Immunologia della neurotrasmissione Dr. Angelo Micozzi TIROIDITI AUTOIMMUNI Aplotipo ancestrale A1-B8-DR3 Innesco infettivo: helicobacter pylori, B19, HBV, coxsackie/adenovirus, HPV, borrelia burgdorferi, streptococcus spp., HCV (mimetismo molecolare con TPO e TG) Gozzo nodulare in Hashimoto, che evolve in ipotiroidismo (TSH elevato) Forma atrofica (mixedema), con fibrosi e ipotiroidismo Tiroidite post-partum (3-6 mesi) Ipertiroidismo, con anti-TSH-R, indotti dalla risposta antiyersinia enterocolitica (prevalentemente) Tiroidite autoimmune La tiroidite di Hashimoto ha una patogenesi autoimmune. La sua incidenza è piuttosto alta nella popolazione, insorge preferenzialmente nelle donne di mezza età (rapporto 9:1 con i maschi) ed è la causa più frequente di gozzo sporadico nell’infanzia. Immunologia La patogenesi autoimmune è dimostrata dall’infiltrato linfocitario e dalla presenza nel siero di concentrazioni elevate di immunoglobuline e di anticorpi contro numerosi costituenti del tessuto tiroideo. Di questi i più importanti, dal punto di vista clinico, sono gli antitireoglobulina, rilevati mediante la tecnica dell’agglutinazione degli eritrociti tannati, gli anti-TPO (anti-perossidasi-tiroidea) e gli antimicrosomi tiroidei, che spesso sono erroneamente compresi negli antiTPO. Diagnosi Gli anticorpi, sono rilevati con immunofluorescenza, o con immunoassorbimento (ELISA). Può coesistere con altre patologie autoimmuni, come l’anemia perniciosa, la s. di Sjögren, l’epatite cronica attiva (spesso correlata a terapia con interferone), il LES, l’artrite reumatoide, il morbo di Addison, il diabete mellito e lo stesso morbo di Graves. E’ stata notata un’associazione della forma atrofica della tiroidite di Hashimoto con l’HLA-DR3 e quella con gozzo con l’HLA-DR5. LO SPETTRO DELLE MALATTIE AUTOIMMUNI DELLA TIROIDE (ATD) OFTALMOPATIA BASEDOWIANA TIROIDITE AUTOIMMUNE MORBO DI BASEDOW/ GRAVES Agenti infettivi Rilascio di autoantigeni Altarata espressione di molecole di membrana Attivazione immune policlinale del sistema Assunzione di iodio (evidenze sperimentali) Alto apporto di iodio esacerba la tiroidite spontanea in animali da esperimento La molecola della Tg ricca di iodio è più immunogenica Lo iodio ha effetto citotossico su colture di cellule tiroidee umane Lo iodio aumenta la produzione di heat shock proteins in cellule tiroidee in coltura Assunzione di iodio (studi epidemiologici) La profilassi iodica o il trattamento con iodio si possono associare ad un aumentata prevalenza di tiroidite linfocitaria Abitanti di aree a alto apporto iodico hanno una elevata prevalenza di anticorpi antitiroide Antigeni tiroidei • Principali antigeni tiroidei • Tireoglobulina (Tg) • Tireoperossidasi (TPO) • TSH-R • Altri antigeni classici • “second colloid antigen”(CA2) • Ormoni tiroidei (T4 e T3) • Nuovi antigeni tiroidei • sodium-iodide symporter (NIS) • Megalin (gp330) • Altri antigeni di membrana Tireoglobulina Glicoproteina dimerica di 660 kDa, 19 S Braccio lungo del cromosoma 8 Principale componente della colloide Anticorpi antiTg Più frequentemente IgG IgG4 in Morbo di Basedow e IgG2 in tiroidite autoimmune Non fissano il complemento o r pe o e r i T O P T i s a d i s s Enzima localizzato sulla membrana dei tireociti Glicoproteina contenente un gruppo EME Cromosoma 2 100 kDa, 933 aa responsabile dell’accoppiamento dei residui tirosilici della Tg con lo Iodio Recettore del TSH (TSH-R) Membro della famiglia dei recettori associati a proteine G Struttura: sette domini transmembrana, Cromosoma 14 Peso molecolare 84 kDa, 744 aa Struttura conservata tra le diverse specie TSH-R Sito di legame del TSH localizzato sul dominio extracellulare Dominio transmembrana e intracellulare coinvolti nella transduzione del segnale Tiroidite autoimmune E’ la principale causa di ipotiroidismo Età media alla diagnosi: 50-60 anni F/M : 5-7/1 Segni clinici Gozzo / atrofia tiroidea Eutiroidismo / ipotiroidismo Funzione tiroidea nella tiroidite autoimmune Eutiroisimo Ipotiroidismo subclinico 77 % % 30 % 30 % 63 % 63 % (Dayan, NEJM 1996) Ipotiroidismo conclamato Tiroidite autoimmune: associazione con altre malattie autoimmuni nonorgano specifiche • Psoriasis • Artrite reaumatoide • LES • Sjogren’s syndrome • Epatite autoimmune Tiroidite autoimmune: associazione con altre malattie autoimmuni organo specifiche • Morbo di Addison • Diabete tipo 1 • Myasthenia Gravis • Alopecia • Vitiligine • Morbo celiaco Morbo di Graves Gozzo diffuso Ipertiroidismo Patogenesi Autoanticorpi TSH-R Si legano al TSH-R e mimano la funzione del TSH Sintomatologia SEGNI PREVALENZA (%) Gozzo 35-100 Tachicardia 60-100 Tremori 40-95 Fibrillazione atriale 10-40 Cute calda e sudata 60-100 Dimagramento Iperatività Oftalmopatia 60-100 60-100 50-60 Oftalmopatia Patogenesi .………..un dilemma irrisolto la patogenesi è ancora sconosciuta patogenesi La combinazione di aspetti clinici, patologici, genetici e umorali suggerisce una patogenesi autoimmune GO pathogenesis Antigeni target simili a quelli della tiroide espressi direttamente nell’orbita Il TSH-R è il candidato più probabile Ag Orbitopatia Basedowiana Presente nel 50% dei pazienti Severa nel 5% Dermatopatia Basedowiana Mimetismo molecolare PEROSSIDASI TIROIDEA PAAGTACLPF 241-250 Proteina 100-K dI Adenovirus 2 e 5 GAAGTACSPT 794-803 PEROSSIDASI TIROIDEA FQQYVGPY 424-431 DNA-polimerasi di HBV CQQYVGPL 92-99 PEROSSIDASI TIROIDEA VADKILDLYK 579-588 Proteina E2 di HPV tipo 33 VQEKILDLYE 11-20 Conformazione spaziale Si può facilmente intuire come il mimetismo molecolare sia, in biologia, un evento piuttosto comune. Perché si realizzi, non è necessaria una completa identità di sequenze, ma soprattutto una configurazione spaziale che ripeta, nella similitudine che la caratterizza, la possibilità di risposte identiche (per attivazione di linfociti specifici), da parte del sistema immunitario. Patogenesi autoimmune La generazione di cellule citotossiche, dirette contro i determinanti antigenici in comune tra agenti patogeni e organismo ospite, rappresenta l’elemento unificatore di quadri patologici, diversi nell’aspetto lesionale, ma simili nel movimento patogenetico. Non è necessaria una replicazione da parte del virus (talvolta anche dei batteri) omologhi L’evolutività si realizza attraverso un innesco infettivo che è solo iniziale nel processo morboso (hit-and-run degli autori anglosassoni). Antigeni cross-reattivi Virus e batteri posseggono determinanti antigenici che possono essere simili a componenti cellulari La stessa molecola MHC può presentare entrambi antigeni Il linfocita T è attivato dall’antigene di origene patogena I linfociti T citotossici effettori rispondono all’auotoantigene, attivano i macrogagi e causano infimmazione Inneschi infettivi Alcune infezioni virali sono state prese in considerazione come innesco della tiroidite di Hashimoto. Oltre agli adenovirus, HBV e HPV, anche HHV-6 rappresenta un importante fattore etiopatogenetico, soprattutto per il suo particolare tropoismo nei confronti della ghiandola. Parvovirus B19 In uno studio, condotto su popolazione cinese, è stata riscontrata un’alta incidenza del parvovirus B19 nella tiroidite autoimmune, nel carcinoma papillifero e in quello anaplastico. In particolare, si è osservato che l’incidenza dell’infezione nela carcinoma papillifero è dell’88%, quella della forma anaplastica del 100%, così come per la tiroidite autoimmune B19 In un lavoro di poco precedente, sono stati esaminati 86 adulti, con un ampio spettro di patologie tiroidee e analizzata la presenza del B19 con sonde a Dna. Nella tiroidite di Hashimoto, la PCR per il virus era positiva nel 90,6% dei casi, suggerendo un evidente ruolo innescante di B19 in queste patologie. Helicobacter pylori Negli ultimi anni, la letteratura scientifica, in merito a questo argomento, si è arricchita di ulteriori dati, i quali testimoniano che, nell’ambito dello sviluppo di patologie autoimmuni della tiroide, si deve tenere conto di un altro importante agente infettivo: l’Helicobacter pylori. Questo microrganismo, spiraliforme, microaerofilico e Gram-negativo, è presente nello stomaco degli esseri umani da secoli. A conferma di ciò, sono stati identificati antigeni verso questi batteri in campioni di materiale fecale prelevati da antiche mummie CagA Tutto questo è di fondamentale importanza per capire come è possibile collegare l’infezione da H. pylori a patologie tiroidee di ordine autoimmune, le quali si sviluppano maggiormente nei soggetti con positività per la citotossina CagA. Infatti, le donne che presentano una maggiore espressione per l’antigene CagA sviluppano frequentemente un quadro di tiroidite di Hashimoto o comunque disordini della funzionalità tiroidea in senso autoimmunitario Trombocitopenia In questi soggetti, tra l’altro, sembra essere più frequente l’evoluzione del quadro clinico verso forme di tiroidite atrofica. La porpora trombocitopenica autoimmune è stata associata a infezioni da H. pylori, in assenza di una sindrome da antifosfolipidi Anti-mucosa gastrica Si è anche osservata, in alcuni casi, una forma di autoimmunità verso cellule di mucosa gastrica omologa, che si può associare a una eruzione orticarioide, la quale scompare completamente nel 67% dei pazienti trattati, mentre nel 24% si riduce solo parzialmente. Il fenomeno, tra l’altro, è ulteriormente confermato dalla presenza in circolo di anticorpi specifici, diretti contro l’H. pylori, del tipo IgG e IgA, nonché dall’eventuale conferma gastroscopica Orticaria e HP La cosa più interessante messa in luce da questi studi, oltre al fatto puramente gastritico, è l’orticaria. Questa si notaspesso in pazienti con positività per una infezione da H. pylori e conseguente manifestazione secondaria di tiroidite di Hashimoto Incidenza nella popolazione I dati della moderna letteratura mostrano come sia frequente la possibilità di associazione tra infezione da H. pylori, disturbi della tiroide e fattori di rischio cardiovascolare. Ciò si verifica in una fascia di età compresa tra i 56 e i 65 anni Etiologia delle tiroiditi Le patologie della tiroide più frequenti, quali la tiroidite di Hashimoto e la malattia di Graves, hanno una evidente origine immunitaria. Da molti anni, numerose osservazioni permettono di comprendere le dinamiche etiopatogenetiche di base, quali i fattori immunogenetici e l’ambiente microbiologico. Suscettibilità immunogenetica La suscettibilità a queste forme di tiroidite è correlata alla presenza del gene HLA/DR3. Molto recentemente, questa associazione è stata ulteriormente approfondita a livello molecolare, dimostrando che la sostituzione di due aminoacidi neutrali, Ala (alanina) o Gln (glicina), con Arg (arginina) in posizione 74, nella tasca per il legame con l’epitopo dell’HLA/DR, rappresenta la specifica sequenza di suscettibilità alle tiroiditi autoimmunitaria. HLA Il locus HLA/DR3 non solo predispone per la tiroidite, ma anche per il diabete insulinodipendente, insieme al DR4 e DQ2-DQ8. In uno studio molto ampio, 312 bambini tunisini con diabete giovanile hanno mostrato una incidenza alta di tiroidite autoimmune, con anti-TPO, anti-TG e anti-TSHR, rispetto ai controlli, mettendo in evidenza almeno uno stesso fattore predisponente, ossia il DR3. Inneschi infettivi Tra i primi fattori innescanti il processo autoimmune della malattia di Graves, sono stati identificati due patogeni: yersinia enterocolitica e coxsackie B virus. La predisposizione DR3, in questi casi è legata alla capacità di questa molecola HLA nel legare i determinanti immunogeni di questi agenti infettivi, promuovendo, in tal modo, l’evento autoimmune sul TSHR. Coxsackie virus Da tempo è stato proposto il ruolo innescante dei coxsackie virus nella patogenesi del gozzo tossico. Uno studio condotto su 15 pazienti, di età compresa fra i 15 e i 55 anni, ha mostrato una incidenza significativa di anticorpi IgG ad alto titolo (1/128 e oltre) per il gruppo B e solo in 3 persone per il gruppo A. Ciò indica una recente infezione, correlata allo sviluppo del gozzo, peraltro assente in un campione di 18 persone sane. Yersinia enterocolitica L’azione innescante della yersinia enterocolitica, nella patogenesi della malattia di Graves, è conosciuta e ormai accettata, sulla base del mimetismo molecolare. Infatti, si è visto che la sequenza 190-197 della proteina ompF (outer membrane porin F), uno dei determinanti antigenici più importanti del batterio, ha una stretta somiglianza con il dominio ricco in leucina del TSHR. Epitopi condivisi Queste osservazioni fanno seguito a numerosi altri lavori, che identificano il mimetismo molecolare anche in altri epitopi del batterio. Un esempio è dato da due proteine a basso peso molecolare (5,5 e 8 kDa), che fanno parte della membrana. Tali epitopi, non solo hanno una importante omologia con TSHR, ma hanno un’azione spiccatamente mitogena nei confronti dei linfociti B. EBV e TSHR EBV, appartenente alla famiglia degli herpesvirus, ha uno spiccato tropismo per i linfociti B, permanendo nel genoma di tali cellule indefinitamente. È stato dimostrato che tale integrazione nel Dna ospite, può indurre una riattivazione delle risposte anti-TSHR, stimolando i linfociti B in questa direzione. Questo evento, generato dalla riattivazione del virus, si manifesta con alti titoli delle IgG verso EA e VCA e si traduce con una fase di riacutizzazione dell’ipertiroidismo. Malattia di Graves Nell’ipertiroidismo di Graves il ruolo svolto dagli inneschi infettivi è ben conosciuto. Poco conosciuta, invece, è l’azione protettiva di altre infezioni, come dimostra la cosiddetta “ipotesi igienica” delle malattie, per la quale l’equilibrio tra ambiente e individuo può essere rotto dallo sbilanciamento delle risposte Th1 verso Th2. Azioni alternanti Ad esempio, è stato dimostrato che la risposta allo schistosoma mansoni sopprime l’attivazione dei Th1 anti-recettore del TSH nei modelli sperimentali su topi della malattia di Graves. Al contrario, una infezione dei topi con mycobacterium bovis sollecita l’attivazione e la produzione di Th1 anti-recettore del TSH, evidenziando il ruolo della tubercolosi nella bilancia dei Th1/Th2. TSH e virus enterici La correlazione tra sistema neuroendocrino immunologia è ben espressa a livello intestinale. e Per comprendere il ruolo di alcuni ormoni nelle risposte immunitarie, è stata osservata l’azione del TSH durante le infezioni da virus enterici. Il TSH prodotto a livello delle cripte intestinali, infatti, è indispensabile per la maturazione e differenziazione dei linfociti intraepiteliali. Rotavirus e TSH I topi infettati da rotavirus mostrano significative differenze nella produzione di TSH, rispetto ai topi non infettati. Questo fenomeno è stato osservato al 2° e 3° giorno dalla somministrazione del contagio e dimostra il ruolo svolto dal TSH nello sviluppo e nella attivazione dei linfociti T intestinali, in risposta allo stimolo infettivo. Mimetismo tra recettori! Un esempio di neuroimmunopatologia è fornito dagli anticorpi anti-β1 adrenergici e anti-M2 muscarinici nella genesi della fibrillazione atriale in corso di ipertiroidismo (malattia di Graves) e cardiomiopatia dilatativa. Uno studio condotto su 38 pazienti con ipertiroidismo, paragonato a 10 controlli, ha dimostrato che tali anticorpi sono l’espressione di una risposta linfocitaria crociata tra il recettore del TSH e i recettori β1 adrenergici e M2 muscarinici. Oftalmopatia di Graves Anche l’oftalmopatia di Graves sembra risentire di una correlazione neuroendocrina. Molta attenzione è stata recentemente rivolta al ruolo del recettore per IGF-1 (Insulin-like Growth Factor 1), come fattore di associazione per il recettore del TSH. Nella oftalmopatia i fibroblasti dell’orbita sono tra le prime cellule colpite nella risposta autoimmune. Mimetismo TSHR e IGF-1R Nelle fasi iniziali della malattia, tali fibroblasti sono indifferenziati, con bassa espressione del TSHR e sono stimolati a produrre acido ialuronico dalle citochine rilasciate dagli infiltrati linfocitari autoreattivi antiTSHR. Questo evento si associa alla presenza di anticorpi antiIGF-1R, come si osserva anche nell’artrite reumatoide, evidenziando una reattività crociata, che rappresenta l’innesco della differenziazione e attivazione dei fibroblasti. Mimetismo molecolare In aggiunta, è stato osservato che i linfociti T autoreattivi, nella malattia di Graves, mostrano una reattività crociata tra antigeni delle cellule follicolari della tiroide ed epitopi espressi su tessuti dello spazio orbitario. Questa duplice risposta autoimmune è mediata dal mimetismo molecolare con alcuni microrganismi. Ruolo di anti-TSHR Il mimetismo molecolare coinvolge anche altre strutture. I recettori del TSH sono espressi dalla tiroide, ma anche dalle cellule presenti nella regione orbitaria, ossia pre-adipociti e fibroblasti. La risposta autoreattiva anti-TSHR, rivolta a queste cellule è anche diretta e contribuisce alla attivazione dei fibroblasti e degli adipociti, i quali si attivano proprio perdendo la funzione del TSHR. Antigene TSHR Entrando nel particolare, l’oftalmopatia di Graves è un disturbo infiammatorio autoimmune dell’orbita, nel quale il recettore del TSH assume il ruolo di autoantigene. Ciò determina un aumento nella sintesi di acido ialuronico e l’adipogenesi. Ambedue queste funzioni sono sovra-regolate nella malattia dell’orbita, il cui mediatore è rappresentato dalla adenili-ciclasi /cAMP e dalla 3-chinasi/Akt. Plasticità neuronale Durante lo sviluppo del cervello molti neurotrasmettitori agiscono come regolatori di crescita cellulare. Un esempio è dato dalle catecolamine. Viceversa, nell’adulto, alcuni ormoni, soprattutto quelli tiroidei, partecipano al funzionamento e allo sviluppo della plasticità neuronale. T3 neurotrasmettitore La tri-iodotironina, in particolare, mostra una alta concentrazione nei centri cerebrali noradrenergici. Nel locus ceruleus, ad esempio, la norepinefrina promuove attivamente la conversione della tiroxina in tri-iodotironina, la quale svolge la funzione di neurotrasmettitore delle fibre noradrenergiche a partenza da questo sito. Neuropatologia autoimmune Negli ultimi anni, la ricerca si è indirizzata verso l’approfondimento delle neuropatologie autoimmuni. Per questo motivo sono stati identificati numerosi autoanticorpi, i quali esprimono una risposta linfocitaria citotossica autoreattiva. Due esempi sono stati proposti recentemente: la neuromielite ottica, associata alla presenza di anticorpi anti-aquaporina 4 e l’encefalite limbica, associata ad anticorpi anti-recettori NMDA. Anti-NMDAR Nel primo caso, la malattia, preponderante nelle donne, si esprime con neurite ottica e mielite longitudinale, che si estende nel midollo spinale. Nel secondo caso, la risposta anti-NMDA si manifesta nelle giovani donne portatrici di teratoma ovarico, con sintomi vari: disturbi di memoria e di coscienza, agitazione, epilessia, insufficienza respiratoria e movimenti involontari. Encefalite anti-NMDAR L’encefalite anti-NMDAR mostra un andamento crescente nella popolazione mondiale. Una ragazza cinese di 17 anni si ricovera per sintomi psichiatrici, deficit di memoria, disturbi comportamentali ed epilessia. Successivamente, il quadro clinico progredisce con discinesia e instabilità autonomica. Gli esami di laboratorio mostrano IgM positive per EBV/VCA, oltre ad anticorpi anti-TG e anti-TPO EBV e anti-NMDAR Viene evidenziato anche un teratoma immaturo, che viene prontamente asportato. ovarico Di conseguenza, tutto il quadro clinico neurologico migliora, fino alla completa guarigione. Da notare che nel fluido cerebrospinale sono stati riscontrati anticorpi anti-NMDAR, mentre all’esame istologico, il teratoma è caratterizzato da tessuto nervoso ectopico immaturo, che si esprime con recettori NMDA, oltre alla presenza del virus di Epstein-Barr. Innesco anti-NMDAR A distanza di un anno dal ricovero e dalla dimissione, gli anticorpi anti-TPO e antiNMDAR rimangono positivi, mentre le IgM del VCA risultano negative, come gli anti-TG. Gli autori dello studio interpretano l’encefalite autoimmune come un disturbo innescato dal virus della mononucleosi. Psicosi anti-NMDAR Ormai, molti psichiatri tendono a considerare l’encefalite anti-NMDAR nella diagnosi delle psicosi. Soprattutto quando queste si presentano con discinesia, convulsioni e catatonia, soprattutto in assenza di una precedente storia psichiatrica. Forma cronica Nonostante sia ben descritta la malattia nella fase acuta, questa forma di encefalite non è ancora ben conosciuta come disturbo cronico. In un interessante studio su 9 donne, osservate per un lungo periodo (da 23 a 69 mesi), dopo la remissione della sintomatologia acuta, è stato notata la persistenza di alcuni disturbi, tra cui deficit di memoria e delle funzioni esecutive, in 8 di loro. Encefalite sinaptica Il termine encefalite sinaptica autoimmune comprende forme diverse, associate alla presenza di anticorpi antiNMDA, oppure anti-GABA. In un caso descritto, una ragazza di 20 anni, con sclerosi multipla, presenta disturbi mentali e un comportamento bizzarro, dovuto a discinesie del volto e delle estremità. Dopo alcuni giorni compare uno stato epilettico. Questi sintomi regrediscono dopo un trattamento specifico, ma ricompaiono dopo alcuni mesi. A questo punto si riscontrano anticorpi anti-NMDAR. La sintomatologia scompare dopo immunoterapia. Schizofrenia Oltre la encefalite sopra descritta, l’anomala funzione dei recettori NMDA è considerata, ormai, un fattore fondamentale nella patogenesi della schizofrenia. Nei modelli sperimentali su topi, la malattia è indotta da antagonisti di NMDAR e si manifesta con tipiche anomalie del comportamento, oltre a una persistente iperattività. Neuro-LES I disturbi neurologici e psichiatrici sono abbastanza comuni nei pazienti con LES. Per spiegare il fenomeno, sono state addotte numerose osservazioni. Fra tutte, emerge la presenza di anticorpi antiNMDAR, i quali esprimono una risposta linfocitaria, che oltrepassa la barriera emato-encefalica, come è stato dimostrato nei topi. Anti-NMDA Il recettore NMDA lega il glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio coinvolto nella plasticità sinaptica nel cervello, nella memoria, nell’apprendimento e nelle reazioni emozionali. La risposta linfocitaria anti-NMDA è dunque coinvolta nel neuro-LES, come si evidenzia con i modelli sperimentali su topi. Epilessia Anche l’epilessia potrebbe trovare una motivazione autoimmune, nei pazienti in cui la causa organica non è definita. La presenza di autoanticorpi ha contribuito ad alimentare le giuste aspettative della ricerca, soprattutto nei confronti del recettore NMDA e del recettore GABA(B). Comportamento alimentare Di grande interesse è il ruolo svolto dai recettori NMDA nel controllo dell’assunzione del cibo, come testimoniano i modelli animali e numerose testimonianze nell’essere umano. Una ragazza di 22 anni, con una encefalite da antiNMDAR, senza nessun disturbo neuro-psichiatrico precedente, manifesta un serio disturbo del comportamento alimentare, caratterizzato da anoressia e successiva iperfagia. Disfunzioni cognitive Studiando 24 pazienti con declino progressivo delle funzioni cognitive, si è osservata la presenza di anticorpi anti-NMDA, soprattutto di tipo IgA, che non si evidenziano nei controlli sani. Questa forma di autoimmunità, riscontrata in 7 pazienti, può essere la causa del declino, visto il ruolo svolto da tali recettori nelle funzioni di memoria e apprendimento. GABA(A) Il consolidamento della memoria è un processo, per il quale le informazioni acquisite sono convertite in azioni concrete. Usando antagonisti del recettore GABA(A), come la bicucullina, si determina un aumento di tale funzione, dovuto a un incremento di un fattore neurotrofico nell’ippocampo dei topi, denominato BDNF (brai-derived neurotrophic factor). Dolore neuropatico Il virus varicella-zoster esprime una proteina precoce, in corso di zoster, denominata IE62 Immediate early 62), la quale è stata associata al dolore neuropatico, nel quale è coinvolto anche il BDNF, almeno per quanto riguarda l’ipersensibilità al dolore. L’aspetto più interessante, in questi casi, è la dimostrazione che gli anticorpi anti-IE62 mostrano una reattività crociata, quindi un mimetismo molecolare, con il BDNF. Sjögren La sindrome primaria di Sjögren è una malattia autoimmune sistemica, caratterizzata da infiltrazione di linfociti nelle ghiandole salivari e lacrimali, la cui conseguenza sintomatologica si traduce in secchezza della bocca e degli occhi. L’infiltrato linfocitario si evidenzia anche con la presenza di IgG anti-recettore muscarinico tipo 3. Anti-M3R Pur rimanendo controverso il ruolo di questi anticorpi, è ormai consolidato l’atteggiamento, nella ricerca clinica, di evidenziare la loro presenza nel siero. In un interessante studio, condotto su 91 pazienti con sindrome di Sjögren primaria è stata riscontrata una prevalenza di IgA anti-M3 recettore muscarinico, pari al 46% dei soggetti esaminati, rispetto al 5% dei soggetti sani. Anti-M3R IgG In un altro lavoro, è stata osservata la presenza di anticorpi inibitori sulla funzione muscarinica per i recettore tipo 3, la quale rappresenta una risposta dei linfociti che infiltrano le ghiandole interessate. Tali anticorpi sono anche di isotipo IgG e possono essere considerati un marcatore affidabile della sindrome. Adenovirus/SS-B Al fine di studiare la etiopatogenesi della sindrome di Sjögren è stato proposto un protocollo di innesco virale per la formazione di anticorpi La, i quali sono considerati specifici della patologia. Sotto questo aspetto, è stato dimostrato che l’infezione da adenovirus è in grado di stimolare la produzione di tali autoanticorpi in tutti i casi. EBV Anche il virus di Epstein-Barr è in grado di attivare la cherato-congiuntivite secca e la xerostomia della sindrome di Sjögren. Gli anticorpi anti-nucleo La (anche denominati SS-B), infatti, sono in grado di legare, non solo le ribonucleoproteine umane, ma anche gli Rna EBER 1 e EBER 2 di EBV. Il virus, pertanto, può essere considerato un fattore di innesco dell’autoimmunità riscontrata nella malattia, per mimetismo molecolare. Anti-Ro e Anti-La La sindrome di Sjögren, dunque, consiste in una forma infiammatoria cronica, che si manifesta a livello degli acini e dei dotti salivari delle ghiandole esocrine. L’infiltrato linfocitario determina l’apoptosi delle cellule epiteliali e si evidenzia con la formazione di autoanticorpi anti-Ro/SSA e anti-La/SSB. HSP/60 Gli anti Ro/SSA sono particelle a Rna associate a proteine di 52 e 60 kDa. Le prime (52 kDa) sono presenti anche nel LES, mentre le60 kDa sono specifici della Sjögren. Tali peptidi hanno lo stesso peso molecolare delle Hsp60, con le quali condividono un mimetismo molecolare, analogamente al recettore dell’acetilcolina, di cui parleremo in seguito. Altri inneschi Numerosi sono i fattori infettivi innescanti, invocati nella etio-patogenesi della sindrome di Sjögren. Tra questi è stato osservato il CMV, EBV, HCV HTLV-1, HIV e altri retrovirus. Anche il coxsackie virus B4 è stato associato a tale patologia autoimmune, mediante il suo mimetismo molecolare con gli autoantigeni SSB, analogamente a quanto si verifica per il virus della stomatite vescicolare e gli SSA. Helicobacter Molto spesso la sindrome si associa a una infezione da helicobacter pylori. In un elegante studio, sono stati studiati 4 gruppi di pazienti. Il gruppo 1 comprendeva 36 soggetti con sindrome primaria di Sjögren; il gruppo 2 31 soggetti con sindrome secondaria; il gruppo 3 46 con varia malattie del connettivo, ma senza la sindrome sicca; il gruppo 4 era costituito da 64 controlli sani. Prevalenza anti-HP I risultati sono stati eclatanti, in quanto il gruppo 1 mostrava una netta prevalenza ad alto titolo di anticorpi anti-helicobacter, pari a 80,6%. Il gruppo 2 aveva una incidenza del 71%, mentre il gruppo 3 scendeva al 61% e il gruppo 4 al 56%. Le manifestazioni cliniche della sindrome sicca, inoltre, erano correlate a un alto titolo di anticorpi, tanto che gli autori si spingevano a raccomandare una terapia eradicante, per migliorare il quadro clinico dello Sjögren. Myastenia La myastenia è una malattia autoimmune mediata dalla risposta dei linfociti contro il recettore nicotinico dell’acetilcolina, nella giunzione neuromuscolare. Il mimetismo molecolare del recettore con alcuni agenti infettivi spiega la comparsa della sintomatologia. a a 1. Forma oculare (blefaroptosi mono/bilaterale, diplopia > specie la sera o dopo intenso affaticamento) 2. Forma generalizzata (interessamento m. mimici, m. fonatori, m. deglutizione e respiratori, degli arti, ecc.) VARIABILITA’ INTER-INDIVIDUALE Anti-AchR e infezioni La gran parte dei pazienti con myastenia mostra anticorpi anti-AchR, per la sub-unità α, nei residui 160-167, i quali sono espressi anche dai residui 286-293 della glicoproteina D di HSV. Oltre al ben conosciuto HSV, anche proteus vulgaris, escherichia coli e klebsiella pneumoniae mostrano determinanti antigenici significativi con il recettore. Streptococcus In letteratura è descritta una forma di myastenia transitoria, comparsa in due bambini, a seguito di infezioni comuni. Uno di questi, a 5 anni, manifesta debolezza oculobulbare due settimane dopo la scomparsa della varicella. Il secondo, di 4 anni, evidenzia diplegia facciale e disartria, alcune settimane dopo una faringite streptococcica. In ambedue i casi, l’evento patologico è stato spiegato con il mimetismo molecolare tra AchR e antigeni infettivi. HCV È stato descritto il caso di un uomo egiziano, che sviluppò la myastenia, con i tipici sintomi e la presenza di anti-AchR, in corso di epatite C, complicata da cirrosi. Per spiegare questo dato è stato proposto il mimetismo molecolare tra antigeni di HCV e recettore dell’acetilcolina. Haemophilus influenzae Un altro candidato al mimetismo molecolare, per la myastenia può essere considerato haemophilus influenzae, un antigene del quale ha una omologia del 50% con AchR. L’induzione sperimentale della malattia nei ratti è impedita dalla somministrazione di questo antigene. Il dato è stato interpretato come fattore protettivo, ma in realtà è una condizione che può essere interpretata solo con la metodologia omeopatica. Primo evento Un aspetto interessante è la comprensione patogenetica della prima manifestazione. Esaminando le IgG di EBNA-1 (antigene nucleare del virus di Epstein-Barr) nei pazienti con myastenia, è stato osservato che i titoli anticorpali sono significativamente più alti, rispetto a 184 controlli sani, soprattutto quando la malattia ha avuto una comparsa precoce. A2AR Il recettore A2 dell’adenosina, uno dei neurotrasmettitori più interessanti nell’ambito della neurologia, è comunemente associato alla immunosoppressione. Nei modelli animali della myastenia, la cui induzione si compie nei ratti Lewis con la somministrazione di anticorpi anti-AchR, l’espressione di A2AR da parte dei linfociti T e B è nettamente ridotta. Al contrario, la stimolazione i A2AR con agonisti inibisce la comparsa della malattia. Pemphigus vulgaris Anticorpi anti-AcR sono stati riscontrati anche nei pazienti con pemphigus vulgaris. Il titolo di queste risposte è correlato alla severità della malattia e può essere considerato un marcatore importante nella sua progressione. Cardiopatia Alcune forme di aritmia idiopatica possono essere il presupposto di una evoluzione verso la cardiomiopatia. Un gruppo di 67 pazienti (25 in forma sopraventricolare e 42 ventricolare), un altro di 14 con sospetta cardiomiopatia e uno di 12 con cardiomiopatia conclamata, sono stati messi a confronto con 19 controlli sani, per la eventuale presenza di anticorpi anti-recettore β1 e β2 adrenergici. Anti-β1 Gli anti-β1 sono risultati più frequenti nel gruppo 1 e 2 (pazienti con aritmia idiopatica sopra-ventricolare e ventricolare), mentre gli antiβ2 non mostravano differenza significative tra i diversi gruppi. Il dato, comparato con la biopsia del cuore, eseguita su 11 pazienti, che ha rivelato anomalie compatibili con una evoluzione patologica, depone per una associazione tra presenza di antiβ1 e cardiomiopatia. Anti-M2R I pazienti con cardiomiopatia dilatativa, inoltre, mostrano la presenza di anticorpi antirecettore M2 muscarinico. Nei topi è stata dimostrato un infiltrato linfocitario, con anti-M2, dopo la somministrazione di una proteina ricombinante M2R. queste osservazioni evidenziano il ruolo svolto dalle risposte antiM2 nell’innesco e nella progressione della malattia. Insufficienza cardiaca Gli anticorpi anti-recettori colinergici e adrenergici sono frequenti nel siero dei pazienti con insufficienza cardiaca. La somministrazione di tali anticorpi, nei topi, conduce alla manifestazione patologica e questo dato coincide con le comuni osservazioni sull’uomo, nel quale si evidenziano anti-β1 in casi di insufficienza cardiaca. Ipotensione ortostatica L’ipotensione ortostatica è caratterizzata da una anomala risposta autonomica alla postura eretta. Anticorpi IgG anti-recettore β1, anti-recettore β2 adrenergici e anti-recettore M2 muscarinici producono vasodilatazione generalizzata, inducendo una conseguente ipotensione, come si verifica nelle forme ortostatiche. Gangliopatia autonomica a. È stata descritto un quadro clinico, la gangliopatia autonomica autoimmune, dovuto alla presenza di anticorpi anti.-AchR, con disturbi cognitivi e ipotensione ortostatica. I sintomi neurologici, descritti in tre pazienti, vanno dal deficit di attenzione e di memoria a una alterazione delle funzioni esecutive e sono stati rimossi mediante plasmaferesi, rivolta alla riduzione degli autoanticorpi. Anti-A2R e B19 Nella pre-eclampsia è stata dimostrata la presenza di anticorpi anti-recettore di angiotensina II. L’epitopo immunogeno di questo recettore mostra una significativa omologia con le proteine del capside di parvovirus B19, i cui anticorpi IgG sono risultati positivi nelle donne in gravidanza colpite da questa forma patologica, con titoli significativamente superiori rispetto ai controlli. Inoltre, anti-recettore α1 adrenergici sono associati alla ipertensione refrattaria in corso di pre-eclampsia. HLA/DR4 e pre-eclampsia Anche gli anti-recettore di angiotensina 1 sono stati riscontrati nella pre-eclampsia, nella ipertensione maligna e nella ipertensione essenziale. Arruolando 394 pazienti cinesi con ipertensione essenziale, a confronto con 224 normotesi, è stata dimostrata la prevalenza di tali autoanticorpi nei pazienti con HLA/DRB1*04. Periodontite Gli anti-recettore β1 adrenergici sono stati riscontrati nei fibroblasti gengivali di pazienti con periodontite. Tali anticorpi sono associati alla inibizione della crescita cellulare e alla espressione di mediatori pro-infiammatori. A tale azione si aggiunge anche la loro azione sul miocardio, modificandone la contrattilità, come è stato rilevato su 36 pazienti con periodontite, i quali hanno sviluppato, nel tempo una insufficienza della contrattilità atrale, rispetto a 20 controlli sani. Gaba e AR I correnti trattamenti dell’artrite reumatoide comportano numerosi effetti collaterali, per la loro prolungata somministrazione. Molto recentemente, è stato dimostrato, che la stimolazione dei recettori GABA periferici, localizzati sui linfociti, inibisce la progressione della malattia sperimentale indotta nei topi con il collagene. Azione Il GABA, infatti, agisce con una regolazione negativa sulle cellule T citotossiche e sulle cellule dendritiche infiammatorie. Ciò si esprime con una diminuzione significativa delle IgG anti-collagene. Anti-Dna e Anti-NMDA Nel LES è ben descritta la presenza di anticorpi anti-Dna, i quali rappresentano un marcatore fedele della malattia. Tali anticorpi mostrano una interessante reattività crociata con i recettori NMDA e sono responsabili del danno centrale, che si verifica in corso di neuro-lupus, mediante il mimetismo molecolare, peraltro attivato da agenti infettivi. Demenza Un processo autoimmune è stato invocato anche nella malattia di Alzheimer e nella demenza vascolare. Gli anticorpi, in questi casi, sono diretti sui recettori α1 e β2 adrenergici e avrebbero un’azione agonista significativa, come non si riscontra in altre patologie neurodegenerative a livello centrale.