NATALINO SAPEGNO Mattioli umanista ed editore Nel 1960, commemorando Camillo Giussani, Raffaele Mattioli ebbe a dire: «Se . . è ancora qui,. . . tra noi, non è certo disposto, come non lo fu mai, a salire su un piedistallo».' Otto anni prima, commemorando Croce, diceva ancora: Non vi parlerò dunque di un morto, ma d'un vivo, un vivo che amava le liete compagnie, la conversazione fra persone di spirito; che aveva sempre pronto un frizzo, un aneddoto da raccontare e di cui era il primo a divertirsi e a ridere; che, come il dottor Faust, solo tra gli uomini si sentiva completamente uomo, e socraticamente provava e riprovava la sua filosofia tra la gente di ogni rango, nella vita di ogni giorno.2 Anche Raffaele Mattioli, se fosse qui, rifiuterebbe senz'altro ogni tipo di discorso che potesse in cpialche modo sconfinare nel panegirico o nell'agiografia; ogni tentazione di esaltazione retorica. Insomma, anche lui si rifiuterebbe di salire su un piedistallo; non per modestia, ché modesto certamente egli non era. E lo sapeva; aveva, anzi, una chiara consapevolezza dei privilegi della sua cultura e del suo ingegno ed era uomo pronto a giudicare le cose con severità, a esprimere sui fatti e sulle persone giudizi taglienti a volte, qualche volta anche feroci. Di lui, quindi, occorre parlare nel modo appunto che egli diceva a proposito di Croce, come di un uomo che voleva vivere tra gli uomini, che solo tra gli uomini si sentiva completamente uomo, che provava e riprovava la sua filosofia fra la gente di ogni rango, nella vita di ogni giorno. I. RAFFAELE MATriou, Comntemorazione di Camino Giussani detta nell'adunanza del Consiglio di Amministrazione del xvin febbraio MCMLX, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1960, p. n. Il testo della commemorazione è riprodotto anche in Raffaele Mattioli 27 luglio-27 agosto 1973, Milano. Banca Commerciale Italiana, ottobre 1973, pp. 197-201. 2. RAFFAELE Marriou, Commemorazione di Benedetto Croce al Rotary Club di Milano il tx dicembre MCMLII, Napoli, L'Arte Tipografica, 1957; anche in RAFFAELE MArriou, Fedeltà a Croce, Milano, All'insegna del Pesce d'Oro, 1966, pp. 9-19. La citazione a p. n. Il testo della commemorazione è riprodotto in Raffaele Mattioli 27 luglio . . . 1973, cit., pp. 203-9. 95 NATALINO SAPEGNO Questo vale anche per la sua figura di uomo di cultura, di umanista, che deve essere continuamente reimmersa in esperienza viva, in esperienza di vita. Certo, dell'umanesimo di Mattioli si potrebbe parlare in molti modi; si potrebbe ritornare a dire quello che egli fu come grande organizzatore di cultura, ricordare la magnifica collezione dei classici italiani che egli promosse, che egli volle e curò, che si continua ancora oggi nel suo nome.' Si potrebbe rievocare l'uomo di grandi e straordinariamente varie letture, che anche si dilettava di poesia, che traduceva nelle ore di tempo libero Coleridge e Shakespeare. Ma, in tal modo, non si farebbe che ripetere cose ovvie e risapute e un tantino superflue. Credo che occorra andare più a fondo e, anzitutto, cercare di rendersi conto della qualità di quella cultura, della sua vastità e varietà e, insieme, della sua unità profonda; e, intanto, illuminare meglio la sua attività, al di là dei fatti più noti. Se la Collezione Ricciardi della «Letteratura Italiana. Storia e Testi», è entrata in ogni biblioteca di persona colta in Italia, meno conosciute sono le altre iniziative di questo genere che Mattioli promosse e portò innanzi con lena instancabile. Parallela alla collezione dei classici, e non certo meno importante, c'è l'altra iniziativa editoriale che egli volle sotto il segno della Banca Commerciale Italiana: la collana di studi di storia economica italiana dal Settecento fino alla prima guerra mondiale;2 iniziativa insigne per novità di ricerche e prestigio di collaboratori. i. «La Letteratura Italiana. Storia e Testi», Direttori Raffaele Mattioli, Pietro Pancrazi, Alfredo Schiaffini, Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1951 e segg. Il piano editoriale prevedeva l'ordinamento delle sezioni a cura di: Alfredo Schiaffini per «Le Origini e il Duecento», Natalino Sapegno per «Il Trecento», Raffaele Spongano per «Il Quattrocento», Francesco Flora per «Il Cinquecento», Giovanni Getto per «Il Seicento», Mario Fubini per «Il Settecento», Riccardo Bacchelli per «l'Ottocento e il Primo Novecento». 2. « Studi e Ricerche di Storia Economica Italiana nell'Età del Risorgimento», Milano, Banca Commerciale Italiana, 1963 e segg. 96 MATTIOLI UMANISTA ED EDITORE C'è un certo momento nella vita di Raffaele Mattioli, e nella vita della cultura italiana, in cui fiorirono una quantità di imprese di carattere editoriale, oltre quelle già ricordate, solo in parte legate al nome di Riccardo Ricciardi, ma tutte improntate a un segno di alta cultura, di versatile curiosità, di raro decoro anche nella veste esteriore. Basti citare la raccolta preziosa dei documenti di filologia" e le varie sillogi di saggi dei nostri migliori studiosi.' Si può dire che tutto ciò che in quegli anni si pubblicò di più importante in Italia, si trattasse della nuova edizione critica del Dialogue sur le commerce des bleds dell'abate Galiani, a cura del Nicolini,3 di quella delle Rime del Cavalcanti a cura del Favati,4 dei tre magnifici volumi dei Disegni del Rinascimento di Bernard Berenson,s oppure ancora della splendida ristampa delle poesie del Porta, con il commento prezioso di Dante Isella e con le belle illustrazioni di Renato Guttuso,6 qualunque grossa iniziativa editoriale, insomma, fiorisse allora in Italia, si veniva presto o tardi a scoprire che dietro c'era la mente, lo spirito, la volontà di Mattioli. Ma anche quando si sia così allargato questo panorama dell'attività di Mattioli editore, si è detto ancora poco. Si potrebbe accennare, inoltre, al bibliofilo intelligente e appassionato raccoglitore di una splendida biblioteca per- i. di Filologia», Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1967 e segg. « Opere di cultura Storica e Letteraria», Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1944 e segg. FERDINANDO GALIANI, Dialogues sur le commerce des bleds, giusta l'editio princeps del 177o con appendici illustrative di Fausto Nicolini, Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1959. GUIDO CAVALCANTI, Le Rime, a cura di Guido Favati, n. t dei «Documenti di Filologia», Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1967. BERNARD BERENSON, I Disegni dei Pittori fiorentini, Traduzione di Luisa Vertova Nicolson, 3 voll. (testo, catalogo, illustrazioni), Milano, Electa Editrice, 1961. CARLO PORTA, Poesie, a cura di Dante Isella, con 16 disegni di Renato Guttuso, Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1958. 97 NATALINO SAPEGNO sonale, che fu Mattioli;' il quale, poi, era uomo che, a differenza della maggior parte dei bibliofili, i libri li leggeva davvero, si che era sempre pronta sul suo labbro la citazione diretta dei testi; e, leggeva attentamente soprattutto quei libri di cui promuoveva la stampa. Chi ha avuto, come ho avuto anch'io, l'occasione di collaborare all'iniziativa dei Classici Ricciardi,2 sa com'egli seguisse già sulle bozze, pagina per pagina, i testi che poi sarebbero comparsi nella collana. Voleva rendersi conto di tutto, discuteva tutto, arrivava perfino a scrivere lui, di sua mano, i risvolti sulle sovracoperte dei volumi. Tra i primi volumi che mi accadde di curare in quella Collana, c'era una antologia molto grossa, più di mille pagine, di poeti minori del Trecento, tutti testi poco conosciuti, inediti in parte e in parte pubblicati in stampe rarissime. Ora, Mattioli se li lesse tutti, via via che venivano stampati, ancora in bozze. Anche questo può contribuire ad arricchire il quadro della sua figura di lettore ed editore; ma, ancora dicendo questo, si dice poco. Se vogliamo renderci veramente conto di quello che è stato l'umanesimo di Mattioli, dobbiamo andare al di là di questi aspetti esterni, che qui sono stati sommariamente elencati (e che potrebbero essere anche arricchiti di altri dati più o meno importanti) e cercare di cogliere quello che era il nucleo profondo di questa sua attività, di rendersi conto delle ragioni per cui in lui potevano, non dico convivere come due cose distinte, ma vivere veramente, facendo una cosa sola, intrecciandosi continuamente a vicenda, aspetti apparentemente così distanti, così diversi come quelli a. Una biblioteca che si è formata, prevalentemente, rivolgendosi Mattioli ai Librai antiquari Alberto Vigevani in Italia e M. Bernstein a Parigi. 2. NATALINO SAPECNO, ordinatore della sezione «Il Trecento» della collana «La Letteratura Italiana. Storia e Testi», cit., ha curato per la stessa collana editoriale, la Storia letteraria del Trecento, La Divina Commedia, i Poeti minori del Trecento; per il Decameron, Filocolo, Amato e Fiammetta di GIOVANNI BOCCACCIO ha redatto l'Introduzione, curando con Carlo Salinari i testi e il commento delle tre opere minori. 98 MATTIOLI UMANISTA ED EDITORE del Mattioli banchiere (di cui vi parlerà il senatore Malagodi) e di questo Mattioli umanista, lettore, editore di testi, poeta nelle ore libere, traduttore di scrittori inglesi con mano estremamente felice; si deve, insomma, tentare di penetrare in questo nucleo profondo in cui tutti gli aspetti della personalità di Mattioli vengono ad incontrarsi e a costituire un'unità. Ora, questo nucleo profondo, questa radice dell'umanesimo di Mattioli non può stare altrove che in una concezione della vita, diciamo in una filosofia; una filosofia che diventa vita. Ed appare evidente come, in questa concezione animatrice dell'attività di Mattioli, di tutti gli aspetti diversi, apparentemente discordi della sua attività, in questa filosofia profonda di Mattioli, abbia importanza primaria, essenziale, il suo rapporto con Croce. Croce, di cui Mattioli non fu soltanto, come comunemente si dice, amico; si anche seguace assiduo, assimilatore di tutti gli aspetti di quel pensiero non in superficie, ma in profondità.' Talché il patrimonio di concetti che egli ricava dalla lettura dei libri di Croce, traduce in forma di comportamento, legandolo a tutte le vicende e manifestazioni della vita quotidiana. In un discorso molto bello, che egli tenne a Parigi, al Centro di Cultura Italiana, su Croce e la cultura francese, Mattioli ci clá la misura della conoscenza che egli ebbe degli scritti del filosofo; non certo una conoscenza superficiale, da dilettante, ma minuziosissima, portata su ogni particolare. Ma c'è un altro discorso di Mattioli, un discorso che ai fini di quello che sto dicendo è più importante, essenziale: ed è quello che egli fece all'Istituto di Studi Storici di Nai. Per questo momento di sintonia filosofica si veda la dedica A Raffaele Matdoli in &mai:armo CROCE, Indagini su Hegel e Schiarimenti filosofici, Bari, Gius. Laterza & Figli, 1952. 2. RAFFAELE Mnrriod, Benedetto Croce et la Culture francaise, Discorso all'Istituto Italiano di Cultura di Parigi, vi giugno MCMLXVI, in «Rivista di Studi Crociani», a. m, fasc. in, Napoli, luglio-settembre 1966; anche in RAFFAELE Mnrriou, Fedelttl a Croce, rit., pp. 37-68. Il testo del discorso è riprodotto in Raffaele Mattioli, 27 luglio . . cit., pp. 221-37. 99 NATALINO SAPEGNO poli.' Lì egli illustra il suo rapporto con Croce, spiega quale è il nesso profondo che lo legava all'amico filosofo, e chiarisce in sostanza quella concezione, più o meno espressa, ma consapevole della vita che egli si era formata e costituiva quella che abbiamo chiamato la «sua filosofia». Egli dice, in questo discorso, di essersi avvicinato a Croce anzitutto sulla base della scoperta fatta dal Maestro della categoria dell'utile; scoperta che gli apriva, appunto, le ragioni di una giustificazione del suo pratico operare, dell'operare che apparteneva alla sua specifica professione.2 Questa scoperta della categoria dell'utile acquistava quindi per lui una ragione profonda che lo aiutava a giustificare la sua vita, a scoprirne l'intima ragione, a restituirle un valore. Ma Croce doveva più tardi sviluppare e approfondire il significato di questa scoperta, e Mattioli seguì con grande attenzione questo processo di sviluppo e di approfondimento. Negli ultimi anni della sua vita Croce stava rielaborando questo concetto, nel senso della scoperta di qualche cosa che coincide appunto con l'elemento primario della prassi al di là o al di qua della moralità, e si sforzava di escogitare termini buoni per designare questa forza profonda che veniva acquistando nella sua mente un significato più vasto, un significato fondamentale, originario e al tempo stesso centrale nel cerchio della dialettica dei distinti: la categoria dell'utile diventava la categoria della vita, della vitalità. La vitalità in cui tutto viene ad essere riassorbito e compreso, I. RAFFAELE Mierrum, L'ultimo Croce, Discorso per l'apertura dell'Anno accademico dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli, xvin novembre MCMLXV, in «Il Mondo», Roma, 30 novembre 1965; anche in RAFFAELE MA:1'nm', Fedeltà a Croce, cit., pp. 21-35. Il testo del discorso è riprodotto in Raffaele ~iati, 27 luglio . . ., cit. pp. 211-219. 2. «A prima vista, può sembrare, e rosi è sembrato a me stesso per molti anni, che l'attrazione della filosofia di Croce per un uomo pratico, per un uomo che nelle faccende pratiche esprime fin quasi ad esaurirla la sua personalità, dovesse esser contenuta anzitutto in quella sua limpida scoperta speculativa, nella ferma e solenne dimostrazione della spiritualità dell'attività pratica; ivi; Fedeltà a croce, cit., p. 26. 100 MATTIOLI UMANISTA ED EDITORE questo fondo oscuro, questo gurgite, questo vortice da cui tutto promana e in cui tutto confluisce, concetti e intuizioni, impulsi e sentimenti e operazioni.' Ora, Mattioli aderisce immediatamente a queste nuove posizioni di Croce; direi che è uno dei primi a riconoscere questa svolta del pensiero crociano, sulla quale gli studiosi di Croce oggi insistono, attribuendole un'importanza particolare. Mattioli fu, dunque, uno dei primi a cogliere questo elemento, ad afferrarlo, a farlo suo. Nel discorso all'Istituto napoletano, di cui si è detto, vi alludeva con notevole precisione e finezza: Una volta riposta nei valori elementari e nelle forze primigenie della vita e della prassi la genesi ideale dei distinti, ossia l'articolazione stessa del pensiero e il ritmo ostinato della storia, essa acquista una corporeità, una corpositá, una sanguigna e vorrei dir biologica concretezza, che nessun sillogismo, nessuno schema scolastico, nessun processo induttivo e deduttivo riusciranno mai a scardinare (ma nemmeno a dimostrare). La Vita è il grembo inesauribile di tutto ciò che si fa e di tutto ciò che si pensa. E proprio perché si fa concreta a volta a volta nelle azioni e nei concetti, nelle intuizioni e nelle volizioni del singolo, esáa si garantisce costantemente contro ogni ipostasi e ogni divinizzazione, si mantiene individuale, contingente, effimera, amaramente umana.a Direi che soprattutto queste ultime due parole vanno sottolineate per vedere il modo in cui Mattioli si accostava a i. «Ora, tutti noi sappiamo quanto, nei suoi ultimi anni, Croce si sia travagliato per approfondire quella singolare e prepotente verità, per assicurarla contro ogni obiezione e per provarne e riprovarne la &naia e la portata logica. Alla 'vita' — termine più comprensivo del momento 'economico', in cui rimaneva una traccia verbale delle prime indagini che portarono alla scoperta —, alla Vita viene riconosciuta una funzione sempre più importante nella dialettica dei distinti. La Vita è quella 'forza misteriosa che opera nelle risoluzioni e nelle azioni' e che non si deve nominare invano; è alla radice d'ogni affermazione conoscitiva e d'ogni azione morale; è la molla che sospinge ed assicura la folgorante circolaritá e la vibratile unità dello spirito»; RAFFAELE ~rimi, L'ultimo Croce, cit.; Fedeltà a Croce, cit., pp. 27-8. 2. hri; Fedeltà a Croce, cit., pp. 35-2. 101 NATALINO SAPEGNO questo concetto e lo risentiva; Mattioli non si nascondeva quello che c'era in fondo di misterioso, di oscuro, di irrazionale in questo concetto a cui approdava negli ultimi anni della sua vita la filosofia di Croce. Era, infatti, la scoperta di quel nucleo irrazionale ed inspiegabile, oscuro, non riducibile in nessun modo alla concetnialità, che è in ogni filosofia dell'immanenza, è la base di ogni filosofia dell'immanenza. Mattioli, dico, non si nascondeva questo fatto e, anzi, proponeva proprio ai giovani, a cui si rivolgeva in quel momento il discorso, il problema di andare al di là, di arrivare a un chiarimento, a una razionalizzazione di questo concetto. Ma, intanto, è evidente che in questa nozione di vitalità, in «un concetto così eroico e drammatico della vita»' Mattioli trovava, ancora più di quanto non avesse trovato in precedenza nella prima fase embrionale della speculazione crociana sulla categoria dell'utile, una giustificazione di sé, della propria vita, dei suoi interessi molteplici, della sua varia curiosità, del suo attaccamento immediato alle cose, di quell'amore di vita che, in fondo, stava alla base di tutte le forme della sua attività. In questo gorgo oscuro, in questo fondo ardente e inesausto della vitalità vengono a fondersi, a coincidere, a convivere tutti i vari aspetti: quelli che prima potevano apparirci forme disparate del sentire e del comportarsi dell'uomo Mattioli, trovano un'unità, si raccolgono in un'armonia. E, appunto in questo concetto della vita, in questo senso profondo che della vita ebbe Mattioli, e in cui si incontravano e si accordavano la sua curiosità intellettuale estesa in ogni campo e la sua curiosità umana aperta a tutti gli incontri, la sua lucida e disincantata visione delle cose e degli uomini e, insieme, il tenace attaccamento alla realtà e alla virtù dell'umano operare, noi crediamo di potere riconoscere quello che abbiamo chiamato l'umanesimo, che si potrebbe dire più semplicemente, l'umanità di Raffaele Mattioli. -nou, Commemorazione di Benedetto Croce, cit., p. 18. I. RAFFAELE MAI 102