Immunologia della
neurotrasmissione
Dr. Angelo Micozzi
TIROIDITI AUTOIMMUNI
Aplotipo ancestrale A1-B8-DR3
Innesco infettivo: helicobacter pylori, B19, HBV,
coxsackie/adenovirus,
HPV,
borrelia
burgdorferi,
streptococcus spp., HCV (mimetismo molecolare con TPO e
TG)
Gozzo nodulare in Hashimoto, che evolve in ipotiroidismo
(TSH elevato)
Forma atrofica (mixedema), con fibrosi e ipotiroidismo
Tiroidite post-partum (3-6 mesi)
Ipertiroidismo, con anti-TSH-R, indotti dalla risposta antiyersinia enterocolitica (prevalentemente)
Tiroidite autoimmune
La tiroidite di Hashimoto ha una patogenesi
autoimmune.
La sua incidenza è piuttosto alta nella
popolazione, insorge preferenzialmente nelle
donne di mezza età (rapporto 9:1 con i maschi)
ed è la causa più frequente di gozzo sporadico
nell’infanzia.
Immunologia
La patogenesi autoimmune è dimostrata dall’infiltrato
linfocitario e dalla presenza nel siero di concentrazioni
elevate di immunoglobuline e di anticorpi contro
numerosi costituenti del tessuto tiroideo.
Di questi i più importanti, dal punto di vista clinico,
sono gli antitireoglobulina, rilevati mediante la tecnica
dell’agglutinazione degli eritrociti tannati, gli anti-TPO
(anti-perossidasi-tiroidea) e gli antimicrosomi tiroidei,
che spesso sono erroneamente compresi negli antiTPO.
Diagnosi
Gli anticorpi, sono rilevati con immunofluorescenza, o
con immunoassorbimento (ELISA).
Può coesistere con altre patologie autoimmuni, come
l’anemia perniciosa, la s. di Sjögren, l’epatite cronica
attiva (spesso correlata a terapia con interferone), il LES,
l’artrite reumatoide, il morbo di Addison, il diabete
mellito e lo stesso morbo di Graves.
E’ stata notata un’associazione della forma atrofica della
tiroidite di Hashimoto con l’HLA-DR3 e quella con gozzo
con l’HLA-DR5.
LO SPETTRO DELLE
MALATTIE AUTOIMMUNI
DELLA TIROIDE (ATD)
OFTALMOPATIA
BASEDOWIANA
TIROIDITE
AUTOIMMUNE
MORBO DI
BASEDOW/
GRAVES
Agenti infettivi
Rilascio
di autoantigeni
Altarata
espressione di molecole di
membrana
Attivazione
immune
policlinale del sistema
Assunzione di iodio
(evidenze sperimentali)
Alto
apporto di iodio esacerba la tiroidite
spontanea in animali da esperimento
La
molecola della Tg ricca di iodio è più
immunogenica
Lo
iodio ha effetto citotossico su colture di cellule
tiroidee umane
Lo
iodio aumenta la produzione di heat shock
proteins in cellule tiroidee in coltura
Assunzione di iodio
(studi epidemiologici)
La
profilassi iodica o il trattamento con iodio
si possono associare ad un aumentata
prevalenza di tiroidite linfocitaria
Abitanti
di aree a alto apporto iodico hanno
una elevata prevalenza di anticorpi
antitiroide
Antigeni
tiroidei
•
Principali antigeni tiroidei
•
Tireoglobulina (Tg)
•
Tireoperossidasi (TPO)
•
TSH-R
•
Altri antigeni classici
•
“second colloid antigen”(CA2)
•
Ormoni tiroidei (T4 e T3)
•
Nuovi antigeni tiroidei
•
sodium-iodide symporter (NIS)
•
Megalin (gp330)
•
Altri antigeni di membrana
Tireoglobulina
Glicoproteina dimerica di 660 kDa, 19 S
Braccio lungo del cromosoma 8
Principale componente della colloide
Anticorpi antiTg
Più frequentemente IgG
IgG4 in Morbo di Basedow e
IgG2 in tiroidite autoimmune
Non fissano il complemento
o
r
pe
o
e
r
i
T
O
P
T
i
s
a
d
i
s
s
Enzima localizzato sulla
membrana dei tireociti
Glicoproteina contenente
un gruppo EME
Cromosoma 2
100 kDa, 933 aa
responsabile
dell’accoppiamento dei residui
tirosilici della Tg con lo Iodio
Recettore del TSH
(TSH-R)
Membro della famiglia dei recettori associati
a proteine G
Struttura: sette domini transmembrana,
Cromosoma 14
Peso molecolare 84 kDa, 744 aa
Struttura conservata tra le diverse specie
TSH-R
Sito di legame del TSH
localizzato sul dominio
extracellulare
Dominio transmembrana e
intracellulare coinvolti nella
transduzione del segnale
Tiroidite autoimmune
E’ la principale causa di ipotiroidismo
Età media alla diagnosi: 50-60 anni
F/M : 5-7/1
Segni clinici
Gozzo / atrofia tiroidea
Eutiroidismo / ipotiroidismo
Funzione tiroidea nella tiroidite
autoimmune
Eutiroisimo
Ipotiroidismo
subclinico
77 %
%
30 %
30
%
63 %
63 %
(Dayan, NEJM 1996)
Ipotiroidismo
conclamato
Tiroidite autoimmune: associazione
con altre malattie autoimmuni nonorgano specifiche
•
Psoriasis
•
Artrite reaumatoide
•
LES
•
Sjogren’s syndrome
•
Epatite autoimmune
Tiroidite autoimmune:
associazione con altre malattie
autoimmuni organo specifiche
•
Morbo di Addison
•
Diabete tipo 1
•
Myasthenia Gravis
•
Alopecia
•
Vitiligine
•
Morbo celiaco
Morbo di Graves
Gozzo diffuso
Ipertiroidismo
Patogenesi
Autoanticorpi TSH-R
Si legano al TSH-R e
mimano la funzione
del TSH
Sintomatologia
SEGNI
PREVALENZA (%)
Gozzo
35-100
Tachicardia
60-100
Tremori
40-95
Fibrillazione atriale
10-40
Cute calda e sudata
60-100
Dimagramento
Iperatività
Oftalmopatia
60-100
60-100
50-60
Oftalmopatia
Patogenesi
.………..un dilemma irrisolto
la patogenesi è ancora
sconosciuta
patogenesi
La combinazione di aspetti
clinici, patologici, genetici
e umorali suggerisce una
patogenesi autoimmune
GO pathogenesis
Antigeni target simili a quelli della
tiroide espressi direttamente nell’orbita
Il TSH-R è il candidato più probabile
Ag
Orbitopatia Basedowiana
Presente nel 50% dei pazienti
Severa nel 5%
Dermatopatia Basedowiana
Mimetismo molecolare
PEROSSIDASI TIROIDEA
PAAGTACLPF
241-250
Proteina 100-K dI Adenovirus 2 e 5
GAAGTACSPT
794-803
PEROSSIDASI TIROIDEA
FQQYVGPY
424-431
DNA-polimerasi di HBV
CQQYVGPL
92-99
PEROSSIDASI TIROIDEA
VADKILDLYK
579-588
Proteina E2 di HPV tipo 33
VQEKILDLYE
11-20
Conformazione spaziale
Si può facilmente intuire come il mimetismo
molecolare sia, in biologia, un evento piuttosto
comune.
Perché si realizzi, non è necessaria una completa
identità di sequenze, ma soprattutto una
configurazione spaziale che ripeta, nella
similitudine che la caratterizza, la possibilità di
risposte identiche (per attivazione di linfociti
specifici), da parte del sistema immunitario.
Patogenesi autoimmune
La generazione di cellule citotossiche, dirette contro i
determinanti antigenici in comune tra agenti patogeni
e organismo ospite, rappresenta l’elemento unificatore
di quadri patologici, diversi nell’aspetto lesionale, ma
simili nel movimento patogenetico.
Non è necessaria una replicazione da parte del virus
(talvolta anche dei batteri) omologhi
L’evolutività si realizza attraverso un innesco infettivo
che è solo iniziale nel processo morboso (hit-and-run
degli autori anglosassoni).
Antigeni cross-reattivi
Virus e batteri posseggono determinanti antigenici che
possono essere simili a componenti cellulari
La stessa molecola MHC può
presentare entrambi antigeni
Il linfocita T è attivato
dall’antigene di origene
patogena
I linfociti T citotossici effettori
rispondono all’auotoantigene,
attivano i macrogagi e causano
infimmazione
Inneschi infettivi
Alcune infezioni virali sono state prese in
considerazione come innesco della tiroidite di
Hashimoto.
Oltre agli adenovirus, HBV e HPV, anche
HHV-6 rappresenta un importante fattore
etiopatogenetico, soprattutto per il suo
particolare tropoismo nei confronti della
ghiandola.
Parvovirus B19
In uno studio, condotto su popolazione cinese,
è stata riscontrata un’alta incidenza del
parvovirus B19 nella tiroidite autoimmune, nel
carcinoma papillifero e in quello anaplastico.
In particolare, si è osservato che l’incidenza
dell’infezione nela carcinoma papillifero è
dell’88%, quella della forma anaplastica del
100%, così come per la tiroidite autoimmune
B19
In un lavoro di poco precedente, sono stati
esaminati 86 adulti, con un ampio spettro di
patologie tiroidee e analizzata la presenza del
B19 con sonde a Dna.
Nella tiroidite di Hashimoto, la PCR per il
virus era positiva nel 90,6% dei casi,
suggerendo un evidente ruolo innescante di
B19 in queste patologie.
Helicobacter pylori
Negli ultimi anni, la letteratura scientifica, in merito a
questo argomento, si è arricchita di ulteriori dati, i
quali testimoniano che, nell’ambito dello sviluppo di
patologie autoimmuni della tiroide, si deve tenere
conto di un altro importante agente infettivo:
l’Helicobacter pylori.
Questo microrganismo, spiraliforme, microaerofilico e
Gram-negativo, è presente nello stomaco degli esseri
umani da secoli. A conferma di ciò, sono stati
identificati antigeni verso questi batteri in campioni di
materiale fecale prelevati da antiche mummie
CagA
Tutto questo è di fondamentale importanza per capire
come è possibile collegare l’infezione da H. pylori a
patologie tiroidee di ordine autoimmune, le quali si
sviluppano maggiormente nei soggetti con positività
per la citotossina CagA.
Infatti, le donne che presentano una maggiore
espressione per l’antigene CagA sviluppano
frequentemente un quadro di tiroidite di Hashimoto o
comunque disordini della funzionalità tiroidea in
senso autoimmunitario
Trombocitopenia
In questi soggetti, tra l’altro, sembra
essere più frequente l’evoluzione del
quadro clinico verso forme di tiroidite
atrofica.
La
porpora
trombocitopenica
autoimmune è stata associata a infezioni
da H. pylori, in assenza di una sindrome
da antifosfolipidi
Anti-mucosa gastrica
Si è anche osservata, in alcuni casi, una forma di
autoimmunità verso cellule di mucosa gastrica
omologa, che si può associare a una eruzione
orticarioide, la quale scompare completamente nel
67% dei pazienti trattati, mentre nel 24% si riduce
solo parzialmente.
Il fenomeno, tra l’altro, è ulteriormente confermato
dalla presenza in circolo di anticorpi specifici, diretti
contro l’H. pylori, del tipo IgG e IgA, nonché
dall’eventuale conferma gastroscopica
Orticaria e HP
La cosa più interessante messa in luce da
questi studi, oltre al fatto puramente
gastritico, è l’orticaria.
Questa si notaspesso in pazienti con
positività per una infezione da H. pylori e
conseguente manifestazione secondaria
di tiroidite di Hashimoto
Incidenza nella popolazione
I dati della moderna letteratura mostrano
come sia frequente la possibilità di
associazione tra infezione da H. pylori,
disturbi della tiroide e fattori di rischio
cardiovascolare.
Ciò si verifica in una fascia di età
compresa tra i 56 e i 65 anni
Etiologia delle tiroiditi
Le patologie della tiroide più frequenti, quali la
tiroidite di Hashimoto e la malattia di Graves,
hanno una evidente origine immunitaria.
Da molti anni, numerose osservazioni
permettono di comprendere le dinamiche etiopatogenetiche di base, quali i fattori
immunogenetici e l’ambiente microbiologico.
Suscettibilità immunogenetica
La suscettibilità a queste forme di tiroidite è correlata
alla presenza del gene HLA/DR3.
Molto recentemente, questa associazione è stata
ulteriormente approfondita a livello molecolare,
dimostrando che la sostituzione di due aminoacidi
neutrali, Ala (alanina) o Gln (glicina), con Arg
(arginina) in posizione 74, nella tasca per il legame con
l’epitopo dell’HLA/DR, rappresenta la specifica
sequenza di suscettibilità alle tiroiditi autoimmunitaria.
HLA
Il locus HLA/DR3 non solo predispone per la
tiroidite, ma anche per il diabete insulinodipendente, insieme al DR4 e DQ2-DQ8.
In uno studio molto ampio, 312 bambini
tunisini con diabete giovanile hanno mostrato
una incidenza alta di tiroidite autoimmune, con
anti-TPO, anti-TG e anti-TSHR, rispetto ai
controlli, mettendo in evidenza almeno uno
stesso fattore predisponente, ossia il DR3.
Inneschi infettivi
Tra i primi fattori innescanti il processo
autoimmune della malattia di Graves, sono
stati identificati due patogeni: yersinia
enterocolitica e coxsackie B virus.
La predisposizione DR3, in questi casi è legata
alla capacità di questa molecola HLA nel legare
i determinanti immunogeni di questi agenti
infettivi, promuovendo, in tal modo, l’evento
autoimmune sul TSHR.
Coxsackie virus
Da tempo è stato proposto il ruolo innescante dei
coxsackie virus nella patogenesi del gozzo tossico.
Uno studio condotto su 15 pazienti, di età compresa
fra i 15 e i 55 anni, ha mostrato una incidenza
significativa di anticorpi IgG ad alto titolo (1/128 e
oltre) per il gruppo B e solo in 3 persone per il gruppo
A.
Ciò indica una recente infezione, correlata allo
sviluppo del gozzo, peraltro assente in un campione di
18 persone sane.
Yersinia enterocolitica
L’azione innescante della yersinia enterocolitica,
nella patogenesi della malattia di Graves, è
conosciuta e ormai accettata, sulla base del
mimetismo molecolare.
Infatti, si è visto che la sequenza 190-197 della
proteina ompF (outer membrane porin F), uno
dei determinanti antigenici più importanti del
batterio, ha una stretta somiglianza con il
dominio ricco in leucina del TSHR.
Epitopi condivisi
Queste osservazioni fanno seguito a numerosi altri
lavori, che identificano il mimetismo molecolare anche
in altri epitopi del batterio.
Un esempio è dato da due proteine a basso peso
molecolare (5,5 e 8 kDa), che fanno parte della
membrana.
Tali epitopi, non solo hanno una importante omologia
con TSHR, ma hanno un’azione spiccatamente
mitogena nei confronti dei linfociti B.
EBV e TSHR
EBV, appartenente alla famiglia degli herpesvirus, ha uno
spiccato tropismo per i linfociti B, permanendo nel
genoma di tali cellule indefinitamente.
È stato dimostrato che tale integrazione nel Dna ospite,
può indurre una riattivazione delle risposte anti-TSHR,
stimolando i linfociti B in questa direzione.
Questo evento, generato dalla riattivazione del virus, si
manifesta con alti titoli delle IgG verso EA e VCA e si
traduce
con
una
fase
di
riacutizzazione
dell’ipertiroidismo.
Malattia di Graves
Nell’ipertiroidismo di Graves il ruolo svolto
dagli inneschi infettivi è ben conosciuto.
Poco conosciuta, invece, è l’azione protettiva di
altre infezioni, come dimostra la cosiddetta
“ipotesi igienica” delle malattie, per la quale
l’equilibrio tra ambiente e individuo può essere
rotto dallo sbilanciamento delle risposte Th1
verso Th2.
Azioni alternanti
Ad esempio, è stato dimostrato che la risposta allo
schistosoma mansoni sopprime l’attivazione dei Th1
anti-recettore del TSH nei modelli sperimentali su topi
della malattia di Graves.
Al contrario, una infezione dei topi con
mycobacterium bovis sollecita l’attivazione e la
produzione di Th1 anti-recettore del TSH,
evidenziando il ruolo della tubercolosi nella bilancia
dei Th1/Th2.
TSH e virus enterici
La correlazione tra sistema neuroendocrino
immunologia è ben espressa a livello intestinale.
e
Per comprendere il ruolo di alcuni ormoni nelle
risposte immunitarie, è stata osservata l’azione del TSH
durante le infezioni da virus enterici.
Il TSH prodotto a livello delle cripte intestinali, infatti,
è indispensabile per la maturazione e differenziazione
dei linfociti intraepiteliali.
Rotavirus e TSH
I topi infettati da rotavirus mostrano
significative differenze nella produzione di
TSH, rispetto ai topi non infettati.
Questo fenomeno è stato osservato al 2° e 3°
giorno dalla somministrazione del contagio e
dimostra il ruolo svolto dal TSH nello sviluppo
e nella attivazione dei linfociti T intestinali, in
risposta allo stimolo infettivo.
Mimetismo tra recettori!
Un esempio di neuroimmunopatologia è fornito dagli
anticorpi anti-β1 adrenergici e anti-M2 muscarinici
nella genesi della fibrillazione atriale in corso di
ipertiroidismo (malattia di Graves) e cardiomiopatia
dilatativa.
Uno studio condotto su 38 pazienti con
ipertiroidismo, paragonato a 10 controlli, ha
dimostrato che tali anticorpi sono l’espressione di una
risposta linfocitaria crociata tra il recettore del TSH e i
recettori β1 adrenergici e M2 muscarinici.
Oftalmopatia di Graves
Anche l’oftalmopatia di Graves sembra risentire
di una correlazione neuroendocrina.
Molta attenzione è stata recentemente rivolta al
ruolo del recettore per IGF-1 (Insulin-like
Growth Factor 1), come fattore di associazione
per il recettore del TSH.
Nella oftalmopatia i fibroblasti dell’orbita sono
tra le prime cellule colpite nella risposta
autoimmune.
Mimetismo TSHR e IGF-1R
Nelle fasi iniziali della malattia, tali fibroblasti sono
indifferenziati, con bassa espressione del TSHR e sono
stimolati a produrre acido ialuronico dalle citochine
rilasciate dagli infiltrati linfocitari autoreattivi antiTSHR.
Questo evento si associa alla presenza di anticorpi antiIGF-1R, come si osserva anche nell’artrite reumatoide,
evidenziando una reattività crociata, che rappresenta
l’innesco della differenziazione e attivazione dei
fibroblasti.
Mimetismo molecolare
In aggiunta, è stato osservato che i linfociti T
autoreattivi, nella malattia di Graves, mostrano
una reattività crociata tra antigeni delle cellule
follicolari della tiroide ed epitopi espressi su
tessuti dello spazio orbitario.
Questa duplice risposta autoimmune è mediata
dal mimetismo molecolare con alcuni
microrganismi.
Ruolo di anti-TSHR
Il mimetismo molecolare coinvolge anche altre
strutture.
I recettori del TSH sono espressi dalla tiroide, ma
anche dalle cellule presenti nella regione orbitaria,
ossia pre-adipociti e fibroblasti.
La risposta autoreattiva anti-TSHR, rivolta a queste
cellule è anche diretta e contribuisce alla attivazione
dei fibroblasti e degli adipociti, i quali si attivano
proprio perdendo la funzione del TSHR.
Antigene TSHR
Entrando nel particolare, l’oftalmopatia di Graves è un
disturbo infiammatorio autoimmune dell’orbita, nel
quale il recettore del TSH assume il ruolo di
autoantigene.
Ciò determina un aumento nella sintesi di acido
ialuronico e l’adipogenesi.
Ambedue queste funzioni sono sovra-regolate nella
malattia dell’orbita, il cui mediatore è rappresentato
dalla adenili-ciclasi /cAMP e dalla 3-chinasi/Akt.
Plasticità neuronale
Durante lo sviluppo del cervello molti
neurotrasmettitori agiscono come regolatori di
crescita cellulare. Un esempio è dato dalle
catecolamine.
Viceversa,
nell’adulto,
alcuni
ormoni,
soprattutto quelli tiroidei, partecipano al
funzionamento e allo sviluppo della plasticità
neuronale.
T3 neurotrasmettitore
La tri-iodotironina, in particolare, mostra una
alta concentrazione nei centri cerebrali
noradrenergici.
Nel locus ceruleus, ad esempio, la norepinefrina
promuove attivamente la conversione della
tiroxina in tri-iodotironina, la quale svolge la
funzione di neurotrasmettitore delle fibre
noradrenergiche a partenza da questo sito.
Neuropatologia autoimmune
Negli ultimi anni, la ricerca si è indirizzata verso
l’approfondimento delle neuropatologie autoimmuni.
Per questo motivo sono stati identificati numerosi
autoanticorpi, i quali esprimono una risposta
linfocitaria citotossica autoreattiva.
Due esempi sono stati proposti recentemente: la
neuromielite ottica, associata alla presenza di anticorpi
anti-aquaporina 4 e l’encefalite limbica, associata ad
anticorpi anti-recettori NMDA.
Anti-NMDAR
Nel primo caso, la malattia, preponderante
nelle donne, si esprime con neurite ottica e
mielite longitudinale, che si estende nel
midollo spinale.
Nel secondo caso, la risposta anti-NMDA si
manifesta nelle giovani donne portatrici di
teratoma ovarico, con sintomi vari: disturbi di
memoria e di coscienza, agitazione, epilessia,
insufficienza
respiratoria
e
movimenti
involontari.
Encefalite anti-NMDAR
L’encefalite anti-NMDAR mostra un andamento
crescente nella popolazione mondiale.
Una ragazza cinese di 17 anni si ricovera per sintomi
psichiatrici,
deficit
di
memoria,
disturbi
comportamentali ed epilessia.
Successivamente, il quadro clinico progredisce con
discinesia e instabilità autonomica. Gli esami di
laboratorio mostrano IgM positive per EBV/VCA,
oltre ad anticorpi anti-TG e anti-TPO
EBV e anti-NMDAR
Viene evidenziato anche un teratoma
immaturo, che viene prontamente asportato.
ovarico
Di conseguenza, tutto il quadro clinico neurologico
migliora, fino alla completa guarigione.
Da notare che nel fluido cerebrospinale sono stati
riscontrati anticorpi anti-NMDAR, mentre all’esame
istologico, il teratoma è caratterizzato da tessuto
nervoso ectopico immaturo, che si esprime con
recettori NMDA, oltre alla presenza del virus di
Epstein-Barr.
Innesco anti-NMDAR
A distanza di un anno dal ricovero e dalla
dimissione, gli anticorpi anti-TPO e antiNMDAR rimangono positivi, mentre le IgM
del VCA risultano negative, come gli anti-TG.
Gli autori dello studio interpretano l’encefalite
autoimmune come un disturbo innescato dal
virus della mononucleosi.
Psicosi anti-NMDAR
Ormai, molti psichiatri tendono a
considerare l’encefalite anti-NMDAR
nella diagnosi delle psicosi.
Soprattutto quando queste si presentano
con discinesia, convulsioni e catatonia,
soprattutto in assenza di una precedente
storia psichiatrica.
Forma cronica
Nonostante sia ben descritta la malattia nella fase
acuta, questa forma di encefalite non è ancora ben
conosciuta come disturbo cronico.
In un interessante studio su 9 donne, osservate per un
lungo periodo (da 23 a 69 mesi), dopo la remissione
della sintomatologia acuta, è stato notata la persistenza
di alcuni disturbi, tra cui deficit di memoria e delle
funzioni esecutive, in 8 di loro.
Encefalite sinaptica
Il termine encefalite sinaptica autoimmune comprende
forme diverse, associate alla presenza di anticorpi antiNMDA, oppure anti-GABA. In un caso descritto, una
ragazza di 20 anni, con sclerosi multipla, presenta
disturbi mentali e un comportamento bizzarro, dovuto
a discinesie del volto e delle estremità.
Dopo alcuni giorni compare uno stato epilettico.
Questi sintomi regrediscono dopo un trattamento
specifico, ma ricompaiono dopo alcuni mesi. A questo
punto si riscontrano anticorpi anti-NMDAR. La
sintomatologia scompare dopo immunoterapia.
Schizofrenia
Oltre la encefalite sopra descritta, l’anomala
funzione dei recettori NMDA è considerata,
ormai, un fattore fondamentale nella
patogenesi della schizofrenia.
Nei modelli sperimentali su topi, la malattia è
indotta da antagonisti di NMDAR e si
manifesta con tipiche anomalie del
comportamento, oltre a una persistente
iperattività.
Neuro-LES
I disturbi neurologici e psichiatrici sono abbastanza
comuni nei pazienti con LES.
Per spiegare il fenomeno, sono state addotte numerose
osservazioni.
Fra tutte, emerge la presenza di anticorpi antiNMDAR, i quali esprimono una risposta linfocitaria,
che oltrepassa la barriera emato-encefalica, come è
stato dimostrato nei topi.
Anti-NMDA
Il recettore NMDA lega il glutammato, un
neurotrasmettitore eccitatorio coinvolto nella
plasticità sinaptica nel cervello, nella memoria,
nell’apprendimento
e
nelle
reazioni
emozionali.
La risposta linfocitaria anti-NMDA è dunque
coinvolta nel neuro-LES, come si evidenzia con
i modelli sperimentali su topi.
Epilessia
Anche l’epilessia potrebbe trovare una
motivazione autoimmune, nei pazienti in cui la
causa organica non è definita.
La presenza di autoanticorpi ha contribuito ad
alimentare le giuste aspettative della ricerca,
soprattutto nei confronti del recettore NMDA
e del recettore GABA(B).
Comportamento alimentare
Di grande interesse è il ruolo svolto dai recettori
NMDA nel controllo dell’assunzione del cibo, come
testimoniano i modelli animali e numerose
testimonianze nell’essere umano.
Una ragazza di 22 anni, con una encefalite da antiNMDAR, senza nessun disturbo neuro-psichiatrico
precedente, manifesta un serio disturbo del
comportamento alimentare, caratterizzato da anoressia
e successiva iperfagia.
Disfunzioni cognitive
Studiando 24 pazienti con declino progressivo
delle funzioni cognitive, si è osservata la
presenza di anticorpi anti-NMDA, soprattutto
di tipo IgA, che non si evidenziano nei
controlli sani.
Questa forma di autoimmunità, riscontrata in
7 pazienti, può essere la causa del declino, visto
il ruolo svolto da tali recettori nelle funzioni di
memoria e apprendimento.
GABA(A)
Il consolidamento della memoria è un processo,
per il quale le informazioni acquisite sono
convertite in azioni concrete.
Usando antagonisti del recettore GABA(A),
come la bicucullina, si determina un aumento di
tale funzione, dovuto a un incremento di un
fattore neurotrofico nell’ippocampo dei topi,
denominato BDNF (brai-derived neurotrophic
factor).
Dolore neuropatico
Il virus varicella-zoster esprime una proteina precoce,
in corso di zoster, denominata IE62 Immediate early
62), la quale è stata associata al dolore neuropatico, nel
quale è coinvolto anche il BDNF, almeno per quanto
riguarda l’ipersensibilità al dolore.
L’aspetto più interessante, in questi casi, è la
dimostrazione che gli anticorpi anti-IE62 mostrano una
reattività crociata, quindi un mimetismo molecolare,
con il BDNF.
Sjögren
La sindrome primaria di Sjögren è una malattia
autoimmune sistemica, caratterizzata da
infiltrazione di linfociti nelle ghiandole salivari
e lacrimali, la cui conseguenza sintomatologica
si traduce in secchezza della bocca e degli occhi.
L’infiltrato linfocitario si evidenzia anche con
la presenza di IgG anti-recettore muscarinico
tipo 3.
Anti-M3R
Pur rimanendo controverso il ruolo di questi
anticorpi, è ormai consolidato l’atteggiamento,
nella ricerca clinica, di evidenziare la loro
presenza nel siero.
In un interessante studio, condotto su 91
pazienti con sindrome di Sjögren primaria è
stata riscontrata una prevalenza di IgA anti-M3
recettore muscarinico, pari al 46% dei soggetti
esaminati, rispetto al 5% dei soggetti sani.
Anti-M3R IgG
In un altro lavoro, è stata osservata la presenza
di anticorpi inibitori sulla funzione
muscarinica per i recettore tipo 3, la quale
rappresenta una risposta dei linfociti che
infiltrano le ghiandole interessate.
Tali anticorpi sono anche di isotipo IgG e
possono essere considerati un marcatore
affidabile della sindrome.
Adenovirus/SS-B
Al fine di studiare la etiopatogenesi della
sindrome di Sjögren è stato proposto un
protocollo di innesco virale per la formazione
di anticorpi La, i quali sono considerati
specifici della patologia.
Sotto questo aspetto, è stato dimostrato che
l’infezione da adenovirus è in grado di
stimolare la produzione di tali autoanticorpi in
tutti i casi.
EBV
Anche il virus di Epstein-Barr è in grado di attivare la
cherato-congiuntivite secca e la xerostomia della
sindrome di Sjögren.
Gli anticorpi anti-nucleo La (anche denominati SS-B),
infatti, sono in grado di legare, non solo le
ribonucleoproteine umane, ma anche gli Rna EBER 1
e EBER 2 di EBV.
Il virus, pertanto, può essere considerato un fattore di
innesco dell’autoimmunità riscontrata nella malattia,
per mimetismo molecolare.
Anti-Ro e Anti-La
La sindrome di Sjögren, dunque, consiste in
una forma infiammatoria cronica, che si
manifesta a livello degli acini e dei dotti salivari
delle ghiandole esocrine.
L’infiltrato linfocitario determina l’apoptosi
delle cellule epiteliali e si evidenzia con la
formazione di autoanticorpi anti-Ro/SSA e
anti-La/SSB.
HSP/60
Gli anti Ro/SSA sono particelle a Rna associate
a proteine di 52 e 60 kDa. Le prime (52 kDa)
sono presenti anche nel LES, mentre le60 kDa
sono specifici della Sjögren.
Tali peptidi hanno lo stesso peso molecolare
delle Hsp60, con le quali condividono un
mimetismo molecolare, analogamente al
recettore dell’acetilcolina, di cui parleremo in
seguito.
Altri inneschi
Numerosi sono i fattori infettivi innescanti, invocati
nella etio-patogenesi della sindrome di Sjögren.
Tra questi è stato osservato il CMV, EBV, HCV
HTLV-1, HIV e altri retrovirus.
Anche il coxsackie virus B4 è stato associato a tale
patologia autoimmune, mediante il suo mimetismo
molecolare con gli autoantigeni SSB, analogamente a
quanto si verifica per il virus della stomatite vescicolare
e gli SSA.
Helicobacter
Molto spesso la sindrome si associa a una infezione da
helicobacter pylori.
In un elegante studio, sono stati studiati 4 gruppi di
pazienti.
Il gruppo 1 comprendeva 36 soggetti con sindrome
primaria di Sjögren; il gruppo 2 31 soggetti con
sindrome secondaria; il gruppo 3 46 con varia malattie
del connettivo, ma senza la sindrome sicca; il gruppo 4
era costituito da 64 controlli sani.
Prevalenza anti-HP
I risultati sono stati eclatanti, in quanto il gruppo 1
mostrava una netta prevalenza ad alto titolo di
anticorpi anti-helicobacter, pari a 80,6%. Il gruppo 2
aveva una incidenza del 71%, mentre il gruppo 3
scendeva al 61% e il gruppo 4 al 56%.
Le manifestazioni cliniche della sindrome sicca,
inoltre, erano correlate a un alto titolo di anticorpi,
tanto che gli autori si spingevano a raccomandare una
terapia eradicante, per migliorare il quadro clinico
dello Sjögren.
Myastenia
La myastenia è una malattia autoimmune
mediata dalla risposta dei linfociti contro
il recettore nicotinico dell’acetilcolina,
nella giunzione neuromuscolare.
Il mimetismo molecolare del recettore
con alcuni agenti infettivi spiega la
comparsa della sintomatologia.
a
a
1. Forma oculare (blefaroptosi
mono/bilaterale, diplopia > specie la
sera o dopo intenso affaticamento)
2. Forma generalizzata (interessamento m.
mimici, m. fonatori, m. deglutizione e
respiratori, degli arti, ecc.)
VARIABILITA’ INTER-INDIVIDUALE
Anti-AchR e infezioni
La gran parte dei pazienti con myastenia
mostra anticorpi anti-AchR, per la sub-unità α,
nei residui 160-167, i quali sono espressi anche
dai residui 286-293 della glicoproteina D di
HSV.
Oltre al ben conosciuto HSV, anche proteus
vulgaris, escherichia coli e klebsiella
pneumoniae mostrano determinanti antigenici
significativi con il recettore.
Streptococcus
In letteratura è descritta una forma di myastenia
transitoria, comparsa in due bambini, a seguito di
infezioni comuni.
Uno di questi, a 5 anni, manifesta debolezza oculobulbare due settimane dopo la scomparsa della
varicella.
Il secondo, di 4 anni, evidenzia diplegia facciale e
disartria, alcune settimane dopo una faringite
streptococcica. In ambedue i casi, l’evento patologico è
stato spiegato con il mimetismo molecolare tra AchR e
antigeni infettivi.
HCV
È stato descritto il caso di un uomo egiziano,
che sviluppò la myastenia, con i tipici sintomi e
la presenza di anti-AchR, in corso di epatite C,
complicata da cirrosi.
Per spiegare questo dato è stato proposto il
mimetismo molecolare tra antigeni di HCV e
recettore dell’acetilcolina.
Haemophilus influenzae
Un altro candidato al mimetismo molecolare, per la
myastenia può essere considerato haemophilus
influenzae, un antigene del quale ha una omologia del
50% con AchR.
L’induzione sperimentale della malattia nei ratti è
impedita dalla somministrazione di questo antigene.
Il dato è stato interpretato come fattore protettivo, ma
in realtà è una condizione che può essere interpretata
solo con la metodologia omeopatica.
Primo evento
Un aspetto interessante è la comprensione
patogenetica della prima manifestazione.
Esaminando le IgG di EBNA-1 (antigene
nucleare del virus di Epstein-Barr) nei pazienti
con myastenia, è stato osservato che i titoli
anticorpali sono significativamente più alti,
rispetto a 184 controlli sani, soprattutto
quando la malattia ha avuto una comparsa
precoce.
A2AR
Il
recettore
A2
dell’adenosina,
uno
dei
neurotrasmettitori più interessanti nell’ambito della
neurologia,
è
comunemente
associato
alla
immunosoppressione.
Nei modelli animali della myastenia, la cui induzione si
compie nei ratti Lewis con la somministrazione di
anticorpi anti-AchR, l’espressione di A2AR da parte
dei linfociti T e B è nettamente ridotta. Al contrario, la
stimolazione i A2AR con agonisti inibisce la comparsa
della malattia.
Pemphigus vulgaris
Anticorpi anti-AcR sono stati riscontrati
anche nei pazienti con pemphigus
vulgaris.
Il titolo di queste risposte è correlato alla
severità della malattia e può essere
considerato un marcatore importante
nella sua progressione.
Cardiopatia
Alcune forme di aritmia idiopatica possono
essere il presupposto di una evoluzione verso la
cardiomiopatia.
Un gruppo di 67 pazienti (25 in forma sopraventricolare e 42 ventricolare), un altro di 14
con sospetta cardiomiopatia e uno di 12 con
cardiomiopatia conclamata, sono stati messi a
confronto con 19 controlli sani, per la
eventuale presenza di anticorpi anti-recettore
β1 e β2 adrenergici.
Anti-β1
Gli anti-β1 sono risultati più frequenti nel
gruppo 1 e 2 (pazienti con aritmia idiopatica
sopra-ventricolare e ventricolare), mentre gli antiβ2 non mostravano differenza significative tra i
diversi gruppi.
Il dato, comparato con la biopsia del cuore,
eseguita su 11 pazienti, che ha rivelato anomalie
compatibili con una evoluzione patologica,
depone per una associazione tra presenza di antiβ1 e cardiomiopatia.
Anti-M2R
I pazienti con cardiomiopatia dilatativa,
inoltre, mostrano la presenza di anticorpi antirecettore M2 muscarinico.
Nei topi è stata dimostrato un infiltrato
linfocitario,
con
anti-M2,
dopo
la
somministrazione
di
una
proteina
ricombinante M2R. queste osservazioni
evidenziano il ruolo svolto dalle risposte antiM2 nell’innesco e nella progressione della
malattia.
Insufficienza cardiaca
Gli anticorpi anti-recettori colinergici e
adrenergici sono frequenti nel siero dei
pazienti con insufficienza cardiaca.
La somministrazione di tali anticorpi, nei topi,
conduce alla manifestazione patologica e
questo dato coincide con le comuni
osservazioni sull’uomo, nel quale si
evidenziano anti-β1 in casi di insufficienza
cardiaca.
Ipotensione ortostatica
L’ipotensione ortostatica è caratterizzata da una
anomala risposta autonomica alla postura
eretta.
Anticorpi IgG anti-recettore β1, anti-recettore
β2 adrenergici e anti-recettore M2 muscarinici
producono
vasodilatazione
generalizzata,
inducendo una conseguente ipotensione, come
si verifica nelle forme ortostatiche.
Gangliopatia autonomica a.
È stata descritto un quadro clinico, la
gangliopatia autonomica autoimmune, dovuto
alla presenza di anticorpi anti.-AchR, con
disturbi cognitivi e ipotensione ortostatica.
I sintomi neurologici, descritti in tre pazienti,
vanno dal deficit di attenzione e di memoria a
una alterazione delle funzioni esecutive e sono
stati rimossi mediante plasmaferesi, rivolta alla
riduzione degli autoanticorpi.
Anti-A2R e B19
Nella pre-eclampsia è stata dimostrata la presenza di
anticorpi anti-recettore di angiotensina II.
L’epitopo immunogeno di questo recettore mostra una
significativa omologia con le proteine del capside di
parvovirus B19, i cui anticorpi IgG sono risultati
positivi nelle donne in gravidanza colpite da questa
forma patologica, con titoli significativamente superiori
rispetto ai controlli.
Inoltre, anti-recettore α1 adrenergici sono associati alla
ipertensione refrattaria in corso di pre-eclampsia.
HLA/DR4 e pre-eclampsia
Anche gli anti-recettore di angiotensina 1 sono
stati riscontrati nella pre-eclampsia, nella
ipertensione maligna e nella ipertensione
essenziale.
Arruolando 394 pazienti cinesi con
ipertensione essenziale, a confronto con 224
normotesi, è stata dimostrata la prevalenza di
tali
autoanticorpi
nei
pazienti
con
HLA/DRB1*04.
Periodontite
Gli anti-recettore β1 adrenergici sono stati riscontrati nei
fibroblasti gengivali di pazienti con periodontite.
Tali anticorpi sono associati alla inibizione della crescita
cellulare e alla espressione di mediatori pro-infiammatori.
A tale azione si aggiunge anche la loro azione sul
miocardio, modificandone la contrattilità, come è stato
rilevato su 36 pazienti con periodontite, i quali hanno
sviluppato, nel tempo una insufficienza della contrattilità
atrale, rispetto a 20 controlli sani.
Gaba e AR
I correnti trattamenti dell’artrite reumatoide
comportano numerosi effetti collaterali, per la
loro prolungata somministrazione.
Molto recentemente, è stato dimostrato, che la
stimolazione dei recettori GABA periferici,
localizzati sui linfociti, inibisce la progressione
della malattia sperimentale indotta nei topi con
il collagene.
Azione
Il GABA, infatti, agisce con una
regolazione negativa sulle cellule T
citotossiche e sulle cellule dendritiche
infiammatorie.
Ciò si esprime con una diminuzione
significativa delle IgG anti-collagene.
Anti-Dna e Anti-NMDA
Nel LES è ben descritta la presenza di anticorpi
anti-Dna, i quali rappresentano un marcatore
fedele della malattia.
Tali anticorpi mostrano una interessante
reattività crociata con i recettori NMDA e sono
responsabili del danno centrale, che si verifica
in corso di neuro-lupus, mediante il
mimetismo molecolare, peraltro attivato da
agenti infettivi.
Demenza
Un processo autoimmune è stato invocato
anche nella malattia di Alzheimer e nella
demenza vascolare.
Gli anticorpi, in questi casi, sono diretti sui
recettori α1 e β2 adrenergici e avrebbero
un’azione agonista significativa, come non si
riscontra in altre patologie neurodegenerative a
livello centrale.