APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 1 di 8 1 . Elementi di Stratigrafia La Stratigrafia è quella parte delle scienze geologiche che ha come obiettivo la ricostruzione della storia della Terra attraverso la ricostruzione dell’ordine in cui si sono formate nel tempo le rocce della crosta. La Stratigrafia si prefigge due obiettivi principali: risalire alla natura e all’estensione geografica dei singoli ambienti fisici che hanno originato (nel tempo) i tipi di rocce che formano la crosta; ricostruire l’ordine in cui si sono formate nel tempo tali rocce, cioè stabilire la loro cronologia relativa per poter dire: «questa roccia è più antica di quella», anche senza sapere quanto tempo fa si sono formate. La Stratigrafia studia le formazioni geologiche. Una formazione geologica è un corpo roccioso caratterizzato da natura litologica uniforme, riferibile a un ambiente di formazione rimasto omogeneo per un certo intervallo di tempo. Tale corpo roccioso risulta di regola ben distinto dagli altri corpi rocciosi con cui è in contatto. Avremo così formazioni sedimentarie (conglomeratiche, argillose, calcaree ecc.), formazioni ignee (piroclastiche o laviche; intrusive o effusive; acide o basiche ecc.) e formazioni metamorfiche (di alto o basso grado, di contatto ecc.). Una formazione di rocce sedimentarie può apparire compatta, cioè senza suddivisioni al suo interno, o stratificata. Uno strato può avere spessore variabile, in genere da pochi cen-timetri ad alcuni decimetri, e può avere un’estensione areale anche molto grande. Lo strato è l’unità più piccola di una serie rocciosa ed è delimitato, nei confronti di altri strati, da superfici di discontinuità, più o meno parallele fra loro, dette piani di stratificazione. Un esempio di rocce stratificate lungo le scogliere Cliff of Moher, in Irlanda. I singoli strati, messi bene in evidenza dalle differenti sfumature di colore, hanno spessori diversi. Quello raffigurato è un tratto della costa atlantica dell’Irlanda, lungo il quale affiorano calcàri molto antichi di origine marina. La loro geometria quasi orizzontale corrisponde grosso modo a quella dell’originario fondo marino. Si analizzeranno soprattutto le formazioni sedimentarie, sia perché consentono un approccio semplice ai problemi, sia perché, essendo molto diffuse nella nostra penisola, la loro osservazione è relativamente facile. APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 2 di 8 1.1 Le facies sedimentarie Ogni roccia ha delle caratteristiche (come il colore, la composizione mineralogica, il contenuto in fossili) che permettono di distinguerla dalle altre rocce. Il termine facies (dal latino, «aspetto») indica proprio l’insieme delle caratteristiche litologiche (e paleontologiche, se sono presenti resti fossili) di una roccia. La facies dipende dall’ambiente in cui la roccia si è formata: riconoscere una determinata facies significa, quindi, identificare l’ambiente fisico di formazione della roccia e poter risalire alla forma complessiva che il corpo litoide aveva al tempo della sua formazione. Le rocce sedimentarie, ad esempio, si possono distinguere, in base agli ambienti di formazione, in tre gruppi: le facies continentali, le facies di transizione, le facies marine. facies continentali Le facies continentali sono riconoscibili in rocce depostesi su terre emerse, in ambiente subaereo, cioè a diretto contatto con l’aria. Tra queste, molto diffuse sono le facies fluviali (o alluvionali), rappresentate da materiali ora grossolani, ora minuti, deposti da un fiume sul suo greto. I grandi fiumi della Terra, in milioni di anni, hanno ricoperto, con i detriti strappati ai rilievi, estensioni vallive o pianure costiere immense. Ad esempio un corso d’acqua come il Po, seppur modesto rispetto a tanti altri fiumi del mondo, in un tempo abbastanza breve e con il contributo dei suoi affluenti, ha coperto (di ghiaie, sabbie e argille) tutta la Pianura Padana, per un’estensione di poco inferiore ai 10 000 km2. Molto diffuse sono anche le facies moreniche, rappresentate da ammassi di detriti abbandonati dai ghiacciai, in particolare al loro fronte, dove con la fusione del ghiaccio si vanno accumulando ciottoli e polveri. Questi ammassi – chiamati morene – si riconoscono bene per l’aspetto caotico: ciottoli di ogni genere e dimensione, a volte incisi da sottili strie, immersi in una matrice di limo (fango) argilloso. Lungo il piede dei rilievi alpini, al limite con la Pianura Padana, si riconoscono numerosi allineamenti di morene, formatisi durante le epoche glaciali del Periodo quaternario, APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 3 di 8 quando le Alpi erano tutte ricoperte da enormi ghiacciai che scendevano con grandi lingue fino alla base dei rilievi. Sugli Appennini vi sono invece esigui depositi morenici oltre i 1000 m di quota Altre facies continentali ampiamente diffuse sono le facies desertiche, con le tipiche dune, collinette sabbiose accumulate dal vento su vaste aree a clima arido; tali collinette sono soggette a continui spostamenti a opera del vento stesso e possono assumere forme e dimensioni diverse. Varie testimonianze di queste facies, anche antichissime si trovano in molte zone della Terra successivamente interessate da climi umidi o temperati, ben diversi, quindi, da quelli aridi, che portano alla formazione di aree desertiche Un deserto pietrificato.La città di Petra, in Giordania, capitale dell’antico regno dei Nabatei (caduto nel I secolo d.C.), conserva numerosi monumenti scavati in rocce, che sono la testimonianza di antiche dune desertiche, cementate e fossilizzatesi da oltre 300 milioni di anni. La roccia è un’arenaria, formata da granuli di quarzo tenuti insieme da un cemento contenente ossidi di ferro, che conferiscono alla formazione i suoi tipici colori. Da vicino, negli strati si riconoscono i sottili livelli di sabbia che, accumulati dai venti, hanno dato origine alle grandi dune. L’antichissima fase di clima arido che ha permesso la formazione delle dune è stata in seguito sostituita da climi diversi, tanto che i fiumi hanno inciso nella regione profonde valli, dove l’uomo ha vissuto a lungo. Oggi il clima dell’area è tornato a essere desertico. I casi descritti di facies moreniche in un’area oggi priva di ghiacciai e di facies desertiche in un paesaggio modellato da fiumi e abitato a lungo dall’uomo mostrano come, in base all’esame delle rocce affioranti, sia possibile riconoscere l’esistenza nel passato, in una determinata regione, di facies diverse da quelle attuali (facies «fossili»). In altri termini, le facies deducibili dalle rocce permettono di stabilire la presenza di antichi ghiacciai in zone in cui sono totalmente scomparsi, o di ricostruire il percorso di fiumi che non esistono più o, ancora, di documentare l’esistenza, per un certo periodo di tempo, di climi diversi dall’attuale ecc. Le facies di transizione sono tipiche della fascia di passaggio dalle terre emerse al mare. Ne sono un esempio le facies palustri o di laghi costieri, che si formano per la mescolanza dell’acqua marina con l’acqua dolce proveniente dai rilievi montuosi. In questi laghi salmastri, cioè con salinità più bassa di quella del mare, prospera una particolare fauna che predilige la bassa salinità e una flora mista di alghe salmastre e di piante acquatiche. APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 4 di 8 Vi sono poi le facies lagunari, tipiche dei bracci di mar e rimasti isolati per lo sviluppo di cordoni o barre sabbiose e collegati con il mare aperto solo da alcuni canali naturali. Le facies d’estuario e di delta si ritrovano invece dove un fiume sfocia in mare. In quest’ultimo caso la forma, in pianta, dei corpi litoidi che ne derivano è quella di un ventaglio, con spessori massimi all’apice e via via decrescenti verso l’arco periferico. Ricordiamo, infine, la facies delle dune costiere, formata da sabbia trasportata dal vento e deposta lungo la spiaggia, perciò simile alla facies desertica. Le facies marine sono tra le più diffuse. Esse possono essere schematicamente raggruppate in tre grandi suddivisioni, così come si incontrano attualmente procedendo dalla costa verso il mare aperto. Le facies litorali sono tipiche della fascia costiera, con pochi decimetri o al massimo qualche metro d’acqua, dei fondali sabbioso-argillosi – sempre con acque basse –, poveri di vita vegetale e animale, e, infine, della striscia compresa fra l’alta e la bassa marea. Procedendo verso il mare aperto vi sono le facies neritiche (dal greco nerites, conchiglia marina): vi si trovano fondi sabbiosi o fondi rocciosi, con scogli e anfratti. Se non vi sono in prossimità sbocchi di grandi fiumi, per cui le acque sono limpide, e se le condizioni climatiche lo consentono, vi si sviluppano praterie di alghe e costruzioni di coralli e madrepore. Sono ambienti ricchi di organismi «bentonici» (legati al fondo) e «nectonici» (nuotatori). In alto mare, in oceano o comunque a distanza dalle coste, vi sono le facies pelagiche (dal greco pélagos, mare, oceano), in genere caratterizzate dalla deposizione di argille e fanghi di vario tipo (calcarei, silicei ecc.) in cui si trovano in grande prevalenza resti APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 5 di 8 di microrganismi «planctonici» (che vivono in balìa delle acque, presso la superficie del mare). 1.2 I principi della Stratigrafia Leggere una storia geologica è qualche cosa di analogo alla lettura di un libro. Le informazioni di base («le parole») sono contenute nelle rocce: nella loro natura e composizione, nelle loro forme, nel modo in cui sono accostate una all’altra. Bisogna perciò anzitutto recuperare le informazioni seguenti. Come si è formata una certa roccia? In quale ambiente? Dopo la sua formazione è rimasta intatta o ha subìto qualche trasformazione o spostamento? Di due rocce affiancate, ma diverse, quale si è formata prima e quale dopo? O si sono formate contemporaneamente? Alla prima domanda sapremmo già rispondere con quanto visto in precedenza (capitolo 1); alle altre due domande cercheremo di rispondere presentando brevemente i princìpi fondamentali della stratigrafia: principio di orizzontalità originaria; principio di sovrapposizione stratigrafica; principio di intersezione. Lo faremo con un semplice esempio. Immaginiamo di camminare lungo il versante di un rilievo privo di vegetazione, dove le rocce sono facilmente visibili. Spesso è possibile osservare strati di una certa roccia sedimentaria: seguendo passo passo per centinaia di metri o anche per alcuni kilometri gli stessi strati, è possibile osservare che questi mostrano costantemente la stessa natura, lo stesso colore, gli stessi fossili. Possiamo concludere che essi si sono accumulati, per tutta la loro estensione, in un medesimo ambiente, che ha mantenuto caratteristiche uniformi durante un certo intervallo di tempo. Se esaminiamo quelle rocce e i fossili che esse contengono, possiamo risalire al tipo di ambiente: per esempio, un settore di mare con acque poco profonde e con un fondo fangoso. Possiamo ora cominciare a ricavare da quanto osservato qualche principio generale. Principio di orizzontalità originaria. L’osservazione di quanto accade oggi negli ambienti naturali in cui si stanno formando rocce sedimentarie permette di raggiungere un’importante conclusione: i sedimenti si depositano, di regola, in strati pressoché orizzontali e, una volta divenuti rocce, dovrebbero continuare ad apparire come strati più o meno orizzontali. Questo concetto è noto, nel campo della Stratigrafia, come principio di orizzontalità originaria e fu messo in luce da Niccolò Stenone, anatomista e naturalista danese del Seicento che studiò a lungo, tra l’altro, la geologia della Toscana. L’applicazione di tale principio nell’osservazione di un affioramento di rocce sedimentarie è immediata: se gli strati che stiamo osservando ci appaiono inclinati o addirittura verticali o incurvati, si deve concludere che essi hanno APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 6 di 8 assunto la giacitura attuale come conseguenza di movimenti della crosta avvenuti dopo la loro formazione. Abbiamo così trovato un primo modo per ordinare nel tempo le tracce di due eventi geologici diversi: la formazione di rocce in strati orizzontali deve precedere l’eventuale spostamento di tali strati dalla giacitura originale. Principio di sovrapposizione stratigrafica. Torniamo all’osservazione del versante. Se al di sopra di un certo spessore di strati si trovano altri strati, diversi da quelli sottostanti per natura, colore e fossili, essi si sono formati, evidentemente, in un ambiente diverso: per continuare l’esempio, lungo la linea di costa di un antico mare. In ogni caso, al momento della loro deposizione questi nuovi strati hanno ricoperto quelli depostisi in precedenza. Questa osservazione è alla base del principio di sovrapposizione stratigrafica, che dice che in una successione di rocce sedimentarie ogni strato è più antico dello strato soprastante e più recente di quello sottostante La profonda incisione del Fiume Colorado ha messo in luce una successione verticale di oltre 1000 metri di rocce stratificate, quasi orizzontali. In quest’area, a partire da oltre 500 milioni di anni fa, i sedimenti sono andati regolarmente accumulandosi strato su strato, per più di 250 milioni di anni. Ai piedi del ripido versante affiorano rocce sedimentarie più antiche, di ambiente marino; salendo, si incontrano rocce che testimoniano il succedersi nel tempo di un ambiente continentale (lacustre e fluviale), poi ancora marino, nuovamente continentale (prima paludoso, poi desertico) e ancora marino (gli strati alla sommità). Principio di intersezione. Supponia mo che gli strati dell’esempio risultino attraversati da un filone (o dicco) magmatico, cioè da materiale risalito allo stato fuso lungo una spaccatura della crosta terrestre e poi solidificatosi. Il filone si è formato necessariamente dopo le rocce entro cui è penetrato. Il principio di intersezione dice che intrusioni di magma che tagliano altre rocce sono più giovani di queste Lo stesso principio si applica anche alle fratture o rotture che attraversano le rocce. APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 7 di 8 L’immagine rappresenta un pacco di rocce sedimentarie stratificate attraversate da un filone magmatico, formato, cioè, da materiale magmatico risalito attraverso fratture. Il principio di intersezione permette di concludere che il filone è più giovane delle rocce entro cui si è aperto la strada. Completiamo ora la nostra simulazione di indagini sul terreno con la ricostruzione stratigrafica dell’area esaminata, utilizzando le conoscenze sull’origine delle rocce e i princìpi di stratigrafia. Le testimonianze più antiche sono quelle degli strati che affiorano più in basso: nel nostro caso, possiamo dire che, in un certo momento, l’area era coperta da un mare poco profondo. Successivamente le condizioni ambientali sono cambiate, poiché gli strati sovrastanti risultano essersi formati in prossimità di una costa: il mare si è andato ritirando. Infine, nell’area o in zone vicine si è innescata un’attività magmatica, messa in evidenza da filoni che hanno tagliato gli strati. In pratica, risalendo il pendio abbiamo ricostruito una breve sequenza di eventi succedutisi nel tempo e lo abbiamo fatto applicando la cronologia relativa, ordinando gli eventi secondo un «prima» e un «dopo». 2.1 Trasgressioni e lacune Se si prova ad analizzare gli strati rocciosi che affiorano lungo il versante di un monte, dalla base alla cima, e si ricostruiscono le caratteristiche degli ambienti che via via hanno dato origine a quegli strati, capita quasi sempre di riscontrare che l’area, in centinaia di milioni di anni, venne sommersa una o più volte dal mare e che altrettante volte rimase emersa per periodi più o meno lunghi. Il ritiro del mare da un’area sommersa avviene, nella gran parte dei casi, per sollevamento della regione dovuto a movimento della crosta, anche se talora può verificarsi per abbassamento del livello del mare. Il fenomeno del ritirarsi del mare in stratigrafia viene chiamato regressione. Un ritiro delle acque può interessare aree geografiche ridotte o essere di proporzioni molto estese; inoltre può essere di breve durata o interessare un lungo lasso di tempo. Il processo inverso, nel quale il mare avanza ricoprendo un’area emersa, si chiama trasgressione (o ingressione) ed è anch’esso altrettanto variabile. Se un’area ha subìto una regressione, seguìta a distanza di tempo da una trasgressione, significa che quell’area, già sommersa, è rimasta emersa per un certo periodo (ad esempio per 50 o 200 milioni di anni) ed è stata poi ricoperta di nuovo dal mare. Fenomeni come quelli sopra descritti lasciano tracce vistose nella successione delle rocce. Il primo a rendersene conto è stato, verso la fine del Settecento, il geologo James Hutton, l’iniziatore della Geologia moderna, che riuscì a interpretare correttamente la storia geologica di Siccar Point, una località lungo la costa scozzese del Mare del Nord La discordanza angolare di Siccar Point, in Scozia. Strati di arenarie rosse del periodo Devoniano superiore (circa 370 milioni di anni fa), leggermente inclinate, giacciono in discordanza angolare sopra argilliti e arenarie del periodo Siluriano (tra 400 e 440 milioni di anni fa), molto inclinate. La serie di disegni sotto riportati riassume in modo schematico la successione di eventi che hanno dato origine alla discordanza. Si tenga presente che, nel caso generale, i sedimenti di ambiente continentale poggiati sulla superficie di erosione sono seguiti da sedimenti marini, a causa del ritorno del mare sulla terraferma (ingressione). APPUNTI DI SCIENZE della TERRA Stratigrafia Prof.ssa Patrizia Moscatelli Liceo Scientifico Statale Vito Volterra Pagina 8 di 8 Hutton riconobbe che gli strati inferiori si erano formati in mare, dato che contenevano dei fossili caratteristici. In accordo con il principio di orizzontalità originaria, essi dovevano essersi formati come strati orizzontali. Infine, per il principio di sovrapposizione, Hutton concluse che quegli strati erano i più antichi della serie stratigrafica. Successivamente, gli stessi strati erano stati sollevati e deformati fino a emergere e assumere la giacitura quasi verticale che mostrano oggi. In seguito l’area era stata quasi del tutto spianata dagli agenti erosivi (fiumi), finché sulla superficie irregolare dovuta all’erosione si erano accumulati strati di nuove rocce sedimentarie. Queste nuove rocce appartenevano a una facies continentale: un ambiente arido costellato di lagune. Nel caso descritto, la successione di eventi ha fatto sì che gli strati più antichi e quelli più recenti che li ricoprono mostrino giaciture diverse. Tale aspetto «geometrico» è descritto come discordanza angolare. Una discordanza angolare è, in genere, facile da riconoscere e rappresenta un potente strumento di indagine. Nella storia geologica di qualunque regione, essa mette in luce che nel passato quella regione è stata sollevata e deformata fino a diventare una zona emersa, in genere sotto forma di catena montuosa; è stata poi erosa fino ad essere quasi spianata: infine, dopo che qua e là si sono formati nuovi depositi continentali, sull’antica superficie spianata è tornato il mare (ingressione) e si sono accumulati nuovi sedimenti: prima neritici, poi, con il tempo, pelagici. È possibile anche riscontrare una discordanza semplice, nella quale gli strati rimangono paralleli. Nel caso in cui i movimenti che interessano un’area avvengano secondo la verticale, gli strati già deposti si mantengono, infatti, orizzontali In entrambi i casi di discordanza, per un certo intervallo di tempo si è avuta erosione e non si sono deposte nuove rocce: questi fenomeni danno luogo a una lacuna di sedimentazione.