Utilizzo dell`ecocardiografia in area critica: il punto di vista dell

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EDITORIALE
Utilizzo dell’ecocardiografia in area critica:
il punto di vista dell’anestesista rianimatore
Fabio Guarracino, Pietro Bertini
Dipartimento di Anestesia e Terapie Intensive - Anestesia e Rianimazione Cardiotoracica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa
G Ital Cardiol 2015;16(6):341-343
LE NUOVE RACCOMANDAZIONI COMMENTATE
Nel paziente critico emodinamicamente instabile la diagnosi rapida rappresenta la sfida cui è chiamato quotidianamente l’anestesista rianimatore nell’unità di terapia intensiva, nel dipartimento di emergenza e in sala operatoria.
Negli ultimi anni l’anestesista rianimatore si è avvalso dei
progressi della tecnologia biomedicale in vari ambiti della medicina critica, ed in particolare ha approfondito sempre più lo
studio degli ultrasuoni che per semplicità, portabilità e riproducibilità hanno assunto un ruolo sempre più rilevante in anestesia (si pensi alla guida dei blocchi anestetici periferici o alla
incannulazione dei vasi venosi centrali ed arteriosi), nella chirurgia cardiaca come diagnostica e monitoraggio ecocardiografico intraoperatorio e nella valutazione del paziente critico
in terapia intensiva e nel dipartimento di emergenza.
In questo scenario di sempre maggiore utilizzo degli ultrasuoni in area critica, le recenti raccomandazioni della European Association of Cardiovascular Imaging/Acute Cardiac Care
Association (EACVI/ACCA)1 sull’utilizzo dell’ecocardiografia in
area critica rappresentano un documento di sicura importanza
per l’anestesista rianimatore come per ogni altro specialista
operante nel campo delle medicina critica.
Lancellotti et al.1, trattando sull’utilizzo dell’ecocardiografia
nelle situazioni di urgenza cardiovascolare ed emergenza, sottolineano aspetti di particolare rilievo per l’anestesista rianimatore, come si evince nella tabella I delle raccomandazioni, con
considerazioni che possono influenzare i reperti ecocardiografici e l’interpretazione nei pazienti critici, in particolare se il paziente è sottoposto a ventilazione meccanica, la modalità di
ventilazione, se è in svezzamento dalla respirazione meccanica,
lo stato volemico, i supporti farmacologici o meccanici. Tuttavia, in questa parte sarebbe stato utile l’apporto di uno specialista anestesista rianimatore al fine di integrare aspetti squisitamente intensivologici, la cui assenza salta all’occhio dello specialista ed è amplificata da un approccio “cardiocentrico” del
problema cardiovascolare. A solo scopo di esempio si sottolinea
qui la mancata enfatizzazione dell’attenzione al tono vascolare, spesso alterato nel paziente critico in trattamento con far-
© 2015 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 22.04.2015; accettato 24.04.2015.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Le opinioni espresse in questo articolo non riflettono necessariamente
quelle dell’Editor del Giornale Italiano di Cardiologia.
Per la corrispondenza:
Dr. Fabio Guarracino Dipartimento di Anestesia e Terapie Intensive,
Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Edificio 10, piano 2, stanza
68, Via Paradisa 2, 56123 Pisa
e-mail: [email protected]
maci vasoattivi e/o con sedativi con effetti periferici, e agli effetti emodinamici della contropulsazione aortica. Questi ed altri aspetti infatti influenzano molto la valutazione ecocardiografica degli stati acuti e richiedono una notevole contestualizzazione dei criteri standard di quantificazione dei difetti valvolari e della funzione ventricolare. Solo un ecocardiografista
con esperienza dei trattamenti intensivologici è quindi in grado di calare l’esame nel contesto fisiopatologico del paziente.
Nella parte iniziale del documento gli autori elencano le diverse modalità di studio ecocardiografico del paziente critico.
L’ecocardiografia transtoracica, sebbene talora possa risultare
difficoltoso ottenere informazioni di buona qualità in questo
particolare contesto di pazienti, è considerata la modalità più
rapidamente disponibile per la diagnosi nel paziente critico, e
deve essere distinta dalle modalità “focused” o con apparecchi
tascabili. L’ecocardiografia transesofagea viene di solito impiegata quando la modalità transtoracica risulta particolarmente
difficoltosa o non diagnostica, o allorché vi siano indicazioni
mandatorie, come nei casi di insufficienza valvolare acuta, disfunzione acuta di valvola protesica, trauma toracico, quando si
sospetta la dissezione dell’aorta toracica o per escludere un
trombo in presenza di fibrillazione atriale. A causa della relativa invasività della metodica, particolare accortezza deve essere
utilizzata nei paziente ipossiemici, nei quali la protezione delle
vie aeree e il mantenimento della stabilità emodinamica devono essere affidati ad un intensivista/anestesista diverso da chi
esegue la diagnosi all’ecocardiografia transesofagea.
L’ecocardiografia con contrasto viene riservata allo studio
della funzione ventricolare nei pazienti con ridotta demarcazione del bordo endocardico per lo studio di masse intracardiache o pseudoaneurismi.
L’ecografia polmonare viene riportata per la diagnosi/esclusione di pneumotorace, versamento e lo studio dell’edema interstiziale. Tuttavia, nella gestione del paziente acuto altre importanti valutazioni sono state omesse nel documento, probabilmente per un mancato contributo specialistico dell’intensivista. Si pensi all’importanza dell’esame ultrasonoro del polmone negli stati di ipossiemia acuta dovuti ad interessamento parenchimale diverso dall’aumento dell’acqua extravascolare polmonare. I segni ecografici della sindrome da distress respiratorio acuto, ad esempio, sono di grande aiuto nella diagnosi differenziale dall’edema polmonare acuto.
Sull’approccio FoCUS (Focused Cardiac Ultrasound), proposto per una rapida stima dello stato volemico e della funzione biventricolare nelle patologie acute tempo-dipendenti, gli
autori, pur apprezzandone gli scopi tendono a preferire un esame ecocardiografico eseguito da un ecocardiografista preparato se disponibile. Allo stesso modo l’utilizzo di dispositivi
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“pocket”, sebbene utili nella stima qualitativa e non quantitativa della funzione ventricolare e valvolare, deve essere limitato e non può sostituire l’esame completo con apparecchi ecocardiografici tradizionali.
Secondo gli autori il livello di competenza dell’operatore nel
campo dell’eco “focused and pocket” deve essere almeno pari al livello necessario per eseguire studi in elezione, e queste tipologie di esame non possono sostituire l’esame ecocardiografico completo eseguito con ecografo tradizionale.
Lancellotti et al. sottolineano l’importanza della competenza per tutti gli operatori che si confrontano quotidianamente
con la patologia cardiovascolare acuta. In tale scenario è necessario un training adeguato (almeno il report di 150 casi critici per i cardiologi, 50 dei quali supervisionati). Le competenze possono essere verificate tramite certificazione, ad esempio
quella offerta dalla EACVI. L’aspetto della competenza assume
una particolare rilevanza allorché l’esame ecocardiografico è
eseguito da non specialisti in cardiologia. Il crescente numero
di anestesisti rianimatori ed intensivisti che eseguono tale valutazione nei pazienti acuti critici richiede a nostro parere un
nuovo modello di certificazione intersocietaria, dove gli aspetti tipici dell’ecocardiografia si sommino a quelli intensivologici
che più influenzano la comprensione dell’esame e le conclusioni a cui esso conduce. Uno sforzo da parte di EACVI e della
European Society of Intensive Care Medicine (ESICM) è auspicabile in considerazione dell’enorme importanza che le valutazioni ecografiche cardiopolmonari hanno assunto nella medicina critica.
Gli autori si concentrano infine sugli scenari clinici.
Nell’arresto cardiaco l’ecocardiografia può essere dirimente nel diagnosticare le cause reversibili: ipovolemia, tamponamento, embolia polmonare, disfunzione sistemica severa, infarto del miocardio e pneumotorace iperteso.
Nel dolore toracico acuto l’ecocardiografia assume importanza unita alla diagnostica elettrocardiografica e dei marker
enzimatici per evidenziare le sindromi coronariche acute. Nei
confronti di queste ultime l’ecocardiografia da sola non permette di distinguere tra ischemia ed infarto, ma senz’altro in
assenza di evidenti anormalità della cinesi regionale del ventricolo sinistro può escludere un infarto massivo. L’ecocardiografia può inoltre avere un ruolo diagnostico importante in molte
altre patologie in cui è presente un’alterazione della cinesi ventricolare come la miocardite, la cardiomiopatia da stress o takotsubo, la dissezione aortica acuta, la pericardite.
Di particolare interesse è il paragrafo riguardante la diagnosi
di dispnea acuta, patologia che l’anestesista rianimatore quotidianamente affronta come problema puramente respiratorio.
Gli autori esplorano le cause di dispnea dovute ad insufficienza cardiaca acuta ed ampio spazio è riservato alla diagnosi di alterazione diastolica della funzione miocardica che è spesso sconosciuta o sottovalutata. Viene riservato ampio spazio alla diagnosi di embolia polmonare anche mediante ecocardiografia
tridimensionale e alla diagnosi di esclusione dello pneumotorace attraverso l’ecografia toracica.
In maniera chiara è anche presentata la problematica dell’interazione cuore/polmoni che assume evidente importanza
per l’intensivista in scenari molto frequenti quali lo svezzamento dalla ventilazione invasiva.
Un ruolo di primo piano assume l’ecocardiografia di fronte
agli stati di instabilità emodinamica e shock. In particolar modo, secondo gli autori, l’ecocardiografia permette una rapida
indagine delle strutture cardiache e della funzione globale e re-
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gionale, della competenza valvolare e dell’assenza di raccolte
nel sacco pericardico. In questo contesto l’approccio transtoracico è indicato come più appropriato inizialmente, il transesofageo viene impiegato quando il primo esame non ha valore
diagnostico e se il paziente è intubato.
Gli stati di shock possono essere distinti dall’ecocardiografia in ipovolemico, cardiogenico, distributivo ed ostruttivo.
Le lesioni traumatiche del cuore e dei grossi vasi, sebbene
spesso diagnosticate attraverso l’utilizzo di metodiche strumentali avanzate come l’angio-tomografia o risonanza magnetica, sono spesso rapidamente individuate con l’ecocardiografia direttamente al dipartimento di emergenza. L’ecocardiografia transesofagea viene raccomandata come imaging di prima linea per la conferma diagnostica di sospetta lesione acuta
traumatica dell’aorta e per assumere decisioni operative ed anestesiologiche in sala operatoria. Questa metodica è relativamente controindicata se si sospettano lesioni della colonna cervicale.
Nell’ultima parte dell’articolo gli autori si concentrano sulla diagnosi post-procedurale di complicanze. L’alterazione emodinamica dovuta alle raccolte pericardiche o nei casi di tamponamento viene diagnosticata clinicamente sebbene l’ecocardiografia transtoracica spesso risulta scarsamente accurata ed
è necessario l’ausilio della metodica transesofagea prima di decidere se portare di nuovo il paziente in sala operatoria. Allo
stesso modo è possibile diagnosticare la disfunzione miocardica nel paziente che è stato sottoposto a bypass aortocoronarico. La disfunzione cardiaca del ventricolo destro è osservata frequentemente dopo circolazione extracorporea. Obbligatoria è
la valutazione post-trapianto cardiaco per escludere i casi di rigetto precoce, disfunzioni del ventricolo destro, tamponamento o le altre cause di instabilità.
La valutazione post-procedure di emodinamica ed elettrofisiologia viene eseguita allo stesso modo delle procedure chirurgiche.
Un piccolo paragrafo, a nostro parere troppo limitato, è dedicato inoltre alla valutazione durante assistenza meccanica,
dove l’ecocardiografia assume un ruolo centrale nel posizionamento dei dispositivi, nel controllo del loro funzionamento e
nella valutazione dell’eventuale svezzamento da essi.
IL PUNTO DI VISTA DELL’ANESTESISTA RIANIMATORE
L’ecocardiografia negli scenari acuti è sempre più eseguita da
non cardiologi. Tale fatto rappresenta una realtà ormai non più
modificabile, in continua e rapida evoluzione, come dimostrano la realtà quotidiana e le recenti raccomandazioni internazionali sul Focused Cardiac Ultrasound2. In questa prospettiva
appare necessario fare alcune considerazioni.
Nello scenario acuto e nel paziente critico spesso la compromissione emodinamica percepita sulla base dei segni clinici
e del monitoraggio emodinamico non ha una eziologia primitivamente cardiaca. Sono tanti i pazienti con instabilità emodinamica e talora anche shock franco, nei quali la causa del quadro emodinamico è periferica (sepsi severa o shock settico) o da
riduzione del volume circolante primitiva o secondaria, ma anche traumatica. In questi pazienti la gestione del problema
emodinamico richiede un inquadramento rapido e puntuale,
perché rapido deve essere il trattamento. Il fattore tempo così
decisivo nell’infarto miocardico e nell’ictus è ormai un fattore
determinante anche in scenari critici come la sepsi, l’embolia
L’INTENSIVISTA E L’ECOCARDIOGRAFIA IN AREA CRITICA
polmonare, il trauma. Per tali ragioni la spesso scarsa disponibilità di un immediato e contestualizzato esame ecocardiografico in questi scenari di medicina critica ha spinto i non cardiologi ad apprendere l’uso dell’ecocardiografo e dell’esame ecocardiografico. La possibilità di eseguirlo rapidamente e di ripeterlo ogni volta che lo si senta necessario al di là di vecchi e superati criteri ha portato alla incontenibile esplosione di utilizzo
degli ultrasuoni in area critica e alla realizzazione di corsi anche da parte delle società scientifiche europee di settore. L’uso
duraturo della metodica ha anche formato specialisti con grande competenza nella speciale applicazione dell’ecocardiografia
all’instabilità emodinamica in area non cardiologica, e questo
ha reso ormai un fatto che l’ecocardiografia nel paziente critico è praticata routinariamente da non cardiologi la cui preparazione in medicina critica è certamente più specialistica ed appropriata. La quotidiana esperienza di alcuni centri di un esame
ecocardiografico in rianimazione con scarsa ricaduta clinica è da
legare al fatto che eseguire un esame ecocardiografico in terapia intensiva con i criteri dell’esame ambulatoriale è fuorviante. Continuare a sostenere che un paziente in shock settico non
ha un problema cardiaco perché la frazione di eiezione misurata
è normale, è l’esempio caricaturale del motivo per cui più e più
anestesisti rianimatori hanno intrapreso l’affascinante cammino nel mondo dell’ecocardiografia in area critica.
In questa prospettiva il documento di Lancellotti et al. rappresenta un importante momento di riassunto dell’evidenza e
di raccomandazione da un lato, ma mostra alcuni aspetti che richiedono di essere commentati. Innanzitutto è rilevante la mancanza nel panel di non cardiologi, nonostante la EACVI si sia da
tempo posta in lungimirante contatto col mondo anestesiologico rianimatorio, soprattutto cardio-anestesiologico, europeo.
Tale assenza è facilmente percepibile in alcuni passaggi importanti del documento. Come sottolineato sopra, la carenza relativa ad aspetti diagnostici rilevanti nella diagnosi differenziale nel paziente con insufficienza respiratoria, oppure una certa
cardiocentricità dell’instabilità emodinamica, rappresentano i
limiti di una visione non specialistica di alcuni quadri di medicina critica.
Un aspetto certamente da sottolineare è che i protocolli
“focused” non hanno lo scopo di marginalizzare l’esame completo, ma sottolineano l’importanza della rapidità diagnostica
in condizioni critiche nelle quali una valutazione clinica a tutto
tondo eseguita da uno specialista esperto porta a ritenere necessario un approfondimento che può marcatamente influenzare in tempi ristretti la gestione del paziente. Si pensi al paziente in arresto cardiaco in cui l’importanza di raccogliere le informazioni necessarie ad un “decision-making” salvavita supera la necessità di avere una visione completa in cui molte informazioni eventualmente acquisite sarebbero come aspetti
marginali rispetto alla gravità della situazione. Oppure al paziente ipossiemico in cui una rapida ed integrata valutazione di
cuore e polmone fornisce gli elementi diagnostici per una rapida decisione terapeutica. Gli esempi potrebbero essere molti, come sanno coloro che operano quotidianamente nella medicina critica. Ciononostante gli stessi promotori dell’esame
“focused” hanno piena consapevolezza dell’importanza della
qualità e dell’esperienza dell’operatore. Anzi, a nostro parere,
quanto più l’esame è “focused” tanto più esperto deve essere
chi lo esegue, così da non trascurare elementi cruciali in un dato scenario.
Infine, una riflessione stimolata da queste raccomandazioni è che nella medicina acuta l’informazione dell’ecocardiografia deve integrare quella del monitoraggio emodinamico. Le
due cose non si escludono, ma devono bensì essere fortemente integrate. Solo un approccio “ecodinamico” consente di avere una visione fortemente fisiopatologica del problema emodinamico acuto3, di seguirne la risposta al trattamento e di decidere lo svezzamento dai supporti farmacologici e non farmacologici.
CONCLUSIONI
In accordo con Lancellotti et al. si può senz’altro affermare che
l’ecocardiografia è il primo strumento di diagnostica per immagini disponibile a letto del paziente nelle condizioni cardiovascolari acute, che è una metodica ripetibile quando le condizioni lo richiedono, relativamente non invasiva e consente una rapida diagnosi per impostare una terapia precoce ed efficace. È
auspicabile una sempre maggiore sinergia tra cardiologi ed anestesisti rianimatori sia nel campo della formazione e certificazione in ecocardiografia negli scenari di medicina critica sia nella quotidiana valutazione e gestione dei casi clinici più complessi.
BIBLIOGRAFIA
1. Lancellotti P, Price S, Edvardsen T, et al. The
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the Acute Cardiovascular Care Association. Eur
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2. Via G, Hussain A, Wells M, et al.; International Liaison Committee on Focused
Cardiac UltraSound (ILC-FoCUS); International Conference on Focused Cardiac UltraSound (IC-FoCUS). International evidence-based recommendations for focused car-
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3. Guarracino F. Emodinamica quantitativa e approccio ecodinamico. In: Guarracino
F, ed. Ecocardiografia in area critica. Cap.
31. Milano: Elsevier, 2013.
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