NOI ETRUSCHI La storia della cultura etrusca Luciano Vagni Bozza In copertina: alfabetario della II metà del VII sec. a.C. in un vaso a forma di galletto rinvenuto a Viterbo (Metropolitan Museum of Art, New York) 2 Premessa Il libro “Noi Etruschi” è un estratto dell’opera più ampia, in 5 volumi, “Il cielo degli Etruschi”, in corso di pubblicazione, che affronta al primo volume il principio di corrispondenza, al secondo volume le città, al terzo la filosofia e la religione, al quarto la scienza e al quinto la storia della civiltà etrusca. Questo libro è riservato agli insegnanti, anche se è in gran parte comprensibile da parte degli alunni di quinta elementare. La sua complessità è tale da consigliare di affrontarlo lungo il corso dell’intero anno scolastico di quinta elementare. La difficoltà principale che possono incontrare gli insegnanti è quella che gli argomenti trattati presuppongono una preparazione pluridisciplinare, in quanto sono affrontati temi che riguardano l’astronomia, l’architettura, l’ingegneria, la filosofia, la religione, la storia e le scienze naturali; l’aspetto positivo è che tutto ciò consente ai bambini di spaziare nel proprio campo della conoscenza caratterizzato da un assetto unitario, non essendo ancora suddiviso in quelle discipline specialistiche che spesso costituiscono un limite alla fantasia e alla creatività. Questo è confermato dal fatto che l’unica esperienza scolastica finora eseguita, quella con una classe quinta della scuola elementare “Falcone e Borsellino” nell’anno scolastico 2013-2014, ha destato più successo tra i bambini (e con il conseguente coinvolgimento delle famiglie) piuttosto che tra gli insegnanti. E’ pertanto agli insegnanti che mi rivolgo, invitandoli a cercare di superare le difficoltà che incontreranno inevitabilmente nell’affrontare queste pagine, senza scegliere la facile strada della fuga, che in questo caso è agevolata dal fatto che questo nuovo approccio alla storia antica è ancora inedito e poco conosciuto, e ignorato dalla cultura ufficiale che preferisce seguire la strada già tracciata piuttosto che sforzarsi a verificare se ne esistono altre, più difficili ed ardue, anche se possono aprire nuovi varchi nel difficile percorso della conoscenza. Non mi sarei mai permesso di proporre al mondo della scuola argomentazioni derivate da ipotesi, tesi, suggestioni: il principio di corrispondenza, che è il principio base del pensiero etrusco, oltre ad essere scientificamente dimostrato nel primo libro de “Il cielo degli Etruschi”, era stato intuito anche da illustri etruscologi contemporanei, come il professor Romolo Augusto Staccioli che nel suo libro “Gli Etruschi – un popolo tra mito e realtà” cita testualmente: la disciplina etrusca è strettamente legata al principio della corrispondenza occulta tra macrocosmo e microcosmo, cioè tra il mondo celeste e il mondo terrestre: un principio che costituisce forse il cardine di tutta la religione etrusca..... in base al principio della corrispondenza la divisione del cielo aveva precisi riscontri anche sulla terra dove si rifletteva non soltanto nel fegato degli animali ma su qualsiasi parte della superficie terrestre.... ; in essa purchè sussistessero le condizioni dell’orientamento e delle partizioni secondo il modello celeste, era trasferito il concetto di “spazio sacro” e questo poteva essere un santuario o anche semplicemente un albero oppure un’intera area urbana”. Merito dello scrivente è stato quello di aver riscontrato urbanisticamente il principio di corrispondenza sia nell’urbanistica di Perugia che in quella di altre città etrusca, e soprattutto in quella dell’intera Etruria, e di averlo potuto riscontrare anche e soprattutto, astronomicamente, confrontando la pianta delle città con quella del cielo, rappresentata dal fegato aruspicino rinvenuto a Piacenza nel 1877. Fortuna ha voluto che ad occuparsi degli scavi sia stato un ingegnere, costruito dalla nostra società per occuparsi di urbanistica, di rilievi, di planimetrie, di proporzioni, e fortuna ha voluto che 3 l’ingegnere avesse la caratteristica essenziale per percorrere il nuovo sentiero arduo della conoscenza, la caparbietà con la quale è riuscito a realizzare gli scavi nell’acropoli di Perugia e con la quale si è documentato, studiando la maggior parte dei principali documenti e testi etruschi; con la stessa caparbietà ha deciso di trasmettere al mondo intero una parte significativa della storia che lo riguarda direttamente, della nascita e dello sviluppo del principio di corrispondenza che ha sostenuto le prime aggregazioni umane, e della quale l’esperienza etrusca rappresenta una pietra miliare. Resto a disposizione degli operatori didattici che sentano il bisogno di scambiare con me dubbi, opinioni e certezze, soprattutto di coloro che intendono utilizzare il progetto “Noi Etruschi” come filo conduttore dell’attività didattica dell’anno scolastico 2014-2015, augurandomi che questo libro, opportunamente rivisto sulla base dei consigli che emergeranno da questa prima esperienza, possa presto estendersi alle scuole delle altre regioni, così come la civiltà etrusca si è estesa in tutta Italia, come ci informa Tito Livio, “ab Alpibus ad fretum Siculum”. 4 Noi Etruschi Questo libro è stato scritto per comunicare ai bambini una parte importante della loro storia che è stata purtroppo dimenticata, ma senza la quale non è per loro possibile conoscere le loro effettive radici. Esso li avvicinerà all’ “etrusca disciplina”, cioè alla scienza ed al pensiero dei nostri antenati, e per riuscire a comprenderla dovranno superare molte difficoltà, quelle difficoltà che l’hanno resa impenetrabile nei secoli; sarà un percorso difficile e faticoso che sarà ripagato dall’immenso piacere della conoscenza del nostro passato: solo conoscendo chi siamo stati è possibile sapere chi siamo e programmare il nostro futuro Fig. 1. Il percorso della conoscenza attraversa tre tappe fondamentali: - chi siamo stati, - chi siamo; - dove andiamo. 5 Capitolo I I cicli della vita sulla terra e la cultura etrusca I tre cicli Per comprendere a pieno il pensiero del popolo etrusco è necessario partire dalla sua scientificità che si basava su un’attenta osservazione dei fenomeni naturali e dalla loro evoluzione nel tempo; primi fra tutti ad essere osservati e studiati sono stati i fenomeni che accadevano nel cielo, considerato dagli Etruschi sacro, e che seguivano l’alternarsi del giorno e della notte, quello delle stagioni e dei secoli: i tre grandi cicli della nostra vita. Scientificamente i tre cicli sono: 1) Moto di rotazione della terra; 2) Moto di rivoluzione attorno al sole 3) Moto di spostamento dell’asse terrestre, attorno al quale la terra ruota, detto moto platonico. Fig. 2. Il cielo guardando verso sud: immagine presa dal programma Stellarium, reperibile da Internet La foto di fig. 2 ci mostra un cielo notturno; è rivolta a sud, l’unica direzione nella quale possiamo osservare un cielo, giungendo a vedere oltre le costellazioni dello zodiaco e nella quale scorrono come in una passerella, di ora in ora, le costellazioni. La parte sud del cielo è quindi il suo schermo gigante che ci presenta la maggior parte di costellazioni, che si avvicendano da est verso ovest. Per questo motivo i templi etruschi erano rivolti a sud, sud-est o sud-ovest, e mai a nord, dove sono sempre in vista le costellazioni circumpolari vicine a quel punto, apparentemente fisso, il polo, nel quale si pensava risiedesse la grande regia attorno alla quale tutto l’universo ruota. 6 Esercizio Con una bussola cerca l’orientamento della finestra della tua camera, come nell’esempio riportato in fig. 3. E letto N S O Fig. 3. Schema di una qualsiasi camera e posizione della bussola per determinare l’orientamento della finestra. In questo caso l’orientamento è ad est (notare che anche il letto è orientato verso est e se volessimo attenerci alle usanze etrusche lo sposteremmo come nella posizione tratteggiata per orientarlo verso nord: gli antichi dormivano orientati verso nord). Riflessione: Gli Etruschi conoscevano la bussola? Probabilmente no ma essendo grandi estrattori del ferro come ad esempio nell’isola d’Elba, conoscevano certamente la magnetite, che ha appunto la proprietà di orientarsi verso nord, ed è da noi utilizzata per fabbricare la bussola. Gli Etruschi avevano però un metodo molto più preciso per determinare il nord come vedremo nello schema di fig. 7, che era quello di osservare e misurare l’ombra del sole, intorno all’ora di mezzogiorno. 7 Primo ciclo: il ciclo del giorno e della notte – Il cardo e il decumano (Il movimento di rotazione della terra) Il sole e la luna: Noi sappiamo che la terra ruota attorno al proprio asse, asse, per cui in ogni ora del giorno vediamo il sole e gli altri astri sorgere, arrivare alla massima altezza rispetto all’orizzonte e poi abbassarsi fino a scomparire, al momento del tramonto. La stella più vicina a noi, il sole, determina al suo sorgere l’inizio l del giorno ed al tramonto quello della notte. Gli Etruschi chiamavano il sole USIL e la luna TIVR, ed hanno scritto i loro nomi nella faccia posteriore dello strumento che utilizzavano per scrutare il cielo e compararlo alle cose della terra, il fegato in bronzo rinvenuto a Piacenza nel 1877 che usavano usavano gli aruspici per mettersi in contatto con gli astri celesti. Linea dividente S Parte àntica Parte pòstica N a) a) N S b) b) Fig. 4. Il fegato bronzeo usato dagli aruspici, rinvenuti a Piacenza nel 1877. Nelle immagini sopra riportate vediamo vediamo rappresentato il fegato aruspicino in bronzo rinvenuto a Piacenza nel 1877: a sinistra la foto delle due facce; a destra la riproduzione grafica che mostra come nel retro (a) è impresso il nome USIL e TIVR e nel fronte principale (b) sono impressi i nomi delle 8 O costellazioni del cielo. Questo strumento nel quale sono rappresentate le costellazioni del cosmo, è un microcosmo, cioè rappresenta in piccolo il cosmo. Notiamo subito che le lettere etrusche sono leggermente diverse dalle nostre e soprattutto che gli Etruschi scrivevano da destra destra verso sinistra; potremmo osservare che se orientiamo un foglio di carta con la scritta USILS come nella N parte antica del retro del fegato aruspicino, la scritta da destra ovest cioè gli SLISU (USILS) E verso sinistra (SLISU) significa che va da est ad ovest, Etruschi scrivevano no nel senso del movimento del sole e delle stelle nel cielo, che viaggiano da est verso ovest. S Fig. 5. Foglio orientato (con gli assi cardinatli) e la scritta USILS da destra verso sinistra, cioè da est verso ovest. W Il retro dello strumento riporta infatti la scritta dei due astri che rappresentano il giorno, cioè il sole (USIL) e la notte, notte cioè la luna (TIVR). Con questo strumento gli Etruschi ci informano che l’intero arco della giornata è diviso nella parte denominata àntica N (testimoniata dalla presenza del sole-USIL) sole che contiene i momenti della luce, dell’azione, della vivacità della natura, la parte femminile, e in quella Polo celeste denominata pòstica,, la parte dove d si trova la luna (TIVR) che contiene invece i momenti del buio, della riflessione, del pensiero e del riposo fisico, la P parte maschile. PARTE POSTICA Il sole e la luna per gli Etruschi sono dunque considerate le parti di uno stesso organismo, orga di cui il E sole, la parte àntica, rappresenta la parte femminile e la luna, la parte pòstica, è quella maschile. Esiste un momento particolarmente importante per gli Etruschi, quello dell’eclisse di sole, nel quale la luna si sovrappone al sole, come se i due astri si PARTE ANTICA accoppiassero:: è un momento particolarmente importante perchè consente di far vedere, per qualche attimo, di giorno gli altri astri che sono nel cielo, e di comprendere che essi ci sono sempre ma che di giorno è il sole ad impedirne la vista. v S Ora di mezzogiorno che corrisponde alla costellazione del mese Fig. 6 Il fegato aruspicino, con le scritte riportate secondo il nostro alfabeto, utilizzato come orologio. L’orologio, ruotando attorno al polo P, indica a sud sempre l’ora esatta; a mezzogiorno è l’ora che corrisponde alla costellazione nella quale si trova il sole in quel mese. 9 I microcosmi. Come il sole e il giorno, rappresentano la parte àntica del cielo, così la luna e la notte rappresentano la parte pòstica: nella parte àntica si trovano, come ci mostra il fegato aruspicino, le costellazioni di TIN, UNI, CILEN,... in quella pòstica si trovano quelle di Cel, Tluscv, Lethn: ma questo solo per poco perchè dopo 12 ore per noi, o 8 ore per gli Etruschi tutto si ribalta e le costellazioni di Cel, Tluscv, Leth le troviamo a sud nella parte àntica e viceversa per le altre. Nel cielo tra le due parti si ha dunque un grande travaso, nel senso che quello che è ora àntico fra 12 ore sarà pòstico, il cerchio situato al centro della parte pòstica, il polo celeste che rimane sempre al suo posto, a nordo. Questa è la differenza fra le due parti e queste differenze per gli Etruschi si trova in tutti gli organismi, che sono dei microcosmi, cioè piccole entità che corrispondono al cosmo; il cielo e la terra stessi sono un unico organismo (o microcosmo) di cui il cielo rappresenta la parte pòstica e la terra la parte àntica, essi sono simili tra loro, ma diversi. Al cielo sono simili tutti i microcosmi della terra, come le piante e gli animali, tutti presentano una parte pòstica ed una parte àntica e sono soggetti alle stesse leggi fisiche dell’universo, ma tutti sono diversi fra loro. L’uomo e la donna. Il maschio e la femmina degli animali, e così è per l’uomo, sono un unico organismo, che si completa con l’accoppiamento, e pur essendo simili sono diversi fra loro. Basta guardare i sarcofaghi etruschi per accorgersi che l’uomo è posto a nord e la donna a sud, ed entrambi guardano verso est, da dove provengono le stelle del cielo, e quindi le divinità erano loro care: l’uomo è la parte pòstica, la donna quella àntica di uno stesso microcosmo, ed è la loro diversità ad attrarli per completarsi in un unico organismo. Questo fa sì che nell’organizzazione etrusca il ruolo della donna era Fig. 7. Sarcofago degli Sposi, VI sec. a.C., Caere, Museo di Villa Giulia. paritetico, cioè di pari dignità con l’uomo, pur riconoscendone la diversità che veniva rispettata nei diversi ruoli assunti nella società, Questa parità tra i sessi degli Etruschi era malvista dagli osservatori greci, basti pensare al commento di Aristotele, il massimo filosofo greco del 10 Le ore etrusche III sec. a.C.: “le donne etrusche non sono serie; pensate, mangiano insieme agli uomini”. Questo aspetto mostra da solo la diversità tra la concezione della vita dei Greci e quella degli Etruschi, la prima improntata su una società competitiva e conflittuale, dove l’uomo è il primo fra i predatori, la seconda su una società armonica che segue le leggi della natura della quale l’uomo è parte e non padrone. Per conoscere come era suddivisa la giornata etrusca basta osservare lo stesso strumento appena visto, il fegato aruspicino che, nell’altra faccia, quella anteriore, riporta la pianta del cielo con il nome delle porzioni nelle quali gli aruspici etruschi l’avevano suddiviso. L’ora per gli Etruschi era rappresentata dalla costellazione che si trovava a sud in quel momento (o, se vogliamo, la divinità corrispondente a quella costellazione). che di notte poteva essere osservabile nel cielo, quando naturalmente il cielo era sereno. Nelle altre ore del giorno, prima e dopo mezzogiorno, non essendo possibile vedere quale costellazione si trovava a sud, l’ora veniva calcolata dagli esperti aruspici con determinati strumenti, posizionati presso il santuario della città come, ad esempio, l’orologio ad acqua situato nella fontana sacra del santuario di Perugia. L’ora del giorno che per gli Etruschi era assolutamente certa era l’ora di mezzogiorno, nella quale il sole era alla massima altezza: a mezzogiorno iniziava la giornata per gli Etruschi. Nell’immagine di fig. 6 vediamo rappresentato il fegato aruspicino con le costellazioni scritte con i nostri caratteri. Questo strumento rappresenta il cielo: il cerchietto al centro della parte pòstica è il polo celeste attorno al quale lo strumento ruota (nel verso della freccia). Poichè in questo momento a sud vediamo la costellazione TIN THNE (che corrisponde ad una posizione della nostra costellazione dei Pesci), lo strumento segna l’ora di TIN THNE. L’orologio, ruotando attorno al polo P, indica a sud sempre l’ora esatta; a mezzogiorno è l’ora che corrisponde alla costellazione nella quale si trova il sole in quel mese. 11 Esercizio Se considerassimo il corpo umano come un microcosmo, così come lo consideravano gli Etruschi, osservando il fegato aruspicino sapresti dire a quali costellazioni corrispondono le seguenti parti anatomiche: 7 2 1 D1 D1 6 D2 D2 3 D3 D3 5 4 Parte anatomica 1 – Collo 2 – Spalla sinistra 3 – Bacino parte sinistra 4 – Anca sinistra 5 – Anca destra 6 – Bacino parte destra 7 – Spalla destra Costellazione etrusca corrispondente --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 Lo gnomone e la groma Noi per sapere quando è mezzogiorno guardiamo l’orologio, ma dobbiamo sapere che l’orologio ci da un’ora convenzionale, uguale in ogni parte d’Italia, mentre invece l’ora di mezzogiorno in un luogo si ha quando il sole è in quel punto alla massima altezza nel cielo, quindi, ad esempio, a Perugia è mezzogiorno prima che a Grosseto, perchè Perugia è più ad est di Grosseto: quell’ora è la stessa in tutti i punti che si trovano nello stesso asse N-S (noi diremmo sullo stesso meridiano) che gli antichi chiamavano cardo. Il cardo era considerato sacro perchè in ogni luogo della terra è diretto verso il polo celeste, il punto più sacro del cielo intorno al quale ruotano tutte le stelle. Lo gnomone poteva essere anche corredato da quattro aste orizzontali incernierate lungo l’asse verticale, disposte tra loro a 90° che portavano all’estremità dei fili a piombo che servivano per traguardare gli assi; questo strumento si chiamava groma e consentiva, individuato il cardo, di trovare l’asse perpendicolare in direzione est-ovest che si chiamava decumano. Sole alla massima altezza s e Sole nascente ad est v o l e s s i m o c o Sole calante n o Fig. 8. Lo gnomone e la groma: gli strumenti per individuare gli assi del cielo. s Se volessimo conoscere il momento preciso del mezzogiorno dovremmo fissare un paletto in terra (nel punto C di figura), e aspettare il sole: questo palo per gli antichi si chiamava gnomone ed è stato l’orologio più antico, del quale gli antichi Egiziani ci hanno lasciato numerose testimonianze in pietra (obelischi). Osservando l’ombra del nostro palo o dello gnomone ci accorgiamo che a mano che il sole sale nel cielo l’ombra si accorcia: il momento in cui l’ombra è più corta e inizia poi ad allungarsi è l’ora di mezzogiorno: in quel momento lo gnomone segna l’asse N-S, cioè il cardo, 13 asse AB di figura. L’altra linea perpendicolare al cardo, in direzione estovest, è il decumano, cioè l’asse DE. Esercizio: Fissato un picchetto nel terreno del giardino, si segna dalle ore 11 alle ore 13, ogni 10 minuti, l’ombra della punta. Poi con un filo si misurano tutte le ombre fino a determinare il punto A dove l’ombra è più corta: quello è il nord. Abbiamo orientato il nostro giardino. A N 14 Secondo ciclo: Le stagioni e i mesi dell’anno (Il movimento di rivoluzione della terra intorno al sole) I periodi dell’anno e l’ora del giorno Nella fascia perimetrale del fegato aruspicino sono riportati i nomi delle costellazione nelle quali si trova il sole nei vari periodi dell’anno. Sappiamo che il mezzogiorno per gli Etruschi corrispondeva con l’inizio della giornata e che il sole a quell’ora si trova perfettamente a sud e nella costellazione corrispondente al periodo dell’anno. Nel grafico di fig. 5 abbiamo visto la funzione del fegato aruspicino come orologio, ora iniziamo a vederla anche come calendario. Il fegato nella posizione di figura ci indica che siamo nell’ora di TIN THUF; sappiamo anche che, se è mezzogiorno, siamo anche nel mese di TIN THUF. Ciò significa, seguendo sempre l’esempio, che la prossima ora è quella di TIN CILEN, poi quella di CILENSL. Se invece fossimo nel periodo del mese di luglio, N significa che il sole per gli Etruschi si 21/9 21/10 trova nella costellazione di CUL ALP, per cui a mezzogiorno a sud avremo la costellazione di CUL ALP, e sarebbe 21/8 anche l’ora di CUL ALP; successivamente viene l’ora di CELS, poi quella di 21/11 TLUSCV e così via. Come si vede dal fegato aruspicino, sia le ore che i mesi non 21/7 erano tutti uguali, ad esempio l’ora di CILEN era più lunga di quella di VETISL o di CUL ALP. W Le nostre ore in cui si divide un intero E 21/12 21/6 giorno sono 24, sono tutte di lunghezza uguale e si differenziano fra loro perchè sono numerate; per gli Etruschi erano 16, di lunghezze diverse e corrispondevano al 21/5 nome della costellazione che in quel 21/1 momento si trovava a sud, che non è la stessa nei vari periodi dell’anno; così i mesi per noi sono 12 e per gli Etruschi erano 16, come le costellazioni del loro 21/4 21/2 zodiaco, però nel loro calendario usuale ne 21/3 contavano 8, e forse ognuno di essi S corrispondeva ad una coppia dei mesi Fig. 9. Il fegato aruspicino utilizzato come cosmici, rappresentati nel bordo del fegato calendario ci mostra i mesi dell’anno. aruspicino. 15 Per gli Etruschi l’anno iniziava nel mese di marzo, probabilmente il 21 di marzo, giorno dell’equinozio di primavera, nel quale la durata del giorno è la stessa di quella della notte. I periodi nei quali era diviso l’anno erano sedici e, così come abbiamo visto per la divisione delle ore del giorno, non erano tutti di uguale lunghezza; facciamo riferimento al disegno di fig. 9 dove è riportato il fegato aruspicino, nel quale sono evidenziati, nella parte perimetrale, i periodi dell’anno; i mesi etruschi di cui ci è pervenuta traccia erano invece otto, e sono i seguenti: Mesi etruschi I mesi etruschi sono otto e si chiamano: Amples, corrispondente al nostro periodo marzo-aprile, corrispondente forse ai periodi zodiacali rappresentati nel fegato aruspicino con TIN THNE, TIN THUF, TIN CILEN Cabreas, corrispondente al periodo maggio-giugno a cui corrispondenvano approssimativamente i periodi etruschi di TIN CILEN e CILENS Velcitano, corrispondente all’incirca al nostro periodo di luglio e a cui corrispondevano approssimativamente i periodi di VETISL e di CUL ALP Xosfer, corrispondente al nostro periodo di agosto, a cui corrispondevano approssimativamente il periodo di CUL ALP e di CELS Celius, corrispondente al nostro periodo di settembre, a cui corrispondevano approssimativamente i periodi di CELS e TLUSCV Erminius, corrispondente al nostro periodo di ottobre-novembre, a cui corrispondono approssimativamente i periodi etruschi di LETHUS, SELVA e FUFLUNS Traneus, corrispondente al nostro periodo di dicembre-gennaio, a cui corrispondono approssimativamente i periodi etruschi di FUFLUNS, CATH e NETH Aclus, corrispondente al nostro periodo di gennaio-febbraio, a cui corrispondono approssimativamente i periodi etruschi di LUSL, TECUM e UNI. In definitiva il ciclo annuale, che per noi è di 12 mesi, per gli Etruschi era di 8, suddivisi a loro volta in due sotto periodi ciascuno corrispondenti alla divisione zodiacale rappresentata nel fegato aruspicino. L’ipotesi che i 16 periodi dello zodiaco potessero rappresentare la parte àntica e quella pòstica del mese può essere confermata dal lampadario di Cortona, che rappresentando la concezione cosmica etrusca, ci presenta le 16 costellazioni Fig. 10. Lampadario etrusco visibile al museo archeologico di Cortona che rappresenta nella parte periferica le 16 costellazioni dello zodiaco etrusco, o se vogliamo i 16 periodi dell’anno, rappresentati alternativa da una divinità femminile e una maschile. 16 definite alternativamente da una divinità maschile e da una femminile, come se entrambe fossero la parte àntica e la parte pòstica dello stesso mese. Nel lampadario di Cortona, che non è uno strumento tecnico come il fegato aruspicino ma è singolare, le sedici divinità occupano lo stesso spazio mentre in realtà, come abbiamo visto, le costellazioni erano di lunghezze diverse. Anche la settimana etrusca era probabilmente di otto giorni, così come veniva rappresentata nei primi calendari romani, certamente di derivazione etrusca. L’attenzione degli aruspici etruschi ai movimenti degli astri era tale da aver calcolato precisamente che l’anno aveva la durata di 365 giorni e poichè i periodi di sedici giorni sono in tutto l’anno 23 (23x16=368), è molto probabile che compensassero con un periodo in meno ogni sei anni, cioè che a cinque anni da 23 periodi ne seguisse uno da 22 periodi, infatti: 5x23x16 + 1x22x16 = 2192 giorni corrispondenti a 2192:6 = 365,33 giorni/anno, valore molto vicino al nostro che è di 365 giorni e 6 ore, cioè di 365,25 giorni.1 Non abbiamo la certezza di come fosse tenuto dagli aruspici etruschi il conto degli anni, ma considerando che il calendario di Numa Pompilio (secondo re di Roma, vissuto nell’VIII sec. a.C.) era basato su un ciclo di tre anni, è facile prevedere che quello precedente etrusco possa essere stato basato su un ciclo di sei anni, del quale il calendario di Numa poteva essere una semplificazione. 1 La differenza di 2 ore fra l’anno da noi presunto nel calendario etrusco e quello nel nostro calendario attuale è molto modesta, se si tiene conto che il nostro anno di 365 giorni e 6 ore è approssimativo in quanto il vero anno sidereo è di 365 giorni, 6 ore e 9 minuti, mentre l’anno tropico (che tiene conto dell’effettivo avvicendarsi delle stagioni) è di 365 giorni, 5 ore e 48 minuti. 17 Domanda: Qual’era l’ora etrusca il 20 marzo alle ore 17,00? Risposta: Essendo il 20 marzo il cielo di TIN THNE significa che a mezzogiorno è l’ora di TIN THNE, per cui alle ore 17 siamo nell’ora di CILEN, mentre alle ore 18 siamo già nell’ora di VETISL. Domanda: Qual’era l’ora etrusca il 15 novembre alle ore 10,00? Risposta: ....................................................................................... 18 1° esperimento: il cardo e il decumano Tracciamo gli assi nel nostro giardino, o in quello di un nostro amico compiacente. Il giardino (o una parte di esso) dovrà essere libero da fabbricati o alberi, in modo che il sole non abbia ostacoli. Fissiamo, perfettamente verticale, al centro C di un cerchio praticato nel terreno uno gnomone, cioè un paletto di circa 1,5-2 metri (andrebbe bene anche un ombrellone) e aspettiamo con pazienza il sole, segnando sul terreno l’ombra dello gnomone (v. esercizio di fig. 8). Quando avremo trovato il punto dove l’ombra è più corta (punto A), potremo segnare l’asse principale, cioè il cardo, l’asse ACB, in direzione nord-sud, con B simmetrico ad A, rispetto a C. Per disegnare l’asse perpendicolare, cioè il decumano, non avendo a disposizione una groma, basta utilizzare un filo di lunghezza superiore ad AC, per tracciare i punti D e E del decumano, usando il filo come un compasso puntando un’estremità rispettivamente in A e in B. A questo punto nel giardino abbiamo posizionato un orientamento con un centro e i 4 assi, ma non abbiamo ancora determinato il cardo e il decumano del giardino. Ipotizziamo che la forma del giardino sia quella di figura, tracciate le direzioni degli assi come sopra, cioè gli assi N-S e E-W, potremmo tracciare N 1 decumano W 4 E 2 massimo 3 S 1. Sacello di Tluscv 2. Sacello di Vetisl 3. Sacello di Tin 4. Sacello di Cath 19 Fig. 8. Disegno di un terreno di cui si vogliono determinare il cardo e il decumano, cioè gli assi sacri; determinati gli assi AB e DE con uno gnomone in un punto raggiunto dai raggi solari va ricercato il decumano massimo, cioè la parallela a DE nel punto più largo del terreno. Questa operazione va fatta per tentativi, utilizzando un filo e segnando sul terreno i punti 2 e 4 in corrispondenza dei quali è la massima larghezza del filo. Basta prendere il punto di mezzo del filo per determinare il punto C, punto sacro perchè è al centro dei due decumani. il decumano massimo dell’appezzamento cioè l’asse in direzione E-W situato in prossimità del punto più largo in quella direzione. Per trovare il punto più largo dobbiamo andare per tentativi, tracciando gli assi paralleli a DE e misurando la larghezza dell’appezzamento con un filo. Nel punto di mezzo del decumano massimo, tracciando la parallela ad AB abbiamo il cardo di quell’appezzamento. Questa operazione per noi è un fatto tecnico, per gli Etruschi era una consacrazione, perchè si riportavano sul terreno gli assi celesti.. Nei punti 1, 2, 3 e 4 di confine gli antichi posizionavano dei piccoli altari recintati (sacelli) dedicati alle divinità (o alle stelle) che si trovano in quella direzione nel momento sacro della giornata. Altri altari potevano essere posizionati lungo il bordo, e basta prendere in mano il fegato aruspicino per sapere a chi fossero dedicato. Esercizio: E’ riportata nel disegno la pianta di una città etrusca immaginaria, a forma di pulcino, con a lato l’indicazione degli assi celesti; se fossero trovati i resti di un tempio nel punto P, a chi sarebbe stato dedicato:? N W E S P’ P Fig. 12. Disegno ipotetico di una città etrusca Risoluzione: Tracciamo con una riga e una squadra la parallela agli assi E-W, trovando il decumano massimo ed, in mezzeria, il cardo; orientiamo nella stessa direzione il fegato aruspicino e potremmo facilmente dedurre che P corrisponde al punto P’ del fegato aruspicino che si trova nella zona di CILEN, per cui potrebbe essere il tempio dedicato a CILEN. N.B. Avere ipotizzato una città a forma di pulcino è stato un atto di pura fantasia, ma non deve stupirci; le città etrusche hanno quasi tutte la forma di un animale (es. Tarquinia quella di un cane), di un vegetale un frutto (es. Veio) o di parti anatomiche (es. Perugia), a conferma del fatto che tutti i microcosmi della natura corrispondono alla sacralità dello spazio di una città o del cielo. 20 Determinazione del decumano massimo di un grande spazio Il fatto che l’ora nello stesso momento sia diversa in luoghi posti più ad est o più ad ovest del punto di riferimento era per gli Etruschi molto più comprensibile che per noi, ormai abituati all’uso di un’ora convenzionale uguale per tutto il territorio, ed era addirittura utilizzato per misurare la larghezza dei decumani ovvero la distanza di due luoghi posti alla stessa latitudine. Questo aspetto non era un semplice esperimento scientifico ma era molto importante per gli Etruschi perchè si trattava di determinare gli assi sacri di un territorio, necessari per determinare i punti corrispondenti alle costellazioni celesti. 43°45’ 43° Fig. 13. Pianta dell’Etruria del sud con riportato in rosso il decumano massimo (cioè la linea est-ovest nel punto più largo) ed il cardo (cioè la linea nord-sud posta in mezzeria del decumano massimo). Il decumano massimo unisce l’Argentario, nel mar Tirreno, con il Tevere, in corrispondenza di Otricoli. 42° 41°43’ 21 Se riflettiamo comprendiamo perchè il decumano massimo di un territorio fosse considerato sacro, ed era perchè le stelle impiegavano maggior tempo per attraversarlo, e quindi era la via alla quale le stelle dedicavano più tempo, conferendo ad essa la massima sacralità. Per determinare il decumano massimo al sud dell’Etruria, gli Etruschi avranno sicuramente verificato varie linee in direzione est-ovest finchè hanno accertato che quella che si trova tra l’Argentario, sul Tirreno, e Otricoli, sul Tevere era la più lunga in assoluto, e su di essa hanno costruito templi e città come Pyrgi, Tuscania ed altre e, lungo il suo cardo, Tarquinia. Schematizziamo la sezione in direzione est-ovest che unisce l’estremità ovest dell’Argentario con il fiume Tevere in corrispondenza di Otricoli, e ipotizzando che sia come quella di figura. Tuscania Capalbio 9 8 Farnese 7 4 6 3 Canino 2 1 5 10 Argentario Soriano Viterbo Otricoli Pyrgi CARDO Fig. 14. Disegno di un terreno di cui si vogliono determinare il cardo e il decumano, cioè gli assi sacri; è stato preso in esame il decumano massimo della parte sud (àntica) dell’Etruria, dall’Argentario al Tevere, nei pressi di Otricoli (al 42° di latitudine). Per confrontare la lunghezza di più decumani basta osservare il cielo e prendere in considerazione una stella che si trova allo zenit. Per avere il momento esatto in cui la stella si trova esattamente allo zenit basta avere un pozzo, mettersi sull’orlo in direzione nord-sud e attendere che l’immagine riflessa della stella appaia al centro del pozzo. Disponendo un pozzo all’inizio e un altro alla fine del decumano da misurare, e un numero sufficiente di osservatori intermedi è possibile accertarsi del passaggio allo zenit della stella e lanciare il segnale. Se il punto di partenza e di arrivo è l’acqua (fiume e mare, come nell’esempio di figura, dove il punto 1 si trova nel Tevere, ad Otricoli, e il punto 10 si trova nel mare ad ovest dell’Argentario) non è nemmeno necessario scavare un pozzo ma basta posizionare un cerchio sull’acqua fissato con dei pali sul fondale. Nel caso rappresentato nell’esempio cioè nel caso del decumano massimo dell’Etruria del sud sappiamo che trovandosi il punto 1 (zona di Otricoli) al grado di longitudine 12.45.91.41 e il punto 10 sull’Argentario a longitudine 11.08.80.52 il tempo di percorrenza della stella è di 6 minuti circa. Essendo la distanza fra il punto 1 e il punto 10 in linea d’aria di km. 112,54 possiamo dire che a quella latitudine le stelle viaggiano (naturalmente noi sappiamo che non sono le stelle a viaggiare ma è la terra che ruota attorno al proprio asse) alla velocità di 112,54x60/6=1125 km/h. Se scendessimo ad una latitudine più prossima all’equatore la velocità aumenterebbe, mentre ci avviciniamo al polo diminuisce, tanto che al polo è pari a zero. Naturalmente il tempo intercorso tra le due visure del passaggio delle stelle era misurato con un orologio ad acqua, del tipo di quello trovato nel santuario di Perugia. In questo modo gli Etruschi misuravano le larghezze dei territori, trovavano il decumano massimo, misuravano il punto di mezzo e disegnavano i loro luoghi sacri. 22 Esercizio Verifica con la riga e la squadra su una cartina geografica dell’Italia se il punto più largo dell’Italia del sud (decumano massimo) si trova al 41°6’ circa di latitudine nord tra il Gargano (Monte Sacro) e Roma e cioè tra i 12°10’ e i 16°12’ di longitudine. Misura la lunghezza in km di tale decumano, basandoti sulla scala riportata nella cartina geografica. Calcola il tempo (in minuti) che una stella impiega per attraversare tale decumano, che è la differenza reale dell’ora fra i due punti. La domanda è: se nel Gargano il sole sorge alle 6, a Roma a che ora sorge? Risposta: Alle ore .... Verifica con il programma Stellarium, ricercando il momento della nascita del sole nei due punti, la precisione del calcolo che hai fatto. 23 Terzo ciclo: il ciclo dei secoli ovvero l’anno platonico Noi sappiamo che la terra, oltre al movimento di rotazione attorno al proprio asse della durata di un giorno, e oltre al movimento di rivoluzione attorno al sole della durata di 365 giorni e 6 ore, esegue un terzo movimento, molto lento, che si può percepire solo da una osservazione del cielo nel periodo di un secolo, è il cosiddetto movimento a trottola, cioè una rotazione nello spazio dell’asse terrestre della durata di circa 26.000 anni. Tale ciclo è stato denominato l’anno platonico e si Fig. 15. Figura che mostra in blu il ciclo platonico in una pianta del cielo attuale (2000 d.C.); in particolare notiamo che nel 2000 d.C. il polo celeste P0 si trova nella coda dell’Orsa Minore (Stella Polare); 24 suppone che sia stato scoperto per primo da Ipparco nel II sec. a.C. Sarà per noi possibile comprendere attraverso questi studi che molti secoli prima di Ipparco gli Etruschi non solo avevano perfetta conoscenza di tale ciclo ma che addirittura erano in grado di valutarne la durata. Il ciclo platonico è il movimento che fa sì che per 26.000 anni circa il cielo di ogni giorno non è mai uguale al giorno precedente e poichè il rapporto tra il cielo e gli organismi della terra è alla base della concezione della vita del popolo etrusco si può comprendere come l’osservazione di questo ciclo platonico sia fondamentale per acquisire la conoscenza della storia del popolo etrusco. Questo aspetto dell’astronomia è un po’ complesso, tanto è vero che non viene approfondito nel corso di normali studi scolastici; ma data la sua importanza per la conoscenza della civiltà etrusca, si ritiene di doverlo affrontare. Riportiamo in fig. 15 la pianta attuale del cielo dell’emisfero boreale, ovvero del cielo visibile nella parte della terra a nord dell’equatore; al centro vediamo il polo celeste (che attualmente coincide all’incirca con la stella polare). Riportiamo nel disegno con il colore blu il cerchio che mostra la posizione del polo celeste al variare dei secoli che possiamo desumere da un’enciclopedia o da un atlante astronomico. Dal disegno vediamo come nel 2000 d.C. il polo si trova nella stella che costituisce il timone dell’Orsa Minore, la cosiddetta stella polare (P0) ma nel 2000 a.C. si trovava nel punto P1 e nell’8000 a.C. nel punto P2, nel 14000 a.C. nel punto P3, ecc. L’attuale ciclo platonico è iniziato nell’8000 a.C. circa e terminerà nel 18000 d.C. circa. Essendo in ogni punto della terra la posizione del polo celeste sempre alla stessa altezza, perchè corrisponde alla latitudine del posto, variando le stelle che si trovano in corrispondenza del polo varia di conseguenza la posizione delle stelle che si trovano sulla nostra testa, cioè nella verticale o come si dice scientificamente, al nostro zenit. Nei quattro grafici sotto riportati, relativi al 2000 d.C., al 2000 a.C., all’8000 a.C. (o 18000 d.C.) e al 14000 a.C. (o al 12000 d.C.), vediamo in blu il ciclo platonico e in rosso il cerchio riportante la posizione di tutte le stelle che sono allo zenit al parallelo di Perugia, cioè alla latitudine 43°9’. Ad esempio la figura a) indica che ora, intorno al 2000 d.C., abbiamo al nostro zenit la costellazione di Boote, l’Orsa Maggiore, etc. Nel punto con il pallino blu abbiamo la posizione di un osservatore a mezzogiorno del 21 marzo 25 Pv Pv a) b) P3 Pv Pv P2 c) d) Fig. 16. Cieli del 2000 d.C., 2000 a.C. 8000 a.C. e 14000 a.C., nei quali è raffigurato il ciclo platonico, nel quale con un pallino rosso è indicata la posizione del polo celeste, e la posizione del cielo allo zenit di un osservatore al 21 marzo (puntino blu). Questi grafici possono essere costruiti dal programma Stellarium unendo i cieli di un’intera giornata, rispettivamente nel 2000 a.C. (che corrisponde a quello del 24000 d.C.), nell’8000 a.C. (che corrisponde a quello del 18000 d.C.) e nel 14000 a.C. (che corrisponde al 12000 d.C.). 26 Osservando le figure ci rendiamo conto che gli scenari sono molto diversi fra di loro: ad esempio, nel 2000 d.C., cioè nel periodo attuale, a mezzogiorno del 21 marzo tra noi e il polo si trova Cassiopea, mentre invece nel 2000 a.C. Cassiopea si trova a sud: questo è il grande spostamento del cielo rilevabile in pochi millenni. 1° Esercizio (rif. ciclo giorno-notte) Il cielo che vediamo a mezzogiorno di oggi è lo stesso che possiamo rivedere a mezzanotte fra sei mesi. Verifichiamo con Stellarium esaminando i cieli di Perugia nei periodi a) e b) a) ore 12 del 21 marzo 2014 – ore 24 del 21 settembre 2014 b) ore 12 del 21 giugno 2014 – ore 24 del 21 dicembre 2014-10-23 2° Esercizio Ricercare con il programma Stellarium il cielo allo zenit di Perugia nel 2000 d.C., nel 2000 a.C., nell’8000 a.C. e nel 12000 a.C. e verificare se i cerchi in rosso e il puntino blu dei 4 cieli della fig. 16 sono corretti. 3° Esercizio (rif. ciclo secoli) Usando il programma Stellarium verifica quando (in quale secolo) è avvenuto l’arrivo delle cinque stelle di Cassiopea allo zenit di Perugia e riporta sulla seguente tabella: Nome della stella εCas (Segin) γCas (Cih) δCas (Ruchbach) βCas (Caph) αCas (Shedar) Arrivo allo zenit di Perugia ......... sec. a.C. ......... sec. a.C. ......... sec. a.C. ......... sec. a.C. ......... sec. a.C. 27 La Via Lattea e Cassiopea, la Catha etrusca Protagonista delle civiltà antiche e di quella etrusca in particolare, è la Via Lattea, il decumano del cielo, la grande madre. Il momento della giornata in cui la Via Lattea si presenta nel cielo, distendendosi in direzione estovest, sia esso di giorno (in primavera) o di notte (in inverno) è il momento sacro, il momento della divinazione. Cercheremo di comprendere perchè per gli antichi era un momento così importante. La Via Lattea era considerata dai popoli antichi la grande madre, ben rappresentata nella pittura egiziana da Fig. 17. Rappresentazione egiziana dell’accoppiamento cielo (Nut) e terra (Geb), al Nuth, la divinità centro il sole è alto nel cielo: è l’equinozio di primavera, l’unico giorno dell’anno in femminile che solca il cui la corrispondenza cielo-terra avviene a mezzogiorno. Per gli Etruschi il cielo è cielo in direzione estmaschile e la terra è femminile. Questa rappresentazione mostra che la concezione ovest e si congiunge cosmica egiziana e quella etrusca erano simili. al dio Geb, che rappresenta la terra, disposto in direzione est-ovest. E’ questo il momento nel quale, ogni giorno, il cielo e la terra si congiungono, quando la Via Lattea si dispone, solcando tutto il cielo, inviando sulla terra i suoi raggi cosmici. Gli Etruschi avevano scoperto, e prima di loro certamente i Sumeri, che la Via Lattea aveva influenza sugli organismi della terra ed era tanto importante per loro da sentirsi in obbligo di consultarla prima di prendere le grandi decisioni, con la divinazione. Era il momento sacro nel quale il fegato dell’agnello appena sacrificato veniva esposto al cielo mentre la Via Lattea era allo zenit; il fegato si macchiava e quelle macchie venivano interpretate dagli aruspici per dare una risposta, oppure semplicemente un consiglio, a chi aveva ordinato il sacrificio. Al centro della Via Lattea si trova una costellazione formata da cinque stelle, Cassiopea, che ha la forma a doppia V. 28 N PC Q B P B E A W A C C S Q: polo celeste nell’anno 400/500 a.C. P: polo celeste attuale Fig. 18. Posizione del cielo corrispondente all’orientamento del fegato aruspicino. Si noti come al centro della Via Lattea ci sia la costellazione di Cassiopea, a forma di W. Il decumano che corrisponde alla Via Lattea è la linea che unisce Capella (costellazione Auriga), A in figura, con Vega (costellazione Lira), B in figura; nel fegato aruspicino, che vediamo a destra, corrisponde a Cath e Vetisl (A e B nella figura di destra). Cassiopea corrisponde a Catha (C in entrambe le figure). Il polo celeste corrisponde al cerchietto PC del fegato aruspicino. 29 Il sopraggiungere allo zenit delle stelle di Cassiopea significava che la Via Lattea era già in corrispondenza con la terra, cioè in direzione est-ovest, e pertanto poteva iniziare la divinazione, perchè il collegamento era già attivo. Gli atti divinatori sono stati illustrati da alcuni specchi etruschi, che nel retro riportano incise le scene. Vediamo pertanto la scena della sposa che si spoglia di fronte allo sposo (fig. 19) e quella dell’esposizione del fegato animale, con l’aruspice Pava Tarches (fig. 20), il celebrante, che espone il fegato (si nota come il celebrante tenga un piede più in alto ed uno più in basso, ruotato di 90°), della vestizione della sposa, del lavaggio purificatore dei neonati (fig. 21) che potrebbe essere interpretato come il nostro battesimo; la preparazione della sposa al matrimonio (fig. 22); in tutte queste scene divinatorie vediamo sopraggiungere in alto una donna alla guida di 4 cavalli, è Catha, la stella centrale di Cassiopea, γCas (Cih), che nel fegato aruspicino è riportata al centro della parte inferiore, la parte àntica. Data 8500 a.C. 8000 a.C. 7500 a.C. 7000 a.C. 6000 a.C. 5000 a.C. 4500 a.C. 4000 a.C. 3000 a.C. 2000 a.C. 1000 a.C. 0 1000 d.C. 2000 d.C. 3000 d.C. 4000 d.C. 5000 d.C. 6000 d.C. Posizione di Cassiopea con εCas, la prima a raggiungere un parallelo (latitudine nord al 21/03) 22° 22° 22° 23° 24° 25° 31° 33° 37° 42° 48° 52° 58° 64° 69° 70° 71° 69° Ora del giorno dell’arrivo di εCas 8:55 9:02 9:35 10:00 11:10 12:35 14:00 15:40 17:30 19:00 Posizione Croce del Sud con α1Cru, la prima a raggiungere un parallelo (latitudine sud al 21/03) Ora del giorno dell’arrivo di α1Cru -24°15’ -24°15’ -23°15’ -23°15’ -30° -32° 20:29 20:37 21:08 21:13 21:25 21:35 -33° -38° -42° -47° -52° -58° -63° -68° -67°30’ -69°30° -71°30’ 21:40 21:45 21:53 22:05 22:13 22:37 23:44 1:00 0:57 2:27 4:25 Tabella che mostra la posizione di εCas (la prima di Cassiopea) a nord e di α1Cru (la prima della Croce del Sud) a sud, che segnano l’arrivo della Via Lattea nell’emisfero nord e nell’emisfero sud. La tabella presenta circa metà ciclo, parte ascendente, dall’ 8000 a.C. al 5000 d.C. circa. Si noti che alle alte e basse latitudini (22°÷71°) le prime stella a sopraggiungere allo zenit non sono nè εCas, nè α1Cru. 30 E N Fig. 19. Specchio di Todi, ora al Museo di Villa Giulia. Rif. Ugo Tarchi. In alto sopraggiunge Catha. Il personaggio seduto, lo sposo, ha i piedi incrociati in posizione divinatoria, mentre viene accompagnata davanti a lui la sposa che si spoglia al suo cospetto. Lo sposo ha le spalle a nord e la sposa a sud; lui è la pars pòstica e lei la pars àntica della coppia. In basso il piccolo Tagete, rilevatore S W E N S W Fig. 20. Pava Tarches in posizione rituale mentre consulta il fegato. Specchio bronzeo, da Tuscania, III sec. a.C. Dietro all’aruspice si vede il sole sorgente e una divinità femminile che conduce quattro cavalli: è l’alba e Cassiopea è allo zenit, siamo prossimi al solstizio d’estate. Il piede destro è nella direzione nord, quello sinistro è alzato e ruotato in direzione ovest. Il fegato aruspicino è orientato con il lato nord verso il nord terrestre. PIEDE DESTRO 31 E N S W Fig. 21. Rilievo di specchio con un altro rito sacro effettuato nel momento divinatorio, con la presenza di Catha che sta per sopraggiungere allo zenit; vista la presenza dei neonati e la loro iniziazione in un’anfora, il rito potrebbe corrispondere al battesimo cristiano. E N Fig 22. Al di sotto di CATHA, e quindi nel momento in cui il cielo, con Cassiopea allo zenit, è in asse con la Terra, si trova Turan, seduta sul trono, con Uni posta di fronte che le sistema il diadema. Lo specchio rappresenta probabilmente un rito propiziatorio per la preparazione della sposa al matrimonio: la sposa, a giudicare dai piedi incrociati, è il personaggio a destra, di nome Altheia, con il ramoscello in mano, ed ha il S piede sinistro, e quindi il busto, rivolto ad ovest ed il piede destro rivolto a nord. W 32 Domande: il cavallo alla sinistra di Cassiopea, a quale stella attuale corrisponde? (5 punti) Risposta: ..................... Segnare nel ciclo platonico il punto in cui la Via Lattea (e quindi Cassiopea che è al centro) sarà più a nord e quello nel quale sarà tornata più a sud, e valutare in quale millennio accadranno i due eventi (e verificare la distanza dei due eventi è pari a circa 13000 anni, cioè la metà del ciclo platonico) Risposta: ..................... 33