Villa Antonini Brunner: tra storie di vita, di lavoro, di crolli, di furti e di

ISTITUTO COMPRENSIVO DESTRA TORRE - AIELLO DEL FRIULI
Scuola secondaria di primo grado di Ruda - Perteole
Villa Antonini Brunner: tra storie di vita, di lavoro, di crolli, di furti e di vandali
nascosta tra alberi secolari, cespugli e rovi incolti, rampicanti infestanti, racconta triste la sua lenta fine
Ricerca per il Concorso Nazionale del FAI “MI PRENDO A CUORE” - Manuale di cura
Classi IIB e IIIB coordinate dagli insegnanti Dario Chialchia e Maurizio Visintin
anno scolastico 2008/09
CAVENZANO
CAMPOLONGO
Ma dov’è questo posto?
Venite, che scaviamo. Guardate cosa
abbiamo trovato!
Fondata nel 181 a.C. Aquileia, i Romani in tempi relativamente brevi misero in atto una vasta colonizzazione e centuriazione del territorio. Campolongo è un termine romanzo, nato probabilmente nel Medio Evo, mentre Cavenzano rimanda subito ad un etimo romano, avendo il tipico suffisso prediale latino, che indica
che quella zona apparteneva ad un proprietario di nome Calventius: Calventianum quindi era il podere di Calventius. Nel ‘500 già trasformato in Chialvenzanum
in latino e Chialvenzan in friulano. Ai tempi dei Romani ci riportano i ritrovamenti archeologici della “strada glareata”, cioè con il manto in ghiaia battuta che
attraversava il territorio e che faceva parte di un asse viario che da Aquileia saliva dritto fino a Cavenzano per poi piegare a ovest del Torre, risalirlo un pezzo,
attraversarlo per dirigersi a Forum Julii (Cividale). Questa strada doveva essere di discreto traffico e pare che sia stata costruita nella metà del I° secolo a.C. per
motivi militari, magari riadattando un tratto precedente. Ma il più bel ritrovamento romano di Cavenzano è il famoso Navarca, ritrovato nel 1953 nella braida
Concina, cioè sul lato est del muro perimetrale del parco della villa. Si tratta di una grande statua in marmo senza testa, opera di importazione o di lapicidi provenienti da Roma acquistata e mostrata da un ricco proprietario che aveva la sua villa in località Logar (dal sloveno log = bosco), lì dove sorgevano fino a 30 anni fa
una cadente abitazione, l’antica chiesa della comunità e il suo cimitero. Nelle vicinanze sono stati fatti altri ritrovamenti di epoca romana: trenta scheletri allineati
con accanto monete di Cesare Augusto, basamenti di colonne, frammenti di architrave e di marmo con iscrizione, mattoni e tegole marcati. Quindi si può riconoscere un importante insediamento in località Logar, che nelle carte del catasto napoleonico viene nominato “braida de la chiesa”, una vera villa rustica che assieme ad altri due vicini fanno pensare a un centro di irradiazione dell’azione colonizzatrice dei Romani.
Ehilà! Ragazzi. Attenti a leggere bene le
mappe e le ortofoto
L’ARCHEOLOGO
IL TOPOGRAFO
E IL CICERONE
E’ pericoloso!
E’ un rudere!
Non leggi i cartelli?
Venite. Vi porto al
tempo in cui era ancora uno splendore
IL SUCCESSO DI UNA FAMIGLIA CARNICA
Da Amaro a Venzone, a Udine a Saciletto e a Cavenzano
Dopo il 1420 Venezia confiscò al Patriarca il Castello di Saciletto e nel 1490, lo mise in vendita al miglior offerente. Lo acquistarono subito i ricchi mercanti Antonini originari di Amaro in
Carnia e poi trasferitisi a Venzone dove fecero i soldi e si arricchirono con i commerci e con l’esazione delle mude (tasse) e
gabelle. A Udine vennero iscritti ai primi del ’500 tra le famiglie
nobili della città e continuarono a fare investimenti e acquisizioni di diritti e proprietà nella Bassa Friulana. Antonio e Andrea
nel 1518 ricostruirono il castello di Saciletto come palazzo e
abitazione signorile per la famiglia che col tempo costruì altre
ville a Privano, Cavenzano e Alture. Ma è a Udine che rimangono le testimonianze più significative: i palazzi. Floriano Antonini, del ramo di S. Cristoforo, fa costruire quello in via Gemona
ora sede della Banca d’Italia. Daniele Antonini, del ramo di Grazzano, fa costruire il palazzo di piazza Garibaldi oggi palazzo Del Torso. Queste due residenze erano la sede delle
due famiglie proprietarie della Villa di Cavenzano. Gli altri rami della famiglia costruirono e abitarono il palazzo Antonini-Cernazai
detto del bugnato oggi sede storica dell’Università e il Palazzo Antonini-Belgrado in
piazza Patriarcato oggi sede della Provincia.
Sopra: il portone dell’ingresso laterale, oggi. A fianco: un particolare dell’affresco del salone ovest raffigurante un giovane con
in mano uno scettro e un paio di redini. Da una foto del 1920
dell’Archivio storico della Soprintendenza per i B.S.A di Udine.
Gli affreschi del salone ovest, di cui oggi rimangono
solo i muri perimetrali in mezzo alle macerie del
tetto crollato e dell’invasione delle piante infestanti.
Degli affreschi non rimane praticamente niente.
Con il termine villa si intende in genere una casa
padronale, una residenza patrizia, un palazzo dominicale; ma fino al XIX secolo per villa si intendeva l’intero paese, come nel latino vicus. La
struttura di una villa è complessa, diversificata e
molto dipende dalle sue funzioni. L’esempio e
modello più conosciuto è la villa veneta. Si tratta
di un cubo a tre piani: nel corpo centrare si trova
un ampio salone su ogni piano, che si estende per
tutta la profondità della casa. Ai lati, collegate da
una scala a due rampe, si aprono le varie stanze di
abitazione. A fianco delle ville di influsso veneto,
in Friuli si svilupparono anche le forme più tradizionali delle case coloniche locali. Queste avevano una struttura più stretta e allungata. La funzione principale della villa friulana era legata alla
gestione di una grande azienda agricola, ma anche
a residenza di rappresentanza del proprietario che
la rendeva suggestiva con affreschi ed arredamenti sfarzosi.
La facciata della villa dal cortile d’ingresso in una foto del 1920 dell’Archivio storico della Soprintendenza per i B.A.P di Udine.
ARCHITETTURA ESTERNA
ANTONINI E LA VILLA
Entriamo a
vedere la villa?
La villa veneta, così come quella friulana, sorge in prossimità
del paese, in una posizione intermedia tra il paese e i campi.
Villa Antonini a Cavenzano rientra tra queste ville. La struttura architettonica, fortemente condizionata dalle costruzioni
preesistenti, è una complessa sintesi delle varie tipologie di
villa presenti in regione.
Il complesso edilizio è costituito da un corpo padronale con
pianta a U. I rustici, che si estendono a est del corpo dominicale hanno invece una pianta a L. Una muraglia di cinta circonda l' intero perimetro della proprietà e include nella parte
posteriore il parco. La divisione della corte dei locali rustici
dal corpo dominicale è una caratteristica comune della tipologia delle ville che derivano dalla casa padronale friulana. La
parte principale della villa è costituita dall' ampia residenza
che circonda quasi per intero la corte antistante. La facciata
principale si articola in due parti: la parte centrale presenta tre
assi di finestre ravvicinati e raggruppati al centro che fanno
capo al salone; le due parti laterali ciascuna formata da un
asse di finestre, si riferiscono alle scale. Un primo ordine di
lesene sostiene una pesante trabeazione, dalla quale parte
un’altro ordine di lesene all’altezza dell’attico. Il fronte laterale orientale è caratterizzato dalla presenza di due logge sovrapposte. La loggia del primo piano poggia su un piano seminterrato. La loggia al secondo piano presenta delle aperture
quadrate dalle linee essenziali e in netto contrasto con quelle
del piano sottostante.Le due logge sono divise da un falso
piano buio, dove un tempo chiudevano gli uccelli da richiamo, con delle piccole finestrelle quadrate. L' apertura di due
logge sovrapposte nella facciata principale di una delle ali
laterali della villa è una soluzione curiosa e particolare, infatti
rendono vano ogni tentativo di simmetria. Le fasce marcapiano di quest' ala mettono in evidenza la diversa altezza dei piani delle logge rispetto a quelli dell' edificio. All' altezza del
pianoterra, una contro scarpa con disegno a bugnato rustico
rinforza la base del muro; la controscarpa è presente anche
sul lato della corte rustica ma senza decorazioni. La facciata
laterale occidentale del complesso non presenta particolari
pregi architettonici. Un altro elemento caratteristico di quasi
tutte le ville del 600 e 700 è la cappella privata, essa presenta
generalmente la facciata principale sulla pubblica via. Invece
nelle ville del territorio friulano sottoposto al dominio austriaco è un elemento interno. Nella villa di Cavenzano la
cappella era inglobata nel corpo padronale; si trattava di un
vero e proprio oratorio privato sullo stile austriaco. L' ala occidentale del corpo dominicale richiama l' aspetto tipico della
casa padronale friulana con un”portego” al pianterreno e un
salone al primo piano. La posizione del complesso è particolarmente interessante. Situato al centro della proprietà degli
Antonini, è posto in prossimità dell' incrocio di due strade
principali. A ovest la strada che conduce ad Aiello costeggia
la proprietà, proseguendo poi verso Perteole e Ruda a sud.
L’abitato di Cavenzano si estende a est. La villa non è facilmente individuabile dall' esterno perchè protetta da alti muri
di cinta che circondano l' intero complesso.
Il salone a due piani dell’ala ovest con i suoi
affreschi sul tema della mitologia e, sopra,
l’affresco del soffitto dello scalone. Foto del
1920 dell’ Archivio storico della Soprintendenza per i B.S.A di Udine. Tutta l’ala ovest
oggi è ridotta a un rudere e gli affreschi sono
andati persi o rubati.
Potete entrare, ma in silenzio. Siete nella sala
dei quattro elementi: acqua, aria, fuoco e terra
Noi siamo divinità d’acqua
ma nelle altre pareti ci
sono i nostri colleghi di
aria, fuoco e terra.
Guardate sulla parete a fianco
quella figura femminile con carta, libro, compasso e sfera armillare: sta facendo misurazioni. Ma
di che cosa?
DIZIONARIETTO SEMPLICE
Bugnato: parte di edificio ornato con pietre rettangolari scolpite con
bugne in rilievo. Può essere rustico, liscio a punta di diamante.
Capitello: elemento architettonico decorativo posto tra la cima della
colonna e l’arco o l’architrave; può essere liscio o scolpito.
Corpo dominicale: la parte della villa abitata dal proprietario. Da dominus, il signore. E’ detta anche casa padronale. Comprende un cortile
d’onore, un giardino e parco, un salone nobile o di rappresentanza, la
cappella privata e le stanze di abitazione.
Corpo rustico: la parte della villa abitata dal colono o da fattore adibita
all’attività agricola. Comprende una casa più modesta per il colono o
fattore, il cortile rustico e i fabbricati come cantine, folladore, stalla,
fienili, granai, pollai ecc.
Lesena: elemento decorativo verticale che ha l’aspetto di un pilastro
parzialmente incassato in un muro.
Trabeazione: negli ordini architettonici classici, struttura orizzontale
sostenuta da colonne e composta di architrave, fregio e cornice.
Telamone: elemento architettonico decorativo e di sostegno costituito
da una statua in figura gigantesca di un uomo.
Balaustra: parapetto in legno o pietra per proteggere un ballatoio o per
separare un luogo liturgico.
Ballatoio: terrazzino con ringhiera che si sviluppa lungo il perimetro
interno ed esterno di un edificio.
Modiglione: mensola a doppia voluta che serve di sostegno o di semplice decorazione alle cornici degli ordini classici.
Fregio: ornamento con andamento più o meno lineare: un libro con un
fregio d’oro.
A sinistra: particolari delle divinità marine del fregio che corre sotto
il ballatoio sulle quattro pareti del salone. A destra: le camere affrescate adiacenti al salone. Nella falsa cornice di stucchi è raffigurata
la morte di Antonio, mentre nel tondo una Sibilla.
Il corpo centrale, pensato come collegamento tra i due edifici laterali precedenti,
è occupato da un grande salone di rappresentanza sui tre piani. In origine era
suddiviso in due piani ma problemi di staticità dell’edificio avevano reso necessario la demolizione dei soffitti e la creazione di un’unica sala. Un altro elemento caratteristico delle ville del Seicento e Settecento è la cappella privata che può
avere la facciata sulla pubblica via oppure può essere completamente interna
all’edificio. E’ il caso della villa di Cavenzano dove vi si accedeva solo dall’interno. L’ala occidentale del corpo dominicale assomiglia alla casa padronale
friulana con un “portego” al piano terra e un salone su due piani, che doveva
essere il salone principale prima della costruzione di quello nel corpo centrale.
La villa possedeva quindi due grandi saloni di rappresentanza. Il salone nell’ala
occidentale era interamente decorato ad affresco. Il soffitto era con travi a vista
alle quali erano fissati sei telamoni che a loro volta si fissavano sulle balaustre
dei ballatoi. Questi, costruiti su due pareti, erano sostenuti da cinque modiglioni
per parte di legno intagliato ed erano raccordati sulle altre due pareti da una finta
balaustra che creava, assieme ai riquadri degli affreschi, l’ illusione di uno spazio più grande. Le scene degli affreschi sulle pareti erano suddivise in riquadri
con una finta architettura di colonnine tortili corinzie e architravi. Le scene rappresentavano personaggi della mitologia. Il fregio correva sulle quattro pareti
con divinità legate ai quattro elementi. Anche le due camere adiacenti erano decorate con affreschi attribuiti da tanti critici a Giulio Quaglio e ai suoi allievi.. Il
salone principale, quello che occupava l’intera altezza dell’edificio centrale, aveva il soffitto affrescato ed era diviso da due ordini di ballatoi in legno. L’affresco
del soffitto, una scena di cieli, era un’opera del Passauro, eseguito nel 1926, con
lo stemma dei Brunner, sopra una decorazione simile del Quaglio. Per gli affreschi della villa avevano lavorato anche i fratelli Leopoldo e Sante Zuccolo.
Ma chi ha costruito la villa?
Cosa comperarono?
Per fare che?
E’ un vero affare. Anzi
tre affari. Acquistate?
Antonini. Ramo di Grazzano. Girolamo è il capostipite del ramo di Saciletto.
Suo figlio Daniele fa carriera nell’arte militare con la Serenissima. Si addestra
nelle Fiandre ed è capitano nella guerra di Lombardia e poi in quella Gradiscana
contro i pirati Uscocchi appoggiati di nascosto dall’Austria. Muore nel 1616,
colpito al petto da una palla di artiglieria, mentre tentava di rompere l’assedio
della città di Gradisca. Ma i veri protagonisti dell’affare di Cavenzano sono i
suoi due fratelli Giacomo e Alfonso tutti e due esperti nell’arte militare ma il
primo interessato anche agli investimenti della famiglia, il secondo appassionato
di poesia e fondatore dell’Accademia degli Sventati. Ma solo Giacomo si sposa,
eredita tutti i beni che passano al figlio Daniele. Questi si dedica alla costruzione della residenza di Cavenzano e all’espansione dei possedimenti di famiglia
nella Bassa Friulana. Muore nel 1686 dopo aver visto il matrimonio del figlio
Alfonso con la contessa Livia, figlia di Asdrubale Manin membro di una delle
più importanti e ricche famiglie friulane.
LO STORICO E IL NOTAIO
Il cortile rustico alla fine dell’ Ottocento con
torre e piccionaia. Foto storica d’archivio
ANTONINI
LA DISCESA DI UNA FAMIGLIA
Da Daniele al garibaldino Rambaldo
1653 - Casa Recalca
Alfonso e Giacomo acquistano per
6386 lire venete, pari a 1030 ducati,
la casa di Bernardino Orgnano: trattasi di una casa colonica tipica friulana
Alfonso e Giacomo acquistano una nuova proprietà “in
villa et pertinenze di Cavenzano e Campolongo.
il notaio scrive
parco
fogolare
pranzo
tinello
so lat.
porcili
lisciaia
legnaia
Ingres
ghiacciaia
1649 - Casa Orgnana
salone
centrale
cortile d’onore
cortile rustico
piccionaia
stalle
granaio
fienile
Ingresso corte
d’onore
a
officin
cantina, folladore e granai
ala ovest
ala est
cantine e abitazioni rustiche
il notaio scrive
1655 - Casa Pegoraro
Daniele Antonini acquista la
proprietà di Anna vedova di
Biasio Pegoraro per 3200 lire
venete
il notaio scrive
18 giugno A.D. 1649
4 dicembre A.D. 1653
14 marzo A.D. 1655
... un cortivo con casa dominicale et de colloni
nella villa, horto e brolo....
La pianta era rettangolare e la struttura allungata
a tre piani con la scala esterna per accedere ai
ballatoi dei piani superiori. “... pozziol di fuori
di legname... con scalla, parapetto e colonelle...”
Al piano terra la cucina, la cantina e il folladore
con pavimenti in battuto o in pietra. Al primo
piano tre camere. Al secondo piano il granaio.
Addossata sul lato meridionale c’era una costruzione più bassa a due piani adibita per la “cucina
sporca e il necessario”, caso raro nelle case coloniche dove il gabinetto era in genere esterno
vicino alle stalle o all’orto. Nella cucina “la nape” o cappa del focolare, che generalmente nella
case era in legno o tela, qui era in mattoni con
bordo in pietra.
La “casa de coloni” era addossata sul lato nord
ad angolo retto con la casa dominicale. Al piano
terra “la cosina con la nappa con mantil di tolle,
tromba e camin, il sechiaro” e una stanza. C’era
anche una “stalla presso detta casa con toglatura” ossia fienile e coperto in coppi.
... trattasi di una casa coperta con
coppi et un pezzo di coperto di paglia, con sedime e campo annesso...
Si tratta di un edificio più modesto
vicino al precedente. Al piano terra
c’era un portego ossia una sala per
l’intera profondità dell’edificio che
permetteva di passare da un lato
all’altro della casa. Al piano terra
come al solito la cucina con focolare
e cappa di legno, un “sechiaro e una
comodità” separata dalla cucina
... è una permuta e “trattasi di una
casa posta nella villa di Cavenzano
che confina ... con l’illustrissimo
signor conte Daniele compratore ...”
Si tratta di una casa che confina a
sud con la strada pubblica e ha un
portico sostenuto da cinque pilastri.
Nella pianta attuale è l’edificio che
divide le due corti dominicale e rustica dell’intera villa
DIZIONARIETTO NOTARILE
Battuto: in friulano batût, è un pavimento formato da pietruzze legate con malta, battute e lisciate
Pianellato: pavimento di pianelle di argilla delle dimensioni di un mattone ma di spessore dimezzato
Cucina sporca: in friulano cusine sporcje, era un piccolo locale per lavare i piatti e per tenere gli attrezzi di
pulizia della casa
Sechiaro: dal friulano seglâr, in italiano acquaio, ovvero il grande lavabo in pietra per pulire “la massarie”
Forno: esterno alla casa per la cottura del pane
Coperto con coppi, in friulano cops, ossia tegole, in alternativa c’era il più modesto in paglia
Cosina con focolare, in friulano cusine cul fogolâr, ossia quell’ elemento indispensabile in ogni abitazione
Nappa con mantil di tolle tromba e camin, in friulano la nape ossia la cappa del focolare in legno, canna
fumaria e camino
Toglatura, in friulano il toglât è il fienile sopra la stalla adibito al riparo dei vari tagli di fienagione
Ma comè andata
a finire la storia
degli Antonini?
Volete sapere del
fallimento del
conte Rambaldo?
.... e quella
dell’ebreo triestino Brunner?
.... e magari qualche giallo, qualche mistero come
un incendio, uno scoppio
e un suicidio in villa?
La villa e le attività agricole avviate dalla famiglia Antonini godettero per lungo tempo di prosperità.
Ma nella seconda metà dell’’800 a causa di una serie di malattie che colpirono le coltivazioni di viti
e l’atrofia dei bachi, che fecero crollare per anni la produzione di seta, importante reddito nell’economia agricola locale, anche l’azienda del conte Rambaldo Antonini subì il colpo e nel 1895 fallì. Il
fallimento è dovuto anche all’elevato indebitamento del conte per le garanzie da lui date sulle cambiali dell’amico Leonardo Jesse. A causa dell’ insolvenza di quest’ultimo, le banche scaricarono il
debito sullo sfortunato garante, il conte. La villa viene venduta, assieme a tutti gli edifici di uso agricolo, ad un ricco imprenditore triestino Rodolfo Brunner. Il conte Rambaldo rimase nella villa come
amministratore del Brunner fino al 1916, anno della sua morte.
In alto: l’affresco sul soffitto del salone DIRITTI E DOVERI DEI CONTI ANTONINI
con figura mitologica e la villa dal cor- Gli Antonini avevano diritto di esigere dagli abitanti alcuni servizi per esempio:
 far condurre qualunque materiale per la manutenzione dei castelli;
tile rustico come appariva nelle foto
 mantenere pulite le fosse;
degli anni Venti dell’Archivio Fotogra aggiustare strade e ponti siti nei luoghi pubblici soggetti a competenza;
fico della Soprintendenza per i B.A.P.
 obbligo, con i loro carri e animali, di condurre gli Antonini a Udine e ritorno
di Udine. In basso: lo scalone senza
 portare lettere e mandati;
soffitto e con gli alberi che cercano la
 segare il legname, governare i fieni e condurli a casa;
luce dal tetto crollato. A fianco la villa
 ogni anno a San Martino riscuotere beni in natura e denari dai coloni e dai comuni;
dal cortile rustico, oggi completamente
Gli
Antonini,
invece, erano obbligati a fornire, alla Serenissima, un uomo armato a cavallo in caso di guerra.
‘rivestita’ da rampicanti.
Il nuovo proprietario rilanciò l’attività agricola della villa costruendo gli ultimi edifici della parte est. Durante il Ventennio l’agricoltura beneficiava di prezzi sostenuti e di facilità di credito. Nel 1928 Brunner
attivò nella sua azienda una trebbiatrice consortiva con pressa a motore. Ma nel 1929 cominciarono a farsi
sentire le conseguenze della crisi economica. Con la seconda guerra mondiale iniziò il declino della famiglia e con essa della villa. Il complesso viene venduto alla famiglia Krcivoy di Tarvisio, commercianti di
bestiame, che negli anni 60, in società con l’attore Delon e l’imprenditore Sabot, inizia i lavori di ristrutturazione per trasformarla in un lussuoso night club. Un incendio doloso ed esplosioni di bombole di gas
devastano tutta l’ala ovest della villa. La cattiva sorte colpisce il proprietario che finisce nel mirino della
finanza per evasioni fiscali e si suicida. Gli eredi vendono in fretta al prezzo del solo valore del fondo. Nel
1987 il Comune, la Regione e l’Istituto delle ville venete preparano un progetto per l’acquisto e la ristrutturazione completa per ricavare alloggi popolari e per una casa di riposo di lusso. Troppi soldi! E tutto rimane fermo e in abbandono mentre entrano ladri e vandali ad asportare quanto è possibile portare via: affreschi, pietre, stucchi, scale, cornici, riquadri... Nel 1992 la villa, in seguito all’autorizzazione del tribunale, è venduta ad una società privata tuttora proprietaria. Il complesso è disabitato e lasciato in completo
abbandono. Siamo grati a Livio Avian di Cavenzano per averci aiutati a ricostruire questi ultimi eventi.
Quanto tempo hannno
messo a costruire la villa?
Io non c’ero e non ho visto niente. Sono solo il bozzetto che un
pittore ha usato per l’affresco.
Chiedete al capomastro.
Volete dire a ristrutturare le case acquistate! Tanti anni... E tanti soldi ... E tanti
problemi... Dove iniziare? Ma è chiaro:
prima l’azienda e gli affari, poi la casa!
1666: si riapre il cantiere
Grandi lavori in Villa: saloni e camere per i conti Antonini
Piano dei lavori: secondo lotto
Tita a che punto sei coi muri?
Tutto bene. Ma non
siamo in regola con
la 646!
L’ARCHITETTO
IL CAPOMASTRO
IL MURATORE
E IL PITTORE
L’architetto e il capomastro:
Viene progettato e costruito un nuovo edificio
rettangolare per unire i due corpi esistenti. Il
progetto prevede al piano terra un grande
salone ribassato e passante per il parco, al
piano nobile il salone rialzato e al secondo
piano l’attico con le camere.
Si lavora anche nell’ala occidentale per la
sopraelevazione degli edifici e per rendere
omogenea l’altezza dei diversi corpi. Viene
ristrutturato il portego al piano terra e costruito il salone di rappresentanza a due piani con
ballatoi e soffitto in travi.
Nell’ala orientale si modifica la facciata per
costruire la loggetta sui due piani.
1650: si apre il cantiere
Lavori per 951 lire venete pari a 150
ducati. Inizia una fase di ristrutturazione della villa che dura circa 30
anni. Questi lavori segnarono l’apertura ufficiale del cantiere che porterà
alla sistemazione di tutta villa.
Piano dei lavori: primo lotto
Il capomastro:
lavori nella casa dei coloni
Le modifiche riguardano il folladore e la cantina a discapito della
cucina e degli altri locali della
casa abitata dai coloni. La casa
dominicale non subisce trasformazioni tranne il rifacimento dei
solai.
I locali necessari allo svolgimento
dell’attività agricola divennero
più importanti rispetto a quelli
residenziali.
Qui sopra lo scalone
oggi. Hanno rubato anche i gradini di pietra!!
A sinistra: la villa vista dal cortile nobile
negli anni Venti.Archivio S.B.S.A di Udine.
In alto e in basso: i due scaloni a fianco
del salone centrale. Il parapetto è in ferro
battuto artistico sopra e, sotto, in pietra
con colonnine e decorazioni. Sul soffitto in
alto l’affresco con personaggio mitologico.
Foto dell’archivio fotografico della Soprintendenza per i B.S.A. di Udine
E il pittore?
Ma è il Quaglio?
Vorrai dire i pittori: Quaglio, i Zuccolo, Passauro...
E i rustici?
Io sono Giulio Quaglio. Ho lavorato a
Udine nei palazzi
degli Antonini, ma
non mi ricordo bene
se sono stato anche a
Cavenzano o Alture.
C’era molto lavoro in
quegli anni
1708: hai letto gli
avvisi di lavoro?
No. Cosa
dicono?
Io invece sono Sante
Zuccolo di Udine,
pittore e restauratore
del XVIII secolo.
Con mio fratello ho
eseguito tante decorazioni nella villa e
anche qualche affresco. Ma pochi lo sanno. Neanche wikipedia mi ricorda!
Il conte cerca urgentemente architetto
esperto in riparazioni di edifici pericolanti
Architetto Domenico Rossi in Venezia. Esperto in
costruzioni, riparazioni di edifici mal costruiti e miglioramento estetico delle ville dei signori veneziani,
dei nobili friulani Savorgnan, Manin, Torriani e del
patriarca Dolfin
Il grande salone centrale al primo piano creava problemi di
staticità all’intero edificio a causa del peso degli stucchi del
soffitto e delle pareti delle camere del secondo piano. Intervengono nel 173 due capomastro senza risolvere niente. Antonini
decide allora di ricorrere nel 1708 all’architetto più esperto del
tempo: Domenico Rossi di Venezia. Questi dopo una attenta
perizia sul posto decide di annullare la divisione in piani e
smantella il solaio creando un unico salone di mappa quadrata
che occupa l’intera altezza della villa. Il soffitto viene affrescato e i due pianerottoli vengono fissati lungo le pareti esterne e
vengono decorati al di sopra con colonnine lignee dorate. L’affresco sul soffitto raffigurava una scena di cieli, tema più volte
usato nel Settecento. Quello della foto accanto è opera del triestino Edmondo Passauro nel 1926. Il soffitto del salone era già
stato affrescato dal Quaglio con un tema simile. Alla stessa
epoca dell’intervento del Rossi si possono far risalire le decorazioni al primo piano dove sono raffigurati due ritratti di silvani racchiusi in una cornice dorata. Rossi ha reso la villa ancora
più unica nel suo genere. Di tutto questo rimangono i quattro
ruderi delle pareti. Anche i due silvani sono strati strappati.
In alto e in BN: decorazioni e affreschi
della villa. A colori ciò che rimaneva nel
1975.
Sotto: una grande veduta del salone in
una foto degli anni Venti.
Foto BN dell’Archivio della Soprintendenza B.S.A. di Udine.
A colori foto di E. Ciol nel libro Giulio
Quaglio di Giuseppe Bergamini
dal diario del cantiere: 21 giugno 1666
I soggetti degli affreschi sono presi dalla
mitologia e dalla
storia classica. In
alto a sinistra la morte di Antonio, qui
sopra una Sibilla, il
Silenzio e la morte di
Cleopatra
1671: avanti con nuovi lavori
I nuovi fabbricati rustici
Piano dei lavori: terzo lotto
...e il pittore comincia a lavorare...
dal diario del cantiere: 27 maggio 1667
...un pan all’ortolano ed anche a Dioinisio per aver disbratato le robbe della
fabbrica...
Fine dei lavori e pulizia generale
Piano ragazza!Un
po’ alla volta. Ci vogliono soldi. Devono
ancora pagare me!
L’architetto e il capomastro:
Prolungamento verso est dell’ala
orientale del corpo dominicale.
Costruzione della barchessa che
chiude il lato orientale della corte rurale
Nell’ 800 i due edifici sono uniti
dalla torretta
JULIUS QUALIUS DE LAINO
Nacque a Laino in Valle d’Intelvi, vicino al Lago di
Como, nel 1668. Si dedicò alla pittura fin da giovane
nella bottega del padre. Studiò a Bologna sull’arte
dei Carracci, dei Recchi, del Guercino e del Reni;
poi a Parma e Piacenza. Dal 1682 lavorò per circa
dieci anni in Friuli, prendendo casa a Udine. Fu
chiamato qui perché, mancando una scuola locale,
era richiesta l’opera di decoratori e affrescatori. In
questo periodo fu ricercato da molte famiglie della
nobiltà friulana per abbellire i loro palazzi cittadini e
le loro ville di campagna. Lavorò per della Porta,
Strassoldo, di Maniago, Antonini, Valvasone. Tra le
opere sacre da segnalare gli affreschi della Cappella
del Monte di Pietà e della chiesa di S. Chiara a Udine. Nel 1703 si recò a Lubiana, dove realizzò l’importante commissione della decorazione ad affresco
della cattedrale. Dopo aver eseguito diversi lavori in
Austria, dove lasciò forse la sua migliore produzione, ritornò a Bergamo nel 1710 e lavorò soprattutto
nella provincia per dieci anni. Nel 1720 ritornò a
Lubiana accompagnato da uno dei suoi sette figli,
dei quali tre pittori. Nel 1715 aprì a Laino una scuola di pittura. Dopo il 1726 cessò la sua attività pittorica anche se diverse opere posteriori a questa data
portano la sua firma. Morì nel suo paese natale nel
1751.
Ma com’è la
villa oggi?
Questa invece gliela
possiamo far vedere noi.
Un momento! Che qui
vien giù tutto
Dai Thomas!
Scatta!!!
Alcune desolanti immagini della villa oggi: sopra il tetto di quella che un tempo doveva
essere la cappella privata. L’unica decorazione è costituita dalle piante infestanti che
stanno chiudendo, al posto del tetto crollato, la veduta del cielo. Qui sopra ciò che rimane del salone centrale e dello scalone nobile. A fianco una ortofoto attuale ci dà un’
idea del disastro in atto. Sotto alcune immagini dei ... resti delle strutture esterne.
IL FOTOGRAFO E IL FORESTALE
Meglio, andare
via tutti! Se c’è
ancora qualcuno!
Tre impressionanti foto del degrado totale degli edifici: sopra a sinistra e nel riquadro al centro
il tetto e i pavimenti crollati dell’ala est degli edifici rustici.
Qui sopra due pareti pericolanti del salone centrale a tre piani, un tempo completamente decorato
e affrescato con due ordini di ballatoi tutt’intorno. Non rimane più niente. Ciò che non fecero
l’incendio e lo scoppio, lo fecero ladri e vandali.
A sinistra ciò che rimane ancora visibile del muro della facciata del salone centrale con
gli elementi artistici e architettonici ormai aggrediti da rampicanti e arbusti infestanti.
A destra l’ala settentrionale
degli edifici rustici parzialmente crollata e in fondo l’ala
est della villa ormai completamente nascosta dalla vegetazione. E pensare che siamo in
pieno inverno!
Che rabbia! E’
tutto un rudere!
AG = agrifoglio
AM = acero maculato
AR = abete rosso
BS = bosso
CB = carpino bianco
CD = cedro atlantica
HS = ibisco
JS = juniperus sabina
IP = ippocastano
LC = leccio
LT = liriodendron tulipifera
MG = magnolia
E il parco?
NS = nespolo
PL = platano
PR = Pruno lauroceraso
OF = olea fragrans
OL = olivo
OM = olmo rosso
PD = pino domestico
PL = palma
TB = tiglio bianco
TO tuia orientale
TS = tiglio selvatico
TS = tasso baccata
Pruno
PRUNUS LAUROCERASUS L
Rosaceae
Pino domestico
PINUS PINEA L.
Pinaceae
PR
PL
NS
CB
CB
CB
CB
CB
CB
CB
CB
CB
CB
CB
CB
Intende la boscaglia selvaggia?
LT
TS
TS
LC
OM AM OM
PR
PR
TB
IP
IP
IP
IP
IP
IP
IP
IP
IP
IP
IP
IP
PD
JS
TO
TB
TB
AR
TB
AG
IP
IP
BS
BS
BS
MG
LC
BS
IP IP
IP
Il pino domestico è tipico delle zone mediterranee,
dove è diffuso come pianta ornamentale e coltivato per la produzione dei semi eduli (pinoli). Legato ad ambienti caldi e soleggiati, è poco esigente
per le condizioni del terreno, che sfrutta comunque in profondità con apparato radicale molto
sviluppato. Sul Tirreno e sull’Adriatico forma
estense pinete litoranee su substrati sabbiosi e
sulle dune costiere. Caratteristico il portamento
ad ombrello.
Descrizione
Foglie: sempreverdi, aghiformi, a due, lunghe 1012 cm, acute ma non pungenti.
Frutti: pigne subsferiche di 12 x 14 cm, con squame a sporgenza (ambone) piramidale; pigne solitarie o a coppie, di color bruno lucente. I semi
sono chiusi in un guscio legnoso, coperto da polvere violacea.
Corteccia: a placche bruno grigiastre, solcate.
IP IP
TB
LC
PR
O meglio i rovi?
E i rampicanti?
PR
HS
HS HS HS
OF
MG
CD
MG
OL
NS
W
NS
TS
LC
TS
HS
OL
HS
HS
CD
CD
PL
Una delle funzioni della villa è quella di luogo di svago e riposo, ovvero luogo di villeggiatura. A
tal fine era particolarmente curato lo spazio adibito a giardino o a parco. Un segno anche di distinzione, di separazione dai semplici contadini che potevano permettersi solo un piccolo orticello. Il parco, dove non si piantavano i comuni alberi del luogo, diventava il luogo per mostrare
piante mai viste, importate e alle volte esotiche. Il parco di villa Antonini, ormai completamente
trascurato da decenni, si è imboschito di vegetazione spontanea e infestante. La struttura originaria risale alla metà dell’Ottocento per opera degli Antonini, poi migliorato ai primi del Novecento
da Rodolfo Brunner. Alcuni degli alberi centenari sono morti, altri tagliati per legna da ardere,
come un platano di 400 anni. Ma la gran parte, come abbiamo cercato di ricostruire nella piantina
resiste agli acciacchi del tempo e all’incuria degli uomini. In questa ricostruzione è stato molto
prezioso l’aiuto di Alberto Zanolla, figlio e nipote dei due ultimi amministratori dei Brunner dal
1923 al 1967.
Olmo
ULMUS PUMILA
Ulmaceae
L’olmo è pianta originaria dell’Asia orientale,
introdotta in Italia nel secolo XVIII, si è molto
diffusa soprattutto per la resistenza nei confronti
di una malattia crittogamica, la graziosi dell’olmo. Questa è determinata da un fungo ed ha come
vettori coleotteri scolitidi, ed è causa della lenta
estinzione degli olmi europei nel loro areale. La
chioma globosa rende l’olmo siberiano particolarmente decorativo ed è per questo che si utilizza
per alberature stradali.
Descrizione
Foglie: piccole, di 5-8 cm, disposte a zig-zag sui
rami, ellittiche ed acute, a base quasi regolare.
Fiori: in fascetti ascellari, sessili, con calice e
corolla ridotti di colore rosso.
Fioritura: marzo-aprile.
Frutti: acheni alati (samare) molto piccoli (1 cm),
con seme al centro.
Corteccia: grigia, prima liscia, poi con screpolature scure.
Il Lauroceraso è originario dell’Europa orientale e dell’Asia minore, introdotto ad occidente nel XVI secolo, è attualmente una delle piante ornamentali più diffuse. Piccolo albero o più spesso arbusto vigoroso, si presta
soprattutto per siepi decorative fitte e molto alte. E una specie rustica,
molto adattabile al terreno e ai rigori del clima.
Descrizione
Foglie: sempreverdi, alterne sui rami; semplici, obovate lanceolate di 820 cm, di colore verde scuro e lucido superiormente, chiare sotto, margine
dentellato, picciolo breve e scanalato.
Fiori: infiorescenze a racemo erette di 8-12 cm con fiori appena peduncolati bianchi.
Fioritura: marzo-aprile.
Frutti: drupe nere, ovali, di 1 cm.
Corteccia: nera ruvida.
Particolarità
Tutta la pianta è velenosa, esclusa la polpa dei frutti, per la presenza di un principio che libera acido
cianidrico. Le foglie distillate danno uno sciroppo calmante della tosse.
Ulivo
OLEA
EUROPAEA
Oleaceae
L’olivo è caratteristico
delle
regioni che si affacciano sul Mediterraneo dov’è
coltivato intensamente per la produzione di olio;si
pensa che la sua zona d’origine coincidesse con
l’Asia Minore. Attualmente entra con le torme
selvatiche, nella costruzione della macchina mediterranea insieme a numerose altre specie sempreverdi. E’ legato a clima temperato caldo, mal sopportando i geli invernali. In Italia si spinge fino al
distretto dei laghi prealpini, lungo le coste liguri e
sulle colline orientali del Friuli. Sopporta la siccità e si adatta a qualsiasi terreno, purchè ben drenato.
Descrizione
Foglie: sempreverdi, opposte sui rami; semplici,
elittico lanceolate di 8cm circa, curiose, brevemente spicciolate; di colore sopra verde e sotto
grigio argenteo, con margine revoluto ( arrotolato
verso il basso).
Fiori: infiorescenze ascellari, rade e brevi; singoli
fiori con calice e corolla a quattro lobi.
Fioritura: moggio- giugno
Frutti: drupe ovoidali (olive) verdi e poi nere.
Corteccia: grigio chiara, col tempo rugosa.
Particolarità
L’olivo non è molto comune come pianta ornamentale, anche se la lenta crescita ne consente la
coltivazione in giardini di modeste dimensioni. La
chioma grigio-verde è molto decorativa, il legno è
bruno e variegato di scuro, molto apprezzato per
pavimenti e mobili.
Acero americano
ACER NEGUNDO
Aceraceae
L’acero americano proviene dalle regioni orientali del Nord America ed è coltivato in Europa, dove
ha una larghissima diffusione, dalla fine del XVII
secolo. E’ molto apprezzato per le caratteristiche
ornamentali del portamento e della chioma, che in
alcune varietà è screziata o gialla. Si presta per
formare alberature per la sua buon’adattabilità
alle condizioni urbane.
Descrizione
Foglie:decidue oppostesi rami, composte, imparipennate, lunghe anche 20 cm, formate da 3-7 foglioline ovali di 5 cm a margine dentato.
Fiori: piante a sessi separati; infiorescenze maschili a corimbo; infiorescenze femminili a grappolo, con i singoli fiori gialli, poco vistosi, ma
nell’insieme leggeri e decorativi.
Fioritura: aprile, i fiori maschili prima delle foglie.
Frutti: acheni alati saldati a coppie (disamare)
formati tra loro angolo acuto.
Corteccia: bruno grigia e solcata finemente.
Particolarità
Vengono spesso diffuse la varietà “aureum” con
foglie giallo-oro, ed ancor più la varietà
“variegatum”, con le foglie screziate di bianco.
Cedro dell'Atlante
CEDRUS ATLANTICA
Pinaceae
Abete rosso o Peccio
Il Cedrus atlantica dell'Atlante o africano è originario delMarocco e dell'Algeria.
Molto diffuso nella catena montuosa dell'Atlante, dove si trova nei versanti più
freschi a settentrione dai 1.500 ai 2.200 metri. Introdotto in Europa a metà del
XIX secolo, si trova spesso nei parchi soprattutto nella varietà glauca, molto ornamentale.
Descrizione
Allo stato spontaneo può raggiungere i 45 metri di altezza, mentre in coltivazione
in genere non supera i 30 metri. Portamento conico. Chioma eretta, rada e piramidale, espansa con l'età.
Tronco e corteccia: il tronco è diritto, cilindrico, con corteccia grigio-bruna, screpolata e fessurata.
Foglie: sono aghiformi, sempreverdi e durano due o tre anni. Quelle dei macroblasti sono singole e inserite a spirale intorno al ramo, mentre quelle dei brachiblasti sono riunite a ciuffi di 20-45 aghi. Gli aghi sono lunghi da 1,5 a 2,5 cm e più
corti di quelli del Cedro del Libano, rigidi e pungenti.
Fiori: i coni compaiono in autunno: quelli maschili, prima giallastri e poi bruni,
sono lunghi 3-4 centimetri, eretti e cadono dopo aver liberato il polline; quelli
femminili, lunghi poco più di un centimetro e di colore verdastro, impiegano due
anni a trasformarsi in pigne brune, a botte, erette che si disfano a maturità.
Particolarità
Come le altre specie di Cedro, Il Cedro dell'Atlante fornisce un legno pregiato,
che è durevole e profumato e viene usato per costruzioni, mobili, sculture e lavori
di ebanisteria; le piante vengono coltivate per ornamento soprattutto nella varietà
"glauca" a foglie grigio argentate.
PICEA ABIES
Pinaceae
L'Abete rosso o Peccio è originario delle
zone di clima boreale dell'Europa, dalle
Alpi Marittime attraverso l'Europa centro-settentrionale fino agli Urali. In Italia si incontrano
bellissime peccete lungo tutto l'arco alpino.
Descrizione
Dimensione: pianta a portamento conico-piramidale, regolare. Raggiunge altezze di
40-50 m.
Tronco e corteccia: il tronco è diritto, colonnare, largo alla base fino a 2 m, con
scorza da brunastra a grigiastra.
Foglie: le foglie aghiformi sono lunghe 1-3 cm inserite sul ramo secondo linee spirali. Gemme ovoidali-coniche, di circa 4 mm.
Fiori: I coni si sviluppano in primavera; quelli maschili gialli si trovano all’ascella
degli aghi laterali, i coni femminili in posizione terminale di un rosso-violaceo, inizialmente eretti; dopo l'impollinazione diventano penduli, si allungano fino a 15 cm
e a maturità sono di colore bruno chiaro quasi lucente.
Particolarità
E' un'essenza di grande impiego forestale e tecnico. Il suo legno di ottima qualità,
bianco-giallastro, tenero, viene utilizzato soprattutto nel settore edilizio. Grazie alle
sue eccezionali proprietà di risonanza, viene impiegato in liuteria per la costruzione
di tavole e casse armoniche per strumenti musicali.
Dalla resina si ricava la trementina impiegata nell'industria di vernici e in cosmetica.
Fico
FICUS
CARICA
Moraceae
Il fico è una pianta da frutto che vive spontanea nelle regione del bacino del
Mediterraneo, dove sono diffuse due varietà, una coltivata ed una selvatica detta anche caprifico. I frutti sono molto gustosi, dolci e nutrienti; si formano dalle
infiorescenze racchiuse nel ricettacolo carnoso che vengono impollinate da un
piccolo insetto imenottero( Blastophagapsenes). Il ciclo biologico di quest’ultimo si compie all’interno dei fichi selvatici ed è determinante per la impollinazione e quindi maturazione di quelli coltivati. Il fico è pianta molto frugale e
rustica che vive in qualsiasi ambiente, anche sui vecchi muri purchè in posizione solatia e riparata dal vento. Sopporta male potature e tagli ed i rami sono
molto fragili.
Descrizione
Foglie: decidue, alterne sui rami; semplici, profondamente palmato lobate di 20
e più cm, ruvide e pelose.
Fiori: infiorescenza di fiori ridotti contenuti nel ricettacolo carnoso e concavo a
forma di pera, aperto verso l’esterno con un piccolo pertugio
Fioritura: luglio
Frutti: i veri frutti sono quelli comunemente chiamati semi, presenti nell’infruttescenza, costituita dal ricettacolo carnoso da verde a violetto.
Corteccia: grigia, liscia
Particolarità
E’ coltivato in orti e giardini per i frutti, che sono pregiati per l’elevato contenuto di zuccheri; nella medicina sono usati come blando lassativo e per curare
malattie della pelle; il lattice che geme dai piccioli è efficace contro le verruche
Tuia orientale
THUJA ORIENTALIS
Cupressaceae
Descrizione
Foglie : sempreverdi, squamette disposte su 4 file sui rametti, colore verde scuro sulla pagina superiore e verde-giallastro su quella inferiore, ramuli disposti su un piano
orizzontale, per lo più penduli, se strofinate emanano un intenso profumo di frutta
(mela)
Fiori : unisessuali, piccole e apicali le maschili, prima gialle poi brune le femminili,
fioritura a mar/aprile
Frutti : strobili ovoidali di 10-15 mm formati da circa 10 squame che a maturità si
aprono a rosetta , squame arrotondate e prive di uncini
Portamento: altezza sino a 15 m
Particolarità
Pianta sempreverde ad accrescimento piuttosto lento. Originaria del nord America e
del Canada e introdotta in Europa nel secolo scorso a scopo ornamentale. Si adatta
meglio ai climi freddi, predilige terreni calcarei e argillosi e tollera discretamente gli
ambienti urbani. Legname durevole e resistente, di ottima qualità. Nonostante il loro
ottimo aroma, le foglie di tutte le specie di tuia sono velenose per la presenza del
tuione.
Tiglio
TILIA PLATYPHYLLOS (= Tilia europea L.)
Tiliaceae
Il tiglio nostrale è un magnifico albero che occupa un vasto areale centro europeo,
dove s’incontra poco frequente nei boschi di querce, castagno e faggio, fino a 1000
m. Il nome deriva dal greco e si riferisce alla caratteristica ala che accompagna i
fiori e poi i frutti. Tradizionalmente è pianta sacra ai popoli germanica e slavi, come
simbolo di fecondità; nelle piazze, nei luoghi di ritrovo, dove si svolgevano le fasi più
importanti della vita pubblica c’erano sempre piantati dei tigli.
Descrizione
Foglie: decidue, inserite alterne; semplici, cuoriformi, a base asimmetrica, mucronate di 10-20 cm a margine seghettato; sotto pelosette, piccolo peloso.
Fiori: infiorescenze a corimbo di 1-6 fiori, bianco crema a cinque petali liberi.
Fioritura: giugno.
Frutti: noci ovoidali appuntite, pelose; asse dell’infruttescenza (come del resto
dell’infiorescenza) fuso con una brattea fogliacea libera all’estremità.
Corteccia: grigio nera, rugosa.
Particolarità
Il tiglio è utilizzato come pianta ornamentale soprattutto lungo i viali, per la sua
adattabilità, la chioma decorativa e la profumata fioritura. Il legno bianco e tenero è
impiegato per piccoli oggetti intagliati e strumenti musicali. Ottimo il carbone, da
cui si ricava carboncino da disegno. E importante come pianta officinale, i fiori,
infatti, hanno proprietà sudorifere e rilassanti; da non trascurarsi l’interesse come
pianta mellifera.
Ippocastano
AESCULUS HIPPOCASTANUM L.
Hippocastanaceae
L’ippocastano è una specie spontanea nell’Europa orientale, dal Caucaso alla regione balcanica, dov’è diffuso nei boschi collinari e montani. Di specie rustica, è
adattabile a condizioni diverse di suolo e di clima.
Descrizione
Foglie: decidue, inserite opposte sui rami; composte, palmato sette, formate da 5-7
foglioline sessibili obovate, munite d’apice bruscamente acuto; margine doppiamente seghettato, picciolo di 20 cm. In autunno si colorano di giallo-bruno.
Particolarità
Il legno ha scarsi impieghi per la sua fragilità. I semi, ricchi di saponine e tannini
sono utilizzati in profumeria. Sono commestibili per gli animali da cortile ma non
per l’uomo.
Leccio
QUERCUS ILEX
Fagaceae
Questa bella quercia è spontanea nelle regioni a clima mediterraneo dove fa parte
della macchia sempreverde. Il leccio, albero longevo, adattabile a condizioni diverse di terreno, sopporta il gelo, purchè non troppo prolungato. Il nome specifico
ricorda la somiglianza delle foglie con quelle dell’agrifoglio.
Descrizione
Foglie: sempreverdi, alterne sui rami; semplici, curiose, ovali ellittiche di 3-7 cm;
acute, margine liscio o repando, sopra lucide e sotto grigie tormentose.
Fiori: infiorescenze pendule di 5-8 cm; fiori femminili solitari o a gruppetti ascellari con breve peduncolo
Fioritura: aprile - maggio
Frutti: ghiande ovali di 2-3 cm
Corteccia: bruno nera, ruvida
Particolarità
Il leccio è usato come pianta ornamentale per alberature. Nelle zone dov’è diffuso
spontaneo il legno, pesante e difficile da lavorare, è utilizzato come combustibile e
per produrre carbone di ottima qualità. Le ghiande sono apprezzato mangime per i
suini.
Tasso
TAXUS BACCATA
Famiglia: Taxaceae
Il Tasso (chiamato anche Albero della
morte) è originario dell'Eurasia e del
Nor-Africa. Si trova in Europa a nord
dalla Gran Bretagna e Scandinavia meridionale fino alla Penisola Iberica e al Mar Nero a sud ; nel Caucaso,
Asia Minore e Nord Africa. In Italia è presente soprattutto nei parchi e giardini, mentre allo stato spontaneo è poco comune tanto da essere considerato specie protetta in
alcune regioni.
Descrizione
Dimensione: può superare i 20 m di altezza; presenta una chioma di colore verde
molto cupo e di forma piramidale; a volte è un cespuglio policormico. Il Tasso è una
pianta molto longeva e può vivere anche 2000 anni.
Tronco e corteccia: presenta tronco diritto, con rami fin quasi dalla base; la scorza è
liscia, bruno-grigia, tendente a sfogliarsi in sottili e larghe placche.
Foglie: aghiformi, persistenti, lunghe fino a 3 cm, appiattite, verde scuro e un po'
lucente sopra, verde più chiaro con sfumature giallastre sotto, con apice acuto ma
non pungente; sono disposte su due file apparentemente regolari.
Fiori: il Tasso è una pianta dioica: le strutture riproduttive maschili sono piccoli coni
globosi poste nella parte inferiore dei rametti, quelle femminili sono isolate e alla
base delle foglioline. Il frutto è un arillocarpio, a forma di campana, rosso, mucillaginoso e zuccherino con il seme al centro; molto apprezzato dagli uccelli disseminatori.
Particolarità
Il legno, elastico e tenace, è durissimo e di grana molto fine: è molto usato nei lavori
al tornio e in ebanisteria. L'impiego principale del tasso è quello ornamentale e da
siepe. La corteccia del tasso e le foglie sono velenose; l'unica parte non velenosa della pianta è il frutto (non i semi) di cui si nutrono molte specie di uccelli.
Liriodendro o Albero dei Tulipani
LIRIODENDRON TULIPIFERA
Magnoliaceae
Comprende alberi di notevoli dimensioni (il liriodendrum tulipifera supera a volte i 30
m di altezza) con fiori a coppa simili esteriormente a quelli del tulipano.
Cresce nel Nordamerica orientale e in Asia, segnatamente in Cina . Il Liriodendro
cresceva anche in Europa prima delle glaciazioni.
Descrizione
Le foglie hanno una speciale forma quadrata lobata con apici, sono decidue, in autunno diventano giallo crema. I fiori grandi sono di un verde molto pallido e compaiono in giugno-luglio. I frutti secchi, lunghi 6-7 cm, ricordano delle pigne strette e piccole.
Particolarità
Viene piantato come albero ornamentale, anche in climi freddi (in Europa fino alla
Norvegia ). Il particolare aspetto delle foglie, dei fiori e della coloritura autunnale
consigliano il suo inserimento in un giardino in posizione centrale.
Palma
TRACHYCARPUS FORTUNEI
Palmaceae
Originaria della Birmania, Cina meridionale e Giappone, questa palma è stata diffusa dappertutto come
specie ornamentale poichè è quella che meglio si adatta ai climi temperati, sopportando temperature fino a –10° C. Particolarmente elegante il fusto con i resti fibrosi delle foglie e delle basi fogliari, di cui è ricoperto
quasi uniformemente.
Descrizione
Foglie: sempreverdi, a ventaglio di circa 80 cm di diametro, divise in più elementi
radiali piegati longitudinalmente; picciolo robusto, lungo spesso un metro e denticolato ai margini.
Fiori: infiorescenze a grappolo unisessuali portate tra le foglie, molto ramificate e
pendenti, lunghe oltre 50 cm, con asse ingrossato
Fioritura: maggio
Frutti: bacche sferiche nero - violette a maturità, prima brune, di 1 cm di diametro
Ginepro sabina
JUNIPERUS SABINA
E’ un arbusto cespuglioso prostrato o alberetto alto da 1 a 5 m,
con corteccia bruno-rossiccia,
foglie squamiformi, embricate, in
alcuni casi aghiformi, di colore
verde-cupo. I fiori sono insignificanti, unisessuali su piante diverse (monoiche), quelli maschili
riuniti in piccoli amenti, quelli femminili portati su piccoli peduncoli ricurvi. I frutti,
chiamati coccole, sono bacche globoso-ovali, pendule, nerastro-violacee a maturità,
contenenti piccoli semi ovali. È una pianta velenosa diffusa in luoghi soleggiati e
scoscesi delle zone montane dove viene coltivata spesso per il consolidamento del
terreno e come pianta ornamentale.
Carpino bianco
CARPINUS BETULUS
Corylaceae
E' una specie originaria dell'Europa meridionale ed orientale e di alcune regioni
asiatiche.
Descrizione
Dimensione: può raggiungere i 25 metri di altezza. Chioma verde scuro, compatta, a palchi orizzontali.
Tronco e corteccia: tronco diritto, costoluto, con corteccia sottile, liscia, di colore grigio scuro.
Foglie: foglie decidue, ovate, margine dentato, a inserzione alterna, lunghe fino a
10 cm.
Fiori: fiori unisessuali, i maschili in amenti, quelli femminili in spighe. Infruttescenze peduncolate, brunastre, formate da acheni alati con grande ala triloba.
Particolarità
Il legno chiaro del Carpino bianco, molto pesante e compatto, è utilizzato come
combustibile e in passato per la costruzione di attrezzi agricoli. E' impiegata
come specie di interesse forestale; apprezzata anche come essenza ornamentale e
di interesse paesaggistico perché rustica e adattabile a vari ambienti. Si adatta
bene alla realizzazione di siepi per la resistenza agli interventi cesori e per la
chioma fitta. In passato le foglie venivano utilizzate come foraggio.
Magnolia sempreverde
MAGNOLIA GRANDIFLORA
Magnouaceae
Questa specie è stata introdotta in Europa agli inizi del Settecento dall’America
dove vive nelle pianure umide delle regioni atlantiche fino al Golfo del Messico; ha
incontrato un’enorme fortuna come pianta ornamentale per le belle foglie e la fioritura vistosa e duratura. Albero esigente, richiede clima mite, buona esposizione al
riparo dal vento e suoli acidi.
Descrizione
Foglie: sempreverdi, alterne; semplici elittiche di 10-20 cm, brevemente picciolate,
coriacee, sopra verde scuro e lucide, sotto rugginose pelose; apice acuto e margine
liscio
Fiori: grandi, di 10-20 cm, bianchi, a grandi petali concavi
Fioritura: maggio - settembre
Frutti: infruttescenze ovali lunghe 7-10 cm, sorrette da un breve asse, formate da
numerosi acheni aranciati e squame verdi - porporine
Corteccia: grigio scura, liscia
In alto una recente ortofoto della villa tra i campi, la strada per Aiello e le case di
Cavenzano. Nel cerchio la macchia del parco che risalta e si distingue nel generale
appiattimento del riordino agrario della fine degli anni Sessanta. Si tratta di un patrimonio paesaggistico e ambientale in grave degrado. Nelle foto a lato, scattate in pieno inverno, quando i grandi carpini sono privi di foglie, ci si può ancor meglio rendere conto dello stato precario di questi centenari testimoni del tempo e del parco che
continuano resistere a ogni tipo di minaccia.
Che disastro!
Una veduta della situazione attuale del viale
alberato che attraversa in asse il parco fino al
cancello in fondo. I carpini non sono stati curati e alcuni sono pericolanti. Il sottobosco è
incolto e arbusti e vegetazione infestante stanno lentamente invadendo gli spazi ancora liberi.
A sinistra il viale dei carpini in un inverno
degli anni Cinquanta, da una foto di Alberto
Zanolla, e la facciata in una cartolina di inizio
Qui sopra la situazione della villa oggi sul lato settentrionale, quello del
Novecento; in fondo alla gotica galleria natuparco. Alberi e rampicanti hanno aggredito ciò che rimane dell’edificio
rale si intravede la luce del cancello.
Sala da ballo, casa di riposo di lusso, centro benessere e sportivo... o invece centro studi e di cultura? Che fare?
Non siamo in grado di fare proposte, non abbiamo competenze tecniche ne intuito di affari.
Emotivamente e affettivamente vogliamo salvare un angolo di storia e di cultura con la storia e la cultura. Quindi proponiamo un centro di cultura e d’istruzione
L’ Istituto è formato da 10 edifici scolastici, sparsi in cinque comuni e quattro frazioni: perchè non riunire nella posizione centrale di Cavenzano le scuole elementari e secondarie.
Non esiste nei comuni interessati una sala polifunzionale per concerti, teatro, mostre: perchè non far rivivere il salone centrale con questa destinazione?
Scuola secondaria di 1° grado
di Aiello - Joannis
Scuola secondaria di 1° grado
di Perteole - Ruda
Scuola primaria
di Aiello - Joannis
Scuola primaria
di Campolongo - Tapogliano
Protagonisti e interpreti: i ragazzi curiosi, la
divinità dell’aria, l’archeologo, il topografo,
il cicerone, lo storico, il notaio, l’architetto,
il capomastro, il muratore, il pittore, il fotografo e la guardia forestale.
Alcuni dei disegni per animare la storia: sopra
quelli di Emiliano, Noemi e Nicholas
Sotto quelli di Manuel e di Eleonora
Parco dietro la villa: nell’ex area del
campo da tennis sistemare una struttura non muraria per la palestra.
Salone centrale a due piani: teatro auditorium e aula multimediale
Salone centrale a tre piani:
auditoriom con due gallerie
Ala est: tre piani
Scuola secondaria
6 aule
Casa fattore: tre piani
Scuola secondaria
1 aula e 2 laboratori
Ala del rustico: due piani
con soffitta
Mense e cucina d’Istituto
Ghiacciaia: Laboratorio di fotografia
Lisciaia e porcillaie:
Centrale termica e
ricovero attrezzature
orto giardino
Ala ovest: tre piani
Scuola secondaria
4 aule e 2 laboratori
Soffitta ala est del
rustico e torretta:
eventuale utilizzo
come spazio espositivo ed espressivo oppure ludico - didattico
LA PROPOSTA
Non intendiamo entrare
in dati tecnici, economici e gestionali. In 50 anni di abbandono neanche gli specialisti hanno
saputo trovare una soluzione. Ma da ragazzi
proponiamo un’idea che
pensiamo rispetti la storia del posto, la valorizzi e in qualche maniera
la continui nel futuro.
Se si tratta di un sogno,
rimarrà tale.
La grande esposizione
a sud della superfice
dei tetti suggerisce
l’installazione dei panelli fotovoltaici per
una certa autonomia
energetica dell’intero
complesso
Stalle, fienile, granaio,
abitazione colono: due piani
Uffici di segreteria, amministrazione e presidenza, archivio e biblioteca di Istituto
Officina e piccionaia
Area espositiva
o ludico - didattica
Ala est del rustico: tre piani
Scuola primaria: 10 aule, 3 laboratori
e una piccola palestra
Foto aerea del settembre 1994 gentilmente fornita da
Livio Avia di Campolongo. Confrontata con le altre
foto e ortofoto del 2006 e del 2009 la situazione risulta
molto deteriorata per i crolli e per l’aggressione della
vegetazione infestante