Casa della Donna» alla Werkbundausstellung

Formato a tema 010
La «Casa della Donna» alla Werkbundausstellung
Colonia 1914
a cura di Giovanni Longobardi
prefazione di Carlo Severati
Copyright © MMXV
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–8986–6
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
2
II edizione: dicembre 2015
Indice
Prefazione
Carlo Severati
05
1. Prologo. La «Haus der Frau» nell’Offizieller Katalog
der Deutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914
07
2. Architettura, al femminile
11
3. Haus der Frau
I disegni e le fotografie dell’epoca
21
4. La casa costruita dalle donne
25
5. Storia e progetto. La ricostruzione della Haus der Frau
35
6. Haus der Frau
Le protagoniste
51
7. La mostra
Galleria Embrice, 8 marzo 2015
61
8. Estetica dell’esistenza Il Deutsche Werkbund e Heinrich Tessenow
69
Giovanni Longobardi
Despina Stratigakos
Stefano Balzanetti
Maurizio Gargano
Crediti
87
Prefazione
Carlo Severati
Come è evidente dai contenuti, dai logo delle partnership e dai nomi degli
autori, questo volume costituisce la tessera di una pièce che solo un arresto, speriamo momentaneo, della rete dei collegamenti non ha consentito
sinora di evidenziare pienamente. Gli Attori di questa pièce, che vale la
pena di ricordare qui, sono una piccola APS, cinque Strutture Statali di
Ricerca, Didattica e servizio culturale, il Goethe Institut Italien Roma;
attori che hanno operato con una serie di collegamenti (specifici e a-specifici, come My Byke Inside) in rete e a livello Nazionale. La detta pièce,
o kette, collana di avvenimenti, si concluderà nel corso del 2015, con due
pubblicazioni a stampa e in rete, un Catalogo della Mostra Una iniziativa
di pace in tempo di guerra (organizzata dalla Biblioteca Centrale di Architettura
della Sapienza, Roma) replicata in quel mese a Livorno; in rete infine, il
testo Documenta Köln, contenente, tradotti in italiano, i principali documenti della Werkbundausstellung del 1914 a Colonia.
Queste pagine confermano la circostanza che l’interesse specifico per le
questioni squisitamente sovrastrutturali del bello e del giusto riposano su
basi strutturali, relative alla politica, alla economia ed alla cultura della
Società Tedesca dalla rifondazione dello Stato alla guerra.
Confermano inoltre che la Ausstellung costituisce una autopsia anticipata
della Germania del 1919: una autopsia che mostra tanto le qualità di un
metabolismo straordinariamente avanzato quanto chiare sintomatologie
della sua prossima fine.
Nella Verkehers Halle, secondo quanto recita lo Offizieller Katalog, sono
esposti vagoni ferroviari, automobili, biciclette. Ma anche aerei e modelli
5
di dirigibili; la Amministrazione della Marina da guerra espone modelli di
navi e la Cabina Ufficiali di un Incrociatore in costruzione disegnata da
Walter Gropius. Mentre, d’altro canto, qui a puro titolo di esempio, le
donne tedesche della Renania Westfalia mostrano livelli di preparazione
culturale, di capacità organizzative e progettuali, di sensibilità alle problematiche internazionali e qualità figurativa decisamente avanzate, se non
all’avanguardia, almeno allineate ai migliori livelli del quadro europeo.
Di tutto ciò mi sono occupato ampiamente nel precedente numero di
questa Collana.
Voglio ricordare che solo il Contributo finanziario e organizzativo del
Goethe e il dedito, gratuito lavoro di tutte le persone, strutturate e non,
nelle Università e nei Licei Artistici, hanno consentito la realizzazione di
questo Evento del Centenario in ambito italo-tedesco.
6
1. Prologo
La Haus der Frau1 nell’Offizieller Katalog der
Deutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914
1
Traduzione italiana di Christa Pardatscher.
Per la prima volta un’esposizione mette a disposizione delle donne, e in
particolare delle donne che lavorano nel campo delle arti applicate, una
casa tutta per loro. Si è cercato di mostrare quanto la donna artigianaartista si sia impadronita delle tecniche dei vari mestieri e si è tentato di
offrire un panorama delle sue capacità espressive, della sua fantasia e
delle sue idee artistiche. Anche qui vige il rigore, il corretto uso dei materiali e l’attenzione al bello, secondo i principi del Werkbund tedesco e
le linee guida di questa esposizione. Sarebbe sbagliato cercare in questa
Casa idee geniali o creazioni artistiche eccentriche, soprattutto perché si
tratta di un campo che deve essere ancora lentamente conquistato dalle
donne. La Casa della donna costituisce quindi una pietra miliare per
quello che è lo sviluppo di mestieri femminili che hanno cominciato a
esistere solo da pochi decenni.
Tutto quello che si trova in questa Casa è stato eseguito seguendo i progetti elaborati da donne. Alcune opere sono state realizzate direttamente
da loro e altre sono state realizzate industrialmente sotto la stretta vigilanza delle autrici dei progetti. Non c’è settore che la donna non abbia
cercato di affrontare: dalla costruzione, all’elaborazione della planimetria,
alla progettazione del giardino. Anche gli interni sono stati realizzati da
un architetto donna e con questo si è voluto dimostrare che esse hanno
tutte le capacità necessarie per rendere accogliente gli spazi abitativi. Il
settore del tessile, tradizionalmente un settore femminile, è naturalmente
molto presente e si possono ammirare lavori di ricamo, lavori di pizzo,
7
A lato e nella pagina a fianco:
Figure 1.1. e 1.2. Le pagine 199 e 200 del Offizieller
Katalog der Deutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914,
Berlin 1914.
8
9
lavori al telaio, tappeti annodati e realizzati meccanicamente. Non mancano tessuti per tendaggi e modelli per la realizzazione di carte da parati
e per il linoleum.
Uno spazio relativamente grande è stato dedicato alla “Moda tedesca”
che aderisce allo stile francese cercando di evitarne gli eccessi e rendendo
la moda più consona alla donna tedesca. I tessuti utilizzati sono stati prodotti in Germania.
La sezione dedicata alla scuola cerca di mostrare la tendenza attuale a
sviluppare nel bambino il senso e il gusto per la qualità del materiale e a
stimolare la sua fantasia attraverso lavori creativi. Sono documentate le
attività praticate dalle donne, da diversi anni, nelle scuole femminili che
hanno dato risultati soddisfacenti. Un’altra sezione è stata dedicata ai
mestieri del mondo della produzione libraria, della grafica applicata e dei
manifesti. Alcune rappresentanti dell’arte pura (reine Kunst) sono state invitate a esporre le loro opere migliori in una sezione riservata. Sono state
chiamate anche scultrici che hanno contribuito all’abbellimento della
Casa con una fontana e altre opere. Non mancano naturalmente la ceramica, un’arte applicata vicina alla scultura, le stufe, i camini, le piastrelle,
i vasi, le ciotole e gli oggetti in porcellana, sia nella forma di oggetti di
uso quotidiano sia in quella di piccole sculture. Inoltre, sono stati esposti
lavori di oreficeria e vetri dipinti, sempre realizzati da donne. Anche nel
campo della fotografia la donna sembra aver conquistato un ruolo di
primo ordine.
Inoltre, per tutta la durata dell’Esposizione un comitato di donne di Colonia si occuperà dell’arte dell’ospitalità e integrerà in maniera piacevole
il rigore razionale della Casa con iniziative artistiche di vario genere.
10
2. Architettura, al femminile
Giovanni Longobardi
Nell’ambito delle manifestazioni programmate in occasione del centenario della mostra del Werkbund di Colonia del 1914, il Goethe-Institut
Rom ha ospitato, nel settembre del 2014, un workshop di architettura.
Questo catalogo raccoglie i materiali di una mostra, inaugurata nella Galleria Embrice a Roma l’8 marzo 2015, per raccontarne lo svolgimento.
Il workshop è stato organizzato dal Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, con il coordinamento di chi scrive e di Maurizio
Gargano, la collaborazione di Stefano Balzanetti e di Giulia Napoli e la
partecipazione degli studenti Marta Macciò, Marta Massacesi, Renato
Moro e Tiziano Sorgi.
Su invito di Carlo Severati, abbiamo deciso di dedicare il workshop alla
Haus der Frau, uno dei padiglioni meno noti della mostra, meno documentati dal catalogo ufficiale e dalle pubblicazioni dell’epoca. Tutti i padiglioni dell’esposizione ebbero vita breve a causa dell’inizio della prima
guerra mondiale, ma la casa delle donne sembra aver sofferto in maniera
particolare delle frettolose vicissitudini che ne segnarono l’organizzazione. Per noi, tale carenza di documenti è stata implicitamente un motivo di interesse, per un edifico più o meno consapevolmente tenuto in
disparte dai promotori della mostra o di chi si occupò della diffusione
dell’iniziativa; ma al contempo anche un rischio di non riuscire, nello
spazio della settimana di lavoro assegnata al workshop, a raggiungere un
risultato concreto, minimamente giustificato da elementi verificabili.
I materiali che seguono sono così l’esito di una piccola sfida, che non
può far altro che aprire a nuove ricerche più meditate e sistematiche, ma
11
che fa almeno intuire come la Haus der Frau sia stato il crocevia di alcune
vicende molto rilevanti della lunga e complessa affermazione della modernità in architettura, ulteriore conferma che il rinnovamento delle
forme e dello spazio procedeva come espressione del rinnovamento dei
modi di vita, della struttura sociale e delle istanze per il riconoscimento
di diritti politici. La casa costruita dalle donne a Colonia nel 1914, e presto dimenticata, sembra essere un luogo di osservazione privilegiato di
questi temi e, come tale, merita di essere ulteriormente indagata.
1
Cfr. DESPINA STRATIGAKOS, Architects in Skirts: The
Public Image of Women Architects in Wilhelmine Germany, «Journal of Architectural Education», 55/2,
November 2001, pp. 90-100; e Id., Women and the
Werkbund: Gender Politics and German Design Reform,
1907-14, «Journal of the Society of Architectural
Historians», 62/4, December 2003, pp. 490-511,
nel quale è contenuto il paragrafo The house that
Women Built, dedicato alla Haus der Frau.
2
H.W. BROCKMANN, Das Haus der Frau - und die Frau
des Hauses, 1913, in copertina.
12
Il clima culturale di quegli anni e l’immagine pubblica delle donne architetto nella Germania guglielmina sono stati ampiamente analizzati da Despina Stratigakos, che, nell’articolo tradotto in queste pagine, ha dato
anche la più completa descrizione della Haus der Frau, inquadrando la sua
realizzazione in rapporto agli obiettivi del Deutscher Werkbund e alle storie personali delle diverse donne che ne curarono il programma espositivo
e il progetto1. Ne emerge chiaro che il padiglione è il punto di arrivo di
un fermento cresciuto nella comunità delle donne interessate ad affermare
il loro nuovo ruolo nella società dell’epoca, che trova finalmente un importante riconoscimento pubblico; e che suscita, a seconda dei casi, attenzione, allarme, irrisione, come testimoniato dal carro allegorico del
Carnevale di Colonia, ritratto in un disegno del 19132, dove il padiglione
progettato da Margarete Knüppelholz-Roeser - in forme caricaturali ma
molto ben riconoscibile, con i suoi portali in ceramica e anche con gli alberelli di arte topiaria - è sormontato da una monumentale scarpa femminile guidata da una “donna di casa” che, tenendo un Cupido per le
redini, calpesta un gruppo di mariti dotati di corna ramificate.
Partiamo dal catalogo ufficiale della Werkbundausstellung e dal tono paternalistico con cui il padiglione viene presentato in apertura: «Sarebbe
sbagliato cercare in questa Casa idee geniali o creazioni artistiche eccentriche, soprattutto perché si tratta di un campo che deve essere ancora
lentamente conquistato dalle donne»3. Troppi sarebbero, in una sola
«Das Haus der Frau», Offizieller Katalog der
Deutschen Werkbund-Ausstellung Köln 1914, Berlin
1914, pp. 198-200.
4
ADRIAN FORTY, Parole e edifici. Un vocabolario per
l’architettura moderna, Pendragon, Bologna 2004. Cfr.
in particolare il capitolo Sulla differenza: maschile e
femminile, pp. 42-61.
3
In basso:
Figura 2.1. Cartolina con vista aerea dell’area dell’Esposizione.
frase, i corsivi necessari a sottolinearne le sfumature: idee geniali, creazioni
artistiche eccentriche, lentamente conquistato. Molti temi sono già qui. Siamo
sul bordo, progressivamente sempre più sfocato, fra le distinzioni fino
ad allora certe e rassicuranti che consegnavano i sessi alle proprie sfere
di competenza, discipline, abilità naturali. Maschile e femminile in architettura, come ha scritto Adrian Forty4, erano state per secoli, dal Rinascimento in poi, due opposte e ben definite categorie di giudizio che
affondavano le loro radici nell’appartenenza di genere degli ordini architettonici. Nel discorso convenzionale, il maschile riassumeva tutte le caratteristiche dell’architettura migliore: solidità, rigore, proporzioni,
chiarezza; il femminile - tranne poche eccezioni - era di per sé sinonimo
13
In alto:
Figura 2.2. Dettaglio della planimetria generale
dell’Esposizione. La Haus der Frau è indicata con
il n. 31; con il n. 33 il Werkbund-Theater di Van de
Velde, con il n. 40 gli Uffici e la Fabbrica di Gropius, con il n. 28 la Festhalle di Behrens.
5
Ibid., p. 49. Il passo citato proviene da Architettura.
Saggio sull’arte, Marsilio, Padova 1967, con introduzione e traduzione di Aldo Rossi, p. 105.
14
di disapprovazione per un’architettura priva di specifiche qualità che le
permettessero di essere definita maschile. Sono femminili l’eccesso di decorazione, di snellezza, ma anche di bucature su una facciata («Sono i
corpi lisci che producono effetti maschi in una decorazione», scrive Boullée5), come i tratti distintivi propri del rococò. La Haus der Frau, un’architettura tutta rigorosamente fatta da donne, getta scompiglio in questa
chiave interpretativa tradizionale. I giudizi del pubblico e dei critici dell’epoca devono misurarsi con un paradosso: definire femminile un edificio
progettato da donne appare improvvisamente inappropriato, di segno
incerto. Le critiche perciò vertono prevalentemente su quella che si delinea come un’aspettativa disattesa, o peggio un tentativo di dissimulazione. La semplicità e la chiarezza, l’assenza di eccessi decorativi
diventano questa volta un difetto, perché non rispettano lo stereotipo
femminile che vorrebbe i loro prodotti leziosi, sovrabbondanti e kitsch;
ma riconoscendo così, implicitamente, che si tratta di buona architettura.
Presso gli osservatori desta sconcerto soprattutto la riuscitissima e
astratta facciata principale, fatta di quelle “masse lisce” che più maschili
non si potrebbe, secondo i canoni di Boullée. E forse, lo sconcerto implica anche la rimozione della sua immagine dal discorso pubblico della
mostra. La Haus der Frau, nella fase di programmazione, forse grazie alle
donne influenti presenti nel suo comitato, si era assicurata una posizione
di prim’ordine nel disegno urbano della Werkbundausstellung, andando
a occupare il lato verso il fiume di una piazza cruciale, sulla quale si
aprono il Teatro di Van de Velde, il padiglione di Gropius e la Festhalle
di Behrens. Eppure, il suo prospetto nudo non compare mai, nemmeno
di scorcio, nelle riprese esterne di questi edifici di tre maestri riconosciuti,
tra i più noti e documentati dell’intera operazione.
Il discorso su questa irruzione femminile nei campi professionalmente occupati da uomini architetti, artisti e artigiani, viene consegnato così all’interiorità, ai «molti e incantevoli prodotti delle arti di sartoria, le
graziose soluzioni per la casa, la recente riforma del lavoro manuale nei
A lato:
Figura 2.3. Vista dell’Esposizione. Sulla sinistra il
padiglione di Gropius, sullo sfondo quello di Behrens. La Haus der Frau è sulla destra, coperta dalla
Bremen-Oldenburger Haus (n. 44 in planimetria).
PETER JESSEN, L’Esposizione del Deutsche Werkbund
a Colonia, 1914, in Jahrbuch des Deutschen Werkbundes
1915, Bruckmann, München 1915, p. 30, tr. it. di
Flavio Cuniberto.
7
Ivi.
8
ADOLF LOOS, Il principio del rivestimento, 1898, in
Parole nel vuoto, Adelphi, Milano 1972, p. 79.
6
programmi delle scuole femminili e così via»6, perché «la donna può rendere il miglior servizio a sé stessa e alla patria se cerca di realizzare le sue
ambizioni in quei campi in cui è naturalmente superiore all’uomo e può
esprimersi perciò al massimo livello. In questo caso potrà muoversi a
suo agio, senza cercare “attenuanti” per i suoi risultati»7. Argomento che
- depurato da una misoginia neppure tanto coperta - si potrebbe dire di
ascendenza semperiana, per quel riconoscimento della primogenitura del
rivestimento e delle arti tessili, tradizionalmente femminili, in architettura,
nella loro funzione di protezione del corpo e di delimitazione dello spazio («In principio fu il rivestimento», scrive Adolf Loos, parafrasando
l’incipit del Vangelo di Giovanni8). In ciò delimitando un dominio tutto
femminile su quanto riguarda la domesticità, l’abitabilità dello spazio e
sul tema decisivo della Bekleidung, che in tedesco designa indifferentemente il rivestimento architettonico e l’abbigliamento. Non è un caso
che molte delle donne riunite nell’impresa della Haus der Frau provenissero proprio da questo settore e dal movimento di riforma del vestiario
15
Cfr. passim D. STRATIGAKOS, Architects in Skirts, cit;
e Id., Women and the Werkbund, cit.
10
BRUNO TAUT, La nuova abitazione. La donna come
creatrice, Gangemi, Roma 1986, pp. 15 e 89.
9
In basso:
Figura 2.4. Lilly Reich, Abito da mattina in lana
bianca con maniche ricamate, da Questions of Fashion, in «West 86th».
(http://www.west86th.bgc.bard.edu/)
16
femminile (Reformkleidung)9, a cominciare da Anna Muthesius che ne era
presidente, Else Oppler-Legband, direttrice amministrativa, Lilly Reich,
nel ruolo di coordinatrice generale. Lungo questa linea di impegno nell’arredamento, le acquisizioni delle donne architetto saranno molte e determinanti per l’architettura moderna. Di lì a poco si stabiliranno due
sodalizi epocali per il design di interni, quello di Charlotte Perriand con
Le Corbusier e della stessa Lilly Reich con Ludwig Mies van der Rohe.
Per non dire della Frankfurter Küche di Margarete Schütte-Lihotzky e dei
paralleli lavori statunitensi di Christine Frederick e Lillian Gilbreth, senza
il contributo delle quali non sarebbe nemmeno immaginabile per noi il
modernismo in cucina. Ma se il topos della cucina è l’ambiente della casa
che forse scardina definitivamente la tradizionale opposizione tra decorativismo/femminile e funzionalità/maschile, è anche quello che consegna ancora una volta le donne al loro destino di casalinghe. «Sono esse
stesse le vere creatrici della casa, e tutto quel che non tiene conto di ciò,
va definitivamente perso: “l’architetto propone, la casalinga dispone” […
] Solo adesso che, liberandosi la donna, si è aperto un nuovo orizzonte
anche per l’uomo, egli potrà edificare la nuova casa. Libertà, versatilità e
disponibilità nel seguire la nuova via, pronta ormai da tempo, saranno
una conseguenza della liberazione della donna […] Adesso che nelle
stanze non si può nascondere più neanche un topolino, che la muffa è
sparita e che i merletti non adornano più finestre, lampade e tavoli, ben
altro potrà venir richiesto dalla casa», scrive negli stessi anni Bruno Taut10.
In definitiva, gli aspetti dell’interieur sono evidentemente determinanti
nell’interpretazione della Haus der Frau, ma sono forse anche quelli che
rischiano di oscurare la reale portata di questo edificio e la sua modernità.
Seguendo la loro “naturale” inclinazione verso la domesticità, le organizzatrici avrebbero ben potuto pensare al loro padiglione come una
“casa”, come altre ce ne sono nella Werkbundausstellung, ma non lo fecero. Il progetto di Margarete Knüppelholz-Roeser è invece, dal punto
di vista tipologico, morfologico e programmatico, a tutti gli effetti un
In alto:
Figura 2.5. Karl Friedrich Schinkel, Altes Museum,
Berlino, 1825.
Cfr. D. STRATIGAKOS, Women and the Werkbund,
cit., p. 503.
12
Ivi.
11
museo: un edificio per esposizioni che nulla concede alle carinerie dell’architettura domestica dell’epoca e che del museo osserva il dispositivo
planimetrico, i canoni di severità e di aulicità. La pianta rispecchia il tipo
da manuale durandiano dell’impianto cruciforme intersecato da un percorso anulare perimetrale. Come in Durand, e come nel suo adattamento
operato da Schinkel nell’Altes Museum di Berlino, a cui la Haus der Frau
è topologicamente molto vicina, il cuore dell’edificio è nel centro, in questo caso una grande sala quadrata illuminata dall’alto sulla quale si
aprono, lungo l’asse maggiore, da un lato un palcoscenico e dall’altro
una sala da tè. In questo complesso centrale - proprio come nelle sale
centrali dei musei, concepite come “templi” dedicati a rituali pubblici si svolgevano manifestazioni artistiche e politiche curate da un apposito
comitato11. Il percorso anulare, che avvolge con sale e gallerie in sequenza
il nucleo centrale, fu indicato dalla Oppler-Legband come una «sezione
puramente pratica»12 e potremmo immaginarlo come una successione di
ambienti e gallerie allestiti a tema.
Tra i circa trenta spazi indicati nella pianta pubblicata sul catalogo ufficiale, disponiamo, allo stato attuale, di sole due immagini di interni, sala
da pranzo e biblioteca, due ambienti - va sottolineato - che non compaiono nella legenda e che quindi potrebbero essere stati situati nella serie
di sale da 9 a 13 e da 16 a 24 dedicate all’Arredamento di interni. Tuttavia
né la disposizione planimetrica né il confronto con i prospetti forniscono
elementi per confermare tale posizione. In particolare, la prima foto ritrae una sala da pranzo, su progetto di Annemarie Moldenhauer. Nell’interpretazione che ne abbiamo dato durante il workshop, come si
specificherà meglio in seguito, essa sembra corroborare l’idea di questo
edificio pensato come museo; potrebbe trattarsi cioè di uno stand realizzato nell’ambiente 27 che sfrutta quello che dall’indicazione schematica
in pianta sembrerebbe un sistema di vetrine illuminate dall’alto, e che darebbe appunto un significato museale alla facciata nuda, liscia e senza aperture di cui si è detto, altrimenti poco comprensibile. La vetrina sulla
17
destra della foto non è ben leggibile, ma si tratta di soluzioni allestitive
in luce naturale piuttosto diffuse all’epoca, presenti anche in altri padiglioni della stessa Werkbundausstellung, come per esempio nella sala allestita da Otto Prutscher nel padiglione austriaco13.
A lato:
Figura 2.6. Otto Prutscher, Sala dei musei austriaci,
Padiglione dell’Austria nella Mostra del Werkbund
di Colonia, 1914.
18
In alto:
Figura 2.7. Alexe Altenkirch, Composizione grafica
per le industrie Zanders.
La seconda foto, la biblioteca su progetto di Alexe Altenkirch, è forse la
più nota della Haus der Frau, l’unica immagine architettonica pubblicata
sul numero di «Moderne Bauformen»14 che documenta la mostra. Anche
in questo caso, come meglio si vedrà in seguito, non è facile localizzare
l’ambiente sulla pianta dell’edificio in base agli spazi che si vedono di
scorcio, alla provenienza della luce, alla tenda o sipario che si vede sulla
destra; né vi è traccia di una possibile scala che rechi al soppalco. Si sa
che questa biblioteca fu acquistata dall’industriale della carta Hans Zanders di Bergisch Gladbach, con il quale la Altenkirch collaborò a lungo,
e adattata nella sua residenza15. La fondazione Zanders ne conserva ancora oggi alcuni elementi. Con un blow-up molto spinto, si può anche riconoscere nel quadro centrale sopra il divano una planimetria di Bergisch
Gladbach e immaginare - ma siamo ormai nel campo delle pure supposizioni - che la fotografia potrebbe riferirsi invece alla biblioteca nella
sua seconda configurazione: un piccolo enigma, che conferma la provvisorietà delle nostre acquisizioni e la necessità di proseguire nelle ricerche su questo edificio.
«Dekorative Kunst», XVII, 10, luglio 1914, p.
473.
14
«Moderne Bauformen», agosto 1914, p. 444.
15
Cfr. D. STRATIGAKOS, Women and the Werkbund,
cit., p. 504.
13
19
In alto:
Figura 3.1. Un disegno di progetto anonimo della
Haus der Frau pubblicato su Bauwelt, 1914. La
monumentalità degli ingressi di questa versione enfatizza l'austera geometria del padiglione. La didascalia allegata chiarisce come la forma dell'edificio
sia completamente determinata dall'articolazione
degli spazi espositivi interni. Immagine tratta da
STRATIGAKOS D., Women and the Werkbund, cit., p.
501, figura 6.
Nella pagina a fianco:
Figura 3.2. Planimetria generale, Esposizione del
Werkbun, Colonia, 1914. La Haus der Frau è il n.
31. Procedendo in senso orario, gli edifici adiacenti
sono: l'edificio industriale di Walter Gropius (n.
40), il teatro di Henry van de Velde (n. 33), la Festhalle di Berhens. Immagine tratta da «Jahrbuch
des deutschen Werkbund», Bruckmann, München
1915.
20