PIL o BES?
Che cos’è questa diavoleria, voi mi chiedete? Nessuna paura! Non è una formula,
di quelle strambe, che ci sono nei quiz per fottere i figli dei nostri Carabinieri, che si
vogliono arruolare.
Il PIL è il Prodotto Interno lordo. Non vi preoccupate. Di lordo, cioè di sporco,
ci sono solo alcuni nostri politici.
Il Prodotto Interno Lordo è il valore totale dei beni e servizi prodotti in un
Paese da parte di operatori economici residenti e non residenti nel corso di un anno, e
destinati al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle
esportazioni nette (esportazioni totali, meno importazioni totali). Non viene quindi
conteggiata la produzione destinata ai consumi intermedi di beni e servizi consumati e
trasformati nel processo produttivo per ottenere nuovi beni e servizi.
Il PIL può essere considerato come:
- la produzione totale di beni e servizi dell'economia, diminuita dei consumi
intermedi ed aumentata delle imposte nette sui prodotti (aggiunte in quanto
componenti del prezzo finale pagato dagli acquirenti); tale ammontare è pari
alla somma dei valori aggiunti a prezzi base delle varie branche di attività
economica, aumentata delle imposte sui prodotti (IVA, imposte di
fabbricazione, imposte sulle importazioni) e al netto dei contributi ai
prodotti (contributi agli olivicultori, alle aziende comunali di trasporto, ecc.);
il PIL è, infatti, il saldo del conto della produzione;
- il valore totale della spesa fatta dalle famiglie per i consumi e dalle
imprese per gli investimenti; vale infatti l'identità keynesiana, Y = C + G + I +
(X – M), dove Y è il PIL, C sono i consumi finali, G è la spesa dello Stato, I
gli investimenti, X le esportazioni e M le importazioni; l'identità vale in
quanto la quota del prodotto destinata alla vendita, ma non effettivamente
venduta, si traduce in un aumento delle scorte, che sono una componente
degli investimenti.
Il PIL è detto Interno in quanto comprende il valore dei beni e servizi prodotti
all'interno di un paese (indipendentemente dalla nazionalità di chi li produce). Più
precisamente, si considera la produzione di beni e servizi:
- effettuata da operatori residenti, ovvero da operatori che hanno sul
territorio dello stato il centro dei loro interessi, o che compiono operazioni
economiche e finanziarie sul territorio dello stato per un periodo di tempo di
almeno un anno;
- nel territorio economico dello Stato, che coincide con il territorio politicoamministrativo a meno delle seguenti eccezioni:
Il PIL è detto Lordo perché è al lordo degli Ammortamenti (per ammortamento
si intende il procedimento con il quale si distribuiscono su più esercizi i costi di beni a
utilità pluriennale, che possono essere di diversa natura).
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Come ogni misurazione economica, il PIL può essere misurato in termini reali o
termini nominali.
Misurare il PIL in termini nominali vuol dire misurarlo nel suo valore espresso in
moneta attuale, esprimerlo in termini reali vuol dire depurarlo delle variazioni dei
prezzi dei beni prodotti. Dividendo il PIL nominale per il PIL reale si ottiene un indice
chiamato "deflatore del PIL". Il PIL reale, al contrario di quello nominale, può essere
confrontato fra anni diversi. Da notare che il deflatore del PIL misura la variazione
dei prezzi di tutti i beni prodotti (siano essi beni di consumo o di investimento, siano
essi consumati da residenti o esportati) ed è quindi diverso dal tasso di inflazione, che
misura la variazione dei prezzi dei soli beni di consumo presenti sul mercato interno,
compresi quelli importati.
Il concetto di PIL, e anche il modo di calcolarlo, si sono perfezionati nel tempo a
partire dalla sua nascita e, nel corso del tempo, il PIL si è guadagnato una posizione di
preminenza circa la sua capacità di esprimere o simboleggiare il benessere di una
collettività nazionale. Ma non sono state risparmiate al PIL critiche molto dure, anche
a partire da un'epoca in cui il concetto non era così noto e dominante.
« Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones, né i
successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende
l'inquinamento dell'aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le
nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana. Comprende programmi
televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce
con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della
salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro
momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori
familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei
rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra
saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò
che rende la vita degna di essere vissuta »
Tratto da un discorso tenuto da Robert Kennedy il 18 marzo 1968 alla Kansas
University.
L'idea che il PIL sia un numero relativamente poco significativo è sempre più
condivisa. Il dibattito in materia è intenso anche a livello istituzionale. A titolo di
esempio, il 19 e 20 novembre 2007 si è tenuta a Bruxelles la conferenza
internazionale “Beyond GDP” (“Oltre il PIL”) organizzata dalla Commissione europea,
dal Parlamento Europeo, dall'OCSE e dal WWF. La conferenza ha richiamato leader
politici, rappresentanti di governo ed esponenti di istituzioni chiave come la Banca
Mondiale e le Nazioni unite con l'obiettivo di chiarire quali possano essere gli
indicatori più appropriati per misurare il progresso. Sempre a testimoniare la
crescente attenzione del mondo politico per il tema, il presidente francese Nicolas
Sarkozy nel corso della conferenza stampa di inizio 2008, ha annunciato di aver
incaricato due premi Nobel per l'economia, l'americano Joseph Stiglitz e l'indiano
Amartya Sen, di riflettere su come cambiare gli indicatori della crescita in Francia.
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«Bisogna cambiare il nostro strumento di misura della crescita», ha detto Sarkozy,
convinto che contabilità nazionale e PIL abbiano «evidenti limiti» che non rispecchiano
«la qualità della vita dei francesi».
Il tema interessa da anni gli studiosi di diversi ambiti della conoscenza.
Recentemente si è sviluppato un intenso dibattito multi-disciplinare sorto in seguito
all'evidenza empirica riguardante il diffuso disagio e le sperequazioni esistenti nelle
società a reddito avanzato. Il dibattito ha portato alla creazione di numerosi indici di
benessere o di crescita alternativi al PIL.
Il principale indicatore proposto come alternativa al PIL che tiene conto delle
principali critiche poste ad esso, è il Genuine Progress Indicator (GPI), in italiano
"indicatore del progresso reale". Il GPI ha come obiettivo la misurazione dell'aumento
della qualità della vita (che a volte è in contrasto con la crescita economica, che invece
viene misurata dal PIL), e per raggiungere questo obiettivo distingue con pesi
differenti tra spese positive (perché aumentano il benessere, come quelle per beni e
servizi) e negative (come i costi di criminalità, inquinamento, incidenti stradali).
Simile a questo indice esiste un Prodotto interno lordo verde introdotto da
alcune province cinesi.
Tutti i nuovi indicatori, che diversi studiosi stanno valutando, hanno la comune
caratteristica di riconoscere la limitata significatività del prodotto interno lordo e la
sua inadeguatezza come dato espressivo del reale benessere di un Paese. In proposito,
esistono tuttavia posizioni più “radicali”: quelle di chi reputa che gli indici, ovvero i
numeri, siano ben poco espressivi del fatto economico e del valore. Di qui la scarsa
attendibilità del PIL e il giudizio negativo sul sistema dei prezzi come sistema
esclusivo di misurazione del valore e sull’economia vista come gara alla conquista di
numeri sempre più grandi capaci di esprimere solo cifre sempre più grandi di denaro.
Di qui, più in generale, i dubbi sulla possibilità di quantificare - qualunque sia il sistema
adottato - la misura di variabili che presentano legami indissolubili con il tema della
qualità della vita, ovvero di sottoporre il valore – che «ha un senso, non un prezzo» – a
operazioni di misurazione in senso stretto.
Di recente è nato, su iniziativa del CNEL e dell’ISTAT, iI progetto per misurare
il Benessere equo e sostenibile (BES), che si inquadra nel dibattito internazionale sul
cosiddetto “superamento del Pil”, stimolato dalla convinzione che i parametri sui quali
valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico,
ma anche sociale e ambientale, corredati da misure di diseguaglianza e sostenibilità.
Questo sito offre strumenti d’informazione sul progetto e consente a cittadini,
istituzioni, centri di ricerca, associazioni, imprese di contribuire a definire “che cosa
conta davvero per l'Italia”.
Il Comitato di indirizzo sulla misura del progresso della società italiana,
composto da rappresentanze delle parti sociali e della società civile, ha identificato le
12 dimensioni del benessere rilevanti per il nostro Paese.
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La Commissione scientifica per la misura del benessere ha poi selezionato 134
indicatori di elevata qualità statistica appropriati per misurare i domini identificati
dal Comitato.
In quest'area, ogni numero rappresenta una dimensione del benessere. Al
passaggio del mouse su ciascun numero si visualizzano gli indicatori relativi alla
specifica dimensione. Cliccando sul numero, infine, si va alla pagina contenente tutte le
informazioni relative alla dimensione prescelta: concetti di base, variabili considerate
per la rappresentazione del dominio, indicatori individuati.
Vi elenco le diverse dimensioni del benessere: Salute, Istruzione e formazione,
Lavoro e conciliazione tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e
istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale,
Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi.
Buona ricerca e buona lettura!
Palermo, 21 marzo 2013
Antonio Pappalardo
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