ISTITUTO COMPRENSIVO DESTRA TORRE - AIELLO DEL FRIULI Scuola secondaria di primo grado di Ruda - Perteole Villa Antonini Brunner: tra storie di vita, di lavoro, di crolli, di furti e di vandali nascosta tra alberi secolari, cespugli e rovi incolti, rampicanti infestanti, racconta triste la sua lenta fine Ricerca per il Concorso Nazionale del FAI “MI PRENDO A CUORE” - Manuale di cura Classi IIB e IIIB coordinate dagli insegnanti Dario Chialchia e Maurizio Visintin anno scolastico 2008/09 CAVENZANO CAMPOLONGO Ma dov’è questo posto? Venite, che scaviamo. Guardate cosa abbiamo trovato! Fondata nel 181 a.C. Aquileia, i Romani in tempi relativamente brevi misero in atto una vasta colonizzazione e centuriazione del territorio. Campolongo è un termine romanzo, nato probabilmente nel Medio Evo, mentre Cavenzano rimanda subito ad un etimo romano, avendo il tipico suffisso prediale latino, che indica che quella zona apparteneva ad un proprietario di nome Calventius: Calventianum quindi era il podere di Calventius. Nel ‘500 già trasformato in Chialvenzanum in latino e Chialvenzan in friulano. Ai tempi dei Romani ci riportano i ritrovamenti archeologici della “strada glareata”, cioè con il manto in ghiaia battuta che attraversava il territorio e che faceva parte di un asse viario che da Aquileia saliva dritto fino a Cavenzano per poi piegare a ovest del Torre, risalirlo un pezzo, attraversarlo per dirigersi a Forum Julii (Cividale). Questa strada doveva essere di discreto traffico e pare che sia stata costruita nella metà del I° secolo a.C. per motivi militari, magari riadattando un tratto precedente. Ma il più bel ritrovamento romano di Cavenzano è il famoso Navarca, ritrovato nel 1953 nella braida Concina, cioè sul lato est del muro perimetrale del parco della villa. Si tratta di una grande statua in marmo senza testa, opera di importazione o di lapicidi provenienti da Roma acquistata e mostrata da un ricco proprietario che aveva la sua villa in località Logar (dal sloveno log = bosco), lì dove sorgevano fino a 30 anni fa una cadente abitazione, l’antica chiesa della comunità e il suo cimitero. Nelle vicinanze sono stati fatti altri ritrovamenti di epoca romana: trenta scheletri allineati con accanto monete di Cesare Augusto, basamenti di colonne, frammenti di architrave e di marmo con iscrizione, mattoni e tegole marcati. Quindi si può riconoscere un importante insediamento in località Logar, che nelle carte del catasto napoleonico viene nominato “braida de la chiesa”, una vera villa rustica che assieme ad altri due vicini fanno pensare a un centro di irradiazione dell’azione colonizzatrice dei Romani. Ehilà! Ragazzi. Attenti a leggere bene le mappe e le ortofoto L’ARCHEOLOGO IL TOPOGRAFO E IL CICERONE E’ pericoloso! E’ un rudere! Non leggi i cartelli? Venite. Vi porto al tempo in cui era ancora uno splendore IL SUCCESSO DI UNA FAMIGLIA CARNICA Da Amaro a Venzone, a Udine a Saciletto e a Cavenzano Dopo il 1420 Venezia confiscò al Patriarca il Castello di Saciletto e nel 1490, lo mise in vendita al miglior offerente. Lo acquistarono subito i ricchi mercanti Antonini originari di Amaro in Carnia e poi trasferitisi a Venzone dove fecero i soldi e si arricchirono con i commerci e con l’esazione delle mude (tasse) e gabelle. A Udine vennero iscritti ai primi del ’500 tra le famiglie nobili della città e continuarono a fare investimenti e acquisizioni di diritti e proprietà nella Bassa Friulana. Antonio e Andrea nel 1518 ricostruirono il castello di Saciletto come palazzo e abitazione signorile per la famiglia che col tempo costruì altre ville a Privano, Cavenzano e Alture. Ma è a Udine che rimangono le testimonianze più significative: i palazzi. Floriano Antonini, del ramo di S. Cristoforo, fa costruire quello in via Gemona ora sede della Banca d’Italia. Daniele Antonini, del ramo di Grazzano, fa costruire il palazzo di piazza Garibaldi oggi palazzo Del Torso. Queste due residenze erano la sede delle due famiglie proprietarie della Villa di Cavenzano. Gli altri rami della famiglia costruirono e abitarono il palazzo Antonini-Cernazai detto del bugnato oggi sede storica dell’Università e il Palazzo Antonini-Belgrado in piazza Patriarcato oggi sede della Provincia. Sopra: il portone dell’ingresso laterale, oggi. A fianco: un particolare dell’affresco del salone ovest raffigurante un giovane con in mano uno scettro e un paio di redini. Da una foto del 1920 dell’Archivio storico della Soprintendenza per i B.S.A di Udine. Gli affreschi del salone ovest, di cui oggi rimangono solo i muri perimetrali in mezzo alle macerie del tetto crollato e dell’invasione delle piante infestanti. Degli affreschi non rimane praticamente niente. Con il termine villa si intende in genere una casa padronale, una residenza patrizia, un palazzo dominicale; ma fino al XIX secolo per villa si intendeva l’intero paese, come nel latino vicus. La struttura di una villa è complessa, diversificata e molto dipende dalle sue funzioni. L’esempio e modello più conosciuto è la villa veneta. Si tratta di un cubo a tre piani: nel corpo centrare si trova un ampio salone su ogni piano, che si estende per tutta la profondità della casa. Ai lati, collegate da una scala a due rampe, si aprono le varie stanze di abitazione. A fianco delle ville di influsso veneto, in Friuli si svilupparono anche le forme più tradizionali delle case coloniche locali. Queste avevano una struttura più stretta e allungata. La funzione principale della villa friulana era legata alla gestione di una grande azienda agricola, ma anche a residenza di rappresentanza del proprietario che la rendeva suggestiva con affreschi ed arredamenti sfarzosi. La facciata della villa dal cortile d’ingresso in una foto del 1920 dell’Archivio storico della Soprintendenza per i B.A.P di Udine. ARCHITETTURA ESTERNA ANTONINI E LA VILLA Entriamo a vedere la villa? La villa veneta, così come quella friulana, sorge in prossimità del paese, in una posizione intermedia tra il paese e i campi. Villa Antonini a Cavenzano rientra tra queste ville. La struttura architettonica, fortemente condizionata dalle costruzioni preesistenti, è una complessa sintesi delle varie tipologie di villa presenti in regione. Il complesso edilizio è costituito da un corpo padronale con pianta a U. I rustici, che si estendono a est del corpo dominicale hanno invece una pianta a L. Una muraglia di cinta circonda l' intero perimetro della proprietà e include nella parte posteriore il parco. La divisione della corte dei locali rustici dal corpo dominicale è una caratteristica comune della tipologia delle ville che derivano dalla casa padronale friulana. La parte principale della villa è costituita dall' ampia residenza che circonda quasi per intero la corte antistante. La facciata principale si articola in due parti: la parte centrale presenta tre assi di finestre ravvicinati e raggruppati al centro che fanno capo al salone; le due parti laterali ciascuna formata da un asse di finestre, si riferiscono alle scale. Un primo ordine di lesene sostiene una pesante trabeazione, dalla quale parte un’altro ordine di lesene all’altezza dell’attico. Il fronte laterale orientale è caratterizzato dalla presenza di due logge sovrapposte. La loggia del primo piano poggia su un piano seminterrato. La loggia al secondo piano presenta delle aperture quadrate dalle linee essenziali e in netto contrasto con quelle del piano sottostante.Le due logge sono divise da un falso piano buio, dove un tempo chiudevano gli uccelli da richiamo, con delle piccole finestrelle quadrate. L' apertura di due logge sovrapposte nella facciata principale di una delle ali laterali della villa è una soluzione curiosa e particolare, infatti rendono vano ogni tentativo di simmetria. Le fasce marcapiano di quest' ala mettono in evidenza la diversa altezza dei piani delle logge rispetto a quelli dell' edificio. All' altezza del pianoterra, una contro scarpa con disegno a bugnato rustico rinforza la base del muro; la controscarpa è presente anche sul lato della corte rustica ma senza decorazioni. La facciata laterale occidentale del complesso non presenta particolari pregi architettonici. Un altro elemento caratteristico di quasi tutte le ville del 600 e 700 è la cappella privata, essa presenta generalmente la facciata principale sulla pubblica via. Invece nelle ville del territorio friulano sottoposto al dominio austriaco è un elemento interno. Nella villa di Cavenzano la cappella era inglobata nel corpo padronale; si trattava di un vero e proprio oratorio privato sullo stile austriaco. L' ala occidentale del corpo dominicale richiama l' aspetto tipico della casa padronale friulana con un”portego” al pianterreno e un salone al primo piano. La posizione del complesso è particolarmente interessante. Situato al centro della proprietà degli Antonini, è posto in prossimità dell' incrocio di due strade principali. A ovest la strada che conduce ad Aiello costeggia la proprietà, proseguendo poi verso Perteole e Ruda a sud. L’abitato di Cavenzano si estende a est. La villa non è facilmente individuabile dall' esterno perchè protetta da alti muri di cinta che circondano l' intero complesso. Il salone a due piani dell’ala ovest con i suoi affreschi sul tema della mitologia e, sopra, l’affresco del soffitto dello scalone. Foto del 1920 dell’ Archivio storico della Soprintendenza per i B.S.A di Udine. Tutta l’ala ovest oggi è ridotta a un rudere e gli affreschi sono andati persi o rubati. Potete entrare, ma in silenzio. Siete nella sala dei quattro elementi: acqua, aria, fuoco e terra Noi siamo divinità d’acqua ma nelle altre pareti ci sono i nostri colleghi di aria, fuoco e terra. Guardate sulla parete a fianco quella figura femminile con carta, libro, compasso e sfera armillare: sta facendo misurazioni. Ma di che cosa? DIZIONARIETTO SEMPLICE Bugnato: parte di edificio ornato con pietre rettangolari scolpite con bugne in rilievo. Può essere rustico, liscio a punta di diamante. Capitello: elemento architettonico decorativo posto tra la cima della colonna e l’arco o l’architrave; può essere liscio o scolpito. Corpo dominicale: la parte della villa abitata dal proprietario. Da dominus, il signore. E’ detta anche casa padronale. Comprende un cortile d’onore, un giardino e parco, un salone nobile o di rappresentanza, la cappella privata e le stanze di abitazione. Corpo rustico: la parte della villa abitata dal colono o da fattore adibita all’attività agricola. Comprende una casa più modesta per il colono o fattore, il cortile rustico e i fabbricati come cantine, folladore, stalla, fienili, granai, pollai ecc. Lesena: elemento decorativo verticale che ha l’aspetto di un pilastro parzialmente incassato in un muro. Trabeazione: negli ordini architettonici classici, struttura orizzontale sostenuta da colonne e composta di architrave, fregio e cornice. Telamone: elemento architettonico decorativo e di sostegno costituito da una statua in figura gigantesca di un uomo. Balaustra: parapetto in legno o pietra per proteggere un ballatoio o per separare un luogo liturgico. Ballatoio: terrazzino con ringhiera che si sviluppa lungo il perimetro interno ed esterno di un edificio. Modiglione: mensola a doppia voluta che serve di sostegno o di semplice decorazione alle cornici degli ordini classici. Fregio: ornamento con andamento più o meno lineare: un libro con un fregio d’oro. A sinistra: particolari delle divinità marine del fregio che corre sotto il ballatoio sulle quattro pareti del salone. A destra: le camere affrescate adiacenti al salone. Nella falsa cornice di stucchi è raffigurata la morte di Antonio, mentre nel tondo una Sibilla. Il corpo centrale, pensato come collegamento tra i due edifici laterali precedenti, è occupato da un grande salone di rappresentanza sui tre piani. In origine era suddiviso in due piani ma problemi di staticità dell’edificio avevano reso necessario la demolizione dei soffitti e la creazione di un’unica sala. Un altro elemento caratteristico delle ville del Seicento e Settecento è la cappella privata che può avere la facciata sulla pubblica via oppure può essere completamente interna all’edificio. E’ il caso della villa di Cavenzano dove vi si accedeva solo dall’interno. L’ala occidentale del corpo dominicale assomiglia alla casa padronale friulana con un “portego” al piano terra e un salone su due piani, che doveva essere il salone principale prima della costruzione di quello nel corpo centrale. La villa possedeva quindi due grandi saloni di rappresentanza. Il salone nell’ala occidentale era interamente decorato ad affresco. Il soffitto era con travi a vista alle quali erano fissati sei telamoni che a loro volta si fissavano sulle balaustre dei ballatoi. Questi, costruiti su due pareti, erano sostenuti da cinque modiglioni per parte di legno intagliato ed erano raccordati sulle altre due pareti da una finta balaustra che creava, assieme ai riquadri degli affreschi, l’ illusione di uno spazio più grande. Le scene degli affreschi sulle pareti erano suddivise in riquadri con una finta architettura di colonnine tortili corinzie e architravi. Le scene rappresentavano personaggi della mitologia. Il fregio correva sulle quattro pareti con divinità legate ai quattro elementi. Anche le due camere adiacenti erano decorate con affreschi attribuiti da tanti critici a Giulio Quaglio e ai suoi allievi.. Il salone principale, quello che occupava l’intera altezza dell’edificio centrale, aveva il soffitto affrescato ed era diviso da due ordini di ballatoi in legno. L’affresco del soffitto, una scena di cieli, era un’opera del Passauro, eseguito nel 1926, con lo stemma dei Brunner, sopra una decorazione simile del Quaglio. Per gli affreschi della villa avevano lavorato anche i fratelli Leopoldo e Sante Zuccolo. Ma chi ha costruito la villa? Cosa comperarono? Per fare che? E’ un vero affare. Anzi tre affari. Acquistate? Antonini. Ramo di Grazzano. Girolamo è il capostipite del ramo di Saciletto. Suo figlio Daniele fa carriera nell’arte militare con la Serenissima. Si addestra nelle Fiandre ed è capitano nella guerra di Lombardia e poi in quella Gradiscana contro i pirati Uscocchi appoggiati di nascosto dall’Austria. Muore nel 1616, colpito al petto da una palla di artiglieria, mentre tentava di rompere l’assedio della città di Gradisca. Ma i veri protagonisti dell’affare di Cavenzano sono i suoi due fratelli Giacomo e Alfonso tutti e due esperti nell’arte militare ma il primo interessato anche agli investimenti della famiglia, il secondo appassionato di poesia e fondatore dell’Accademia degli Sventati. Ma solo Giacomo si sposa, eredita tutti i beni che passano al figlio Daniele. Questi si dedica alla costruzione della residenza di Cavenzano e all’espansione dei possedimenti di famiglia nella Bassa Friulana. Muore nel 1686 dopo aver visto il matrimonio del figlio Alfonso con la contessa Livia, figlia di Asdrubale Manin membro di una delle più importanti e ricche famiglie friulane. LO STORICO E IL NOTAIO Il cortile rustico alla fine dell’ Ottocento con torre e piccionaia. Foto storica d’archivio ANTONINI LA DISCESA DI UNA FAMIGLIA Da Daniele al garibaldino Rambaldo 1653 - Casa Recalca Alfonso e Giacomo acquistano per 6386 lire venete, pari a 1030 ducati, la casa di Bernardino Orgnano: trattasi di una casa colonica tipica friulana Alfonso e Giacomo acquistano una nuova proprietà “in villa et pertinenze di Cavenzano e Campolongo. il notaio scrive parco fogolare pranzo tinello so lat. porcili lisciaia legnaia Ingres ghiacciaia 1649 - Casa Orgnana salone centrale cortile d’onore cortile rustico piccionaia stalle granaio fienile Ingresso corte d’onore a officin cantina, folladore e granai ala ovest ala est cantine e abitazioni rustiche il notaio scrive 1655 - Casa Pegoraro Daniele Antonini acquista la proprietà di Anna vedova di Biasio Pegoraro per 3200 lire venete il notaio scrive 18 giugno A.D. 1649 4 dicembre A.D. 1653 14 marzo A.D. 1655 ... un cortivo con casa dominicale et de colloni nella villa, horto e brolo.... La pianta era rettangolare e la struttura allungata a tre piani con la scala esterna per accedere ai ballatoi dei piani superiori. “... pozziol di fuori di legname... con scalla, parapetto e colonelle...” Al piano terra la cucina, la cantina e il folladore con pavimenti in battuto o in pietra. Al primo piano tre camere. Al secondo piano il granaio. Addossata sul lato meridionale c’era una costruzione più bassa a due piani adibita per la “cucina sporca e il necessario”, caso raro nelle case coloniche dove il gabinetto era in genere esterno vicino alle stalle o all’orto. Nella cucina “la nape” o cappa del focolare, che generalmente nella case era in legno o tela, qui era in mattoni con bordo in pietra. La “casa de coloni” era addossata sul lato nord ad angolo retto con la casa dominicale. Al piano terra “la cosina con la nappa con mantil di tolle, tromba e camin, il sechiaro” e una stanza. C’era anche una “stalla presso detta casa con toglatura” ossia fienile e coperto in coppi. ... trattasi di una casa coperta con coppi et un pezzo di coperto di paglia, con sedime e campo annesso... Si tratta di un edificio più modesto vicino al precedente. Al piano terra c’era un portego ossia una sala per l’intera profondità dell’edificio che permetteva di passare da un lato all’altro della casa. Al piano terra come al solito la cucina con focolare e cappa di legno, un “sechiaro e una comodità” separata dalla cucina ... è una permuta e “trattasi di una casa posta nella villa di Cavenzano che confina ... con l’illustrissimo signor conte Daniele compratore ...” Si tratta di una casa che confina a sud con la strada pubblica e ha un portico sostenuto da cinque pilastri. Nella pianta attuale è l’edificio che divide le due corti dominicale e rustica dell’intera villa DIZIONARIETTO NOTARILE Battuto: in friulano batût, è un pavimento formato da pietruzze legate con malta, battute e lisciate Pianellato: pavimento di pianelle di argilla delle dimensioni di un mattone ma di spessore dimezzato Cucina sporca: in friulano cusine sporcje, era un piccolo locale per lavare i piatti e per tenere gli attrezzi di pulizia della casa Sechiaro: dal friulano seglâr, in italiano acquaio, ovvero il grande lavabo in pietra per pulire “la massarie” Forno: esterno alla casa per la cottura del pane Coperto con coppi, in friulano cops, ossia tegole, in alternativa c’era il più modesto in paglia Cosina con focolare, in friulano cusine cul fogolâr, ossia quell’ elemento indispensabile in ogni abitazione Nappa con mantil di tolle tromba e camin, in friulano la nape ossia la cappa del focolare in legno, canna fumaria e camino Toglatura, in friulano il toglât è il fienile sopra la stalla adibito al riparo dei vari tagli di fienagione Ma comè andata a finire la storia degli Antonini? Volete sapere del fallimento del conte Rambaldo? .... e quella dell’ebreo triestino Brunner? .... e magari qualche giallo, qualche mistero come un incendio, uno scoppio e un suicidio in villa? La villa e le attività agricole avviate dalla famiglia Antonini godettero per lungo tempo di prosperità. Ma nella seconda metà dell’’800 a causa di una serie di malattie che colpirono le coltivazioni di viti e l’atrofia dei bachi, che fecero crollare per anni la produzione di seta, importante reddito nell’economia agricola locale, anche l’azienda del conte Rambaldo Antonini subì il colpo e nel 1895 fallì. Il fallimento è dovuto anche all’elevato indebitamento del conte per le garanzie da lui date sulle cambiali dell’amico Leonardo Jesse. A causa dell’ insolvenza di quest’ultimo, le banche scaricarono il debito sullo sfortunato garante, il conte. La villa viene venduta, assieme a tutti gli edifici di uso agricolo, ad un ricco imprenditore triestino Rodolfo Brunner. Il conte Rambaldo rimase nella villa come amministratore del Brunner fino al 1916, anno della sua morte. In alto: l’affresco sul soffitto del salone DIRITTI E DOVERI DEI CONTI ANTONINI con figura mitologica e la villa dal cor- Gli Antonini avevano diritto di esigere dagli abitanti alcuni servizi per esempio: far condurre qualunque materiale per la manutenzione dei castelli; tile rustico come appariva nelle foto mantenere pulite le fosse; degli anni Venti dell’Archivio Fotogra aggiustare strade e ponti siti nei luoghi pubblici soggetti a competenza; fico della Soprintendenza per i B.A.P. obbligo, con i loro carri e animali, di condurre gli Antonini a Udine e ritorno di Udine. In basso: lo scalone senza portare lettere e mandati; soffitto e con gli alberi che cercano la segare il legname, governare i fieni e condurli a casa; luce dal tetto crollato. A fianco la villa ogni anno a San Martino riscuotere beni in natura e denari dai coloni e dai comuni; dal cortile rustico, oggi completamente Gli Antonini, invece, erano obbligati a fornire, alla Serenissima, un uomo armato a cavallo in caso di guerra. ‘rivestita’ da rampicanti. Il nuovo proprietario rilanciò l’attività agricola della villa costruendo gli ultimi edifici della parte est. Durante il Ventennio l’agricoltura beneficiava di prezzi sostenuti e di facilità di credito. Nel 1928 Brunner attivò nella sua azienda una trebbiatrice consortiva con pressa a motore. Ma nel 1929 cominciarono a farsi sentire le conseguenze della crisi economica. Con la seconda guerra mondiale iniziò il declino della famiglia e con essa della villa. Il complesso viene venduto alla famiglia Krcivoy di Tarvisio, commercianti di bestiame, che negli anni 60, in società con l’attore Delon e l’imprenditore Sabot, inizia i lavori di ristrutturazione per trasformarla in un lussuoso night club. Un incendio doloso ed esplosioni di bombole di gas devastano tutta l’ala ovest della villa. La cattiva sorte colpisce il proprietario che finisce nel mirino della finanza per evasioni fiscali e si suicida. Gli eredi vendono in fretta al prezzo del solo valore del fondo. Nel 1987 il Comune, la Regione e l’Istituto delle ville venete preparano un progetto per l’acquisto e la ristrutturazione completa per ricavare alloggi popolari e per una casa di riposo di lusso. Troppi soldi! E tutto rimane fermo e in abbandono mentre entrano ladri e vandali ad asportare quanto è possibile portare via: affreschi, pietre, stucchi, scale, cornici, riquadri... Nel 1992 la villa, in seguito all’autorizzazione del tribunale, è venduta ad una società privata tuttora proprietaria. Il complesso è disabitato e lasciato in completo abbandono. Siamo grati a Livio Avian di Cavenzano per averci aiutati a ricostruire questi ultimi eventi. Quanto tempo hannno messo a costruire la villa? Io non c’ero e non ho visto niente. Sono solo il bozzetto che un pittore ha usato per l’affresco. Chiedete al capomastro. Volete dire a ristrutturare le case acquistate! Tanti anni... E tanti soldi ... E tanti problemi... Dove iniziare? Ma è chiaro: prima l’azienda e gli affari, poi la casa! 1666: si riapre il cantiere Grandi lavori in Villa: saloni e camere per i conti Antonini Piano dei lavori: secondo lotto Tita a che punto sei coi muri? Tutto bene. Ma non siamo in regola con la 646! L’ARCHITETTO IL CAPOMASTRO IL MURATORE E IL PITTORE L’architetto e il capomastro: Viene progettato e costruito un nuovo edificio rettangolare per unire i due corpi esistenti. Il progetto prevede al piano terra un grande salone ribassato e passante per il parco, al piano nobile il salone rialzato e al secondo piano l’attico con le camere. Si lavora anche nell’ala occidentale per la sopraelevazione degli edifici e per rendere omogenea l’altezza dei diversi corpi. Viene ristrutturato il portego al piano terra e costruito il salone di rappresentanza a due piani con ballatoi e soffitto in travi. Nell’ala orientale si modifica la facciata per costruire la loggetta sui due piani. 1650: si apre il cantiere Lavori per 951 lire venete pari a 150 ducati. Inizia una fase di ristrutturazione della villa che dura circa 30 anni. Questi lavori segnarono l’apertura ufficiale del cantiere che porterà alla sistemazione di tutta villa. Piano dei lavori: primo lotto Il capomastro: lavori nella casa dei coloni Le modifiche riguardano il folladore e la cantina a discapito della cucina e degli altri locali della casa abitata dai coloni. La casa dominicale non subisce trasformazioni tranne il rifacimento dei solai. I locali necessari allo svolgimento dell’attività agricola divennero più importanti rispetto a quelli residenziali. Qui sopra lo scalone oggi. Hanno rubato anche i gradini di pietra!! A sinistra: la villa vista dal cortile nobile negli anni Venti.Archivio S.B.S.A di Udine. In alto e in basso: i due scaloni a fianco del salone centrale. Il parapetto è in ferro battuto artistico sopra e, sotto, in pietra con colonnine e decorazioni. Sul soffitto in alto l’affresco con personaggio mitologico. Foto dell’archivio fotografico della Soprintendenza per i B.S.A. di Udine E il pittore? Ma è il Quaglio? Vorrai dire i pittori: Quaglio, i Zuccolo, Passauro... E i rustici? Io sono Giulio Quaglio. Ho lavorato a Udine nei palazzi degli Antonini, ma non mi ricordo bene se sono stato anche a Cavenzano o Alture. C’era molto lavoro in quegli anni 1708: hai letto gli avvisi di lavoro? No. Cosa dicono? Io invece sono Sante Zuccolo di Udine, pittore e restauratore del XVIII secolo. Con mio fratello ho eseguito tante decorazioni nella villa e anche qualche affresco. Ma pochi lo sanno. Neanche wikipedia mi ricorda! Il conte cerca urgentemente architetto esperto in riparazioni di edifici pericolanti Architetto Domenico Rossi in Venezia. Esperto in costruzioni, riparazioni di edifici mal costruiti e miglioramento estetico delle ville dei signori veneziani, dei nobili friulani Savorgnan, Manin, Torriani e del patriarca Dolfin Il grande salone centrale al primo piano creava problemi di staticità all’intero edificio a causa del peso degli stucchi del soffitto e delle pareti delle camere del secondo piano. Intervengono nel 173 due capomastro senza risolvere niente. Antonini decide allora di ricorrere nel 1708 all’architetto più esperto del tempo: Domenico Rossi di Venezia. Questi dopo una attenta perizia sul posto decide di annullare la divisione in piani e smantella il solaio creando un unico salone di mappa quadrata che occupa l’intera altezza della villa. Il soffitto viene affrescato e i due pianerottoli vengono fissati lungo le pareti esterne e vengono decorati al di sopra con colonnine lignee dorate. L’affresco sul soffitto raffigurava una scena di cieli, tema più volte usato nel Settecento. Quello della foto accanto è opera del triestino Edmondo Passauro nel 1926. Il soffitto del salone era già stato affrescato dal Quaglio con un tema simile. Alla stessa epoca dell’intervento del Rossi si possono far risalire le decorazioni al primo piano dove sono raffigurati due ritratti di silvani racchiusi in una cornice dorata. Rossi ha reso la villa ancora più unica nel suo genere. Di tutto questo rimangono i quattro ruderi delle pareti. Anche i due silvani sono strati strappati. In alto e in BN: decorazioni e affreschi della villa. A colori ciò che rimaneva nel 1975. Sotto: una grande veduta del salone in una foto degli anni Venti. Foto BN dell’Archivio della Soprintendenza B.S.A. di Udine. A colori foto di E. Ciol nel libro Giulio Quaglio di Giuseppe Bergamini dal diario del cantiere: 21 giugno 1666 I soggetti degli affreschi sono presi dalla mitologia e dalla storia classica. In alto a sinistra la morte di Antonio, qui sopra una Sibilla, il Silenzio e la morte di Cleopatra 1671: avanti con nuovi lavori I nuovi fabbricati rustici Piano dei lavori: terzo lotto ...e il pittore comincia a lavorare... dal diario del cantiere: 27 maggio 1667 ...un pan all’ortolano ed anche a Dioinisio per aver disbratato le robbe della fabbrica... Fine dei lavori e pulizia generale Piano ragazza!Un po’ alla volta. Ci vogliono soldi. Devono ancora pagare me! L’architetto e il capomastro: Prolungamento verso est dell’ala orientale del corpo dominicale. Costruzione della barchessa che chiude il lato orientale della corte rurale Nell’ 800 i due edifici sono uniti dalla torretta JULIUS QUALIUS DE LAINO Nacque a Laino in Valle d’Intelvi, vicino al Lago di Como, nel 1668. Si dedicò alla pittura fin da giovane nella bottega del padre. Studiò a Bologna sull’arte dei Carracci, dei Recchi, del Guercino e del Reni; poi a Parma e Piacenza. Dal 1682 lavorò per circa dieci anni in Friuli, prendendo casa a Udine. Fu chiamato qui perché, mancando una scuola locale, era richiesta l’opera di decoratori e affrescatori. In questo periodo fu ricercato da molte famiglie della nobiltà friulana per abbellire i loro palazzi cittadini e le loro ville di campagna. Lavorò per della Porta, Strassoldo, di Maniago, Antonini, Valvasone. Tra le opere sacre da segnalare gli affreschi della Cappella del Monte di Pietà e della chiesa di S. Chiara a Udine. Nel 1703 si recò a Lubiana, dove realizzò l’importante commissione della decorazione ad affresco della cattedrale. Dopo aver eseguito diversi lavori in Austria, dove lasciò forse la sua migliore produzione, ritornò a Bergamo nel 1710 e lavorò soprattutto nella provincia per dieci anni. Nel 1720 ritornò a Lubiana accompagnato da uno dei suoi sette figli, dei quali tre pittori. Nel 1715 aprì a Laino una scuola di pittura. Dopo il 1726 cessò la sua attività pittorica anche se diverse opere posteriori a questa data portano la sua firma. Morì nel suo paese natale nel 1751. Ma com’è la villa oggi? Questa invece gliela possiamo far vedere noi. Un momento! Che qui vien giù tutto Dai Thomas! Scatta!!! Alcune desolanti immagini della villa oggi: sopra il tetto di quella che un tempo doveva essere la cappella privata. L’unica decorazione è costituita dalle piante infestanti che stanno chiudendo, al posto del tetto crollato, la veduta del cielo. Qui sopra ciò che rimane del salone centrale e dello scalone nobile. A fianco una ortofoto attuale ci dà un’ idea del disastro in atto. Sotto alcune immagini dei ... resti delle strutture esterne. IL FOTOGRAFO E IL FORESTALE Meglio, andare via tutti! Se c’è ancora qualcuno! Tre impressionanti foto del degrado totale degli edifici: sopra a sinistra e nel riquadro al centro il tetto e i pavimenti crollati dell’ala est degli edifici rustici. Qui sopra due pareti pericolanti del salone centrale a tre piani, un tempo completamente decorato e affrescato con due ordini di ballatoi tutt’intorno. Non rimane più niente. Ciò che non fecero l’incendio e lo scoppio, lo fecero ladri e vandali. A sinistra ciò che rimane ancora visibile del muro della facciata del salone centrale con gli elementi artistici e architettonici ormai aggrediti da rampicanti e arbusti infestanti. A destra l’ala settentrionale degli edifici rustici parzialmente crollata e in fondo l’ala est della villa ormai completamente nascosta dalla vegetazione. E pensare che siamo in pieno inverno! Che rabbia! E’ tutto un rudere! AG = agrifoglio AM = acero maculato AR = abete rosso BS = bosso CB = carpino bianco CD = cedro atlantica HS = ibisco JS = juniperus sabina IP = ippocastano LC = leccio LT = liriodendron tulipifera MG = magnolia E il parco? NS = nespolo PL = platano PR = Pruno lauroceraso OF = olea fragrans OL = olivo OM = olmo rosso PD = pino domestico PL = palma TB = tiglio bianco TO tuia orientale TS = tiglio selvatico TS = tasso baccata Pruno PRUNUS LAUROCERASUS L Rosaceae Pino domestico PINUS PINEA L. Pinaceae PR PL NS CB CB CB CB CB CB CB CB CB CB CB CB Intende la boscaglia selvaggia? LT TS TS LC OM AM OM PR PR TB IP IP IP IP IP IP IP IP IP IP IP IP PD JS TO TB TB AR TB AG IP IP BS BS BS MG LC BS IP IP IP Il pino domestico è tipico delle zone mediterranee, dove è diffuso come pianta ornamentale e coltivato per la produzione dei semi eduli (pinoli). Legato ad ambienti caldi e soleggiati, è poco esigente per le condizioni del terreno, che sfrutta comunque in profondità con apparato radicale molto sviluppato. Sul Tirreno e sull’Adriatico forma estense pinete litoranee su substrati sabbiosi e sulle dune costiere. Caratteristico il portamento ad ombrello. Descrizione Foglie: sempreverdi, aghiformi, a due, lunghe 1012 cm, acute ma non pungenti. Frutti: pigne subsferiche di 12 x 14 cm, con squame a sporgenza (ambone) piramidale; pigne solitarie o a coppie, di color bruno lucente. I semi sono chiusi in un guscio legnoso, coperto da polvere violacea. Corteccia: a placche bruno grigiastre, solcate. IP IP TB LC PR O meglio i rovi? E i rampicanti? PR HS HS HS HS OF MG CD MG OL NS W NS TS LC TS HS OL HS HS CD CD PL Una delle funzioni della villa è quella di luogo di svago e riposo, ovvero luogo di villeggiatura. A tal fine era particolarmente curato lo spazio adibito a giardino o a parco. Un segno anche di distinzione, di separazione dai semplici contadini che potevano permettersi solo un piccolo orticello. Il parco, dove non si piantavano i comuni alberi del luogo, diventava il luogo per mostrare piante mai viste, importate e alle volte esotiche. Il parco di villa Antonini, ormai completamente trascurato da decenni, si è imboschito di vegetazione spontanea e infestante. La struttura originaria risale alla metà dell’Ottocento per opera degli Antonini, poi migliorato ai primi del Novecento da Rodolfo Brunner. Alcuni degli alberi centenari sono morti, altri tagliati per legna da ardere, come un platano di 400 anni. Ma la gran parte, come abbiamo cercato di ricostruire nella piantina resiste agli acciacchi del tempo e all’incuria degli uomini. In questa ricostruzione è stato molto prezioso l’aiuto di Alberto Zanolla, figlio e nipote dei due ultimi amministratori dei Brunner dal 1923 al 1967. Olmo ULMUS PUMILA Ulmaceae L’olmo è pianta originaria dell’Asia orientale, introdotta in Italia nel secolo XVIII, si è molto diffusa soprattutto per la resistenza nei confronti di una malattia crittogamica, la graziosi dell’olmo. Questa è determinata da un fungo ed ha come vettori coleotteri scolitidi, ed è causa della lenta estinzione degli olmi europei nel loro areale. La chioma globosa rende l’olmo siberiano particolarmente decorativo ed è per questo che si utilizza per alberature stradali. Descrizione Foglie: piccole, di 5-8 cm, disposte a zig-zag sui rami, ellittiche ed acute, a base quasi regolare. Fiori: in fascetti ascellari, sessili, con calice e corolla ridotti di colore rosso. Fioritura: marzo-aprile. Frutti: acheni alati (samare) molto piccoli (1 cm), con seme al centro. Corteccia: grigia, prima liscia, poi con screpolature scure. Il Lauroceraso è originario dell’Europa orientale e dell’Asia minore, introdotto ad occidente nel XVI secolo, è attualmente una delle piante ornamentali più diffuse. Piccolo albero o più spesso arbusto vigoroso, si presta soprattutto per siepi decorative fitte e molto alte. E una specie rustica, molto adattabile al terreno e ai rigori del clima. Descrizione Foglie: sempreverdi, alterne sui rami; semplici, obovate lanceolate di 820 cm, di colore verde scuro e lucido superiormente, chiare sotto, margine dentellato, picciolo breve e scanalato. Fiori: infiorescenze a racemo erette di 8-12 cm con fiori appena peduncolati bianchi. Fioritura: marzo-aprile. Frutti: drupe nere, ovali, di 1 cm. Corteccia: nera ruvida. Particolarità Tutta la pianta è velenosa, esclusa la polpa dei frutti, per la presenza di un principio che libera acido cianidrico. Le foglie distillate danno uno sciroppo calmante della tosse. Ulivo OLEA EUROPAEA Oleaceae L’olivo è caratteristico delle regioni che si affacciano sul Mediterraneo dov’è coltivato intensamente per la produzione di olio;si pensa che la sua zona d’origine coincidesse con l’Asia Minore. Attualmente entra con le torme selvatiche, nella costruzione della macchina mediterranea insieme a numerose altre specie sempreverdi. E’ legato a clima temperato caldo, mal sopportando i geli invernali. In Italia si spinge fino al distretto dei laghi prealpini, lungo le coste liguri e sulle colline orientali del Friuli. Sopporta la siccità e si adatta a qualsiasi terreno, purchè ben drenato. Descrizione Foglie: sempreverdi, opposte sui rami; semplici, elittico lanceolate di 8cm circa, curiose, brevemente spicciolate; di colore sopra verde e sotto grigio argenteo, con margine revoluto ( arrotolato verso il basso). Fiori: infiorescenze ascellari, rade e brevi; singoli fiori con calice e corolla a quattro lobi. Fioritura: moggio- giugno Frutti: drupe ovoidali (olive) verdi e poi nere. Corteccia: grigio chiara, col tempo rugosa. Particolarità L’olivo non è molto comune come pianta ornamentale, anche se la lenta crescita ne consente la coltivazione in giardini di modeste dimensioni. La chioma grigio-verde è molto decorativa, il legno è bruno e variegato di scuro, molto apprezzato per pavimenti e mobili. Acero americano ACER NEGUNDO Aceraceae L’acero americano proviene dalle regioni orientali del Nord America ed è coltivato in Europa, dove ha una larghissima diffusione, dalla fine del XVII secolo. E’ molto apprezzato per le caratteristiche ornamentali del portamento e della chioma, che in alcune varietà è screziata o gialla. Si presta per formare alberature per la sua buon’adattabilità alle condizioni urbane. Descrizione Foglie:decidue oppostesi rami, composte, imparipennate, lunghe anche 20 cm, formate da 3-7 foglioline ovali di 5 cm a margine dentato. Fiori: piante a sessi separati; infiorescenze maschili a corimbo; infiorescenze femminili a grappolo, con i singoli fiori gialli, poco vistosi, ma nell’insieme leggeri e decorativi. Fioritura: aprile, i fiori maschili prima delle foglie. Frutti: acheni alati saldati a coppie (disamare) formati tra loro angolo acuto. Corteccia: bruno grigia e solcata finemente. Particolarità Vengono spesso diffuse la varietà “aureum” con foglie giallo-oro, ed ancor più la varietà “variegatum”, con le foglie screziate di bianco. Cedro dell'Atlante CEDRUS ATLANTICA Pinaceae Abete rosso o Peccio Il Cedrus atlantica dell'Atlante o africano è originario delMarocco e dell'Algeria. Molto diffuso nella catena montuosa dell'Atlante, dove si trova nei versanti più freschi a settentrione dai 1.500 ai 2.200 metri. Introdotto in Europa a metà del XIX secolo, si trova spesso nei parchi soprattutto nella varietà glauca, molto ornamentale. Descrizione Allo stato spontaneo può raggiungere i 45 metri di altezza, mentre in coltivazione in genere non supera i 30 metri. Portamento conico. Chioma eretta, rada e piramidale, espansa con l'età. Tronco e corteccia: il tronco è diritto, cilindrico, con corteccia grigio-bruna, screpolata e fessurata. Foglie: sono aghiformi, sempreverdi e durano due o tre anni. Quelle dei macroblasti sono singole e inserite a spirale intorno al ramo, mentre quelle dei brachiblasti sono riunite a ciuffi di 20-45 aghi. Gli aghi sono lunghi da 1,5 a 2,5 cm e più corti di quelli del Cedro del Libano, rigidi e pungenti. Fiori: i coni compaiono in autunno: quelli maschili, prima giallastri e poi bruni, sono lunghi 3-4 centimetri, eretti e cadono dopo aver liberato il polline; quelli femminili, lunghi poco più di un centimetro e di colore verdastro, impiegano due anni a trasformarsi in pigne brune, a botte, erette che si disfano a maturità. Particolarità Come le altre specie di Cedro, Il Cedro dell'Atlante fornisce un legno pregiato, che è durevole e profumato e viene usato per costruzioni, mobili, sculture e lavori di ebanisteria; le piante vengono coltivate per ornamento soprattutto nella varietà "glauca" a foglie grigio argentate. PICEA ABIES Pinaceae L'Abete rosso o Peccio è originario delle zone di clima boreale dell'Europa, dalle Alpi Marittime attraverso l'Europa centro-settentrionale fino agli Urali. In Italia si incontrano bellissime peccete lungo tutto l'arco alpino. Descrizione Dimensione: pianta a portamento conico-piramidale, regolare. Raggiunge altezze di 40-50 m. Tronco e corteccia: il tronco è diritto, colonnare, largo alla base fino a 2 m, con scorza da brunastra a grigiastra. Foglie: le foglie aghiformi sono lunghe 1-3 cm inserite sul ramo secondo linee spirali. Gemme ovoidali-coniche, di circa 4 mm. Fiori: I coni si sviluppano in primavera; quelli maschili gialli si trovano all’ascella degli aghi laterali, i coni femminili in posizione terminale di un rosso-violaceo, inizialmente eretti; dopo l'impollinazione diventano penduli, si allungano fino a 15 cm e a maturità sono di colore bruno chiaro quasi lucente. Particolarità E' un'essenza di grande impiego forestale e tecnico. Il suo legno di ottima qualità, bianco-giallastro, tenero, viene utilizzato soprattutto nel settore edilizio. Grazie alle sue eccezionali proprietà di risonanza, viene impiegato in liuteria per la costruzione di tavole e casse armoniche per strumenti musicali. Dalla resina si ricava la trementina impiegata nell'industria di vernici e in cosmetica. Fico FICUS CARICA Moraceae Il fico è una pianta da frutto che vive spontanea nelle regione del bacino del Mediterraneo, dove sono diffuse due varietà, una coltivata ed una selvatica detta anche caprifico. I frutti sono molto gustosi, dolci e nutrienti; si formano dalle infiorescenze racchiuse nel ricettacolo carnoso che vengono impollinate da un piccolo insetto imenottero( Blastophagapsenes). Il ciclo biologico di quest’ultimo si compie all’interno dei fichi selvatici ed è determinante per la impollinazione e quindi maturazione di quelli coltivati. Il fico è pianta molto frugale e rustica che vive in qualsiasi ambiente, anche sui vecchi muri purchè in posizione solatia e riparata dal vento. Sopporta male potature e tagli ed i rami sono molto fragili. Descrizione Foglie: decidue, alterne sui rami; semplici, profondamente palmato lobate di 20 e più cm, ruvide e pelose. Fiori: infiorescenza di fiori ridotti contenuti nel ricettacolo carnoso e concavo a forma di pera, aperto verso l’esterno con un piccolo pertugio Fioritura: luglio Frutti: i veri frutti sono quelli comunemente chiamati semi, presenti nell’infruttescenza, costituita dal ricettacolo carnoso da verde a violetto. Corteccia: grigia, liscia Particolarità E’ coltivato in orti e giardini per i frutti, che sono pregiati per l’elevato contenuto di zuccheri; nella medicina sono usati come blando lassativo e per curare malattie della pelle; il lattice che geme dai piccioli è efficace contro le verruche Tuia orientale THUJA ORIENTALIS Cupressaceae Descrizione Foglie : sempreverdi, squamette disposte su 4 file sui rametti, colore verde scuro sulla pagina superiore e verde-giallastro su quella inferiore, ramuli disposti su un piano orizzontale, per lo più penduli, se strofinate emanano un intenso profumo di frutta (mela) Fiori : unisessuali, piccole e apicali le maschili, prima gialle poi brune le femminili, fioritura a mar/aprile Frutti : strobili ovoidali di 10-15 mm formati da circa 10 squame che a maturità si aprono a rosetta , squame arrotondate e prive di uncini Portamento: altezza sino a 15 m Particolarità Pianta sempreverde ad accrescimento piuttosto lento. Originaria del nord America e del Canada e introdotta in Europa nel secolo scorso a scopo ornamentale. Si adatta meglio ai climi freddi, predilige terreni calcarei e argillosi e tollera discretamente gli ambienti urbani. Legname durevole e resistente, di ottima qualità. Nonostante il loro ottimo aroma, le foglie di tutte le specie di tuia sono velenose per la presenza del tuione. Tiglio TILIA PLATYPHYLLOS (= Tilia europea L.) Tiliaceae Il tiglio nostrale è un magnifico albero che occupa un vasto areale centro europeo, dove s’incontra poco frequente nei boschi di querce, castagno e faggio, fino a 1000 m. Il nome deriva dal greco e si riferisce alla caratteristica ala che accompagna i fiori e poi i frutti. Tradizionalmente è pianta sacra ai popoli germanica e slavi, come simbolo di fecondità; nelle piazze, nei luoghi di ritrovo, dove si svolgevano le fasi più importanti della vita pubblica c’erano sempre piantati dei tigli. Descrizione Foglie: decidue, inserite alterne; semplici, cuoriformi, a base asimmetrica, mucronate di 10-20 cm a margine seghettato; sotto pelosette, piccolo peloso. Fiori: infiorescenze a corimbo di 1-6 fiori, bianco crema a cinque petali liberi. Fioritura: giugno. Frutti: noci ovoidali appuntite, pelose; asse dell’infruttescenza (come del resto dell’infiorescenza) fuso con una brattea fogliacea libera all’estremità. Corteccia: grigio nera, rugosa. Particolarità Il tiglio è utilizzato come pianta ornamentale soprattutto lungo i viali, per la sua adattabilità, la chioma decorativa e la profumata fioritura. Il legno bianco e tenero è impiegato per piccoli oggetti intagliati e strumenti musicali. Ottimo il carbone, da cui si ricava carboncino da disegno. E importante come pianta officinale, i fiori, infatti, hanno proprietà sudorifere e rilassanti; da non trascurarsi l’interesse come pianta mellifera. Ippocastano AESCULUS HIPPOCASTANUM L. Hippocastanaceae L’ippocastano è una specie spontanea nell’Europa orientale, dal Caucaso alla regione balcanica, dov’è diffuso nei boschi collinari e montani. Di specie rustica, è adattabile a condizioni diverse di suolo e di clima. Descrizione Foglie: decidue, inserite opposte sui rami; composte, palmato sette, formate da 5-7 foglioline sessibili obovate, munite d’apice bruscamente acuto; margine doppiamente seghettato, picciolo di 20 cm. In autunno si colorano di giallo-bruno. Particolarità Il legno ha scarsi impieghi per la sua fragilità. I semi, ricchi di saponine e tannini sono utilizzati in profumeria. Sono commestibili per gli animali da cortile ma non per l’uomo. Leccio QUERCUS ILEX Fagaceae Questa bella quercia è spontanea nelle regioni a clima mediterraneo dove fa parte della macchia sempreverde. Il leccio, albero longevo, adattabile a condizioni diverse di terreno, sopporta il gelo, purchè non troppo prolungato. Il nome specifico ricorda la somiglianza delle foglie con quelle dell’agrifoglio. Descrizione Foglie: sempreverdi, alterne sui rami; semplici, curiose, ovali ellittiche di 3-7 cm; acute, margine liscio o repando, sopra lucide e sotto grigie tormentose. Fiori: infiorescenze pendule di 5-8 cm; fiori femminili solitari o a gruppetti ascellari con breve peduncolo Fioritura: aprile - maggio Frutti: ghiande ovali di 2-3 cm Corteccia: bruno nera, ruvida Particolarità Il leccio è usato come pianta ornamentale per alberature. Nelle zone dov’è diffuso spontaneo il legno, pesante e difficile da lavorare, è utilizzato come combustibile e per produrre carbone di ottima qualità. Le ghiande sono apprezzato mangime per i suini. Tasso TAXUS BACCATA Famiglia: Taxaceae Il Tasso (chiamato anche Albero della morte) è originario dell'Eurasia e del Nor-Africa. Si trova in Europa a nord dalla Gran Bretagna e Scandinavia meridionale fino alla Penisola Iberica e al Mar Nero a sud ; nel Caucaso, Asia Minore e Nord Africa. In Italia è presente soprattutto nei parchi e giardini, mentre allo stato spontaneo è poco comune tanto da essere considerato specie protetta in alcune regioni. Descrizione Dimensione: può superare i 20 m di altezza; presenta una chioma di colore verde molto cupo e di forma piramidale; a volte è un cespuglio policormico. Il Tasso è una pianta molto longeva e può vivere anche 2000 anni. Tronco e corteccia: presenta tronco diritto, con rami fin quasi dalla base; la scorza è liscia, bruno-grigia, tendente a sfogliarsi in sottili e larghe placche. Foglie: aghiformi, persistenti, lunghe fino a 3 cm, appiattite, verde scuro e un po' lucente sopra, verde più chiaro con sfumature giallastre sotto, con apice acuto ma non pungente; sono disposte su due file apparentemente regolari. Fiori: il Tasso è una pianta dioica: le strutture riproduttive maschili sono piccoli coni globosi poste nella parte inferiore dei rametti, quelle femminili sono isolate e alla base delle foglioline. Il frutto è un arillocarpio, a forma di campana, rosso, mucillaginoso e zuccherino con il seme al centro; molto apprezzato dagli uccelli disseminatori. Particolarità Il legno, elastico e tenace, è durissimo e di grana molto fine: è molto usato nei lavori al tornio e in ebanisteria. L'impiego principale del tasso è quello ornamentale e da siepe. La corteccia del tasso e le foglie sono velenose; l'unica parte non velenosa della pianta è il frutto (non i semi) di cui si nutrono molte specie di uccelli. Liriodendro o Albero dei Tulipani LIRIODENDRON TULIPIFERA Magnoliaceae Comprende alberi di notevoli dimensioni (il liriodendrum tulipifera supera a volte i 30 m di altezza) con fiori a coppa simili esteriormente a quelli del tulipano. Cresce nel Nordamerica orientale e in Asia, segnatamente in Cina . Il Liriodendro cresceva anche in Europa prima delle glaciazioni. Descrizione Le foglie hanno una speciale forma quadrata lobata con apici, sono decidue, in autunno diventano giallo crema. I fiori grandi sono di un verde molto pallido e compaiono in giugno-luglio. I frutti secchi, lunghi 6-7 cm, ricordano delle pigne strette e piccole. Particolarità Viene piantato come albero ornamentale, anche in climi freddi (in Europa fino alla Norvegia ). Il particolare aspetto delle foglie, dei fiori e della coloritura autunnale consigliano il suo inserimento in un giardino in posizione centrale. Palma TRACHYCARPUS FORTUNEI Palmaceae Originaria della Birmania, Cina meridionale e Giappone, questa palma è stata diffusa dappertutto come specie ornamentale poichè è quella che meglio si adatta ai climi temperati, sopportando temperature fino a –10° C. Particolarmente elegante il fusto con i resti fibrosi delle foglie e delle basi fogliari, di cui è ricoperto quasi uniformemente. Descrizione Foglie: sempreverdi, a ventaglio di circa 80 cm di diametro, divise in più elementi radiali piegati longitudinalmente; picciolo robusto, lungo spesso un metro e denticolato ai margini. Fiori: infiorescenze a grappolo unisessuali portate tra le foglie, molto ramificate e pendenti, lunghe oltre 50 cm, con asse ingrossato Fioritura: maggio Frutti: bacche sferiche nero - violette a maturità, prima brune, di 1 cm di diametro Ginepro sabina JUNIPERUS SABINA E’ un arbusto cespuglioso prostrato o alberetto alto da 1 a 5 m, con corteccia bruno-rossiccia, foglie squamiformi, embricate, in alcuni casi aghiformi, di colore verde-cupo. I fiori sono insignificanti, unisessuali su piante diverse (monoiche), quelli maschili riuniti in piccoli amenti, quelli femminili portati su piccoli peduncoli ricurvi. I frutti, chiamati coccole, sono bacche globoso-ovali, pendule, nerastro-violacee a maturità, contenenti piccoli semi ovali. È una pianta velenosa diffusa in luoghi soleggiati e scoscesi delle zone montane dove viene coltivata spesso per il consolidamento del terreno e come pianta ornamentale. Carpino bianco CARPINUS BETULUS Corylaceae E' una specie originaria dell'Europa meridionale ed orientale e di alcune regioni asiatiche. Descrizione Dimensione: può raggiungere i 25 metri di altezza. Chioma verde scuro, compatta, a palchi orizzontali. Tronco e corteccia: tronco diritto, costoluto, con corteccia sottile, liscia, di colore grigio scuro. Foglie: foglie decidue, ovate, margine dentato, a inserzione alterna, lunghe fino a 10 cm. Fiori: fiori unisessuali, i maschili in amenti, quelli femminili in spighe. Infruttescenze peduncolate, brunastre, formate da acheni alati con grande ala triloba. Particolarità Il legno chiaro del Carpino bianco, molto pesante e compatto, è utilizzato come combustibile e in passato per la costruzione di attrezzi agricoli. E' impiegata come specie di interesse forestale; apprezzata anche come essenza ornamentale e di interesse paesaggistico perché rustica e adattabile a vari ambienti. Si adatta bene alla realizzazione di siepi per la resistenza agli interventi cesori e per la chioma fitta. In passato le foglie venivano utilizzate come foraggio. Magnolia sempreverde MAGNOLIA GRANDIFLORA Magnouaceae Questa specie è stata introdotta in Europa agli inizi del Settecento dall’America dove vive nelle pianure umide delle regioni atlantiche fino al Golfo del Messico; ha incontrato un’enorme fortuna come pianta ornamentale per le belle foglie e la fioritura vistosa e duratura. Albero esigente, richiede clima mite, buona esposizione al riparo dal vento e suoli acidi. Descrizione Foglie: sempreverdi, alterne; semplici elittiche di 10-20 cm, brevemente picciolate, coriacee, sopra verde scuro e lucide, sotto rugginose pelose; apice acuto e margine liscio Fiori: grandi, di 10-20 cm, bianchi, a grandi petali concavi Fioritura: maggio - settembre Frutti: infruttescenze ovali lunghe 7-10 cm, sorrette da un breve asse, formate da numerosi acheni aranciati e squame verdi - porporine Corteccia: grigio scura, liscia In alto una recente ortofoto della villa tra i campi, la strada per Aiello e le case di Cavenzano. Nel cerchio la macchia del parco che risalta e si distingue nel generale appiattimento del riordino agrario della fine degli anni Sessanta. Si tratta di un patrimonio paesaggistico e ambientale in grave degrado. Nelle foto a lato, scattate in pieno inverno, quando i grandi carpini sono privi di foglie, ci si può ancor meglio rendere conto dello stato precario di questi centenari testimoni del tempo e del parco che continuano resistere a ogni tipo di minaccia. Che disastro! Una veduta della situazione attuale del viale alberato che attraversa in asse il parco fino al cancello in fondo. I carpini non sono stati curati e alcuni sono pericolanti. Il sottobosco è incolto e arbusti e vegetazione infestante stanno lentamente invadendo gli spazi ancora liberi. A sinistra il viale dei carpini in un inverno degli anni Cinquanta, da una foto di Alberto Zanolla, e la facciata in una cartolina di inizio Qui sopra la situazione della villa oggi sul lato settentrionale, quello del Novecento; in fondo alla gotica galleria natuparco. Alberi e rampicanti hanno aggredito ciò che rimane dell’edificio rale si intravede la luce del cancello. Sala da ballo, casa di riposo di lusso, centro benessere e sportivo... o invece centro studi e di cultura? Che fare? Non siamo in grado di fare proposte, non abbiamo competenze tecniche ne intuito di affari. Emotivamente e affettivamente vogliamo salvare un angolo di storia e di cultura con la storia e la cultura. Quindi proponiamo un centro di cultura e d’istruzione L’ Istituto è formato da 10 edifici scolastici, sparsi in cinque comuni e quattro frazioni: perchè non riunire nella posizione centrale di Cavenzano le scuole elementari e secondarie. Non esiste nei comuni interessati una sala polifunzionale per concerti, teatro, mostre: perchè non far rivivere il salone centrale con questa destinazione? Scuola secondaria di 1° grado di Aiello - Joannis Scuola secondaria di 1° grado di Perteole - Ruda Scuola primaria di Aiello - Joannis Scuola primaria di Campolongo - Tapogliano Protagonisti e interpreti: i ragazzi curiosi, la divinità dell’aria, l’archeologo, il topografo, il cicerone, lo storico, il notaio, l’architetto, il capomastro, il muratore, il pittore, il fotografo e la guardia forestale. Alcuni dei disegni per animare la storia: sopra quelli di Emiliano, Noemi e Nicholas Sotto quelli di Manuel e di Eleonora Parco dietro la villa: nell’ex area del campo da tennis sistemare una struttura non muraria per la palestra. Salone centrale a due piani: teatro auditorium e aula multimediale Salone centrale a tre piani: auditoriom con due gallerie Ala est: tre piani Scuola secondaria 6 aule Casa fattore: tre piani Scuola secondaria 1 aula e 2 laboratori Ala del rustico: due piani con soffitta Mense e cucina d’Istituto Ghiacciaia: Laboratorio di fotografia Lisciaia e porcillaie: Centrale termica e ricovero attrezzature orto giardino Ala ovest: tre piani Scuola secondaria 4 aule e 2 laboratori Soffitta ala est del rustico e torretta: eventuale utilizzo come spazio espositivo ed espressivo oppure ludico - didattico LA PROPOSTA Non intendiamo entrare in dati tecnici, economici e gestionali. In 50 anni di abbandono neanche gli specialisti hanno saputo trovare una soluzione. Ma da ragazzi proponiamo un’idea che pensiamo rispetti la storia del posto, la valorizzi e in qualche maniera la continui nel futuro. Se si tratta di un sogno, rimarrà tale. La grande esposizione a sud della superfice dei tetti suggerisce l’installazione dei panelli fotovoltaici per una certa autonomia energetica dell’intero complesso Stalle, fienile, granaio, abitazione colono: due piani Uffici di segreteria, amministrazione e presidenza, archivio e biblioteca di Istituto Officina e piccionaia Area espositiva o ludico - didattica Ala est del rustico: tre piani Scuola primaria: 10 aule, 3 laboratori e una piccola palestra Foto aerea del settembre 1994 gentilmente fornita da Livio Avia di Campolongo. Confrontata con le altre foto e ortofoto del 2006 e del 2009 la situazione risulta molto deteriorata per i crolli e per l’aggressione della vegetazione infestante