell’atto tributario, quale previsto del comma 2 dell’art. 7 citato. Qualora, dunque, il legislatore non avesse aggiunto l’altra parte di norma, di natura interpretativa, volta ad escludere la nullità dell’atto per il medesimo vizio, in relazione ai ruoli consegnati prima del 01 giugno 2008, avremmo potuto pensare che la questione circa la gradazione di invalidità, adottata per l’ipotesi di mancata indicazione del responsabile del procedimento, si fosse risolta come per l’ipotesi di carenza di motivazione dell’atto ex art. 7, comma 1, L. 212/2000, sul cui vizio, in tema di imposte sui redditi, il legislatore era intervenuto con la sanzione della nullità testuale, di tal fatta riconoscendo implicitamente l’essenzialità dell’elemento de quo per qualsiasi altro atto di natura tributaria, affetto, dunque, da nullità strutturale. Diversamente a dirsi, la legge non ha di certo seguito la falsariga passata, escludendo espressamente che la riconosciuta invalidità potesse costituire motivo di nullità strutturale dell’atto per le ipotesi di invalidità pregresse. D’altra parte, qualora lo stesso avesse ritenuto che la mancata indicazione del responsabile del procedimento non potesse essere 225 Si rifletta, sul punto, che il momento spartiacque della consegna del ruolo, previsto dalla norma, essendo attività interna dell’amministrazione finanziaria non compare nella cartella di pagamento, ponendosi, la norma de qua, in evidente contrasto con i principi della trasparenza amministrativa, oltre a non essere criterio adeguato al nuovo assetto normativo, il quale, volto a tutelare il momento esterno ed intellegibile del procedimento, ha voluto espellere dal suo fulcro, ovvero abrogare, tutte le norme che in qualche modo dessero rilievo alla formazione e consegna del “ruolo”, non monitorabili dal contribuente. Con il riferimento alla consegna del ruolo, il Legislatore ha, in qualche modo, reso discutibile ed indefinita il termine iniziale di efficacia della normativa, facendola divenire una mera condizione sospensiva di natura potestativa. La norma, sotto il profilo de quo, si espone a fortissimi dubbi di incostituzionalità. - 161 - inserito tra i vizi formali o tra le violazioni delle norme sul procedimento, non invalidanti in relazione ad atti vincolati secondo l’art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990, lo stesso non avrebbe sentito riconoscendo l’esigenza la gravità di del salvare vizio per salvabile226, il ruoli ancora non consegnati. Ci si domanda, quale scenario si sta prospettando in relazione a giudizi ancora pendenti aventi ad oggetto cartelle di pagamento? Innanzitutto, i giudici del merito non potranno che chiedersi se le invalidità pregresse siano atte a provocare, a prescindere da una diretta declaratoria di nullità dell’atto, l’annullamento autonomo della cartella di pagamento per illegittimità di natura invalidante, o se, l’intervento normativo, appositamente volto a salvare i crediti dell’Amministrazione finanziaria ante legem, debba ritenersi lesivo di vizi di identica natura e portata, con evidente violazione dell’art. 3 Cost.. In particolare, l’indicazione del responsabile del procedimento rappresenta il presupposto procedimentale, affinchè si possa instaurare un corretto dialogo tra Amministrazione finanziaria e contribuente, a tutela del coacervo di principi costituzionali con esso protetti, quali il buon andamento, l’imparzialità dell’Amministrazione finanziaria, da un lato, e la tutela del diritto di difesa del contribuente, dall’altro. Il significato sostanziale potrebbe del far procedimento, fondamentali quale pensare quali del è carico che le espresse sistema l’art. norme dallo tributario, 7, comma poste Statuto, come a 2, tutela siano tali citato, del principi connotati da imperatività. Se così stessero le cose e qualora il Legislatore non avesse escluso in via interpretativa il vizio della nullità per il passato, la violazione di siffatta norma posta a tutela del procedimento, nullità di natura avrebbe dovuto strutturale (e rappresentare, l’avverbio se non una “tassativamente” confermerebbe siffatta tesi), una nullità di natura virtuale, connessa al significato inderogabile dello Statuto. 226 Sulla gestione “soluta” del potere legislativo, vedi C. Ricci, “Norme intruse ed abuso dei decreti legge: la dichiarazione di incostituzionalità per carenza “evidente” dei presupposti di necessità ed urgenza”, Riv. Dir. fin. e sc. delle fin., 2008, 4, pp. 97 ss.. - 162 - L’esclusione normativa di siffatta impostazione interpretativa porta, pertanto, solo a riflettere circa la natura invalidante dell’illegittimità segnata. Rammentando la portata precettiva dello Statuto, si dovrebbe escludere che i vizi del procedimento e, nel caso di specie, la mancata chance di un giusto procedimento in contraddittorio tra le parti, si possa ridurre alla categoria delle mere irregolarità formali227, proprio in virtù dei diversi interessi in gioco che contraddistinguono la materia tributaria modello ivi rispetto partecipativo a quella correlato amministrativa, alla posizione ove il giuridica soggettiva di interesse legittimo vantato dal privato non sembra trovare lo speculare parallelo in ambito tributario nel parametro costituzionale della giusta imposizione ex art. 53 Cost.228, alla quale anelano, attraverso l’esaltazione delle rispettive posizioni, sia l’amministrazione finanziaria ex art. 97 Cost. che il contribuente ex art. 24 Cost.. Sotto questo profilo è il Legislatore stesso che ha escluso la natura non invalidante dell’illegittimità de qua, nella misura in cui per le ipotesi future ha riconosciuto la gravità della violazione, sanzionandola con la nullità. Tra l’altro, anche se si ritenesse che le ipotesi di mancata indicazione del responsabile del procedimento antecedenti alla consegna del ruolo rappresentino vizi non invalidanti229, ci si dovrebbe chiedere quali dovranno essere le loro sorti alla luce dell’introduzione legislativa in discorso. Sul punto, è facilmente percepibile che le eccezioni di invalidità in corso non potranno che essere risolte in due modi dal giudice del merito: potrà essere riconosciuta la natura 227 Ancora, nel diritto amministrativo, sulla figura del responsabile del procedimento, Renna, “Il responsabile del procedimento nell’organizzazione amministrativa, in Dir. amm., 1994, 13 ss; Russo, “La legge n. 241/1990 ed i nuovi aspetti della responsabilità amministrativa”, in Cons. Stato, 1992, 133 ss.. 228 Sull’argomento, vedi E. De Mita, “Principi di diritto tributario”, IV ed., Milano, 2004, pp. 83 ss.. 229 Si pensi, ad esempio, al principio consolidato, secondo cui la mancata indicazione dell’organo giurisdizionale competente, richiesto tassativamente tra gli elementi dell’atto tributario dall’art. 7, comma 2, L. 212/2000, non è vizio invalidante dell’atto, qualora il ricorso sia stato correttamente e tempestivamente presentato. In giurisprudenza, ex plurimis, Cass. Sez. V, 19 dicembre 2002 n. 7558, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it. - 163 - invalidante del vizio di illegittimità dell’atto230, salvando i giudizi in corso dalle lungaggini di una eventuale rimessione della questione di costituzionalità della norma interessata; oppure demandando alla Consulta, come da ultimo è stato anche fatto231, norma la che, cartella, questione pur di legittimità riconoscendo mancante di costituzionale espressamente indicazione la del di nullità una della responsabile del procedimento, al contempo lanci una scialuppa di salvataggio per tutte quelle già emesse, affette dal medesimo vizio. 2.3.- Ancora, in tema di annullabilità dell’atto tributario. Sulla natura meramente formale o sostanziale delle norme statutarie. Il problema generale delle invalidità, ove non sia espressamente comminata la relazione nullità al vizio dell’atto tributario, dell’annullabilità si del complica in provvedimento amministrativo. L’analisi della problematica parte dall’art. 21 octies della L. 241/1990. In particolare, l’attenzione della norma de qua cade sul secondo comma, ove è previsto che non sia annullabile “il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. In particolare, vincolati emessi la norma sembra volta a salvare gli atti in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, salvo previo giudizio in ordine alla correttezza del contenuto dell’atto. C’è, in particolare, da chiedersi quali risvolti abbia tale norma di stampo amministrativistico sul sistema tributario, ricordando che lo Statuto del contribuente rammenta, al suo 230 Vedi nota di riferimento 13. La CTR Venezia con ord. n. 8, 11 marzo 2008, dep. 10 giugno 2008, ha provveduto alla trasmissione degli atti alla Consulta, promuovendo la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 4 ter, D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97 Cost., perché lesiva “del principio di uguaglianza, del principio di difesa nonché dei principi di imparzialità e buon andamento dell’attività della Pubblica Amministrazione”, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it. 231 - 164 - interno, delle norme che sono state ritenute tipicamente poste a tutela del giusto procedimento, come il termine utile al contraddittorio anticipato ex art. 12, comma 7, L. 212/2000232, per la cui violazione il Legislatore non ha previsto alcuna comminatoria potrebbe di nullità essere testuale, ricondotta, per né tantomeno carenza di la un stessa elemento essenziale dell’atto, alla categoria della nullità strutturale. Sul tema, circa il presupposto della restrizione del regime di annullabilità degli atti a quelli aventi carattere vincolato, occorre, innanzitutto, chiedersi se i provvedimenti impositivi emanati dall’amministrazione finanziaria abbiano siffatta natura o meno. Pur non essendo questa la sede per addentrarsi in una trattazione complessa circa la natura vincolata o meno degli atti tributari, non sembra possa negarsi che l’atto tributario sia connotato dall’assoluta amministrativa233 nel assenza potere di di discrezionalità imposizione, strettamente connesso alla sussistenza dei presupposti fattuali e di legge che giustifichino, in linea di principio, l’obbligo del privato alla contribuzione, secondo indici di capacità patrimoniale diretta, o comunque indiretta. Tralasciando, dunque, tale aspetto e dandolo per presupposto della nostra analisi sommaria e panoramica, il pericolo insito nell’applicazione della norma de qua è che qualsiasi violazione di legge, afferente norme procedimentali o sulla forma degli atti, non sia manifestazione di un vizio invalidante, o comunque, non rappresenti un autonomo motivo di annullamento, avulso da un previo esame meritorio circa l’illegittimità sostanziale dell’atto, ovvero l’infondatezza della pretesa234. 232 Sull’argomento, vedi V. Azzoni, “Brevi note circa l’avviso di accertamento emanato in violazione del termine utile al contraddittorio anticipato (art. 12, comma 7, L. 212/2000)”, in Il Fisco, 2007, 8, pp. 1 – 59; Lombardi, “omessa redazione del processo verbale di verifica e violazione del principio del contraddittorio”, in Boll. Trib., 2005, 13, pp. 1026 ss.. R. Miceli, Il diritto del contribuente al contraddittorio nella fase istruttoria, in "Riv. Dir. Trib.", 2001, II, pag. 371. 233 Lupi, Motivazione degli atti impositivi e (ipotetici) riflessi tributari delle modifiche alla legge n. 241/1990, in "Dialoghi di diritto tributario" fasc. 4, 2005, pagg. 535-544 234 Sulla trasformazione in atto della natura del giudizio, da mero giudizio di “impugnazione – annullamento”, a “giudizio sul rapporto giuridico”, nel diritto amministrativo, vedi “Procedimento amministrativo – portata applicativa dell’art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990”, a cura di L. Carbone, M. D’Adamo, in Corr. Giur., 2008, 1, 29. - 165 - Il legame a doppio filo e la dipendenza dell’eccepita violazione di norme sul procedimento o sulla forma dell’atto con una eventuale infondatezza della pretesa ivi vantata, fa sì che il riconoscimento della violazione della norma procedimentale o sulla “forma” dell’atto, qualora sia applicata la disposizione in esame, non trovi alcun tipo di autonoma tutela giudiziale, non potendo – di per sé – condurre all’annullamento dell’atto illegittimo, ma al più concorrere nella quantificazione di una eventuale condanna alle spese, nell’ipotesi di annullamento dell’atto infondato. La Suprema Corte a Sezioni Unite235, dal canto proprio, si è mostrata profondamente sensibile alla tematica del rispetto del procedimento, intendendo comminare la nullità, forse virtuale, in ogni caso sistematica, dell’atto emanato in violazione delle regole sul procedimento. Alla luce di quest’ultimo intervento, al quale poteva seguire il riconoscimento della validità dell’atto - perché in concreto legittimo e/o fondato, seppur emesso a seguito di una sequenza procedurale incompleta, ovvero illegittima aderenza – sembra dell’art. opportuno 21 octies ridimensionare citato alle la completa peculiarità della materia tributaria ed alle fondamenta sostanzialistiche, sulle quali si derivata primaria poggiano, tutela dei sia del lo Statuto procedimento, principi da del contribuente, inteso quello quale promanati, che la espressione di buona amministrazione236, da un lato, e di tutela della difesa del privato, dall’altro, fermo restando che i rapporti tra le parti debbano comunque essere improntati a collaborazione e buona fede237. La mancanza di una teoria unitaria delle invalidità e le problematiche connesse alle difficoltà di individuare le diverse graduazioni di vizi invalidanti, impaccia qualsivoglia analisi 235 236 Si rimanda alla nota di riferimento n. 6. F. d'Ayala Valva, Il volto nuovo del fisco. Riflessioni sull'attuazione dell'art. 97 della Corte costituzionale, in Nuovi studi politici, 2003. E. Della Valle, “L’affidamento nella certezza del diritto tributario (studi preliminari)”, Atena, Roma, 1996. 237 - 166 - delle differenze tra categorie giuridiche di invalidità (annullabilità e nullità). In particolare, seguendo l’art. 21 octies L. 241/1990 si rischia di annullare totalmente qualsiasi forma di tutela del contribuente per vizi dell’atto o del procedimento, per i quali non vi sia alcuna comminatoria espressa di nullità, qualora l’esame giudiziale del merito riveli una sostanziale fondatezza della pretesa. Occorre riflettere sulla citato, acriticamente possibilità trasposto nel che sistema l’art. 21 tributario octies delle invalidità, possa anche sanare nullità sistematiche latenti ed espresse e, dunque, tutti quei vizi che, pur coinvolgendo istanze garantistiche statutarie, anziché essere sottoposte ad una previa declaratoria di nullità, portino ad un giudizio di accertamento negativo, per raggiungimento dello scopo. La confusione tra le prerogative proprie di ogni tipologia e regime di vizio, d’altra parte, è facilmente percepibile nella diatriba giurisprudenziale in tema di mancata indicazione delle aliquote d’imposta concretamente applicate all’accertamento, ex art. 42 Dpr 600/1973. Nonostante, difatti, la norma preveda che il difetto de quo comporti la nullità espressa dell’atto, si è discusso a lungo sulla natura invalidante o meno del vizio, riconosciuta, in parte, a prescindere dall’accertamento meritorio delle conseguenze del vizio238, ma in parte, nelle sole ipotesi in cui “il giudice di merito ritenga che tale omissione non abbia pregiudicato il contribuente”239. 3.- Conclusioni. Seppur la tematica delle invalidità debba dirsi ancora oggi irrisolta, è opportuno non cadere in categorizzazioni assolute, che portino ad affermare che le violazioni delle norme sul 238 In tal senso, Cass., sez. V, 27 febbraio 2008 n. 15381, in bancadati fisconline, in www.ilfisco.it. In tal senso, Cass., Sez. V, 05 febbraio 2008 n. 9784, in bancadati fisconline, in www.ilfisco.it. Non ci sarebbe da meravigliarsi se ci si trovasse dinanzi al disconoscimento del vizio invalidante della mancata indicazione delle aliquote, qualora il giudice ritenesse fondata nel merito la pretesa. 239 - 167 - procedimento o sulla “forma” degli atti siano mere irregolarità o, comunque, vizi “non invalidanti”. Se così fosse, a distanza di oltre otto anni dall’entrata in vigore della L. 212/2000, si dovrebbe ritenere che tutte le norme statutarie, preposte a tutela del giusto procedimento, siano mere formalità e che la dinamica del rapporto non possa trovare in esso adeguate garanzie. Pertanto, le gradazioni delle invalidità, a tutt’oggi, non possono ritenersi cristallizzate nelle specie volute dalla L. 241/1990, bensì assumono colori distinti ed, a tratti, sorprendenti, non solo nella dinamica del diritto vivente delle aule giudiziarie, ma anche nelle scelte del Legislatore. Nel lento percorso di affermazione delle garanzie statutarie di buona amministrazione e difesa del contribuente, attraverso la leale collaborazione tra le parti nel procedimento e nel processo240, molte problematiche rimangono ancora irrisolte, sia in relazione allo stato di avanzamento del sistema tributario verso una effettiva attuazione dei principi costituzionali e statutari, sia la capacità dello Statuto di raccogliere domande autonome e concrete di tutela di singole situazioni soggettive attive, e rispondere ad esse con una sanzione “invalidante”241. Gli interrogativi strettamente connessi sono in linea generale ancora imbrigliati, trovando, di volta in volta, singole risposte, esemplificative, ma non sempre convergenti. E se, come vuole Kierkegaard, è vero che “i concetti astratti sono, come la linea retta, invisibili; visibili solo nelle concrezioni”242, lo Statuto del contribuente è la nostra linea retta ed i suoi contenuti, plasmati nella attuazione, ne sono la concrezione. FINE 240 F. d’Ayala Valva, “L’onere della prova ed il principio di collaborazione fra pubblica amministrazione e contribuente nella fase amministrativa e nella fase processuale”, in “Riv. Dir. Trib”. Fasc. 4, 2002, 264-281. 241 Sulla necessità di tutela effettiva del cittadino, in relazione a tutte le situazioni giuridiche soggettive, a prescindere da categorizzazioni assolute, vedi A. Proto Pisani, “Le tutele giurisdizionali dei diritti”, Jovene, Napoli, 2003, pp. 709 ss.. 242 S. Kierkegaard, “Papirer”, a cura di P.A. Heiberg – V. Kuhr – E. Torsting, Kobenhavn, 1909 – 1949, II, A, 496. - 168 - 169