Giorgio Grossi - Società Italiana di Scienza Politica

XXIV CONGRESSO SISP – Venezia 16-17-18 settembre 2010
flussi di comunicazione politica che nelle pratiche discorsive di pubblicizzazione di issue, valori ed
Sezione: Comunicazione politica
appartenenze; dall’altro, lo statuto e il funzionamento concreto della sfera pubblica è spesso
Panel: La politica on line fuori dalla rete: attori, processi, meccanismi
nebuloso, allusivo, scarsamente analizzato nelle sue articolazioni concrete. Cosa significa oggi
“pubblicizzazione” (publicness) nelle sfere pubbliche delle democrazie di vecchia o nuova
istituzione? Come operano le pratiche discorsive nell’intreccio tra on-line ed off-line? Come
convive la crescente frammentazione sociale (e comunicativa) con i precipitati deliberativi dei
La sfera pubblica nell’epoca della Rete: chiavi interpretative e questioni aperte
processi di opinion-building dentro le sfere pubbliche nazionali o transnazionali? Come cambiano i
Giorgio Grossi (Università di Milano-Bicocca)
processi di mediazione e di intermediazione, caratteristici dell’evoluzione storico-sociale della
democrazia e della sfera pubblica ad essa collegata? Come incide sulla partecipazione dei cittadini
(versione provvisoria)
alla sfera pubblica mediata e virtuale la trasformazione della politica sia in termini di engagement e
di empowerment, sia sul terreno dei valori, delle issue, delle identità?
Cercherò dunque di avviare in questo intervento una riflessione più puntuale e più analitica
su questo insieme di tematiche connesse alla triangolazione democrazia-sfera-pubblica-rete,
cercando di argomentare alcuni di questi nodi problematici, al fine di contribuire alla costruzione
Come ha opportunamente osservato Peter Dahlgren alcuni anni fa, lo sviluppo prorompente
e pervasivo di Internet ha favorito una riflessione sull’impatto dei new media sulla sfera pubblica,
al fine di una possibile rivitalizzazione della democrazia nelle società della tarda modernità. Nel
contempo, da più di un decennio, molti autori hanno messo in luce il problema di una “crisi della
democrazia” – trasformazione, involuzione, qualità – cercando di individuarne i motivi nelle
grandi trasformazioni socio-economiche e politiche degli ultimi venti anni.
Il punto di vista che sottende questo mio intervento intende appunto collegare strettamente
il destino della democrazia con l’assetto e il funzionamento della sfera pubblica nell’epoca storica
della Rete, partendo dal presupposto che ogni ondata di “democratizzazione” o, come nella fase
recente, di “de-democratizzazione” della società (Tilly) è strettamente collegata ad un andamento
analogo nella sfera pubblica e nel suo funzionamento.
Questa “marcatura” dell’ambito di analisi non è affatto scontata o auto evidente, ma serve
ad escludere dall’universo di riferimento tutte quelle posizioni o prospettive che minimizzano il
rapporto tra sfera pubblica e democrazia (dubitando dell’esistenza della prima, o riducendola a
semplice modello normativo, lontano dalla realtà sociale), e quelle che – euforicamente o
disforicamente – si concentrano solo sul nesso sfera pubblica-internet, senza una adeguata
problematizzazione degli elementi e delle relazioni sistemiche che tale binomio comporta oggi con
riferimento alla democrazia stessa.
Infatti, se da un lato è difficile negare che le trasformazioni della sfera pubblica nelle
società post-moderne sono sempre più interconnesse con la crescente pervasività di Internet sia nei
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di una moderna teoria della sfera pubblica nell’epoca della Rete, cioè di una società post-moderna
che presenta caratteristiche distintive rispetto alle configurazioni sociali che l’hanno preceduta.
L’analisi e la ricerca su questo terreno ci permettono ormai di mettere in campo alcune
chiavi interpretative di contesto ormai consolidate; nello stesso tempo danno spazio a nuovi
interrogativi che attendono ancora delle risposte convincenti. In questa sede cercherò di illustrare
tre chiavi di lettura già accreditate e due questioni problematiche più controverse.
1. La “democrazia del pubblico”, ovvero dalle società di massa alle società individualizzate
transnazionali
La ben nota e fortunata tipologia di democrazia di Manin assegna alla fase attuale –
diciamo gli ultimi vent’anni, dopo la caduta del Muro – una conformazione di società democratica
che trova riscontro in molte analisi delle trasformazioni delle società post-industriali (Touraine,
Giddens, Beck, ecc.) e che recentemente alcune studiose di nuovi media hanno sottolineato come
tipiche di un processo di “social shaping” prodotto e favorito dalle stesse ICT (LievrouwLivingstone). Troviamo infatti qui operante una processo ambivalente (ed apparentemente
contraddittorio): da un lato si afferma la “società degli individui”, attraverso tendenze di demassificazione, sia culturale che politica, che sono il risultato congiunto della crisi dei partiti di
massa e della loro funzione di rappresentanza politica e culturale; dall’altro si costituisce una
“società dei pubblici” che instaura con la leadership e il potere un rapporto diretto, personale, “im2
mediato”, neo-plebiscitario, in un contesto sociale in cui la relazione politica è prevalentemente
filtrata dal sistema dei media. In entrambe le tendenze un peso determinante può essere assegnato
2. La mediatizzazione della politica e della sfera pubblica, ovvero da fasi di pubblicizzazione a
al ruolo dei nuovi media in quanto capaci di contribuire alla costruzione del nuovo ambiente
fenomeni di de-pubblicizzazione
sociale: individualizzato e nel contempo de-spazializzato, e quindi in grado di favorire la
personalizzazione ma anche la riaggregazione su basi sempre diverse.
La democrazia del pubblico ed i connessi processi di individualizzazione che oggi
Questo nuovo assetto relazionale porta contemporaneamente a ridefinire i sistemi di
investono il funzionamento della sfera pubblica soprattutto in relazione alla pervasività di Internet,
rappresentanza (le forme dei legami di appartenenza sociale) ma anche le modalità di attivismo
allo sviluppo del Web 2.0 e delle piattaforme di social networking sono, come è noto, il precipitato
politico e di civic engagement. La ben nota metafora anticipatoria del “villaggio globale”, nella sua
di un processo storico più lungo che ha prodotto prima la mediatizzazione della cultura
configurazione ossimorica, può ancora una volta ben interpretare questa fase di passaggio: accanto
(Thompson), poi la mediatizzazione della sfera pubblica e dell’opinione pubblica (Grossi), infine
ad un processo di disembedding dai tradizionali legami spaziali, temporali e sociali, spinto spesso
la mediatizzazione della politica (Bennet e Entman). Al di là della diversa periodizzazione di
oltre i confini territoriali dello stato-nazione, cui i nuovi media contribuiscono attivamente creando
ognuno di questi processi, quello che è importante qui richiamare è che – come per la democrazia
le condizioni di interazioni comunicative (e quindi culturali) altamente personalizzate e persino
(Tilly) – anche per la sfera pubblica ci possiamo trovare di fronte a tendenze emancipative o
frammentate, assistiamo alla costruzione di uno “spettacolo politico” della democrazia dentro cui
regressive delle dinamiche cognitive e simboliche che stanno alla base del funzionamento delle
si formano pubblici, target, fandom, che si riconoscono come fruitori eterodiretti di un processo
sfere pubbliche dei diversi paesi o degli ambiti sovranazionali. Infatti, se la mediatizzazione è un
partecipativo collettivo, in cui l’infotainment mescola sempre più e contamina i linguaggi della
dato acquisito, diversa può essere l’articolazione delle pratiche comunicative ad essa connesse: se
politica con quelli dello show-business.
si ampliano gli spazi di discussione, di partecipazione dal basso, di costruzione dell’opinione
In questo nuovo scenario la sfera pubblica (o le diverse sfere pubbliche) si trova ad operare
pubblica, ci troviamo di fronte ad una fase di pubblicizzazione (cioè di democratizzazione), in cui
in un contesto altamente differenziato: sull’asse locale-globale, per quanto riguarda le modalità di
la mediatizzazione (e le tecnologie ad essa connessa) ha una funzione proattiva, liberatoria e di
publicness, cioè le forme di pubblicizzazione e il loro livello di generalizzazione a secondo
innovazione culturale; se invece si riducono gli spazi di discussione o il dibattito è meramente
dell’ambito prescelto per questo tipo di agency; sull’asse mediazione-intermediazione per quanto
retorico, se si disincentiva la partecipazione dei cittadini a favore del presenzialismo delle elite, se
concerne le pratiche comunicative e i format discorsivi, perché le nuove tecnologie digitali
si conculcano le opinioni e si favorisce il conformismo culturale, allora la mediatizzazione svolge
mediatizzano quasi tutte le relazioni sociali, e nel contempo riducono i momenti di
un ruolo di deprivazione, di freno che spinge verso la de-pubblicizzazione (e la de-
intermediazione, in nome di una “democrazia personalizzata”.
democratizzazione) della società stessa.
Infatti se la fase della democrazia del pubblico sembra rispondere ad un maggiore
E’ su questo terreno, ad esempio, che nell’ultimo decennio si sono confrontato due modelli
convolgimento diretto dei cittadini – senza il filtro dei partiti di massa - , è anche vero che non
di mediatizzazione della sfera pubblica attraverso la Rete: quello dei movimenti, che ha spinto
attiva una vera democrazia diretta, ma rafforza spesso, su basi neo-populiste, una relazione di
verso la pubblicizzazione, utilizzando Internet secondo strategie e repertori di agency tutti orientati
dipendenza one-to-many tra leader e “cittadini individualizzati”. E ciò contribuisce sia a svuotare il
al potenziamento della sfera pubblica dal basso, all’empowerment di gruppi e profili di attori
ruolo della sfera pubblica stessa – da spazio della discussione ad ambito dell’identificazione - sia a
sociali, all’innovazione politica e culturale; e quello dei partiti tradizionali, orientati invece ad
minimizzare le potenzialità offerte dalla Rete come infrastruttura capace di sviluppare le
utilizzare prevalentemente i siti-vetrina come megafoni, riproduttori, disseminatori di flussi
dinamiche comunicative su nuove basi relazionali.
comunicativi preconfezionati, finalizzati al mantenimento delle gerarchie interne, alla riproduzione
Questa diversa configurazione sia della società che della democrazia costituisce perciò il
del consenso, alla conservazione politica e culturale.
nuovo contesto di riferimento per l’articolazione della sfera pubblica: muta infatti sia il terreno
Tuttavia, il risultato finale – cioè il precipitato storico-sociale che assume una determinata
dell’azione politica, sia l’ambito delle modalità comunicative, aprendo in modo dialettico la
sfera pubblica in una società democratica – non è mai il prodotto di un solo processo, ma è sempre
possibilità di apertura/chiusura della stessa publicness.
l’esito di un insieme di interazioni ed interdipendenze che sulla base delle forze in campo – partiti,
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gruppi, movimenti, istituzioni, governi, apparati economici – determina di volta in volta il grado di
potere politico, i giornalisti e gli esponenti dei partiti di massa impegnati nell’intermediazione
pubblicizzazione e quindi il livello di democratizzazione.
cognitiva e simbolica a favore dei cittadini: o per catturarne il consenso o per veicolarne il
In questo senso lo stesso fenomeno di mediatizzazione della sfera pubblica – con
dissenso, per affermare i valori dominanti o per rivendicare nuovi diritti.
accentuazioni top-down o bottom-up a seconda degli interessi e delle forze in campo – porta
Oggi tuttavia, la fase evolutiva – quella di cui abbiamo parlato più sopra – sembra
sempre ad un risultato e ad una articolazione concreta che è la conseguenza di queste dinamiche
caratterizzata da una tendenza inversa, in cui sembrano affermarsi processi di dis-intermediazione,
opposte. Anche nella fase storica della “democrazia del pubblico” quindi la configurazione della
che fanno progressivamente svanire tutti i filtri, le camere di compensazione, i luoghi deputati, i
sfera pubblica, per quanto prevalentemente de-pubblicizzata, non viene mai meno alla sua valenza
ruoli professionali che avevano in passato garantito una sfera pubblica mediatizzata ma ancora
sociale e collettiva, perché non può essere mai del tutto vanificato il ruolo infrastrutturale che essa
dotata di publicness, cioè di trasparenza e capacità emancipativa, sia pure in nuovo formato
svolge nella società democratica.
“rappresentativo”.
Questi processi di dis-intermediazione si sposano col passaggio dalla
democrazia dei partiti alla democrazia del pubblico, nella quale, come si è già accennato, prevale
3. Sfera pubblica e disintermediazione: un’ipotesi interpretativa della crisi della democrazia
la costruzione di un legame politico (ma anche comunicativo) diretto tra elite politica (e
leadership) e cittadini, dentro processi di individualizzazione che trovano riscontro in una cultura
L’ipotesi che qui vorrei avanzare con riferimento al tema in questione – le trasformazioni
della personalizzazione e della customizzazione tipica del mercato dei beni di consumo.
della sfera pubblica nell’epoca della Rete – si fonda su un assunto analitico che ho più ampiamente
Anche in questa prospettiva, ovviamente, la Rete svolge un ruolo centrale e nello stesso
argomentato in altra sede e che qui mi limito a richiamare sinteticamente. Se noi ci riferiamo alla
tempo ambivalente: da un lato aumenta infatti le richieste di dis-intermediazione – che la
fase cruciale di sviluppo delle società industriali e dei processi di democratizzazione – seconda
tecnologia favorisce e promuove - facendo venir meno quel “flusso della comunicazione a due
metà dell’800, primi del ‘900 – caratterizzata non solo dai processi di nation-building ma anche di
stadi” caratteristico delle prime fasi della società di massa e dei vecchi media analogici ; dall’altro
diffusione dei partiti di massa, notiamo che la configurazione della sfera pubblica assume un
promuove una ri-politicizzazione dal basso del dibattito pubblico, aprendo spazi di partecipazione
assetto ben diverso da quello ipotizzato da Habermas nella sua prima versione della
prima non ipotizzabili per i settori meno integrati della società civile. In questo senso il nuovo
Oeffentlichkeit. Al posto dello spazio pubblico dialogico face-to-face dei caffè e dei salotti
scenario delle tecnologie digitali ripropone, su basi nuove, il tema della configurazione concreta
settecenteschi – incompatibile con la nascente società di massa – viene costruita una nuova
della sfera pubblica, sostituendo tuttavia ai dispositivi di intermediazione nuove modalità di
publicness mediatizzata, una nuova arena virtuale, attraverso il sistema dei media e dell’industria
interazione che al momento non sono del tutto chiare nei loro esiti finali.
culturale. In questa fase tuttavia – chiamata “capitalismo dei media “ da K. Eder e “democrazia dei
partiti” da B. Manin – nella sfera pubblica mediatizzata le dinamiche cognitive e discorsive tipiche
4. La “cyber-trasformation” della sfera pubblica come approssimazione concettuale o come
di questo ambito sociale sono attivate prevalentemente attraverso processi e dispositivi di
ridefinizione dello statuto stesso della publicness?
intermediazione. Si è trattato infatti di introdurre formati discorsivi, ruoli comunicativi e ambiti
dibattimentali che permettano un funzionamento della sfera pubblica mediatizzata compatibile con
Dunque la situazione attuale – caratterizzata dal pieno dispiegamento della democrazia
una crescente società di massa basata sull’inclusione generalizzata nella cittadinanza ma anche
del pubblico e dalla pervasività dei processi di mediatizzazione della politica, unitamente
sulla divisione cognitiva del lavoro (Habermas). I dispositivi di intermediazione – attivati,
all’evoluzione delle ICT verso una crescente “ubiquità”, “interattività” e “ricombinazione”
negoziati e gestiti sia dall’alto che dal basso, cioè sia dalle istituzioni che dai movimenti –
(Lievrouw-Livingstone) – sembra portare verso una vera e propria cyber-transformation della sfera
riguardano le infrastrutture comunicative (i media disponibili), i ruoli degli interlocutori (chi
pubblica, come la definisce Dahlgren in uno dei suoi ultimi e più compiuti saggi sul nostro oggetto
prende la parola e che legge/ascolta), i format discorsivi (commenti, cronaca, interviste, dibattiti),
di riflessione. Una trasformazione che pare nuovamente incidere sulla natura e l’assetto della sfera
le regole argomentative, le norme procedurali. Così la sfera pubblica mediatizzata di questa fase
pubblica stessa.
storica – ancora fondata sull’industria della carta stampata e poi sulla radio – vede il governo, il
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Tuttavia, nel dibattito e nella letteratura scientifica che si è andata accumulando
nell’ultimo decennio – al di là delle ovvie diverse prospettive e degli inevitabili esiti empirici
base esistono le condizioni storico-sociali che rendono possibile la dimensione fondativa della
sfera pubblica stessa, cioè la sua specificità comunicativa, argomentativa e cognitiva.
differenti sulle direzione dei processi e delle pratiche legati alla publicness off-line ed on-line –
Ecco perché ho richiamato in precedenza l’importanza dei dispositivi di intermediazione
regna spesso una certa approssimazione nell’uso dei concetti base del nostro campo di analisi, che
come fattori determinanti per il passaggio da una configurazione storico-sociale di democrazia e di
finisce per interagire negativamente con le nuove ipotesi interpretative messe in campo per
publicness ad un’altra: perché è su questo terreno concreto della messa in atto di un modello
analizzare le trasformazioni in atto. Prima di formulare dunque alcune possibili risposte a questo
teorico che si può in primis valutare se si può parlare di sfera pubblica in senso più o meno
interrogativo, occorre chiarire preventivamente alcune questioni concettuali.
democratico e partecipato. Ed anche il recente dibattito – che qui non possiamo richiamare – sui
Il primo di questi concetti fondativi spesso frainteso è proprio quello di sfera pubblica.
processi di dis-intermediazione ma anche sui meccanismi di ri-intermediazione (Edwards,
Come è noto, questo termine è stato introdotto per la prima volta da Habermas nel suo famoso
Blanchard), dimostra come la stessa ambivalenza della Rete nella cyber-trasformation della sfera
lavoro del 1962 (però tradotto in inglese solo trent’anni dopo, nel 1989) ed è stato ampiamente
pubblica si gioca soprattutto sulle forme di gestione/organizzazione dei nuovi linguaggi e delle
criticato soprattutto nell’area anglosassone. Tale concetto tuttavia può essere ovviamente
nuove modalità interattive.
sottoposto ad obiezioni ed osservazioni ma non può essere utilizzato o reinterpretato fuori dal
La seconda questione controversa riguarda un aspetto strettamente collegato alla crescente
paradigma habermasiano (che è fondato sulla dimensione cognitivo-discorsiva dello spazio
importanza delle ICT nella ridefinizione delle forme di relazione-interazione sociale tanto nella
pubblico, e sulla funzione emancipativa della publicness), né può essere continuamente accusato di
società at large quanto nella sfera pubblica in senso stretto: la crisi della comunicazione politica
essere normativo e non fattuale (come se dovessimo vanificare molte acquisizioni del pensiero
tradizionale (Blumler e Gurevitch, Bennet e Entman, Dahlgren). Tale fenomeno, ben analizzato da
weberiano perché spesso elaborate tramite “tipi ideali”).
parecchi studiosi, è in primo luogo il prodotto della dissoluzione del sistema politico tradizionale
A ciò si aggiunge il fatto che molta sociologia contemporanea ha letto la prima opera di
(in Italia diremmo della fine della Prima Repubblica), ma anche, e soprattutto, la conseguenza
Habermas con molto ritardo rispetto al periodo storico di riferimento (la fine degli anni Cinquanta
dalla crisi della politica stessa, come forma di agency collettiva. La democrazia del pubblico
in Germania, in pieno clima francofortese) e continua a fare riferimento a quella prima versione di
infatti, bypassando la mediazione dei partiti di massa e sposando il “going public” del leader-
“sfera pubblica”, trascurando che a metà degli anni Ottanta Habermas stesso pubblica la sua opera
presidente, modifica l’idea stessa di relazione politica, di vissuto politico, di universalismo
più importante – La teoria dell’agire comunicativo – in cui pone l’azione comunicativa come
programmatico, di interesse collettivo. Nascono quindi, e sempre più si sviluppano, nuovi modi di
fondamento dei mondi della vita nella società, in perenne conflitto con la logica dei sistemi e con il
intendere l’impegno civile e la pratica politica. Emergono così quelle forme di “post-politica” già
connesso agire strumentale che tenta di colonizzarli. Ed inoltre dimentica che, a metà degli anni
tratteggiate da alcuni autori: life-politics (Giddens); sub-politics (Beck); lifestyle politics (Bennet).
Novanta, nella sua nuova opera Fatti e norme, Habermas rivisita e riformula la sua teoria della
E’ su questo terreno infatti che i movimenti, le associazioni, i gruppi territoriali
sfera pubblica alla luce delle società della seconda modernità, ormai mediatizzate, differenziate ed
promuovono una nuova idea di politica, soprattutto intesa come pratica extra-istituzionale e de-
individualizzate.
burocratizzata che trova nella Rete, nei suoi punti di forza interattivi e linguistici, una alternativa
Questo insieme di imprecisioni ha portato così il dibattito sul ruolo della Rete e dei nuovi
media nei processi di rilancio o di rivitalizzazione della sfera pubblica in una direzione inadeguata
alla “politica del consumo” gestita tramite i vecchi media nel modello neo-populista della
democrazia del pubblico.
(o addirittura non pertinente). Partecipazione, accesso, empowerment, engagement sono modalità
Non è quindi corretto far derivare la crisi della sfera pubblica dalla disgregazione della
costitutive della publicness ad una condizione: che producano relazioni comunicative, pratiche
comunicazione politica – magari sulla spinta dei nuovi media individualizzanti. Ed ha quindi
discorsive, ambiti dibattimentali orientati alla costruzione di opinione pubblica (ed eventualmente
ragione Dahlgren quando stigmatizza certe letture pessimistiche o liquidatorie del ruolo della Rete
di deliberazioni) per controllare/condizionare/influire sulle scelte del potere politico. L’unicità o la
nel rilancio della sfera pubblica, perché in essa troviamo piuttosto le tracce, ancora limitate ma
molteplicità delle sfere pubbliche, la loro portata nazionale o transnazionale, la contrapposizione
ricche di potenzialità, di nuove forme di publicness, diverse da quelle tradizionali ma non per
tra on-line ed off-line, o peggio tra “virtuale” e “fattuale” sono problemi di secondo livello: alla
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questo estranee allo spirito ed al ruolo della sfera pubblica stessa. Per usare con più precisione le
oppongono al regresso della sfera pubblica verso il “conformismo di massa”. E’ in questo senso
parole di Dahlgren stesso:
che mi sembra necessario utilizzare la nozione di contentious politics (Tilly e Tarrow) come
“Internet è alla testa dell’evoluzione della sfera pubblica, e se la dispersione delle sfere
strumento analitico principale in questa nuova fase.
pubbliche in generale sta contribuendo al già destabilizzato sistema della comunicazione
Nella sfera pubblica globale o nelle sfere pubbliche multisettoriali innervate dalle ICT la
politica, specifiche contro-sfere pubbliche in Internet stanno anche aiutando i cittadini
competizione – comunicativa, cognitiva e simbolica – tra vecchie e nuove forme della politica, tra
impegnati a giocare un ruolo nello sviluppo di una nuova politica democratica”.
vecchie e nuove forma di partecipazione, tra vecchie e nuove forme di intermediazione è diventata
ormai la normale articolazione di ogni modalità di publicness. Al posto delle sole pratiche
5. La ri-politicizzazione della sfera pubblica tramite la Rete come nuovo terreno di azione per una
discorsive e/o deliberative di matrice argomentativa, assistiamo oggi ad un repertorio più ampio e
contentious politics?
variegato di atti comunicativi che sono anche immediatamente forme di agency politica – l’agire
politico come agire comunicativo e viceversa – e che si muovono su una nuova piattaforma di
Fin dalle sue prime configurazioni storico-sociali dunque la sfera pubblica ha avuto, come
publicness: on-line ed off-line, pubblico e privato, individuale e collettivo, ragione e sentimento,
si è accennato, un profilo doppio: da un lato, è stata l’ambito cognitivo-simbolico in cui si è
interazione ed organizzazione, informazione e mobilitazione appaiono sempre più come
perseguito il modello di “nazionalizzazione delle masse” tramite l’uso simbolico della politica
dimensioni complementari delle modalità in cui si manifesta la contentious politics nei movimenti,
attraverso il sistema dei media; dall’altro, è diventata terreno di scontro-confronto per
nella società civile, sul territorio, nelle comunità virtuali.
l’affermazione di nuovi diritti, di nuove forme di partecipazione dal basso, di un ideale di “bene
In questo senso dunque la ri-politicizzazione della sfera pubblica – come si è già
comune” come fondamento della convivenza sociale. E’ ancora valido oggi, in pieno sviluppo
osservato - non indica solo una tendenza regressiva verso il controllo, il “doping” e la
delle ICT, questo paradigma interpretativo in una sfera pubblica sempre più dominata dalla logica
normalizzazione del dibattito pubblico (tendenza del resto ineliminabile anche nella metafora di un
economica, dal marketing e dalla pubblicità?
A questo interrogativo molti reagiscono
“Leviatano” democratico), ma esprime anche dinamiche opposte che mirano a rivendicare la
negativamente, altri operano dei distinguo, qualcuno addirittura risponde con entusiasmo proattivo.
dimensione conflittuale e quindi pienamente politica dell’agire comunicativo in questo ambito
La mia posizione in proposito – come già implicito in molte delle cose dette in precedenza – è che
strategico per i destini delle società democratiche. In questo senso il potere comunicativo – reso
anche nel campo della sfera pubblica la configurazione dei fenomeni sociali è sempre il prodotto di
più evidente dall’evoluzione delle tecnologie e dalla loro diffusione sempre più generalizzata –
interazione-confronto tra rapporti di forza nel campo di riferimento. Come non è mai esistita una
diventa una risorsa maggiormente accessibile, ancorché distribuita in modo diseguale, e riporta al
sfera pubblica dialogica ed illuminata come quella originariamente tracciata da Habermas, così non
centro della discussione sulla natura e la funzione della sfera pubblica il tema latente (ma mai del
esiste oggi una sfera pubblica totalmente asservita alla logica economica, al potere delle
tutto occultato) della “comunicazione per il potere” e non solo della “comunicazione per la
multinazionali, alla globalizzazione dei mercati. Per usare un felice paradosso utilizzato
deliberazione di governo”.
recentemente da Eder, si tratta oggi piuttosto di “difendere la ragione nella sfera pubblica contro la
sfera pubblica stessa”, malata di gossip, populismo, sensazionalismo e spettacolarizzazione.
Da questo punto di vista allora forse dovremmo cambiare anche alcuni termini del nostro
vocabolario scientifico e culturale: invece di “comunicazione politica” bisognerebbe cominciare a
E se è vero che, come già sottolineato, una cattiva politicizzazione dall’alto è in atto
parlare più precisamente di contentious politics communication, con ciò intendendo quei repertori
attraverso il crescente superamento dei dispositivi di intermediazione che soli possono garantire
di azioni comunicative specifiche che mirano, incessantemente, a costruire i conflitti politici per
nella pratica sociale il rispetto delle regole di discussione, della scelta dell’agenda, della reciprocità
difendere ed allargare la democrazia.
del contraddittorio, della terzietà dei ruoli dibattimentali, della stessa logica argomentativa (le
“verità avvelenate” di cui parla Franca D’Agostini), è anche indiscutibile che con la diffusione
della Rete rileviamo dinamiche di politicizzazione dal basso della sfera pubblica stessa attraverso
forme comunicative, linguaggi ed esperienze di interazione sociale che contrastano, resistono, si
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