CONVEGNO DI STUDI
Lo STATUTO
dei DIRITTI
del CONTRIBUENTE
Aspetti processuali e sostanziali
(L. n. 212/2000)
ROSSANO ● 15 MARZO 2008
PALAZZO S. BERNARDINO, SALA ROSSA
INDICE DELLE RELAZIONI
Avv. Michele Marincolo, Giudice Tributario (CTP Cosenza)..........................................................................4
“Introduzione al Convegno”
Prof. Gianni Marongiu, ordinario di Diritto Tributario Università di Genova. .............................................10
“Lo Statuto del contribuente e i vincoli al legislatore”
Prof. Raffaele Botta, Consigliere di Cassazione SS.UU. .............................................................................38
“L’interpretazione dello statuto del contribuente nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione”
Avv. Giuseppe Falcone, già Consigliere di Cassazione SS.UU. ..................................................................49
“L’ interpello e la tutela giurisdizionale del contribuente in ambito statutario”
Dott. Antonio Montesano, Notaio in Paola. ................................................................................................63
“La tutela dell’affidamento del contribuente. Profili di rilevanza notarile”
Prof. Francesco D’ Ayala Valva, ordinario di Diritto Tributario Università del Molise. ...............................97
“Il garante del contribuente per una buona amministrazione tributaria.”
Avv. Serafino Trento, Avvocato Tributarista del Foro di Rossano. ...........................................................107
“La motivazione degli atti impositivi”
Prof. Antonio Uricchio, docente di Diritto Tributario Università di Bari. ..................................................145
“Le garanzie in materia di illeciti amministrativi e reati tributari”
Avv. Licia Fiorentini……………………………………………… ..........................................................168
“I vizi degli atti tributari e lo statuto del contribuente”
-3-
INTRODUZIONE AL CONVEGNO
AVV. MICHELE MARINCOLO, Giudice Tributario (CTP Cosenza).
La legge n.212 del 27 luglio 2000, più brevemente conosciuta
come
“Lo
statuto
del
contribuente”,
ha
rappresentato
un
importante passaggio nel cammino intrapreso dall’amministrazione
finanziaria verso quel processo di cambiamento nel rapporto tra
Stato-cittadino, con l’intento di dare maggiore democraticità e
trasparenza al prelievo fiscale. Un cammino il cui inizio va
sicuramente ricondotto alla legge n. 241 del 7 agosto 1990 (che,
lo
ricordiamo,
procedimento
ha
introdotto
amministrativo,
semplificazione
di
dell’azione
nuove
norme
accesso
in
ai
materia
documenti
amministrativa).
Non
di
e
a
di
caso
l’articolo 7 dello Statuto, richiama proprio l’articolo 3 della
legge 241 del 1990, elencando tassativamente gli elementi che
l’amministrazione finanziaria deve indicare negli atti ai fini
della motivazione (ancorché tralasci di comminare un’adeguata
sanzione).
Non
v’è
dubbio
rappresentino
che
una
le
disposizioni
concreta
tutela
contenute
dei
nello
diritti
statuto
economici
dei
contribuenti.
Ma, a distanza di otto anni dalla entrata in vigore di questa
legge,
sembra
lecito
hanno
trovato,
nel
porsi
corsi
una
degli
domanda:
anni,
queste
disposizioni
effettiva
operatività?
Ossia, sono state effettivamente applicate?
Ebbene, la risposta non credo possa essere del tutto positiva;
anzi, al riguardo diverse sono le perplessità ed i dubbi circa
la sua effettiva applicazione.
L’elenco risulterebbe troppo lungo. E’ sufficiente solo rifarci
alle critiche apparse sulla stampa – specializzata e non – di
questi
ultimi
giorni
con
riferimento
alla
recente
legge
di
conversione del decreto “mille proroghe”, su cui certamente gli
illustri
relatori
avranno
modo
di
soffermarsi,
anche
per
i
risvolti di rilevanza costituzionale che la legge sicuramente
contiene.
-4-
Pur tuttavia, la consapevolezza che la ratio dello statuto è
rappresentata comunque (per come dicevo) dalla volontà dello
Stato
di
voler
continuare
quel
percorso
di
cambiamento
nel
rapporto Stato-cittadino, intrapresa con la 241/90, ha spinto
gli organizzatori di questo convegno, a portare l’argomento –
dopo
otto
anni
dall’entrata
in
vigore
della
legge
–
all’attenzione, non solo degli operatori del diritto tributario,
ma anche e soprattutto della generalità dei cittadini.
Ed, infatti, nello statuto del contribuente c’è una marcata
attenzione del legislatore alle attese del "cittadino-cliente" e
ai criteri di efficienza, di trasparenza e d’imparzialità che
devono necessariamente caratterizzare l’azione amministrativa.
Attese che, però, ripercorrendo questi otto anni, per alcuni
versi, sono andate deluse.
Ed
allora,
ristretto
per
in
evitare
ambiti
amministrativo
e
che
il
gestionali
citato
o
cambiamento
procedimentali
tributario,
è
rimanga
del
necessario
diritto
compiere
qualcos’altro; è necessario – a mio avviso – che chi è chiamato
a questo compito, svolga un lavoro formativo più efficace e più
incisivo, al fine di
favorire una più ampia riflessione sul
diritto che lo Stato ha d’imporre tributi, essenziale, certo,
per la sua sopravvivenza, ma anche sui suoi limiti a fronte dei
diritti
di
presupposto
libertà
economica
dell’effettiva
dei
libertà
cittadini,
delle
che
persone
sono
e
il
delle
famiglie (cenno alle politiche fiscali di questi anni).
Il prof. Marongiu – per essere stato uno di quelli che più si è
speso per la sua approvazione –
ricorderà sicuramente che la
legge 212 era attesa da molto tempo; tanto è vero che il disegno
di legge governativo fu approvato dal Consiglio dei Ministri
nell’agosto del 1996 (Cfr. Senato della Repubblica, atto n.
1286.
Va
evidenziato
che
negli
ultimi
dieci
anni
si
sono
susseguiti numerosi disegni di legge, presentati sia al Senato
della Repubblica — atto n. 1244 del 1994 —, sia alla Camera dei
Deputati: atti n. 5079 del 1990, n. 254 del 1992, n. 1124 del
1992, n. 1125 del 1992, n. 391 del 1994, n. 324 del 1996, n.
4546 del 1998 e n. 4818 del 1998. Il tema ha interessato anche
la dottrina: cfr. Gianni Marongiu, Contributo alla realizzazione
-5-
della "Carta dei diritti del contribuente", in Diritto e pratica
tributaria, vol. LXII, Padova 1991, parte I, pp. 585-636.
E solo dopo quattro anni di discussioni fu licenziato in via
definitiva
un
testo
tuttora
in
vigore
di
appena
ventuno
articoli, subendo, tra l’altro, durante il cammino parlamentare,
diverse modifiche.
I giudizi di allora, ancorché contrastanti, furono per lo più
positivi.
Chi
non
ricorda
i
titoli
dei
principali
quotidiani
di
quell’anno: Fisco più umano, pagherà i propri errori (2), Un
Garante
del
contribuente
(3),
Maggiori
garanzie
per
i
contribuenti (4), Varato lo statuto del contribuente. Del Turco:
pagherà anche lo Stato (5), Per lo statuto un debutto dimezzato
(6).
Ed a proposito di giudizi, voglio qui richiamare, fra i tanti,
quello
espresso
dal
Consiglio
Nazionale
dei
Ragionieri
Commercialisti, che, nella circolare n. 32 del 2 agosto 2000,
dava
atto
che
disposizioni
la
volte
nuova
ad
legge
fissa
assicurare
il
"[...]
una
rispetto
serie
dei
di
diritti
fondamentali del contribuente tra cui si possono individuare,
come si legge nella relazione governativa al provvedimento, una
migliore
informazione
e
chiarezza
delle
norme
tributarie,
un’adeguata conoscenza delle conseguenze delle proprie azioni
sul
piano
fiscale,
fiscale,
la
la
speditezza
semplificazione
degli
e
tempestività
adempimenti
e
dell’azione
un
equo
e
regolare svolgimento delle procedure di accertamento" .
Certo, non mancarono anche i giudizi negativi, determinati dalla
mancanza dei decreti di attuazione ma soprattutto dalla sfiducia
di alcuni nella capacità di ricezione e di applicazione, da
parte
dell’amministrazione
finanziaria,
dei
princìpi
e
delle
regole enunciati dalla legge. Ma dobbiamo, però, riconoscere
che,
per
la
prima
volta,
con
lo
statuto
del
contribuente,
vengono raccolte una serie di norme che codificano i diritti dei
contribuenti,
interessati
all’attività
di
accertamento
e
di
riscossione degli uffici fiscali.
Principi, questi, certamente ovvii ed evidenti, dato che sono
già ampiamente disciplinati nella Carta Costituzionale.
-6-
Eppure, c’è chi ha definito tali principi “tanto banali quanto
rivoluzionari”. Evidentemente perché i diritti dei contribuenti
erano stati talmente dimenticati, calpestati e banalizzati da
norme, circolari, sentenze, comunicati stampa, al punto tale da
determinare il legislatore ad avviare una specifica iniziativa
parlamentare che ha portato poi alla emanazione di una magna
carta
dei
diritti
del
contribuente:
il
così
detto
appunto
“Statuto del contribuente”.
Grazie, quindi,
a quella presa di posizione del Legislatore che
oggi possiamo dire che lo Statuto del Contribuente è una legge
dello Stato e quindi una realtà con cui bisogna necessariamente
fare i conti. Una legge che dal punto di vista formale è una
legge – è vero – come le altre, ma che dal punto di vista
sostanziale è sicuramente una legge dal contenuto normativo di
chiaro
stampo
costituzionale:
violare
i
principi
in
essa
contenuti vuol dire – a mio avviso – violare la nostra carta
costituzionale.
Si tratta, in buona sostanza, di una legge importante e, per
alcuni versi, molto impegnativa, per la cui effettiva attuazione
ed applicazione è richiesto, da parte di tutti gli operatori, un
quotidiano sforzo culturale.
Il problema è tutto qui.
Questa legge, così come ogni legge, non vale soltanto per quello
che contiene sul piano formale, ma per quanto si radica nella
coscienza
dei
consociati,
per
come
viene
attuata
dai
destinatari, che in base ad essa hanno degli obblighi, e anche
per come viene chiesta e invocata da chi in essa trova la fonte
e lo strumento per la difesa dei propri diritti.
E’
questo
aspetto
evidenziare
e
che
che
–
mi
sembra
riguarda
–
tutti
si
debba
maggiormente
indistintamente
(P.A.
contribuenti, operatori del diritto, giudici ecc.).
Si tratta, cioè, di convincersi che una legge di questo tipo,
pur
non
essendo
costituisce
però
da
sola
sufficiente
lo
strumento
per
a
cambiare
raggiungere
una
le
cose,
migliore
tutela dei diritti del contribuente.
E’ vero, si potrebbe obiettare: non sono visibili molte sanzioni
nei casi di violazione dello Statuto.
-7-
D’altra
parte,
si
tratta
di
una
legge
che
enuncia
principi
generali, che da un lato individua gli obblighi dei contribuenti
e
dall’altro
stabilisce
i
limiti
del
potere
pubblico.
Ma
ribadire sempre principi generali, si contribuisce a tenerli
vivi.
Proprio
per
questo
è
importante,
per
la
loro
effettiva
applicazione, lottare per la loro difesa, sollevare eccezioni
tutte le volte che vengono violati, dinanzi alle Commissioni
Tributarie o più in generale dinanzi agli organi competenti
(penso soprattutto alla figura del Garante – Prof. D’Ayala).
Così
facendo,
significato,
non
ma
solo
vuol
si
dire
contribuisce
anche
a
esserne
riempirli
gelosi
custodi
di
e
soprattutto evitarne la desuetudine.
Nel
corso
della
soffermeranno
giornata,
sicuramente
dall’applicazione
dello
gli
sui
illustri
relatori,
risvolti
Statuto
del
si
pratici
avuti
contribuente,
grazie
all’opera coraggiosa di molti operatori del diritto.
Pensate, per esempio all’eccezione che non manca quasi mai nei
ricorsi e che viene sollevata quasi per abitudine, ossia la
carenza
di
motivazione
degli
atti
della
Pubblica
Amministrazione. Ebbene, c’è voluto l’articolo 3 della legge 241
del
1990
per
ribadire
questa
necessità
nei
confronti
del
cittadino, così come è stato necessario ribadire tale obbligo di
motivazione
anche
nei
confronti
del
contribuente,
quasi
non
fosse questi, innanzi tutto, un cittadino.
Eppure, in termini pratici, seppure a fatica, tutto questo si è
tradotto in un obbligo di reale motivazione degli avvisi di
accertamento ed ha portato anche ad un rinnovato “look” delle
cartelle esattoriali, pena la censura in sede processuale da
parte dei giudici tributari.
Quindi, la necessità di rispettare e far rispettare una legge
dello Stato dalla valenza sostanziale rilevante, come quella di
cui oggi ci occupiamo.
Ed a proposito, mi piace fare un parallelo con l’esperienza
della famosa L. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), la
cui forza normativa ha caratterizzato il mondo del lavoro degli
ultimi trenta e più anni.
-8-
Ma mentre in quel caso il soggetto forte dal quale “tutelarsi” è
il
datore
di
Contribuente
lavoro,
serve
a
nel
mondo
difendere
tributario
la
parte
lo
Statuto
contribuente
del
dalla
“prepotenza” dello Stato.
E’
sicuramente
articolato
di
singolare
legge
Amministrazione
essere
per
costretti
arginare
nell’esercizio
e
delle
ad
limitare
proprie
emanare
la
un
Pubblica
prerogative
nei
confronti dei cittadini: qui, infatti, i titolari degli obblighi
sono
soggetti
di
inadempimento
diritto
crea
pubblico
ed
obiettivamente
il
loro
maggiori
eventuale
difficoltà
nell’effettiva applicazione della norma.
E le difficoltà verso una effettiva e piena applicazione della
legge 212, nascono, a mio avviso, proprio dal considerare tale
aspetto.
Non
v’è
dubbio
che,
sotto
tale
profilo,
lo
Statuto
del
contribuente ha subìto dei duri colpi a causa degli attacchi da
parte dello stesso legislatore che, pur avendone concepito la
nascita, ne ha poi, in parte e contraddittoriamente, favorito la
disapplicazione, laddove, nel corso di questi anni, ha emanato
leggi
finanziarie
addirittura
con
la
seguente
espressa
previsione: “alla presente legge non si applicano le norme dello
Statuto del Contribuente!”
L’ultima,
in
ordine
di
tempo
(lo
ricordavo
prima),
è
stata
l’approvazione della legge di conversione del decreto c.d.“mille
proroghe”, di cui è inutile riportare i commenti negativi e
quali siano state le reazioni.
Sono questi, purtroppo, cattivi esempi, dati fra l’altro, già
all’indomani
dell’entrata
in
vigore
dello
Statuto,
che,
pur
essendo stati tutti stigmatizzati, di fatto fanno capire la
enorme difficoltà per una effettiva applicazione.
Ed allora è giunto il momento (per i giudici, gli operati del
diritto, gli autorevoli studiosi ed esperti della materia), di
dovere necessariamente incidere sul contenuto normativo delle
singole disposizioni, proseguendo quella azione di resistenza e
difesa cui tutti sono tenuti a continuare per vedere, finalmente
ed
effettivamente,
attuati
tutti
i
principi
stabiliti
dallo
Statuto dei diritti del contribuente.
-9-
Ecco, perché (e mi avvio alla conclusione), mi auguro che anche
da questo convegno possa chiaramente venire fuori un invito
forte – direi quasi un’esortazione – da rivolgere a tutti gli
operatori
del
contribuenti
settore,
sia
legislatore;
perché
costante
così
come
e
la
difesa
provenga,
auspico
dei
prima
diritti
dei
tutto,
dal
di
un’altrettanta
costante
attenzione (ed anche fermezza) da parte dei giudici tributari
tutte quelle volte in cui sono chiamati a pronunciarsi sulla
violazione di norme della legge 212 del 2000.
E’ così, infatti, che si educano i destinatari di provvedimenti
di legge a rispettarne il contenuto.
PRIMA SESSIONE
RELAZIONE INTRODUTTIVA
Prof.
Gianni
Marongiu,
ordinario
di
Diritto
Tributario
Università di Genova.
“Lo Statuto del contribuente e i vincoli al legislatore”
1. A metà degli anni “80”, riflettendo sullo stato, non buono,
della disciplina dei tributi si richiedeva, almeno, “una nuova
politica legislativa e della codificazione fiscale".
"La legislazione fiscale non può essere - come è stato dopo la
riforma del 1971-1973 - analitica ed enumerativa, per casi e
sottocasi, soprattutto in un sistema che estende la libertà
contrattuale fino ad ammettere i contratti innominati e dunque
l'uso
indiscriminato
di
strumenti
civilistici
per
ottenere
risultati fiscalmente non previsti o previsti con la minima
incidenza fiscale. Lo sforzo di inseguire e fotografare con
norme
fiscali
i
processi
reali
dell'economia
ha
creato
un
apparato normativo la cui inutilità è data e segnata proprio
dalla sua espansione e che ormai si avvita nella paralisys by
analysis,
con
effetti
di
blocco
e
di
ritardo
dannosi
per
l'economia. La legislazione fiscale deve essere ricostruita per
principi (come era nel testo unico delle imposte dirette del
- 10 -
1958). Il corpo normativo deve essere raccolto in un nuovo testo
unico che non può essere una raccolta delle norme esistenti per
i vari tributi ma che deve contenere una parte generale di
regolazione degli istituti generali e, dunque, comuni ai vari
tributi"1.
In
sintesi,
all’esigenza
della
semplificazione
applicativa
e
amministrativa si affiancava l’altrettanto impellente necessità
dell’arresto della profluvie normativa e della stabilizzazione
dell’ordinamento tributario per evitare che le leggi tributarie
si
riducessero
a
dei
“palinsesti
di
norme
incapaci
di
norme,
si
sopravvivere alla annuale legge finanziaria”2.
La
maggiore
trasparenza
soggiungeva,
adempimenti
avrebbe,
formali
e
conoscibilità
ovviamente,
onde
delle
interagito
“semplificazione”,
anche
sugli
“trasparenza”,
“stabilità” divennero la formula sintetica per coloro, che, da
posizioni di minoranza, intendevano agevolare la realizzazione
della pretesa fiscale.
Obiettivi che rimasero tali ancora per alcuni anni se, nella
relazione al Senato a un disegno di legge costituzionale del
1992
(relativo
a
una
possibile
“Carta
dei
diritti
del
contribuente”), si legge: “L’attuale sistema tributario è sempre
più condizionato dalle soluzioni, peraltro sempre più precarie e
di emergenza, immaginate dalle forze di governo per far fronte
ai problemi posti dalla “crisi fiscale dello Stato”.
“In
tale
contesto
dell’attenzione
è
opportuno
l’esigenza
di
una
riportare
piena
al
centro
realizzazione
dei
diritti dei cittadini nella coscienza che il “contratto sociale”
delle
moderne
società
si
regge
essenzialmente
sul
“patto
fiscale”, patto che implica “diritti” e “doveri” reciproci dello
Stato e del cittadino. In tal modo si può meglio comprendere che
praticare
trascurare
una
il
politica
momento
dei
della
diritti
non
significa
“responsabilità”
affatto
individuale
o
collettiva. Il presente disegno di legge prospetta quindi una
“Carta dei diritti del contribuente”.
1
2
La relazione è pubblicata in Il foro it., 1986, V, col. 119.
Così G. MARONGIU, Le riforme tributarie a “costo zero” in Riv. trim. dir. pubbl., 1989,
p. 378.
- 11 -
“La
nostra
proposta
di
legge
mira
essenzialmente
a
mettere
ordine e a restituire correttezza al rapporto tra cittadino e
amministrazione tributaria anche al di là dei limiti in cui ciò
è
reso
possibile
dall’applicazione
all’area
tributaria
dei
principi fissati nella recente l. 7 agosto 1990, n. 241, sul
procedimento amministrativo.
“L’esigenza
di
contribuente
realizzazione
appare
di
oggigiorno
una
Carta
dei
indiscutibile,
diritti
specie
del
se
si
considera che la legge n. 241 del 1990, nel dettare nuove norme
in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi, ha
espressamente
ribadito
l’obbligo
improntare
di
economicità,
di
che
la
la
efficacia
pubblica
propria
e
di
amministrazione
azione
a
pubblicità”,
ha
“criteri
così
di
come
ha
generalmente garantito in maggior misura la tutela dei diritti
civici nei confronti dell’azione amministrativa.
“Il dato principale dal quale occorre muovere è che il vigente
sistema
fiscale
incentra
la
fase
di
accertamento
dei
procedimenti tributari sulla attiva ed esclusiva collaborazione
del
cittadino-contribuente,
sul
quale
ricade
l’onere
di
conoscere ed interpretare una normativa vasta, frammentaria e
complessa,
fonte
pressochè
inesauribile
di
nuovi
obblighi
e
vincoli di carattere spesso meramente formale.
“Queste difficoltà di conoscenza e di intelleggibilità della
normativa
rappresentano
la
causa
prima
della
mancata
conformazione dell’attività tributaria ai menzionati canoni di
economicità, efficacia e pubblicità, così come la frammentarietà
costituisce
una
delle
principali
cause
tecniche
delle
diseguaglianze fiscali”3.
* * * * * *
2. Dalle descritte esigenze mossero i progetti, ufficiosi4 e
ufficiali5,
di
redigere
uno
Statuto
dei
diritti
del
contribuente.
Così la relazione di accompagnamento al d.l.cost. 4 gennaio 1992, atto n. 322, primo
firmatario il sen. prof. Vincenzo Visco, pubblicata, assieme al testo dell’articolato, in Dir. prat.
trib., 1993, I, pg. 240-254 con un’osservazione di G. Marongiu.
4
Si veda G. MARONGIU, Contributo alla realizzazione della “Carta dei diritti del
contribuente”, in Dir.prat.trib., 1991, I, pg. 585-636 e Id., Disposizioni sulla legge tributaria in
- 12 3
Progetto che incontrò difficoltà sempre maggiori quanto più, dal
1996, entrò in una fase decisiva con la presentazione al Senato
(18
settembre
1996)
dello
schema
di
legge
approvato
dal
Consiglio dei Ministri l’8 agosto 19966.
Ebbene, quando le prospettive di un sollecito varo dello Statuto
si fecero concrete7, apparve sull’orizzonte una minaccia ancor
più
sottile
e
subdola
delle
dure
resistenze
in
specie
burocratiche8, il suggerimento di approvarlo con la veste di una
legge costituzionale.
Evidente era la trappola ove si consideri che l’“iter” normale
di discussione e approvazione è durato quattro anni, dal 1996 al
2000:
i
tempi
si
sarebbero
raddoppiati
e
neppure
nella
tredicesima legislatura lo Statuto avrebbe visto la luce e,
molto probabilmente, in una stagione (quali sono stati gli anni
dal 2001 al 2005) connotata dall’uso e dall’abuso dei condoni,
l’antitesi
dei
principi
costituzionali,
esso
sarebbe
stato
definitivamente affossato.
Al
riguardo
è,
quindi,
opportuno
spendere
qualche
ulteriore
parola perché, anche a Statuto emanato, qualcuno ha lamentato la
mancata adozione di una legge costituzionale e ha denunciato
questa scelta come un limite, foriero del suo immaginabile, e da
qualcuno fosse auspicato, fallimento.
Un
autorevole
nonostante
quotidiano
pretenda
economico
di
contenere
scrisse:
“Lo
principi
Statuto
generali
dell’ordinamento tributario, come pomposamente si legge nel suo
art. 1, continua a manifestare i suoi limiti … “Limiti che non
si
sarebbero
manifestati
se
anziché
approvare
una
legge
purchessia, si fosse seguito il suggerimento di adottare una
legge costituzionale”.
generale, ivi, 1994, I, pg. 337 sg. e qui (pg. 366-368) il testo di un elaborato normativo redatto
in collaborazione con il prof. Cesare Glendi.
5
Si veda la più risalente proposta di legge 20 dicembre 1990 (n. 5079) in Dir.prat.trib,
1991, I, 198 sg. e poi ancora il disegno di legge citato alla nota 90.
6
Si veda il testo in Corr.trib., 1996, n. 36, pg. 2805 sg. corredato dalla Relazione di
accompagnamento.
7
Si veda G. MARONGIU, Contributo alla realizzazione dello Statuto del contribuente, in
Tributi, 1999, p. 3.
8
Si vedano G.MARONGIU, Statuto del contribuente: primo consuntivo a un anno
dall’entrata in vigore in Corr.trib., 2001, pg. 2069 sg.; e anche F. D’AYALA VALVA, Il
principio di cooperazione nello Statuto dei diritti del contribuente, Roma, 2003, pg. 46 sg.
- 13 -
Una
legge
purchessia?
Era
da
più
di
due
lustri
che
si
susseguivano i progetti ma nessuno era mai arrivato in porto
perché lo Statuto incontrava fortissime, seppure sotterranee,
resistenze,
frettolosi
anche
perché
esso,
decreti-legge,
era
in
un
un
mondo
popolato
di
apprezzabile
spezzone
di
diritto tributario parlamentare.
L’Europa
giuridica
avrebbe
riso
e
avrebbe
tratto
amare
conclusioni sull’affidabilità di un paese nel quale per imporre
la motivazione degli atti tributari non basta(va) la legge del
1990, per imporre il principio di buona fede non basta(va) il
codice civile, per introdurre l’interpello non era sufficiente
una legge ordinaria: ci voleva una legge “Costituzionale”!
In
realtà,
e
a
costituzionalizzare
ben
neppure
guardare,
i
non
precetti
era
oggi
opportuno
contenuti
negli
articoli 3 e 4 perché il divieto assoluto di retroattività e di
spiccare decreti legge in materia tributaria avrebbe costretto
il legislatore ordinario in un inaccettabile e inopportuno letto
di
Procuste,
esso
sì
contrario
ai
principi
costituzionali
proprio per l’impossibilità di affrontare anche gli effettivi
stati di emergenza o di porre rimedio a errori o ingiustizie.
Ma, anche a ritenere di dover riconoscere (in astratto) valenza
costituzionale ai precetti contenuti negli artt. 3 e 4, due
sarebbero state le alternative certamente rovinose, o rinunciare
a tutte le norme successive all’art. 4 o scrivere due Statuti,
uno con dignità di legge costituzionale e uno con dignità di
legge ordinaria: insomma uno Statuto di serie A e uno di serie
B.
E’
facile
immaginare
gli
ulteriori
sorrisi
per
un
vero
capolavoro del perpetuo bizantinismo.
Una sola è allora la previa conclusione: di fronte a norme nuove
vale la loro qualificazione formale ma soprattutto l’impegno a
studiarle per coglierne tutte le possibili implicazioni.
E lo Statuto merita di essere studiato e applicato (come accade)
perché esso, anche nella sua qualificazione di legge ordinaria
recante “principi”, “si sta dimostrando, per la sua organicità
e,
se
si
vuole,
interpretativo
per
la
importante
sua
nella
solennità,
prassi
un
riferimento
amministrativa
e
- 14 -
giurisprudenziale”9 nonché, si può soggiungere, nella crescita
di una consistente e qualificata produzione dottrinaria.
E’
vero,
certamente,
che
il
legislatore
lo
soffre,
tende
a
svilirlo e a mortificarlo10 ma in ciò sta il segno della sua
vitalità se non altro perché è la misura dello scostamento della
legislazione
spessore
dai
“buoni
giuridico,
costituzionale,
a
e
corretti
anche
doglianze
in
che,
principi”
termini
e
dà
di
altrimenti,
fondo
e
legittimità
rimarrebbero
le
ennesime giaculatorie11.
E peraltro significativo che il 1° agosto 2007 la Commissione
finanze
votato,
del
Senato,
presieduta
all’unanimità,
una
da
Giorgio
mozione
Benvenuto,
abbia
affinché,
nella
predisposizione della “Finanziaria 2008”, Governo e Parlamento
rispettino soprattutto l’intero art. 3 dello Statuto12
* * * * * *
3. In sintesi, e tornando alla genesi dello Statuto, tutte le
esigenze e le istanze sopra ricordate furono rese concrete dalla
legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo “Statuto dei diritti
del
contribuente”,
dell’ordinamento
che
tributario
codifica
mai
i
formulati
principi
prima
generali
nel
nostro
Paese13. Provvedimento talmente importante e innovativo che ha
dato
impulso
all’esigenza
di
ridisegnare
l’ordinamento
Così R. LUPI, Diritto tributario. Parte generale, Milano, Giuffrè, 2005, ottava ed., p. 34.
In una intervista a Giorgio Benvenuto, presidente della Commissione finanze del
Senato e tenace sostenitore dello Statuto, si legge a proposito delle norme tributarie retroattive:
“Abbiamo contato una violazione nella XIII legislatura e 17 dal giugno 2001 all’aprile di
quest’anno. E altre sei da quando il centrosinistra è tornato al Governo”; ma lo stesso senatore
soggiunge: “Le tasse che retroagiscono sono il risultato del modo convulso con cui si fanno le
leggi fiscali in Italia: sulla pelle del contribuente che deve confrontarsi con continue violazioni
dei suoi diritti” (così su Il Sole-24 Ore di sabato 25 novembre 2006, p. 25).
11
Sulle violazioni, perpetrate dal legislatore, degli artt. 2, 3 e 4 dello Statuto si veda la
relazione della Corte dei conti depositata il 25 maggio 2007 (rel. il consigliere Stefano
Siracusa).
12
Si veda Il Sole 24 Ore di giovedì 2 agosto 2007.
9
10
A commento, anche con ampi riferimenti alla giurisprudenza e alla letteratura, si
vedano Lo Statuto del contribuente, a cura di A. FEDELE e di A. FANTOZZI, Milano, Giuffrè, 2006
(di seguito citato come “Lo Statuto, Milano, cit.”); G. MARONGIU, Statuto del contribuente in
Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 2006; G. MARONGIU, Lo
Statuto dei diritti del contribuente nella quinquennale esperienza giurisprudenziale, in Dir.
prat. trib., 2005, I, p. 1007 sg.; A. URICCHIO, Statuto del contribuente, in Digesto disc. priv. sez.
comm., agg. 11, Torino, 2003, pg. 845 sg.,nonché il volume collettaneo citato nella nota
seguente.
- 15 13
tributario
italiano
e
non
a
caso
esso
era
esplicitamente
richiamato nella legge delega per la riforma del sistema fiscale
statale (legge 7 aprile 2003, n. 80)14. Certo quest’ultima non è
stata attuata ma in essa, per la prima volta, si prevedeva la
codificazione15 “articolata in una parte generale” e in una
parte speciale e si soggiungeva che “la parte generale ordina il
sistema fiscale sulla base di più principi e tra questi sancisce
che “le norme fiscali, in coerenza con le disposizioni contenute
nella legge 27 luglio 2000, n. 212, sono informate ai principi
di
chiarezza,
semplicità,
conoscibilità
effettiva,
irretroattività”.
Traspare, all’evidenza e immediatamente, che la legge del 2000 è
innovativa
non
solo
perchè
l’Italia
non
ha
mai
avuto
uno
“Statuto dei diritti del contribuente” ma perchè esso va ben al
di là di ciò che suggerisce il suo titolo e di ciò che fino ad
oggi hanno attuato Paesi che lo Statuto hanno da tempo.
Non è certamente questa la sede per procedere a una analisi dei
differenti “Statuti”, o “Carte dei diritti del contribuente”,
adottati in Francia nel 1975, in Australia nel 1982, in Canada
nel 1985 e in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nel 1988 16. Può
dirsi, peraltro, senza tema di smentite, che, mentre la più gran
parte delle “Carte” degli Stati aderenti all’OCSE è volta a
informare
i
contribuenti
dei
loro
diritti
nel
procedimento
amministrativo di imposizione e a garantirli17, quello italiano
va
oltre
poiché
disciplina
“anche
il
modo
di
legiferare
in
Per le speranze suscitate dalla cennata legge delega, andate presto deluse per l’inerzia
del Governo, proprio nel 2003, in coincidenza con il centesimo anniversario della nascita di
Ezio Vanoni, si tenne a Genova, per iniziativa dell’ANTI, un convegno dedicato al commento
dello Statuto: i lavori di M. Beghin, R. Cordeiro Guerra, L. Del Federico, E. Della Valle, G.
Marongiu, M. Miccinesi, L. Salvini, S. Sammartino, D. Stevanato, A. Uricchio sono raccolti nel
volume collettaneo “Lo Statuto dei diritti del contribuente” a cura di G. Marongiu, Torino,
Giappichelli, 2004, di seguito citato come “Lo Statuto,Torino, cit.”
15
Si veda G. MARONGIU, Dallo Statuto del contribuente al codice tributario nel ricordo di
Ezio Vanoni, in AA.VV., La politica economica tra mercati e regole, Rubbettino, 2005, pg. 237
sg.
16
Si veda OCSE, Droits et obligations des contribuables: description de la situation
légale dans les pays de l’Ocde, Paris, 1990.
17
Si veda F. d’AYALA VALVA, Origini e prospettive dell’istituto del garante del
contribuente. Riflessioni dopo il primo quinquennio, Padova, 2006, spec. pg. 9-12.
- 16 14
materia
tributaria,
costituendo
il
primo
passo
verso
la
codificazione fiscale”18.
Significativamente
disposizioni
tributario
e
l’art. 1 della legge statuisce che le sue
costituiscono
attuazione
principi
degli
generali
artt.
3,
23,
dell’ordinamento
53
e
97
della
Costituzione.
Infatti, le disposizioni dello Statuto, in quanto dichiarate
principi generali, assumono una particolare collocazione nella
gerarchia
delle
disposizioni
fonti
speciali
del
diritto19.
possono
derogare
E’
a
ben
quelle
vero
che
le
generali
di
principio ma “è altrettanto vero che la specialità della legge
derogativa dei principi deve essere in qualche modo giustificata
sulla base di esigenze particolari e che, inoltre, i principi
forniscono la chiave interpretativa delle disposizioni speciali,
le quali, per quanto possibile, devono essere conformate ai
principi”20.
A maggior ragione, soggiungo, se tali principi costituiscono
l’attuazione di fondamentali precetti costituzionali.
* * * * * *
Così si legge nella relazione della VI Commissione permanente della Camera
presentata il 20 settembre 1999 dall’on.le prof. G. Marongiu.
19
Per una considerazione della gerarchia delle fonti del diritto, all’interno di una fonte
dello stesso grado, si veda RUSSO-DORIA-LENER, Istituzioni delle leggi civili, Padova, 2004 ove
(a pag. 13) si legge:”E’ ravvisabile una gerarchia anche nell’ambito di una fonte di un certo
grado. Ad es., nel codice civile esistono disposizioni che vengono ritenute fondamentali (c.d.
principi) in ragione del loro livello elevato di generalità. Queste disposizioni informano del loro
contenuto le disposizioni particolari ed attribuiscono ad esse uno specifico significato. Sono,
quindi, gerarchicamente superiori e le disposizioni particolari se vogliono derogare ad esse
devono porsi esplicitamente come norme derogatrici di un principio”. Nel testo si sottolinea la
particolare importanza della gerarchia delle fonti dello stesso grado, val quanto dire dei
rapporti tra diritto generale e diritto speciale: “Il vero è che raramente si pone un conflitto di
fonti (per il contrasto tra le norme poste da esse) risolvibile applicando il criterio “gerarchico”.
E ciò perché le fonti di grado superiore contengono norme che hanno un campo di applicazione
generale mentre le fonti di grado inferiore hanno un campo di applicazione più ristretto, e a
volte assai specifico. La fonte di grado inferiore, quindi, non confligge apertamente e
direttamente con la fonte di grado superiore, ma opera in concorrenza e in combinazione con
quest’ultima in un campo di applicazione specifico. Esistono, poi procedimenti per “adeguare”
il significato delle fonti di grado inferiore al significato delle fonti di grado superiore, le quali
esplicano la loro incidenza, (la loro superiorità gerarchica) nell’ambito del procedimento di
interpretazione della legge”.
20
Così E. RUSSO, La natura negoziale “determinativa” della dichiarazione dei redditi in
Riv.dir.civ. 2005, pp. 395-396.
- 17 18
4. Lo Statuto, coerentemente, nelle sue prime norme, è volto a
garantire
una
disciplina
tributaria
scritta
per
principi,
stabile nel tempo, affidabile e trasparente e perciò idonea ad
agevolare,
nella
interpretazione,
l’amministrazione
finanziaria
sia
il
(anch’essa
contribuente
ha
che
ripetutamente
e
giustamente documentato difficoltà nell’intendere e nel gestire
un ordinamento “torrentizio”) e a diminuire gli alibi del primo
nel tentare e realizzare comportamenti “evasivi”.
E’, per altro, riduttivo intendere i precetti dello Statuto
(ancorchè esso non abbia natura di legge costituzionale) come
una
sorta
di
manifesto
frettolosamente
comportamenti
scrisse,
non
di
buone
volto
esemplari
intenzioni,
a
del
come
qualcuno
condannare
in
astratto
i
legislatore,
ma
inidoneo
a
ostacolarli in concreto per la mancata sovraordinazione dello
Statuto stesso21.
Innanzi tutto,la lettura dei singoli precetti, congiuntamente
con la clausola di autoqualificazione di cui all’art. 1, comma
primo,
esprimente
la
funzione
attuativa
di
determinate
disposizioni della Costituzione, e in particolare degli artt. 3,
23, 53 e 97 Cost. 22, è stata salutata con favore in quanto
“l’intento
prospettiva
di
orientare
in
costituzionale
senso
del
garantistico
diritto
tutta
tributario
la
merita
particolare apprezzamenti alla luce della tendenza costante, fin
qui
manifestata
discrezionalità
dal
in
legislatore,
materia,
fino
a
a
sfruttare
farla
la
propria
trasmodare
in
arbitrio”23.
Muovendo dalla riconosciuta e lodata connotazione garantista del
complesso delle norme e delle più puntuali disposizioni dello
Statuto, può allora prospettarsi una ricostruzione che non fonda
la
vincolatività
delle
meta-norme
su
profili
formali,
ma,
Contro questa lettura riduttiva si veda L.PERRONE, Valenza ed efficacia dei principi
contenuti nello Statuto del contribuente, in Diritto tributario e Costituzione, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 2007, p. 433 sg.
22
Si vedano a commento G.FALCONE Il valore dello Statuto del contribuente in Il Fisco,
2000, 11038 sg. e S. LOMBARDI, Statuto dei diritti del contribuente e teoria delle fonti, in
Riv.dir.trib. 2005, n. 2, pg. 165 sg. e qui ampie considerazioni in specie sugli artt. 3 e 4.
23
Si veda C. PINELLI,Sulle clausole rafforzative dell’efficacia delle disposizioni dello
Statuto dei diritti del contribuente (l.n. 212 del 2000) in Foro it., 2001, n.5, p.102 sg.
- 18 21
all’opposto,
sulla
rilevanza
del
contenuto,
invece
che
del
contenente, della legge.
Il
che
sta
a
significare
che
le
disposizioni
dello
Statuto
possono fungere da ausilio interpretativo nella lettura degli
stessi articoli della Costituzione in esso richiamati e i suoi
principi possono e debbono rivestire la funzione di un canone
ermeneutico vincolante per l’interprete.
Ebbene è proprio questa l’impostazione della Corte di Cassazione
che dello Statuto ha colto lo spirito e la valenza.
Lo spirito allorquando ha statuito che “il cosiddetto Statuto
del contribuente è uno strumento di garanzia del contribuente
che serve ad arginare il potere dell’erario nei confronti del
soggetto più debole del rapporto di imposta”24 e ancora che “uno
Stato
moderno
che
operi
secondo
criteri
di
efficienza
e
di
coerenza non deve avere timore di porsi su un piede di parità
con il cittadino (non più suddito)”25.
La valenza quando il Supremo Collegio ha affermato e asseverato
la “superiorità assiologica” dei principi dello Statuto26.
Questa è, quindi, la nuova linea interpretativa, e cioè che va
rifiutata, di una norma (si trattava di una norma del processo
tributario),
l’interpretazione
che
la
porrebbe
“in
patente
contraddizione con la ratio del nuovo processo tributario, che è
ispirato
alla
tutela
dei
diritti
del
contribuente
(e
in
particolare dell’inalienabile diritto di difesa), nel quadro di
una assimilazione ai caratteri del processo civile, nonché con i
principi “forti” che, alla luce della legge n, 212 del 2000,
caratterizzano l’attuale sistema tributario nella direzione di
un
“riequilibrio”
contraddittorio”:
delle
“imporre
posizioni
al
delle
contribuente,
ha
parti
in
soggiunto
il
Supremo collegio, l’impugnazione cumulativa dell’atto successivo
e
dell’atto
notificazione,
presupposto
del
significherebbe
quale
sia
stata
privilegiare
omessa
la
immotivatamente
l’amministrazione finanziaria, recuperandone in via processuale
l’azione
24
25
26
impositiva
esercitata
in
violazione
della
specifica
Così Cass., sez. trib., 21 aprile 2001, n. 5931.
Così Cass. sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760.
Così Cass., sez.trib., 12 febbraio 2002, n. 17576: si veda amplius al par.
- 19 -
scansione
procedimentale
dettata
dalle
regole
di
diritto
sostanziale”27
Da questi primi riferimenti emerge, senza tema di smentita, che
sono forti le “rationes” obiettive sottese allo Statuto e anche
quale è la sua specifica incisività.
Esso vuole fare uscire da una stagione negativa nella quale
l’intento
“protezionistico”
provvedimenti
dell’erario
legislativi
nell’interpretazione
della
o
lo
si
trovava
emergeva
giurisprudenza
nei
prepotente
guidata
da
una
malintesa tutela dell’interesse fiscale (in alcuni non rari casi
sarebbe
più
corretto
parlare
di
“ragione
di
Stato”)
e
ciò
accadeva nonostante che una illustrissima dottrina insegnasse,
già decenni or sono, che “niente nell’art. 53 Cost., sta ad
indicare
che
all’interesse
fiscale
sia
data
una
qualsiasi
prevalenza nell’ordine dei valori costituzionali”28.
E vi riesce per più ragioni e sotto diversi profili. In primo
luogo le disposizioni dello Statuto, esprimendo una valutazione
del
legislatore,
un
dall’autoqualificazione
giudizio
dello
di
Statuto
valore,
stesso
rafforzato
come
legge
di
attuazione costituzionale, comportano che eventuali deroghe a
tali
disposizioni,
giustificate,
possono
qualora
essere
non
siano
censurate
sufficientemente
sul
piano
della
loro
costituzionalità. In secondo luogo i principi determinati dal
legislatore rappresentano il parametro per l’interpretazione di
altre disposizioni normative che devono essere sorrette dalla
regola
espressa
statutariamente
dallo
stesso
fissati
principio.
esprimono
Infine,
precetti
i
la
principi
cui
forza
espansiva trova fondamento nella volontà del legislatore29.
In
sintesi,
Costituzione
il
richiamo
“sta
a
agli
artt.
significare
che
3,
le
23,
53
e
97
della
prescrizioni
dello
Statuto rappresentano, per espresso e autorevole riconoscimento
del
legislatore
ordinario,
il
necessario
ed
equilibrato
Così Cass. sez.un., 25 luglio 2007, n. 16412.
Così V. CRISAFULLI, In tema di capacità contributiva, in Giur. cost., 1965, spec. pg.
861-862.
29
Si vedano amplius, M. LOGOZZO, L’ignoranza della legge tributaria, Milano, Giuffrè,
2002, spec. pg. 38 e G. TINELLI, I principi generali, in Atti del convegno di Perugia del 10
marzo 2001 in Il fisco, 2001, n. 39, p. 9.
- 20 27
28
contemperamento
delle
contrapposte
esigenze
di
rango
costituzionale che si fronteggiano in materia tributaria”30.
Ed
esse,
come
esprimendo
la
concreta
valori
esperienza
fondanti
ha
subito
dell’ordinamento
dimostrato,
tributario,
collegati a quelli sanciti dalla Costituzione, sono destinate a
orientare
sia
l’attività
interpretativa
che
la
produzione
normativa assicurando nel contempo la sindacabilità dell’unità e
della
coerenza
dell’ordinamento:
anzi,
ha
deciso
il
Supremo
Collegio “quando si tratti di leggi in senso sostanziale emanate
dal Governo su delega parlamentare, quando si tratti, cioè, di
“leggi
di
parte”
la
lettura
costituzionale
deve
essere
più
penetrante31.
* * * * * *
5. Lo Statuto ha inteso attribuire alle proprie disposizioni il
valore
come
di
già
“principi
generali
sottolineato
dell’ordinamento
dalla
Corte
di
tributario”
Cassazione,
e,
questa
autoqualificazione “trova puntuale rispondenza nella effettiva
natura della maggior parte delle disposizioni stesse, quale si
desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro
scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della
legislazione e dell’ordinamento tributario, nonchè dei relativi
rapporti”.
A
queste
specifiche
autoqualificazione
delle
“clausole
rafforzative”
disposizioni
stesse
“deve
di
essere
attribuito, perciò – soggiunge la Corte smentendo i pavidi e i
conformisti32 – un preciso valore normativo ed interpretativo
sia
sé
hanno
costituzionali
la
funzione
richiamate
di
dallo
dare
attuazione
Statuto
sia
sé
alle
norme
costituiscono
“principi generali dell’ordinamento tributario”.
“Il
legislatore,
l’intenzione
di
infatti,
attribuire
ha
ai
manifestato
principi
esplicitamente
espressi
nelle
disposizioni dello Statuto, o desumibili da esso, una rilevanza
del tutto particolare nell’ambito della legislazione tributaria
Così P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, parte generale, Milano, Giuffrè, 2002, 63.
Così Cass., sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760.
32
Per una replica ad alcune prime letture scettiche dello Statuto rinvio alla mia noterella
apparsa in Corr. Trib., 2001, 2069 sg.
- 21 30
31
e una sostanziale superiorità rispetto alle altre disposizioni
vigenti in materia. Nella categoria dei principi giuridici è
insita inoltre – come si desume dal secondo comma dell’art. 12
delle preleggi – la funzione di orientamento ermeneutico ed
applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto”.
Ne
consegue,
insegna
ancora
la
Corte
di
Cassazione,
che,
enucleati, dall’art. 1, primo comma, quattro enunciati – a)
l’autoqualificazione
delle
disposizioni
dello
Statuto
come
attuative della Costituzione; b) il valore di tali norme, come
principi generali dell’ordinamento tributario; c) il divieto di
deroga o modifica delle norme, in modo tacito; d) il divieto di
deroga o modifica mediante leggi speciali, “Quale che possa
essere l’incidenza dei quattro enunciati normativi contenuti nel
primo comma dell’art. 1 della legge n. 212 del 2000….. è certo,
però,
che
alle
autoqualificazione
specifiche
delle
clausole
disposizioni
rafforzative
stesse
come
di
attuative
delle norme costituzionali richiamate e come principi generali
dell’ordinamento tributario, deve essere attribuito un preciso
valore
normativo”.
distinti
E
poiché
significati
“…
della
il
tratto
locuzione
comune
ai
“principi
quattro
generali
dell’ordinamento tributario” è costituito, quanto meno, dalla
superiorità assiologica dei principi espressi o desumibili dalle
disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di
orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete”….. “il
dubbio
portata
interpretativo
di
qualsiasi
ambiti
materiali
essere
risolto
o
applicativo
disposizione
disciplinati
dall’interprete
sul
significato
tributaria
che
dalla
legge
n.
nel
senso
più
e
sulla
attenga
212/2000
conforme
ad
deve
ai
principi statutari”33.
E
“questa
legislatore
prescrizione
tributario,
non
ma
è
diretta
si
soltanto
riflette
come
al
futuro
criterio
interpretativo sull’esercizio della stessa attività applicativa
dell’interprete, che è chiamato ad applicare quei principi anche
con riferimento a leggi tributarie che non siano state oggetto
Così Cass. sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17576, in Giur. it., 2003, I, 2194, con nota di
A. TURCHI, e anche Cass., sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760.
- 22 33
di correzione, vale a dire virtualmente tutte le altre norme
dell’ordinamento tributario”34.
Fondamentale
è,
nell’interpretazione
quindi,
delle
il
ruolo
disposizioni
dello
tributarie
Statuto
di
rango
legislativo35, così come il Supremo Collegio, con la sentenza
ora
citata
(Cass.
n.
17576),
mostra
di
condividere
l’impostazione secondo la quale lo Statuto contiene disposizioni
volte a orientare in senso garantistico tutta la prospettiva
costituzionale del diritto tributario, “per cui, dopo questa
sentenza,
il
collegamento
tra
diritto
tributario
e
diritto
costituzionale appare più stretto e la Costituzione appare più
vicina”36.
* * * * * *
6. In coerenza con il suo impianto, per cui “le disposizioni
dello Statuto costituiscono principi generali dell’ordinamento
tributario” (e quindi di tutto l’ordinamento tributario), l’art.
1 statuisce, al terzo comma, che “le Regioni a statuto ordinario
regolano
le
materie
disciplinate
dalla
presente
legge
in
attuazione delle disposizioni in essa contenute”37.
Soggiunge il quarto comma che “gli enti locali provvedono, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi
emanati ai principi dettati dalla presente legge”.
In adesione a una delle interpretazioni prospettate in dottrina
sulle conseguenze del mancato adeguamento allo Statuto da parte
delle province e dei comuni, la giurisprudenza ha correttamente
e inequivocabilmente deciso che le norme dello Statuto (nel caso
concreto si trattava della disposizione che ha reso obbligatoria
l’allegazione dell’atto richiamato al provvedimento impositivo)
sono
immediatamente
applicabili
anche
agli
atti
delle
Così Cass., sez. trib. 14 aprile 2004, n. 7080.
Al riguardo si veda L. MURCIANO, Statuto del contribuente e fonti del diritto tributario:
un’ipotesi interpretativa sull’art. 23 Cost., in Riv.dir.trib., 2002, I, 921 sg. e spec, 950 sg.
36
Così G. FALCONE, Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione tributaria, in Il
Fisco, 2003, 2221 e sg.
37
Lo stesso terzo comma prevede che “Le regioni a statuto speciale e le province
autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, ad adeguare i rispettivi ordinamenti delle norme fondamentali contenute nella
medesima legge”.
- 23 34
35
amministrazioni locali a prescindere dal termine assegnato agli
stessi
per
adeguare
i
rispettivi
statuti
e
regolamenti
ai
principi desumibili dallo Statuto38.
Soluzione
statuto
condivisibile,
si
impositore
applicano
diverso
ai
quella
per
rapporti
cui
fra
“i
principi
contribuente
dall’amministrazione
dello
ed
finanziaria
ente
dello
Stato”39 anche sé molte delle norme dello Statuto non richiedono
alcun
adeguamento:
così
dicasi
della
informazione
del
contribuente (art. 5), dell’effettiva conoscenza degli atti a
lui destinati (art. 6) e dell’interpello (art. 11) in relazione
al quale appare condivisibile l’opinione secondo cui esso trova
applicazione anche per i tributi locali pur in assenza delle
norme regolamentari dettate al riguardo dall’ente locale40.
Ma un rilievo non minore hanno, per i tributi locali, le norme
che sanciscono la motivazione degli atti pretensivi, la tutela
dell’integrità
patrimoniale
e
il
rispetto
dell’affidamento
e
della buona fede41.
Sarebbe, per altro, limitativo ritenere che abbiano concreta
applicazione solo le norme dello Statuto che attengono allo
specifico e concreto rapporto obbligatorio.
Invero
dalla
qualificazione
dello
Statuto
sopra
evidenziata
discendono conseguenze rilevanti anche sotto il profilo della
sua
attuazione
nell’ordinamento
delle
Regioni
e
degli
enti
locali.
Quanto alle prime ciò appare evidente alla luce della nuova
formulazione
dell’art.
117
Cost.42
secondo
il
quale
“nelle
materie di legislazione concorrente (fra le quali rientra il
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario)
spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
Così Cass., sez. trib., 22 marzo 2005, n. 6201.
Così Cass., sez. trib., n. 21513 del 2006.
40
Così A. URICCHIO, in Lo Statuto, Torino, cit., pag. 179 sg. e anche A. URICCHIO,
L’attuazione dell’interpello negli Enti territoriali, in AA.VV., Il diritto di interpello, a cura di G.
CAPUTI, Roma, 2003, pg. 233 sg.
41
A quest’ultimo proposito si veda infra ( al par. ) la sentenza della Corte di cassazione
che ha applicato detto principio alla Tarsu.
42
Si veda la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e a commento M.C. FREGNI,
Autonomia tributaria delle Regioni e riforma del titolo V della Costituzione in Diritto tributario
e Corte costituzionale, cit., p. 477 sg.
- 24 38
39
determinazione
dei
principi
fondamentali,
riservata
alla
legislazione dello Stato”.
Sebbene
nel
precisi
la
nuovo
portata
titolo
di
quinto
tale
della
locuzione,
Costituzione
ritenendosi
non
si
“principi
fondamentali” quelli stabili e univoci in qualche modo legati
alla tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico e ricavabili
dai parametri costituzionali”43, può ragionevolmente concludersi
che tra i “principi fondamentali” di cui all’art. 117 Cost.
rientrano le norme dello Statuto del contribuente sia se emanate
in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. sia se “principi
generali dell’ordinamento tributario”44.
Resta
da
chiedersi
se
le
norme
dei
regolamenti
comunali
e
provinciali che si pongono in contrasto con le disposizioni
dello Statuto debbano considerarsi abrogate, sia pure in modo
implicito. Sebbene la legge non rechi una norma esplicita deve
ritenersi che i regolamenti non adeguati ai principi generali
posti
dallo
Statuto
finiscano
per
essere
viziati
da
illegittimità sopravvenuta, la quale trascina con sé tutti gli
atti normativi consequenziali. Tale conclusione, si scrive, non
discende,
soltanto,
dalla
collocazione
dello
Statuto
del
contribuente e dei regolamenti comunali su piani diversi nella
gerarchia formale delle fonti, ma soprattutto dalla capacità
condizionante dello Statuto conseguente alla qualificazione di
principi generali delle disposizioni ivi contenute.
* * * * * * *
7. Lo “Statuto” vuole essere, in primo luogo, un piccolo ma
sostanzioso contributo alla chiarezza e alla trasparenza delle
disposizioni tributarie.
E’ un’esigenza, questa, addirittura elementare perchè le norme
tributarie sono troppo spesso incomprensibili a causa dei rinvii
mediante date e numeri a leggi precedenti e, ciò che è peggio,
Così F. GALLO, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 Cost., in Rass. trib., 2002, p. 596;
così mi pare anche A. FEDELE, Appunti delle lezioni di diritto tributario, Torino, Giappichelli,
2005, p. 119 secondo il quale “l’inserzione nello Statuto del contribuente qualifica
incontestabilmente la regola dell’irretroattività come principio generale del diritto tributario,
operante anche nelle materie di competenza legislativa regionale se non altro come principio di
coordinamento”
44
Così A. URICCHIO, in Lo Statuto, Torino cit., p. 175.
- 25 43
non facilmente identificabili perchè inserite in provvedimenti
che non hanno natura tributaria.
Al riguardo la legge del 2000 ha enucleato, nei quattro commi
dell’art. 2, alcune regole che così sono formulate:
“Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono
disposizioni di carattere tributario devono menzionare l’oggetto
nel titolo e la rubrica delle partizioni interne e dei singoli
articoli
deve
menzionare
l’oggetto
delle
disposizioni
ivi
contenute;
“le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un
oggetto
tributario
non
possono
contenere
disposizioni
di
carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti
all’oggetto della legge medesima;
“i richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti
normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il
contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende
fare rinvio;
“le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere
introdotte riportando il testo conseguentemente modificato”45.
Se
questo
dispone
lo
Statuto
è
agevole
dedurre
il
“bene”
protetto, la conoscibilità effettiva degli articolati normativi.
Essa
è
garantita,
individuazione
delle
in
positivo,
disposizioni
disponendo
tributarie
e
la
facile
in
negativo
statuendo che i precetti fiscali non possono essere contenuti in
provvedimenti non tributari (è, in altre parole, la garanzia
dell’omogeneità);
deteriore,
si
legislative
contenuto
inoltre,
vuole
devono
della
modificative
di
che
battendo
i
richiami
indicare,
disposizione
leggi
in
breccia
di
seppure
richiamata,
tributarie
debbono
altre
una
prassi
disposizioni
sinteticamente,
mentre
riportare
le
il
il
norme
testo
modificato.
Evidente, come si diceva, è l’intento perseguito perchè se, da
un lato, sussiste l’esigenza dell’ente impositore di contare su
risorse determinate in tempi certi per consentire alla mano
pubblica
di
realizzare
i
propri
compiti,
dall’altro
chi
Per la attenta, diffusa, analisi di questi precetti si veda F. VARAZI, Contributo alla
certezza della norma tributaria, in Statuto , Milano, cit,, pg. 73-87.
- 26 45
contribuisce alla spesa deve poter conoscere l’ammontare e le
modalità della propria partecipazione.
E’ questa un’esigenza sottesa anche ad altre norme dello stesso
Statuto
tant’è
finanziaria
che,
secondo
l’art.
5,
“l’amministrazione
deve assumere idonee iniziative volte a consentire
la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative
e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la
predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a
disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore”.
Ma è un obbligo che grava, innanzi tutto, sul legislatore che,
ai sensi dell’art. 2, deve garantire, ai destinatari delle norme
fiscali, la loro individuazione e la loro, non anodina, lettura.
Il che, si badi, costituisce, logicamente, un “prius” rispetto
alla cronica mutevolezza di cui soffre l’ordinamento (si fa per
dire) tributario italiano.
L’art. 2 costituisce un “prius” perchè vuole garantire non solo
norme
chiare
e
intelleggibili
ma
anche
individuabili
e
reperibili da parte di chi a quei precetti è chiamato a dare
ampia applicazione, come è, oggi, per il contribuente.
Significativamente la direttiva del Ministro delle finanze 21
settembre 2000 esige che “d’ora in avanti particolare attenzione
sia riservata alla qualità dei testi normativi perchè è evidente
che lo Statuto in questa parte si rivolge sia al Governo che al
Parlamento”;
legislativo
così come la relazione illustrativa del decreto
recante
le
disposizioni
correttive
di
leggi
tributarie vigenti46 sottolinea che l’art. 2 è finalizzato “a
rendere
immediatamente
percepibile
per
il
contribuente
la
portata delle modifiche dei testi”.
Orbene,
alla
luce
di
queste
considerazioni
non
è
facile
individuare cosa può accadere quando il legislatore adotti una
tecnica legislativa in violazione dell’art. 2 dello Statuto.
Si veda il d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, emanato in esecuzione dell’art. 16 dello Statuto
che, assai significativamente, ha delegato il Governo a emanare, “entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari,
uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti
strettamente necessarie a garantire la coerenza con i principi desumibili dalle disposizioni della
presente legge”.
- 27 46
Può concludersi, come si è concluso, che la violazione dell’art.
2 non costituisce di per sè una violazione della Costituzione47
o,
come
altri
ha
scritto
che
“il
suo
valore
rimane
prevalentemente “politico” risultando più difficile prospettarne
un
utilizzo
forte,
nei
termini
di
ragionevolezza
e
di
rovesciamento del favor legittimitatis prima indicati, da parte
della
Corte
“Sembra
costituzionale”48.
possibile
fornisca
ritenere
elementi
per
Anche
che
se,
soggiunge
una
violazione
se
vi
valutare
sia
Varazi,
dell’art.
una
2
violazione
dell’art. 3 della Costituzione e come tale possa essere causa di
incostituzionalità della normativa tributaria”49.
Resta, però, a chi scrive un dubbio. E’ vero, infatti, che il
dovere
di
informazione
e
di
conoscenza
costituisce,
per
il
contribuente, diretta esplicazione dei doveri di solidarietà di
cui
all’art.
singoli
2
Cost.
soggetti
la
perchè
massima,
“la
Costituzione
costante
tensione
richiede
dai
ai
del
fini
rispetto degli interessi dell’altrui persona umana ed è per la
violazione
di
questo
impegno
di
solidarietà
sociale
che
la
stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi
lede tali interessi non conoscendone posivitamente la tutela
giuridica”50.
Ma
è
altrettanto
Costituzione
vero
impone
che
alla
l’art.
Repubblica
3,
di
secondo
comma,
rendere
della
concreta
la
conoscibilità della legge, rimuovendo gli ostacoli di ordine
economico
e
sociale
che
limitano
di
fatto
la
libertà
e
l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il diritto
alla conoscenza compiuta e tempestiva della legge, si impone
quale libertà costituzionale strumentale all’esercizio di ogni
altro potere giuridico soggettivo di livello costituzionale51.
Così F. VARAZI, Contributo alla certezza, cit., loc. cit., p. 87.
Così L. ANTONINI, Intorno alle “metanorme” dello Statuto dei diritti del contribuente,
rimpiangendo Vanoni, in Riv. dir. trib., 2001, p. 619 sg. e spec. 632; Antonini, per altro,
soggiunge che una maggiore efficacia si potrebbe, invece, ipotizzare nell’ambito del sindacato
di costituzionalità sui decreti legislativi qualora, nel silenzio della legge delega, il Governo
apportasse delle deroghe alle disposizioni dell’art. 2 dello Statuto”.
49
Così F. VARAZI, op. ult. cit., p. 87.
50
Così Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364.
51
Si veda MIRABELLI, Il rischio”da diritto”: il costo dell’incertezza ed alcune possibili
economie, in La certezza del diritto, Milano, 1993, pg. 39 sg.
- 28 47
48
Per non dire che la libertà economica e la libera iniziativa
imprenditoriale dei privati sono assicurate solo da un sistema
che garantisca la certezza, la prevedibilità e la conoscibilità
della legge.
Orbene, se la pretesa fiscale (come quella sanzionatoria) si
realizza attraverso la legge (art. 23 Cost.)52 ciò comporta che
anche
lo
Stato
legislatore
deve
rispettare
i
suoi
doveri
costituzionali e, in primis, quelli attinenti alla formulazione
dei precetti, alla loro struttura e ai loro contenuti. Se ciò
implica,
per
le
norme
penali,
che
esse
devono
essere,
tra
l’altro, “chiaramente formulate”, ebbene uguale esigenza deve
valere per le norme fiscali che limitano la proprietà personale.
Lo
insegna
oggi,
(seppure
senza
averne
fatto
ancora
un’applicazione concreta) il Supremo Collegio secondo il quale
“l’esame complessivo di queste disposizioni chiarisce che la
correttezza
debbono
e
la
buona
essere
fede
osservate
finanziaria
in
fase
legislatore
tributario
nei
confronti
non
solo
applicativa,
all’atto
ma
del
contribuente
dall’amministrazione
anche
dallo
dell’emanazione
stesso
delle
fonti
normative, come emerge in particolare dall’art. 2 che detta i
criteri di chiarezza e trasparenza che debbono essere osservati
nelle disposizioni tributarie53”.
E’
appena
il
discipline
caso
fiscali
di
ricordare,
innovative
si
qui,
come
rinvengano
molto
nei
spesso
cosiddetti
maxiemendamenti delle cosiddette “finanziarie” di fine anno e
come
la
dottrina
costituzionalistica
concorde nel segnalare da tempo
sia
sostanzialmente
l’illegittimità costituzionale
del fenomeno degli emendamenti – controprogetti specie quando
esso si abbina alla questione di fiducia.
Ancora
più
recentemente
maxiemendamenti
come
si
è
“indecorosa
denunciata
e
la
spudorata
prassi
frode
dei
alla
Costituzione, avallata dalla compiacenza dei presidenti delle
due Camere” perché “non può essere seriamente contestato che un
articolo composto di 100 commi od oltre (l’autore era ancora
Si veda S.CIPOLLINA, La riserva di legge in materia fiscale nell’evoluzione della
giurisprudenza costituzionale, in Diritto tributario e Corte costituzionale , cit., pp. 163 sg.
53
Così Cass., sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080.
- 29 52
ottimista) è un fatto abnorme, sicuramente proposto al solo fine
di aggirare la Costituzione”54
Orbene, tornando al nostro specifico tema, posto, dunque, che lo
Stato, sul versante sanzionatorio, “deve adempiere ai propri
doveri
e
quindi
deve
esistere
per
l’agente
l’oggettiva
possibilità di conoscere le leggi penali”, anche per le norme
tributarie
il
dovere
di
conoscerle
diventa
concretamente
possibile se esse si rendono conoscibili55.
L’art. 2 dello Statuto soddisfa, per l’appunto, questa esigenza
e
disciplina
il
contenuto
minimo
per
la
individuazione,
la
riconoscibilità e la conoscibilità delle disposizioni fiscali;
con la conseguenza che un precetto tributario che non rispetti
lo stesso art. 2 può contrastare con l’art. 23 Cost. perchè ogni
prestazione personale e patrimoniale può essere imposta solo con
una legge conoscibile.
E’ certo che, se anche dovesse dubitarsi della percorribilità
della strada descritta e della relativa conclusione, nessuno
potrebbe essere punito, si intende neppure con una sanzione
amministrativa,
disposizione
che
per
non
la
violazione
avesse
i
di
una
requisiti
legge
di
o
di
una
riconoscibilità
previsti dall’art. 2.
Considerato, infatti, che ai sensi dell’art. 10 dello Statuto
“le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione
dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e
sull’ambito di applicazione della norma tributaria”, a maggior
ragione esse non possono essere applicate quando (non è incerto
il significato della norma ma) addirittura la norma la si è
dovuta scovare dentro “1300” commi di un unico articolo di legge
privo di titolo, di partizioni interne e delle loro specifiche
individuazioni o quando ci si è imbattuti in una disposizione
fiscale contenuta in un provvedimento che di fiscale non ha
nulla, nè nel titolo nè nell’oggetto o quando, infine, come
Così G.U.RESCIGNO, L’atto normativo, Bologna, 1998, p. 139 e anche, con ulteriori
riferimenti dottrinali, N. LUPO, Il potere di emendamento e i maxiemendamenti alla luce della
Costituzione , in Quaderni regionali, rivista quadrimestrale fondata da F. Cuocolo, 2007, n. 1-2,
pp. 243 sg. e spec. 261 sgg.
55
Per le espressioni virgolettate si veda ancora Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364.
- 30 54
spesso
accade,
siano
violati
il
terzo
e
il
quarto
comma
dell’art. 2 dello Statuto56.
In questi casi vale il brocardo “ad impossibilia nemo tenetur” e
se
si
parla
negligenza
obbligo
di
(dove
di
sanzioni
è
sarebbe
la
informarsi
imprescindibile
dovere
impossibile
colpa?)
è
dello
imputare
al
contribuente
subordinato
Stato
una
di
qualche
il
cui
all’altrettanto
rendere
possibile
e
agibile l’informazione.
* * * * * * *
8.
Alla
luce
di
inequivocabile
queste
l’intento
prime
del
osservazioni
legislatore
appare
dello
già
Statuto
di
dettare alcune regole che valgano a garantire anche la stabilità
e la ponderatezza della legislazione fiscale.
Intento encomiabile, che ha trovato la sua genesi non solo nella
frequenza
degli
interventi
legislativi,
non
solo
nella
loro
sovrapposizione ma anche e soprattutto per l'abuso del decretolegge.
Ciò spiega il disposto del citato art. 4, che, recuperando la
volontà dei “padri costituenti”, per anni tradita e mortificata,
statuisce
che
“non
si
può
disporre
con
decreto
legge
l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di
tributi esistenti ad altre categorie di soggetti”.
Evidente
è
l’intento
dello
Statuto
che
vuole
proteggere
l’interprete-contribuente non solo dal peso di nuovi tributi,
frettolosamente pensati o peggio realizzati, ma anche dall’onere
gravissimo di intendere la nuova disciplina da solo, senza il
conforto di adeguati lavori preparatori, senza l’ausilio delle
relazioni
delle
pretermesse),
Commissioni
senza
la
tributarie
preconoscenza
(molto
dell’ordito
spesso
normativo
proprio della burocrazia che, sovente, nei decreti, detta e
scrive le norme che è poi chiamata a interpretare e applicare.
Una
solitudine
accompagnano
rischiosa
adempimenti
perchè
applicativi
ai
da
nuovi
precetti
eseguirsi
in
si
tempi
Sulla violazione, da parte del legislatore, dello Statuto, e in particolare del suo art. 2,
perchè “le Finanziarie sono sempre più spesso caratterrizzate dalla presenza eccessiva di commi
e dalla mancata indicazione del contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare
rinvio” si veda la relazione della Corte dei Conti citata alla nota (11).
- 31 -
56
ravvicinati all’entrata in vigore del provvedimento e l’errore,
al riguardo, può essere costoso.
Orbene non si intendono riprendere tutte le osservazioni altrove
svolte sulla fisiologica utilizzazione del decreto-legge, che
non mortifica affatto le possibilità di scelta del legislatore
che, aumentando o diminuendo aliquote di tributi esistenti, può
operare
scelte
di
politica
economica
non
incidenti
sulla
struttura dell’ordinamento tributario esistente57.
Si intende, però, sottolineare che il precetto contenuto nello
Statuto si apprezza proprio alla luce dell’insegnamento della
Corte Costituzionale per cui “il difetto dei requisiti del caso
straordinario
di
necessità
ed
urgenza,
anche
una
volta
intervenuta la conversione del decreto legge, si traduce in un
vizio in procedendo della relativa legge onde l’esistenza dei
cennati
requisiti
può
costituzionalità”58:
essere
principio,
oggetto
lo
si
di
scrutinio
ricorda,
che
è
di
stato
ribadito con la sentenza n. 341 del 2003, mentre con altre la
Corte ha ritenuto di prescindere da tale questione perchè era da
escludere l’evidente carenza dei su indicati presupposti (si
vedano le sentenze n. 178 e 196 del 2004).
Orbene,
ricordato
adottato,
ma
che
senza
un
una
diverso
specifica
orientamento
motivazione,
era
stato
da
altre
sentenze59, la stessa Corte, di recente, ha ritenuto di dovere
ribadire il principio affermato nel 1995 per diverse ragioni,
tutte diffusamente argomentate e anche perchè “affermare che la
legge
di
conversione
sana
in
ogni
caso
i
vizi
del
decreto
significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario
il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze
del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle norme
primarie”.
Pertanto, ha concluso la Corte, in un caso in cui ha dichiarato
incostituzionale
un
precetto
contenuto
in
un
decreto-legge
convertito in legge, “occorre verificare, alla stregua di indici
Si veda G. MARONGIU, Lo Statuto del contribuente: le sue “ragioni”, le sue
applicazioni, in Dir.prat.trib., 2003, I, pg. 1008 sg. e spec. 1016-1026.
58
Così Corte cost. 27 gennaio 1995, n. 29.
59
Si vedano le sentenze n. 336 del 1996 e n. 419 del 2000.
- 32 57
estrinseci ed intrinseci alla disposizione impugnata, se risulti
evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà
del caso di necessità e d’urgenza cui provvedere”60.
Procedendo
in
questa
“l’utilizzazione
dall’apodittica
urgenza,
del
analisi
Corte
decreto-legge
esistenza
nè
la
può
delle
non
ha
può
ragioni
esaurirsi
di
nella
precisato
essere
che
sostenuta
necessità
e
constatazione
di
della
ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta”.
Occorre,
invece,
necessità
e
di
contenute
nel
riscontrare
urgenza
decreto
se
siano
legge.
le
affermate
riferibili
Nel
caso
a
ragioni
tutte
concreto,
la
le
di
norme
Corte
-
considerato che nel preambolo di quello oggetto del sindacato i
requisiti
previsti
dall’art.
77
della
Costituzione
erano
invocati per emanare disposizioni in materia di enti locali con
particolare
riferimento
“alle
procedure
di
approvazione
dei
bilanci di previsione”, “alle difficoltà finanziarie dei Comuni
di
ridotta
dimensione
demografica”
e
“al
risanamento
di
particolari situazioni di dissesto finanziario”, - ha ritenuto
giustificata la più gran parte delle norme ma ha concluso che
“nulla
risulta,
nè
dal
preambolo
nè
dal
contenuto
degli
articoli, che abbia attinenza con i requisiti per concorrere
alla carica di sindaco” onde “la norma censurata si connota per
la sua evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata
dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita”61:
di
qui
l’incostituzionalità
dell’articolo
denunciato
per
violazione dell’art. 77 Cost.
Alla luce di queste considerazioni ben si può apprezzare la
capacità espansiva del conseguente insegnamento applicato alle
normative tributarie ove, molto spesso, precetti fiscali sono
inseriti in provvedimenti che non hanno un oggetto precipuamente
tributario,
sparse
ove
molto
disposizioni)
spesso
sono
i
del
primi
(contenuti
tutto
estranei
in
alla
poche
e
materia
disciplinata dalle altre disposizioni: con il che le ragioni di
necessità
60
61
e
di
urgenza
possono
essere
state
appalesate
ed
Per le frasi virgolettate si veda Corte cost., 23 maggio 2007, n. 171.
Così ancora la sentenza n. 171 del 2007.
- 33 -
esistere con riguardo alle “altre” disposizioni ma non a quelle
tributarie.
Oggi
i
decreti-legge
“multipurposes”,
“omnibus”,
usati
questi
veicoli
spregiudicatamente
come
di
trasporto
strumenti
per
veicolare qualsiasi novità, hanno trovato, al fine, un posto di
blocco
nel
quale
trasportate
è
hanno
possibile
una
chiedere
evidente
ed
se
“tutte
evidenziata
le
norme”
ragione
di
necessità e di urgenza.
* * * * * *
9. Alla luce di queste considerazioni è certamente legittimo
l’uso
del
decreto-legge
in
materia
tributaria
al
fine
di
apportare modificazioni non strutturali al relativo ordinamento
come
nel
caso
dall’art.
77
in
della
cui,
sussistendone
Costituzione,
si
le
condizioni
vogliano
previste
modificare
le
aliquote di una o più imposte o tasse.
E’
proprio
questo
che
volevano
i
“padri
costituenti”
ed
è
proprio la loro volontà che nel tempo è stata tradita come
emerge
dai
lavori
della
Commissione
economica
dell’Assemblea
costituente. “Il problema dell’urgenza – si legge nel relativo
rapporto – è certamente un grave e serio problema; ma pare che
alle maggiori necessità che esso affaccia può essere provveduto
entro la linea delle esperienze fatte in tutti i paesi a regime
parlamentare. I decreti catenaccio, cioè i decreti che portano
variazioni di tariffe, che se conosciute in precedenza darebbero
luogo a speculazioni private ingiustificate ed a forme intese ad
evitare l’aggravio, possono essere esplicitamente ammessi nella
Costituzione e fatti oggetto di particolare regolamento inteso
ad
assicurarne
la
sollecita
presentazione
e
discussione
al
Parlamento62”.
L’esigenza esposta fu, nel farsi dello Statuto, sentita in modo
così categorico che un disegno di legge costituzionale sanciva
che “il ricorso al decreto legge è consentito esclusivamente per
apportare variazioni alle aliquote di tributi esistenti”63.
Così Ministero per la Costituente, Rapporto della Commissione economica, vol. V,
Finanza, Relazione, Roma, 1946, p. 20.
63
Così il d.d.l. cost., 4 giugno 1992 (atto n. 322; primo firmatario il sen. V. Visco)
pubblicato in Diritto e pratica tributaria, 1993, I, p. 240 sg. e spec. 246.
- 34 62
Formulazione a ben guardare non tanto rigorosa quanto rigida
perchè nulla può impedire di pensare che, in casi straordinari
di necessità finanziarie, si possa provvedere anche con mezzi
diversi da quello della variazione delle aliquote.
Lo Statuto più opportunamente (non a caso esso non è stato
approvato con legge costituzionale) ha previsto che “non si può
disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi nè
prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie
di soggetti” (così l’art. 4).
Anche questa regola trova la sua origine in una aspirazione
risalente a una fonte autorevole tant’è che nel citato Rapporto
della Commissione economica si legge: “E’ universale il rilievo
che il sistema della legislazione per decreto legge ha creato
una
situazione
legislazione
caotica,
tributaria;
frammentaria,
che
il
insostenibile
normale
cittadino
nella
con
una
normale diligenza non arriva a conoscere tutti gli obblighi e
tutti
gli
adempimenti
che
gli
sono
richiesti
dalle
leggi
d’imposta, per cui nella confusione e complicazione delle norme
trova un facile alibi per violare anche gli obblighi essenziali
per
la
buona
funzionari
amministrazione
della
pubblica
dei
tributi;
che
amministrazione
gli
si
stessi
orientano
difficilmente nella selva selvaggia delle norme tributarie; che
il troppo rapido variare delle regole dei tributi e l’incauta
introduzione di nuove forme d’imposta rinnova continuamente gli
attriti
propri
rendendo
rapporti,
delle
instabili
creando
nuove
gli
e
imposte,
irritando
accomodamenti
mantenendo
nocive
e
gli
le
economie,
equilibri
ragioni
di
dei
incertezza
nelle previsioni degli operatori. In sostanza questi rilievi si
risolvono
e
si
concludono
nell’affermazione
che
il
sistema
tributario per essere efficace, e per essere sopportato coi
minori inconvenienti, deve avere un fondamentale carattere di
permanenza
nel
tempo,
in
particolare
nella
sua
struttura
formale; e tale permanenza si pensa di realizzare richiedendo
forme rigorose per l’approvazione delle leggi d’imposta”64.
64
Così Ministero per la Costituente, Rapporto della Commissione economica, cit. p. 20.
- 35 -
Sembrano parole scritte oggi ed invece sono solo profetiche di
una
realtà
per
provvedere
alla
quale
è
occorso
elevare
il
livello degli interventi.
Ebbene la formulazione adottata dallo Statuto non sembra, una
“mera dichiarazione di intenti politici”, come pure è stato
scritto, perchè da un canto non costringe il legislatore in un
letto di Procuste e, dall’altro, consente un sindacato sulla
ragionevolezza delle scelte del legislatore.
Se ex art. 77 Cost. particolare deve essere la necessità, se
straordinario deve essere il caso, se impellente deve essere
l’esigenza, con specifico riguardo alla materia tributaria il
decreto legge può essere utilizzato non solo per provvedere ad
eventuali urgenti necessità finanziarie con le manovre sulle
aliquote di tributi esistenti ma anche istituendo nuove imposte,
a
condizione
per
altro,
che
siano
straordinarie
e
cioè
non
destinate a durare.
E’ il caso, concreto, della c.d. Socof (1983) o della c.d. ISI
(1992), istituite entrambe per un solo anno per fare fronte a
specifiche, eccezionali necessità.
Lo rilevò la Corte, con riguardo all'imposta straordinaria sugli
immobili che essa “costituisce un tributo la cui istituzione,
come emerge dai lavori parlamentari, aveva il fine di reperire
mezzi per il bilancio dello Stato in una situazione economica
del
Paese
che
appariva
di
notevole
gravità,
esigendo
dai
cittadini sacrifici straordinari per altro limitati a un solo
anno”65.
La legittimità di questo tributo non fu, allora, contestata
sotto il profilo qui considerato ma se questa censura fosse
stata
fatta,
ad
essa
avrebbe
potuto
replicarsi
che,
per
sopperire alle straordinarie e urgenti necessità della finanza
pubblica,
può
utilizzarsi
uno
strumento
legislativo
non
ordinario, quale è il decreto legge, e quindi con esso istituire
anche un tributo straordinario, destinato a vivere una breve
stagione,
quella
ineccepibile:
65
dell’emergenza.
esigenze
gravi
ed
Insomma
una
eccezionali,
sequenza
strumento
Così Corte cost., 5 febbraio 1996, n. 21.
- 36 -
legislativo
derogatorio
delle
normali
competenze,
tributo
straordinario.
Non
appare,
invece,
compatibile
con
il
principio
statutario
l’istituzione, con decreto legge, di un tributo ordinario perchè
appare
contradditorio
provvedere
con
esso
a
soddisfare
un’esigenza straordinaria e urgente.
In altre parole è legittimo chiedersi se avrebbe potuto essere
istituita per decreto legge, come avvenne nel lontano 1989, la
tormentatissima
ICIAP,
l’imposta
comunale
per
l’esercizio
d’imprese, arti e professioni (si veda il d.l. 2 marzo 1989, n.
66, convertito con modificazioni della legge 24 aprile 1989, n.
144) perchè essa non era, e non voleva essere, a differenza
della
Socof
straordinaria
e
e
dell’ISI,
non
sopra
intendeva
ricordate,
fare
fronte
a
una
una
imposta
specifica
eccezionale necessità ma si presentava come una modificazione
strutturale e permanente dell’ordinamento tributario comunale.
Al riguardo non sarebbe valsa neppure la constatazione che,
allora,
nessuna
comunali
la
imposta
ricchezza
chiamava
mobiliare,
a
contribuire
derivante
alle
spese
dall’esercizio
di
un’impresa, di un’arte, di una professione.
Era
così,
infatti,
da
anni,
da
decenni
onde
alla
lacuna
strutturale dell’ordinamento tributario comunale non si poteva
certo
provvedere
confliggente
con
con
un
tributo
l’intento
straordinario,
perequativo
transeunte,
perseguito
che
era
strutturale e non eccezionale.
Ecco allora la duplice valutazione che avrebbe dovuto farsi (e
che dovrà farsi) in presenza della norma oggi dettata dallo
Statuto del contribuente.
L’intervento con un decreto-legge, nell’esempio fatto, avrebbe
dovuto trovare giustificazione nell’esigenza straordinaria di
intervenire urgentemente a favore della fiscalità comunale (e la
situazione del 1989 offriva ben più di uno spunto) anche con un
tributo;
ma
la
scelta
di
un
tributo
ordinario
si
sarebbe
scontrata con il canone generale che, oggi, in presenza dello
Statuto, ne preclude in via di principio l’adozione.
- 37 -
In sintesi la disciplina statutaria ha una sua autonoma valenza
che, con riguardo alla materia tributaria, integra il disposto
dell’art. 77 della Costituzione.
Prof. Raffaele Botta, Consigliere di Cassazione SS.UU.
“L’interpretazione dello statuto del contribuente nelle sentenze
della Suprema Corte di Cassazione”
1.
Debbo
confessare
di
essere
rimasto
sorpreso
che
il
tema
assegnato a questo Convegno fosse lo Statuto del contribuente.
Mi sembra, infatti, che questa non sia più un’epoca di statuti,
anzi non sia più un’epoca di diritti.
Dopo le dolorose vicende dell’11 settembre 2001 e quelle che a a
tale avvenimento sono seguite, è iniziato, in tutto il mondo ed
in tutti gli ordinamenti giuridici, un cammino di regressione
dei diritti e soprattutto della tutela dei diritti.
Si è conseguentemente determinato un (forse dai più inavvertito)
rafforzamento degli “elementi di prepotenza” del legislatore e
dei governi, fino ad arrivare a considerare nel novero delle
possibilità
l’utilizzo
della
tortura
come
mezzo
di
interrogatorio.
Questo
oscuro
percorso
di
formazione
del
diritto
e
della
giustizia lascia, quindi, abbastanza perplessi sulla possibilità
di parlare efficacemente di tutela dei diritti. Ma proviamo a
riflettere ugualmente sulla realtà attuale di almeno uno del
mezzi di tutela che l’ordinamento giuridico italiano, in anni
precedenti
a
questi
dolorosi
sviluppi,
ha
tentato
di
predisporre.
2.
Il
“cosiddetto”
Statuto
del
contribuente,
come
lo
ha
efficacemente definito il Prof. Marongiu nella sua bellissima
relazione, si compone di due parti.
Se si riflette bene sulla prima parte, in particolare ai quattro
articoli iniziali, è abbastanza agevole scoprire che ci si trova
- 38 -
di fronte ad una sorta manuale del buon legislatore, che sembra,
a mio avviso, perdere parte della sua forza proprio per essere
(riduttivamente) classificato con “statuto del contribuente”.
E’ noto che il legislatore non sopporta vincoli, quasi sempre li
ritiene intollerabili e uno “statuto” che fosse imperativo, sul
piano generale dell’ordinamento (e non solo) per una disciplina
di settore, potrebbe avere conseguenze di rilievo. Per questo
sembra davvero non condivisibile la lettura riduttiva che di
redente la Corte costituzionale sembra patrocinare nei confronti
di detto statuto.
Eppure
è
difficile
dimenticare
che
proprio
la
Corte
costituzionale, certo in anni meno recenti, ha “qualificato” una
particolare
categoria
di
norme
come
principi
supremi
dell’ordinamento costituzionale. Un categoria normativa questa
riprende gli esiti di una polemica antica su quale debba essere
la interpretazione del criterio di gerarchia delle fonti.
Alla
gerarchia
formale
Costituzionale,
con
costituzionale,
ha
delle
i
fonti
principi
voluto
del
diritto
supremi
associare
la
Corte
dell’ordinamento
definitivamente
una
gerarchia materiale delle norme giuridiche.
Gerarchia materiale, che non corrisponde ad una sorta di diritto
vivente rafforzata dal diritto di maggioranza (o di prepotenza
della maggioranza). No. E’ qualcosa totalmente altra.
Nella
categoria
sovraordinate
formale,
delle
norme
nonostante
siano
tradizionalmente
irreformabilità
della
che
si
possono
ritenersi
dotate
della
colloca
il
Costituzione
c.d.
ad
stessa
forza
principio
“materiale”
altre
se
di
non
attraverso lo “spargimento del sangue”, in quanto comporta la
rottura del patto costituzionale che sta a fondamento della
stessa Costituzione.
Nell’attuale testo costituzionale un siffatto principio viene
esplicitato solo con riferimento alla forma repubblicana dello
Stato (art. 139 Cost.), ma in realtà esso è alla base dei
diritti
fondamentali
espressione
nell’art.
della
2,
che
persona
è
e
stata
trova
definita
una
basilare
dalla
Corte
Costituzionale e dalla dottrina in forma kelseniana come la
Grundnorm dell’ordinamento costituzionale italiano. Una norma
- 39 -
che esprime un principio di solidarietà che non si può rompere
se non rompendo l’ordinamento.
L’irruzione sulla scena dei principi supremi dell’ordinamento
costituzionale evidenzia l’esistenza all’interno di uno stesso
quadro
normativo
di
norme,
come
potremo
dire,
che
sono
più
costituzionali di altre, nel senso che hanno un superiore limite
di reformabilità. Questo introduce nell’ordinamento un principio
di organizzazione delle fonti in cui, anche all’interno dello
schema
della
legge
ordinaria,
fonti
formali
si
possono
affiancare le a fonti materiali.
3. Lo statuto del contribuente si dovrebbe porre all’interno di
questo
disegno
costituzionali
costituzionale
–
peraltro
che
anch’esse
vede
accanto
organizzate
alle
in
norme
una
loro
interna gerarchia materiale – quelle fonti che sono definiti
leggi “rinforzate”, fonti cioè che hanno una resistenza passiva
all’abrogazione superiore alla propria collocazione secondo la
gerarchia formale.
Lo statuto del contribuente per non essere declassato a “carta
dei servizi” dovrebbe inserirsi in questo quadro. Esso, infatti,
non
si
prospetta
come
una
“norma
sull’organizzazione
della
pubblica amministrazione”, ma esprime principi che sono relativi
alla formazione del diritto, vere e proprie norme sulla norma,
cioè norme procedurali che indicano al legislatore il modo di
confezionare
le
leggi
(nel
caso
di
specie,
in
materia
tributaria).
Ma proprio per questa caratteristica, i principi espressi dallo
Statuto, in particolare quelli che sono codificati nei primi
quattro articoli, dovrebbero trovare una applicazione più ampia
grazie a un lavoro di esegesi che potrebbe spettare alla Corte
Costituzionale.
I problemi che pongono, ad es., le leggi finanziarie di un
articolo con 1800 commi e l’utilizzo continuo del decreto-legge
trovano la propria radice nel malfunzionamento del Parlamento:
il legislatore è costretto a agire così, non è una scelta, il
prezzo
è
non
legiferare
addirittura,
perché
il
procedimento
legislativo è spesso utilizzato in modo alterno dalle forze
- 40 -
politiche come interdittivo del risultato finale: e spesso un
determinato procedimento diviene, come efficacemente ha detto il
professor Marongiu, un tram per portare a destinazione qualcosa.
E’ piuttosto evidente lo svantaggio che ne deriva al cittadino
(e non al solo contribuente): e allora la Corte Costituzionale
dovrebbe avere il “coraggio” di affermare che una legge fatta
così è incostituzionale e basta, perché viola le norme sulla
corretta procedura legislativa, oltre che porre seri problemi di
conoscibilità delle norme da parte del destinatario (problema
tipico delle c.d. leggi omnibus, oggi tanto utilizzate).
4.
Il
principio
di
trasparenza,
cui
l’ordinamento
deve
(dovrebbe) rispondere a partire dalla formazione della norma per
giungere
fino
all’organizzazione
dell’amministrazione,
è
un
principio generale che comporta che la norma sia semplice, che
la norma sia comprensibile, nei limiti in cui sia possibile per
non snaturare la fondamentale funzione di essere contenitore
predisposto a contenere quello che c’è oggi ma anche quello che
ci sarà.
Il
diritto
è
per
sua
natura
qualcosa
che
segue
sempre
gli
avvenimenti: il problema sorge prima all’interno della compagine
sociale e il diritto rappresenta una risposta a quel problema.
Occorre che sia una buona risposta, una risposta che abbia anche
una capacità di resistenza (non si effimera, cioè si risolva in
una “legge provvedimento”).
Come ottenere questo risultato è il problema fondamentale dello
Stato, e soprattutto dell’ordinamento dello Stato italiano, che
si può risolvere solo attraverso una approfondita riforma del
procedimento legislativo da porre nella Costituzione, perché è
solo la Costituzione che può efficacemente costituire un limite
per il legislatore, in special modo quando si tratti di una
Costituzione rigida come quella di cui il nostro paese si è
dotato nel processo costituente del secondo dopoguerra.
L’augurio è che i cittadini abbiano sempre la lungimiranza di
non concedere mai a nessuno una maggioranza tale da consentirgli
di cambiare la Costituzione senza ricorrere al patteggiamento
parlamentare con la minoranza, nel luogo deputato alla massima
- 41 -
mediazione
politica.
I
padri
costituenti
non
a
torto
hanno
costruito il procedimento di revisione costituzionale chiedendo
la necessità di specifiche maggioranze “aggravate” che possano
impedire la prepotenza assoluta della maggioranza di rifare la
Costituzione a propria immagine e somiglianza (la tentazione c’è
sempre). All’epoca si riteneva impossibile arrivare ad avere
maggioranze
tali
che
consentissero
il
mutamento
della
norma
costituzionale: ma oggi, con la polarizzazione che sempre più
sta subendo il sistema politico il problema potrebbe porsi.
5. La legge ordinaria, invece, non riesce a stabilire, come la
vicenda
dello
Statuto
del
contribuente
mostra,
un
efficace
limite al legislatore.
Persino la Corte Costituzionale esclude che possa pensarsi, pur
in
un
caso
“formale”
e
così
forza
particolare,
“materiale”
ad
una
della
scissione
fonte,
al
tra
punto
forza
che
lo
Statuto potrebbe non costituire alcun ostacolo ad una diversa
volontà
legislativa,
pur
quando
la
ratio
legis
di
questa
particolare fonte del diritto – l’intentio che il legislatore vi
ha
espresso
–
svela
che
la
predetta
normativa
è
nata
per
costituire un limite invalicabile, o quanto meno non valicabile
mediante il normale processo legislativo, che aspira ad eccedere
la categoria, i contribuenti, per la quale è stata adottata.
Anzi poiché la sfera di applicazione della norma tributaria
risponde
al
tradizionale
principio
“no
taxation
without
legislation”, la scelta di affidare questo messaggio di regole
di
comportamento
diretto
al
legislatore
ad
uno
Statuto
del
contribuente potrebbe non essere del tutto impropria e avere una
notevole capacità espansiva nel sistema.
Singolarmente la Corte di Cassazione ha riconosciuto alla prima
parte dello Stato la funzione di chiave interpretativa della
seconda parte dello Statuto medesimo, anzi di più: la Corte ha
dato alla parte introduttiva dello Statuto la consistenza di
parametro di valutazione di conformità “quasi costituzionale” di
altre norme tributarie. Qualcosa di simile a quella attività che
il giudice delle leggi da tempo chiede al giudice del merito e
di
legittimità:
verificare
l’esistenza
di
una
possibile
- 42 -
interpretazione
di
una
norma
in
senso
costituzionalmente
conforme prima di denunciarne il sospetto di incostituzionalità.
Una corretta applicazione dello Statuto, rafforzato da questa
valenza
di
canone
giurisprudenza
l’intervento
della
del
interpretativo
Corte
di
riconosciutogli
Cassazione,
legislatore
dalla
potrebbe
nell’elaborazione
ridurre
di
norme
interpretative, che quasi sempre esprimono il “fastidio” del
legislatore
per
i
“risultati”
della
giurisprudenza
nella
applicazione delle norme (di diritto tributario in particolare,
stante la forza cogente delle esigenze di cassa).
Ma
la
norma
interpretativa
è
la
norma
più
scandalosa
dell’ordinamento. Lo è ancor più in un ordinamento come quello
italiano perché sconta i tempi lunghi della giustizia, sì da
determinare, a seconda della durata di un processo, trattamenti
differenziati di situazioni regolate dalla stessa disposizione
di
legge
(in
un
senso
prima
del
sopraggiungere
della
norma
interpretativa, in altro successivamente all’entrata in vigore
di questa).
Proprio la consapevolezza di questa possibile ingiustizia, ha
determinato il legislatore dello Statuto ad obbligare il futuro
legislatore
a
dichiarare
espressamente
il
carattere
interpretativo di una norma che egli stesse per emanare: un
rafforzativo
dell’opera
che
può
sempre
svolgere
la
Corte
costituzionale negando ad una norma, che pur si dichiari tale,
di
non
avere
i
caratteri
per
essere
realmente
una
norma
interpretativa.
L’idea
di
all’esistenza
un
rafforzamento
di
uno
statuto
delle
che
tutele
concerna
è
connaturata
un
rapporto
asimmetrico, come è il caso dello statuto dei lavoratori. In
tutti i rapporti asimmetrici c’è bisogno di una maggiore tutela
nei confronti della parte debole: il contribuente è una parte
particolarmente debole, perché l’altra parte – lo Stato – può
addirittura cambiare le regole del gioco in corso, attraverso la
norma interpretativa.
- 43 -
6. La “seconda” parte dello Statuto è quella che concerne il
rapporto
tra
contribuente
ed
amministrazione,
un
rapporto
presidiato per la ricordata asimmetricità delle posizioni.
Tuttavia,
va
anche
sottolineato
Cassazione
ha
interpretato
i
che
principi
finora
dello
la
Corte
Statuto
di
in
una
prospettiva “in negativo” più che “in positivo”: nel senso cioè
di riconoscere ai principi in questione una forza espansiva
verso il passato, ma esclusivamente una cogenza verso il futuro.
Eppure non sarebbe fuor d’opera dubitare che questo tipo di
legge stabilisca norme solo per l’avvenire. Si tratta, infatti,
di una legge che esplicita principi costituzionali, una legge
che chiarisce quello che già c’era nell’ordinamento, quello che
già c’è, è una sorta di norma interpretativa, se vogliamo, di
quello che volevano esprimere le disposizioni di tutela del
contribuente presenti all’interno del disegno costituzionale.
Potrebbe, quindi, ben trattarsi di norme applicabili anche per
il passato, almeno all’interno di determinati confini. In ogni
caso
in
esse
c’è
l’individuazione
di
principi
che
sono
indicativi di una tutela che vuole essere rafforzata.
Un
principio
nell’art.
6
comunitario,
di
che
questo
tipo
prescrive
imponendo
è
la
stato,
per
esempio,
conformazione
all’amministrazione
visto
all’ordinamento
di
non
potersi
rifugiare in una astratta negazione di aver ricevuto la domanda
che il contribuente asserisce di aver presentato, ma deve dare
prova
di
questo,
potendo
addirittura
il
giudice,
ecco
qui
entriamo in una prospettiva processualcivilistica, formarsi un
convincimento sulla base del comportamento processuale tenuto
dalla stessa amministrazione.
Ecco, questo contatto, che è continuo nel disegno di riforma,
tra processo tributario e processo civile, mi rassicura sulla
efficacia della tutela del contribuente che può realizzarsi nel
momento dell’esercizio della giurisdizione, la garanzia di una
indipendenza
di
predeterminata.
giudizio
Per
questo
che
sono
si
sviluppi
prudente
nel
senza
“guida”
giudicare
sui
limiti dell’autonomia della giurisdizione tributaria, nel senso
che mi turba ogni tentativo di creare una distanza tra istituti
processuali civilistici e istituti processuali tributari. Più di
- 44 -
tutto mi turbano le istanze, anche assai autorevoli, per la
istituzione
di
una
“Cassazione
Tributaria”,
che
mi
sembra
somigliare ad una resurrezione della Commissione Centrale e ad
una possibile morte dell’efficace tutela del contribuente, .
La Cassazione rappresenta l’unitarietà dell’ordinamento dello
Stato e minare l’unità della Corte Suprema significa, può ben
significare,
ridurre
amministrativa
la
(come
giustizia
giustizia
tributaria
del
a
giustizia
“principe”),
significa
regredire nel percorso che tanto faticosamente si è fatto per
portare
il
processo
tributario
al
livello
degli
istituti
processuali civilistici.
La
Corte
di
Cassazione
si
è
sforzata
di
esprimere
questa
vicinanza ai principi processuali civilistici, e posso dire che
le
soluzioni
più
nuove
processualcivilistici
e
lo
più
interessanti
stanno
per
realizzando
le
gli
istituti
Sezioni
Unite
proprio prendendo spunto dalla materia tributaria. E’ stato così
per
la
rilevanza
del
giudicato
esterno
ed
attualmente
una
ordinanza della Sezione tributaria ha posto il problema della
notifica di una sola copia del ricorso ad un procuratore che
rappresenta più parti, ritenendo che la tutela del diritto di
difesa non sarebbe accresciuta in nulla, anche stante l’attuale
tecnologia (fax, fotocopiatrici, ecc.), dalla notifica di più
copie dello stesso atto.
7. Tra gli altri principi dello Statuto credo abbia una notevole
rilevanza il principio di collaborazione, di cui è figlio il
principio
di
trasparenza,
affidamento:
è
un
problema
la
trasparenza,
fondamentale
assicurare
nel
rapporto
la
tra
l’ammini-strazione ed il contribuente.
In base a siffatto principio la Corte di Cassazione ha affermato
che: «i tema di contenzioso tributario, nel caso in cui il
contribuente deduca che la prova di una determinata circostanza
a
lui
favorevole
emerge
dalla
documentazione
detenuta
dall’amministrazione finanziaria (nel caso, bollette e documenti
comprovanti
forza
del
confortato
l’avvenuto
principio
dalla
pagamento),
di
legge
quest’ultima
collaborazione
n.
212/2000
è
fra
P.A.
che
ha
tenuta,
e
in
privati,
dettato
le
- 45 -
disposizioni in tema di statuto del contribuente (da cui deriva
una diversa ricostruzione dei loro rapporti anche in materia di
distribuzione dell’onere della prova), a pronunciarsi in maniera
espressa e non generica sull’effettivo possesso degli atti in
questione,
potendo
in
caso
contrario
il
giudice
desumere
argomenti di prova dal suo comportamento omissivo» (Cass. n.
21512 del 2004).
Tutto ciò non è forse una conseguenza, uno sviluppo se si vuole,
dei
principi
espressi
dall’art.
97
Cost.?
La
Corte
costituzionale non ha mancato, ad esempio, di sottolineare che
l’osservanza, sul piano comunitario, dei principi di parità di
trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di
trasparenza,
stesse
sul
regole
andamento,
piano
interno,
costituzionali
che
devono
costituisce
della
guidare
attuazione
imparzialità
l’azione
e
delle
del
della
buon
pubblica
amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost. (v. Corte cost. n.
401 del 2007): un orientamento, a ben vedere, non molto diverso
da
quello
adottato
dalla
Corte
di
Cassazione
nell’interpretazione del principio di collaborazione stabilito
dallo
Statuto
del
contribuente.
Un
orientamento
capace
di
ridurre efficacemente l’amministrazione ad interpretare il ruolo
di
una
delle
parti
del
processo,
con
il
conseguente
accrescimento della sfera di tutela del contribuente.
Nella
stessa
Cassazione,
direzione
quando,
a
mi
sembra
Sezioni
si
Unite,
muova
ha
la
Corte
affermato
che
di
«la
circolare con la quale l’Agenzia delle entrate interpreti una
norma
tributaria,
anche
qualora
contenga
una
direttiva
agli
uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un
parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente»
(Cass.
S.U.
n.
23031
del
2007).
La
circolare
esprime
la
“dottrina dell’am-ministrazione”, ma non è (e non equivale a)
una norma.
8. Al principio dell’affidamento che emerge dal principio di
collaborazione è strettamente connesso il principio, anch’esso
espresso dallo Statuto, della chiarezza della motivazione degli
atti, perché il contribuente ha diritto a conoscere la pretesa
- 46 -
tributaria
nei
suoi
esatti
confini,
per
poter
efficacemente
esercitare il diritto fondamentale alla difesa.
Una
importante
affidamento,
presa
mi
di
sembra
posizione
che
la
in
Corte
tema
di
di
principio
Cassazione
di
l’abbia
adottata con la sentenza n. 1231 del 2007, che riprende una più
risalente decisione (la n. 17576 del 2002): «In tema di condono
fiscale, con riguardo alla chiusura delle liti pendenti prevista
dall’art.
2-quinquies
del
d.l.
30
settembre
1994,
n.
564,
convertito nella legge 30 novembre 1994, n. 656, la previsione
della natura perentoria del termine, di cui all’art. 6, comma 3,
del regolamento reso col d.P.R. 28 settembre 1994, n. 591, per
la comunicazione, da parte dell’ufficio, dell’insussistenza dei
presupposti
per
la
definizione,
con
conseguente
decadenza
dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere di
reiezione dell’istanza di condono, oltre a non essere contenuta
nella
norma
regolamentare,
non
si
ricava
dalla
disciplina
legislativa della materia, nella quale non si riscontra alcun
limite
temporale
contribuente.
alla
comunicazione
L’osservanza
del
termine
sull’istanza
posto
dal
del
comma
3
dell’art. 6 del regolamento è, del resto, espressamente esclusa,
dal successivo comma 6, per le istanze relative a liti fiscali,
come quella oggetto della controversia di specie, di valore
superiore a lire 20 milioni. Una volta venuta meno la necessità
per
l’amministra-zione
regolamentare,
sull’istanza
violazione
in
di
del
di
osservare
presenza
condono
di
una
proposta,
principio
di
il
detto
termine
comunicazione
non
affidamento
è
tardiva
configurabile
la
contribuente
di
del
fronte all’azione dell’ammini-strazione finanziaria, ai sensi
dell’art. 10, commi 1 e 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212,
il
quale
dà
luogo
caratterizzata:
dell’attività
favorevole
al
a)
ad
da
una
situazione
un’apparente
dell’Amministrazione
contribuente;
b)
tutelabile
legittimità
finanziaria,
dalla
buona
quando
e
sia
coerenza
in
senso
fede
del
contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata
dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza
gravante
sul
medesimo;
c)
dall’eventuale
esistenza
di
- 47 -
circostanze
specifiche
e
rilevanti,
idonee
a
indicare
la
sussistenza dei due presupposti che precedono».
Ma ancor più importante potrebbe rivelarsi, per quanto ho prima
detto
in
ordine
retroattivo
alla
possibile
dell’applicazione
l’affermazione
che
la
estensibilità
dei
Corte
di
principi
in
dello
Cassazione
ha
senso
Statuto,
fatto
nella
sentenza n. 5951 del 2007: «Nel processo tributario, il ricorso
avverso un avviso di mora, emesso dal concessionario per la
riscossione, che venga notificato all’ufficio non competente,
ricorrendo l’ipotesi, prevista dall’art. 6 del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 644, di costituzione in una medesima circoscrizione
territoriale di due distinti ed autonomi uffici distrettuali
delle imposte dirette, assegnatari di differenti servizi, non
può essere ritenuto inammissibile. Ciò in quanto, considerato
che
l’atto
impugnato
indicazione
non
nominalistica
inammissibile
il
ricorso
conteneva
nella
specie
dell’ufficio
finanziario,
si
in
porrebbe
alcuna
ritenere
contrasto
con
il
principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino,
ora codificato, in materia tributaria, dalla legge 27 luglio
2000, n. 212, ma già costituente, alla luce degli artt. 3, 23,
53
e
97
vigente
Cost.,
anche
normativa
del
questioni,
un
a
distinzioni
prescindere,
2000,
come
principio
ed
quella
di
servizi
idoneo
di
fondamentale
ed
ad
oltre,
dell’ordinamento,
la
orientare
specie,
esplicati
basata
nel
portata
la
su
della
soluzione
di
formalistiche
medesimo
settore
impositivo».
Come si vede nell’orientamento della Corte di Cassazione, a
differenza di alcuni segnali di significato incerto che vengono
dalla Corte costituzionale, sembra prevalere l’apertura verso
una lettura dello Statuto costituzionalmente orientata in un
senso forte e non in un senso debole. Vedremo quali saranno i
risultati nel futuro.
E’ certo comunque che lo Statuto del contribuente rimane un
complesso di norme che costituisce un esempio di quello che si
dovrebbe
fare
legislativa
e
per
la
migliorare
tutela
del
il
processo
cittadino
dalle
di
formazione
tentazioni
di
- 48 -
prepotenza
del
legislatore
e
delle
maggioranze
politiche
un’esperienza
positiva
temporanee.
Lo
Statuto
del
contribuente
è
dell’ordinamento giuridico italiano.
Avv. Giuseppe Falcone, già Consigliere di Cassazione SS.UU.
“L’ interpello e la tutela giurisdizionale del contribuente in
ambito statutario”.
1.L’interpello.
Nell’ambito
dello
Statuto,
l’interpello
è
probabilmente
l’istituto che ha suscitato il maggiore interesse pratico. Basti
pensare che dal giugno 2001 e fino alla fine del 2005 l’Agenzia
delle
Entrate
ha
dato
risposta
tempestiva
a
ben
34.424
interpelli ordinari ed ha reso così un servizio sicuramente
apprezzato dai contribuenti.
Presupposto per esercitare il diritto di interpello è che vi
siano
obiettive
condizioni
di
incertezza
sulla
corretta
interpretazione e applicazione di disposizioni tributarie a casi
“concreti e personali”. L’art. 11 dello Statuto richiede che
l’istanza di interpello venga fatta in maniera “circostanziata e
specifica”. Questo vuol dire che l’esposizione del fatto, o del
comportamento da tenere, assume grandissima importanza al fine
di
consentire
l’individuazione
della
norma
che
deve
essere
applicata, nonché il suo ambito di operatività.
Va subito evidenziato che con l’interpello si risolvono soltanto
questioni di diritto attraverso la qualificazione dei fatti e
dei comportamenti che vengono prospettati (comportamenti che non
sono stati ancora tenuti e che si intendono porre in essere). La
risposta che l’Agenzia fornirà non è idonea ad accertare fatti.
Questo
è
compito
che
fuoriesce
dall’interpello
e
compete
all’Amministrazione in sede di accertamento.
Di recente, è stato escluso l’utilizzo dell’interpello nel caso
di determinazione del “valore normale” di alcuni immobili (ris.
N.170/E
del
13
luglio
2007-
Agenzia
delle
Entrate),
sul
- 49 -
presupposto che a seguito delle modifiche apportate dall’art.
35,
comma
2
D.L.
dell’Ufficio
n.223/06
esiste
ormai
(c.d.
una
manovra
Prodi),
presunzione
a
relativa,
favore
spiegata
anche nella circolare n.6/E del 06.02.2007, basata su una serie
di
elementi
la
corrispettivo
cui
presenza
indicato
consente
nell’atto
come
di
non
considerare
il
corrispondente
al
prezzo effettivamente pagato. Forse è opportuno segnalare che in
questa
materia
il
contenzioso
è
destinato
ad
aumentare
in
maniera sensibile per effetto delle presunzioni che le norme
recenti
hanno
introdotto
nelle
compravendite
immobiliari
nel
tentativo di agevolare l’azione accertativa ancorata al c.d.
“valore normale”. Si deve convenire sulla esattezza di questa
risoluzione
poichè
la
ricognizione
(o
la
ricostruzione)
dei
fatti non può costituire oggetto di istanza o di risposta di
interpello, costituendo questo solo uno strumento di attività
consultiva dell’Amministrazione in ordine alla interpretazione
delle norme tributarie, e non potendo essere utilizzato per
ottenere una forma di salvacondotto sulle prove che si intendono
utilizzare nel giudizio.
L’interpello è sicuramente uno strumento preventivo, ma non si
può negare che esso venga usato anche quando il contribuente ha
già
applicato
delle
norme,
ma
è
ancora
nei
termini
per
esercitare altre attività giuridicamente rilevanti, quali per
esempio
una
ravvedimento
dichiarazione
operoso.
integrativa
La
e
forse
conoscenza
del
anche
un
pensiero
dell’Amministrazione può essere utile al contribuente che ha
ancora dei margini di tempo per correggere la sua impostazione
iniziale su una questione che si presta a soluzioni differenti,
previo utilizzo di strumenti previsti dall’ordinamento.
La risposta all’interpello ha il valore di un parere e non
costituisce esercizio di potestà impositiva nei confronti del
richiedente. Essa vale esclusivamente per il contribuente che ha
formulato l’interpello, tranne il caso in cui
un numero elevato
di contribuenti abbia prospettato la stessa questione a fronte
della quale può essere emanato un atto generale che, quanto a
vincolatività,
avrà lo stesso valore giuridico e gli stessi
effetti di una risposta singola.
- 50 -
Il
valore
particolare
della
risposta
in
sede
di
interpello
consiste nel fatto che l’Amministrazione è vincolata a tenere
ferma quella risposta, anche se essa dovesse risultare poi –re
melius perpensa- inesatta o errata. La norma prevede, infatti,
la nullità di un provvedimento impositivo o sanzionatorio emesso
in contrasto con la risposta. E’ chiaro che qui la norma fa
prevalere
il
principio
dell’affidamento
sul
principio
di
legalità mentre, al di fuori dell’interpello, nel caso in cui
l’Amministrazione modifichi il proprio orientamento espresso in
altri atti (per esempio in una circolare), prevale il principio
di legalità nel senso che, il contribuente che si sia adeguato
alle indicazioni contenute nella circolare,
interessi
e
le
sanzioni,
ma
l’Amministrazione
manifesta
una
dovrà
non pagherà gli
pagare
opinione
l’imposta
diversa
se
rispetto
a
quella già manifestata. Sia la norma che prevede gli effetti
dell’interpello, e sia la norma che tutelano l’affidamento sono
norme eccezionali e non possono valere oltre i casi in esse
previste.
La mancata risposta nel termine di 120 giorni fa formare il
silenzio-assenso,
valido
ovviamente
nell’ambito
del
comportamento descritto nell’istanza. Pare che fino a questo
momento l’Amministrazione abbia sempre dato una risposta.
Il
contribuente
è
libero
di
accettare
la
risposta
e
di
conformare il proprio comportamento ad essa o di disattenderla.
Se si adegua, otterrà una stabilizzazione degli effetti del
rapporto poiché l’Ufficio non potrà più porre in discussione la
soluzione data.
Ritengo che non ci sia la possibilità di impugnare una risposta
che dichiari l’inammissibilità dell’interpello posto che
una
tale impugnativa non è prevista da nessuna norma.
2.La tutela del contribuente in ambito statutario.
La legge n.212/2000 è intitolata “Disposizioni in materia di
statuto dei diritti del contribuente”.
Il termine statuto fa pensare ad un complesso di norme formulate
per meglio individuare e per meglio tutelare i diritti di una
categoria di soggetti.
- 51 -
Se
lo
statuto
soggetti,
in
riconosce
quello
situazioni
stesso
momento
di
favore
pone
a
per
carico
alcuni
di
altri
soggetti una serie di obblighi, il cui adempimento è dato spesso
come un fatto abbastanza
generalizzato e prevedibile. Con uno
strumento di questo tipo in effetti si da visibilità normativa
ad
orientamenti
in
linea
di
massima
abbastanza
condivisi
e
diffusi, o quantomeno auspicati dalla gran parte della gente,
orientamenti che anche a seguito di un riconoscimento esplicito
tendono a diventare un costume. Questo è avvenuto per lo statuto
dei
lavoratori
che
è
divenuto
patrimonio
comune,
ormai
tendenzialmente irreversibile, anche se è contenuto in una legge
ordinaria.
La differenza tra i due statuti è che mentre i datori di lavoro
sono soggetti privati, che prima o poi pagano il prezzo di un
inadempimento,
controparti
goduto
e
nel
sono
godono
caso
dello
soggetti
statuto
pubblici,
(almeno
il
del
che
contribuente,
storicamente
legislatore)
di
un
le
hanno
potere
di
supremazia e di una sostanziale impunità. Basta pensare che il
legislatore tributario è alla ricerca di un equilibrio fin dagli
anni settanta. Da una parte vi è un livello di evasione molto
alta,
e
dall’altra
vi
è
una
pressione
altrettanto
alta
nei
confronti di chi è conosciuto dal Fisco. Da alcuni anni buona
parte
del
dibattito
politico
ruota
attorno
al
problema
tributario proprio perché in questo settore si riscontrano le
più
grosse
ingiustizie
che
toccano
i
cittadini
nella
quotidianità. La speranza è che le regole dello statuto, proprio
perché esprimono valori di civiltà, vengano sentite come proprie
non solo dai contribuenti, ma anche da chi deve applicarle,
rispettarle e farle rispettare, sempre che questi soggetti si
convincono che questa è la strada maestra.
Al di là della singola norma, lo statuto deve orientare la
giurisprudenza del futuro, come è stato scritto nel 2000 da un
giurista
insigne,
Vincenzo
Carbone,
che
all’epoca
è
stato
presidente presso la Sezione Tributaria, e che da un anno è
Primo
Presidente
della
Cassazione.
Nell’articolo
apparso
su
Guida Normativa del 14.12.2000, Carbone significativamente ed
incisivamente ha scritto che ““Lo statuto del contribuente può
- 52 -
avere un impatto importante sul diritto tributario, ma perché
ciò avvenga occorre che contribuenti, difensori e interpreti se
ne
facciano
paladini
l’interpretazione
da
invocandone
parte
dei
l’applicazione
giudici.
Il
e
problema
è
l’acquisita consapevolezza della rilevanza dello statuto come
tale,
anche
se
nel
caso
concreto
si
invoca
una
singola,
specifica disposizione. Bisogna evitarne la frammentazione che
accrescerebbe la debolezza dello statuto, aumentando il degrado
di un diritto già eccessivamente casistico, per puntare, invece,
come
in
cogliendo
un
puzzle
sulla
contestualmente
norma
lo
relativa
spirito
al
caso
dell’intero
di
specie
statuto
che
tiene insieme le varie parti: dalla tessera musiva si risale al
mosaico. Se attraverso l’interpretazione dei giuristi lo statuto
decollerà, lo dovrà non alla fortuna di una o più disposizioni,
ma al successo della ratio di una tela ordinamentale, percepita
e vissuta come tale: lo statuto che sancisce la tutela del più
debole, meritevole di protezione da parte dell’ordinamento. E’
il
percorso
di
un’idea
portante,
la
tessitura
dell’intero
statuto, accompagnata dalla consapevolezza che si può resistere
all’invasione degli eserciti, ma non si resiste all’invasione
delle idee e delle esigenze come la tutela del contribuente di
fronte al Fisco, in un rapporto che ricorda Davide di fronte a
Golia””.
Ecco, a distanza di circa otto anni, le parole del Presidente
Carbone manifestano la loro attualità. Oggi, però, forse si
stanno manifestando anche le difficoltà a fare valere i diritti
scritti
nello
Statuto,
quando
la
controparte
è
lo
Stato
legislatore, che nella sua posizione di supremazia diverse volte
ha rinnegato quanto aveva scritto nel 2000. Occorre riconoscere
che
la
Cassazione
egregiamente
la
da
sua
subito
parte,
ha
come
fatto
è
e
emerso
continua
dalla
a
fare
relazione
dell’illustre Consigliere Raffaele Botta. Bisogna auspicare che
questa
tendenza
possa
contagiare
anche
altri
livelli
dell’ordinamento, che hanno la capacità di apprezzare sul piano
culturale i valori espressi dallo statuto, anche essi se non
hanno l’involucro della legge costituzionale, ma a quelle norme
hanno voluto dare attuazione.
- 53 -
2.1.La
tutela
delle
situazioni
giuridiche
nell’ambito
statutario.
Nello
statuto
del
contribuente
ci
sono
norme
che
assegnano
posizioni di diritto soggettivo (la cui tutela è assegnata ai
Giudici Tributari), norme che assegnano genericamente posizioni
di interesse legittimo (e per queste, almeno a livello di atti
generali, la tutela è
riservata dall’art. 7, ultimo comma al
Tar), ci sono norme (a mio avviso le più significative e le più
importanti)
che
riconoscono
solo
un
interesse
di
fatto
e
diffuso, collegato al diritto di cittadinanza (per alcune di
queste la tutela è assegnata al Garante e per altre la tutela
resta affidata o alla Corte Costituzionale o al self restraint
del soggetto passivo).
Per il primo tipo di norme, portatrici di diritti soggettivi ed
affidate alle cure dei Giudici Tributari, pensiamo ad esempio al
principio
della
obbligatorietà
della
motivazione,
ormai
generalizzata e intesa come strumento che legittima in senso
democratico
l’esercizio
sanzionatorio,
e
la
cui
del
potere
violazione
di
comporta
accertamento
e
sicuramente
la
nullità dell’atto.
Per il secondo tipo di norme, portatrici di interessi legittimi,
ed affidate alle cure dei Giudici amministrativi, pensiamo ad
esempio alla corretta applicazione dei procedimenti previsti per
l’emanazione degli studi di settore, del redditometro, di atti
generali
decreto
nelle
materie
ministeriale
in
più
varie
tema
(per
di
ultimo,
determinazione
si
del
veda
il
valore
normale degli immobili).
Qui, in verità occorre soffermarsi un momento.
L’art. 7, comma 4, dello Statuto ha previsto che la natura
tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di
giustizia amministrativa, quando ne
ricorrano i presupposti.
Sembrava, in base a questa norma, che anche atti aventi natura
individuale,
allorché
lesivi
di
interessi
legittimi,
appartenessero alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Poi, nel 2001 è stato modificato l’art. 2 del D.Lgs. n.546/1992
- 54 -
ed è sembrato che sia stata creata una giurisdizione esclusiva a
favore
dei
Giudici
amministrativo
e
Tributari.
l’iscrizione
Poi,
di
nel
ipoteca
2006,
(che
il
fermo
costituiscono
tipici atti discrezionali) sono stati assegnati alle Commissioni
tributarie.
Intanto,
è
necessario
richiamare
le
sentenze
emesse
dalle
Sezioni Unite della Cassazione in tema di autotutela (sentenze
nn.16776/05,
7388/07,
22245/06).
Il
Supremo
Collegio
ha
confermato la creazione di una giurisdizione esclusiva anche per
gli
atti
discrezionali,
proponibilità
della
ed
ha
domanda,
spostato
il
quindi
sulla
e
problema
sulla
impugnabilità
dell’atto di cui si discute.
Al Giudice amministrativo restano sicuramente gli atti generali
(cfr.
in
questi
sensi
SS.UU.
sent.
n.16428/07)
che
tanta
importanza stanno assumendo nel diritto tributario da quando
sono
state
introdotte
massicciamente
le
presunzioni,
che
la
riforma degli anni 70 aveva lasciato ai margini del sistema,
avendo operato una scelta più garantista che poi –purtroppo per
la
storia
italiana-
non
è
stata
attuata
con
la
necessaria
determinazione.
A questo punto, è indispensabile richiamare una sentenza molto
recente
delle
Sezioni
Unite
in
tema
di
impugnabilità
delle
circolari, sentenza redatta dal qui presente Prof. Botta nella
quale è stato formulato il seguente principio di diritto ““La
circolare con la quale l’Agenzia delle Entrate interpreti una
norma
tributaria,
uffici
esprime
anche
gerarchicamente
esclusivamente
qualora
contenga
subordinati
un
parere
perchè
una
vi
direttiva
si
agli
uniformino,
dell’amministrazione
non
vincolante per il contribuente, e non è, quindi, impugnabile né
innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale
di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo
atto di esercizio di potestà impositiva””. Su questa base, il
Supremo
Collegio
ha
dichiarato
il
difetto
assoluto
di
giurisdizione ed ha cassato senza rinvio. Ritengo di dovere
condividere in pieno e senza riserve i principi affermati in
questa sentenza che –pur ribadendo orientamenti già formulati in
precedenza-
ha
il
pregio
di
avere
con
estrema
lucidità
- 55 -
ricondotto
limiti
l’attività
assegnando
dell’Amministrazione
alla
circolare
il
nei
valore
suoi
di
giusti
documento
di
parte, senza altri ulteriori significati paranormativi. Mi piace
riferire un passaggio specifico che rende molto bene il senso
del principio di legalità, al quale ognuno deve attenersi in
materia
tributaria.
interpretazione
Si
dice
contenuta
nella
nella)
sentenza
circolare
è
che
se
errata,
(la
l’atto
emanato in difformità sarà legittimo perché è conforme alla
legge, se invece la (interpretazione contenuta nella) circolare
è corretta l’atto emanato in difformità sarà illegittimo per
violazione di legge. Anche per questa via, emerge un principio
al
quale
sono
molto
legato:
quello
che
conta,
ai
fini
di
assegnare valore ad un atto, non è la veste giuridica che esso
assume,
ma
è
la
validità
intrinseca
del
pensiero
che
esso
esprime.
Allora, per concludere sul punto, al giudice amministrativo oggi
sono riservate le posizioni di interesse legittimo derivanti
dalla approvazione dei regolamenti, dei Decreti Ministeriali,
degli atti generali quali gli studi di settore, o degli atti
aventi
un
valore
impositivo
generale,
quali
quelli
di
determinazione dei valori degli immobili o di altri beni, fatte
a
livello
centrale
ed
in
via
generale
ed
astratta.
Questo
giudice ha il potere di annullamento dell’atto amministrativo,
mentre il giudice tributario ha il potere di disapplicazione
dell’atto ritenuto illegittimo.
Il
sistema
completo
di
posto
situazione
tutela
che
un
giuridica,
che
ne
esce
è
provvedimento,
potrà
essere
senz’altro
se
è
abbastanza
lesivo
annullato
dal
di
una
giudice
tributario se ha natura tributaria o disapplicato da questi se
ha
natura
amministrativa,
e
annullato
dal
Giudice
amministrativo, se si tratta di atto generale.
Per il terzo tipo di norme, quelle che sono collegate al diritto
di cittadinanza e che dovrebbero servire a contribuire a creare
una migliore qualità della vita perché trattano di questioni più
generali, mi sembra necessario ed opportuno formulare qualche
- 56 -
riflessione su come lo statuto è stato considerato in questi
ultimi anni dai vari soggetti dell’ordinamento.
Per
onestà
intellettuale
occorre
sottolineare
subito
che
l’Amministrazione Finanziaria, in tutte le sue articolazioni, e
anche altri Enti titolari di un potere impositivo, sia con lo
strumento
dell’interpello,
e
sia
nei
rapporti
quotidiani
ed
individuali, hanno interiorizzato lo statuto e lo hanno fatto
diventare strumento abbastanza visibile. Il clima nei rapporti è
sicuramente cambiato a seguito dello statuto.
Anche i Giudici tributari hanno fatto la loro parte soprattutto
attraverso
all’esame
la
rimessione
della
Corte
di
diverse
Costituzionale,
questioni
importanti
manifestando
così
una
grandissima sensibilità verso il tentativo di creare un sistema
normativo più aderente ai valori costituzionali, che era uno
degli scopi dello statuto.
Negli
anni
immediatamente
successivi
all’emanazione
dello
statuto, da parte della dottrina c’è stata prima un diffuso
senso di scetticismo e di svalutazione della normativa. Forse
questo
è
accaduto
perché
gli
studiosi
conoscevano
bene
il
sistema e l’evoluzione normativa degli ultimi anni. Certo è che
un argomento così importante nei migliori manuali istituzionali
era
appena
accennato
e
che
le
pubblicazioni
organiche
sull’argomento non sono abbondate. Poi, forse anche per la presa
di
posizione
della
Cassazione,
c’è
stata
una
consapevolezza
diversa.
Sono però aumentati quelli che hanno insistito sul fatto che la
legge n. 212/2000 è in sostanza una legge ordinaria che può
essere modificata senza alcuna limitazione da ogni legislatore
successivo.
Ed
è
stata
così
offerta
una
sponda
preziosa
al
legislatore che sin dal primo momento, almeno in tema di norme
interpretative
e
dell’accertamento,
retroattive,
ha
e
apportato
di
allungamento
diverse
deroghe
dei
ai
termini
principi
dello statuto.
A mio avviso, è stata sprecata una occasione storica per fare un
salto di qualità, ossia per passare da un fatto formale ad un
fatto sostanziale. Ci sono paesi che non hanno leggi scritte o
che ne hanno poche e non per questo alcuni valori resistono meno
- 57 -
nel tempo, con la scusa che il contenitore non è di cemento
armato. Era forse il momento di capire se i principi dello
statuto veramente volevano attuare valori contenuti nelle norme
costituzionali richiamate dallo stesso legislatore,
se su quei
principi si poteva essere d’accordo o meno, e se quei principi
meritavano rispetto da tutti o potevano essere rispettati
da
qualcuno ad nutum.
Quei principi sono stati definiti dal legislatore come principi
generali del diritto tributario, ossia come principi che devono
guidare l’interprete perché hanno una forza ed uno spessore
superiore ad altri principi o a principi opposti.
Se questi principi esprimono dei valori condivisibili, occorre
sostenere che ad essi si deve attenere anche il legislatore
sulla base dell’antico “Pacta sunt servanda”, utilizzato anche
nei rapporti tra Stati, e cioè ai massimi livelli, allorché non
ci sono né Carabinieri né Giudici ad applicare una sanzione.
Come si vede,allora, il problema non è se la legge è una legge
ordinaria o una legge costituzionale. Il problema è di vedere se
siamo
d’accordo
d’accordo,
confronti
o
dobbiamo
di
un
meno
su
quei
esprimere
legislatore
il
che
principi.
nostro
sul
Perchè,
fermo
piano
se
siamo
dissenso
culturale
fa
nei
un
arretramento, molto negativo per le conseguenze che ricadranno
sul sistema in termini di credibilità della massima istituzione
quale è il Parlamento, che non può dire oggi una cosa e domani
un’altra, poiché o sbagliava prima o sbaglia dopo.
Ora, è chiaro che un tale problema non può essere appannaggio
solo della dottrina o della Corte costituzionale, ma deve essere
sentito e vissuto come problema di tutti, dagli operatori del
diritto ma anche da chi, al di fuori del mondo giuridico, pensa
che
sia
ancora
attuale
e
valida
l’esigenza
di
tendere
al
miglioramento dei rapporti tra cittadini e stato e da chi in
definitiva ha a cuore le sorti del proprio Paese.
Già i Romani si erano posti il problema di chi custodisce i
custodi. E la risposta l’hanno data i grandi giuristi che sono
passati alla storia per avere individuato ed indicato i principi
fondamentali del sistema, a prescindere da quello che era il
contenuto delle singole leggi. Anche oggi, l’unico strumento,
- 58 -
nel caso in cui il self restraint
non funziona, è quello di
fare capire e di dimostrare –sul piano culturale- da parte delle
persone più attente e più credibili che le soluzioni in deroga
ai principi generali (se non sono legittimate da esigenze vere e
condivisibili) costituiscono un male peggiore di quello che con
esse si voleva evitare. Il male peggiore è proprio quello della
perdita della fiducia.
Quando
le
deroghe
sono
abrogare quei principi
forse
tante,
bisogna
avere
il
coraggio
di
generali perché generali non sono più (o
non sono mai stati se non nella mente illuminata di chi
ha creduto che anche in Italia ci fossero le condizioni per un
cambiamento, rectius per un miglioramento).
Quello
che
non
può
essere
fatto
è
lasciare
lo
statuto
e
devitalizzarlo, perché si torna al passato, ad un passato di
sudditi
privi
di
un
diritto
di
cittadinanza
piena,
che
sicuramente non era più felice. Il principio dell’affidamento
(che vale innanzitutto nei confronti dello stato legislatore) è
un principio rispettato nelle democrazie più mature poiché vi
sono regole che si possono fare e regole che è meglio non fare.
E qui sta la distinzione tra diritto e legge, che resta attuale
anche
in
questo
momento,
pur
caratterizzato
da
forme
di
consapevolezza culturale mai conosciute nella nostra storia.
Un legislatore attento si preoccupa di perseguire il diritto, un
legislatore meno attento si accontenta di fare una legge.
Un
discorso
a
parte
deve
essere
fatto
per
la
Corte
Costituzionale, che sembra avere scelto, con riferimento allo
statuto,
la
strada
del
valore
formale
di
legge
ordinaria
utilizzata dal legislatore del 2000.
Questo è stato scritto
nella recentissima ordinanza n. 41/08
depositata il 27.02.2008 a proposito della norma interpretativa
con la quale è stato stabilito che le aree edificabili, a fini
Ici, sono ab imis anche quelle per le quali manca l’approvazione
del piano da parte della Regione o per le quali manca uno
strumento di attuazione, ma è stato scritto anche in precedenza.
Nell’ordinanza n. 41/08 è stato scritto che la norma denunciata
(l’art.
36,
comma
2
d.l.n.233/06)
““in
quanto
dotata
della
stessa forza della legge n. 212 del 2000 (che non ha valore
- 59 -
superiore a quello della legge ordinaria, come sottolineatola
questa Corte con le ordinanze n.180 del 2007, n. 428 del 2006 e
n.
216
del
2004)
è
idonea
ad
abrogare
implicitamente
quest’ultima e, conseguentemente ad introdurre nell’ordinamento
una valida norma di interpretazione autentica, ancorché priva di
una espressa autoqualificazione in tal senso””. La soluzione sul
piano della gerarchia delle fonti è ineccepibile, anche se essa
è insoddisfacente poichè il metro della ragionevolezza, spesso
meritoriamente applicato in molte occasioni negli anni passati,
è rimasto totalmente fuori dalla valutazione.
A me sembra che ci si dovrebbe chiedere se sia ragionevole il
principio generale secondo cui le norme interpretative devono
essere emanate solo in casi eccezionali e con qualificazione
espressa. Se a questa domanda diamo risposta positiva poiché
siamo
convinti
che
sia
giusto
–in
via
generale-
che
l’interpretazione delle norme non spetta a chi le fa (ma ad
altri, in base al principio della divisione dei poteri, di cui
ancora oggi non possiamo fare a meno), dobbiamo rispondere senza
alcuna remora che non è ragionevole riconoscere forza abrogante
implicita ad una norma emessa senza accertare la ricorrenza
della eccezionalità. L’accertamento della eccezionalità diventa
sul
piano
validità
accettiamo
culturale
del
indispensabile
principio
la
validità
generale
della
perché
e
eccezione
o
siamo
ed
accettiamo
la
conseguenti,
eliminiamo
o
quella
regola generale, che evidentemente tale non è.
Altre
due
vicende,
una
già
definita
e
una
in
corso
di
svolgimento, meritano di essere esaminate proprio perché esse
hanno le radici nel principio di uguaglianza che lo Statuto
avrebbe dovuto attuare, e la cui attuazione (almeno in queste
due ipotesi) appare molto lontana.
La prima riguarda il problema della nullità delle cartelle non
contenenti l’indicazione del responsabile del procedimento.
E’
accaduto
che
la
Corte
Costituzionale,
nella
ordinanza
n.377/07, ha richiamato la normativa dell’art. 7 dello Statuto,
ed ha precisato che ““l’obbligo imposto ai concessionari di
indicare
nelle
cartelle
di
pagamento
il
responsabile
del
- 60 -
procedimento, lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo
scopo
di
assicurare
amministrativa,la
piena
la
trasparenza
informazione
del
dell’attività
cittadino
(anche
ai
fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la
garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del
buon
andamento
e
dell’imparzialità
della
pubblica
amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost. (si
veda, ora, l’art. 1, comma 1, della legge n.241 del 1990, come
modificato
dalla
legge
11
febbraio
2005,
n.15,
recante
“Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n.241,
concernenti norme generali sull’azione amministrativa”)””.
E’ accaduto ancora che il legislatore, ritenendo che la mancanza
di questo elemento comporta la nullità, ha fatto una norma che
dichiara la prevede la nullità per il futuro (e cioè per
le
cartelle relative ai ruoli che saranno consegnati a partire dal
01.06.2008), e che esclude quella nullità per il passato.
La situazione è diventata a questo punto paradossale poiché se
quell’elemento era veramente così importante da comportare la
nullità della cartella, la soluzione doveva essere una sola: una
norma interpretativa che affermasse la stessa soluzione per il
passato e per il futuro. Se, invece, si riteneva che la mancanza
di quell’elemento (in un atto dovuto, a contenuto vincolato) non
fosse lesiva di alcun interesse concreto (anche perché nessuno
avrebbe potuto negare una eventuale azione di responsabilità in
capo al concessionario, a prescindere dalla individuazione della
persona fisica), una norma che distingue tra passato e futuro
non doveva essere mai fatta sul piano della ragionevolezza.
L’Agenzia delle Entrate, con circolare n.16/E del 6 marzo 2008,
emanata dopo l’entrata in vigore dell’art. 36, comma 4 ter del
d.l.n.248/07, in l. n.31/08, ha invitato gli Uffici a resistere
in giudizio nelle controversie di questo tipo sul presupposto
che
l’indicazione
del
responsabile
del
procedimento
non
era
prevista, nell’art. 7, comma 2, lett. a) dello Statuto a pena di
nullità. Il che comporterà il proliferare di un consistente
contenzioso, che dovrà essere risolto con la ricerca di una
soluzione unica per tutte le controversie, per evitare che nel
corso dei vari giudizi si possano creare intollerabili soluzioni
- 61 -
differenti tra loro. Ne va di mezzo il fondamentale principio di
uguaglianza richiamato dal legislatore del 2000 all’art. 1 dello
Statuto e trattato con disinvoltura dal legislatore del 2008,
che per lo stesso vizio ha dato due soluzioni differenti.
La seconda vicenda, ancora da definire, è quella che riguarda il
divieto di allungamento dei tempi dell’accertamento
dall’art. 3, comma 3 dello Statuto, secondo il
previsto
““I termini di
prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non
possono essere prorogati””.
Anche qui, la veste formale data alla legge dello statuto non
c’entra per niente, perché i soggetti che operano a vario titolo
nell’ordinamento
o
sono
d’accordo
sulla
validità
di
questo
principio generale, o non sono d’accordo.
Se sono d’accordo, devono rispettare il principio proprio perché
esso è un principio generale, che può avere una deroga solo in
casi eccezionali (come in tutti i casi della vita).
Se
non
sono
d’accordo,
è
meglio
che
dicano
chiaramente
che
questo principio è irrazionale e va abrogato.
La proroga dei termini previsti a pena di decadenza comporta un
mutamento delle regole mentre la partita ancora è in corso, ed è
chiaro che una proroga fatta
e legittimata senza che ci sia
alcun fatto eccezionale, diventa incomprensibile sul piano del
sistema. E infatti, oggi, nel 2008, nessuno può volere,
può
legittimare o può auspicare un mutamento delle regole mentre la
partita è ancora in corsa, senza mettere in discussione il senso
stesso della civiltà.
E’ accaduto, come è noto, che la legge n.289/02, da una parte ha
premiato alcuni soggetti (attraverso una rinuncia a fare valere
il
potere
accertativo
penalizzato altri
e
sanzionatorio),
e
dall’altra
ha
soggetti (che avevano la colpa di non avere
fatto il condono) prorogando di due anni i termini previsti a
pena di decadenza per l’accertamento.
La Commissione Tributaria di Cosenza, a seguito di una eccezione
di
illegittimità
costituzionale,
con
una
ordinanza
esemplare
(sez. XI, 24.08.2007, Pres. Rizzuti, rel. Marincolo, in Corr.
Trib. N.43/07 pag.3509, con commento favorevole di E. De Mita),
- 62 -
ha
rimesso
gli
atti
alla
Corte
Costituzionale
che
dovrà
risolvere il problema.
Io credo che non basterà rilevare che la legge n. 212/2000 è una
legge ordinaria, poiché questa volta il principio da salvare o
da rinnegare è quello che discende dall’antico
“pacta sunt
servanda”.
Si
tratta,
probabilmente,
di
valutare
se
questo
principio
merita di restare negli schemi della ragionevolezza che sono
necessari per governare meglio la vita di relazione anche e
soprattutto in una società complessa, o se invece un preteso
senso di modernità può travolgere una regola così elementare che
continua a valere
nei rapporti tra amici, tra parenti, tra
cittadini in genere, e che diventa –nei rapporti tra cittadini e
stato- carta che si può stracciare quando si vuole.
Dott. Angelo Gargani, Presidente del Consiglio di Presidenza
della Giustizia Tributaria.
Il cerchio si chiude, mi pare che l'ultima relazione è del
collega Falcone, mi consenti se ti chiamo ancora collega, ha
dato maggiore incisività più di quanto abbia fatto il professor
Marongiu
o
il
collega
Botta,
peccato
che
non
c'è
una
voce
contrastante, evidentemente forse non deve esserci. Va bene ora
diamo la parola al dottor Antonio Montesano notaio in Paola.
Dott. Antonio Montesano, Notaio in Paola.
“La
tutela
dell’affidamento
del
contribuente.
Profili
di
rilevanza notarile”.
1.
I
Introduzione.
principi
radicati
di
buona
nell’intero
fede
e
di
tutela
ordinamento
dell’affidamento
giuridico,
a
garanzia
sono
dei
rapporti che si instaurano tra soggetti privati, relativamente
alle varie vicende negoziali.
Nel
particolare
principi
hanno
l’approvazione
ambito
dell’ordinamento
trovato
dello
“Statuto
espresso
dei
tributario,
riconoscimento
diritti
del
detti
con
contribuente”
- 63 -
(legge 27 luglio 2000, n. 212) che ha segnato la fine dell’era
della supremazia amministrativa nei rapporti tra i due soggetti,
privato e pubblico, dell’obbligazione tributaria.
In particolare:
•
le
disposizioni
dello
Statuto
dei
contribuenti,
in
attuazione degli articoli 3 (principio di pari dignità sociale
di tutti i cittadini e di uguaglianza davanti alla legge), 23
(divieto di imporre prestazioni personali o patrimoniali se non
in base alla legge)66, 53 (obbligo di tutti di concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva)67 e
97 (organizzazione degli uffici della Pubblica Amministrazione
secondo
le
disposizioni
di
legge)68
della
Costituzione,
costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e
possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da
leggi speciali (articolo 1, comma 1);
•
eventuali norme interpretative in materia tributaria
possono essere introdotte soltanto:
)
in casi eccezionali;
)
con legge ordinaria, qualificando come tali le
disposizioni di interpretazione autentica (articolo 1, comma 2).
2.
Riferimenti normativi
L’articolo
10,
comma
1,
dello
Statuto
dei
diritti
del
contribuente, sotto la rubrica «Tutela dell’affidamento e della
buona fede. Errori del contribuente», dispone che: «I rapporti
tra contribuente ed Amministrazione finanziaria sono improntati
al principio della collaborazione e della buona fede69».
66
Si tratta di una riserva di legge relativa, secondo la quale la legge non deve regolare
integralmente il rapporto tributario, ma deve contenere gli elementi necessari per individuare il tributo.
Sarà poi un regolamento delegato ad integrare la legge. Si ricorda che, secondo l’opinione della dottrina
prevalente, l’art. 23 in esame si applica solo alle imposte e non alle tasse; tuttavia, non mancano, al
riguardo, opinioni contrarie.
67
Questa norma, di carattere precettivo e non programmatico, limita la libertà dei cittadini,
affermando un loro dovere e un corrispondente diritto dello Stato.
68
Il fine della norma è quello di assicurare il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione.
69
Come è stato precisato (Cass. 10 dicembre 2002, n. 17576, in Il Fisco 2003, pag. 137), «… il
termine “collaborazione” allude, per un verso, ai principi di “buon andamento”, “efficienza” ed
“imparzialità” dell’azione amministrativa tributaria di cui all’art. 97, comma 1, della Costituzione
(richiamato dall’art. 1, comma 1, dello Statuto), e, per l’altro, a comportamenti non collidenti con il
dovere, sancito dall’art. 53, comma 1, della Costituzione (anch’esso richiamato dalla predetta
- 64 -
Detta
norma
fissa
(“collaborazione”
debbono
sempre
e
le
regole
“buona
informare
fede”
lo
generali
di
in
oggettivo)
senso
svolgimento
comportamento
delle
-
attività
che
di
amministrazione finanziaria e contribuente nei loro reciproci
rapporti; si tratta di regole che devono trovare applicazione
relativamente a tutti i rapporti giuridici tributari, e cioè a
tutte le attività mediante le quali essi si costituiscono, si
svolgono e si esauriscono.
Il comma 2 del medesimo articolo aggiunge: «Non sono irrogate
sanzioni
né
richiesti
interessi
moratori
al
contribuente,
qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti
dell’amministrazione
modificate
finanziaria,
dall’amministrazione
comportamento
risulti
posto
direttamente
conseguenti
a
in
ancorché
medesima,
essere
ritardi,
successivamente
o
a
qualora
seguito
omissioni
il
di
od
suo
fatti
errori
dell’amministrazione stessa»70.
Il comma 3, infine, precisa: «Le sanzioni non sono comunque
irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di
incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della
norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione
formale
senza
alcun
debito
di
imposta;
in
ogni
caso
non
determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un
giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le
violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario
non possono essere causa di nullità del contratto71».
3.
Profili definitori.
disposizione statutaria) ed imposto a “tutti” i contribuenti, di “concorrere alle spese pubbliche in ragione
della loro capacità contributiva”; … il termine “buona fede”, se riferito all’amministrazione finanziaria,
coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine “collaborazione”, posto che
entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell’amministrazione stessa “coerenti”, vale a dire “non
contraddittori” o “discontinui” (mutevoli nel tempo); … il medesimo termine, se riferito al contribuente,
presenta un’analoga, parziale coincidenza con quello di “collaborazione” ed allude ad un generale
dovere di correttezza, volto ad evitare, ad es., comportamenti del contribuente capziosi, dilatori,
sostanzialmente connotati da “abuso” di diritti e/o tesi ad “eludere” una “giusta” pretesa tributaria».
70
È evidente che, alla base di siffatte ipotesi, sta la tutela - espressamente limitata all’esclusione
dell’irrogazione di sanzioni e/o della richiesta d’interessi moratori - dell’affidamento del contribuente,
ingenerato in quest’ultimo dai fatti ivi indicati.
71
Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con
modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156.
- 65 -
In linea generale, i termini “buona fede” e “affidamento”,
benché siano spesso accomunati, non sono tra loro equivalenti.
In particolare, per “affidamento” deve intendersi la condizione
psicologica propria di chi ha fiducia in qualcosa o qualcuno.
La
locuzione
“buona
fede”,
invece,
ha
due
accezioni:
una
soggettiva ed una oggettiva. La prima fa riferimento allo stato
psicologico di chi ritiene di avere agito in conformità della
legge (ignoranza di ledere una situazione giuridica altrui),
mentre la seconda consiste in un generale dovere di correttezza
che impone atteggiamenti leali e vieta comportamenti contrari
alle
legittime
aspettative
altrui,
originate
da
un
proprio
precedente comportamento.
In ambito tributario, il principio della tutela dell’affidamento
del contribuente costituisce un mero svolgimento dei contenuti
dei principi di collaborazione e di buona fede; «infatti, se in
base
ai
principi
l’amministrazione
della
collaborazione
finanziaria
ha
il
e
della
dovere
di
buona
fede
esercitare
la
propria attività e di adottare le proprie decisioni, oltreché in
modo legittimo (ossia, in base al generale principio di legalità
dell’azione
amministrativa),
anche
in
maniera
“coerente”,
qualsiasi comportamento dell’amministrazione stessa non conforme
a
tali
canoni
può
essere
idoneo
a
costituire,
secondo
le
circostanze del caso concreto, in capo al contribuente in buona
fede
(in
senso
oggettivo),
cui
non
sia
addebitabile
alcun
comportamento “scorretto” …, una situazione giuridica soggettiva
di vantaggio, fondata proprio sul convincimento (buona fede in
senso
soggettivo)
dell’attività
delle
apparenti
amministrativa
legittimità
tributaria:
e
coerenza
situazione,
che,
secondo le circostanze del caso concreto appunto, in forza del
principio dell’affidamento, è considerata dal legislatore dello
Statuto meritevole di tutela»72.
I
presupposti
affidamento
che
del
integrano
una
contribuente
situazione
di
fronte
di
legittimo
all’azione
dell’Amministrazione finanziaria e che consentono al primo di
72
Cass. 17576/2002, cit.
- 66 -
invocarne
la
relativa
tutela,
si
possono,
dunque,
così
sintetizzare73:
a)
attività
dell’Amministrazione
finanziaria
idonea
a
determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza
dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente;
b)
conformazione in buona fede (in senso soggettivo) da
parte
del
contribuente
alla
situazione
giuridica
apparente,
purché nel contesto di una condotta dello stesso (buona fede in
senso
oggettivo)
-
anteriore,
contemporanea
e
successiva
all’attività dell’amministrazione - connotata dall’assenza di
qualsiasi violazione del generale dovere di correttezza gravante
sul medesimo (affidamento legittimo);
c)
eventuale presenza di circostanze specifiche del caso
concreto
e
idonee
a
costituire
altrettanti
indici
della
sussistenza o dell’insussistenza dei predetti presupposti74.
3.1.
“Buona
fede”
e
“affidamento”
nella
giurisprudenza
amministrativa.
Il
supremo
Giudice
amministrativo
ha
sempre
considerato
i
principi della buona fede e del legittimo affidamento tra i
canoni
regolatori
ultimi
dei
rapporti
tra
Pubblica
Amministrazione e amministrati nelle più diverse fattispecie75.
In particolare, il Consiglio di Stato ha più volte ribadito che
il
potere
di
autotutela
deve
essere
esercitato
nella
ponderazione dell’interesse privato, che viene sacrificato, in
comparazione con quello pubblico, avuto riguardo all’affidamento
73
Cass. 17576/2002, cit.
Ad esempio, la situazione normativa astrattamente idonea a disciplinare la concreta fattispecie;
ovvero, lo stesso fluire del tempo, quale indice della “coerenza” dell’azione amministrativa tributaria e/o
dell’affidamento del contribuente e/o del “consolidamento” della situazione giuridica soggettiva
favorevole a quest’ultimo.
74
75
Cfr. Cons. St., sez. V, 22 maggio 1981, n. 206, in Foro amm. 1981, I, 1, pag. 1088; Id., sez. IV, 6 ottobre
1986, n. 651, in Foro amm. 1986, 1, pag. 2064; Id., Ad. plen., 30 settembre 1993, n. 11, in Rass. Avv.
Stato 1994, I, 4, pag. 524 con nota di F. Basilica; Id., sez. IV, 17 dicembre 1998, n. 1815, in La legge plus on line,
IPSOA. In numerose decisioni è stato affermato il principio secondo cui, la determinazione di recupero di somme
indebitamente pagate è un tipico provvedimento di annullamento d’ufficio, destinato ad eliminare gli atti in base ai
quali l’indebito pagamento è stato effettuato, talché, alla stregua dei principi generali, essa può essere
legittimamente adottata solo se il pubblico interesse perseguito non collida con situazioni giuridiche contrarie,
quale quella conseguente, in base al principio dell’affidamento, alla percezione in buona fede, da parte
dell’interessato, delle somme non dovute (cfr., tra le altre, Cons. St. 9 marzo 1985, n. 77, in Cons. Stato 1985, I,
pag. 257; Id., 23 novembre 1985, n. 559, in La legge plus on line, IPSOA).
- 67 -
riposto
nella
ponderazione
legittimità
-
amministrativa76;
dell’azione
necessaria
quando
dall’annullamento
tale
d’ufficio
derivi un danno per il privato - non lo è quando si tratti di
rimuovere un ingiusto vantaggio dallo stesso conseguito.
Inoltre,
limitato,
il
potere
sulla
di
base
annullamento
del
d’ufficio
principio
generale
può
essere
della
tutela
dell’affidamento del privato, dallo stesso trascorrere del tempo
che
abbia
consolidato
la
situazione
giuridica
di
vantaggio
acquisita dal privato medesimo77.
In
quest’ottica,
si
è
assistito
ad
un
proliferare
di
fattispecie, nei vari settori del diritto amministrativo, nelle
quali è stata data prevalenza al principio della tutela del
legittimo affidamento del cittadino di fronte all’azione della
Pubblica Amministrazione78.
Nella stessa direzione si muovono anche le prime pronunce della
Corte
di
cassazione,
che
hanno
fatto
applicazione
delle
disposizioni statutarie79.
4.
La
valenza
costituzionale
della
tutela
del
legittimo
affidamento del cittadino.
Il
principio
della
tutela
del
legittimo
affidamento
del
cittadino di cui all’art. 10 dello Statuto dei contribuenti,
come
si
è
precisamente
detto,
negli
trova
artt.
origine
3,
23,
nella
53
e
Costituzione
97,
e,
espressamente
76
Cfr., ex pluribus, Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 1984, n. 9, in La legge plus on line, IPSOA; Id.,
28 luglio 1992, n. 704, in Riv. amm. 1992, IV, pag. 1300; Id., 11 aprile 1996, n. 399, in La legge plus on
line, IPSOA.
77
Cfr., ad es., Cons. St., sez. VI, 29 marzo 1996, n. 520, in La legge plus on line, IPSOA; Id., sez. V, 18
ottobre 1996, n. 1253, ivi; Id., 20 febbraio 1998, n. 161, ivi.
78
Ad es., nell’interpretazione ed applicazione dei bandi di concorso: cfr. Cons. St., sez. V, 30
maggio 1997, n. 582, in La legge plus on line, IPSOA. Ovvero quale limite al potere discrezionale
dell’autorità amministrativa, competente alla pianificazione urbanistica, di modificare, senza congrua
motivazione, precedenti piani di lottizzazione, proprio in ragione dell’esigenza di tutelare l’affidamento
che il cittadino fonda su tali piani: cfr. Cons. St., sez. IV, n. 1785/1999.
79
E così, è stato precisato (Cass., 5 ottobre 2001, n. 12284, in Foro it. 2001, I, pag. 3530; Id., 14
novembre 2001, n. 14141, in La legge plus on line, IPSOA) che la disposizione di cui al primo periodo del comma
4 dell’art. 6 dello Statuto dei diritti del contribuente - secondo cui “al contribuente non possono, in ogni caso,
essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre
amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente” - è espressiva del “principio di collaborazione” nei rapporti
tra contribuente ed amministrazione finanziaria. Cfr., inoltre, Cass., 22 novembre 2001, n. 14782, in La legge plus
on line, IPSOA, che ha dato importanza al principio dell’affidamento, basato su un provvedimento concessivo
dell’Amministrazione ed ha affermato che il contribuente che si affida al suo creditore e ne attua le disposizioni
non può essere penalizzato con la esclusione da un beneficio riguardante le sanzioni. Lo stesso principio è stato
espresso nella sentenza 21 marzo 2001, n. 4050, ivi.
- 68 -
richiamati dall’art. 1 dello Statuto medesimo; esso, pertanto, è
immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce
uno
dei
fondamenti
articolazioni,
dello
Stato
limitandone
di
diritto
l’attività
nelle
diverse
legislativa
e
amministrativa80.
A differenza di altre norme dello Statuto, che presentano un
contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente, la
previsione del citato art. 10 è dunque espressiva di principi
generali
esistenti
dell’entrata
motivo,
canone
deve
in
nell’ordinamento
vigore
ritenersi
ermeneutico
della
che
legge
tale
tributario
n.
anche
212/2000;
disposizione,
dell’interpretazione
per
in
prima
questo
forza
del
adeguatrice
a
Costituzione, risulti applicabile:
•
ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla
sua entrata in vigore81. È stato, invece, escluso che le norme
di natura procedimentale dello Statuto possano essere applicate
retroattivamente82.
Ciò
in
quanto,
tenuto
conto
dello
stato
della legislazione preesistente, le disposizioni di tale natura,
in linea di massima, istituiscono nuove garanzie in favore del
contribuente,
o
ampliano
significativamente
garanzie
già
previste in misura minore;
•
ai
rapporti
fra
contribuente
ed
ente
impositore
diverso dall’Amministrazione finanziaria dello Stato;
•
ad
elementi
dell’imposizione
diversi
da
sanzioni
e
interessi, giacché i casi di tutela espressamente enunciati dal
comma
2
del
citato
art.
10
riguardano
situazioni
meramente
esemplificative, legate ad ipotesi maggiormente frequenti, ma
non
limitano
la
portata
generale
della
regola,
idonea
a
disciplinare una serie indeterminata di casi concreti.
Su quest’ultimo punto, attese le rilevanti implicazioni pratiche
ad esso correlate, si tornerà nel prosieguo del presente lavoro
(v. punto 6.1.).
80
Oltre la sentenza 17576/2002, cit., cfr. Cass., 6 ottobre 2006, n. 21513, in La legge plus on line,
IPSOA.
81
Cass., 14 aprile 2004, n. 7080 in Il fisco n. 27/2004, fascicolo n. 1, pag. 4238; Id., 17576/2002,
cit.
82
Cfr. Cass., 12 ottobre 2001, n. 12462, in La legge plus on line, IPSOA.
- 69 -
Ora è bene precisare che, non sempre la valenza costituzionale
delle norme Statutarie guida i passi del legislatore tributario;
infatti,
non
sono
pochi
i
provvedimenti
legislativi
che
ne
violano i precetti.
Ad esempio, il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, si pone in
contrasto con lo Statuto in questione, laddove indica le varie
date di decorrenza degli effetti di alcune disposizioni in esso
contenute. Si fa riferimento alla norma:
•
sui paradisi fiscali (art. 1, comma 6);
•
sugli immobili in leasing (art. 2, comma 18), che ha
effetto dal 4 luglio 2006;
•
sui
fringe
benefit
(art.
2,
commi
71
e
72),
che
retroagisce al 1° gennaio 2006;
•
sulle auto aziendali (art. 2, commi 71 e 72), che
decorre dal 3 ottobre 2006;
•
sul riporto delle perdite (art. 2, comma 22), che
decorre dal periodo in corso al 4 luglio 2006;
•
sulle società in trasparenza (art. 2, comma 23), che
decorre dal 4 luglio 2006;
•
sui contributi per l’editoria (art. 2, commi da 124 a
128),
vigente per l’anno 2006.
Lo stesso decreto, inoltre, con riferimento all’imposta sulle
successioni
e
donazioni,
prevede
che
le
disposizioni
ivi
contenute si applichino alle successioni apertesi dal 3 ottobre
2006 e agli atti pubblici formati, agli atti a titolo gratuito
fatti,
alle
private
non
scritture
private
autenticate
autenticate
presentate
per
la
e
alle
scritture
registrazione,
a
decorrere dal 1° gennaio 2007.
Per
le
donazioni,
invece,
ai
fini
dell’applicazione
dell’imposta, a decorrere dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione (29 novembre 2006) si tiene conto della
data del rogito notarile.
Per le dichiarazioni di successione già presentate alla data di
entrata in vigore della predetta legge e per i decessi avvenuti
dal 3 ottobre 2006 in poi, le imposte già pagate sono ripetibili
- 70 -
(se versate in più) perché, in molti casi, non si è tenuto conto
della “franchigia” introdotta per le devoluzioni in linea retta,
mentre restano invariate le liquidazioni per quelle in favore di
altri soggetti.
Appare, dunque, evidente che l’accavallarsi di date e di effetti
della nuova disciplina crea non poche difficoltà non solo agli
operatori del settore e agli interpreti ma, soprattutto, ai
contribuenti, a dispregio della ratio dello Statuto.
5.
La
tutela
dell’affidamento
e
della
buona
fede
del
contribuente quale limite alla retroattività sfavorevole della
legge tributaria.
Nell’affrontare il problema dei limiti all’efficacia retroattiva
delle leggi interpretative, la Corte Costituzionale, in alcune
pronunce83, li ha individuati - oltreché in quello previsto
esplicitamente per la materia penale (art. 25, comma 2, della
Costituzione) – anche in quelli che attengono alla salvaguardia
di
norme
costituzionali;
tra
questi
viene
annoverato
il
principio «della tutela dell’affidamento legittimamente posto
nella certezza dell’ordinamento giuridico»; in particolare, è
stato precisato, quello «sull’affidamento del cittadino nella
sicurezza giuridica è principio che, quale elemento essenziale
dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetto
retroattivo
che
incidano
irragionevolmente
su
situazioni
regolate da leggi precedenti»84.
Recependo l’insegnamento del Giudice delle leggi, il Legislatore
statutario, con riguardo alla disciplina dei tributi, statuisce
che:
«Salvo
quanto
previsto
dall’art.
1,
comma
285,
le
83
Cfr. le sentenze n. 211/1997, n. 416 /1999 e n. 525 /2000 (anticipate, tra le altre, dalle sentenze
n. 349/1985, n. 822/1988 e n. 390/1995), consultabili nella Sezione «Giurisprudenza» sotto la voce
«Ricerca sulle pronunce» del sito http://www.cortecostituzionale.it/.
84
In termini, sentenza n. 525/2000, cit., con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3, comma 1, della Costituzione, dell’art. 21, comma
1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, nella parte in cui estende anche al periodo anteriore alla sua
entrata in vigore l’efficacia della interpretazione autentica, da essa dettata, dell’art. 38, comma 2, del
D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, «poiché in questo modo è stato frustrato l’affidamento dei soggetti
nella possibilità di operare sulla base delle condizioni normative presenti nell’ordinamento in un dato
periodo storico, senza che vi fosse una ragionevole necessità di sacrificare tale affidamento nel
bilanciamento con altri interessi costituzionali».
85
Che disciplina l’ipotesi dell’adozione di norme interpretative.
- 71 -
disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo» (art. 3,
comma 1, primo periodo, della legge n. 212/2000).
Pertanto, «ogni qualvolta una normativa fiscale sia suscettibile
di
una
duplice
interpretazione,
una
che
ne
comporti
la
retroattività e una che la escluda, l’interprete dovrà dare
preferenza
a
questa
seconda
interpretazione
come
conforme
a
criteri generali introdotti con lo Statuto del contribuente e,
attraverso di essi, ai valori costituzionali intesi in senso
ampio
e
interpretati
direttamente
dallo
stesso
legislatore
attraverso lo Statuto»86.
Tuttavia, va precisato che «il c.d. Statuto del contribuente è
uno strumento di garanzia del contribuente e, quindi, mentre
serve
ad
arginare
il
potere
dell’Erario
nei
confronti
del
soggetto più debole del rapporto di imposta, non può ostacolare
l’approvazione
di
disposizioni
che
siano
a
favore
del
contribuente, che si risolvano eventualmente in un ulteriore
autolimitazione del potere legislativo (una sorta di autotutela
legislativa)»87.
In quest’ottica deve essere intesa la natura eccezionale delle
norme interpretative.
In
particolare,
l’irretroattività
secondo
della
la
legge
Corte
disposta
di
cassazione,
dall’art.
11
delle
preleggi è una regola generale che può essere derogata solo per
due ordini di motivi:
1.
se
risulta
l’espressa
ed
univoca
dichiarazione
del
legislatore;
2.
se
la
nuova
norma
appaia
emessa
per
precisare
il
significato di norme preesistenti ed imponga una variante che
risolva,
con
intervento
chiarificatore
del
legislatore,
un
precedente contrasto interpretativo, fornendone interpretazione
autentica, purché compatibile con il loro tenore letterale88.
86
Cass., 14 aprile 2004, n. 7080, in Corriere trib. 2004, n. 29, pag. 2290, con nota di G.
Marongiu.
87
Cass., 21 aprile 2001, n. 5931, in Corriere trib. 2001, 35, pag. 2644, con nota di M. Bruzzone.
88
Cass., 26 aprile 2005, n. 8637, in La legge plus on line, IPSOA. Negli stessi termini, cfr. Corte
costituzionale, sentenze n. 376/1995, n. 397/1994, n. 229/1999 e n. 525/2000, consultabili nella Sezione
«Giurisprudenza» sotto la voce «Ricerca sulle pronunce» del sito http://www.cortecostituzionale.it.
- 72 -
Quanto al carattere d’interpretazione autentica di una legge,
come è stato affermato89, «esso dipende esclusivamente dal suo
contenuto caratterizzato dall’enunciazione di un apprezzamento
interpretativo circa il significato di un precetto antecedente,
a cui la norma si ricollega nella formula e nella ratio, e da un
momento precettivo, con il quale il legislatore impone questa
interpretazione, escludendone ogni altra».
Accertata la natura interpretativa di una norma, la stessa deve,
di conseguenza, considerarsi «applicabile anche ai rapporti non
ancora definiti senza che tale efficacia retroattiva possa dar
luogo a dubbi di legittimità costituzionale»90.
5.1.
Determinazione della rendita catastale delle turbine e
delle centrali idroelettriche
Così,
ad
esempio,
la
Corte
di
Cassazione91
ha
risolto
la
questione relativa alla computabilità del valore delle turbine
nella
quantificazione
elettriche,
della
sostenendo
rendita
l’efficacia
catastale
retroattiva
delle
centrali
dell’art.
1-
quinquies del D.L. 31 marzo 2005, n. 44, convertito dalla legge
31 maggio 2005, n. 8892.
Questa problematica - intorno alla quale si è sviluppato un
lungo contenzioso tra l’Enel S.p.A., da un lato, e gli Uffici
del
Territorio
e
i
Comuni,
dall’altro
-,
trae
origine
dall’impugnazione da parte dell’Enel degli atti di classamento 89
Cass., Sezioni Unite, 4 marzo 1983, n. 1622, in Foro it. 1983, I, pag. 1257; Id., 12 giugno 1986,
n. 3928, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 10 febbraio 1989, n. 829, ivi; Id., 20 giugno 2003, n. 9895,
ivi. Cfr. pure Corte costituzionale, sentenza n. 525/2000, cit., secondo la quale «il legislatore può
adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni legislative non solo quando sussista una
situazione di incertezza nell’applicazione del diritto o vi siano contrasti giurisprudenziali, ma anche in
presenza di un indirizzo omogeneo della Corte di Cassazione, quando la scelta imposta dalla legge
rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile
alla norma anteriore».
90
Cass., 22 gennaio 2004, n. 1026, in La legge plus on line, IPSOA.
91
Sentenza 7 giugno 2006, n. 13319, in La legge plus on line, IPSOA.
92
Secondo tale norma: «Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000,
n. 212, l’art. 4 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto
1939, n. 1249, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le
costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via
transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di
realizzare un unico bene complesso. Pertanto concorrono alla determinazioni della rendita catastale, ai
sensi dell’art. 10 del citato decreto-legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili
costruiti per le speciali esigenze dell’attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente
non incorporati al suolo».
- 73 -
con i quali gli Uffici del Territorio rettificavano la rendita
catastale
delle
centrali
elettriche
-
e
degli
avvisi
di
liquidazione - con i quali i Comuni che ospitano le centrali
ponevano in riscossione l’ICI relativa alle medesime centrali emessi
sulla
base
della
rendita
rettificata,
nonché
delle
relative sanzioni.
Ciò
avveniva
all’indomani
dell’approvazione
della
cosiddetta
procedura DOCFA regolata dal D.M. n. 701/1994.
In
particolare,
la
società
elettrica,
nell’attuare
siffatta
procedura di determinazione della rendita, ha riformulato il
classamento delle centrali termoelettriche, omettendo il valore
(assai rilevante) delle turbine, non ritenute dall’ente impianti
fissi, ottenendo così rendite inferiori del 60-70% rispetto alle
precedenti determinate dagli uffici e abbattendo il gettito ICI
dei
piccoli
comuni
di
appartenenza.
Secondo
le
società
di
produzione, infatti, il valore delle centrali elettriche deve
essere determinato solo dal valore dell’area e dei muri, con
esclusione degli impianti.
Questa tesi, però, contrasta con la prassi interpretativa ed
applicativa delle norme catastali in materia di fabbricati di
categoria D.
Il
contenzioso
ha
generato
contrastanti
pronunce
della
giurisprudenza di merito93 e di legittimità94, fino a richiedere
- quando la questione era già stata rimessa all’attenzione delle
Sezioni
Unite
della
Corte
di
Cassazione
-
l’intervento
del
legislatore con le disposizioni di cui agli articoli 1, comma
540, della legge n. 311/200495, prima, e 1-quinquies del D.L. n.
44/2005, poi.
93
Cfr. Commissione Tributaria Regionale Umbria 13 marzo 2003, n. 13, consultabile nella
sezione «Servizi», sotto la voce «Doc. economica e Tributaria» (cliccando prima su «Estremi», poi su
«Giurisprudenza») del sito http://www.cerdef.it/site.php?page=home e Commissione Tributaria
Regionale Lazio 17 giugno 2003, n. 261, ivi, per la non computabilità delle turbine; Id., 24 febbraio
2004, n. 48, ivi, e Id., 16 settembre 2005, n. 133, ivi, per l’opposta soluzione.
94
Cfr. Cass., 6 settembre 2004, n. 17933, in La legge plus on line, IPSOA, per la non
computabilità delle turbine e Cass., 17 novembre 2004, n. 21730, ivi, in senso favorevole al computo
delle turbine.
95
La norma interpretativa di cui alla legge n. 311 del 2004 (Finanziaria 2005) è stata abrogata dall’art. 4,
comma 1, del D.L. n. 35/2005, come modificato dalla legge di conversione n. 80/2005: ciò perché, il contenuto
generico della disposizione interpretativa aveva preoccupato molte piccole imprese che temevano di veder
considerati come immobili i più disparati macchinari e veder così aumentare eccessivamente la loro imposizione
fiscale (in specie ai fini ICI).
- 74 -
Sicché,
oggi,
è
alla
luce
di
queste
norme
che
deve
essere
risolta la questione e l’ambito della discussione trova «il
proprio
naturale
interpretativa
confine
nella
dell’intervento
valutazione
del
della
legislatore
natura
e
della
compatibilità costituzionale della norma approvata»96.
Con riferimento alla prima questione (natura della norma in
esame), deve essere precisato che il citato art. 1-quinquies del
D.L. n. 44/2005 può essere considerato norma d’interpretazione
autentica97 per due ordini di motivi:
1.
esso
è
formalmente
qualificato
come
norma
d’interpretazione dallo stesso legislatore;
2.
è volto a chiarire il senso di una norma preesistente
per
porre
termine
al
contrasto
giurisprudenziale
che
la
riguarda98.
Ciò posto, va ricordato che, secondo la norma in esame, con
riferimento alle centrali elettriche, una costruzione può essere
definita “stabile” se è costituita «dal suolo e dalle parti ad
esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui
possono
accedere,
mediante
qualsiasi
mezzo
di
unione,
parti
mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso»99.
L’art.
1-quinquies
del
D.L.
n.
44/2005,
in
pratica,
ha
considerato le turbine quali elementi essenziali costitutivi del
bene “centrale elettrica” (bene immobile per incorporazione di
mobile a immobile) e non rileva il mezzo di unione tra “mobile”
e
“immobile”:
l’impossibilità
sia
perché
di
separare
quel
che
l’uno
davvero
dall’altro
conta
è
senza
la
sostanziale alterazione del bene complesso (che non sarebbe più,
nel caso di specie, una centrale elettrica), sia perché “mezzo
di unione” idoneo a determinare l’incorporazione non può essere
qualificato solo quello che tale poteva considerarsi al tempo
dell’approvazione del codice civile; al riguardo, infatti, si
deve
tener
conto
del
progresso
tecnologico
e
dei
mezzi
96
Cass. 7 giugno 2006, n. 13319, cit.
Di conseguenza, esso ha efficacia retroattiva.
98
E, come si è detto, proprio questa è, tradizionalmente, una delle ragioni dell’intervento del
legislatore in sede d’interpretazione autentica.
99
Del resto, ai sensi dell’art. 812 del codice civile si considerano beni immobili, tra l’altro, le
costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio.
97
- 75 -
utilizzati per venire incontro a specifiche esigenze tecniche
(come accade per le turbine, per le quali devono utilizzarsi
particolari mezzi di unione al suolo, in ragione della necessità
di
tener
conto
della
dilatazione
cui
sono
soggette
per
le
elevate temperature di esercizio)100.
Con
riferimento
alla
seconda
questione
(compatibilità
costituzionale della norma), non si può certo affermare che
l’articolo de quo sia viziato per irragionevolezza, per aver
stabilito che una determinata norma si interpreti in un senso
riguardo ad alcuni soggetti che ne sono destinatari e in un
senso diverso (addirittura opposto) rispetto ad altri101.
La norma in discussione, infatti, è diretta a risolvere, in via
definitiva, un contrasto ermeneutico insorto relativamente alla
situazione specifica delle centrali elettriche, e non stabilisce
affatto che la norma interpretata sia soggetta ad una diversa
esegesi in situazioni omogenee102.
Né si potrebbe ritenere che, la disposizione in esame, comporti
violazione dell’art. 53 della Costituzione.
Infatti, anzitutto non è prospettabile una lesione del tipo
indicato
in
relazione
alla
determinazione
della
rendita
catastale (che non costituisce né un’imposta, né un presupposto
d’imposta); inoltre, la capacità contributiva, quale idoneità
soggettiva
all’obbligazione
presupposto
economico
al
d’imposta
quale
-
l’imposta
è
desumibile
collegata
dal
-
può
essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice
rivelatore
di
ricchezza,
secondo
valutazioni
riservate
al
legislatore, salvo il controllo di costituzionalità, sotto il
profilo
della
palese
arbitrarietà
e
manifesta
100
In termini, cfr. la più volte citata sentenza della Cassazione 7 giugno 2006, n. 13319.
Sentenza 7 giugno 2006, n. 13319, cit.
102
Essa, pertanto, non contrasta con l’articolo 3 della Costituzione. Infatti, la situazione delle
centrali elettriche è del tutto specifica; inoltre non sussiste alcuna significativa omogeneità tra tutti gli
immobili classificabili nel gruppo catastale D, come rivela immediatamente la circostanza che alla loro
valutazione catastale si debba procedere, per espressa previsione normativa, mediante stima diretta.
101
- 76 -
irragionevolezza103,
ipotesi
che
non
sussistono
nel
caso
di
specie104.
5.2.
Determinazione di area fabbricabile
Altra questione è sorta con riferimento all’articolo 36, comma
2,
del
D.L.
4
luglio
2006,
n.
223
(convertito,
con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), secondo il
quale: «Ai fini dell’applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.
633, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917 e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da
considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in
base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune,
indipendentemente
dall’approvazione
della
regione
e
dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo».
Questa norma, entrata in vigore il 4 luglio 2006, ha risolto
un’annosa questione che, all’interno della sezione quinta della
Corte di cassazione, ha dato luogo a contrastanti indirizzi
giurisprudenziali.
Infatti, mentre alcune pronunce sostenevano che un suolo può
essere
considerato
edificabile
soltanto
sulla
base
di
uno
strumento urbanistico perfezionato con l’approvazione regionale,
altre, invece, ritenevano sufficiente, ai fini della valutazione
fiscale,
che
un
suolo
risultasse
inserito
in
una
zona
di
edificazione di un piano anche soltanto adottato dal comune e
non ancora approvato dalla regione.
La questione era di particolare importanza, sia perché ricorreva
frequentemente, sia perché gli interessi coinvolti erano spesso
notevoli.
5.2.1.
Linee generali.
Posto che i maggiori problemi ermeneutici hanno avuto ad oggetto
il concetto di “utilizzabilità a scopo edificatorio”, occorre
103
Corte costituzionale, sentenze n. 362/2000, n. 143/1995, n. 315/1994, n. 42/1992 e n. 226/1984,
consultabili nella Sezione «Giurisprudenza» sotto la voce «Ricerca sulle pronunce» del sito
http://www.cortecostituzionale.it.
104
Nello stesso senso, Commissione Tributaria Regionale Lombardia, 27 dicembre 2005, n. 131, in
GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, 2006, 7, 628, con nota di E. Carrasi.
- 77 -
chiarire
cosa
deve
intendersi
con
tale
espressione,
dopo
l’approvazione del D.L. n. 223/2006.
La qualifica di area fabbricabile presuppone l’utilizzabilità
dell’area stessa a scopo edificatorio, in base allo strumento
urbanistico.
Secondo alcune pronunce giurisprudenziali, per aree fabbricabili
si deve intendere, ai fini fiscali (con specifico riferimento
all’ICI),
«i
terreni
immediatamente
utilizzabili
a
scopo
edificatorio, con possibilità legale ed effettiva di rilascio di
concessione
edilizia
distinguendosi,
urbanizzate
al
nella
per
le
momento
dell’imposizione
disciplina
quali
è
dell’imposta,
consentito
il
tributaria,
tra
le
rilascio
zone
della
concessione edilizia secondo le previsioni del piano regolatore
generale
del
comune,
ancora
prima
dell’adozione
dei
piani
attutivi, e le zone che, pur comprese nelle previsioni del piano
regolatore
scopo
generale,
edificatorio,
non
sono
essendo
il
immediatamente
rilascio
della
utilizzabili
a
concessione
a
edificare subordinato all’adozione dei piani particolareggiati o
dei piani di lottizzazione»105.
Dopo la novella del 2006, però, tale tesi non è più sostenibile.
Il testo della legge non consente più di distinguere a seconda
delle
“fasi
di
lavorazione”
degli
strumenti
urbanistici106;
105
Cass., 15 novembre 2004, n. 21573, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 16 novembre 2004, n.
21644, ivi. Secondo queste sentenze, «il legislatore ha voluto sottoporre ad imposta, con base imponibile
diversa, quelle aree immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio, con possibilità legale ed effettiva
di rilascio di concessione edilizia al momento dell’imposizione fiscale, distinguendo tra zone
urbanizzate, per le quali è consentito il rilascio di concessione edilizia in base al P.R.G., ancora prima
dell’approvazione dei piani attuativi, e quelle che, non trovandosi in tale situazione anche se comprese
nel P.R.G., devono attendere i piani particolareggiati o i piani di lottizzazione per potere ottenere tale
concessione». In altri termini, «il legislatore ha inteso riservare un diverso trattamento fiscale, con la
previsione di una base imponibile sul valore reale, per quelle aree la cui utilizzazione a scopo
edificatorio è attuale e non rinviata alla adozione e successiva approvazione regionale degli strumenti
urbanistici attuativi e, quindi, per quei terreni per i quali il rilascio della concessione edilizia è previsto
da provvedimenti definitivi e non in fieri. Se non avesse inteso dire quanto sopra esposto, il legislatore
avrebbe potuto limitarsi a definire l’area fabbricabile quella , “compresa nel PRG” oppure quella
“destinata all’edificazione”, senza riferimento agli strumenti urbanistici “attuativi” o alle “possibilità
effettive di edificare” richiamando, inoltre, i criteri contenuti nella L. n. 359 del 1952 (possibilità legali
ed effettive di edificazione)».
106
Si ricorda che, in materia di ICI, già l’art. 11-quaterdecies, comma 16, del D.L. 30 settembre
2005, n. 203, (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) aveva anticipato che:
«Ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’articolo 2,
comma 1, lettera b), dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque
fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale,
indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo». La norma, però, non chiariva se
lo strumento urbanistico generale dovesse essere stato approvato dalla regione.
- 78 -
questo perché, quello che interessa al legislatore fiscale è che
venga adottato un diverso criterio di valutazione dei suoli,
quando questi siano avviati sulla strada (non necessariamente
senza ritorno) dell’edificabilità107.
Ciò
dipende,
legislazione
soprattutto,
urbanistica
dal
si
fatto
che
le
differenziano
finalità
della
quelle
della
da
legislazione fiscale: la prima tende a garantire il corretto uso
del territorio urbano, e, quindi, lo ius aedificandi non può
essere esercitato se non quando gli strumenti urbanistici siano
perfezionati
(garantendo
la
compatibilità
degli
interessi
individuali con quelli collettivi); la seconda, invece, mira ad
adeguare
il
economici
dei
parallelo,
prelievo
suoli,
dal
fiscale
che
sorgere
si
alle
variazioni
registrano
della
mera
e
dei
valori
progrediscono,
aspettativa
dello
in
ius
aedificandi, fino al perfezionamento dello stesso.
Ne consegue, che le chiavi di lettura dei due comparti normativi
possono essere legittimamente differenti; pertanto, in sede di
valutazione,
la
minore
dell’edificabilità
dovrà
o
maggiore
essere
attualità
considerata
e
ai
potenzialità
fini
di
una
corretta valutazione del valore venale delle stesse, ai sensi
dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, per l’ICI, e
dell’art. 51, comma 3, del D.P.R. n. 131/1986, per l’imposta di
registro108.
5.2.2.
Con
Imposta di registro
specifico
riferimento
a
quest’ultima
imposta,
la
problematica in questione discende dal tenore del D.P.R. n.
131/1986. In particolare, si ricorda che:
a)
in linea di principio, la base imponibile dell’imposta
di registro, per i contratti di compravendita è costituita dal
valore dei beni trasferiti (art. 43 del citato decreto);
b)
per gli atti di trasferimento di beni immobili, «si
intende per valore il valore venale in comune commercio» (art.
51, comma 1, del citato decreto);
107
Normalmente, infatti, già l’avvio della procedura per la formazione del PRG determina una
“impennata” di valore, pur con tutti i necessari distinguo (riferiti alle zone e alla necessità di ulteriori
passaggi procedurali).
108
Così Cass., SS.UU., 30 novembre 2006, n. 25505, in La legge plus on line, IPSOA.
- 79 -
c)
se l’ufficio ritiene che gli immobili ceduti hanno un
valore venale superiore a quello dichiarato o al corrispettivo
pattuito,
provvede
alla
rettifica,
e
alla
conseguente
liquidazione (art. 52, comma 1, del citato decreto) «avendo
riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e
perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data
dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o
costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o
altri
di
reddito
analoghe
netto
di
caratteristiche
cui
gli
e
condizioni,
immobili
sono
ovvero
al
suscettibili,
capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e
nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché
ad
ogni
altro
elemento
di
valutazione,
anche
sulla
base
di
indicazioni eventualmente fornite dai comuni» (art. 51, comma 3,
del citato decreto);
d)
l’ufficio
corrispettivo
degli
non
può
rettificare
immobili,
iscritti
«il
in
valore
o
catasto
il
con
attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per
i
terreni,
a
settantacinque
volte
il
reddito
dominicale
risultante in catasto» (cd. “valutazione automatica”109), salvo
che si tratti di «terreni per i quali gli strumenti urbanistici
prevedono la destinazione edificatoria» (art. 52, comma 4, del
citato decreto).
Proprio con riguardo quest’ultimo punto, come si vede, la norma
originaria non specificava se lo strumento urbanistico dovesse
essere
soltanto
adottato
o
anche
approvato;
di
qui
le
oscillazioni giurisprudenziali che hanno portato al denunciato
109
Si ricorda che il criterio cosiddetto della “valutazione automatica” ha subito una notevole contrazione in
seguito all’entrata in vigore del D.L. n. 223/2006, prima, e della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria
per il 2007), poi. In particolare, l’articolo 35, comma 23-ter, del D.L. n. 223/2006 ha aggiunto il comma 5-bis
all’articolo 52del D.P.R. n. 131/1986, secondo il quale, le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano alle
cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall’articolo 1, comma 497, della legge 23
dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni (legge finanziaria 2006). Secondo quest’ultima disposizione, in
deroga all’art. 43 del D.P.R. n. 131/1986, «per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano
nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e
relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai
fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi
dell’articolo 52, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 131/1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato
nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono
ridotti del 30 per cento» (cosiddetto “criterio del prezzo-valore”). La forfetizzazione della base imponibile e la
conseguente inibizione dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, quindi, trova applicazione nelle
sole ipotesi ivi richiamate.
- 80 -
contrasto e, ora, all’approvazione della legge interpretativa di
cui al D.L. n. 223/2006.
Come è stato precisato110, quest’ultimo provvedimento ha accolto
la tesi sostanzialistica, secondo la quale: «non occorre che lo
strumento urbanistico, adottato dal comune, abbia perfezionato
il proprio iter di formazione mediante l’approvazione da parte
della
regione,
urbanistico,
con
atteso
che
inserimento
l’adozione
di
un
dello
terreno
con
strumento
destinazione
edificatoria, imprime al bene una qualità che è recepita dalla
generalità dei consociati come qualcosa di già esistente e di
difficile reversibilità e, quindi, è sufficiente a far venir
meno,
ai
fini
anzidetti,
la
presunzione
del
rapporto
proporzionale tra reddito dominicale risultante in catasto e
valore
del
terreno
medesimo,
posto
a
fondamento
della
valutazione automatica»111.
In altri termini, dinanzi ad una vocazione edificatoria di un
suolo, formalizzata in un atto della procedura prevista dalla
legislazione urbanistica, l’erario ritiene che, a prescindere
dallo
status
giuridico
formale
dello
stesso,
non
sia
più
possibile apprezzarne il valore sulla base di un parametro di
riferimento, come il reddito dominicale, che deve considerarsi
superato da più concreti criteri di valutazione economica.
Non
interessa,
dunque,
ai
fini
fiscali,
che
il
suolo
sia
immediatamente ed incondizionatamente edificabile, perché possa
farsi
ricorso
legittimamente
al
criterio
di
valutazione
del
valore venale in comune commercio: l’inizio della procedura di
“trasformazione” urbanistica di un suolo, implica, di per sé,
una “trasformazione” economica dello stesso, che non consente
più la valutazione, ai fini fiscali, secondo il criterio del
reddito dominicale112.
Tuttavia,
l’aspettativa
di
edificabilità
di
un
suolo,
non
comporta, ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic
110
Cass., SS.UU., 30 novembre 2006, n. 25505, cit.
111
Cass., 9 dicembre 2002, n. 17513, in Il Fisco 2003, pag. 762; Id., 27 marzo 2002, n. 4381, ivi
2002, pag. 3926, con nota di F.P. D’Orsogna; Id., 22 marzo 2002, n. 4120, in La legge plus on line, IPSOA; Id., 12
dicembre 2002, n. 17762, in Il Fisco 2003, pag. 294; Id., 18 settembre 2003, n. 13817, in La legge plus on line,
IPSOA.
112
Pertanto, se la procedura per la formazione del PRG è stata avviata, la situazione in movimento
non consente più di beneficiare del criterio della valutazione automatica.
- 81 -
et simpliciter all’edificabilità, ma soltanto, l’assoggettamento
ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei
terreni agricoli. 113
In
conclusione,
ai
fini
dell’applicazione
del
D.P.R.
n.
131/1986:
1.
un’area
utilizzabile
urbanistico
a
è
da
scopo
generale
dall’approvazione
considerarsi
edificatorio
adottato
della
in
dal
regione
e
fabbricabile
base
comune,
allo
se
strumento
indipendentemente
dall’adozione
di
strumenti
attuativi del medesimo;
2.
in
caso
di
trasferimento
di
tali
aree,
non
opera
l’inibizione del potere di controllo di cui all’art. 52, comma
4, con la conseguenza che l’accertamento del valore deve essere
effettuato ai sensi dell’art. 51, tenendo conto anche di quanto
sia effettiva e prossima l’utilizzabilità a scopo edificatorio
delle
stesse,
e
di
quanto
possano
incidere
gli
ulteriori
eventuali oneri di urbanizzazione.
5.2.3.
Efficacia
(retroattiva
o
irretroattiva)
dell’art.
36,
comma 2, del D.L. n. 223/2006.
Dunque, il citato art. 36, comma 2, del D.L. n. 223/2006 ha
natura
d’interpretazione
autentica
e,
in
quanto
tale,
detta
norma ha efficacia retroattiva: essa, cioè, si applica anche
alle fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in
vigore.
Va,
tuttavia,
rilevato
che,
nonostante
l’autorevolezza
della
fonte della suesposta tesi114, sul punto in questione esiste
ancora qualche incertezza.
Basti
pensare
che
la
Commissione
Tributaria
Regionale
dell’Emilia Romagna, in una recente sentenza115, si è espressa
in senso opposto a quello sopra precisato ed ha affermato che la
113
In definitiva, non rileva il fatto che, in ipotesi, lo strumento urbanistico possa essere modificato o non
approvato, con la conseguenza che il suolo torni ad essere inedificabile. Del resto, l’imposta di registro non ha
natura periodica, ma colpisce un evento istantaneo, nella specie il trasferimento di un bene immobile, che
costituisce il fatto imponibile, la cui valutazione fiscale deve essere effettuata tenendo conto della situazione
vigente al momento in cui si verifica il fatto imponibile stesso. Quindi, nessuna influenza possono avere le
variazioni successive, se non rispetto agli eventuali ulteriori atti di trasferimento.
114
115
Cass., SS. UU., 30 novembre 2006, n. 25505, cit.
29 gennaio 2008, n. 91.
- 82 -
norma in questione, in quanto introduttiva di criteri nuovi, non
ha natura interpretativa ed è applicabile alle sole fattispecie
verificatesi successivamente alla sua entrata in vigore.
I giudici tributari hanno sottolineato, in particolare, che,
dalla sistematicità utilizzata nella redazione e approvazione di
tale disposizione, emerge come il legislatore, quando ha voluto
applicare
la
norma
espressamente,
con
effetto
derogando
retroattivo,
specificamente
lo
all’art.
ha
fatto
3,
comma
1,
della
Corte
di
dello Statuto dei contribuenti116.
La
richiamata
sentenza
delle
Sezioni
Unite
Cassazione117, secondo i giudici tributari, non contrasterebbe
con questa tesi.
Essa, infatti, avrebbe considerato l’articolo in questione come
norma
di
interpretazione
autentica
solo
ai
fini
dell’inapplicabilità del sistema della valutazione automatica;
ma
questa
valutazione
di
fatto,
che
interferisce
con
una
determinata situazione giuridica, non produrrebbe l’automatico
superamento
dei
principi
contenuti
nello
Statuto
dei
contribuenti, che rimarrebbe applicabile al di fuori dei casi
specificamente esclusi dal suo ambito di applicazione, secondo
le indicazioni contenute nello stesso articolo 36 del D.L. n.
223/2006.
6.
La
tutela
contribuente
dell’affidamento
quale
limite
al
e
della
buona
ripensamento
fede
del
interpretativo
sfavorevole dell’Amministrazione finanziaria.
Il principio della tutela del legittimo affidamento è stato
ravvisato
in
dall’art.
10,
fattispecie
comma
2,
relative
dello
alle
ipotesi
Statuto
dei
prefigurate
diritti
del
contribuente118.
116
Ad esempio, lo stesso articolo 36 del D.L. n. 223/2006, al comma 8 stabilisce, tra l’altro, che:
«In deroga all’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di
statuto dei diritti del contribuente, le norme di cui ai precedenti commi 7 e 7-bis si applicano a decorrere
dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto anche per le quote di
ammortamento e i canoni di leasing relativi ai fabbricati acquistati o acquisiti a partire da periodi
d’imposta precedenti …».
117
Cass. 30 novembre 2006, n. 25505, cit.
118
Cfr. Cass. 22 novembre 2001, n. 14782, cit., secondo la quale: «Il beneficio dell’esclusione
della soprattassa, previsto dall’art. 21 della legge n. 154/1989 si applica nel caso di presentazione di
- 83 -
In particolare, è stato affermato il principio secondo il quale,
le
circolari
ministeriali
in
materia
tributaria
non
costituiscono fonte di diritti e di obblighi; per cui, qualora
il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea
data
dall’amministrazione
successivamente
finanziaria
modificata,
è
in
esclusa
una
circolare,
l’irrogazione
delle
relative sanzioni proprio in base al principio della tutela
dell’affidamento espressamente sancito al citato art. 10, comma
2119.
In
altri
termini,
precedenza
se
l’interpretazione
dall’Amministrazione
illegittima,
addirittura
l’adozione
opposta
dell’amministrato
contrario
alla
di
non
di
può
è
ma
erronea
fornita
e,
un’interpretazione
fungere
ottenere
legge,
normativa
da
base
comunque
può
giustificare
la
quindi,
diversa
per
un
in
la
o
pretesa
provvedimento
pretesa
del
contribuente di non essere sottoposto a sanzioni.
6.1.
L’incidenza del principio della tutela dell’affidamento
sulla possibile debenza del tributo.
Ciò posto, è bene ricordare che la Corte di cassazione, nella
ben
nota
sentenza
affermato
che,
n.
nel
17576/2002,
principio
di
si
è
spinta
affidamento
oltre
ed
legittimo
ha
del
contribuente è insita - in ragione sia della sua natura di
principio sia del suo contenuto - una “capacità espansiva” non
limitata alle fattispecie specificamente considerate dal secondo
comma
dell’articolo
contribuente;
anticipato,
tali
devono
10
dello
fattispecie,
considerarsi
Statuto
pertanto,
meramente
dei
come
diritti
si
è
del
sopra
esemplificative,
ovvero specifiche espressioni del principio stesso relative a
casi ritenuti dal legislatore maggiormente frequenti.
un’istanza di rateizzazione formulata dal contribuente prima della scadenza del ruolo, poiché tale
istanza, anche alla luce delle disposizioni contenute nella legge n. 212/2000 in materia di statuto del
contribuente e recante il titolo “ tutela dell’affidamento e della buona fede”, costituisce atto idoneo a
manifestare la volontà di adempimento, soprattutto quando tale volontà ha trovato attuazione anche per
la parte relativa agli interessi, con la conseguenza che il mancato rispetto della scadenza del ruolo
rappresenta fatto puramente formale, privo di rilievo sul piano sostanziale, non avendo il ritardo
provocato alcun danno all’amministrazione creditrice».
119
Cass., 14 febbraio 2002, n. 2133, in Corriere trib. 2002, 30, pag. 2713, con nota di A. Benazzi.
- 84 -
Conseguentemente, possono darsi dei casi in cui - accertata la
sussistenza dei presupposti dell’affidamento del contribuente ne consegua necessariamente non soltanto l’inapplicabilità di
sanzioni
e/o
di
interessi
moratori,
ma
addirittura
l’inesigibilità tour court della prestazione tributaria.
In
tutti
questi
casi,
il
giudice
può
e
deve
pronunciare
l’annullamento totale dell’atto impositivo, anche con riguardo
all’imposta, se accerti che la pretesa fiscale è difforme (e
superiore)
rispetto
a
quella
determinabile
sulla
base
dell’interpretazione fornita nella circolare cui il contribuente
si fosse adeguato o, comunque, in contrasto con un atto o con un
comportamento dell’Amministrazione.
Nella stessa logica si pone il principio secondo il quale, «deve
essere ammesso alla definizione agevolata il contribuente che
abbia
sostanzialmente
rispettato
la
condizione
fissata
dalla
disposizione che la introduce, provvedendo al versamento delle
somme iscritte a ruolo non nell’originario termine di scadenza,
ma
in
quello
provvedimento
successivo
di
fissato
dilazione
a
concesso
seguito
di
formale
dall’Amministrazione
finanziaria». Infatti, «la contraria interpretazione … si pone
in evidente contrasto con il principio di affidamento che deve
guidare l’interprete nella valutazione delle vicende attinenti
alla
nascita
quindi,
«il
e
alla
evoluzione
comportamento
del
dei
rapporti
contribuente
che
tributari»
…
sia
e,
stato
rispettoso delle prescrizioni ministeriali, non può poi essere
ritenuto illegittimo o comunque preclusivo di benefici»120.
In sintesi, in base a questo orientamento:
120
Cass., 13 novembre 2003, n. 17129, in Corriere trib. 2004, n. 5, pagg. 389 e seguenti, con nota
di M. Basilavecchia. Secondo questa sentenza, nel campo di applicazione dell’art. 10, comma 1, dello
Statuto dei contribuenti deve essere compreso anche il sostituto d’imposta. Tale affermazione non è
scontata, in quanto la disposizione de qua impiega il termine “contribuente” che, in senso proprio,
andrebbe riferito al solo soggetto passivo su cui grava effettivamente l’obbligo tributario, non a quei
soggetti che, come il sostituto o il responsabile d’imposta, si sostituiscono o si affiancano al contribuente
nell’adempimento degli obblighi tributari, avendo però l’obbligo o la possibilità di rivalersi sul
contribuente. È però evidente, sottolinea l’Autore (M. Basilavecchia), «che la funzione della norma che
sancisce la rilevanza dell’affidamento non può che investire la totalità dei soggetti che si confrontano
con l’Amministrazione finanziaria, quale che sia il ruolo dagli stessi svolto sul piano sostanziale e
formale di ciascun tributo; così che gli obblighi di collaborazione e di buona fede non possono che
riferirsi, nei riflessi attivi e passivi, ad una nozione più ampia possibile di “contribuente” e di
“Amministrazione finanziaria”».
- 85 -
a.
se l’atto con il quale l’Amministrazione finanziaria
ha
fornito
un’interpretazione
erronea
ha
un
contenuto
inequivocabile, senza possibilità di prospettazioni alternative,
neppure l’imposta potrà essere pretesa da chi ad esso si sia
attenuto;
b.
se l’atto erroneo dell’Amministrazione prospetta una
mera ipotesi interpretativa – un’indicazione preferenziale, ma
non
esaustiva
-
non
dovranno
essere
pretesi
interessi
né
irrogate sanzioni a chi ad essa si sia attenuto121;
c.
fuori dal campo dell’affidamento e della tutela della
buona fede (e quindi a prescindere dall’esistenza di circolari e
di risoluzioni), non potranno essere irrogate sanzioni quando la
violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla
portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria122.
Invero,
tale
impostazione
–
secondo
la
quale,
accertata
la
sussistenza dei presupposti dell’affidamento del contribuente,
ne consegue necessariamente non soltanto l’inapplicabilità di
sanzioni e/o di interessi moratori, bensì l’inesigibilità tour
court della prestazione tributaria – non va esente da critiche.
È stato, infatti, rilevato che, quella tributaria è una attività
vincolata,
la
quale
trova
origine,
limiti
e
fondamento
esclusivamente nella legge123.
Sicché, a fronte dell’art. 10, comma 1, della legge n. 212/2000
-
che
ha
introdotto
la
possibilità
di
utilizzare,
anche
in
materia tributaria, il fondamentale principio dell’affidamento si
pone
il
comma
l’affidamento
potrà
2
della
essere
la
stessa
causa
norma,
per
il
quale
dell’abbattimento
delle
sanzioni e degli interessi (che non si giustificherebbero per la
buona
fede
del
contribuente,
che
ha
seguito
le
indicazioni
dell’Amministrazione), ma non potrà essere in alcun caso la
causa di un abbattimento dell’imposta (che è disciplinata in
maniera oggettiva dalla legge soltanto).
121
G. Marongiu, Lo Statuto dei diritti del contribuente, in Il Fisco 2006, I, 20.
Così statuisce il comma 3 dell’art. 10 dello Statuto.
123
In termini, G. Falcone, Statuto dei diritti del contribuente e Cassazione tributaria, in Il Fisco
2003, 15, 221.
122
- 86 -
E in questo senso, sul piano dei principi generali, vi è una
giurisprudenza
che
dell’Amministrazione
di
ha
riconosciuto
agire
in
via
di
il
diritto
autotutela
e
di
annullare o revocare, ad esempio, condoni o accertamenti con
adesione illegittimi, in quanto in contrasto con la legge124.
Si deve concludere, allora, che un affidamento da tutelare non
può fare venir meno l’obbligo di pagare un’imposta che discende
dalla
legge,
dichiarata
e
in
che
un
viene
dall’interprete
provvedimento
di
solo
accertata
autotutela,
che
va
e
a
ripristinare la legalità.
Una
conferma
puntuale
e
sistematica
a
questa
impostazione
discende, secondo una parte della dottrina125, dalla lettura
della
norma
sull’interpello,
contenuta
nell’art.
11
dello
Statuto medesimo, laddove il legislatore ha previsto al comma 2,
terzo
periodo,
che:
«Qualsiasi
atto,
anche
a
contenuto
impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta
… è nullo».
In questo caso, la nullità dell’atto impositivo (difforme dalla
risposta) è sancita giustamente dalla legge e l’interprete non
può che dichiararla; in tal caso, l’Amministrazione ha consumato
il suo potere e, su quella questione, nei confronti di quel
contribuente, non potrà più fare nulla di diverso.
In
altri
termini,
il
legislatore
ha
posto
un
limite
all’autotutela e ha voluto sanzionare con la nullità qualsiasi
intervento
(impositivo
o
sanzionatorio)
contrastante
con
la
risposta fornita dall’Amministrazione nel caso specifico.
Ma,
proprio
questa
previsione
particolare
e
specifica
dell’interpello conferma, secondo questi Autori, la validità e
la legittimità della norma generale di cui al comma 2 dell’art.
10 dello Statuto, che lascia intatto il potere di autotutela
sotto il profilo impositivo e lo azzera solo sotto il profilo
sanzionatorio e degli interessi.
124
Cfr. Cass., 11 luglio 2002, n. 10102, in Il fisco n. 33/2002, fascicolo n. 1, pag. 5371; Id., 24
luglio 2002, n. 10800, in La legge plus on line, IPSOA.
125
G. Falcone cit; E. Grassi I reiterati interventi del giudice di legittimità sulla tematica
concernente lo Statuto dei diritti del contribuente, con particolare riguardo al principio dell’affidamento in Il
Fisco, 2005, 32, 4943.
- 87 -
In conclusione, secondo questa tesi, la tutela dell’affidamento,
per quanto forte possa essere, non può esentare il contribuente
dal pagamento dell’imposta, quando l’imposta è oggettivamente
dovuta; l’estensiva applicazione della tutela dell’affidamento,
infatti, confligge con principi fondamentali dell’ordinamento,
primo
fra
tutti
il
principio
dell’indisponibilità
dell’obbligazione tributaria126.
6.2.
Principio
generali
del
di
buona
diritto
fede
nel
comunitario
e,
rapporto
in
con
i
particolare,
principi
con
la
nozione comunitaria di affidamento.
La Corte di Giustizia delle Comunità europee ha da tempo e
costantemente affermato che quelli della tutela del legittimo
affidamento e della certezza del diritto costituiscono principi
generali del diritto e dell’ordinamento comunitari127.
In particolare attuazione di tali principi, la Corte comunitaria
- sulla base della premessa secondo cui il diritto di esigere la
tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi
in
una
situazione
dalla
quale
risulti
che
l’amministrazione
comunitaria gli ha dato aspettative fondate128 - ha stabilito,
tra l’altro, che la revoca di un atto amministrativo favorevole
è generalmente soggetta a condizioni molto rigorose.
Sicché,
è
senz’altro
innegabile
che
ogni
istituzione
comunitaria, la quale accerta che un atto da essa emanato è
viziato da illegittimità, ha il diritto di revocarlo entro un
termine
ragionevole
con
effetto
retroattivo;
tale
diritto,
tuttavia, può essere limitato dalla necessità di rispettare il
legittimo affidamento del destinatario dell’atto.
A tal fine, è necessario verificare che:
126
In quest’ottica è stato precisato (C. Scalinci, Verso una “nuova” codificazione: uno statuto di
principi tra ricognizione, determinazione e clausole in apicibus, in “Rassegna Tributaria” n. 2/2003,
pag. 656, nota 109) che, la capacità espansiva delle norme statutarie può trovare terreno in altre
disposizioni dello Statuto, come, per esempio, l’art. 7. comma 2, lett. c) che, limitandosi a stabilire taluni
aspetti del modello di effettività del diritto di difesa, quali la doverosa informazione sui modi e sui tempi
degli atti impugnabili, ben può essere considerato esemplificativo e non esaustivo dell’informazione
stessa, a tutela del diritto medesimo.
127
Cfr., sentenze 3 maggio 1978, in causa 112/77, e 21 settembre 1983 in cause riunite 205215/82.
128
Cfr. sent. 19 maggio 1983, in causa 289/81; nonché Tribunale di primo grado, sent. 17
dicembre 1998, in causa T-203/96.
- 88 -
1.
nessun
interesse
di
ordine
pubblico
prevalga
sull’interesse del destinatario a conservare una situazione che
egli poteva considerare stabile;
2.
che
il
destinatario
non
abbia
provocato
l’atto
mediante indicazioni false o incomplete.
In proposito, la Corte ha precisato che il momento determinante
per
stabilire
quando
nasce
il
legittimo
affidamento
del
destinatario di un atto amministrativo è rappresentato dalla
notifica dell’atto stesso e non dalla data della sua adozione o
della sua revoca129.
7.
L’affidamento
e
l’emendabilità
degli
errori
della
dichiarazione fiscale.
In un sistema improntato ormai, per effetto dell’entrata in
vigore dello Statuto del contribuente, ai principi di tutela
dell’affidamento
e
contribuente
possibilità
la
della
buona
di
fede,
deve
far
valere,
riconoscersi
al
attraverso
la
procedura del rimborso – disciplinata compiutamente dall’art. 38
del D.P.R. n. 602/1973 - «ogni tipo di errore (materiale o di
diritto, ancorché non rilevabile ictu oculi dalla dichiarazione)
commesso
in
buona
fede
nel
momento
della
redazione
della
dichiarazione e da cui sia derivato un pagamento indebito»130.
A queste conclusioni, invero, si è giunti non senza qualche
difficoltà,
a
causa
dei
contrastanti
orientamenti
che
si
registrano nel panorama nella giurisprudenza di legittimità131.
E precisamente, secondo la tesi, per così dire, restrittiva
(maggioritaria), fondata sulla necessaria osservanza dei termini
prescritti dalla legge per la presentazione delle dichiarazioni
tributarie,
la
correzione
delle
dichiarazioni
stesse
doveva
ritenersi esclusa oltre la scadenza di detti termini, a meno che
129
Cfr. sent. 17 aprile 1997, in causa C-90/95; cfr. anche sentt. 26 febbraio 1987, in causa 15/85, e
20 giugno 1991, in causa C-248/89.
130
Cass. 10 settembre 2001, n. 11545, in La legge plus on line, IPSOA; Id., SS.UU., 25 ottobre
2002, n. 15063, ivi. Si ricorda che la prova dell’inesistenza dell’obbligazione tributaria a causa di un
errore e la prova del verificarsi di un indebito grava sul contribuente, che deve fornire gli elementi
costitutivi della sua pretesa.
131
Si veda, al riguardo, M. Logozzo, Le SS.UU. della Cassazione riconoscono la ritrattabilità della
dichiarazione tributaria, in Corriere tributario, 1 / 2003, p. 55.
- 89 -
non si trattasse di errori materiali o di calcolo risultanti
ictu oculi dal testo della medesima dichiarazione.
Il
fondamento
all’esigenza
di
di
tale
filone
dare
giurisprudenziale
“stabilità”
ad
un
rispondeva
atto
giuridico
assoggettato a precisi vincoli di forma e di tempo che importano
una sostanziale irritrattabilità.
Del resto, è stato precisato, se si riconoscesse al contribuente
la
facoltà
di
modificare
radicalmente
la
dichiarazione
originaria (al di là, dunque, dei casi di errori materiali o di
calcolo) «si vanificherebbero tutte le norme che disciplinano ed
assoggettano a limiti temporali rigorosi le dichiarazioni del
contribuente stesso»132.
L’orientamento,
viceversa,
per
così
affermava
dire,
la
“liberale”
rettificabilità
(minoritario),
da
parte
del
contribuente degli errori, anche non materiali e di calcolo,
contenuti
nella
dichiarazione
dichiarazione,
ha
natura
di
sul
rilievo
manifestazione
che
di
la
stessa
scienza
(non
costitutiva, quindi, del debito d’imposta) e, in quanto tale, si
inserisce
nell’ambito
del
procedimento
di
accertamento
dei
tributi.
La
ritrattabilità
doveva
essere
fatta
valere
nei
termini
previsti per azionare il rimborso d’imposta ovvero per impugnare
gli atti impositivi, essendo destinate a rimanere irritrattabili
soltanto le dichiarazioni riferite a rapporti tributari che, per
il trascorrere del tempo e/o per il sopravvenire di decadenze,
si dovevano ritenere esauriti133.
Oggi, soprattutto dopo la pronuncia delle Sezioni Unite della
Cassazione134, che ha accolto la tesi cosiddetta “liberale, si
può
affermare,
con
una
certa
tranquillità,
che
al
potere
dell’ufficio di rettificare la dichiarazione deve corrispondere
il potere-dovere del contribuente di correggere la stessa anche
a suo favore, soprattutto allorché l’errore commesso comporti
132
Cass. 3 aprile 1997, n. 2885, in Foro it. 1997, I, pag. 1385; Id. 13 agosto 1992, n. 9554, cit..
Cass., 1° agosto 2000, n. 10055, in Giur. imposte 2000, II, pag. 1294 e Giur. it. 2000, pag.
2193. Secondo la citata sentenza, non derogano a questo quadro di esigenze di un rigoroso rispetto delle
modalità e dei termini di presentazione le dichiarazioni in tema di IVA, rispetto alle quali tali esigenze si
fanno - anzi - tanto più nette, ove si considerino - ad esempio - i meccanismi di detrazioni d’imposta
operanti a favore del cessionario del bene o della prestazione di servizio.
134
Sentenza 25 ottobre 2002, n. 15063, cit.
133
- 90 -
l’applicazione
di
un’imposta
superiore
a
quella
realmente
dovuta.
Ad esempio, la dichiarazione è stata ritenuta rettificabile nei
seguenti casi:
⎯
errore sull’esistenza del presupposto tributario135;
⎯
errore materiale136;
⎯
errore od omissione137;
⎯
erronea
valutazione
di
una
situazione
giuridica
o
erronea rappresentazione di circostanze di fatto138;
⎯
errore
“di
diritto”
circa
la
qualificazione
come
reddito imponibile di una determinata imposta139.
Ed
invero,
sulla
base
dell’indirizzo
che
riconosce
all’emendabilità degli errori (anche non meramente materiali o
di calcolo), contenuti in dichiarazioni (o, comunque, in atti
dello
stesso
dell’imposizione
sistema
contribuente
fiscale),
tributario140,
«il
costituenti
valenza
di
il
principio
contribuente
può
presupposto
generale
procedere
del
alla
rettifica di errori di qualsiasi genere, anche dopo la scadenza
del termine per la presentazione della dichiarazione e tale
rettifica, se formulata, deve essere presa in considerazione
dall’ufficio ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta»141.
E ciò anche alla luce del principio - esistente ancor prima
dell’espresso riconoscimento contenuto nell’art. 10 della legge
n. 212/2000 - della collaborazione e della buona fede, che deve
caratterizzare i rapporti tra contribuente ed amministrazione
finanziaria.
135
136
137
138
Commissione Tributaria Centrale, sez. II, 11 ottobre 1972, n. 8988.
Commissione Tributaria Centrale, 24 novembre 1978, n. 16278, in Corriere trib., 1980, 1795.
Cass. 23 gennaio 1985, n. 271, ivi, 1985, 857.
Commissione Tributaria Centrale, sez. XX, 15 gennaio 1991, n. 260, in Corriere trib., 1991,
1225.
139
Cass. 27 giugno 1994, n. 6157, in Il fisco, 1994, 11470.
140
Ciò in quanto, come è stato affermato (Cass. 20 giugno 2002, n. 8972, in La legge plus on line, IPSOA)
«la dichiarazione non ha valore confessorio, né costituisce fonte dell’obbligazione tributaria - inserendosi
nell’ambito di un più complesso procedimento di accertamento e di riscossione. Inoltre, i principi della capacità
contributiva e di buona amministrazione rendono intollerabile un sistema legale che impedisse al contribuente di
dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo. Ai citati principi
costituzionali si aggiunge quello di legalità dell’amministrazione».
141
Cass. 20 giugno 2002, n. 8972, cit. Questa sentenza, sebbene circoscritta alla tematica della
dichiarazione di successione, costituisce una novità giurisprudenziale di notevole rilievo, ponendosi in antitesi
rispetto all’orientamento, per così dire, restrittivo sino a quel momento manifestato dai giudici di legittimità in
materia di ritrattabilità della dichiarazione tributaria.
- 91 -
Non solo. Il principio di buona fede, che impone al contribuente
di tenere un comportamento, per così dire, leale nei confronti
dell’Amministrazione Finanziaria, non può essere inteso nel solo
senso di consentire, al contribuente stesso, di dichiarare o
correggere
situazioni
all’amministrazione
e
a
sé
non
sfavorevoli
anche
nel
e
senso
favorevoli
contrario
di
correggere situazioni a sé favorevoli e sfavorevoli all’altra
parte142.
In
altri
termini,
realizzarsi
a
l’interesse
danno
del
dell’amministrazione,
indebitamente
correttezza
a
se
solo
così
carico
pubblico
che,
non
a
da
violato
prima
può
vantaggio
trattenere
risultanti
verrebbe
Fisco
e
di
perché
fosse
del
o
contribuente
consentendole
riscosse
dichiarazione;
fiscale
somme
un’errata
l’obbligo
ancora
di
di
essere
sacralizzato nello Statuto del contribuente, trova la sua fonte
nell’art. 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui
sancisce
il
principio
del
buon
andamento
dell’azione
amministrativa.
7.1.
Ritrattabilità
della
dichiarazione
di
successione,
in
particolare.
La Corte di Cassazione, in una nota sentenza,143 ha stabilito
che, in tema di imposta di successione, il contribuente può
procedere
alla
rettifica
di
contenuti
nella
dichiarazione,
errori
anche
di
dopo
qualsiasi
la
genere,
scadenza
del
termine per la sua presentazione; tale rettifica, se fondata,
deve essere presa in considerazione dall’ufficio, ai fini della
liquidazione
dell’imposta
dovuta,
ex
art.
33
del
D.Lgs.
31
ottobre 1990, n. 346 (Testo Unico in materia di imposta sulle
successioni e donazioni).
Il caso è paradigmatico.
Alcuni
soggetti
presentano,
in
qualità
di
eredi,
una
dichiarazione di successione nella quale attribuiscono a un bene
ereditario un determinato valore.
142
F. Moschetti, Emendabilità della dichiarazione tributaria, tra esigenze di stabilità del rapporto
e primato dell’obbligazione dovuta per legge, in Rass. trib., 2001, n. 4, 1168.
143
Sentenza 20 giugno 2002, n. 8972, cit.
- 92 -
Successivamente, l’ufficio del registro-successioni notifica ai
medesimi
eredi
un
avviso
di
liquidazione
dell’imposta,
determinata in base ai valori dichiarati.
I contribuenti, affermando di avere per errore attribuito al
detto cespite un valore superiore a quello risultante dalla
moltiplicazione della rendita catastale per il coefficiente di
legge, provvedono al pagamento di una somma inferiore a quella
dovuta in base al valore dichiarato, dandone notizia all’ufficio
mediante lettera raccomandata e presentando, altresì, dopo il
decorso di sei mesi dalla data di apertura della successione144,
una
nuova
dichiarazione
nella
quale
indicano
il
valore
che
ritengono corretto.
L’ufficio
notifica
nuovo
avviso
di
liquidazione
per
la
differenza tra il pagato e il preteso.
Si apre, così, un contenzioso tra Fisco e contribuenti che si
conclude a favore di questi ultimi145.
In
particolare,
secondo
la
Cassazione,
la
regola
contenuta
nell’art. 33, comma 2, del D.Lgs. n. 346/1990, secondo il quale:
«In sede di liquidazione l’ufficio provvede a correggere gli
errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella
determinazione della base imponibile …», lungi dal prevedere un
potere
discrezionale
conferito
esclusivamente
all’amministrazione finanziaria, deve considerarsi espressione
del principio della collaborazione e della buona fede contenuto
nell’art.
10,
comma
1,
dello
Statuto
dei
diritti
del
contribuente.
Ne consegue che il contribuente può procedere alla rettifica di
errori di qualsiasi genere, anche dopo la scadenza del termine
per la presentazione della dichiarazione.
Ovviamente – prosegue il Collegio - l’ipotesi dell’errore deve
essere ben distinta da quella dell’indicazione consapevole di un
valore diverso da quello precedentemente dichiarato (e cioè il
144
Detto termine di sei mesi dalla data di apertura della successione entro il quale la dichiarazione
deve essere presentata è oggi fissato, come noto, in 12 mesi dalla medesima data.
145
Si ricorda, tuttavia, che sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione
Tributaria Regionale avevano accolto la tesi del Fisco, sul rilievo che la dichiarazione può essere
rettificata dagli eredi soltanto entro il termine utile per la sua presentazione: scaduto il termine, la
rettifica può avvenire solo per errori di diritto.
- 93 -
vero
e
proprio
esercitata
nei
ius
poenitendi),
termini
previsti
facoltà
per
la
che
deve
essere
presentazione
della
dichiarazione.
7.2.
In
Limiti temporali all’emendabilità della dichiarazione.
relazione
ai
limiti
temporali
dell’emendabilità
della
dichiarazione, occorre operare, secondo la giurisprudenza, una
necessaria distinzione.
In
particolare,
«quando
si
tratta
di
errore
materiale
o
di
calcolo, rilevabile ictu oculi dalla stessa denunzia, per la sua
rettifica non è necessario uno specifico atto d’impugnazione da
proporsi
entro
correggibile
un
termine
anche
sollecitazione
di
decadenza,
d’ufficio146
dell’interessato,
o
su
entro
essendo
una
il
esso
qualunque
termine
di
prescrizione del diritto al rimborso in base al principio della
falsa demonstratio non nocet»147.
Nell’ipotesi in cui, invece, il contribuente intenda far valere
precisazioni o rettifiche diverse dai meri errori materiali o di
calcolo, occorre utilizzare le stesse forme e rispettare gli
stessi termini previsti per la dichiarazione che si intende
correggere,
la
quale
viene
così
sostituita
da
quella
successivamente presentata148.
146
Ad esempio, per le imposte sui redditi, per mezzo dell’art. 36-bis, comma 2, lett. a), del D.P.R.
n. 600/1973.
147
Cass., 23 gennaio 1985 n. 277, in Corriere trib., 1985, 857.
148
In tal senso, Cass., 27 aprile 1988, n. 3174, in Corr. trib., 1988, 1571; Id., 13 agosto 1992, n.
9554, ivi, 1992, 730; Id., 5 febbraio 1996, n. 946, in Riv. not. 1996, II, pag. 1219. Quest’ultima, in
particolare, afferma che, «al di fuori degli errori materiali o di calcolo, contenuti nella dichiarazione del
contribuente - per la cui correzione non è necessario uno specifico atto d’impugnazione, da proporsi
entro un termine di decadenza, dovendosi procedere d’ufficio alla correzione dell’errore ed al rimborso
della somma indebitamente versata entro il termine di prescrizione del diritto del contribuente - a questo
è consentito correggere gli errori - sia di fatto che di diritto - in via di “ritrattazione” con obbligo per
l’Ufficio di tenerne conto, solo presentando una dichiarazione “sostitutiva” con le modalità e nel termine
stabiliti dalla legge per l’adempimento dell’obbligo tributario. Pertanto, la denuncia di successione,
rettificativa di quella originaria con riferimento al valore dichiarato dei vari cespiti ereditari, presentata
oltre i termini di cui all’art. 39 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, non assume funzione sostitutiva di
quest’ultima e non costituisce, quindi, base per il calcolo dell’imposta di successione dovuta. Ne deriva
che la mancata tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta principale, emesso
sulla base dei valori risultanti dalla denuncia originaria, rende l’imposta principale definitiva ed
incontestabile, escludendo la possibilità di far valere, nei confronti del Fisco, con altri mezzi, gli “errori
di valutazione”, asseritamente contenuti nella prima denuncia, per ottenere la riduzione dell’imposta
principale dovuta». Nella specie, il contribuente aveva proposto istanza di rimborso in via
amministrativa, chiedendo la riliquidazione dell’imposta principale sulla base della dichiarazione
- 94 -
Al riguardo, le pronunce succedutesi nel tempo mostrano un certo
qual favor per il comportamento virtuoso del contribuente che
adegua quanto dichiarato alla realtà dei fatti e delle norme149.
In questa prospettiva, è stato ritenuto che la rettifica da
parte
del
contenziosa,
contribuente
sino
a
possa
quando
aver
il
luogo
anche
rapporto
in
non
sede
si
sia
definitivamente esaurito150, in virtù del principio secondo il
quale
un’imposta
non
può
considerarsi
definitivamente
dovuta
solo in quanto oggetto di dichiarazione151.
Una
considerazione
a
parte
merita
l’ipotesi
della
rettifica
della dichiarazione dei redditi, in ordine alla quale entra in
gioco l’istituto della dichiarazione integrativa in diminuzione,
previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 435/2001, che ha aggiunto,
all’art. 2 del D.P.R. n. 322/1998, il comma 8- bis: sulla base
di
tale
disposizione,
la
dichiarazione
dei
redditi
(e
la
dichiarazione IRAP e quella dei sostituti d’imposta) può essere
integrata dal contribuente per correggere errori od omissioni
che
abbiamo
determinato
un
maggior
reddito
o,
comunque,
un
maggior debito d’imposta.
Come è stato rilevato, il profilo più delicato è quello della
ristrettezza dei tempi per la presentazione della dichiarazione
in diminuzione, la quale può essere presentata “non oltre il
termine
prescritto
per
la
presentazione
della
dichiarazione
relativa al periodo d’imposta successivo”152.
rettificativa e, successivamente, aveva presentato ricorso alla Commissione Tributaria avverso il
silenzio - rifiuto dell’Ufficio.
149
Si è sostenuto, ad esempio, che ove la dichiarazione dei redditi contenga un errore – derivato
nella specie da una erronea certificazione resa al contribuente dall’Inps e da questi utilizzata in buona
fede per la redazione della dichiarazione – costui può rettificare la dichiarazione prodotta, nel termine di
cinque anni che è concesso all’Amministrazione finanziaria dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 per la
rettifica della stessa; in tal modo, il contribuente potrà ottenere il rimborso di quanto indebitamente
versato, indipendentemente dalla scadenza del termine per l’impugnazione del ruolo. In termini, Comm.
centr., sez. III, 18 aprile 1991, n. 2987, in Riv. dir. trib., 1991, II, 601; Id., sez. IX, 15 novembre 1997, n.
5561, in Giur. imp., 1998, 365; Id., sez. I, 21 aprile 1998, n. 2059, in Giur. imp., 1998, 763. Secondo
quest’ultima pronuncia, la rettificabilità in sede contenziosa deriva dal fatto che oggetto della cognizione
del Giudice – nel processo tributario – è l’accertamento della sussistenza o meno del rapporto d’imposta
e del conseguente debito del contribuente.
150
In questi termini Comm. centr., sez. XIX, 31 maggio 1989, n. 3906, in Giur. imp., 1989, 453.
151
Cfr. Comm. trib. di Reggio Emilia, sez. VII, 13 ottobre 1993, n. 703, in Boll. trib., 1994, 1364.
152
Cfr. M. Logozzo, “Le dichiarazioni integrative in aumento e in diminuzione”, in Corr. Trib. n. 9/2002,
pag. 745, secondo il quale, la ristrettezza dei termini per la presentazione della dichiarazione in diminuzione può
essere spiegata solo se si considera che ciò consente al contribuente di utilizzare in compensazione il credito
- 95 -
Ora, non sembra possibile affermare che il termine previsto per
la
dichiarazione
integrativa
in
diminuzione
sia
il
termine
ultimo per la ritrattazione: siffatta interpretazione del comma
8-bis dell’art. 2 del D.P.R. n.322/1998, infatti, segnerebbe un
arretramento
rispetto
alle
più
recenti
posizioni
della
giurisprudenza di legittimità153.
È
stato
quindi
superato
l’anno
affermato
dal
che,
momento
nel
della
caso
in
considerazione,
sua
presentazione,
«la
dichiarazione erronea potrà essere ritrattata con gli strumenti
“classici”, ossia la proposizione dell’istanza di rimborso entro
i termini stabiliti dalla legge (per le imposte sui redditi art.
38 del D.P.R. n. 600/1973) ovvero il ricorso contro un atto
d’imposizione
avviso
di
(avviso
di
liquidazione,
accertamento,
ecc.)
per
iscrizione
sottoporre
al
a
ruolo,
giudice
la
cognizione dell’intero rapporto tributario, compresa la parte
oggetto di dichiarazione erronea»154.
7.3.
La
rettifica
della
dichiarazione,
considerazioni
conclusive.
Dall’esame delle pronunce sopra richiamate possono trarsi le
seguenti conclusioni.
Come affermato da una parte della giurisprudenza, la rettifica
della dichiarazione è ammissibile fino allo spirare del termine
previsto per l’esercizio dell’attività di accertamento.
Secondo questa tesi, che evidentemente attribuisce alla dichiarazione natura di dichiarazione di
scienza155, l’intento di far prevalere la realtà sull’apparenza deve essere considerato
preminente rispetto al generale interesse relativo alla certezza dei rapporti giuridici; di
conseguenza, la dichiarazione risulta sempre emendabile, purché non sia intervenuta la
prescrizione di ogni debito restitutorio dell’Amministrazione156.
d’imposta scaturente da detta dichiarazione con il debito d’imposta della dichiarazione del periodo successivo e
attribuisce all’Amministrazione un congruo lasso di tempo per effettuare il controllo della nuova dichiarazione.
153
E. De Mita, “Un passo verso la codificazione”, in Il Sole 24-Ore del 30 ottobre 2002, pag. 25.
M. Logozzo, op. cit.
155
Si rinvengono, infatti, tre contrapposti orientamenti dottrinali che configurano la dichiarazione
come: 1) dichiarazione di volontà; 2) confessione stragiudiziale; 3) manifestazione di scienza.
154
156
Principio cristallizzato nell’art. 10, comma 1, della legge n. 212/2000, secondo il quale «i
rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della
buona fede»: ed è, senza alcun dubbio, conforme alla buona fede provvedere alla restituzione di somme non
dovute.
- 96 -
SECONDA SESSIONE
Prof. Francesco D’ Ayala Valva, ordinario di Diritto Tributario
Università del Molise.
“Il
garante
del
contribuente
per
una
buona
amministrazione
tributaria.”
SOMMARIO: .1 Alla ricerca di una migliore tutela dei diritti dei cittadini. – .2.– I Garanti dei diritti del contribuente..
– .3 Competenza per materia – .4 L’ambito regionale di intervento –5 I problemi di un organo collegiale –6 La
temporaneità dell’incarico – .7 Qualificazione e professionalità del Garante – .8 L’autonomia dell’organo ed
indipendenza economica . –9 La segnalazione al Garante ed i moderni processi di comunicazione fiscale –.10 Il
potere di attivazione dell’autotutela –.11 Riflessioni conclusive.
1.
Alla ricerca di
una migliore tutela dei diritti dei
cittadini.
Il
Garante
del
contribuente
non
ha
avuto,
presso
l’ampio
pubblico dei contribuenti ma anche degli stessi giuristi, quella
risonanza che le funzioni ad esso attribuite permettevano di
poter
sperare.
Ad
oltre
otto
anni
di
distanza
dalla
sua
istituzione questa nuova figura stenta ad imporsi, in parte
soffocata
dalla
presenza
di
altre
Authority157
di
maggiore
rilevanza158 ed impatto mediatico, quale quella sugli scioperi o
sulla Privacy, in parte travolta dalla vivacità delle tematiche
normative, annunziate ed, alle volte, solo limitatamente attuate
negli ultimi otto anni159. L’alba del nuovo millennio è stata,
infatti,
caratterizzata
da
una
vasta
produzione
normativa,
continuata, anche con maggiore vigore, negli anni successivi,
157
IACOLARI M.A., La rappresentanza e la mediazione degli interessi nell’ordinamento tributario
italiano, ESI, 2007, 157, nota 5; V. ONIDA, “La Costituzione”, Mulino, 2004, 105.
158
M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Il Mulino, Bologna 2005; G.
GRASSO, Le autorità amministrative indipendenti della Repubblica tra legittimità costituzionale e legittimità
democratica, Giuffré, Milano, 2006; la proliferazione di Autorità-Garanti è ora oggetto di riesame, con ipotesi di
accorpamento lì dove lo spazio dei confini delle competenze si sta dimostrando di complessa gestione.
159
Anche per il garante del contribuente era stato presentato, alla fine della legislatura, un progetto di legge
di ampliamento dei relativi poteri, senza alcuna possibilità temporale di un suo esame ed approvazione.
- 97 -
tendente ad aggiornare il diritto scritto160 con il diritto
vivente161. L’interpretazione evolutiva162 delle norme sembrava
mostrare,
alle
l’emersione
ed
volte,
il
dei
limiti
consolidarsi
di
sempre
più
alcuni
insuperabili
principi
e
generali
richiedeva sempre di più una loro collocazione in nuovi atti
normativi.
L’intervento del legislatore non si è limitato agli atti comuni
di normazione163, ma si è volto anche alla carta costituzionale,
proprio nell’intendimento di adeguarla alle nuove esigenze. Il
riferimento è alla riforma del titolo V della parte seconda
della
Costituzione164,
preceduta
da
altre
significative
innovazioni, pur sempre riguardanti le Regioni165 e le fonti di
autonomia
territoriale
in
genere166,
proseguita
poi
con
160
L’evoluzione della semplificazione dell’apparato normativo si è spinto verso una sostanziale abrogazione
della precedente normativa, tramite una legge delega. Sul punto vedi alcune riflessioni di P. AQUILANTI,
Abrogare le leggi più vecchie, e anche quelle di mezza età, Foro it. 2005, V, 162.
161
Una forte spinta all’evoluzione del diritto vivente è stata fornita dalla nuova attenzione all’”Etica” ed alle
sue connessioni con il diritto, specie negli affari. Sul punto vedi G. VISENTINI, Etica e affari. Una prospettiva
giuridica, Luiss University Press, 2005, passim.; CAPRIGLIONE F., Etica della finanza e finanza etica, Laterza,
1997, 5, evidenzia che si è in presenza di una tendenza al superamento dell’interpretazione utilitaristica, che in
passato ha caratterizzato la rilevanza teorica del mercato. Ciò da luogo ad una lettura dei fenomeni sempre più
orientata alla valorizzazione di alcuni principi (quali la solidarietà, la redistribuzione, l’equità, ecc.) che appaiono
destinati ad attenuare la rigida applicazione delle categorie proprie della scienza economica ed a consentire
un’impostazione etica dei rapporti intersoggettivi. L’Autore intravede una concezione dei rapporti economici nella
quale liceità della proprietà privata, libertà d’iniziativa, libertà di associazione dovrebbero essere ispirate alla
“cultura del dare”. Da questa riflessione consegue che proprio nel campo tributario si riscontra, in misura
maggiore, la scelta egoistica ed asociale dell’evasore che non “ da”, negando la partecipazione alle spese
pubbliche, in relazione alla propria capacità contributiva e nella misura determinata dal legislatore.
162
GUASTINI R., Le fonti del diritto e l’interpretazione, Giuffrè, 1993, 385, ricorda che mutando le
circostanze storiche (sociali, culturali, etc.) nelle quali una legge deve essere applicata, deve mutare (“evolversi”)
altresì il modo di interpretarla. Dello stesso Autore vedi L’interpretazione dei documenti normativi, in Trattato di
diritto civile e commerciale, Giuffré, 2004, 196.
163
Lo sforzo di adeguare le norme alle nuove esigenze non si è tuttavia esaurito ed è stato di recente
auspicato da G. ALPA, Riti e normative da semplificare, Il sole 24 ore, sabato 4 marzo 2006, n. 62, 21, nella
qualità di Presidente del Consiglio nazionale forense. In particolare, prendendo le mosse dai progetti normativi sui
cosiddetti servizi legali, ha dichiarato che l’avvocatura chiede al futuro legislatore di ricevere uno statuto
normativo proprio, in relazione al ruolo che essa assolve nel sistema costituzionale, nell’ambito di amministrazione
della giustizia, nella soluzione stragiudiziale delle controversie e nel predisporre e concretare le operazioni, che
sono il motore dell’economia. Si auspica, quindi, uno “Statuto dell’avvocatura” idoneo ridisegnare la professione
forense in forma unitaria, sottraendola ad iniziative non coordinate. E interessante notare che in questo caso è stata
invocata la particolare forma normativa “Statuto”, riconoscendo la particolare valenza di tale “forma” nell’ambito
della legislazione ordinaria, sulla scia forse dello statuto dei diritti del lavorator prima e del contribuente poi.
164
A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, Lezioni, Giappichelli, 2005, quarta edizione, 4, afferma
che le novità sono state di tale ampiezza da non consentirgli di salvare neppure un rigo della precedente trattazione
relativa alle fonti regionali e locali in genere.
165
La pressione su un nuovo rapporto stato enti locali faceva perno anche su un diverso criterio di
ripartizione dei tributi. Di una rotazione dell’asse del prelievo fiscale dal centro alla periferia parlano G.
TREMONTI G. VITALETTI, Il federalismo fiscale. Autonomia municipale e solidarietà sociale, Laterza, 1994.
166
A. FEDELE, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Giappichelli, Torino, 2005, 34, evidenzia
come nella nuova formulazione del titolo V della carta costituzionale il contenuto della nozione “sistema
tributario” sembra mantenere il suo significato, designando l’insieme di tutti gli istituti fiscali presenti
nell’ordinamento giuridico. Osserva che, invece, nuova appare la nozione di “sistema tributario dello Stato”, che
- 98 -
ulteriori interventi del legislatore con la legge costituzionale
recante
“Modifiche
alla
Parte
II
della
costituzione”167,
disattesa dal referendum confermativo168. Ricordare l’evoluzione
normativa
fa
prendere
dell’interprete
nel
coscienza
cercare
di
della
cogliere
nuova
la
difficoltà
portata
della
normativa precedente alla luce del differente e mutante quadro
normativo, nel quale è pur sempre chiamata ad operare.
In un contesto di particolare effervescenza normativa169, alle
volte condannata ad esaurirsi nella sola enunciazione di un
provvedimento170,
è
stato
emanato
un
testo
normativo
di
particolare rilievo171, più conosciuto come Statuto dei diritti
del
contribuente,
finalizzato
ad
introdurre
nel
sistema
normativo una nuova forma di tutela indiretta del contribuente.
E’ stato puntualmente osservato172 che l’approvazione, dopo una
lunga e complessa vicenda parlamentare, della legge 27 luglio
2000, n. 212, costituisce una novità importante nel panorama
legislativo.
Pur
con
una
certa
frammentarietà
e
con
il
dichiarato intento di limitare l’intervento ai soli profili di
garanzia per il contribuente, la legge si caratterizza come vera
e propria legge generale, volta a fissare “principi generali”
identifica i soli tributi erariali, contrapposti a tutti gli altri. Sul punto vedi da ultimo A. DI PIETRO, Federalismo e
devoluzione nella recente riforma costituzionale: profili fiscali, Rass. Trib., 2006, 1, 245; P. SELICATO, La nuova
autonomia degli enti territoriali, Dir. prat. trib., 2005, I, 1196; S. PELLEGRINI, L’autonomia tributaria delle
regioni è condizionata dalle leggi statali di coordinamento, Dir. prat. trib., 2005, II, 1291.
167
G.U. 18 novembre 2005, n. 269; A. PIZZORUSSO, Le riforme costituzionali: una transizione per
destinazione sconosciuta, Foro it. , 2005, V, 217.
168
Ricordare l’evoluzione normativa fa prendere coscienza della nuova difficoltà dell’interprete nel
cercare di cogliere la portata della normativa precedente alla luce del differente e mutante quadro normativo, nel
quale è pur sempre chiamata ad operare. E’ appena il caso di ricordare il passaggio di consegne tra
l’Amministrazione delle Finanze e le Agenzie fiscali, con i complessi problemi interpretativi sul soggetto
legittimato ad agire ed a contraddire nel processo tributario; l’assenza di una normativa intertemporale ha portato
la Corte di Cassazione a soluzioni inizialmente contraddittorie e, quindi, ad una ipotesi elastica tra agenzia centrale
e locale.
169
G. MARONGIU, Dallo Statuto del contribuente al Codice tributario nel ricordo di Ezio Vanoni, in AA
VV, La politica economica tra mercati e regole, Rubettino, 2005, 243, afferma che alla stabilità normativa giova,
indubbiamente, una disciplina per principi che è, esattamente, l’antitesi di quanto è avvenuto negli ultimi venti anni
durante i quali la gran massa di provvedimenti normativi sono connotati da discipline, di settore, per dettagli e
continuamente rinnovatesi.
170
G. NAVARRINI, Le forme rituali della politica, Laterza, 2001, 170, evidenzia come la presentazione di
un disegno di legge alle volte non corrisponde al desiderio di vederlo subito approvato, ma anche più limitatamente
di essere presente sulla scena politica come fabbrica di notorietà.
171
BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 547.
172
A. FANTOZZI A. FEDELE, Statuto dei diritti del contribuente, Prefazione, Giuffrè, 2005, VI; F.
D’AYALA VALVA, Dall’ombudsman al garante del contribuente, Studio di un percorso normativo, in Riv. Dir.
trib., 2000, 1037.
- 99 -
della
materia173
e
con
l’esplicita
previsione
di
clausole
“autorafforzative”174.
Nella legge possono enuclearsi, unitamente alla affermazione di
principi
generali
tratti
dalla
Costituzione,
anche
nuovi
istituti, che costituiscono un insieme di particolare rilevanza
in quanto esplicitazione ed attuazione concreta dei principi
costituzionali
con
giurisprudenza
della
perplessità
dottrina,
derivata
la
Corte
dalle
stessa
di
norma
cassazione,
prime
prese
riaffermati.
dopo
di
una
La
iniziale
posizione
della
ha accolto con favore il messaggio contenuto nelle
disposizioni dello Statuto, richiamandole ed approfondendone il
contenuto175. In particolare, con la sentenza n. 17.576 del 10
dicembre
2002176,
di
rilevante
valore
interpretativo
e
di
173
LONGO A., I valori costituzionali come categoria dogmatica.Problemi e ipotesi, Novene, Napoli, 2007,
143, parla di maggior contenuto di valore del principio rispetto alla norma o se si preferisce una sua maggior
prossimità rispetto al valore costituzionale cui da attuazione.
174
C. PINELLI, Sulle clausole rafforzative dell’efficacia delle disposizioni dello Statuto del contribuente,
Foro it., 2001, V, 102.
175
G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, Giappichelli, Torino, 2008.
176
In Riv. Dir. trib., 11/2004, II, 661, con nota V. MASTROIACOVO, Ancora sull’efficacia dello
Statuto dei diritti del contribuente, 672; E. DE MITA, Lo Statuto del contribuente alla prova della gerarchia, Dir.
prat. trib., 2004, II, 847. E’ utile ricordare i passi più salienti della pregevole sentenza dovendo in qualche maniera
rileggere l’intero apparato normativo tributario alla luce dei principi indicati dallo statuto. :- "Le disposizioni della
presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali
dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali"
(comma 1). In particolare la Corte ha affermato che l'autoqualificazione delle disposizioni della legge come
"principi generali dell'ordinamento tributario" trova puntuale rispondenza nella effettiva natura della maggior parte
delle disposizioni stesse, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro
incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell'ordinamento tributario, nonché dei relativi rapporti.
Ha precisato che quale che possa essere l'incidenza dei quattro enunciati normativi contenuti nel comma 1, dell'art.
1 della L. n. 212 del 2000 (e cioè:autoqualificazione delle disposizioni dello Statuto come attuative delle norme
costituzionali richiamate e come "principi generali dell'ordinamento tributario"; divieto di deroga o modifica delle
disposizioni stesse in modo "tacito", ovvero mediante leggi speciali), complessivamente considerati, sull'efficacia
delle disposizioni statutarie dal punto di vista del sistema costituzionale delle fonti (vale a dire, ad esempio, sul
piano della loro "forza" "attiva" e "passiva", ovvero della loro attitudine ad essere qualificate quali possibili
parametri, "integrativi" delle norme costituzionali "attuate", nel giudizio di costituzionalità delle leggi) - delicato e
complesso problema, questo (relativo, in altri termini, alla possibilità ed alla efficacia di "norme sulla normazione"
contenute in fonti pari ordinate a quelle che si intendono disciplinare) è certo, però, che alle specifiche "clausole
rafforzative" di autoqualificazione delle disposizioni stesse come attuative delle norme costituzionali richiamate e
come - principi generali dell'ordinamento tributario" deve essere attribuito un preciso valore normativo. Infatti,
quest'ultima espressione, in particolare, deve essere intesa come formulazione sintetica di quattro diversi e specifici
significati: in primo luogo, quello di "principi generali del diritto, dell'azione amministrativa e dell'ordinamento
particolare tributari" (artt. 3 e 5-19, che dettano disposizioni volte sia a disciplinare l'efficacia temporale delle
norme tributarie, sia ad assicurare la "trasparenza" dell'attività stessa, sia, come è stato rilevato esattamente in
dottrina, ad "orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario"); in secondo
luogo, quello di "principi fondamentali della legislazione tributaria", tesi a vincolare in vario modo l'attività del
futuro legislatore tributario, statale e regionale, sia nella scelta della fonte di produzione (artt. 1, comma 2, e 4) e
del relativo oggetto (art. 2, comma 2), sia nella tecnica di redazione delle leggi (art. 2, commi 1, 3 e 4); in terzo
luogo, quello di "principi fondamentali della materia tributaria", in relazione all'esercizio della relativa potestà
legislativa "concorrente" da parte delle regioni ed infine, quello di "norme fondamentali di grande riforma
economico sociale", in relazione all'esercizio della potestà legislativa "esclusiva" da parte delle regioni ad
autonomia speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Ha ancora affermato che tanto premesso - e
tenuto conto, da un lato, che, alla base delle predette quattro "clausole rafforzative" dell'efficacia delle disposizioni
- 100 -
indirizzo
anche
per
il
legislatore,
ha
affermato
che
le
disposizioni contenute nello Statuto debbono essere interpretate
ed applicate alla luce di quanto affermato nell'art. 1 della
stessa
legge.
dell’ordinamento
L’autoqualificazione
tributario
delle
come
norme
principi
dello
generali
statuto
devono
statutarie sta, comunque, l'esplicita intenzione del legislatore, acché le disposizioni stesse (al di là di ogni eventuale
ostacolo "formale” o sistematico) magis valeant nella legislazione tributaria; e, dall'altro, che è insita nella
categoria dei "principi giuridici" la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante
nell'interpretazione del diritto (cfr., ad esempio, art. 12, comma 2, secondo periodo, delle disposizioni sulla legge
in generale) - il tratto comune ai quattro, distinti significati della locuzione principi generali dell'ordinamento
tributario" è costituito, quantomeno, dalla "superiorità assiologica" dei principi espressi o desumibili dalle
disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l'interprete: in
altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria,
che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla L. n. 212 del 2000, deve essere risolto dall'interprete nel senso più
conforme ai principi statutari. Siffatta prospettiva appare ulteriormente confermata da quanto stabilito nell'art. 16,
comma 1, dello Statuto, laddove il Governo viene delegato "ad emanare uno o più decreti legislativi recanti le
disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente necessarie a garantirne la coerenza con i principi
desumibili dalle disposizioni della presente legge".È noto che tale delega è stata esercitata dal Governo con
l'adozione del (solo) del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32. Ma, al di là del concreto esercizio della delega, conta
sottolineare la volontà esplicita del legislatore delegante - ovviamente consapevole della mole enorme "delle leggi
tributarie vigenti" e, quindi, della inevitabilità di limitare la delega alla emanazione delle "disposizioni correttive
strettamente necessarie a garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti con i principi statutari" (e cioè, alla
emanazione di quelle disposizioni relative alle "leggi tributarie vigenti" di più frequente applicazione: come è
dimostrato dal contenuto, quantitativamente modesto, delle modificazioni apportate dal D.Lgs. n. 32 del 2001) - di
riaffermare, in consonanza con l'art. 1, comma 1, la necessità di "garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti
(id est: di tutte le leggi tributarie vigenti) con i principi desumibili dalle disposizioni" dello Statuto. In altre parole se le "disposizioni correttive" del D.Lgs. n. 32 del 2001 per definizione, "garantiscono la coerenza" delle (sole)
leggi ivi considerate con i principi statutari - identica coerenza deve essere assicurata non soltanto nell'esercizio
dell'attività del futuro legislatore tributario, ma anche nell'esercizio dell'attività dell'interprete, che tali principi è
chiamato ad applicare anche con riferimento a leggi tributarie "non corrette" dal legislatore delegato, e cioè a "tutte
le altre" leggi tributarie vigenti. Il predetto valore ermeneutico dei principi statutari si fonda su un duplice rilievo.
In primo luogo, su quello, secondo cui l'interpretazione conforme a Statuto si risolve, in definitiva,
nell'interpretazione conforme alle norme costituzionali richiamate, che lo Statuto stesso dichiara esplicitamente di
attuare nell'ordinamento tributario. In secondo luogo e conseguentemente, su quello, secondo cui (alcuni de)i
principi posti dalla L. n. 212 del 2000 - proprio in quanto esplicitazioni generali, nella materia tributaria, delle
richiamate norme costituzionali - debbono ritenersi "immanenti" nell'ordinamento stesso già prima dell'entrata in
vigore dello Statuto e, quindi, vincolanti l'interprete in forza del fondamentale canone ermeneutico della
"interpretazione adeguatrice" a Costituzione: cioè, del dovere dell'interprete di preferire, nel dubbio, il significato e
la portata della disposizione interpretata conformi a Costituzione. Lo Statuto, pertanto, qualifica gli elementi (non
procedimentali) contenuti nel testo come principi generali; poichè questi sono l’attuazione del disposto
costituzionale, retroagiscono tendenzialmente al momento della sua promulgazione. I principi della
"collaborazione", della "buona fede" e dell'"affidamento". e della “cooperazione”, nei rapporti tra contribuente ed
Amministrazione finanziaria, sanciti dai primi due commi dell'art. 10 e dal settimo comma dell’articolo 12 della L.
n. 212 del 2000, anche perché immediatamente deducibili, rispettivamente, dai principi di "buon andamento" e di
"imparzialità" dell'Amministrazione, di "capacità contributiva" e di eguaglianza (sub specie del rispetto del canone
della ragionevolezza), garantiti dagli artt. 97 comma 1, 53 comma 1, e 3 comma 1, della Costituzione - debbono
essere annoverati tra quelli "immanenti" nel diritto e nell'ordinamento tributari già prima dell'entrata in vigore dello
Statuto dei diritti del contribuente (prima, cioè, del 1° agosto 2000: cfr. art. 21 della L. n. 212 del 2000). L'art. 10,
comma 1, si riferisce ad un unico principio "della collaborazione e della buona fede", trattando i due diversi
termini quasi come espressione di un'endiadi; può osservarsi, innanzitutto, che il termine "collaborazione" allude,
per un verso, ai principi: di "buon andamento", "efficienza" ed "imparzialità" dell'azione amministrativa tributaria
di cui all'art. 97, comma 1, della Costituzione (richiamato dall'art. 1, comma 1, dello Statuto), e, per l'altro, a
comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall'art. 53 comma 1, della Costituzione (anch'esso richiamato
dalla predetta disposizione statutaria) ed imposto a "tutti" i contribuenti, di "concorrere alle spese pubbliche in
ragione della loro capacità contributiva"; in secondo luogo, che il termine "buona fede", se riferito
all'Amministrazione finanziaria, coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine
"collaborazione", posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell'Amministrazione stessa "coerenti",
vale a dire "non contraddittori" o "discontinui" (mutevoli nel tempo); ed infine, che il medesimo termine, se riferito
al contribuente, presenta un'analoga, parziale coincidenza con quello di "collaborazione" ed allude ad un generale
dovere di correttezza, volto ad evitare, ad esempio, comportamenti del contribuente capziosi, dilatori,
sostanzialmente connotati da "abuso" di diritti e/o tesi ad "eludere" una "giusta" pretesa tributaria.
- 101 -
costituire
un
nuovo
faro
normativo
precedente
e
nell’interpretare
nello
stesso
anche
tempo
il
tessuto
indirizzare
i
comportamenti sia dell’Amministrazione che del contribuente
La figura del Garante del contribuente 177 è posizionata alla
fine
delle
disposizioni,
quasi
a
suggellare
la
funzione
di
tutela, diretta ed immediata, delle stesse norme e di quelle
tributarie
in
genere.
In
particolare
non
può
sfuggire
il
collegamento con il riaffermato principio di collaborazione e
della buona fede178, come modalità necessaria del rapporto tra
fisco e contribuente, la cui tutela difficilmente può trovare
concreta attuazione dinanzi agli organi giudiziari ordinari. Il
Garante, pertanto, si inserisce in questo spazio equidistante
tra le distinte posizioni del contribuente e l’Amministrazione
finanziaria in tutti i profili nella quale si manifesta.
Le
Agenzie
fiscali,
Finanziaria,
che
sono
subentrate
i
ripetuti
nonostante
all’Amministrazione
interventi
di
riorganizzazione e controllo di efficienza179, nel loro agire,
in relazione anche ai mutati contesti normativi, evidenziano
profili
frequenza
comportamentali
rispetto
ai
alle
volte,
precedenti
ma
sempre
periodi,
sul
con
confine
minore
della
legalità. Il Garante si inserisce, quindi, in uno spazio rimasto
scoperto da un’efficace tutela giudiziaria180. Il livello di
“alegalità”,
vale
a
dire
di
prassi
o
comportamenti
differenziati, che si collocano tra il sistema delle norme,
rigidamente
l’estrema
uniforme
varietà
per
delle
tutto
il
situazioni
territorio
e
dei
nazionale,
contesti
e
socio-
economici locali, con “performances” così diverse, sono idonee
ad incrinare, in concreto, il sistema delle garanzie e delle
aspettative dei cittadini contribuenti.
177
L. SALVINI, Il Garante del contribuente, in AA.VV., Lo statuto dei diritti del contribuente,
Giappichelli, 2004, nella relazione al convegno tenuto a Genova il 24 ottobre 2003 riporta una indagine dalla quale
emerge che la figura e le funzioni del Garante del contribuente sono (ancora) marginalmente conosciute dai
cittadini.
178
E. DE MITA, Statuto fondato sull’affidamento, Il sole 24 ore, 22 ottobre 2006, 21.
179
R. GALULLO, Riorganizzazione del fisco, Il Sole 24 ore, 23 gennaio 2006, ricorda che l’Agenzia delle
Entrate agisce non solo sul versante assunzioni, per rafforzare i settori informazioni al contribuente, controlli e
lotta all’evasione fiscale, ma promuove anche una massiccia opera di riqualificazione del personale.
180
G. ZAGREBESLSKY, La domanda di giustizia, G. Einaudi, 2003, 26, ricorda che la giustizia non si
esaurisce nella legalità.
- 102 -
Questa situazione, non risolvibile con i mezzi tradizionalmente
predisposti dall’ordinamento181, ha favorito lo studio di una
figura estranea alla struttura dell’amministrazione finanziaria
statale.
Si
tributario
tratta,dell’introduzione
di
un
nuovo
soggetto,
nel
che
nostro
si
sistema
inserisce
nel
tradizionale rapporto obbligatorio fisco-contribuente182.
Da questa originaria matrice, tendente a tutelare il cittadino
nei confronti della pubblica amministrazione183, si è sviluppata
anche
in
Italia
delimitate
ed
una
oggetti
pluralità
soggetti,
diversi184,
tra
con
i
finalità
quali
più
possono
identificarsi alcuni, il cui scopo è quello di tutelare anche il
cittadino, che riveste la qualifica di contribuente.
.2
Va
I Garanti dei diritti del contribuente.
innanzi
tutto
rilevato
che
la
norma
sul
Garante
del
Contribuente, pur inserita in un contesto esprimente i principi
generali
del
diritto
tributario
desumibili
dalla
Carta
Costituzionale, richiama o per meglio dire fotografa soggetti,
rapporti e tributi vigenti nel contesto normativo e culturale
proprio del lungo iter di approvazione della legge. Dopo un
quinquennio
l’interprete
non
può
non
riconoscere
che
l’orizzonte, nel quale era prevista l’operatività del Garante, è
ormai molto mutato e richiederebbe un sostanzioso intervento
normativo, per renderlo, nel rispetto delle finalità che ne
181
F. d’AYALA VALVA, Spunti sulle tutele del contribuente e dell’interesse fiscale collettivo, in Atti
Convegno Nuove forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nelle esperienze processuali, Messina 26
settembre 2003, Pubblicazione della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina, giuffrè, 2004, 247.
182
BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 551.
183
N. BOBBIO, L’età dei diritti, Einaudi,1997, 262 afferma che non pare dubbio che le varie tradizioni si
stiano avvicinando e stiano formando insieme un unico grande disegno di difesa dell’uomo, che comprende i tre
sommi beni della vita, della libertà e della sicurezza sociale. Il nuovo rapporto cittadino stato si inserisce, quindi,
in questo cambiamento, che mette al centro dell’attenzione l’uomo cittadino e non l’uomo suddito.
184
L’affermazione dei nuovi diritti della persona ha fatto emergere situazioni che progressivamente hanno
richiesto una qualche nuova forma di tutela. Da questi si è affermata la figura del “consumatore”, in tutti i profili
ove possa estrinsecarsi ed anche indipendentemente dalla qualità di “cittadino”, che sta avendo una
considerevole attenzione. Sul punto vedi G. FERRARA, Contributo allo studio della tutela del consumatore. Profili
pubblicistici, Giuffrè, Milano, 1983, 377, ove richiama la figura dell’Ombudsman, che vede codificata nella figura
del difensore civico. G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Laterza, 2002, 4, afferma che la scoperta del
“consumatore” è piuttosto recente ed è un dato tipico delle società opulente e avviene gradualmente in tutti i paesi
occidentali. Puntualizza che alla scoperta del consumatore non fa seguito l’adozione immediata di misure
legislative a sua difesa. Richiama infine (pag. 439) tra gli strumenti di tutela l’ombudsman in alcune sue
applicazioni concrete, soffermandosi in particolare sull’ombudsman bancario.
- 103 -
hanno
motivato
l’istituzione,
più
aderente
alle
mutate
disposizioni.
Rinunciando a creare un Garante del contribuente unico a livello
nazionale ed anticipando la successiva approvazione delle norme
costituzionali regolanti i nuovi rapporti Stato, Regioni ecc., è
stata operata la scelta di istituire tale soggetto presso ogni
Agenzia
Regionale
collegamento
tributari
più
delle
entrate,
immediato
locali.
La
confermando
tra
il
creazione
di
la
cittadino
questo
e
nuovo
funzione
gli
di
uffici
organo,
di
derivazione costituzionale e con specifiche funzioni e finalità,
prima della nuova suddivisione dei rapporti istituzionali dei
nuovi enti locali non può essere sottovalutata e ci si può
chiedere
se
successivamente
la
a
nuova
questi
potestà
ultimi
normativa
possa
in
scalfire o addirittura sostituire le funzioni
attribuita
qualche
maniera
attribuite al
Garante del contribuente. La questione non appare teorica in
quanto le regioni, nei loro statuti, tendono ad inserire anche
la figura del garante del contribuente di ambito regionale, con
funzioni analoghe a quelle attribuite al garante previsto nello
Statuto del contribuente.
Il differente assetto Stato, regioni ed enti locali e la futura
regolamentazione della materia tributaria porterà alla ribalta
la figura del Garante ed i rapporti con questi nuovi soggetti.
La localizzazione regionale del Garante del contribuente ed i
nuovi o anche vecchi tributi regionali o locali ha già portato
momenti di contatto con le istituzioni locali e la emersione
della necessità di nuove regole a tutela del contribuente locale
ed a favore di una migliore organizzazione delle strutture e dei
soggetti che, a vari livelli, gestiscono i tributi locali185.
Una
soluzione
già
si
intravede
alla
luce
della
più
recente
giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di ICI186.,
185
Sul punto vedi le osservazioni ed i richiami di F. BATTOCCHI, Il garante del contribuente, in AA.VV.,
Statuto dei diritti del contribuente, Giuffrè, 2005, 727
186
La Corte Costituzionale ha avuto l’occasione di precisare che per tributi erariali si intendono
anche i precedenti tributi, identificati quali tributi locali per la destinazione del gettito e non per l’origine,
negandone la disponibilità da parte dei nuovi enti territoriali locali. Con la recentissima sentenza n. 75 del 24
febbraio 2006 la stessa Corte ha ribadito il proprio pensiero, censurando l’art. 27 della legge regionale Friuli
Venezia Giulia 4 marzo 2005, n. 4, poiché quest ultima interveniva su materia non attribuita alla potestà legislativa
regionale. In particolare ha affermato: “La potestà legislativa della Regione nella materia tributaria deve esercitarsi
«in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» e deve limitarsi all'«istituzione di tributi
- 104 -
valevole per tutti i tributi locali di origine statale,
quali
i
nuovi
enti
non
possono
incidere
se
non
nei
per i
limiti
previsti dalle singole normative impositiva, ricomprendono sia i
tradizionali tributi erariali che tutti quelli in precedenza
istituiti
dallo
Stato
sotto
qualsiasi
denominazione
corrente
come tributi locali, comunali o altro. Da ciò può affermarsi che
sussiste la competenza del Garante del contribuente, di diretta
derivazione Statutaria (l. n. 212/2000), su tutti i tributi
preesistenti e le relative regolamentazioni ed uffici ad essi
demandati. Da questo spartiacque emerge altresì che i nuovi
Garanti, di derivazione statutaria regionale o comunque locale,
potranno svolgere la loro funzione di tutela esclusivamente nei
confronti dei nuovi futuri tributi locali ed i relativi uffici
ad essi preposti.
La costituzione nello Statuto del contribuente di una pluralità
di garanti non è stata seguita anche dalla previsione di un
organo
di
collegamento
o
coordinamento
tra
i
vari
Garanti;
questa scelta può essere vista quale ulteriore garanzia “di
piena
autonomia”
secondo
comma
nell’ambito
del
del
singolo
dell’art
potere
13;
di
Garante,
d’altro
auto
così
come
canto
disciplinare
recita
non
le
il
esclude,
proprie
regionali prevista nell'articolo 51». Quest'ultimo articolo, a sua volta, stabilisce che l'istituzione dei tributi regionali
deve essere effettuata con legge regionale, «in armonia col sistema tributario dello Stato, delle Province e dei
Comuni». Dal combinato disposto di tali norme risulta, dunque, che la potestà impositiva della Regione può
concernere solo i tributi regionali, e cioè quei tributi che la Regione medesima ha facoltà di istituire ai sensi di
detto art. 51. L'ICI non è istituita dalla Regione e, quindi, non è un tributo regionale ai sensi dello statuto. È,
invece, un tributo erariale, istituito dalla legge dello Stato (art. 1 del citato d.lgs. n. 504 del 1992) e da questa
disciplinato (v., ex plurimis, le sentenze numeri 37, 381 del 2004 e n. 397 del 2005), salvo quanto
espressamente rimesso all'autonomia dei Comuni (art. 4 del d.lgs. n. 504 del 1992 e art. 59 del d.lgs. 15 dicembre
1997, n. 446, recante «Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle
aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della
disciplina dei tributi locali»). Ne consegue che l'impugnato art. 27 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
n. 4 del 2005, nell'introdurre casi di esenzione dall'ICI, interviene su materia non attribuita dallo statuto alla
competenza del legislatore regionale e si pone, perciò, in contrasto con l'evocato art. 5 dello statuto medesimo.” La
Corte, per fugare altri dubbi e precisando il suo pensiero sul contenuto dell’espressione finanza locale ha anche
precisato che: “Tale conclusione non è smentita dal richiamo della norma impugnata all’art. 9, comma 1, del d.lgs.
n. 9 del 1997, secondo cui «spetta alla regione disciplinare la finanza locale». Tale articolo, essendo norma di mera
attuazione statutaria in tema di ordinamento degli enti locali, può riguardare, infatti, solo quella parte della finanza
locale presa in considerazione dallo statuto e non quei tributi comunali che, come l'ICI, sono invece previsti e
istituiti esclusivamente dalla legge statale e, nei limiti da questa indicati, disciplinati dai regolamenti comunali.”
Ha quindi preso posizione suo rapporto con il nuovo testo della carta costituzionale affermando che: “La Regione
Friuli-Venezia Giulia non ha potestà legislativa in materia di ICI, non solo ai sensi delle norme statutarie, ma
neanche ai sensi del combinato disposto degli articoli 117, terzo comma, Cost. e 10 della legge costituzionale n. 3
del 2001. Essendo infatti l'ICI tributo statale, la sua disciplina rientra nella competenza legislativa esclusiva dello
Stato in materia di tributi erariali, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tale riserva di competenza
impedisce che le norme denunciate rientrino nella invocata potestà legislativa concorrente e non consente, nella
specie, di effettuare la comparazione richiesta dal citato art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 tra le forme
di autonomia garantite dalla Costituzione e quelle statutarie”.
- 105 -
iniziative, la operatività di periodiche conferenze comuni, in
vista,
ad
esempio,
della
presentazione
della
relazione
sull’attività svolta al Ministro delle finanze ed agli altri
uffici.
Sotto
questo
collegi
di
aspetto
Garanti,
si
è
con
operata
la
competenza
scelta
di
creare
territoriale,
pari
più
alle
regioni, con ciò avvicinando la nuova figura alla struttura
territoriale
del
difensore
civico
regionale;
i
due
organi
rimangono, comunque, distinti per competenze e sotto la veste
formale, in quanto quest’ultimo è un organo monocratico, ove si
assommano tutti i poteri; nello stesso tempo, la scelta di un
organo collegiale, pur analoga ad altre figure di Autorità o
Garanti, distingue quello del contribuente proprio in relazione
alla diffusione regionale, non presente nelle altre tipologie,
collocate in un unico ufficio centralizzato.
Particolare
rilievo
si
deve
dare
ai
rapporti
con
soggetti
privati appaltatori di servizi di accertamento, liquidazione e
riscossione
di
tributi
di
qualunque
natura,
previsti
esplicitamente nell’ultima parte dell’articolo 14 dello Statuto;
la generica previsione di applicabilità della stessa legge a
questi ultimi soggetti non sembra tutelare nella medesima misura
i contribuenti. Gli istituti dell’autotutela e dei procedimenti
disciplinari, posti a garanzia, mal si adattano ai soggetti
privati e richiederebbero uno sforzo interpretativo estensivo di
particolare portata.
.3 La competenza per materia.
La localizzazione presso l’Agenzia regionale delle entrate non
può, tuttavia, significare sotto altro profilo, che la funzione
sia limitata ai soli tributi di competenza di tale ufficio,
potendosi ben ritenere, alla luce della giurisprudenza della
Corte costituzionale sopra riportata, che questa sussista anche
per tutti i tributi “erariali”. E’ stato da taluni posta in
dubbio la possibilità di una tale estensione dei poteri del
Garante. Si ipotizzerebbe un Garante su base regionale, con
competenza
denominati
circoscritta
erariali;
ai
questo
soli
tributi
convincimento
tradizionalmente
viene
legato
alla
- 106 -
circostanza che mentre in numerosi articoli dello Statuto viene
indicata
genericamente
l’amministrazione
finanziaria,
le
attività esterne propriamente propulsive, quali le segnalazioni,
le
comunicazioni
e
le
relazioni,
riguardano
le
direzioni
generali delle imposte, i comandi della guardia di finanza o lo
stesso
Ministro,
omettendo
qualsiasi
riferimento
ad
entità
territoriali locali.
La limitata competenza ipotizzata non sembra poggiare su basi
incontrovertibili. Lo Statuto nella sua intitolazione parla di
“contribuenti”, non dividendoli in alcun modo in relazione al
destinatario
L’art.
1
della
dello
contribuzione
Statuto,
dopo
né
aver
alla
fonte
premesso
dell’obbligo.
che
(tutte)
le
disposizioni della stessa legge, in attuazione degli articoli 3,
23, 53, e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali
dell’ordinamento
ordinario
tributario,
(regolano),
le
invitava
Regioni
a
le
Regioni
statuto
a
statuto
speciale
e
le
province autonome di Trento e Bolzano (provvedono) e gli enti
locali (provvedono) ad adeguare i rispettivi ordinamenti i primi
alle norme fondamentali dello Statuto e gli ultimi ai principi.
I termini per tali adempimenti erano di gran lunga antecedenti
all’entrata
in
vigore
del
nuovo
testo
dell’art.
119
della
Costituzione e, quindi, nessun serio dubbio potrebbe opporsi a
ritenere parte integrante della normativa di tali enti locali
l’intero impianto dello Statuto.
Va
ricordato,
infine,
il
disposto
dell’articolo
17
della
medesima legge il quale recita che le disposizioni si applicano
anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di
concessionari
e
di
organi
indiretti
dell’amministrazione
finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività
di
accertamento,
liquidazione
e
riscossione
di
tributi
di
qualunque natura.
La competenza del Garante dovrebbe ora trovare corrispondenza in
tutti i tributi richiamati dall’art. 1 D.Lgs. n. 546 del 31
dicembre 1992 sul processo tributario, nel testo novellato anche
- 107 -
da ultimo con il d.l. 30 settembre 2005, n. 203 convertito con
modificazioni nella l. 2 dicembre 2005, n. 248187.
Certamente utile alla delimitazione della competenza del Garante
può essere il richiamo agli elementi per la qualificazione di
una
legge
come
tributaria,
così
come
ricordati
dalla
Corte
Costituzionale nella recente sentenza n. 11 del 12 gennaio 1995,
in tema di referendum abrogativo, ove è stato affermato che
questi
sono
necessariamente
costituiti
dall’ablazione
delle
somme con l’attribuzione delle stesse ad un ente pubblico e la
loro
destinazione
fabbisogno
allo
finanziario
scopo
di
dell’ente
approntare
i
medesimo188.
mezzi
Di
per
il
conseguenza
qualsiasi prelievo con tali caratteristiche potrà essere motivo
d’intervento del Garante presso l’ente (finanziario)189.
Il
richiamo
al
D.lg.
n.
546/92
pone
il
quesito
se
sia
di
competenza del Garante anche la segnalazione di disfunzioni,
irregolarità, scorrettezze, prassi anomale o irragionevoli degli
uffici del territorio preposti all’intestazione, delimitazione,
figura, estensione, classamento dei terreni e la ripartizione
dell’estimo tra compossessori a titolo di promiscuità di una
stessa
particella,
nonché
degli
uffici
demandati
alla
delimitazione della consistenza, classamento delle singole unità
immobiliari, urbane e l’attribuzione della rendita catastale.
Una lettura restrittiva della norma limitata, alla sostanza del
tributo, ne escluderebbe la competenza; una tale interpretazione
non sembra condivisibile, stante lo stretto collegamento delle
operazioni
erariali
e
catastali
locali.
con
In
il
ogni
presupposto
caso
il
di
numerosi
generico
tributi
richiamo
“agli
187
L’ampliamento della giurisdizione tributaria avviene anche ad opera della giurisprudenza della Corte di
cassazione, che ad esempio con la recentissima sentenza n. 618 del 13 gennaio 2006 (Corr. Trib. 9/2006, 717) ha
riconosciuto che spetta al giudice tributario la giurisdizione in materia di diritti camerali. Sul punto rinvio al mio
lavoro Il “nuovo processo tributario” in attesa di una revisione dopo l’ampliamento della giurisdizione delle
Commissioni, in Il Fisco, 31/2006, 4741; nonché a F. PISTOLESI, Le nuove materie devolute alla giurisdizione
delle commissioni tributarie, Giur. Imp., 2002, n. 6,1463..
188
La natura tributaria di un prelievo è oggetto di un rinnovato studio, stante alcune recenti innovazioni sulla
struttura e destinazione dei prelievi. Sul punto vedi da ultimo A. FEDELE, Appunti, cit., 16, R. LUPI, Società,
diritto e tributi, Il sole 24 ore, 2005, 119; id, Diritto tributario, Parte generale, Giuffrè, 2005, VIII ed, 35.
189
G. GAFFURI, Diritto tributario, V ed. Cedam, 2006,, 16, distingue invece i tributi in generale da altre
figure similari, quali i contributi, pur riconoscendo (pag. 14) che la linea di confine tra i due generi di rapporti è di
difficile tracciamento. Afferma ancora che la nozione eterogenea e assai allargata desumibile dalle norme
processuali non può essere scambiata per un’attendibile definizione di prelievo fiscale in senso proprio, che resta
ancorata a presupposti specifici e peculiari e ai criteri fissati dai principi della Costituzione in materia.
- 108 -
uffici
dell’amministrazione
finanziaria”
non
può
precludere
l’intervento del Garante presso gli stessi ora agenzie.
Sotto lo stesso profilo il Garante potrà esaminare le istanze
relative
a
questioni
in
materia
di
sanzioni
irrogate
dagli
uffici finanziari, non espressamente collegate ad un tributo, o
il mancato tempestivo rimborso di somme riscosse coattivamente e
riconosciute
indebite
dalle
tributarie190.
commissioni
Non
dovrebbero esservi dubbi sulla competenza anche per i tributi
doganali, essendo previsto l’invio della relazione semestrale
del Garante nonché di tutte le segnalazioni dei comportamenti
dell’amministrazione, che possano determinare un pregiudizio ai
contribuenti
o
conseguenze
l’amministrazione,
anche
ai
negative
direttori
nei
rapporti
compartimentali
con
delle
dogane.
Sullo
sfondo
potranno
rimanere
tutte
le
altre
prestazioni
patrimoniali, quali i contributi ai consorzi di bonifica o il
canone televisivo, ove il profilo tributario della prestazione è
diluito dall’interesse del singolo alla stessa prestazione. Le
reiterate
sentenze
della
Corte
di
Cassazione,
che
hanno
affermato la natura tributaria di questi ultimi, militano verso
una
competenza
rilievo
infine
del
è
Garante
la
anche
controversa
per
tali
prestazioni.
collocazione
del
Di
contributo
previdenziale, collocato storicamente nella parafiscalità 191.
Ove venisse confermato l’orientamento della più recente dottrina
sulla
natura
questioni
tributaria
ricadrebbero
del
prelievo192
tutte
nella
competenza,
per
le
relative
materia,
del
Garante del contribuente e quindi delle Commissioni tributarie.
I
disservizi
sottoponibili
all’attenzione
del
Garante
potrebbero, infine, riguardare i concessionari della riscossione
oppure
tutti
l’attività
di
gli
altri
differenti
accertamento,
soggetti
liquidazione
e
che
esercitano
riscossione
di
190
Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 15, depositata il 4 gennaio
2007, ha affermato che spetta al giudice ordinario, e non al giudice tributario, la competenza a giudicare sulle liti
che riguardano il risarcimento del danno per comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria, anche se tale
comportamento derivava dalla illegittima richiesta di pagamento di una tassa automobilistica già regolarmente
pagata dal contribuente.
191
G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Cedam, 2005, vol. I.
192
P. PURI, Destinazione previdenziale e prelievo tributario. Dalla parafiscalità alla fiscalizzazione del
sistema previdenziale, Collana diretta da G. Falsitta e A. Fantozzi, Giuffrè, 2005, 141.
- 109 -
qualunque natura, trovando applicazione l’intera normativa dello
Statuto
del
contribuente
formalmente
estranei
anche
alla
a
questi
soggetti,
amministrazione
pur
se
finanziaria,
ma
espressamente destinatari delle disposizioni, ai sensi dell’art.
17 dalla più volte richiamata legge n. 212/2000. Nei confronti
di
questi
Garante,
ultimi
ma
questa
segnalazione
lacuna
manca
una
lacuna
semestrale
normativa
norma
è
o
che
potrebbe
annuale
divenuta
regoli
essere
dello
di
i
poteri
oggetto
stesso
pressante
del
della
Garante.
attualità
La
dopo
l’ampliamento della giurisdizione tributaria anche alla “ganasce
fiscali”193. L’ampia libertà per l’uso di tali strumenti di
coazione offre un ampio margine di intervento del Garante ove
tali poteri non vengano utilizzati non solo legittimamente ma
anche correttamente
E’
compito
del
Garante
esaminare
preliminarmente
la
propria
competenza per materia, in relazione alla segnalazione scritta,
e
comunicare
propria
immediatamente
decisione
trattandosi
di
amministrativo
in
un
si
caso
atto
può
all’autore
di
della
diniego.
definitivo
pensare
ad
In
segnalazione
quest’ultimo
emesso
una
sua
da
un
la
caso
organo
ricorribilità
al
T.A.R.. Si può così ipotizzare un nuovo veicolo interpretativo,
a cura questa volta del giudice amministrativo, sulla natura di
talune
decisioni
del
Garante
del
contribuente
e
poi
sulla
tipologia di alcune prestazioni imposte, sia pure sotto il più
limitato profilo della competenza del Garante del contribuente.
.4 L’ambito regionale di intervento.
La norma tace sulla competenza territoriale dell’ufficio del
Garante. E’ pur vero che il domicilio fiscale del contribuente
radica la relativa competenza con gli uffici tributari, ma è
altrettanto
vero
che
i
rapporti
tributari
possono
essere
incardinati anche con altri uffici, per i quali è irrilevante la
residenza.
seconda
E’
casa,
l’eventuale
sufficiente
a
ubicata
altro
richiesta
in
di
tal
fine
ricordare
comune,
rimborso
di
l’ICI
altra
riconosciuta
sulla
regione
fondata
e
dallo
193
F. d’AYALA VALVA, Le Ganasce fiscali ed il giudice tributario. Un porto sicuro, un attracco
difficoltoso, in Riv. Dir. Trib., 2006, n. 9, I, 621.
- 110 -
stesso comune e rimasta sospesa per inerzia del provvedere. Il
collegamento territoriale potrebbe variare secondo il rilievo
dato
al
domicilio
del
richiedente
o
dell’ufficio
non
ottemperante.
Utilizzando il principio del foro del convenuto, la competenza
territoriale del Garante dovrebbe essere radicata per tutte le
questioni riguardanti gli uffici o enti territoriali con sedi
nella
propria
regione,
rimanendo
irrilevante
l’eventuale
differente domicilio fiscale del richiedente. Ove, invece, la
localizzazione territoriale del Garante dovesse essere intesa
quale
modo
per
l’esercizio
più
immediato
del
servizio
al
cittadino, non si potrebbe escludere una competenza per tutte le
segnalazioni pervenute da soggetti residenti nella regione e ciò
indipendentemente
dalla
localizzazione
dell’ufficio
ove
si
lamenta il disservizio. La questione ha la sua rilevanza anche
per
le
ipotesi
nelle
quali
un
singolo
ufficio
dell’Agenzia
deleghi l’espletamento di alcune attività ad altro ufficio della
stessa
agenzia
localizzato
in
altra
regione
(all’ufficio
di
Reggio Calabria sono state attribuite delle funzioni relative a
pratiche di contribuenti residenti nel Lazio).
Anche in caso di diniego, per incompetenza territoriale, il
Garante dovrà comunicare immediatamente all’istante, la propria
risoluzione con l’indicazione del Garante ritenuto competente.
Questa
scelta,
tuttavia,
potrebbe
essere
vista
come
una
sostanziale negazione della tutela richiesta e, quindi, sarebbe
più opportuna l’immediata trasmissione della segnalazione del
Garante
che
si
territorialmente
contribuente
esclude,
ritiene
competente,
della
stessa
certamente,
territoriale,
ove
incompetente
il
ed
al
analoga
trasmissione.
l’ipotesi
secondo
di
Il
Garante,
comunicazione
al
procedimento
non
conflitto
neghi
ritenuto
di
anch’esso
competenza
la
propria
competenza; in mancanza di un organo gerarchico superiore, la
questione dovrebbe poter essere risolta dal secondo Garante.
.5 I problemi di un organo collegiale.
Il garante del contribuente, a differenza del difensore civico,
è un organo collegiale, costituito da tre membri, operante in
- 111 -
piena autonomia. La scelta e la nomina di detti soggetti spetta
ad
un
organo
istituzionalmente
estraneo
all’Amministrazione
Finanziaria, ma non avulso dalle problematiche tributarie, e
precisamente
al
Presidente
Regionale194,
nella
cui
della
Commissione
circoscrizione
è
Tributaria
compresa
l’Agenzia
Regionale delle entrate. Inoltre il Presidente della Commissione
Tributaria
Regionale
assicura
l’assoluta
indipendenza
nella
nomina dei membri dell’organo. Pur essendo libera la scelta,
questa
deve
ricadere
soggetti,
su
prefissate
istituzionalmente
specifiche
portatori
tipologie
di
di
un’alta
professionalità, idonea allo scopo voluto dalla norma.
L’organo
è
Presidente
composto
deve
di
un
essere
presidente
scelto
tra
e
da
due
membri;
magistrati,
il
professori
universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a
riposo
sia
in
attività
di
servizio;
non
è
richiesta
al
designando la residenza nella regione al momento della nomina né
l’obbligo
di
fissarvi
la
residenza
per
la
durata
dell’incarico195. Per i magistrati, non essendovi nella norma
altra
qualificazione,
si
deve
intendere
quelli
ordinari,
amministrativi e militari, con ciò escludendo tutti coloro che
svolgono
una
qualche
funzione
giudiziaria
onoraria;
non
vi
rientrano, quindi, sia i giudici tributari sia i giudici di
pace.
Il
Consiglio
Superiore
della
Magistratura
è
restio
a
concedere il nulla osta a magistrati in servizio e questa scelta
può condividersi, in relazione alla necessità di non distrarre
le limitate forze giudiziarie dai gravosi compiti del proprio
ufficio istituzionale. Alla luce delle nomine dei magistrati fin
qui effettuate queste sono ricadute su soggetti di alta qualità
in pensione, per lo più giudici tributari196. Per la categoria
194
Di recente è stata risolta positivamente dal TAR di Napoli la questione sulla possibilità che il Presidente
f.f. della commissione tributaria regionale possa nominare i Garanti della propria regione, difformemente decisa in
precedenza dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria.
195
L’art. 7 del d.ls. 31 dicembre 1992, n. 545 prevede, invece, espressamente tra i requisiti generali dei
componenti delle commissioni tributarie, alla lettera f), “avere o aver dichiarato di voler stabilire la residenza nella
regione nella quale ha sede la commissione tributaria. Analogamente non sussiste per il Garante del contribuente il
divieto previsto espressamente per i componenti delle commissioni tributarie, nel terzo comma dell’art. 8 del
medesimo d.ls n. 545, “Nessuno può essere componente di più commissioni tributarie”.
196
Il Consiglio della giustizia tributaria, in un primo moment,o aveva ritenuto sussistere una incompatibilità
tra la funzione di giudice tributario e quella di componente del collegio del Garante del contribuente, sia come
presidente che come membro. Tale presa di posizione, presupponeva la sussistenza di un potere di ingerenza del
primo sulle scelte demandate al Presidente della Commissione tributaria regionale, agente non in una funzione
- 112 -
“professori universitari” va notato che l’art. 5 lettera b) del
D.
lgs.
545/1992,
sull’ordinamento
giurisdizione
tributaria,
universitari”,
e
quindi
degli
organi
i
“docenti
richiama
si
potrebbe
speciali
di
ipotizzare
che
di
ruolo
per
il
Garante possa essere considerata una difforme e più ristretta
platea.
Certamente
professori
in
universitari
questa
di
categoria
ruolo,
fuori
sono
considerati
ruolo
o
a
i
riposo,
compresi nella prima e nella seconda fascia dell’ordinamento
universitario. Per quanto riguarda i notai, fermo restante il
limite del superamento del concorso ed il loro permanere nel
relativo
albo,
non
è
previsto
l’obbligo
di
residenza
nella
regione né lo svolgimento dell’attività nella stessa.
Gli altri due membri devono, a loro volta, avere una distinta
provenienza,
al
fine
evidente
di
mantenere
una
necessaria
pluralità di esperienze professionali. In particolare, la scelta
del
secondo
membro,
deve
ricadere
su
un
dirigente
dell’Amministrazione finanziaria e su un Ufficiale Generale e
Superiore della Guardia di Finanza, scelti in una terna formata
per
ciascuna
delle
rispettivamente
Dipartimento
per
delle
Direzioni
i
primi
entrate
e
Regionali
dal
per
delle
Direttore
i
secondi
Entrate,
Generale
dal
del
Comandante
Generale della Guardia di Finanza. Va osservato che la scelta
del
dirigente
dell’Amministrazione
finanziaria
deve
essere
effettuata dal Direttore regionale delle entrate, di ciascuna
regione, ma, anche in questo caso, non è prescritto che il
designato abbia o non abbia svolto la propria attività nella
regione o sia ivi residente. La scelta dell’ufficiale generale
è,
invece,
comandante
demandata
Generale
per
della
tutte
G.
di
le
F.,
regioni
anche
unicamente
qui
senza
al
alcun
vincolo territoriale di provenienza o di residenza.
Per una maggiore garanzia di neutralità ed al fine di evitare
commistioni o possibili esami di proprie attività o di quella
svolta dal precedente ufficio, è previsto che questi soggetti
giurisdizionale, nonché l’adozione di una interpretazione più ampia dei casi di incompatibilità previsti dall’art.8
del d.lvo n. 545/1992. La presa di posizione cel Consiglio era stata probabilmente influenzata dalla circostanza che
lo stesso soggetto avrebbe ricoperto le due funzioni nella stessa regione. Da ultimo (settembre 2006) il Consiglio
ha rimeditato il proprio pensiero, dichiarando la sospensione dell’incarico da giudice tributario, per tutto il tempo
in cui lo stesso soggetto va a ricoprire le funzioni di Garante del contribuente. Anche in questo caso non si è tenuto
conto dell’eventuale differente localizzazione delle due funzioni.
- 113 -
debbano essere a riposo da almeno due anni. Il maggior decorso
del tempo dall’inizio del pensionamento, per questa categoria
rispetto
a
coerente
con
attività
quanto
la
previsto
necessità
proprio
per
di
per
i
un
professionisti,
distacco
quei
dalla
soggetti
risulta
precedente
facenti
parte
dell’amministrazione, della cui eventuale inefficienza si debba
trattare.
La scelta, per ogni regione, deve ricadere su di una triade e,
quindi, sarà necessario un preventivo accordo di ogni Direttore
regionale
con
il
formalizzazione
Comando
generale
tempestiva
della
della
G.
triade,
da
di
f.
per
la
sottoporre
al
Presidente di ogni commissione tributaria regionale.
Il
terzo
membro
deve
essere
scelto
anch’esso
in
una
terna,
formata per ciascuna Direzione Regionale delle entrate, dagli
ordini
degli
collegiati;
avvocati,
questi
dottori
soggetti
commercialisti
devono
essere
e
già
ragionieri
pensionati
al
momento della nomina e, quindi, il pensionamento può avvenire
anche dopo l’indicazione nella terna finale.
La
formazione
della
triade,
mentre
appare
più
semplice
nell’ambito regionale, poiché fornita da tre ordini o collegi
professionale,
non
sembra
tenere
conto
della
difforme
consistenza numerica degli albi e dei collegi professionali e
nella
mancanza
nell’ambito
della
regione
di
un
organo
di
coordinamento interno tra ordini e collegi professionali, tale
da esprimere tempestivamente la terna. Il tenore della norma
potrebbe indicare che, in ogni regione, gli ordini ed i collegi
congiuntamente
debbano
esprimere
la
terna
da
sottoporre
al
Presidente della commissione tributaria. Un eventuale disaccordo
nella presentazione potrebbe portare all’impossibilità per il
Presidente
di
effettuare
la
scelta,
mancando
l’elemento
dal
quale trarre il terzo membro del collegio. Il disaccordo nella
composizione della terna potrebbe essere il più vario, iniziando
dalla
paralisi
presentazione
nella
di
più
presentazione
terne
formate
dell’unica
da
terna,
differenti
alla
ordini
o
collegi professionali.
Va osservato che per ciascuna categoria la terna deve essere
“formata”
dai
soggetti
rispettivamente
indicati,
ma
ciò
non
- 114 -
impedisce
che
le
due
terne
siano
composte
solo
da
soggetti
provenienti da una sola figura professionale nell’ambito delle
due categorie (b/c dell’art. 13); la norma, infatti, richiede
che
la
terna
debba
rappresentanti,
contemporanea
ma
essere
non
formata
implica
presenza
nella
con
anche
terna
la
di
l’accordo
necessità
tutti
i
dei
della
profili
professionali. La prima terna potrebbe, quindi, essere composta
nell’ambito
di
una
dell’amministrazione
singola
regione
finanziaria
da
e
soli
la
rappresentanti
seconda
dai
soli
rappresentanti del collegio dei ragionieri. Quello che conta è
la sola volontà dei rappresentanti, identificati dalla norma, di
fornire, concordemente, una terna, nella quale il presidente
dovrà effettuare la scelta.
La nomina non prevede uno specifico atto di accettazione né
formule particolari di rispetto della normativa, come ad esempio
prescritto
dall’art.
10
del
D.Lgs.
n.
545
del1992
prima
dell’immissione del giudice tributario nelle funzioni. Si può
ritenere che sarà comunque necessaria l’apposizione da parte del
presidente
della
l’accettazione
dichiarazione
commissione
che
potrà
tributaria
avvenire
indirizzata
al
di
anche
Presidente
un
con
termine
una
della
per
semplice
commissione
tributaria; decorso tale termine il soggetto deve intendersi non
accettante e spetterà al Presidente scegliere un nuovo membro,
tratto dalla categoria del non accettante. Poiché l’organo non
prevede
una
interesse
sospensione
pubblico,
tempestivamente,
in
le
modo
dell’attività
nuove
tale
nomine
da
far
indirizzata
vengono
ad
un
effettuate
subentrare
il
nuovo
soggetto accettante al momento della scadenza del precedente.
.6
La temporaneità dell’incarico.
L’incarico ha una durata quadriennale ed è rinnovabile, tenendo
presenti professionalità, produttività ed attività già svolta.
Il rinnovo dell’incarico dei membri del collegio del Garante del
contribuente,
avvenuto
dopo
il
primo
quadriennio,
ha
fatto
emergere alcune riflessioni. Va ricordato che il problema della
rinnovabilità degli incarichi è stato da qualche tempo oggetto
di
attenta
analisi
dalla
dottrina,
ravvisandosi
proprio
un
- 115 -
momento di rottura tra l’indipendenza dell’organo e la potestà
di rinnovo dell’incarico. A tal fine può essere ricordata la
sentenza n. 25 del 22 gennaio 1976, della Corte Costituzionale
che
ebbe
a
dichiarare
l’illegittimità
della
norma
sulla
riconferma dei membri del Consiglio di Giustizia Amministrativa
della Regione Siciliana in sede giurisdizionale. In quella sede
la Corte ebbe ad affermare che il carattere temporaneo della
nomina
per
estranei
i
ai
contrasta,
membri
ruoli
di
garantiscono
per
designati
organici
sé,
del
con
l’indipendenza
dalla
i
e
Giunta
Consiglio
principi
con
Regionale,
Stato,
non
costituzionali,
che
l’imparzialità
dei
essa
di
ed
giudici siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal
fine non appare necessaria un’inamovibilità assoluta, specie per
i
membri
laici,
determinato
e
che
ben
congruo
possono
periodo,
essere
senza
che
nominati
perciò
per
venga
un
meno
l’indipendenza dell’organo o del singolo giudice. L’indipendenza
è, invece, compromessa per l’effetto della disposizione, che
prevede,
al
termine
di
un
primo
periodo,
la
possibilità
di
riconferma dell’incarico, secondo il discrezionale apprezzamento
di un organo strettamente collegato con la funzione svolta dal
giudice. Sotto questo profilo l’estraneità del presidente della
commissione
tributaria
all’attività
del
Garante
assicura
una
tranquillizzante garanzia di indipendenza ed imparzialità.
Il rinnovo dell’incarico, al pari della scelta iniziale, appare
lasciato alla completa discrezionalità del Presidente, il quale
tuttavia,
dopo
la
nomina,
non
è
destinatario
di
alcuna
comunicazione diretta dell’attività del Garante e, quindi, non
sembra essere messo formalmente in condizione di poter valutare
l’opportunità di una conferma di tutti o di alcuni dei membri
dell’organo collegiale. Poiché il rinnovo del singolo componente
deve tener presente la “professionalità, produttività e attività
svolta” si rende necessario riconoscere un potere di esame e
controllo del singolo soggetto in scadenza; con la conseguenza
che
il
Presidente
della
commissione
tributaria
regionale
dovrebbe essere legittimato ad effettuare un controllo diretto
sull’attività svolta dal singolo nel periodo quadriennale, per
acquisire
i
relativi
elementi
di
giudizio.
In
ogni
caso
il
- 116 -
collegio dei garanti potrà inviare anche al Presidente della
commissione
tributaria
sull’attività
svolta,
copia
delle
gli
stessi
che
relazioni
garanti
periodiche
sono
tenuti
a
presentare al Ministro ai sensi del comma 12 dell’art 13 dello
statuto.
Il
richiamo
alla
“professionalità,
produttività
e
attività svolta” deve costituire uno degli elementi del giudizio
per il rinnovo, ma non un elemento vincolante, in quanto la
scelta può ben ricadere su altro soggetto esterno qualora le
caratteristiche
possano
far
copertura
personali
ritenere
della
dell’incarico
e
professionalità
quest’ultimo
carica
ha
la
di
provocato
più
meritevole
Garante.
alcuni
riconosciuta
Il
per
mancato
ricorsi
al
la
rinnovo
Tar,
tutti
rigettati con la conferma della più ampia discrezionalità della
scelta del presidente della commissione regionale.
Non
risulta,
adottare
membri.
inoltre,
alcuna
nell’ipotesi
La
legge
di
31
rinuncia
luglio
1997,
dell’Autorità
per
le
garanzie
espressamente
che
in
caso
impedimento
di
un
menzione
di
commissario,
o
procedura
impedimento
n.
nelle
249,
di
di
Camera
da
taluni
sull’istituzione
comunicazioni,
morte,
la
della
prevede
dimissioni
competente
o
di
procede
all’elezione di un nuovo commissario, il quale resta in carica
fino alla scadenza ordinaria del mandato dei membri.
L’applicazione
di
tale
procedura
anche
al
garante
del
contribuente non sembra corretta, potendosi ipotizzare una nuova
nomina quadriennale. La sostituzione del Presidente è certamente
più
agevole,
non
essendo
subordinata
da
alcuna
attività
di
terzi, mentre la sostituzione degli altri membri potrebbe essere
subordinata alla preventiva presentazione di una nuova triade,
nella
quale
effettuare
la
scelta.
L’organo
nelle
more
non
sarebbe in condizione di operare, con nocumento della funzione,
che
richiede
segnalazioni.
invece
Anche
una
questa
sollecita
sembra
trattazione
essere
una
lacuna
delle
della
disposizione che non prevede membri supplenti.
La rinuncia all’incarico deve essere formalizzata e portata a
conoscenza del Presidente della commissione tributaria, perché
possa attivare la procedura di nomina di altro membro. La norma
non prevede ipotesi di decadenza o di sospensione dall’incarico.
- 117 -
Certamente
incidano
una
condanna
penale,
sull’attività
del
in
relazione
garante,
a
fatti
costituisce
che
elemento
sufficiente per una tale declaratoria. Può costituire ancora
motivo di decadenza la mancata partecipazione, non giustificata,
a più riunioni collegiali tale da impedirne la funzionalità
previa
contestazione
dei
fatti
rilevati.
In
questo
caso
il
Presidente o il membro più anziano nella funzione, ed in via
subordinata
per
Commissione
età,
potrebbe
Tributaria
informare
Regionale
il
Presidente
della
perché
provveda
alla
sostituzione.
La norma non prevede l’ipotesi di astensione di un membro per un
interesse
diretto
o
indiretto
nella
questione
da
esaminare
oppure l’ipotesi di temporanea indisponibilità del membro per
malattia
o
soluzione,
cause
non
familiari.
essendo
La
questione
previsti
sostituti
non
per
è
i
di
facile
membri
del
collegio e non potendo lo stesso essere operativo in assenza di
un
suo
membro.
Da
alcuni
collegi
si
è
distinta
un’attività
istruttoria, delegabile ad un solo componente, dalle attività
propriamente decisionali per le quali l’organo collegiale deve
operare nella sua interezza.
.7
Qualificazione e professionalità del Garante.
Da un esame dei vari collegi regionali si può subito rilevare
una concreta garanzia di imparzialità, non sempre riscontrabile
in una composizione collegiale di diversa estrazione; inoltre
l’alta qualificazione prevista costituisce di per sé garanzia
per la funzione alla quale gli stessi soggetti sono chiamati. La
norma
non
prevede
qualificanti
i
ulteriori
candidati,
quali
elementi
soggettivamente
pubblicazioni
scientifiche,
partecipazione a convegni in qualità di relatore, partecipazione
a commissioni di studio ecc.; questo deve essere inteso non
nella
possibilità
Presidente
della
di
arbitrio
Commissione
nella
scelta
Regionale,
ma
da
come
parte
un
del
elemento
comune di base per tutti i candidati, che devono rientrare nelle
categorie (professionali) indicate; inoltre per gli altri membri
la scelta in una terna prefissata, comporta che sia già avvenuto
un
vaglio
da
parte
dei
rispettivi
uffici
o
organi
- 118 -
rappresentativi
professionali
sulle
qualità
e
l’idoneità
dei
soggetti proposti.
E’ stata già rilevata la diversa posizione dei membri, e la
prevalenza della qualifica di pensionato rinvenibile in tutte le
tre categorie. La previsione può essere intesa nell’opportunità
di non disperdere sicure acquisite qualificazioni professionali
in
dipendenza
della
circostanza
della
maturazione
dell’età
pensionabile. Il sistema attualmente in vigore prevede un limite
di anni lavorativi ed alle volte agevola l’uscita del lavoratore
ancora in vede età per il solo fatto dell’avvenuta maturazione
di un periodo minimo di contribuzioni, al fine di far subentrare
nuove energie o per rinnovar i dirigenti (spoil system). La
conseguenza è la presenza sul mercato del lavoro di soggetti
idonei
e
disponibili
ad
alcune
funzioni,
non
altrimenti
inseribili in un processo lavorativo standardizzato. A questi
soggetti
si
rivolge
prosecuzione
di
la
parte
un’attività
della
normativa,
lavorativa
favorendo
professionale,
la
che
altrimenti andrebbe perduta. In questo senso può ricordarsi la
figura del giudice di pace, che attinge proprio (di preferenza)
i propri membri da soggetti, che, in possesso di una laurea in
giurisprudenza, hanno svolto un’attività lavorativa qualificata
e, pur cessando la precedente attività, intendono offrire alla
società
,
sia
pure
sotto
altri
profili,
le
proprie
energie
lavorative e capacità intellettuali.
La
norma
non
indica
un
limite
d’età
dei
membri,
con
ciò
confermando la responsabile scelta che deve essere effettuata
dal
Presidente
della
commissione
tributaria.
In
altre
situazioni, come per la nomina dei giudici tributari, la norma
prevede
un
limite
di
età
massimo
per
la
permanenza
nell’incarico, eliminando possibili situazioni di imbarazzo e di
aspettative197.
.8 L’autonomia dell’organo ed indipendenza economica.
197
L’identificazione normativa di una età massima, per la chiamata o rinnovo alla funzione di Garante del
contribuente, sarebbe auspicabile, anche se, in sede di ricorso la tar contro il mancato rinnovo per età avanzata, si è
fatto presente che la gravosa funzione di Presidente della Repubblica è stata egregiamente ricoperta anche da ultra
ottuagenari.
- 119 -
La norma, in un breve ma espressivo inciso, afferma che il
Garante opera” in piena autonomia”. La dizione è meno estesa di
quella prevista dalla legge 14 novembre 1995 n. 481 per tutte le
Autorità, ove si parla di “piena autonomia e con indipendenza di
giudizio e di valutazione”.
Dal testo breve della norma non si rinvengono limiti o regole
nell’attività del Garante e, quindi, sarà compito dei singoli
garanti
l’eliminazione
di
tutti
i
vincoli
che
dovessero
frapporsi al conseguimento delle finalità volute dalla norma
istitutiva. Autonomia non vuol certamente dire libertà di non
osservare la normativa vigente, ma solo non essere soggetto alle
direttive di altri uffici o autorità. Vuol anche affermare che
in tutte le attività di accesso o di richiesta dati non può
essere
opposto
il
rispetto
di
procedure
predisposte
per
il
pubblico. Sotto altro profilo l’operare in piena autonomia deve
poter significare che ogni singolo ufficio del Garante ha il
potere
di
auto
organizzare
la
propria
struttura
e
che
non
possono essere sollevate difficoltà da parte della Direzione
regionale in relazione alle scelte operative.
Ancora
in
relazione
all’autonomia,
quale
caratteristica
dell’organo di non avere condizionamenti economici, va rimarcato
che il compenso per l’attività svolta ed i rimborsi spettanti ai
membri sono determinati con decreto del Ministro delle Finanze.
Può
ben
sollevarsi
il
dubbio
sull’effettiva
indipendenza
dell’organo subordinato, quanto alla sua attività, direttamente
dal soggetto controllato o dagli organi del medesimo. Questione
ora riproposta con il taglio al compenso precedente, disposto
dal Ministero, in ossequio alla generale direttiva precedente
legge finanziaria. Nelle relazioni annuali è stata evidenziata
la difficoltà di un controllo delle agenzie o degli uffici non
ubicati nel capoluogo della regione non essendo previsto un
idoneo servizio, ma il tutto lasciato alla buona volontà, anche
economica dei singoli garanti.
Per
quanto
riguarda
le
funzioni
di
segreteria
e
tecniche,
assicurate dagli uffici delle Agenzie Regionali delle entrate,
presso il quale è istituito, può legittimamente sollevarsi il
dubbio
della
mancanza
di
una
vera
autonomia
organizzativa
- 120 -
dell’organo,
pur
riconoscendo
una
generale
fattiva
collaborazione delle Direzioni. Spetta in ogni modo all’organo
collegiale
organizzare
la
struttura
dell’ufficio
in
piena
autonomia in relazione dell’evolversi delle esigenze.
.9
La
segnalazione
al
Garante
ed
i
moderni
processi
di
comunicazione fiscale.
Dopo aver esaminato la struttura dell’ufficio del garante ormai
consolidatasi, può rilevarsi che l’attivazione della funzione è
molto
informale,
essendo
sufficiente
anche
una
segnalazione
inoltrata per “iscritto” dal contribuente o da qualsiasi altro
soggetto interessato.
La
circostanza
che
la
norma
preveda
una
segnalazione
“per
iscritto” non è stata ritenuta preclusiva di altre forme. La
norma non prevede specifiche modalità per l’invio e, quindi,
oltre alle classiche modalità della presentazione diretta dello
scritto
presso
l’ufficio
protocollo
o
accettazione,
della
spedizione a mezzo posta e dell’eventuale ma più formale uso dei
servizi
dell’ufficiale
giudiziario,
dovrebbe
essere
ammesso
anche l’invio a mezzo Fax. Non è richiesta specificatamente la
sottoscrizione manuale della segnalazione, né l’autentica della
firma o l’accompagno della segnalazione con la fotocopia del
documento dell'autore della segnalazione. La segnalazione deve,
invece,
contenere
l’indirizzo
del
mittente,
perché
possa
ricevere l’informazione dell’esito da parte del Garante.
I Garanti hanno preso in esame anche le segnalazioni pervenute
per posta elettronica. Quest’ultimo mezzo ha ormai raggiunto una
sufficiente
diffusione
e
permette
una
legittima
acquisizione
della segnalazione. Tra i primi compiti del Garante vi è stato
quello di istituire, attraverso le reti telematiche, un canale
di scambio tra la segreteria del Garante ed il contribuente, con
la
finalità
di
rendere
più
celere
sia
l’invio
della
segnalazione, che la richiesta di chiarimenti in ordine alla
stessa, che infine l’invio dell’informativa finale allo stesso
autore
della
segnalazione.
L’adozione
di
idonee
strutture
- 121 -
elettroniche ha consentito, per altro verso, una più rapida
comunicazione delle richieste ai vari uffici e l’evasione delle
stesse da parte di questi ultimi.
E’
stato
osservato
Pubblica
che
uno
amministrazione,
dei
principali
nell’impiego
obiettivi
della
della
tecnologia,
è
quello di aumentare la competitività dello Stato e, quindi, la
sua
efficienza
atteggiamento
come
deve,
impresa
erogatrice
dunque,
comprendere
di
servizi.
un
ruolo
Il
suo
d’utilizzo,
consapevole, ponderato ed efficiente, sia uno di garanzia, ossia
di
tutela
contro
possibili
effetti
perversi
derivanti
dalla
scarsa o erronea regolamentazione della tecnologia stessa. La
struttura della segreteria del Garante deve rispondere anche a
tali esigenze, ed essere in grado di valutare anche le capacità
operative
nuove
degli
uffici,
dei
quali
si
lamenta
l’inefficienza.
Può pertanto ritenersi che, indipendentemente dalla modalità per
mezzo con il quale la segnalazione è pervenuta, questa permette
la conoscenza della circostanza lamentata e l’attivazione del
Garante, avendo la facoltà di operare anche indipendentemente
dalla tipologia della segnalazione. Il distinguo potrebbe avere
una rilevanza sulla eventuale informativa da inviare all’autore
della segnalazione prevista dal sesto comma dell’art. 13, ma
questo
fosse
adempimento
potrebbe
identificabile
nell’ambito
di
contribuente.
scritto
La
per
procuratore
un
il
o
presentazione
essere
l’indirizzo
più
efficiente
norma
non
tramite
di
rappresentante.
per
il
comunque
tramite
dell’autore,
servizio
prevede
un
la
soggetto
uno
da
rendere
dei
terzo,
non
è
ove
proprio
presentazione
Certamente
di
effettuato,
dello
sia
esso
vietata
soggetti
al
la
previsti
dall’art. 63 del d.p.r. 600/72, ma in tal caso è necessaria la
procura
scritta,
che
potrà
essere
apposta
sullo
stesso
documento. Legittimati alla segnalazione sono il contribuente o
qualsiasi altro soggetto interessato.
Il testo della norma porta ad alcune considerazioni poiché non
chiarisce
il
rapporto
tra
il
soggetto
che
effettua
la
segnalazione e l’oggetto della stessa, potendosi identificare
distinte posizioni. La norma potrebbe essere intesa sotto il
- 122 -
profilo soggettivo della necessaria qualificazione sostanziale
di “contribuente” per essere legittimato alla segnalazione, con
ciò escludendosi ogni soggetto che, per avventura, non rivesta
tale qualità; inoltre potrebbe ipotizzarsi la necessità che la
qualità di contribuente sia rivestita non nella generalità dei
casi,
ma
in
relazione
specifica
al
fatto
ed
al
tributo
segnalato. Il dubbio nasce dalla contrapposizione testuale tra
“contribuente”
e
“qualsiasi
altro
soggetto
interessato”
legittimato a presentare la segnalazione scritta; inoltre non è
definito se l’interesse alla segnalazione derivi in relazione ad
una circostanza che abbia, comunque, attinenza alla posizione
del
soggetto,
che
effettua
la
segnalazione,
oppure
se
sia
ammissibile la segnalazione da parte di un soggetto, che venendo
a conoscenza di un fatto, che rivesta le caratteristiche di
“maladministration”198, sia anche interessato alla segnalazione,
198
La Dottrina aveva già identificato alcune figure tipiche, riscontrabili nella realtà. Sono state così
evidenziate alcune forme che portano al fallimento dell’attività amministrativa: 1. la tendenza ad uccidersi di
lavoro ovvero a lavorare in maniera antieconomica, in quanto i risultati desiderati vengono ottenuti a costi
ingiustificatamente elevati; 2. comportamento controproducente: i risultati effettivamente ottenuti sono contrari a
quelli desiderati; 3. l’inerzia che si ravvisa quando, ad uno stimolo interno o esterno, non fa seguito alcuna
risposta; 4. l’inefficacia della stessa azione amministrativa, quando la risposta ottenuta consiste esclusivamente in
un diversa disposizione degli input e degli output, senza che si produca alcun risultato significativo; 5.
l’insoddisfazione perenne, quando ad un aumento di produzione, consegue unicamente una maggiore richiesta. A
queste figure sono state affiancate altre ipotesi: A. eccesso e carenza di organizzazione, alle quali consegue
pesantezza burocratica per procedure ritualizzate e corruzione; B. sprechi organizzativi: in quanto il personale
viene addetto a compiti del tutto superflui; C. la sindrome del bastone conseguente a controlli e minacce
controproducenti; D. dimostrazioni di forza con influenze negative derivanti dall’attuazione di misure che, nella
realtà, suscitano antagonismi o scatenano meccanismi di risposta perversi; E. ritardi nell’attuazione di interventi
necessari che rendono inutili e senza scopo le conseguenti attività; F. fittizia riorganizzazione della struttura,
quando i cambiamenti assumono il significato di risposte simboliche, limitandosi ad interventi di facciata che
lasciano inalterata la sostanza; G. sub-ottimizzazione quando le singole unità non tengono conto delle finalità
globali; H. presenza di obiettivi conflittuali e mancanza di coordinamento; I. frammentazione professionale
derivante da continue modifiche nell’attuazione dei compiti e delle spese. Altro autore ha evidenziato che la cattiva
amministrazione derivava da disfunzioni imputabili ad assiomi autogiustificativi, quali: a). perseguire obiettivi
astratti, senza definire una serie di obiettivi intermedi, che possano essere misurati, valutati e giudicati; b).
intraprendere diverse attività contemporaneamente, senza fissare delle precise priorità da rispettare; c). perseguire
la logica del “grasso è bello”, ovvero ciò che garantisce i risultati è l’abbondanza e non la competenza; d). essere
dogmatici, anziché empirici; e). ignorare l’esperienza passata e ciò che da essa si può imparare; f). credersi
immortali e non essere disposti ad abbandonare programmi inconcludenti. Alcune malattie delle amministrazioni
pubbliche, derivanti da un male inteso concetto di professionalismo incline a degenerare, sono state così
sintetizzate: 1. la perversità il professionismo finisce per diventare nemico degli stessi scopi che dovrebbe servire e
si oppone a qualsiasi innovazione; 2. il tradimento – si oppone ai gradini dell’umanità in nome di una malintesa
salvaguardia delle proprie procedure; 3. l’egoismo – il professionismo punta ad acquisire sempre maggiori poteri,
privilegi e retribuzioni più elevate; 4. l’amore per la complessità e per i gergalismi – la tendenza a collaborare ed a
utilizzare metodi di lavoro e gerghi sempre più complicati e laboriosi come strumento per conservare o accrescere
il proprio status professionale; 5. timore delle definizioni rigorose – il professionismo è contrario alle decisioni e
alle definizioni rigorose, che consentirebbero di adottare dei parametri di misura in base ai quali valutare le
prestazioni; 6. l’insofferenza per tutte le forme di controllo – in particolar modo se esercitato dall’opinione
pubblica “non informata”; 7. l’autovalutazione – la vanità, la tendenza ad attribuire un valore eccessivo ai risultati
professionali conseguiti in passato; 8. la segretezza – il professionalismo non ha mai tollerato la presenza di occhi
inquisitori; 9. la mancanza di creatività – le spinte al miglioramento vengono per lo più dai profani e incontrano
l’opposizione dei professionisti; 10. l’abuso di potere – il professionalismo si è dimostrato poco cavalleresco,
- 123 -
tesa al miglior funzionamento della struttura amministrativa.
Sotto
questo
chiunque
profilo
sia
va
ricordata
interessato,
di
la
possibilità,
effettuare
estesa
a
segnalazioni
telefoniche, per fatti aventi rilevanza fiscale alla Guardia di
Finanza; tale servizio è stato qualificato di pubblica utilità,
poiché nato per fornire ai cittadini un filo diretto per tutti i
problemi che riguardano il fisco. E’ stato così evidenziato che
si
tratta
di
contribuenti
uno
sforzo
dell’amministrazione
a
superare
difficoltà
per
aiutare
amministrative
i
e
burocratiche, offrendo a tutti una sponda immediata e facile da
raggiungere, coerente con l’obiettivo di ricostruire un rapporto
di
fiducia
e
di
comunicazione
attiva
e
partecipata
fra
i
cittadini e le istituzioni, in relazione ad una trasformazione
di
tutta
l’amministrazione
fiscale,
sempre
più
aderente
al
disposto dell’art. 97 Cost..
Qualora la notizia non pervenga da una specifica segnalazione
scritta, si può ritenere che questa possa essere acquisita per
il tramite di qualsiasi mezzo di informazione, quali la stampa,
la televisione o anche le notizie diffuse tramite internet.
Sotto questo profilo emerge il diverso atteggiarsi del potere
dell’organo,
della
in
quanto
segnalazione
dalla
fatta
posizione
pervenire
passiva
di
nell’ufficio,
ricezione
si
passa
gradatamente dalla posizione di acquisizione dei fatti, per il
tramite di notizie diffuse da terzi con carattere di generalità,
alla ricerca diretta della notizia. Si passa, evidentemente, ad
una
difforme
specifici
e
poteri
più
delicata
ispettivi
per
funzione,
che
l’acquisizione
richiederebbe
e
contestuale
valutazione dei dati. Sotto questo profilo la normativa sembra
indirizzata ad una regolamentazione restrittiva di tali poteri,
anche se non sono vietate attività di accertamento o di ricerca
delle eventuali disfunzioni degli uffici. Si potrebbe, infatti,
valorizzare
il
richiamo
alle
funzioni
tecniche,
operato
dal
tirannico o addirittura crudele nei confronti dei deboli affidati alla sua tutela; 11. la malignità – all’interno del
professionismo si combatte una guerra di calunnie e di offese contro gli innovatori, insinuando che si tratti di
elementi anormali, con poco senso pratico, deboli, squilibrati, privi di capacità di giudizio, ignoranti, arruffoni,
plagiari, e spinti da motivazioni egoistiche o dalla ricerca dell’autorealizzazione e dell’interesse personale. In tal
senso, S. Cassese, “Maladministration” e rimedi, Foro It., V, 1992, 247; ancora, sulle “storture” del concetto di
buona amministrazione, da ultimo, Id., “L’ideale di una buona amministrazione”, Editoriale Scientifica, Napoli,
2007.
- 124 -
quinto comma dell’art. 13, per ipotizzare la creazione di una
struttura tecnica idonea a realizzare l’acquisizione di tali
notizie.
Non
è
elaborazione
altresì
o
prevista
approfondimento
una
del
qualche
dato,
attività
oggetto
di
della
segnalazione, ma questa deve intendersi compresa nei poteri del
Garante, non dovendo questo fungere da mero ripetitore delle
segnalazioni dei cittadini.
Il sesto comma dell’art. 13 prevede la possibilità di richiesta
di documenti o chiarimenti agli uffici competenti. Per quanto
attiene
al
riguardi
termine
“documenti”,
qualsiasi
atto
si
in
può
ritenere
possesso
che
questo
dell’ufficio,
ed
indipendentemente dalla sua struttura cartacea o elettronica. La
richiesta di documenti dovrà essere circoscritta all’argomento
della segnalazione. E’ evidente che la richiesta non potrà che
riferirsi a specifiche fattispecie, essendo dubbio che possa
riguardare
la
generalità
dei
comportamenti.
La
risposta
dell’ufficio dovrà essere sollecita e in ogni modo non dovrà
superare i trenta giorni. La mancata risposta o il superamento
immotivato
del
termine
potrà
essere
motivo
di
ulteriore
segnalazione al direttore regionale, quale distinto disservizio
percepito direttamente dal Garante.
Un potere autonomo del Garante è quello previsto in relazione
all’accesso
agli
uffici
finanziari.
Questo
potere
potrebbe
essere inteso nel senso che l’accesso non è limitato dall’orario
di
apertura
servizio;
al
pubblico,
potrebbe
predisporre
ma
inoltre
autonomi
a
quello
significare
accessi,
in
cui
che
è
il
svolto
Garante
indipendentemente
da
il
può
eventuali
precedenti segnalazioni di disservizi. Tuttavia l’unico potere
di controllo, espressamente previsto, ma collegato al potere di
accesso,
riguarda
assistenza
e
particolari
di
quello
della
informazione
servizi,
funzionalità
al
dei
contribuente.
progressivamente
ampliati
servizi
di
tratta
di
Si
a
favore
del
cittadino contribuente, di grande utilità, per i quali tuttavia
va
considerata
L’intervento
la
tipologia
potrebbe
essere
dell’intervento
indirizzato
verso
del
un
garante.
rilievo
dell’insufficienza quantitativa o qualitativa dello stesso, con
monitoraggio
eventuale
del
servizio
ed
in
particolare
delle
- 125 -
risposte rese ai quesiti. La qualità delle risposte non potrebbe
essere limitata alla semplice esattezza, ma anche alla modalità
formale
della
risposta,
sotto
il
profilo
della
sua
differenziazione in relazione anche al soggetto richiedente. La
funzionalità del servizio dovrebbe riguardare il tempo in cui
esso è reso nell’arco della giornata per gli sportelli aperti al
pubblico e la loro sufficienza in relazione alla domanda. Il
controllo andrebbe analogamente esteso anche ai servizi che non
prevedono
accessi
telefonicamente
Anche
in
modalità
agli
uffici
quali i “Call center” o
questo
di
materiali
caso
non
espletamento
è
del
inibito
poiché
resi
per posta elettronica.
un
servizio.
monitoraggio
Di
certamente
delle
minore
portata, ma ugualmente indicativo, è il potere di controllo
dell’agibilità degli spazi aperti al pubblico. Il controllo non
dovrebbe
essere
limitato
agli
uffici
dell’amministrazione
finanziaria in senso stretto, ma anche agli uffici degli enti
locali, soggetti attivi di tributi, degli stessi concessionari
della riscossione ed infine delle commissioni tributarie, poiché
locali
aperti
al
pubblico
e
messi
a
disposizione
dall’Amministrazione Finanziaria. Non sembra che la norma possa
essere
intesa
controllo
in
forma
restrittiva,
dell’agibilità
degli
limitando
spazi
aperti
il
potere
al
di
pubblico
esclusivamente a quelli ove si svolgono servizi d’assistenza e
d’informazione
al
amministrazione
contribuente
finanziaria.
Il
da
potere
parte
di
della
controllo
sola
non
può
certamente essere lasciato al solo gusto soggettivo del Garante,
ma dovrà tener presente gli standard previsti anche in sede
europea.
Di
particolare
territoriale
generale
rilevanza
sull’intero
è
anche
territorio
la
della
competenza
Regione
e
quindi sugli uffici ivi aventi sede. La qual cosa comporta la
necessità dell’accesso anche nelle sedi degli uffici fuori dalla
sede propria del Garante, ostacolata dal limitato rimborso delle
spese
vive
e
dall’assenza
di
mezzi
propri
dell’ufficio
che
assicurino una decorosa logistica per le attività esclusive.
La segnalazione al Garante deve avere per oggetto situazioni
identificabili
come
disfunzioni,
irregolarità,
scorrettezze,
prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro
- 126 -
comportamento suscettibile di inclinare il rapporto di fiducia
tra cittadini e Amministrazione Finanziaria. Va rilevato che
l’elenco delle tipologie non sembra dover essere inteso in senso
tassativo, potendosi ipotizzare situazioni analoghe, che, pur
non
concretizzandosi
in
una
violazione
di
norme,
realizzano
fattispecie non identificabili come buona amministrazione, sotto
il profilo voluto dall’art. 97 della carta costituzionale199.
In
particolare,
irregolarità,
il
contribuente
scorrettezze,
prassi
che
lamenti
disfunzioni,
amministrative
anomale
o
irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di
incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione
finanziaria,
ha
la
possibilità
di
partecipare
all’amministrazione, per il tramite del Garante, detti fatti,
che, per le tradizionali vie dell’autocontrollo della gestione,
non potrebbero facilmente emergere. Questa segnalazione ha una
doppia valenza, sia diretta per l’interessato istante, che si
attende
una
correzione
del
fatto
evidenziato
(autotutela
negata); sia in relazione ad un mutamento dei comportamenti,
concretamente adottati, ritenuti dall’istante come non conformi
all’attesa
di
una
buona
amministrazione
(cambiamento
della
procedura).
Il fatto, oggetto della segnalazione, potrebbe avere dei profili
di rilevanza penale, che dovranno essere oggetto di denuncia
all’autorità competente.
.10 Il potere di attivazione dell’autotutela.
Di
particolare
rilevanza
è
l’inedito
potere
attribuito
al
Garante di “attivare le procedure di autotutela”. Nel contesto
grammaticale di un sofferto periodo, questo sembra essere un
potere consequenziale, e in ogni caso successivo, a quello di
rivolgere
chiarimenti
all’ufficio,
in
ordine
alla
pervenuta
segnalazione di prassi amministrative anomale o irragionevoli,
ma non limitate a queste sole ipotesi. Questo potere risulta
circoscritto
in
relazione
agli
“atti
amministrativi
di
199
R. LUPI, Diritto tributario, cit., 213, riconosce che con la creazione del garante, quello che avrebbe
potuto essere un mero servizio reclami è divenuto una struttura indipendente che – pur senza sovrapporsi ai poteri
dei giudici tributari – ha maggiore voce in capitolo nei rapporti con i vertici regionali e nazionali
dell’amministrazione finanziaria.
- 127 -
accertamento
o
di
riscossione
notificati
al
contribuente”.
Dall’insieme della previsione normativa sembra emergere una più
limitata competenza, rispetto al potere di autotutela, riservato
agli uffici dall’art. 68 del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, nel
quale si prevede l’annullamento totale o parziale dei propri
atti, riconosciuti illegittimi o infondati. Partendo da questa
premessa,
va
subito
“notificati”
e
rilevato
detta
che
circostanza
si
deve
esclude
trattare
di
l’intervento
atti
nelle
ipotesi sia di atti, per i quali non è prevista la notifica, sia
gli
stessi
avvisi
di
accertamento
o
di
riscossione
non
notificati. Il riferimento è a tutte le situazioni previste
dall’ultimo comma dell’art. 19 del D.Lgs n. 546/1992 ed a tutte
quelle
altre
sussistere
ove
il
tributarie.
la
Corte
diritto
Inoltre
di
il
Costituzionale
difesa
dinanzi
riferimento
ha
riconosciuto
alle
commissioni
specifico
a
tali
atti
sembrerebbe escludere qualsiasi iniziativa nei confronti di atti
della G. di f., non rientrando quelli indicati tra le competenze
di quest’ultimo corpo.
Dopo l’abrogazione della norma, che prevedeva l’avviso di mora,
la
cartella
di
pagamento
rimane
il
principale
atto
di
riscossione da notificare al contribuente, ai sensi dell’art. 26
del D.P.R. n. 602/1973. Va tuttavia considerato che l’art. 50
dello stesso D.P.R. n. 602, nel testo modificato dall’art. 16
del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, con effetto dal 1 luglio
1999,
ha
introdotto
nel
tessuto
normativo
un
nuovo
atto,
denominato “avviso”, che deve essere notificato al contribuente,
assoggettato a riscossione coattiva, qualora l’espropriazione
non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella.
Detto atto deve contenere l’intimazione a adempiere l’obbligo
risultante dal ruolo entro cinque giorni dalla notifica, va
redatto
in
conformità
al
modello
approvato
con
Decreto
del
Ministro delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta
giorni dalla notifica. Trattandosi di un atto prodromico alla
riscossione
esclusa.
la
Stante
accertamento
e
competenza
la
di
del
genericità
riscossione
Garante
del
va
non
richiamo
potrebbe
agli
considerata
essere
atti
di
l’ipotesi
dell’ipoteca sul bene immobile e la possibilità di un intervento
- 128 -
del
garante
nell’ipotesi
di
sproporzione
tra
il
valore
dell’immobile, anche qualora questo fosse l’unico posseduto dal
debitore, ed il credito tributario che si vuole tutelare oppure
l’inerzia
del
concessionario
garanzia
tributaria
dopo
nella
una
eliminazione
decisione
di
una
favorevole
tale
della
commissione tributaria. Per quanto attiene gli altri avvisi di
accertamento l’espressione non deve essere intesa in maniera
restrittiva,
ma
seguendo
l’insegnamento
della
Corte
Costituzionale, vanno ricompresi tutti gli atti con i quali
l’ammistrazione
esterna
una
sua
volontà
impositiva
e
quindi
anche un eventuale avviso di liquidazione.
Delimitato l’ambito di applicazione della norma, va esaminato il
significato da attribuire alla locuzione “attiva le procedure di
autotutela”.
La
questione
è
certamente
rilevante
poiché
nel
corso del quinquennio i casi pratici hanno portato all’emersione
di incerti confini200. Il termine “attiva” potrebbe contenere
una
portata
molto
ampia,
fino
ad
ipotizzare
un
intervento
diretto del garante nella procedura medesima; questa estensione
non sembra condivisibile in quanto non coerente con la figura
generale dell’Ombudsman, che tradizionalmente non ha il potere
di intervenire sull’attività dell’ufficio, ed inoltre estranea
alla figura del Garante, quale soggetto che non fa parte della
Amministrazione201.
Solamente
una
norma
esplicita
potrebbe
attribuire poteri positivi o sostitutivi di un ufficio. Si può
ricordare una sola eccezione al principio è costituita dalla
figura del “commissario ad acta”, nominato dalla commissione
tributaria nell’ambito di un giudizio di ottemperanza, quale
soggetto
espressamente
autorizzato
a
sostituirsi
all’ufficio
inadempiente. Nel nostro caso non sono riportati tali poteri e,
quindi,
l’attivazione
delle
procedure
di
autotutela
sembra
limitata ad un sollecito “qualificato” dal quale nasce l’obbligo
dell’ufficio di esaminare l’istanza202.
200
S. MUSCARA’, La giurisdizione (quasi) esclusiva delle commissioni tributarie nella ricostruzione
sistematica delle SS.UU. della Cassazione, in Riv. Dir. trib., 2006, n.1 II, 33.
201
A. BUSCEMA, Garante del contribuente, in AA VV, Statuto del contribuente, Cedam, 2002, 183 ed
autori ivi citati.
202
Sulla impugnabilità del rifiuto espresso o tacito dell’amministrazione a procedere ad autotutela vedi la
recentissima sentenza della corte di cassazione SS. UU. n. 16776, del 10 agosto 2005, con nota di F. CERRIONI,
- 129 -
Il
contenuto
di
detto
sollecito
può
essere
visto
sotto
più
profili, in ogni modo destinati a far evolvere l’istituto. Parte
della dottrina ritiene che non vi sia in capo al contribuente,
che
richiede
all’ufficio
un
provvedimento
in
autotutela,
un
correlativo diritto al riesame della pratica né il dirittodovere dell’ufficio di attivarsi a seguito della stessa istanza.
Così posta la questione e senza ulteriori approfondimenti in
questa sede, il potere del Garante sembra ora militare verso il
subentro
di
una
contribuente
da
forma
di
parte
doverosa
risposta
dell’ufficio.
all’istanza
L’attivazione
del
della
procedura da parte del Garante non dovrebbe significare anche un
giudizio
(positivo)
di
merito
della
stessa
istanza
in
autotutela, non risultando alcuna specifica previsione in tal
senso e potrebbe essere vista come un’indebita intromissione
nell’attività
uffici203.
degli
L’operazione
dovrebbe
essere
simile alla delibazione dell’istanza di sospensione dell’atto
impugnato, prevista dall’art. 47 del d.lgs n. 546/1992.
Un
maggior
potere
di
valutare
la
conformità
alla
legge
del
comportamento degli organi ispettivi è invece previsto dall’art
12
della
medesima
legge
n.
212/2000.
In
questo
caso
il
contribuente, che si ritenga leso dalle modalità con le quali i
verificatori procedono all’ispezione, può rivolgersi al Garante.
Quest’ultimo,
valutata
la
segnalazione,
potrà
richiedere
chiarimenti sui fatti esposti ed eventualmente sollecitare la
cessazione, in via di autotutela, dell’attività posta in essere
con modalità non conformi alla legge204. Il richiamo a modalità
ispettive “non conformi a legge” evidenzia un differente profilo
del
potere
di
intervento
del
Garante,
atto
ad
interrompere
procedure illegittime, potenzialmente idonee a far travolgere un
successivo
atto
di
accertamento,
basato
su
di
un
processo
verbale già riconosciuto illegittimo. Vi è da un lato una sorta
di richiesta cautelare da parte del contribuente (interruzione
della procedura illegittima e di per sé dannosa per l’istante) e
Procedimenti di autotutela, dovere di riesame e tutela giurisdizionale in ambito tributario, Riv. Giur. Trib., 2005,
n. 11, 1003.
203
F. D’AYALA VALVA, L’attivazione delle procedure di autotutela tributaria, Riv. Dir. trib. , 2004, 145.
204
F. D’AYALA VALVA,Il contribuente sottoposto a verifiche fiscali e l’intervento del Garante, Riv. Dir.
trib., 2003, I, 179; F. NICCOLINI, Il codice di comportamento dei verificatori fiscali alla luce dello Statuto del
contribuente, Rass. Trib., 2004, n. 4, 1415.
- 130 -
dall’altro una sorta di delibazione sulla procedura in essere,
avente per oggetto il rispetto della normativa, analogo a quello
che
potrebbe,
in
un
secondo
momento,
effettuare
il
giudice
tributario, in funzione demolitoria dell’atto di accertamento
impugnato.
Il
ruolo
del
relazione
Garante
alla
troverà,
procedura
in
di
futuro,
adesione
nuova
al
linfa
verbale
in
di
constatazione, ex art. 5 bis d.lgs. 218/1997205. In particolare,
la suddetta norma prevede che il contribuente possa aderire ai
verbali
di
constatazione
per
gli
accertamenti
parziali
in
materia II.DD. ed IVA, entro 30 giorni successivi alla data
della consegna del verbale. Innanzitutto, ci si domanda se la
procedura prevista per l’adesione al verbale di constatazione
non rappresenti, da un lato, una deminutio delle prerogative di
difesa del contribuente, visto che la norma statutaria prevede
il termine più amplio di 60 giorni dalla consegna del verbale
per produrre osservazioni e richieste. Dall’altro, la stessa, ad
un primo rapido approccio, non sembra neanche rispettare il
canone
di
buona
amministrazione,
inteso
nel
significato
“statutario” del termine, considerato che la fretta di chiudere,
in via anticipata, rilievi fiscali parziali, pur rispondendo a
criteri di celerità e certezza del gettito, potrebbe celare
errori materiali e/o impositivi, con conseguente violazione del
canone della giusta imposizione ex art. 53 Cost.. Lasciando per
il momento aperti gli interrogativi sui rimedi amministrativi e
giudiziali avverso una adesione definitiva (?) “ingiusta”, il
Garante,
quale
figura
super
partes,
attraverso
il
controllo
della correttezza delle operazioni di verifica, potrà influire
sulla
corretta
indirettamente
attuazione
monitorando
dello
strumento
l’intelligibilità
di
del
adesione,
verbale
di
constatazione e, dunque, la legittima e chiara determinazione
dell’imponibile e dell’imposta verificata.
Accanto a queste funzioni, che possono ritenersi analoghe a
quelle
del
“richiami”
difensore
agli
civico,
uffici
sono
affinché
previsti
degli
rispettino
il
specifici
disposto
205
L’art. 5 bis è stato inserito nel contesto della d.lgs. 218/1997 dal D.L. 25 giugno 2008 n. 112 –
L. 06 agosto 2008 n. 133.
- 131 -
dell’articolo 5 e dell’articolo 12 dello statuto. Si tratta di
norme eterogenee, tese sostanzialmente al miglioramento della
stessa amministrazione. Il significato del richiamo, tende alla
mera segnalazione di non adeguati servizi. In particolare l’art.
5
prevede
la
messa
a
disposizione
“gratuita”,
anche
in
via
elettronica, dei testi di legge coordinati, le circolari e le
risoluzioni
emanate
l’intervento
del
senso.
Il
dalla
garante
sesto
comma
amministrazione
potrebbe
termina
essere
con
finanziaria
di
la
stimolo
previsione
e
in
tal
di
una
comunicazione dell’attività svolta alla direzione regionale o al
comando di zona della Guardia
controllo,
prevedendosi
contribuente.
Di
di finanza, nonché agli organi di
anche
particolare
l’invio
di
un’informativa
rilevanza,
per
il
al
miglior
funzionamento dell’amministrazione, è la previsione del potere
di rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici, ai fini
della tutela del contribuente e della migliore organizzazione
dei servizi206.
Il garante è, quindi, tenuto a segnalare agli uffici competenti
i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore
ovvero
i
comportamenti
dell’amministrazione
determinano
un
pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro
rapporti con l’amministrazione.
E’
previsto
il
potere
dovere
di
segnalazione
diretta
al
Ministero delle finanze, perché eserciti i poteri di rimessione
in termine dei contribuenti nelle ipotesi di cause di forza
maggiore, che possono aver impedito il tempestivo adempimento
degli obblighi tributari ivi compresi i versamenti dei tributi.
Va innanzi tutto distinta tale ipotesi da quella in cui il
mancato
eventi
adempimento
eccezionali
degli
ed
obblighi
tributari
imprevedibili
in
sia
quanto
dipeso
da
distintamente
previsti dal secondo comma dell’art. 9; questi ultimi casi sono
tradizionalmente riferibili a calamità naturali eccezionali, che
possano
coinvolgere
invece,
vanno
personale
soggetto
206
in
vaste
annoverati
maniera
l’adempimento
così
aree
del
episodi
paese.
che
determinante
degli
obblighi
Nel
primo
coinvolgono
da
la
impedire
tributari;
caso,
sfera
ad
un
l’ipotesi
BRONZETTI G., Il Garante del Contribuente: realtà e prospettive, Riv. dir. trib., 2007, n. 5, I, 559.
- 132 -
potrebbe riguardare un contribuente oggetto di sequestro. Al
Garante dovrebbe spettare il potere istruttorio, per valutare la
sussistenza
della
causa
di
forza
maggiore
e,
nel
caso
di
insufficienza probatoria, potrebbe invitare il contribuente a
fornire ulteriori elementi di prova su quanto affermato. La
funzione del Garante in questo caso andrebbe proprio indirizzata
verso una funzione di concreto esercizio di una “attività di
tramite” attivo tra il contribuente ed il Ministero. Ove non si
dovesse
riconoscere
questa
attività
istruttoria
di
collaborazione, sarebbe lecito chiedersi il motivo per il quale
la
segnalazione
di
una
causa
di
forza
maggiore
per
un
contribuente debba transitare per il tramite dell’ufficio del
Garante e non piuttosto della direzione regionale delle entrate,
ubicata nella stessa sede.
Il
Garante
è
tenuto
a
presentare
una
relazione
semestrale
sull’attività svolta al Ministro delle finanze, al direttore
regionale
dell’agenzia
territorio
finanza,
nonché
al
individuando
delle
entrate
comandante
gli
di
aspetti
delle
zona
dogane
e
del
della
Guardia
di
più
rilevanti
e
critici
prospettando le relative soluzioni. Il tenore della norma indica
certamente
lo
impegnativa,
svolgimento
che
richiede
un
di
un’attività
continuo
particolarmente
monitoraggio
dei
casi
trattati e delle soluzioni adottate con successo dagli uffici;
richiede
inoltre
un’approfondita
attività
di
studio
teso
a
prospettare le soluzioni più idonee per risolvere i lamentati e
più rilevanti disservizi. Si tratta di un’attività, che potrebbe
spaziare
dal
ricercare
soluzioni
nuove,
nell’ambito
dei
procedimenti previsti dalle norme, ed ipotesi di emendamenti
normativi, qualora, nell’ambito delle norme in vigore, non fosse
possibile adottare comportamenti e procedure diverse da quelle
disapprovate.
Inoltre ogni singolo garante regionale, con relazione annuale,
riferisce al Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato
dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica
fiscale. Si tratta di una ulteriore specifica funzione, che
implica una particolare alta professionalità, che si distingue,
- 133 -
quanto
alla
qualità
dei
dati
da
elaborare,
da
una
semplice
elencazione dell’attività svolta.
.11 Riflessioni conclusive.
Le strutture delle amministrazioni dello Stato ed ora delle
regioni
e
degli
adeguarsi,
con
enti
sotto
sufficiente
ordinati
non
sempre
immediatezza,
riescono
all’evolversi
a
delle
esigenze politiche, economiche e sociali. Da qui la bontà della
scelta di istituire un nuovo soggetto “di spinta”.
Il “Garante del contribuente”, analogamente al difensore civico,
rientra
tra
le
figure
istituite
a
tutela
del
cittadino
specificatamente nei confronti dell’apparato amministrativo. A
differenza
da
direttamente
quello
di
altri
sul
soggetti
fatto
indicare
non
oggetto
ad
ha
il
della
un’autorità
potere
di
incidere
segnalazione,
politica
ed
ma
agli
solo
uffici
dell’amministrazione finanziaria il disservizio lamentato. Si
tratta,
pertanto,
probabilmente
effettivi
più
poteri
certamente
una
di
un
per
soggetto
il
che
può
figura
che
idoneo
carisma
farsi
personale,
esercitare.
può
a
“fare
Per
da
il
ascoltare,
che
per
gli
cittadino
tramite”,
nel
è
senso
originario dell’Ombudsman, perché gli uffici diano seguito alle
proprie istanze. La funzione di garanzia risiede proprio nel
differente atteggiarsi di questa figura, rispetto alla generica
disponibilità
dell’amministrazione
ad
auto
regolarsi
in
direzione di una maggiore efficienza. Su queste premesse le
aspettative, in termini qualitativi, risultano rispettate.
Il
termine
“Garante
sovradimensionato,
del
contribuente”
rispetto
al
sembra,
servizio
che
tuttavia,
può
essere
concretamente svolto in favore di quest ultimo; le funzioni
svolte, o che possono essere svolte, dal Garante sembrano più
indirizzate
a
fornire
elementi
conoscitivi
concreti
e
tempestivi, ed anche servizi, in relazione alle segnalazioni per
eventi eccezionali ed imprevedibili ai sensi dell’art. 9, alla
amministrazione delle finanze al fine di migliorare il proprio
servizio. Sotto quest’ ultimo profilo sembra riduttivo pensare
che l’attività svolta dal Garante sia indirizzata unicamente a
favore
del
contribuente
in
quanto
la
reale
funzione
sembra
- 134 -
piuttosto quella di ridurre i casi di cattiva amministrazione e
stimolare
l’esercizio
dell’autotutela
da
parte
della
stessa
amministrazione intesa in senso lato, nei casi in cui la norma
prevede la sua applicabilità.
L’istituzione
del
Garante
positivamente,
quale
del
segno
di
contribuente
una
differente
va
salutata
attenzione
nei
confronti dei soggetti, che partecipano alle spese pubbliche,
sopportandone
l’onere;
l’istituto,
anche
alla
luce
delle
esperienze degli ultimi anni, appare sguarnito di una reale
potere di garantire e rimediare ad alcuni disservizi lamentati
(Prometeo incatenato), a differenza di quanto avviene per talune
autorità amministrative indipendenti e per lo stesso difensore
civico, ora dotato dalla legge 15 maggio 1997, n. 127 (Bassanini
bis)
del
potere
di
nominare
un
commissario
ad
acta,
nei
confronti della stessa amministrazione inadempiente. In questo
senso non si rinviene una sostanziale differenza nell’ipotesi di
avvenuto riconoscimento del credito vantato dal contribuente,
per
effetto
di
riconoscimento
una
sentenza
dell’ufficio;
definitiva
o
per
primo
è
attivabile
nel
caso
espresso
il
giudizio di ottemperanza, con la rapida nomina di un commissario
ad
acta,
mentre
all’inerzia
nel
secondo
(beffa-sono
state
caso
il
contribuente,
attivate
le
dinanzi
procedure
ed
il
rimborso sarà effettuato quando vi saranno fondi disponibili), è
costretto
ad
attivare
un
più
lungo
e
dispendioso
processo
tributario, per poter usufruire, alla fine, della procedura del
giudizio di ottemperanza. In quest’ultimo caso, e con le idonee
garanzie,
si
potrebbe
attribuire
al
Garante
il
potere
di
nominare un commissario ad acta, per il sollecito pagamento
delle somme. Si tratterebbe di un potere circoscritto, di natura
amministrativa,
sostitutivo,
in
casi
di
evidente
inerzia
sindacabile dal Garante.
E’
auspicabile
contesto
che
normativo,
le
funzioni
specie
in
vengano
adeguate
relazione
alla
al
mutato
differente
tipologia ora acquisita dalla mitica e tradizionale figura della
- 135 -
Amministrazione
Finanziaria207,
e
che
siano
progressivamente
riformulati, ampliandoli, i poteri e gli ambiti di intervento
del
Garante
del
Contribuente,
nella
più
generale
riforma
tributaria, attuata in via strisciante e non coordinata.
Avv. Serafino Trento, Avvocato Tributarista del Foro di Rossano.
“La motivazione degli atti impositivi”
Prima di entrare nell'argomento, mi piace sottolineare come il
convegno
di
Universitá
oggi
abbia
Telematica
visto
unite
"Giustino
non
solo
Fortunato"
ma
la
Athena,
anche
la
l'Ordine
degli Avvocati di Rossano e il Consiglio Notarile di Cosenza.
Questo
rappresenta
collaborazione
fra
un
le
elemento
varie
importante,
associazioni,
perché
credo
la
che
sia
importante per la riuscita delle manifestazioni. Con l'entrata
in vigore della legge 27.07.2000 numero 212, del cosiddetto
statuto
dei
diritti
del
contribuente,
i
rapporti
fra
il
cittadino contribuente e gli enti impositori sono profondamente
cambiati. Gli illustri relatori che mi hanno preceduto e credo
anche quelli che seguiranno, hanno trattato e tratteranno i
punti più importanti di questo statuto, che è stato introdotto,
appunto, dalla legge 212, ma anche poi dal decreto legislativo
32 del 2001 che è stata emanata in attuazione dell'articolo 16
di
tale
legge.
Pertanto
io
mi
limiterò
a
fare
delle
brevi
considerazione sul tema, argomento specifico, che mi è stato
assegnato: la motivazione degli atti impositivi. Come già diceva
la alla professoressa Bassano, la motivazione è un elemento
essenziale non solo degli atti in positivo, ma per tutti gli
atti, siano essi amministrativi che giudiziari. Tant'é che la
mancanza o la contraddittorietà della motivazione costituisce
motivo di impugnativa dell' atto, costituisce motivo di ricorso
per
alla
Cassazione.
motivazione
Però
stasera
degli
atti
parliamo,
impositivi
accenniamo
brevemente
dell'amministrazione
207
CAMMELLI M., La pubblica amministrazione, Il Mulino, 2004, 40, riconosce che è stato messo in
discussione il postulato dell’unità amministrativa, che dell’unicità dell’interesse generale è stato per lungo tempo
corollario e garanzia.
- 136 -
finanziaria ed alle conseguenze che derivano da una mancata o da
una insufficiente motivazione. Debbo
dire per la verità che la
motivazione degli atti impositivi non è, in assoluto, stata
introdotta dalla legge, lo statuto del contribuente, dalla legge
212 del 2000, ma che già l'articolo 42 del d.p.r. 600 del '73
che era la disciplina all'accertamento dei redditi prevedeva
l'obbligo della motivazione. Stabiliva infatti questo articolo
che l'avviso di accertamento deve essere motivato in relazione a
quanto
stabilito
dalle
disposizioni
di
cui
ai
precedenti
articoli che sono stati applicati e con la specifica indicazione
dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a
metodi
induttivi
riconoscimento
o
di
sintetici
deduzione
e
e
delle
ragioni
detrazione.
Già
del
mancato
prima
della
entrata in vigore dello statuto del contribuente, io ricordo,
anche per aver fatto il presidente di commissione tributaria per
parecchi
anni,
impugnative
che
da
uno
parte
dei
dei
motivi
più
contribuenti
ricorrenti
erano
nelle
diretti
alla
mancanza di motivazione, anche se nella vecchia normativa era un
po' più aleatorio il concetto di motivazione così come poi è
stato invece specificato dalla legge 212. Però
disposizioni
dell'articolo
46
appunto con le
la
discrezionalità
dell'amministrazione era eccessiva e il contribuente perciò non
era messo nelle condizioni di poter valutare compiutamente le
ragioni dell'accertamento al fine di poter disporre una adeguata
difesa.
Lo
introdotto
statuto
nuovi
dei
diritti
principi
di
del
contribuente
chiarezza
ha
sull'obbligo
quindi
della
motivazione degli atti che vengono notificati ai contribuenti.
L'articolo 7 della legge 212 del 2000 stabilisce espressamente
che gli atti dell' amministrazione finanziaria sono motivati
secondo quanto prescritto, e questo è il punto importante, dall'
art.
3
riguarda
della
appunto
amministrativi
ragioni
legge
e
7
agosto
del
la
motivazione
deve
indicare
giuridiche
che
hanno
1990
di
i
n.141,
tutti
i
presupposti
determinato
la
legge
che
provvedimenti
di
la
fatto,
le
decisione
dell'amministrazione. Aggiunge questa norma, è molto importante,
che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto,
questo deve essere allegato all'atto che lo richiama. Con il
- 137 -
richiamo
diritti
all'articolo
del
tributari
3
della
contribuente
e
dispone
interviene
quindi
dall'amministrazione
legge
che
debbano
241/90,
alla
base
tutti
essere
come
statuto
dei
sugli
atti
direttamente
gli
atti
motivati,
indicare espressamente i presupposti
posti
lo
impositivi
debbono
cioè
di fatto e di diritto
fondamento
del
provvedimento
amministrativo. Il contribuente deve essere messo in condizione
di conoscere compiutamente tutti gli elementi sia di fatto che
di
diritto
che
hanno
determinato
la
decisione
dell'amministrazione. Qual'è lo scopo di questa norma? Lo scopo
di questa norma è proprio quello di fornire delle sufficienti
indicazioni
sulla
contribuente
pretesa
la
tributaria
conoscenza
onde
effettiva
consentire
dell'
al
atto
che
l'amministrazione gli ha notificato, allo scopo di rendere più
comprensibile l'operato dell' amministrazione, e di mettere il
contribuente in condizioni di poter capire meglio le pretese
formulate nei suoi confronti così da consentirgli di valutarne
la
fondatezza
giudiziale
anche
allo
e
e
quindi
in
caso
scopo
di
l'opportunità
positivo
poter
di
di
esperire
contestarlo
predisporre
una
l'azione
efficacemente,
più
opportuna
e
adeguata difesa dalle pretese dell'amministrazione finanziaria,
soprattutto
nel
caso
di
contenzioso.
E
tutti
gli
elementi
conoscitivi debbono essere forniti all' interessato, non solo
tempestivamente, inserendoli cioè ab origine nel provvedimento
amministrativo, ma anche con quel grado di determinatezza ed
intelligibilità
che
permetta
al
medesimo
contribuente
un
esercizio non difficoltoso del diritto di difesa. La motivazione
in sostanza assolve ad una funzione processuale di garanzia del
diritto
di
difesa
ed
ha
anche
una
funzione
di
trasparenza
dovendo essere indicate le ragioni di fatto e di diritto che
hanno indotto la amministrazione alla emanazione dell' atto. E'
da ribadire che, come appunto prevede l'articolo 7, nel caso in
cui
l'amministrazione
questo
deve
essere
faccia
allegato
riferimento
all'
atto
ad
che
un
lo
altro
atto,
richiama.
Sul
punto, anche la circolare del Ministero delle Finanze n. 150E
del
01/08/2000
ha
chiarito
che
l'
obbligo
di
una
tale
allegazione da parte degli uffici sussiste anche per gli atti
- 138 -
che
in
precedenza
siano
stati
notificati
allo
stesso
contribuente; per esempio all'avviso di rettifica deve essere
allegato il precedente atto di accertamento anche se in passato
già notificato. L' obbligo della motivazione è previsto non solo
per
gli
atti
dell'amministrazione
finanziaria
ma
anche
per
quelli delle amministrazioni locali e per i vari tributi della
fiscalità locale. In proposito, infatti, è da osservare che lo
statuto dei diritti del contribuente che all'articolo 16 aveva
disposto che il governo entro 180 giorni dalla sua entrata in
vigore provvedesse ad emanare, mediante uno o più decreti, le
disposizioni
correttive
delle
leggi
tributarie
vigenti,
strettamente necessarie a garantire la coerenza con i principi
desumibili
dalle
disposizioni
dello
statuto
medesimo.
In
attuazione di tale disposizione il governo ha emanato il decreto
legislativo n. 32 del 26/1/2001 con il quale ha introdotto una
serie di disposizioni che hanno
la finalità di correggere le
norme tributarie vigenti anche in tema di fiscalità locali a che
permette al contribuente di avere maggiori tutele nei confronti
delle azioni intraprese sia dalla amministrazione finanziaria
che dall'amministrazione locale. Tale decreto all'articolo 6 nel
modificare le singole discipline ha ribadito ed espressamente
previsto
l'obbligo
della
motivazione
anche
per
gli
atti
di
liquidazione e di accertamento in materia di fiscalità locale,
stabilendo che la motivazione dell' accertamento deve essere
fatto
in
relazione
ai
presupposti
fatto
e
alla
regioni
giuridiche che lo hanno determinato. Con questo decreto, però,
il
legislatore
ha
all'amministrazione,
aperto
una
intendendo
porta
più
agevolare
favorevole
il
compito
dell'amministrazione. Infatti, mentre prima con la legge 212 era
obbligatorio
comunque
e
sempre
l'
allegazione
dell'atto
richiamato, con questo decreto il legislatore ha previsto che è
obbligatoria l' allegazione dell' atto, salvo che quest'ultimo
atto non ne riproduca il contenuto essenziale, quindi escludendo
la
allegazione
disposizione
il
totale
dell'atto.
legislatore
oltre
E'
ad
evidente
che
agevolare
il
con
tale
compito
dell'amministrazione, ha lasciato una maggiore discrezionalità
all'ente impositore che può decidere cosa sia importante, far
- 139 -
conoscere
al
contribuente
tramite
l'avviso
di
accertamento,
quale sia cioè il contenuto essenziale riprodotto nell'atto e
che impedisca l' allegazione dell'atto richiamato. In tal modo
non
vi
è
certezza
che
possano
ritenersi
soddisfatte
le
aspettative del contribuente e si creano delle situazioni che
spesso sono fonti di controversie. Come ho detto l'obbligo della
motivazione deve essere osservato non solo con riferimento agli
atti
dell'amministrazione
finanziaria,
agli
avvisi
di
accertamento e liquidazione dei tributi locali ma è necessario
anche per l'irrogazione delle sanzioni; atteso che nonostante il
provvedimenti
di
irrogazione
delle
sanzioni
sia
contestuale
all'avviso di accertamento, lo stesso in ogni caso è ritenuto un
atto
autonomo
ed
è
pertanto
necessario
che
anche
esso
sia
autonomamente motivato. Purtroppo spesso capita che specialmente
per quanto attiene alle sanzioni, l'amministrazione non ometta
completamente la motivazione. Purtroppo capita anche che poi il
contribuente nemmeno le eccepisca in sede di ricorso alle varie
commissioni, anche se trattandosi di nullità dovrebbe e potrebbe
essere
rilevata
anche
d'ufficio
dalle
commissioni
tributarie
decidenti. Perché spesso si chiede a proposito delle sanzioni,
si dice, si chiede di non pagarle che non sono dovute per la
difficoltà
di
interpretazione,
ma
difficilmente
si
chiede
l'annullamento dell'irrogazione della sanzione per la mancata
motivazione della stessa, motivazione, ripeto, che è necessaria
anche per le sanzioni. Accertata quindi la obbligatorietà della
motivazione degli atti impositivi occorre brevemente esaminare
quali
siano
le
conseguenze
della
mancata
o
insufficiente
motivazione degli stessi. Non vi è dubbio, d'altra parte anche
nel diritto processuale civile è così, non è dubbio che la
mancanza
o
insufficiente
motivazione
determini
la
nullità
dell'atto. Ora, la dottrina per riguarda questo punto,
sempre
ha sostenuto che, poiché l' atto di accertamento amministrativo
ha natura sostanziale e non solo processuale, la motivazione non
solo è necessaria ma deve contenere sotto pena di nullità tutti
presupposti
di
fatto
e
le
circostanze
di
diritto
che
hanno
determinato il provvedimento dell'amministrazione, e deve essere
inserito nell'atto impositivo. La Cassazione in un primo momento
- 140 -
si
era
opposta
a
tale
indirizzo
perché
aveva
ritenuto
che
l'avviso di accertamento in realtà doveva essere considerato
solo come il primo atto del processo tributario cioè un mezzo
processuale per instaurare il contraddittorio. Per cui, secondo
le prime decisioni della Cassazione la motivazione dell'atto
doveva
indicare
solo
i
criteri
astratti
in
base
ai
quali
l'avviso di accertamento era stato emesso salvo poi anche nel
corso
del
processo
l'onere
dell'ufficio
di
provare
i
fatti
giustificativi di tale accertamento. Questo per la verità era,
diciamo, una tesi
contrastante con la dottrina ma è una tesi
che sostanzialmente non poteva essere condivisa perché si dava
all'amministrazione la possibilità di dire: " io non te l'ho
messa la motivazione totale, completa, nell'accertamento, però
nel
processo
nullità".
La
indirizzo,
cassazione
indico
e
stessa
infatti
ha
specifico
Cassazione
i
motivi
ha
per
cui
successivamente
con
la
sentenza
affermato
che
l'avviso
5924
di
del
sano
la
cambiato
21/4/2001la
accertamento
ed
in
particolare l'avviso di cui agli articoli 42 e ss. del d.p.r.
600/73 è atto non processuale e non specificatamente funzionale
al
processo
ma
dottrinaria
amministrativo;
sul
punto
dell'amministrazione
quindi
esplicativo
finanziaria
in
ha
recepito
della
potestà
sé
per
e
sé
la
tesi
impositiva
perfetto
e
pienamente efficace, sicuramente non espressivo di una pretesa
la cui fondatezza debba essere necessariamente vagliata in sede
giurisdizionale traendone la conclusione della inapplicabilità
della disciplina della sanatoria delle nullità. Qua parlava a
proposito
della
notificazione
degli
atti
processuali
alla
notifica dell'avviso dell'accertamento. E con la sentenza 59234
del 3 dicembre 2001 la stessa suprema corte dopo aver ribadito
che
l'avviso
di
amministrativo
accertamento
esplicativo
non
in
è
atto
processuale
particolare
impositiva
dell'amministrazione
finanziaria
sostanziale
ha
motivazione
affermato
che
la
della
dalla
bensì
potestà
natura
costituisce
un
requisito di legittimità dell'avviso di accertamento richiesto a
pena di nullità, articolo 42 comma due del d.p.r. 600/73, che il
contribuente può chiedere che sia dichiarato in giudizio è con
la modalità prescritta dall'articolo 61 del citato decreto. Il
- 141 -
processo
tributario
infatti
dice
in
questa
sentenza
della
cassazione che è diretto ad accertare la legittimità oltre che
la fondatezza della pretesa tributaria, sulla base dell'atto
impugnato ed alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto
in esso indicati entro i limiti delle contestazioni mosse dal
contribuente. Quindi la motivazione concorre a delimitare la
materia del contendere nel successivo eventuale giudizio. Questo
spiega perché l'amministrazione non possa in sede di giudizio
addurre ragioni di rettifica diverse da quelle già indicate
nell'atto impugnato. A proposito dell'allegazione degli atti,
cui
far
riferimento
anche
lo
statuto
del
contribuente,
la
Cassazione ha affermato della motivazione può assolvere alla
funzione informativa che le è propria facendo riferimento ad
elementi di fatto offerti da documenti diversi solo se tali
documenti sono allegati o sono comunicati al contribuente. Nel
corso degli anni abbiamo assistito ad un progressivo rifiorire
del
dibattito
in
tema
di
motivazione
degli
atti
impositivi
dell'amministrazione finanziaria e degli enti locali. La suprema
corte ha mostrato e mostra ormai sempre maggiore attenzione al
tema della motivazione affermando la nullità degli atti che
provvedono
altri
alla
tributi
rettifica
in
del
maniera
reddito
o
sbrigativa
all'accertamento
senza
specificare
di
i
presupposti che sono alla base dell'accertamento così come la
legge impone. In particolare con la sentenza 1905 del 30 gennaio
2007 la Suprema Corte ha ribadito in linea generale che la
motivazione dell'avviso di accertamento come si ricava anche
dalla più recente legislazione, e fa riferimento alla legge 241
del '90 sul processo amministrativo, la 212 del 2000 ed il
decreto
legislativo
n.
32
del
2001
costituisce
strumento
essenziale di garanzia del contribuente, soggetto inciso nella
propria
sfera
giuridica
dall'amministrazione
finanziaria
nell'esercizio del suo potere di imposizione fiscale. Il giudice
di legittimità ha osservato che la previsione dell'obbligo della
motivazione
statuto
si
del
inserisce
nell'ambito
contribuente,
oltre
di
quella
norme
all'articolo
7
dello
che
specificatamente lo contempla, gli articoli 2, 5, 6, 10 che sono
espressivi di principi generali anche di rango costituzionale,
- 142 -
immanenti
nell'ordinamento
tributario
e
costituiscono
perciò
criteri guida per orientare l'interprete e l'esegesi della norma
tributaria, anche anteriormente vigenti, le quali assolvono la
essenziale funzione di garantire la conoscenza e l'informazione
del
contribuente
nel
quadro
dei
principi
generali
di
collaborazione, trasparenza e buona fede che devono improntare,
in quanto espressivi di civiltà giuridica, i rapporti tra fisco
e contribuente. Pertanto, secondo la Suprema Corte, nell'avviso
di accertamento, al fine di realizzare in pieno la anzidetta sua
finalità
informativa
debbono
confluire
tutte
le
conoscenze
dell'ufficio, e deve essere esternato con chiarezza, sia pure
sinteticamente,
l'iter
logico
giuridico
seguito
per
giungere
alla conclusione prospettata, fermo restando che tale contenuto
della
motivazione
si
atteggia
in
concreto,
diversamente,
in
relazione alle singole norme applicabili nel caso specifico. Un
problema non trascurabile, l'avevo già accennato in questa breve
relazione, è quello della motivazione per relationem, cioè il
riferimento ad elementi di fatto offerti da altri documenti. In
proposito,
sempre
la
sentenza
1905
del
2007
ha
ribadito
il
principio secondo il quale prima delle modifiche apportate dallo
statuto dei diritti del contribuente è dal decreto legislativo
32
del
2001,
il
requisito
motivazionale
dell'avviso
di
accertamento poteva essere assolto per relationem, cioè mediante
il riferimento ad elementi di fatto offerti da altri documenti,
ma sempre a condizione che gli stessi fossero conosciuti dal
destinatario, presupposto sempre più degli atti anteriori che
deve ritenersi sussistente in re ipse quando il riferimento
attiene
presenza
al
verbale
del
di
ispezione
contribuente,
a
lui
e
verifica
comunque
già
compiuto
alla
notificati
o
comunicati nei modi di legge. Quando invece i verbali oggetto di
relazione riguardano un soggetto diverso l'amministrazione ha
all'onere
di
dimostrare,
sia
pure
eventualmente
tramite
presunzione, l'effettiva e tempestiva conoscenza dei documenti
stessi da parte del contribuente, non essendo sufficiente il
riferimento ad atti nei quali il contribuente possa procurarsi
la
conoscenza,
perché
ciò
comporterebbe
una
più
o
meno
accentuata e non giustificata riduzione del lasso di tempo lui
- 143 -
concesso per valutare la fondatezza dell'atto impositivo con
indebita menomazione del diritto di difesa. Invece, per quanto
attiene
gli
atti
successivi
sembrerebbe
da
escludere
la
motivazione per relationem, perché appunto, come già o più volte
detto,
lo
statuto
del
contribuente
ha
imposto
l'obbligo
di
allegazione dell'atto richiamato o comunque di sua riproduzione
nel atto notificato. Per la verità, l'indirizzo della Corte di
Cassazione è stato fatto proprio dalla giurisprudenza, direi
quasi
unanime,
delle
commissioni
tributarie
che
hanno
approfondito il tema ed hanno ribadito la nullità degli atti
impositivi
affermando
che
l'assoluta
mancanza
di
motivazione
mina la possibilità per il contribuente di conoscere l'iter
logico
giuridico
seguito,
con
gravi
conseguenze
sulla
possibilità di reagire ad atti arbitrari illegittimi ed erronei
ed
incidendo
così
sulla
possibilità
di
agire
in
giudizio
a
tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, quindi in
violazione dell'articolo 24 della Costituzione. In tal senso
deve
ritenersi
che
l'obbligo
di
motivazione,
affermano
le
commissioni tributarie, debba essere valutato con particolare
rigore. Avviandomi alla conclusione mi preme di fare un accenno
anche alle motivazioni delle cartelle di pagamento, che pur non
costituendo
esse
stesse
un
atto
impositivo,
la
presentano
comunque il mezzo attraverso cui l'amministrazione finanziaria e
gli enti locali provvedono alla riscossione delle somme dovute a
seguito degli accertamenti. In proposito, la suprema Corte di
Cassazione con le sentenze numero 18415 del 16 settembre 2005 e
28318 del 21 dicembre 2005 ha affermato che quando la cartella
di pagamento non è stata preceduta da avviso di accertamento
debbono
ritenersi
applicabili
i
principi
di
ordine
generale
indicati per ogni provvedimento amministrativo dall'articolo tre
della legge 490 espressamente recepiti in materia tributaria
dall'articolo
7
interpretazione
della
si
legge
vorrebbe
212,
in
un
atteso
che
contrasto
una
diversa
insanabile
con
l'articolo 24 della Costituzione. Quindi se la cartella non
segue
ad
un
avviso
di
accertamento,
anche
la
cartella
deve
indicare i motivi per cui c'è la imposizione. Con la sentenza
18385 del 16 settembre 2005 la Suprema Corte ha affermato che
- 144 -
l'ente impositore ha sempre l'obbligo di chiarire nella cartella
esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell'iscrizione
a
ruolo
dell'importo
preteso,
in
modo
da
consentire
al
contribuente un non eccessivamente difficoltosa esercizio del
diritto
di
difesa.
In
conclusione,
non
può
esservi
dubbio
alcuno, in ordine alla obbligatorietà sotto pena di nullità
della
motivazione
degli
dell'amministrazione
atti
finanziaria
impositivi
e
degli
da
enti
parte
locali.
Vi
ringrazio dell'attenzione e vi auguro un buon proseguimento.
Prof. Antonio Uricchio, docente di Diritto Tributario Università
di Bari.
“Le
garanzie
in
materia
di
illeciti
amministrativi
e
reati
tributari”
Grazie
presidente,
organizzatori
di
innanzitutto
questo
vorrei
ringraziare
interessante
incontro
anche
gli
denso
di
problematiche, e ovviamente gli amici che sono ancora presenti
nonostante
l'orario
particolarmente
ormai
densa
e
avanzato,
ricca
anche
dopo
di
una
numerosi
giornata
spunti
di
riflessione. Il tema come ricordava il presidente della nostra
sessione è quello del rapporto fra statuto del contribuente e
disciplina
sanzionatoria
l'organizzatore
del
tributaria,
convegno,
quando
l'avvocato
Marincolo
l'amico,
mi
aveva
invitato a soffermarmi su questo invito, su questa tematica ho
avuto qualche momento di perplessità, perché la disciplina in
materia
garanzie
di
statuto
del
del
contribuente
contribuente,
quindi
guarda
il
soprattutto
rapporto
fra
alle
normativa
sanzionatoria di carattere tributario e normativa dello statuto
che
guarda
ai
profili
dei
diritti
e
delle
garanzie
degli
elementi che interessano la posizione del contribuente sembrano
porsi in una posizione di profondo conflitto. Già in precedenza
- 145 -
il professor è D' Ayala Valva ha consentito di ricomporre questo
apparente conflitto fra norme di carattere sanzionatorio e norme
che invece investono le garanzie del contribuente, e soprattutto
il professor D' Ayala Valva c'ha fatto capire come la disciplina
in materia di statuto del contribuente in veste invero non solo
le garanzie del contribuente e le posizioni soggettive che il
contribuente
finanziaria,
vanta
a
me
nei
confronti
interessa
l'intero
dell'amministrazione
ordinamento
tributario,
guarda alle garanzie del contribuente ma anche ai doveri che il
contribuente anche vanta, che deve anche considerare, guarda
alla posizione del contribuente ma guarda anche alla posizione
dell'amministrazione finanziaria. Bisogna però sottolineare che
nell'ambito della disciplina dello statuto del contribuente le
disposizioni che investono gli illeciti di carattere tributario
sono abbastanza scarne, è anzi la disciplina degli illeciti di
carattere tributario sebbene sono più o meno coeve sotto il
profilo
temporale,
la
disciplina
sulle
sanzioni
penali
tributarie è del 2000, si tratta di appena pochi mesi prima
dello statuto del contribuente delle disposizioni che riguardano
le sanzioni amministrative risalgono a qualche anno prima, al
1997 e le disposizioni tra discipline sanzionatorie disciplina
dello stato del contribuente sembrano tra loro abbastanza rive
di quel necessario collegamento che semmai invece occorre nel
momento in cui si guarda il fenomeno dell'illecito tributari
assumere. Bisogna anche dire che alcune delle disposizioni che
interessano
le
illecito
coordinate,
basti
pensare
tributario
che
la
non
sono
disciplina
nemmeno
state
sull'interpello,
l'articolo 11, guarda esclusivamente all'interpello di carattere
ordinario, mentre la disciplina dell'articolo 16 del decreto
legislativo del 74 guarda all'interpello era regolamentato dalla
legge
del
1991
l'applicazione
in
delle
materia
norme
di
comitato
antielusive,
consultivo
quindi
per
guardava
all'interpello speciale senza che invece anche nel momento in
cui sono entrate le disposizioni dello statuto del contribuente
anche alla normativa in materia di illecito penale prendesse in
considerazione il profilo dell'illecito tributario e soprattutto
l'eventuale
ipotesi
che
il
contribuente
avesse
eccepito
- 146 -
nell'ambito
del
proprio
dall'amministrazione
comportamento
nell'ambito
e
elementi
dell'interpello
forniti
tributario.
Addirittura oggi l'interpello che era regolamentato dalla legge
del
1991
è
dell'abolizione
antielusive
stata
di
del
mentre
fatto
comitato
la
superata
per
disciplina
in
vista
appunto
l'applicazione
delle
prevista
statuto
dallo
norme
del
contribuente in materia di interpello ordinario invece non è
stata nemmeno menzionata dalle norme di carattere tributario.
Allora,
fatto
questa
necessaria
premessa
volevo
soprattutto
soffermarmi fra rapporto fra disciplina sanzionatoria tributaria
penale e disposizioni dello statuto del contribuente. Il tema si
deve necessariamente collegare al profilo che è stato ampiamente
affrontato, presi in considerazione, se le disposizioni dello
statuto possano investire sulla materia sanzionatorio tributare
oppure
semplicemente
esprimano
delle
indicazioni
meramente
programmatiche la cui inosservanza è inidonea anche ad incidere
sul profilo della responsabilità sotto il profilo sanzionatorio
amministrativo e sotto il profilo della responsabilità penale. È
stato ricordato anche nel corso della mattinata come soprattutto
nella fase immediatamente successiva all'entrata in vigore della
legge 212, molti erano convinti che le disposizioni contenute
nello
statuto
proprio
perché
esprimessero
dei
principi
di
carattere programmatico, fossero del tutto a incidere sotto il
profilo della responsabilità sia di natura penale che di natura
anche
amministrativa.
Quindi
le
disposizioni
contenute
nello
statuto, pur avendo qualche valore di carattere programmatico,
non avrebbero potuto incidere sulle disposizioni in materia di
responsabilità sotto il profilo penale. Nello stesso tempo si
riteneva
che
amministrativa
i
profili
fossero
della
responsabilità
completamente
estranei,
penale
e
completamente
sganciati, rispetto alle norme dello statuto. Il profilo della
responsabilità penale era completamente sganciato rispetto alle
garanzie che i contribuenti avrebbero potuto anche affidare.
Responsabilità
da
un
lato
e
diritti
di
garanzia
dall'altro
dovevano muoversi su piani completamente sganciati fra di loro,
del tutto privi di quel collegamento. Il contribuente avrebbe
dovuto rispondere anche dinnanzi alle responsabilità sotto il
- 147 -
profilo della pubblica amministrazione ma non avrebbe potuto far
valere quelle garanzie che lo statuto del contribuente riteneva
assicurare. Ora mi pare che le disposizioni dello statuto del
contribuente prima di tutto non possano essere con considerate
come norme meramente programmatiche e quindi come tali avrebbero
potuto dispiegare profonde conseguenze quando ci muoviamo su un
profilo completamente diverso quale rapporto tra amministrazione
finanziaria
disposizioni
e
contribuente,
dello
statuto,
ma
soprattutto
proprio
per
mi
la
pare
che
complessità
le
dei
principi che esprimono, proprio per il loro valore che trascende
le disposizioni manifeste cui inizialmente si riteneva di poter
intravedere,
le
disposizioni
dello
statuto
del
contribuente
attraversano in modo orizzontale, in modo verticale l'intero
sistema sanzionatorio amministrativo oltre che poi i profili
immediatamente
riferibili
alla
posizione
dell'amministrazione
finanziaria e all'attività che la pubblica amministrazione può
esercitare.
Allora,
componendo
questi
aspetti,
si
deve
innanzitutto respingere l'idea che il profilo sanzionatorio sia
sganciato rispetto al momento delle garanzie, ma soprattutto si
deve anche respingere l'idea che le disposizioni dello statuto
del contribuente esauriscano il proprio valore sotto un profilo
meramente programmatorio, di principio, e quindi non possono
dispiegare effetti ben precisi nel momento in cui si guarda le
disposizioni di carattere anche sanzionatorio, amministrativo e
penale.se guardiamo le norme dello statuto del contribuente si
deve
innanzitutto
riconosce
come
riflessi
di
carattere
sanzionatorio, amministrativo e penale siano molteplici. Già nel
corso della mattinata, lo diceva il professor Marongiu, è poi
anche in precedenza il professore D' Ayala Valva, si è avuto
modo
di
sottolineare
come
le
disposizioni
collocate
nell'articolo 2 dello statuto, la chiarezza e la trasparenza
delle
disposizioni
legislative.
Le
disposizioni
contemplate
nell'articolo 10, il principio di buona fede, di affidamento; le
disposizioni contenute nei commi secondo e terzo dell'articolo
19 possono dispiegare profonde considerazioni sotto il profilo
esplicitamente
tributario.
Infatti
se
l'articolo
2
che
l'articolo 10 dello stato del contribuente ci fanno agevolmente
- 148 -
comprendere come appunto talune disposizioni che sono contenute
nella normativa sanzionatorio penale, l'articolo 10 del decreto
472 del 97, penso poi ai principi più volte manifestati dalla
Corte Costituzionale con riferimento alle clausole di esclusione
della responsabilità, possono appunto discendere nel momento in
cui
le
disposizioni
possano
far
di
carattere,
applicazione
contenute
nell'ambito
nelle
statuto,
dell'ordinamento
tributario. Si deve ricordare che le disposizioni in materia
sanzionatorio a e amministrativa e quelle di carattere penale
che a loro volta avevano avuto verso la fine degli anni 81
esplicita
inducono
affermazione
a
esprimono
ritenere
in
modo
nell'ambito
che
a
chiaro
dell'ordinamento
fronte
il
di
disposizioni
diritto
alla
penale
che
conoscenza
non
come
ricordava stamattina il professor Marongiu, che esprimano delle
indicazioni da parte dell'amministrazione finanziaria non del
tutto rispondenti a quegli elementi che derivano dalla posizione
del contribuente, penso a punto alle situazioni che oggi trovano
largo
riscontro
nell'ordinamento
positivo,
inducono
a
farci
riconoscere come appunto si possano invocare disposizioni che
trovano una prima collocazione nelle disposizioni a punto dello
statuto,
ma
che
disposizioni
poi
trovano
contenute
un
agile
collegamento
nell'ordinamento,
anche
di
con
le
carattere
ordinario. L'articolo 10 dello statuto del contribuente, per
esempio nell'enunciare il principio di buona fede, di tutela
dell'affidamento,
poi
il
secondo
comma
e
il
terzo
comma
dell'articolo 10 dello statuto del contribuente possono offrire
elementi significativi nel momento in cui si va ad dare un campo
applicativo,una sfera applicativa, le disposizioni dello Stato.
Il contribuente che si conformi alle disposizioni provenienti
dall'amministrazione
finanziaria
può
appunto
invocare
un
atteggiamento coerente con le disposizioni dello statuto per,
per esempio, evitare l'applicazione di carattere sanzionatorio.
L'articolo
esclude
10
terzo
comma
l'applicabilità
sanzionatorio
quando
il
dello
di
statuto
che,
disposizioni
contribuente
si
per
di
sia
esempio,
carattere
per
esempio
conformato a disposizioni di carattere penale che esauriscono la
loro
sfera
applicativa
nell'ambito
dell'applicazione
delle
- 149 -
sanzioni penali, costituiscono un'efficace momento di raccordo.
Tant'è vero che nell'articolo 6 dello statuto del contribuente
si esclude l'applicabilità di sanzioni penali nel momento in cui
il
contribuente
disposizione
abbia
di
semplicemente
carattere
penali
dato
applicazione
ovvero
non
abbia
a
dato
applicazione a queste stesse disposizioni, ma non abbia posti in
essere
comportamenti
che
violazione
sostanziale
tributario.
Anche
statuto
del
poi
invece
delle
con
contribuente,
abbiano
determinato
disposizioni
riferimento
norma
che
di
carattere
all'articolo
è
stata
una
due
lo
semplicemente
interpretata come norma programmatica, priva di un significato
avere proprio, mi pare che non potendo distinguersi fra norme di
carattere programmatico e norme di carattere precettivo, tutte
le disposizioni comprese quelle che individuano le modalità che
in precedenza il professor Marongiu definiva come "modalità di
reperimento" o che possiamo più in generale definire quelle
disposizioni
consentono
che
anche
orientano
al
la
lettura
contribuente
di
delle
dare
disposizioni
applicazione
alle
disposizioni medesime; diciamo che anche questi aspetti possono
essere
facilmente
invocati
nell'ambito
dell'ordinamento
tributario. Quindi volendo riassumere i profili che emergono dal
confronto
fra
norme
sanzionatoria,
si
dello
statuto
e
deve
senz'altro
norme
della
disciplina
riconoscere
che
il
coordinamento fra l'articolo 2 e l'articolo 7 offre ulteriori
elementi che possono anche consentire di applicare norme di
carattere
sanzionatorio
disposizioni
di
in
carattere
funzione
dell'esplicazione
tributario.
Questi
di
aspetti
poi
meritano di essere ulteriormente approfonditi se si guarda ad un
altro elemento che la Corte di Cassazione negli ultimi tempi ha
più
volte
evidenziato,
le
disposizioni
dello
statuto
del
contribuente vanno non solo lette e interpretate e definite
nella
loro
sfera
fondamentale
applicativa
strumento
di
ma
devono
anche
interpretazione
consentire
un
secondo
le
disposizioni dello statuto. Quindi al di là del significato che
l'espressione adoperate dal legislatore può assumere, le norme
devono
assolvere
orientare
ad
l'attività
un
ulteriore
interpretativa
funzione
del
cioè
quella
contribuente
e
di
del
- 150 -
soggetto
stesso.
consentire
di
dare
sanzionatorio.
nell'articolo
penale,
del
Questi
altri
applicazione
Pensiamo
7,
per
decreto
elementi
presente
esempio,
482
del
possono
a
norme
le
di
carattere
disposizioni
della
1997,
ulteriormente
legislazione
che
nell'
contenute
in
materia
individuare
i
criteri di applicazione delle disposizioni transitorie impongono
anche una valutazione di carattere complessivo che si presta ad
essere
meglio
collegata
alle
disposizioni
dello
statuto
del
contribuente. Per esempio l'articolo 7 in materia dello Stato
del contribuente fa riferimento a comportamenti che poggiano
sull'atteggiamento
del
soggetto,
per
esempio
il
richiamo
al
dovere di collaborazione, il richiamo ai principi di buona fede,
il
richiamo
ristabilire
dei
un
comportamenti
equilibrato
che
consentano
diritto
fra
anche
di
contribuente
e
amministrazione finanziaria possano diventare strumenti utili
nella determinazione per esempio dei criteri di determinazione
della prestazione di carattere tributario. Un comportamento del
contribuente che si conformi ai principi di collaborazione, ai
principi di buona fede, può meglio consentire l'applicazione di
carattere tributario delle disposizioni riguardanti le sanzioni.
Molto spesso gli uffici finanziari quando applicano norme di
carattere tributario tendono soprattutto ad applicare minimi e
massimi ma senza guardare al comportamento soggettivo fra il
contribuente
e
amministrazione
finanziaria
che
invece
va
definito, costruito e immaginato alla luce di quei principi come
buona
fede,
collaborazione
e
tutela
dell'affidamento,
che
possono rilevarsi particolarmente efficaci. C'è un altro aspetto
che
va
approfondito,
questa
volta
è
il
rapporto
tra
le
disposizioni in materia di retroattività; di applicazione delle
disposizioni di carattere interpretativo e di applicazione delle
disposizioni in materia di decreto-legge, quindi le disposizioni
1,3,4 dello statuto del contribuente e le disposizioni ancora
una volta in materia di sanzione. già nel corso della mattinata
questi temi sono stati approfonditi e soprattutto si è potuto
verificare come molto spesso norme, come quelle definite sulle
metanorme, hanno una funzione di mera indicazione programmatica,
per cui il legislatore quando utilizza norme interpretative,
- 151 -
attraverso disposizioni di rango successivo o anche superarlo.
Quando
nell'ottica
di
norme
riguardanti
le
disposizioni
in
materia di retroattività o in materia di utilizzo di sanzioni,
anche qui il legislatore può spesso ignorare quella loro stessa
portata alla luce della r deroga abilità o della possibilità di
superare, attraverso norme ulteriori di rango modificativo, le
disposizioni
riguardanti
la
materia
dello
statuto
del
contribuente. Anche queste considerazioni, mi pare, non possano
essere sostenute e possono anche meglio analizzarsi e valutarsi
nel
momento
in
cui
si
guardano
profili
di
carattere
sanzionatorio. La legislazione dello statuto del contribuente
prevede
la
clausola
dell'autoqualificazione
e
prevede
la
derogabilità se non in modo espresso, salvo una disposizione di
rango transitorio oppure modificativo qualora in ossequio al
principio della sovranità popolare si intende seguire questa
particolare impostazione. È accaduto così negli ultimi tempi che
norme interpretative siano state frequentemente adoperate è che
anche norme che adottino decreti legge oppure norme di carattere
interpretativo
possano
essere
frequentemente
adottate.
Si
è
visto proprio nella relazione di questa mattina del notaio di
Paola che il legislatore molto spesso adopera altre espressioni,
si utilizzano forme di questo genere senza però rispondere in
modo rigoroso alle disposizioni sia in materia di statuto del
contribuente che alle disposizioni in materia di retroattività.
A mio parere, la soluzione che andrebbe anche ulteriormente
sviluppata
nella
giurisprudenza,
le
norme
contenute
nell'articolo 1,3,4 dello statuto del contribuente sono norme
condizionanti, cioè norme che presuppongono l'adozione da parte
del
legislatore
ordinario
di
quelle
tecniche
e
di
quelle
modalità che lo statuto contempla. Quindi se viene adottata una
norma che rispetta le prescrizioni poste dall'art.1, perché vi
sia stata per esempio una violazione, oppure l'articolo 3 o
articolo
4,
solo
in
presenza
di
queste
condizioni
le
disposizioni di rango successivo possono ritenersi rispondenti
alle disposizioni dello statuto. Se una norma ordinaria, quindi,
interpreta la norma sotto il profilo, per esempio come si è
visto nel corso della disposizione di stamattina, senza una
- 152 -
precisa
indicazione
in
tal
senso,
quindi
il
legislatore
qualifica una norma come di rango generico ma non imponga il
rispetto delle condizioni previste dallo statuto, allora questa
disposizione
proprio
perché
non
risponde
all'efficacia
condizionante che la norma debba comportare può operare soltanto
per il futuro. La corte di cassazione con una sentenza molto
recente, la sentenza 22 gennaio del 2007, chiarisce che quando
una
disposizione
ancorché
qualificata
come
retroattiva
non
presenti quelle connotazioni in termini di retroattività può
operare esclusivamente per il futuro. Quindi la disposizione
opera per il futuro ma non opera per il passato, in altri
termini
se
operare
la
per
norma
il
presenta
futuro
un'efficacia
ancorché
la
condizionante
disposizione
può
stessa
sembrerebbe operare per il passato. Ora si riguarda i profili di
carattere sanzionatorio di elementi possono assumere particolare
importanza
perché
sanzionatorio
appunto
muovono
il
le
disposizioni
profilo
della
di
carattere
retroattività
o
irretroattività a seconda del comportamento posto a carico del
soggetto privato. Il soggetto privato può giovarsi di situazioni
di
rango
anche
disposizione
di
interpretativo,
rango
lui
retroattivo
favorevole,
givi
nei
quando
suoi
la
confronti,
mentre poi la disposizione posta dall'articolo 3 dello statuto
del contribuente opera per il futuro se il comportamento giova
nei confronti di quest'ultimo. Le disposizioni dello Stato del
contribuente evidenziano i due momenti, il soggetto che opera
per il futuro si trova in una clausola, quella dell'articolo tre
dello statuto del contribuente per lui favorevole, la norma
retroattiva opera solo se si tratta di una norma lui favorevole,
la norma successiva opera invece in senso superfluo. Questo
profilo induce quindi chiaramente ad operare in una funzione che
collega
la
disposizione
di
carattere
transitorio,favor
rei,
ovvero la disposizione di carattere sanzionatorio a seconda del
comportamento stesso. Ancora una volta, tirando il comportamento
del
contribuente
e
quindi
operando
sotto
il
profilo
classificatorio bisogna considerare che le norme dello statuto
del contribuente sono di carattere retroattivo e operano in
senso interpretativo, diversamente per quanto concerne invece
- 153 -
comportamenti del contribuente. Guardando ancora e profili che
interessano
agli
comprendere
principio
che
di
elementi
il
sanzionatori
legislatore
fissità,
bisogna
tributario
nell'assumere
appunto
nell'assumere
il
principio
il
di
classificazione, opera in funzione auto limitativa della propria
sovranità
popolare,
è
in
questa
prospettiva
i
principi
di
garanzia che lo statuto del contribuente offre e in particolar
modo
i
principi
generali
dell'ordinamento
che
condizionano
l'ordinamento tributario possono dispiegare i suoi effetti sia
sotto
il
profilo
sostanziale
che
sotto
il
profilo
invece
processuale sanzionatorio. Grazie.
Avv. Licia Fiorentini.
“I vizi degli atti tributari e lo Statuto del contribuente”
1.- Premessa. 2.- Rapida panoramica sul regime delle invalidità nel sistema tributario: nullità ed annullabilità
dell’atto tributario, secondo i dettami degli artt. 21 septies ed octies L. 241/1990. 2.1.- Riflessioni circa
l’esaustività dogmatica del richiamo all’art. 21 septies L. 241/1990 in tema di nullità, a tutela delle prerogative
statutarie. 2.2.- Nullità nello Statuto del contribuente: mancata indicazione del responsabile del procedimento. 2.3.Ancora, in tema di annullabilità dell’atto tributario. Sulla natura meramente formale o sostanziale delle norme
statutarie. 3.- Conclusioni.
1.- Premessa.
Scopo di questo lavoro non è quello di arginare compiutamente il
mare
magno
espresse
e
delle
latenti
invalidità
nello
dei
Statuto
provvedimenti
del
tributari208,
contribuente,
ma,
più
semplicemente, di esaminare alcuni singoli temi di invalidità,
alla luce del perenne confronto dialettico tra i principi che
regolano la materia amministrativa e quelli che, in via speciale
e, di certo, autonoma, regolano la materia tributaria, specie in
tema di tutela del giusto procedimento209.
208
Per un’analisi completa della problematica, vedi F. Tesauro, “L’invalidità dei provvedimenti
impositivi”, in Boll. Trib., n. 19/2005, pp. 1445 ss..
209
Si pensi, da ultimo, alla pronunzia della sentenza della Cass., SS.UU. 25 luglio 2007 n. 16412,
la quale, risolvendo il contrasto di giurisprudenza sul tema, ha affermato che “l’omissione della
notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto
- 154 -
In particolare, la questione delle invalidità si è, da ultimo,
riproposta con prepotenza nel panorama statutario per dare voce
e corpo al polverone innalzatosi, dapprima con la ordinanza
della
Consulta210,
con
la
quale
si
è
riesumato
dall’oblio
l’interrogativo circa il peso da dare all’art. 7, comma 2, L.
212/2000211 sull’inserimento dell’indicazione del responsabile
del procedimento nel contenuto tassativo degli atti tributari
dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agente della Riscossione; poi,
con l’intervento successivo del Legislatore212, con il quale
quest’ultimo ha voluto fornire una risposta inequivocabile pro
futuro, con la previsione di una nullità testuale per l’ipotesi
di mancata indicazione del responsabile del procedimento nelle
cartelle
di
pagamento,
escludendo
il
medesimo
rigore
sanzionatorio per il passato.
La conseguenza dell’istantaneo risveglio della parola imponente
del Legislatore in un tanto laborioso, quanto faticoso processo
di definizione razionale e coerente del regime delle invalidità
dei
provvedimenti
tributari,
rischia
di
rallentarne
un
consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di
impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli – rimanendo esposto alla
successiva azione dell’amministrazione, esercitatile soltanto se siano ancora aperti i termini per
l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto – o di impugnare cumulativamente quest’ultimo
(non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria”, in banca dati fisconline,
www.ilfisco.it., dando il giusto risalto alla necessità che le regole sul procedimento vengano rispettate
dall’amministrazione finanziaria. Sul tema A. Cissello, “I vizi degli atti tributari nella segmentazione del
prelievo. L’omessa notifica dell’atto presupposto”, in Il fisco, n. 8, 2008, pp. 1359 ss
210
Cfr. Corte Cost., ord. 05 novembre 2007 n. 377 (Pres. Bile, Red. Cassese), con la quale è stata
dichiarata “manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2,
della L. 212/2000, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione. L’obbligo
di indicazione del responsabile del procedimento non costituisce un adempimento di scarsa utilità posto
a carico dei concessionari della riscossione bensì ha lo scopo di assicurare la piena informazione del
cittadino / contribuente e garantire il diritto di difesa, altrettanti aspetti del principio di buon
andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione”, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it.
211
Sul tema, vedi Abruzzese “Il principio di trasparenza negli atti dell’amministrazione
finanziaria alla luce dello Statuto dei diritti del contribuente”, in Giust. It., 2001, 9 ss.; Buscema, Forte,
Santilli, “Statuto del contribuente, analisi dottrinale ed evoluzione giurisprudenziale”, Padova, 2002,
pp. 733 ss.; Magistro, “L’avviso di accertamento”, in Corr. Trib., 2002, 733 ss..
212
D.L. 31 dicembre 2007 n. 248 (G.U. 31 dicembre 2007 n. 302), legge di conversione 28
febbraio 2008 n. 31, art. 36, rubricato “disposizioni in materia di riscossione”, comma 4 ter: “la cartella
di pagamento di cui all’art. 25 del Dpr 602/1973, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di
nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e
notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo che precedente si applicano ai ruoli
consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008. La mancata indicazione dei
responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data
non è causa di nullità delle stesse”, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it. Sul punto, è interessante
notare come l’Agenzia delle Entrate si sia subito adeguata all’iniziativa legislativa con il provv. 22 aprile
2008, prot. N. 44128, in banca dati fisconline, www.ilfisco.it.
- 155 -
inquadramento unitario e sistematico, contribuendo apertamente a
creare
non
poche
adattamento
delle
perplessità,
norme
in
ordine
alla
capacità
amministrativistiche,
in
tema
di
di
invalidità, al sistema speciale tributario. Le zone di ombra sui
limiti
alla
validità
essere
sintomo
di
del
un
provvedimento
“tallone
di
tributario
Achille”
potrebbero
dello
Statuto,
ovverosia la portata immediatamente precettiva del suo tessuto
normativo, a scapito dell’effettiva tutela del contribuente.
2.- Rapida panoramica su alcuni profili problematici legati al
regime
delle
invalidità
nel
sistema
tributario:
nullità
ed
annullabilità, secondo i tratti designati dagli artt. 21 septies
ed octies L. 241/1990.
Il primo interrogativo da porsi nell’ambito della tematica delle
invalidità,
consiste
tributario
possa
Amministrazione
nel
chiedersi
dirsi
Finanziaria
quando
compiutamente
e/o
dal
il
provvedimento
emanato
Concessionario
dalla
ed,
in
particolare, se lo stesso debba trovare specchio in un prototipo
indefettibile. Qualora la risposta possa dirsi affermativa, ci
si chiede quale debba essere la sanzione correlata al “vizio”
dell’atto tributario.
Innanzitutto,
vista
l’indiscussa
trasferibilità,
all’ambito
tributario, dei principi dettati dalla L. 241/1990,
il primo
passo verso una connotazione più puntuale delle invalidità non
può che prendere le mosse da una prima analisi degli artt.
21septies ed octies L. 241/1990, rispettivamente disciplinanti
il
regime
della
nullità
ed
annullabilità
del
provvedimento
amministrativo.
2.1.-
Riflessioni
circa
l’esaustività
dogmatica
del
richiamo
all’art. 21 septies L. 241/1990 in tema di nullità, a tutela
delle prerogative statutarie.
La disciplina amministrativistica distingue quattro ipotesi di
nullità, rispettivamente due legate a vizi intrinseci ed altre
due legate a vizi estrinseci dell’atto.
- 156 -
.- carenza degli elementi essenziali dell’atto, da intendere
come nullità strutturale;
.- atto viziato da difetto assoluto di attribuzione;
.- atto adottato in violazione o elusione del giudicato;
.- altri casi espressamente previsti dalla legge, da intendere
come nullità testuale.
L’analisi
della
normativa
porta,
dunque,
a
rilevare
che
quest’ultima, a differenza del regime civilistico delle nullità
ex art. 1418 c.c., non prevede espressamente “nullità virtuali”,
ovverosia quelle che, in ambito contrattuale, sono determinate
dalla contrarietà a norme imperative213.
Il primo interrogativo consiste, dunque, nel chiedersi se il
regime
tributaristico
delle
invalidità
debba
discostarsi
in
tutto o in parte da quello amministrativistico ed abbracciare,
al pari del sistema civilistico, anche nullità “sistematiche”.
In
via
affermativa,
pronunzia
della
abbiamo,
Suprema
Corte
da
ultimo,
a
Sezioni
assistito
ad
una
Unite,
volta
a
proteggere la sequenza procedimentale stabilita dalla legge, a
tutela della posizione soggettiva del contribuente e del suo
diritto
di
dell’atto
difesa,
sanzionando
successivo,
non
ove
connotazione
“virtuale”
constatare
che
il
preceduto
previsto214.
presupposto,
con
della
richiamato
la
dalla
Qualche
predetta
art.
nullità
21
l’emanazione
notifica
dell’atto
interrogativo
nullità
septies
nasce
L.
sulla
dal
241/1990
riconduce la categoria delle nullità strutturali alla carenza
degli elementi essenziali dell’atto e non, in senso più ampio,
agli atti essenziali della procedura.
213
F. Gazzoni, “Manuale di diritto privato”, XII ed., Ed. Scientifiche italiane, Napoli, 2006, pp.
988 ss.
214
Qualche interrogativo sulla sussistenza delle nullità virtuali in ambito tributario potrebbe porsi
in relazione alla sentenza della Cass., SS.UU. 25 luglio 2007 n. 16412, la quale, risolvendo il contrasto
di giurisprudenza sul tema, ha affermato che “l’omissione della notificazione di un atto presupposto
costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità
può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto
consequenziale notificatogli – rimanendo esposto alla successiva azione dell’amministrazione,
esercitatile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto
presupposto – o di impugnare cumulativamente quest’ultimo (non notificato) per contestare
radicalmente la pretesa tributaria”, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it. Sul tema A. Cissello, “I vizi
degli atti tributari nella segmentazione del prelievo. L’omessa notifica dell’atto presupposto”, in Il fisco,
n. 8, 2008, pp. 1359 ss..
- 157 -
Ciò
potrebbe
palesare
amministrativistico
ricostruttive
procedimento
l’insufficienza
delle
dei
invalidità
“vizi
a
sopire
invalidanti”
tributario,
non
del
le
regime
difficoltà
dell’atto
espressamente
e/o
del
codificati,
ma
conseguenza sistematica della portata direttamente precettiva
dello
Statuto
principi
del
contribuente,
costituzionali
a
tutela
del
inderogabili.
coacervo
Sembra
di
opportuno
sottolineare che gli ostacoli ad una ricostruzione coerente ed
unitaria della teoria delle invalidità e, di conseguenza, le
difficoltà
a
far
valere
i
diritti
del
contribuente
nella
patologia del procedimento215, spinge autorevole dottrina216 a
valorizzare
corretta
la
figura
cooperazione
del
e
Garante217,
quale
collaborazione
tra
incentivo
alla
l’Amministrazione
finanziaria ed il contribuente nella fisiologia del rapporto.
2.2.-
Nullità
nello
Statuto
del
contribuente:
mancata
indicazione del responsabile del procedimento.
Circa
le
nullità
testuali,
lo
Statuto
del
contribuente
ne
conosce svariate tipologie, tra le quali ricordiamo la nullità
comminata dall’art. 6, comma 5, per l’ipotesi di iscrizione a
ruolo
derivante
dichiarazioni,
dalla
liquidazione
di
tributi
non
preceduta
dall’invito
risultanti
a
da
fornire
chiarimenti218, nonché l’art. 11, comma 2, seconda parte, il
quale, in via del tutto innovativa, sanziona, con la nullità
espressa,
l’atto
emanato
dall’amministrazione
finanziaria
in
difformità alla sua stessa risposta all’istanza di interpello, o
215
Sulle difficoltà che si incontrano, nel panorama attuale, nella ricostruzione del diritto del
contribuente al contraddittorio in fase di verifica fiscale ex art. 12 L. 212/2000, se non per le ipotesi
espressamente previste dalla legge, vedi S. Capolupo, “Manuale dell’accertamento delle imposte”, V
ed., Ipsoa, 2007, pp. 1048 ss., nonché S. Salvini, “La nuova partecipazione del contribuente (dalla
richiesta di chiarimenti allo Statuto del contribuente ed oltre), in Riv. Dir. trib. n. 1/2000, pp. 39 ss.
216
In tal senso, F. d’Ayala Valva, “Il contribuente sottoposto a verifiche fiscali e l’intervento del
Garante”, in Riv. Dir. trib., fasc. 2, 2003, p. 190; Idem, “Dall'ombudsman al garante del contribuente.
Studio di un percorso normativo”, in "Riv. Dir. Trib.", 2000, pagg. 1037-1119.
217
S. Capolupo, Garante del contribuente ed atti degli enti locali, in "il fisco" n. 23/2005,
fascicolo n. 1,pag. 3467;
218
In tal senso, ex plurimis, sent. n. 52 del 25 febbraio 2008 (dep. il 10 marzo 2008) della Comm. trib.
reg. di Napoli, Sez. staccata di Salerno, Sez. V, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it..
- 158 -
in difformità dall’interpretazione o il comportamento tenuto dal
contribuente, nelle ipotesi di silenzio – assenso219.
Le nullità strutturali, ovverosia i vizi radicali attinenti alla
struttura
sistema,
dell’atto,
viceversa,
considerato
che,
devono
essere
differentemente
ricavate
dalla
dal
normativa
civilistica, nella quale sono elencati, come tali, gli elementi
essenziali del contratto, quella tributaria non qualifica gli
elementi essenziali dell’atto tributario, ovverosia quelli che
lo connotano, sotto il profilo soggettivo, oggettivo, causale e
volontaristico220, a meno che non si ritenga che l’art. 7 L.
212/2000 sia esaustivo ed inequivocabile in tal senso, ma se
così fosse stato, alcun dibattito sarebbe potuto sorgere circa
l’essenzialità
dell’indicazione
del
responsabile
del
procedimento, ai fini della validità dell’atto.
Tipica
espressione
di
provvedimento
impositivo,
affetto
da
nullità strutturale, è quello carente di motivazione, ex art. 7,
comma 1, L. 212/2000.
L’essenzialità
come
del
indicazione
applicate
e
requisito
della
dell’imponibile
delle
imposte
motivazione,
accertato,
liquidate,
è
intesa
delle
stata
anche
aliquote
esplicitata
dall’art. 42 Dpr 600/1973, con il quale il Legislatore, mediante
il
riconoscimento
espresso
di
una
comminatoria
testuale
di
nullità per l’ipotesi di mancata indicazione della motivazione
nel contesto de quo,
ha inteso confermare e riconoscere, in via
generale, la natura strutturale della motivazione, ai fini della
validità dell’atto tributario.
Ultimamente
abbiamo,
poi,
assistito
ad
un
intervento
legislativo, alquanto bizzarro, in materia di indicazione del
responsabile del procedimento221, ex art. 7, comma 2, dello
Statuto del contribuente.
219
Gianni Marongiu “Lo Statuto dei diritti del contribuente”, Giappichelli, Torino, 2008.
220
Sul tema, V. Azioni, “La nullità del provvedimento tributario alla luce della L. 11 febbraio
2005, n. 15”, in Il Fisco, 2006, 13, 1932; G. Livrieri, “Il regime di invalidità dell’atto tributario dopo le
modifiche alla L. n. 241/1990: riflessi sull’obbligo di motivazione”, in Il Fisco, 2007, 27, 3990.
221
Sulla figura del responsabile del procedimento nel diritto amministrativo, in dottrina, tra tutti,
Cassese, “Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale”, Milano, 2003. Vedi
anche, sull’indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento, Cucchi, “La
nuova disciplina della riscossione coattiva mediante ruolo (c.d. esecuzione esattoriale)”, Padova, 1999,
nonché, alla luce dello Statuto del contribuente, Abruzzese “Il principio di trasparenza negli atti
- 159 -
In
particolare,
dopo
che
la
Consulta222
ha
ritenuto
che
“l’obbligo di indicazione del responsabile del procedimento non
costituisce un adempimento di scarsa utilità”, la giurisprudenza
di merito, ha recepito siffatta interpretazione, connotando in
modo
differenziato
l’invalidità
derivante
dalla
violazione
dell’art. 7, comma 2, citato, ora ritenendo configurabile il
vizio di nullità, ora quello di illegittimità dall’atto 223. Da
qui, l’impellenza sentita dal Legislatore di dire la sua in
merito alla tipologia dell’eventuale vizio, statuendo che “la
cartella di pagamento di cui all’art. 25 del Dpr 602/1973, e
successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità,
l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a
ruolo e di quello di emissione e notificazione della stessa
cartella. Le disposizioni di cui al periodo che precedente si
applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a
decorrere
dal
responsabili
1°
dei
giugno
2008.
procedimenti
La
nelle
mancata
indicazione
cartelle
di
dei
pagamento
relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di
nullità delle stesse”224.
dell’amministrazione finanziaria alla luce dello Statuto dei diritti del contribuente”, op. cit., pp. 9 ss.;
Buscema, Forte, Santilli, “Statuto del contribuente, analisi dottrinale ed evoluzione giurisprudenziale”,
op. cit. , pp. 733 ss.; Magistro, “L’avviso di accertamento”, op. cit., 733 ss..
222
Cfr. Corte Cost., Ord. 05 novembre 2007 n. 377 (Pres. Bile, Red. Cassese), cit..
223
Ad esempio, CTR Roma, 24 gennaio 2008 n. 7, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it, ha
ritenuto che “la mancata indicazione del responsabile del procedimento nel corpo della cartella di
pagamento notificata al contribuente costituisce manifesta violazione dell’art. 7, comma 2, dello Statuto
del contribuente con conseguente illegittimità dell’atto della riscossione”; conforme CTP Lucca, 12
dicembre 2007, banca dati fisconline, www.ilfisco.it. Per la diversa sanzione della nullità della cartella
non recante l’indicazione del responsabile del procedimento, vedi CTP Bari, 10 dicembre 2007 n. 445,
in bancadati fisconline, www.ilfisco.it, secondo cui “è nulla la cartella di pagamento che non rechi
l’indicazione espressa del responsabile del procedimento in violazione dell’art. 7 dello Statuto del
contribuente dovendosi ritenere generalmente applicabili anche ai procedimenti tributari, fatte salve le
esplicte eccezioni, le disposizioni di cui alla L. 2411990. Tale adempimento è volto a garantire la
trasparenza e piena informazione del destinatario dell’atto, nonché fonte di responsabilità diretta del
funzionario incaricato, oltre ad assicurare il pieno diritto di difesa e tutelare il buon andamento e
l’imparzialità della pubblica amministrazione, bene giuridico costituzionalmente rilevante ex at. 97
Cost.”. Nello stesso senso, vedi anche CTP Lecce, 12 dicembre 2007 n. 517, in bancadati fisconline,
www.ilfisco.it. In senso contrario, CTR Venezia, 14 giugno 2007 n. 49, in bancadati fisconline,
www.ilfisco.it, secondo cui “l’art. 7 dello Statuto del contribuente non commina alcuna specifica
sanzione di nullità nell’ipotesi in cui nella cartella di pagamento notificata al contribuente sia omessa
l’indicazione del responsabile del procedimento. Peraltro, la sanzione della nullità degli atti riflette una
patologia talmente grave che deve trovare manifesta giustificazione ed espressione nella normativa di
riferimento”.
224
D.L. 31 dicembre 2007 n. 248 (G.U. 31 dicembre 2007 n. 302), legge di conversione 28
febbraio 2008 n. 31, art. 36, rubricato “disposizioni in materia di riscossione”, comma 4 ter, citata.
- 160 -
Occorre,
innanzitutto,
notare
la
natura
mista
di
tale
disposizione, interpretativa per il passato, innovativa per il
futuro.
In
specie,
il
Legislatore,
disponendo
la
nullità
testuale della cartella di pagamento per i “ruoli consegnati225
agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008”,
ha indirettamente riconosciuto l’essenzialità dell’indicazione
del responsabile del procedimento all’interno della struttura
della cartella di pagamento, dando, in qualche misura, risalto
alla
volontà
normativa,
quale
espressa
nello
Statuto
del
contribuente, circa il contenuto tassativo dell’atto tributario,
quale previsto del comma 2 dell’art. 7 citato.
Qualora,
dunque,
il
legislatore
non
avesse
aggiunto
l’altra
parte di norma, di natura interpretativa, volta ad escludere la
nullità dell’atto per il medesimo vizio, in relazione ai ruoli
consegnati prima del 01 giugno 2008, avremmo potuto pensare che
la questione circa la gradazione di invalidità, adottata per
l’ipotesi
di
mancata
indicazione
del
responsabile
del
procedimento, si fosse risolta come per l’ipotesi di carenza di
motivazione dell’atto ex art. 7, comma 1, L. 212/2000, sul cui
vizio, in tema di imposte sui redditi,
il legislatore era
intervenuto con la sanzione della nullità testuale, di tal fatta
riconoscendo implicitamente l’essenzialità dell’elemento de quo
per qualsiasi altro atto di natura tributaria, affetto, dunque,
da nullità strutturale.
Diversamente
a
dirsi,
la
legge
non
ha
di
certo
seguito
la
falsariga passata, escludendo espressamente che la riconosciuta
invalidità
potesse
costituire
motivo
di
nullità
strutturale
dell’atto per le ipotesi di invalidità pregresse.
D’altra parte, qualora lo stesso avesse ritenuto che la mancata
indicazione del responsabile del procedimento non potesse essere
225
Si rifletta, sul punto, che il momento spartiacque della consegna del ruolo, previsto dalla norma,
essendo attività interna dell’amministrazione finanziaria non compare nella cartella di pagamento,
ponendosi, la norma de qua, in evidente contrasto con i principi della trasparenza amministrativa, oltre a
non essere criterio adeguato al nuovo assetto normativo, il quale, volto a tutelare il momento esterno ed
intellegibile del procedimento, ha voluto espellere dal suo fulcro, ovvero abrogare, tutte le norme che in
qualche modo dessero rilievo alla formazione e consegna del “ruolo”, non monitorabili dal contribuente.
Con il riferimento alla consegna del ruolo, il Legislatore ha, in qualche modo, reso discutibile ed
indefinita il termine iniziale di efficacia della normativa, facendola divenire una mera condizione
sospensiva di natura potestativa. La norma, sotto il profilo de quo, si espone a fortissimi dubbi di
incostituzionalità.
- 161 -
inserito tra i vizi formali o tra le violazioni delle norme sul
procedimento, non invalidanti in relazione ad atti vincolati
secondo l’art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990, lo stesso non
avrebbe
sentito
riconoscendo
l’esigenza
la
gravità
di
del
salvare
vizio
per
salvabile226,
il
ruoli
ancora
non
consegnati.
Ci si domanda, quale scenario si sta prospettando in relazione a
giudizi ancora pendenti aventi ad oggetto cartelle di pagamento?
Innanzitutto, i giudici del merito non potranno che chiedersi se
le invalidità pregresse siano atte a provocare, a prescindere da
una diretta declaratoria di nullità dell’atto, l’annullamento
autonomo della cartella di pagamento per illegittimità di natura
invalidante, o se, l’intervento normativo, appositamente volto
a salvare i crediti dell’Amministrazione finanziaria ante legem,
debba ritenersi lesivo di vizi di identica natura e portata, con
evidente violazione dell’art. 3 Cost..
In particolare, l’indicazione del responsabile del procedimento
rappresenta
il
presupposto
procedimentale,
affinchè
si
possa
instaurare un corretto dialogo tra Amministrazione finanziaria e
contribuente, a tutela del coacervo di principi costituzionali
con
esso
protetti,
quali
il
buon
andamento,
l’imparzialità
dell’Amministrazione finanziaria, da un lato, e la tutela del
diritto di difesa del contribuente, dall’altro. Il significato
sostanziale
potrebbe
del
far
procedimento,
fondamentali
quale
pensare
quali
del
è
carico
che
le
espresse
sistema
l’art.
norme
dallo
tributario,
7,
comma
poste
Statuto,
come
a
2,
tutela
siano
tali
citato,
del
principi
connotati
da
imperatività. Se così stessero le cose e qualora il Legislatore
non avesse escluso in via interpretativa il vizio della nullità
per il passato, la violazione di siffatta norma posta a tutela
del
procedimento,
nullità
di
natura
avrebbe
dovuto
strutturale
(e
rappresentare,
l’avverbio
se
non
una
“tassativamente”
confermerebbe siffatta tesi), una nullità di natura virtuale,
connessa al significato inderogabile dello Statuto.
226
Sulla gestione “soluta” del potere legislativo, vedi C. Ricci, “Norme intruse ed abuso dei
decreti legge: la dichiarazione di incostituzionalità per carenza “evidente” dei presupposti di necessità
ed urgenza”, Riv. Dir. fin. e sc. delle fin., 2008, 4, pp. 97 ss..
- 162 -
L’esclusione normativa di siffatta impostazione interpretativa
porta, pertanto, solo a riflettere circa la natura invalidante
dell’illegittimità segnata. Rammentando la portata precettiva
dello Statuto, si dovrebbe escludere che i vizi del procedimento
e,
nel
caso
di
specie,
la
mancata
chance
di
un
giusto
procedimento in contraddittorio tra le parti, si possa ridurre
alla categoria delle mere irregolarità formali227, proprio in
virtù dei diversi interessi in gioco che contraddistinguono la
materia
tributaria
modello
ivi
rispetto
partecipativo
a
quella
correlato
amministrativa,
alla
posizione
ove
il
giuridica
soggettiva di interesse legittimo vantato dal privato non sembra
trovare
lo
speculare
parallelo
in
ambito
tributario
nel
parametro costituzionale della giusta imposizione ex art. 53
Cost.228,
alla
quale
anelano,
attraverso
l’esaltazione
delle
rispettive posizioni, sia l’amministrazione finanziaria ex art.
97 Cost. che il contribuente ex art. 24 Cost..
Sotto questo profilo è il Legislatore stesso che ha escluso la
natura non invalidante dell’illegittimità de qua, nella misura
in cui per le ipotesi future ha riconosciuto la gravità della
violazione, sanzionandola con la nullità.
Tra l’altro, anche se si ritenesse che le ipotesi di mancata
indicazione del responsabile del procedimento antecedenti alla
consegna del ruolo rappresentino vizi non invalidanti229, ci si
dovrebbe chiedere quali dovranno essere le loro sorti alla luce
dell’introduzione legislativa in discorso.
Sul
punto,
è
facilmente
percepibile
che
le
eccezioni
di
invalidità in corso non potranno che essere risolte in due modi
dal giudice del merito: potrà essere riconosciuta la natura
227
Ancora, nel diritto amministrativo, sulla figura del responsabile del procedimento, Renna, “Il
responsabile del procedimento nell’organizzazione amministrativa, in Dir. amm., 1994, 13 ss; Russo,
“La legge n. 241/1990 ed i nuovi aspetti della responsabilità amministrativa”, in Cons. Stato, 1992, 133
ss..
228
Sull’argomento, vedi E. De Mita, “Principi di diritto tributario”, IV ed., Milano, 2004, pp. 83
ss..
229
Si pensi, ad esempio, al principio consolidato, secondo cui la mancata indicazione dell’organo
giurisdizionale competente, richiesto tassativamente tra gli elementi dell’atto tributario dall’art. 7,
comma 2, L. 212/2000, non è vizio invalidante dell’atto, qualora il ricorso sia stato correttamente e
tempestivamente presentato. In giurisprudenza, ex plurimis, Cass. Sez. V, 19 dicembre 2002 n. 7558, in
banca dati fisconline, www.ilfisco.it.
- 163 -
invalidante del vizio di illegittimità dell’atto230, salvando i
giudizi in corso dalle lungaggini di una eventuale rimessione
della
questione
di
costituzionalità
della
norma
interessata;
oppure demandando alla Consulta, come da ultimo è stato anche
fatto231,
norma
la
che,
cartella,
questione
pur
di
legittimità
riconoscendo
mancante
di
costituzionale
espressamente
indicazione
la
del
di
nullità
una
della
responsabile
del
procedimento, al contempo lanci una scialuppa di salvataggio per
tutte quelle già emesse, affette dal medesimo vizio.
2.3.- Ancora, in tema di annullabilità dell’atto tributario.
Sulla
natura
meramente
formale
o
sostanziale
delle
norme
statutarie.
Il problema generale delle invalidità, ove non sia espressamente
comminata
la
relazione
nullità
al
vizio
dell’atto
tributario,
dell’annullabilità
si
del
complica
in
provvedimento
amministrativo. L’analisi della problematica parte dall’art. 21
octies della L. 241/1990. In particolare, l’attenzione della
norma de qua cade sul secondo comma, ove è previsto che non sia
annullabile “il provvedimento adottato in violazione di norme
sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura
vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto
dispositivo
non
avrebbe
potuto
essere
diverso
da
quello
in
concreto adottato”.
In
particolare,
vincolati emessi
la
norma
sembra
volta
a
salvare
gli
atti
in violazione delle norme sul procedimento o
sulla forma degli atti, salvo previo giudizio in ordine alla
correttezza del contenuto dell’atto.
C’è, in particolare, da chiedersi quali risvolti abbia tale
norma
di
stampo
amministrativistico
sul
sistema
tributario,
ricordando che lo Statuto del contribuente rammenta, al suo
230
Vedi nota di riferimento 13.
La CTR Venezia con ord. n. 8, 11 marzo 2008, dep. 10 giugno 2008, ha provveduto alla
trasmissione degli atti alla Consulta, promuovendo la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36,
comma 4 ter, D.L. 31 dicembre 2007 n. 248, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97 Cost., perché
lesiva “del principio di uguaglianza, del principio di difesa nonché dei principi di imparzialità e buon
andamento dell’attività della Pubblica Amministrazione”, in bancadati fisconline, www.ilfisco.it.
231
- 164 -
interno, delle norme che sono state ritenute tipicamente poste a
tutela
del
giusto
procedimento,
come
il
termine
utile
al
contraddittorio anticipato ex art. 12, comma 7, L. 212/2000232,
per la cui violazione il Legislatore non ha previsto alcuna
comminatoria
potrebbe
di
nullità
essere
testuale,
ricondotta,
per
né
tantomeno
carenza
di
la
un
stessa
elemento
essenziale dell’atto, alla categoria della nullità strutturale.
Sul tema, circa il presupposto della restrizione del regime di
annullabilità degli atti a quelli aventi carattere vincolato,
occorre, innanzitutto, chiedersi se i provvedimenti impositivi
emanati dall’amministrazione finanziaria abbiano siffatta natura
o meno.
Pur
non
essendo
questa
la
sede
per
addentrarsi
in
una
trattazione complessa circa la natura vincolata o meno degli
atti tributari, non sembra possa negarsi che l’atto tributario
sia
connotato
dall’assoluta
amministrativa233
nel
assenza
potere
di
di
discrezionalità
imposizione,
strettamente
connesso alla sussistenza dei presupposti fattuali e di legge
che giustifichino, in linea di principio, l’obbligo del privato
alla
contribuzione,
secondo
indici
di
capacità
patrimoniale
diretta, o comunque indiretta.
Tralasciando, dunque, tale aspetto e dandolo per presupposto
della nostra analisi sommaria e panoramica, il pericolo insito
nell’applicazione della norma de qua è che qualsiasi violazione
di legge, afferente norme procedimentali o sulla forma degli
atti,
non
sia
manifestazione
di
un
vizio
invalidante,
o
comunque, non rappresenti un autonomo motivo di annullamento,
avulso
da
un
previo
esame
meritorio
circa
l’illegittimità
sostanziale dell’atto, ovvero l’infondatezza della pretesa234.
232
Sull’argomento, vedi V. Azzoni, “Brevi note circa l’avviso di accertamento emanato in violazione del
termine utile al contraddittorio anticipato (art. 12, comma 7, L. 212/2000)”, in Il Fisco, 2007, 8, pp. 1 – 59;
Lombardi, “omessa redazione del processo verbale di verifica e violazione del principio del contraddittorio”, in
Boll. Trib., 2005, 13, pp. 1026 ss.. R. Miceli, Il diritto del contribuente al contraddittorio nella fase istruttoria, in
"Riv. Dir. Trib.", 2001, II, pag. 371.
233
Lupi, Motivazione degli atti impositivi e (ipotetici) riflessi tributari delle modifiche alla legge n.
241/1990, in "Dialoghi di diritto tributario" fasc. 4, 2005, pagg. 535-544
234
Sulla trasformazione in atto della natura del giudizio, da mero giudizio di “impugnazione –
annullamento”, a “giudizio sul rapporto giuridico”, nel diritto amministrativo, vedi “Procedimento
amministrativo – portata applicativa dell’art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990”, a cura di L. Carbone,
M. D’Adamo, in Corr. Giur., 2008, 1, 29.
- 165 -
Il legame a doppio filo e la dipendenza dell’eccepita violazione
di
norme
sul
procedimento
o
sulla
forma
dell’atto
con
una
eventuale infondatezza della pretesa ivi vantata, fa sì che il
riconoscimento
della
violazione
della
norma
procedimentale
o
sulla “forma” dell’atto, qualora sia applicata la disposizione
in esame, non trovi alcun tipo di autonoma tutela giudiziale,
non potendo – di per sé – condurre all’annullamento dell’atto
illegittimo, ma al più concorrere nella quantificazione di una
eventuale
condanna
alle
spese,
nell’ipotesi
di
annullamento
dell’atto infondato.
La Suprema Corte a Sezioni Unite235, dal canto proprio, si è
mostrata profondamente sensibile alla tematica del rispetto del
procedimento, intendendo comminare la nullità, forse virtuale,
in ogni caso sistematica, dell’atto emanato in violazione delle
regole sul procedimento. Alla luce di quest’ultimo intervento,
al
quale
poteva
seguire
il
riconoscimento
della
validità
dell’atto - perché in concreto legittimo e/o fondato, seppur
emesso a seguito di una sequenza procedurale incompleta, ovvero
illegittima
aderenza
–
sembra
dell’art.
opportuno
21
octies
ridimensionare
citato
alle
la
completa
peculiarità
della
materia tributaria ed alle fondamenta sostanzialistiche, sulle
quali
si
derivata
primaria
poggiano,
tutela
dei
sia
del
lo
Statuto
procedimento,
principi
da
del
contribuente,
inteso
quello
quale
promanati,
che
la
espressione
di
buona
amministrazione236, da un lato, e di tutela della difesa del
privato, dall’altro, fermo restando che i rapporti tra le parti
debbano
comunque
essere
improntati
a
collaborazione
e
buona
fede237.
La
mancanza
di
una
teoria
unitaria
delle
invalidità
e
le
problematiche connesse alle difficoltà di individuare le diverse
graduazioni di vizi invalidanti, impaccia qualsivoglia analisi
235
236
Si rimanda alla nota di riferimento n. 6.
F. d'Ayala Valva, Il volto nuovo del fisco. Riflessioni sull'attuazione dell'art. 97 della Corte
costituzionale, in Nuovi studi politici, 2003.
E. Della Valle, “L’affidamento nella certezza del diritto tributario (studi preliminari)”, Atena,
Roma, 1996.
237
- 166 -
delle
differenze
tra
categorie
giuridiche
di
invalidità
(annullabilità e nullità).
In particolare, seguendo l’art. 21 octies L. 241/1990 si rischia
di
annullare
totalmente
qualsiasi
forma
di
tutela
del
contribuente per vizi dell’atto o del procedimento, per i quali
non vi sia alcuna comminatoria espressa di nullità, qualora
l’esame giudiziale del merito riveli una sostanziale fondatezza
della pretesa.
Occorre
riflettere
sulla
citato,
acriticamente
possibilità
trasposto
nel
che
sistema
l’art.
21
tributario
octies
delle
invalidità, possa anche sanare nullità sistematiche latenti ed
espresse
e,
dunque,
tutti
quei
vizi
che,
pur
coinvolgendo
istanze garantistiche statutarie, anziché essere sottoposte ad
una previa declaratoria di nullità, portino ad un giudizio di
accertamento negativo, per raggiungimento dello scopo.
La confusione tra le prerogative proprie di ogni tipologia e
regime di vizio, d’altra parte, è facilmente percepibile nella
diatriba giurisprudenziale in tema di mancata indicazione delle
aliquote d’imposta concretamente applicate all’accertamento, ex
art. 42 Dpr 600/1973. Nonostante, difatti, la norma preveda che
il difetto de quo comporti la nullità espressa dell’atto, si è
discusso a lungo sulla natura invalidante o meno del vizio,
riconosciuta,
in
parte,
a
prescindere
dall’accertamento
meritorio delle conseguenze del vizio238, ma in parte, nelle
sole ipotesi in cui “il giudice di merito ritenga che tale
omissione non abbia pregiudicato il contribuente”239.
3.- Conclusioni.
Seppur la tematica delle invalidità debba dirsi ancora oggi
irrisolta, è opportuno non cadere in categorizzazioni assolute,
che
portino
ad
affermare
che
le
violazioni
delle
norme
sul
238
In tal senso, Cass., sez. V, 27 febbraio 2008 n. 15381, in bancadati fisconline, in www.ilfisco.it.
In tal senso, Cass., Sez. V, 05 febbraio 2008 n. 9784, in bancadati fisconline, in www.ilfisco.it.
Non ci sarebbe da meravigliarsi se ci si trovasse dinanzi al disconoscimento del vizio
invalidante della mancata indicazione delle aliquote, qualora il giudice ritenesse fondata nel merito la
pretesa.
239
- 167 -
procedimento o sulla “forma” degli atti siano mere irregolarità
o, comunque, vizi “non invalidanti”.
Se così fosse, a distanza di oltre otto anni dall’entrata in
vigore della L. 212/2000, si dovrebbe ritenere che tutte le
norme statutarie, preposte a tutela del giusto procedimento,
siano mere formalità e che la dinamica del rapporto non possa
trovare in esso adeguate garanzie. Pertanto, le gradazioni delle
invalidità, a tutt’oggi, non possono ritenersi cristallizzate
nelle specie volute dalla L. 241/1990, bensì assumono colori
distinti ed, a tratti, sorprendenti, non solo nella dinamica del
diritto vivente delle aule giudiziarie, ma anche nelle scelte
del Legislatore.
Nel lento percorso di affermazione delle garanzie statutarie di
buona amministrazione e difesa del contribuente, attraverso la
leale
collaborazione
tra
le
parti
nel
procedimento
e
nel
processo240, molte problematiche rimangono ancora irrisolte, sia
in relazione allo stato di avanzamento del sistema tributario
verso una effettiva
attuazione dei principi costituzionali e
statutari, sia la capacità dello Statuto di raccogliere domande
autonome e concrete di tutela di singole situazioni soggettive
attive, e rispondere ad esse con una sanzione “invalidante”241.
Gli interrogativi strettamente connessi sono in linea generale
ancora
imbrigliati,
trovando,
di
volta
in
volta,
singole
risposte, esemplificative, ma non sempre convergenti. E se, come
vuole Kierkegaard, è vero che “i concetti astratti sono, come la
linea retta, invisibili; visibili solo nelle concrezioni”242, lo
Statuto del contribuente è la nostra linea retta ed i suoi
contenuti, plasmati nella attuazione, ne sono la concrezione.
FINE
240
F. d’Ayala Valva, “L’onere della prova ed il principio di collaborazione fra pubblica
amministrazione e contribuente nella fase amministrativa e nella fase processuale”, in “Riv. Dir. Trib”.
Fasc. 4, 2002, 264-281.
241
Sulla necessità di tutela effettiva del cittadino, in relazione a tutte le situazioni giuridiche
soggettive, a prescindere da categorizzazioni assolute, vedi A. Proto Pisani, “Le tutele giurisdizionali dei
diritti”, Jovene, Napoli, 2003, pp. 709 ss..
242
S. Kierkegaard, “Papirer”, a cura di P.A. Heiberg – V. Kuhr – E. Torsting, Kobenhavn, 1909 –
1949, II, A, 496.
- 168 -
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