Blaise Pascal Note biografiche Blaise Pascal nacque a Clermont Ferrand nel 1623, ma trascorse la maggior parte della sua vita a Parigi. Uno scienziato genio precoce, Pascal compone a 11 anni un piccolo trattato sull’acustica, a 12 anni riscopre da solo la geometria euclidea, a 16 anni pubblica un trattato sulle coniche. A 18 anni egli concepisce e realizza la macchina aritmetica, l’antenata della calcolatrice. Da allora egli diventa uno scienziato affermato: frequenta i circoli degli scienziati e corrisponde coi più illustri di essi. Scrive ancora un trattato sul vuoto (Sulla pesantezza della massa d'aria, 1651 e Sull'equilibrio dei liquidi, 1652). L’interesse per la scienza non lo abbandono’ mai: la teoria della roulette, il calcolo delle probabilità e altre invenzioni occuparono gli ultimi anni della sua vita. "Mio fratello nacque a Clermont Ferrand, il 19 giugno dell'anno 1623. A tre anni rimase orfano di madre… Da quando ebbe l'età di poter parlare... diede segni di una intelligenza del tutto straordinaria... Questo inizio... non si smentì mai; infatti, via via che cresceva in età, egli cresceva nella forza del ragionamento, di modo che era molto al di sopra della sua età" … così comincia la splendida biografia di Blaise Pascal scritta dalla sorella maggiore Gilberte; si tratta di parole che non hanno perso niente della loro incisività e verità: ancora oggi. Pascal si presenta come uno dei geni più folgoranti della storia del pensiero occidentale. Intelligenza acuta e poliedrica, matematico e fisico eccelso, scrittore dallo stile cristallino, egli, nel volgere di un'esistenza breve (morì appena trentanovenne nel 1662), è stato in grado di lasciare una traccia indelebile anche nel campo della riflessione etico-religiosa, proponendo Pensieri (questo il celeberrimo titolo della sua opera maggiore, che raccoglie materiali diversi che l'autore si riprometteva di organizzare più compiutamente) sulla condizione umana e sulla fede cristiana. Tra giansenismo e mondanità Subendo l’influenza di due gentiluomini giansenisti che curavano suo padre malato, Pascal diventa giansenista e trascina nella devozione anche sua sorella Jacqueline. Ma la perdita di suo padre nel 1651, e l’allontanamento di sua sorella, la quale decide di entrare a Port-Royal, lo portano per un po’ di tempo a fare una vita mondana. Dal 1651 al 1654, Pascal frequenta i salotti colti, incontra persone brillanti, raffinate, ma spesso indifferenti e libertine in materia religiosa. 1654: in uno scritto del 23 novembre 1654 che fu trovato dopo la sua morte cucito nel vestito ci ha lasciato il documento dell’illuminazione che si fece del suo spirito. Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Non dei filosofi e degli scienziati. Certezza, certezza, sentimento, gioia, pace. Dio di Gesu’ Cristo. Da quel momento Pascal entro’ a far parte dei solitari di Port-Royal, una comunita’ religiosa, fondata nel 1636 dall’abate di Saint Cyran, priva di regole determinate, i cui membri si dedicavano alla meditazione, allo studio e all’insegnamento. Qui si erano affermate le tesi del teologo olandese Cornelis Jansen e che ebbe notevole diffusione in Francia. Le idee del vescovo furono raccolte nell’ Augustinus (pubblicato postumo nel 1640) come un tentativo di riforma cattolica mediante un ritorno alle tesi fondamentali di Agostino. Per Giansenio il peccato originale aveva tolto all’uomo la liberta’ di volere, rendendolo incapace del bene. Dio concede solo agli eletti, per i meriti di cristo, la grazia della salvezza. Queste tesi erano contrapposte alla rilassatezza della morale ecclesiastica, specie dei gesuiti, secondo la quale la salvezza e’ sempre alla portata dell’uomo poiché costui possiede quella grazia sufficiente che se suffragata dalla buona volontà può condurlo alla salvezza. I gesuiti avevano adottato questa tesi dello spagnolo Luis Molina a fondamento della loro pratica di proselitismo per conservare nella Chiesa quanti più possibile. Nel 1653 Papa Innocenzo X condanno’ 5 proposizioni nelle quali la Facolta’ teologica di Parigi aveva condensato la dottrina di Giansenio. Nel 1656 anche Pascal entro’ nella disputa pubblicando la prima della “Lettera scritta a un provinciale da uno dei suoi amici intorno alle dispute attuali della Sorbona” Ne seguirono altre 17 che costituiscono uno dei capolavori di profondità e umorismo di Pascal. In esse egli critica la prassi gesuitica accomodante e permissiva. Nell’ultima lettera Pascal ribadisce la dottrina agostiniana della grazia. Tra Lutero e Calvino per i quali l’uomo non contribuisce in alcun modo alla sua salvezza e Molina che non vuole ammettere che la cooperazione umana e’ dovuta ala stessa forza della grazia, secondo Pascal bisogna riconoscere con Agostino che le nostre azioni sono nostre a causa del libero arbitrio che le produce; ma sono anche di Dio, a causa della sua grazia, la quale fa sì che il nostro arbitrio le produca. Mentre pubblicava le “Provinciali” Pascal lavorava anche a una Apologia del Cristianesimo che avrebbe dovuto essere la sua grande opera. Ma la morte lo colse il 19 agosto del 1662, a soli 39 anni. Gli amici di Port Royal pubblicarono postuma l’opera nel 1669 con il titolo di “Pensieri”. [I “Pensieri” non furono ordinati dall'autore a causa della morte precoce. Conosciamo diverse approcci editorial i: il primo tipo è quello che intende classificare i testi in modo da permetterne una lettura sistematica; il secondo tipo quello che intende ricostruire il piano che Pascal aveva in mente per la sua Apologia; infine, il terzo tipo è di stampo più obiettivo e filologico. Al primo tipo appartiene l'edizione originaria fatta appena dopo la morte di Pascal dai suoi amici dell'abbazia di Port-Royal; altra edizione di questo tipo è l'edizione Brunschvicg; al secondo tipo appartiene invece la più celebre edizione curata da Jacques Chevalier.] Al centro dell'indagine filosofica di Pascal sta l'uomo: un uomo non astrattamente inteso, ma che è "cuore" oltre che ragione, è enigma a se stesso, è, nel medesimo tempo, grandezza e miseria. La prima questione per Pascal e’ il senso della vita: Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa sia io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell’universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo d questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po’ di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un’ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare (Pensieri, 194, numerazione Brunschvicg) In questa situazione, contrassegnata dall'incertezza sulla propria sorte, l'individuo preferisce spesso rifugiarsi nel divertimento e nella distrazione, tentando inutilmente di dimenticare il dramma del vivere; con particolare lucidità Pascal descrive lo stordimento a cui gli uomini si consegnano per non pensare ai sofferti interrogativi e ai gravi problemi della vita, dedicando scioccamente le loro migliori energie ad attività futili, quali, per esempio, le cacce, i tornei e le feste mondane. Diverrtissement = oblio e stordimento di se’ “Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici”. (fr. 168). La noia rivela all’uomo la sua insufficienza e la sua strutturale miseria “Non stiamo mai nei limiti del tempo presente. Anticipiamo l’avvenire come se fosse troppo lento ad arrivare, quasi per affrettare il suo corso; oppure rievochiamo il passato per fermarlo; quasi troppo precipitoso; siamo così imprudenti da scorazzare in tempi che non ci appartengono e da non pensare all’unico tempo che ci appartiene; siamo così fatui da sognare i tempi che non esistono più e da fuggire senza riflettervi, il solo che sussiste. Perché, di solito, il presente ci tormenta. […] Per questo, non viviamo mai, ma speriamo di vivere; e, disponendoci sempre a essere felici, è inevitabile che non lo diverremo giammai.” (fr. 172) L'uomo, al contrario, deve avere il coraggio di accettare la propria condizione, di guardarsi dentro, attraverso uno sforzo di introspezione per il quale non è sufficiente il sapere scientifico (che Pascal tenne comunque in grande considerazione): così facendo, scoprirà la sua miseria, la sua debolezza, il suo limite; ma proprio grazie a questo riconoscimento, che è frutto di ragione e di sentimento insieme (di quella particolare facoltà intuitiva, cioè, che egli chiamò "spirito di finezza"), l'uomo potrà intraprendere la strada della verità e della liberazione perchè avrà compreso di essere radicalmente bisognoso di una salvezza che soltanto Dio gli può donare. Limiti strutturali della scienza: 1. primo limite è l’esperienza. Pascal è galileianamente e anticartesianamente fautore del metodo sperimentale. I poteri della ragione non sono mai assoluti come invece si credeva nel deduzionismo aprioristico dei cartesiani; secondo limite è l’indimostrabilità dei principi primi della scienza (spazio, tempo, movimento) che sfuggono al ragionamento. Terzo limite della ragione e della scienza è l'impotenza di fronte ai problemi esistenziali Alla ragione scientifica e dimostrativa Pascal oppone come via d’accesso all’uomo la comprensione istintiva o del cuore per cui contrappone: l'esprit de géométrie che ha per oggetto le realtà fisiche e gli enti astratti della matematica; procede in modo discorsivo e dimostrativo; l'esprit de finesse che ha per oggetto specifico l'uomo e le realtà morali e religiose; si fonda sul cuore, sul sentimento e sull'intuito. I limiti della filosofia L'esistenza di Dio è indimostrabile. L'ordine e la e meraviglie del creato non mostrano di per sé l'esistenza di Dio. Per Pascal l'esistenza di un Dio è oscura e problematica. Inoltre le prove metafisiche dell'esistenza soffrono il limite di giungere a una divinità astratta, puro ente di ragione. Il Dio dei Cristiani non è semplicemente un Dio autore delle verità matematiche e dell'ordine cosmico: come quello dei pagani e degli epicurei... Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, è un Dio di amore e di consolazione: un Dio che riempie l'anima e il cuore di coloro che possiede. [fr. 556] La medietà dell'uomo Pascal propone la tesi della medietà dell'uomo, ne è prova la sua stessa dislocazione spaziale nel cosmo: compreso tra l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, tra il tutto e il nulla. Tale medietà si riscontra sia sul piano della conoscenza, per cui l'uomo è una via di mezzo tra l'ignoranza assoluta e la scienza assoluta, avendo un desiderio illimitato di conoscere e vivendo nell'impossibilità di cogliere il principio e il fine delle cose, sia sul piano pratico, essendo inetto a realizzare il bene e ottenere la felicità. Questa medietà determina uno scarto incolmabile tra aspirazione e realtà. Questa compresenza di miseria e di grandezza fanno dell'uomo un “mostro incomprensibile” “... giudice di tutte le cose e debole verme della terra, depositario della verità e cloaca d'incertezza e d'errore, gloria e rifiuto dell'universo: Chi sbroglierà questo garbuglio ?” [fr. 434] L'errore delle filosofia è quello dp'aver oscillato tra la celebrazione della grandezza come nei dogmatici, e la puntualizzazione della sua miseria come negli scettici. La filosofia fallisce anche nello stabilire i principi pratici e politici. Ciò risulta evidente si si pensa che l'uomo non è riuscito a elaborare un'etica immutabile e universale. “Nulla si vede di giusto o d'ingiusto che non muti col mutar del clima. Tre gradi di latitudine sovvertono la giurisprudenza; un meridiano decide della verità; nel giro di pochi anni le leggi fondamentali cambiano; il diritto ha le sue epoche … Singolare giustizia, che ha come confine un fiume! Verità di qua dei Pirenei, errore di là … Il furto l'incesto, l'uccisione dei figli o dei padri, tutto ha trovato posto tra le azioni virtuose. Si può dar cosa più spassosa di questa: che un uomo abbia il diritto di ammazzarmi solo perchè abita sull'altra riva del fiume e il suo sovrano è in lite col mio, sebbene io non lo sia con lui? “ [fr. 294] Anche i principi universali del comportamento non sono altro che frutto di convenzione, di abitudine, di storia, di interesse, di forza o d'arbitrio. La ragione con le sue solo forze non è in grado di fondare solide norme comportamentali. La “ragionevolezza” del Cristianesimo La filosofia di Pascal può essere qualificata come la filosofia della impotenza della filosofia. Ma l'uomo può essere soccorso dal cristianesimo, visto come messaggio sovrarazionale, ma in grado di risolvere i nodi che la ragione da sola non è in grado di sciogliere. Il peccato originale spiega che l'uomo non è come dovrebbe essere e che risulta privo di un qualcosa che un giorno deve aver posseduto. Spiega inoltre la inquietudine dell'uomo che è nato per l'infinito, in quanto creato da Dio, che cerca vanamente nel finito la soddisfazione del suo desiderio di felicità. La scommessa su Dio L'uomo deve scegliere tra il vivere come se Dio ci fosse e il vivere come se Dio non ci fosse né può sottrarsi a questa scelta perché non scegliere è già una scelta. §164. Se c'è un Dio, è infinitamente incomprensibile, perché, non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi. [...]"Dio esiste o no?" Ma da qual parte inclineremo? La ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito. All'estremità di quella distanza infinita si gioca un gioco in cui uscirà testa o croce. Su quale dei due puntare? Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due. Non accusate, dunque, di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla. Scommettendo su Dio a. se Dio esiste si guadagna la beatitudine eterna b. se Dio non esiste si perdono i piaceri del mondo che sono passeggeri Scommettendo contro Dio a. se Dio esiste si perde tutto b. se Dio non esiste si guadagnano soltanto i piaceri del mondo Trovato Dio, anche la morale diventa qualcosa di solido e stabile perché i suoi precetti vengono derivati dall'amor di Dio e fondati su di esso.