Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles PSICOLOGIA DELLA TESTIMONIANZA: IL CASO MARTA RUSSO Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche Relatore: Dott.ssa Roberta Frison Tesista specializzando: Dott.ssa Palopoli Cinzia Anno di corso: Secondo Modena, 10 – 06 – 2007 Anno accademico 2006-2007 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 INDICE INTRODUZIONE Cap. 1. pag. 5 PSICOLOGIA DELLA TESTIMONIANZA 1. Il processo testimoniale pag. 8 2. Fissazione percettiva pag. 9 3. Conservazione mnestica pag. 11 4. Rievocazione espressiva pag. 14 5. Caratteristiche del teste. Cause di orrore del processo testimoniale pag. 15 6. Considerazioni generali pag. 16 7. Ma quanto è affidabile la memoria, e quali sono i limiti di una testimonianza oculare? pag. 17 Sino a che punto possiamo fidarci della nostra memoria? Quali sono i limiti di una testimonianza oculare? Come si dovrebbe raccogliere una testimonianza? Quali disfunzioni della memoria sono tra le più comuni? 8. Testimone e Testimonianza pag. 19 9. La relazione esistente tra memoria e testimonianza pag. 21 10. Nella memoria a lungo termine si possono inserire scene completamente false pag. 24 11. L'intervista cognitiva e la testimonianza pag. 26 12. Conclusioni pag. 27 Cap. 2. IL CASO MARTA RUSSO 1. Premessa pag. 29 2. Presentazione del caso pag. 31 2 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 3. Personalità dei testimoni pag. 39 Maria Chiara Lipari La "superteste" (o meglio la "supercoimputata") Gabriella Alletto Francesco Liparota Rosangela Villella Giuliana Olzai 4. In Corte D’appello pag. 45 5. Le Sentenze pag. 46 6. Le Perizie e gli accertamenti fattuali pag. 47 I residui di sparo La traiettoria del proiettile La provenienza del proiettile e quella del rumore La valutazione esatta dei tempi L'ora dello sparo Cap. 3. VALUTAZIONE DEGLI ATTI DEL PROCESSO Dichiarazioni rese da Maria Chiara Lipari alla Polizia ed al Pubblico MinisteroIntercettazioni telefoniche sull’utenza in uso alla Lipari e Tabulati Telecom ed Università 1. Interrogatorio del 21 maggio 1997, ore 16.15-19.30 pag. 51 2. Interrogatorio del 21 maggio 1997, inizio ore 22.30 pag. 52 3. Interrogatorio del 22 maggio 1997 pag. 54 4. Le telefonate pag. 56 5. Interrogatorio del 26 maggio 1997 pag. 57 6. Interrogatorio del 27 maggio 1997 pag. 58 7. Confronto Lipari, Liparota Francesco e Liparota Fabio del 13 giugno 1997 pag. 59 8. Le telefonate pag. 59 9. Confronto fra Alletto e Lipari del 13 giugno pag. 60 10. Interrogatorio del 19 giugno 1997 pag. 60 11. Interrogatorio del 8 agosto 1997 pag. 61 3 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 12. Lo sparo pag. 61 13. L’identificazione in aula Assistenti della persona dal viso pallido pag. 62 14. Il probabile riconoscimento di Scattone pag. 63 15. L’identificazione di Alletto e Liparota pag. 63 16. L’errata identificazione di Mancini pag. 64 17. Le guerre sulla memoria pag. 65 18. Da omicidio colposo a omicidio volontario e viceversa pag. 68 19. Riassumendo pag. 70 CONCLUSIONI pag. 72 BIBLIOGRAFIA pag. 75 SITOGRAFIA pag. 76 4 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 INTRODUZIONE Testimonianze personali e vividi aneddoti rappresentano una delle più popolari e apparentemente convincenti forme di “prove” addotte a favore di credenze trascendentali, occulte e pseudoscientifiche. 1 Ciò nondimeno aneddoti e testimonianze dirette hanno valore quasi nullo al fine di stabilire l’effettiva probabilità delle affermazioni che intendono sostenere. La testimonianza per “esperienza personale” in questioni paranormali e soprannaturali non ha valore scientifico: se altri non avranno la stessa esperienza nelle stesse condizioni, allora non vi sarà alcun modo di verificare l’accaduto. E se non vi è modo di verificare le affermazioni fatte, non si potrà nemmeno giudicare se l’esperienza in sé è stata una mera illusione o se invece era stata interpretata correttamente. Ma se racconti del genere non sono attendibili, come mai risultano tanto popolari o convincenti?? Le ragioni possono essere molteplici. Le testimonianze sono spesso vivide e dettagliate, il che le rende credibili all’apparenza. Sono spesso addotte da gente molto entusiasta, che sembra onesta e affidabile, senza motivi verosimili per volerci ingannare. Infine, le testimonianze risultano credibili perché molta gente vuole crederci, nonostante non abbiano alcun valore di per sé qualora non siano verificabili in qualche modo. Da sempre nel grande circo della vita, tutti, a turno, passiamo dal ruolo degli ingannatori a quello degli ingannati in un continuo alternarsi di situazioni che ci pone nella paradossale necessità di dover acquisire una doppia e contrastante competenza: saper mentire e saper riconoscere la menzogna altrui. D’altronde se mentire e mentirsi sono funzionali all’adattamento, saperlo fare, saper scoprire chi lo fa diventano abilità sociali necessarie per l’interazione umana.2 Scoprire le menzogne è però un compito assai arduo e difficile anche se, a seconda delle situazioni in cui ci troviamo, la presenza di indici esterni (che ci permettono di avere dei riscontri fattuali) o la loro assenza (che ci costringe ad analizzare il “come” una menzogna viene detta - comportamento non verbale - e il 1 http://italiano.skepdic.com/contents.html Gullotta G., De Cataldo, Neuburger L., (1996), Trattato della menzogna e dell’inganno, Giuffrè, Milano. 2 5 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 “cosa” viene detto - analisi verbale) ci possono aiutare nel discernere la sincerità dalla menzogna. Saper mentire significa in altre parole, essere capaci di padroneggiare tutta una serie di parametri, verbali e non verbali, che sono coinvolti nel progetto di inganno che si vuole mettere in atto; saper scoprire la menzogna significa di conseguenza essere capaci di conoscere, cogliere, decifrare questi parametri. La letteratura ha rivolto un notevole interesse allo studio della menzogna e dell’inganno, sia nell’ambito della psicologia sociale, ma soprattutto nell’ambito della psicologia giuridica e criminale. Un numero esiguo di studi si è focalizzato, sullo studio di potenziali indizi verbali di menzogna. Gli indizi verbali di menzogna, infatti, possono avere una particolare rilevanza in ambito forense in cui spesso l’unica prova disponibile consiste proprio nelle affermazioni in conflitto del querelante e dell’accusato. Futuri sviluppi negli studi sugli indizi verbali della menzogna potrebbero diventare un importante strumento di valutazione, soprattutto in ambito giuridicoforense, in cui è possibile trovarsi nella situazione di avere come unico elemento di prova disponibile un’affermazione o un resoconto della vittima o del sospettato; oppure in cui è possibile trovarsi a dover valutare l’esposizione di un parere, (contemplato dal codice di procedura penale) nell’intervento dei Periti e dei Consulenti Tecnici. La ricerca di indizi verbali dovrebbe in conclusione essere sviluppata al fine di agevolare la difficile, e in alcuni casi delicata, impresa di valutazione della credibilità. Il presente lavoro nasce da un desiderio di poter esprimere un umile parere sull’affidabilità della memoria di Maria Chiara Lipari nel processo per l’omicidio di Marta Russo, mettendo in guardia sull’affidabilità della memoria ottenuta non dal ricordo diretto ed immediato di eventi da poco accaduti, ma partendo dall’assenza o dalla vaghezza di ricordi e procedendo con tentativi di ricostruzione e di recupero. Per stendere questo lavoro ho utilizzato le dichiarazioni rese dalla Lipari alla Polizia ed al Pubblico Ministero tra il 21 maggio e l’otto agosto 1997, le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche sull’utenza in uso alla Lipari, le trascrizioni dell’esame reso dalla Lipari dinanzi alla Corte d’Assise nelle sedute del 13 e 14 luglio 1998 ed i tabulati delle telefonate in uscita dalla Sala Assistenti del 9 maggio 1997 forniti sia dal centralino dell’Università sia dalla Telecom. 6 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 È noto da tempo che le memorie ricostruite possono essere false. Tuttavia, negli ultimi dieci anni si è assistito ad un rinnovato interesse scientifico sull’argomento per meglio documentare i limiti di tali memorie e metterle in relazione con i meccanismi nervosi che sono alla base di tali processi. Pertanto, è ora più chiaro quali siano i ricordi più affidabili e quelli sui quali si può fare meno affidamento. Alcune memorie possono risultare distorte o addirittura si possano impiantare nel nostro cervello delle memorie completamente false.3 Prima di procedere all’analisi del caso, ritengo utile esporre alcune fondamentali nozioni scientifiche sulla psicologia della testimonianza, su come la memoria si forma e su come si evocano i ricordi. 3 Loftus E. (1997) Come si creano i falsi ricordi. Le Scienze (Edizione italiana di Scientific American). 7 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 CAPITOLO 1 PSICOLOGIA DELLA TESTIMONIANZA 1. Il processo testimoniale La testimonianza può essere definita come la riproduzione orale o scritta di contenuti mnemonici, che si riferiscono ad una particolare esperienza o avvenimento precedente. In base a questa definizione, la situazione testimoniale può essere considerata molto frequente, dato che spesso ci si trova coinvolti in essa come attori o come giudici. Lo studio psicologico del processo testimoniale presenta, perciò, un’utilità specifica legata alla possibilità di conoscere le fonti di interferenza e le deformazioni più frequenti, che possono portare a discrepanze tra la realtà obiettiva dei fatti e la loro rievocazione da parte del testimone. I testimoni, come disse Bentham, «sono gli occhi e gli orecchi della giustizia», ed è quindi giustificato l'interesse della psicologia giudiziaria per il processo testimoniale. Fin dagli inizi della psicologia scientifica i lavori sperimentali si indirizzarono verso argomenti importanti per la testimonianza, quali la memoria, ma dall'inizio del secolo l'interesse si acuì sul tema della testimonianza. La testimonianza è condizionata da vari processi psichici, che entrano in azione quando il futuro testimone si trova ad osservare un fatto - o ne viene comunque a conoscenza - e termina con la rievocazione del fatto stesso. Va rilevato che esiste una profonda differenza tra l'aver osservato direttamente il fatto (testimonianza di primo grado) e l'esserne venuti a conoscenza indirettamente attraverso narrazioni di altri (testimonianza di secondo grado). Nelle testimonianze di secondo grado il testimone, generalmente, fa riferimento alla rappresentazione che si è fatta di quanto è accaduto in base alla narrazione udita, e deforma, quindi, notevolmente, il fatto che gli hanno narrato. Della narrazione obiettiva, in genere, il teste ricorda molto poco, in quanto tende a mantenere vivo in se stesso solo il significato soggettivo che le ha attribuito. Per tali ragioni la testimonianza di 2° grado ha un valore estremamente limitato ed alcuni sistemi procedurali la rifiutano. Il processo testimoniale inizia sempre con 8 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 una percezione (conoscenza e fissazione del fatto) e termina con una rievocazione espressiva del fatto stesso. Tra queste due fasi intercorre un periodo più o meno lungo di conservazione mnestica del ricordo dei fenomeni percepiti. Le attività percettiva, mnestica ed espressiva sono quindi le funzioni psicologiche di base, costituenti il processo testimoniale. II contenuto della deposizione deve essere considerato «come qualcosa che non può mai essere pura riproduzione fotografica di un fatto obiettivo, ma è sempre il prodotto di una molteplicità di coefficienti: in parte soltanto dati dagli elementi di quel fatto obiettivo, ma in parte costituiti dalla natura stessa della personalità psichica del testimonio, e da tutti gli elementi esteriori che hanno agito nel passato e che attualmente agiscono sul testimonio stesso»4. Ogni testimonianza è, pertanto, in misura più o meno cospicua, una deformazione della realtà. Il processo testimoniale comprende tre fasi principali: a) fase di fissazione percettiva; b) fase di conservazione mnestica; c) fase di rievocazione espressiva. In ciascuna di queste fasi agiscono elementi esteriori e fattori personali, che distorcono il contenuto testimoniale in misura più o meno rilevante rispetto alla realtà obiettiva. 2. Fissazione percettiva La percezione (che rappresenta il processo psicologico per mezzo del quale l'individuo viene a conoscere una realtà esterna) è un fenomeno attivo, costituito da un'azione selettiva del soggetto sui dati forniti dai diversi organi sensoriali. Ciò spiega, in base a fattori psicologici, la maggior parte delle deviazioni che si verificano in questa fase. E' tuttavia necessario non trascurare il possibile ruolo di fattori fisici e fisiologici.5 I «fattori fisici di inadeguatezza percettiva» - legati alle condizioni fisiche in cui il fatto si è svolto (luminosità, distanza, rapidità, … ecc.) e quelli fisiologici - cioè l'acuità sensoriale o eventuali deficit sensoriali, la stanchezza e l'età del teste, 4 5 Musatti C. L.: Elementi di psicologia della testimonianza, CEDAM, Padova, 1931. Musatti C. L.: Elementi di psicologia della testimonianza, CEDAM, Padova, 1931. 9 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 agiscono in casi determinati e sono rilevabili in genere a posteriori in modo obiettivo, con la conseguente possibilità di tenerne conto nella valutazione della testimonianza. I fattori psicologici, invece, essendo legati all'atteggiamento assunto da ciascun soggetto all'atto della percezione, sono, influenzanti e più pericolosi ai fini dell'obiettività della testimonianza. A titolo di esempio, ricorderemo alcuni fattori fisici, generalmente trascurati o poco noti, che sono di particolare importanza nel processo testimoniale. La visione notturna, ad esempio, è notevolmente ridotta. Anche con una luna piena e senza nubi, è impossibile riconoscere un individuo ad una distanza superiore ai 10-11 metri. Nella luce del giorno la distanza massima di visibilità arriva, invece, ai 40-50 metri. L’identificazione di colori perde della sua precisione quando l'illuminazione non è sufficientemente forte. Inoltre l'occhio, normalmente, non distingue i colori ai margini del campo visivo. Alcune percezioni più complesse - quali quelle del tempo - sono meno note. Sappiamo, ad esempio, che nella valutazione del tempo trascorso tra due avvenimenti gioca un ruolo fondamentale ciò che il soggetto sta facendo in quel momento: se è occupato e interessato alla sua attività, il tempo trascorrerà più rapidamente. Non è certo questa la sede per approfondire il vasto tema della percezione per tutto quanto concerne le leggi psicologiche generali del processo percettivo. Mi limiterò, perciò, a ricordare alcuni fattori psicologici di maggiore importanza specifica per il processo testimoniale. Rilevante è il fenomeno generale di semplificazione percettiva, che provoca la «riduzione delle varietà qualitative e quantitative» degli elementi costituenti la scena. L'atteggiamento attentivo del soggetto ha un’evidente importanza: il soggetto poco attento percepisce male la scena e quindi la fissa male; d'altra parte, concentrare l'attenzione su di un solo elemento di una scena complessa fa trascurare tutti gli altri elementi e li fa percepire confusamente. Non è possibile, in pratica, prestare attenzione contemporaneamente a più cose diverse. L'attenzione è facilitata da una forte carica emotiva in senso piacevole o spiacevole, eventualmente presentata dall'oggetto stesso. Ciò può spiegare come determinati soggetti, di fronte a scene particolarmente emotive, non riescano a fissare gli elementi del fatto in sè, mentre fissano benissimo particolari marginali 10 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 o estranei, a volte insignificanti ai fini dell'economia generale della scena complessiva. L'atteggiamento conoscitivo del soggetto è condizionato dalla sua esperienza precedente e dall'azione assimilativa di essa sulla esperienza presente. L'aspettativa e la tendenza ad attribuire un significato immediato al dato percettivo possono divenire fattori di inadeguatezza percettiva. «Quando una persona si aspetta che una situazione presenti determinate caratteristiche come nel caso della Lipari), è facile che la situazione reale sia vissuta percettivamente con alterazioni tali da corrispondere alla sua aspettativa». Ogni situazione, poi, « tende ad adeguarsi nei suoi particolari concreti al significato che in essa è vissuto, mediante una trasformazione o soppressione dei dati che non vi corrispondono ». 6 L'atteggiamento affettivo-emotivo del soggetto nei riguardi della scena è forse il più importante fattore di deformazione della realtà. Gli interessi sono manifestazioni dei nostri atteggiamenti affettivi, ed anch'essi, di conseguenza, avranno grande importanza quali fattori influenzanti la percezione. Agli elementi che interessano maggiormente rivolgiamo, in genere, più attenzione, con conseguente migliore fissazione. In generale, le persone ci interessano più delle cose, i dati visivi più di quelli di altri campi sensoriali. Anche l'atteggiamento emotivo del teste all'atto della percezione ha notevole importanza: spesso il soggetto trasferisce sullo stimolo, affettivamente neutro, le situazioni emotive che sta vivendo. 3. Conservazione mnestica Ciò che è stato percepito subisce ulteriori trasformazioni nel periodo di tempo che segue la stimolazione. La ritenzione mnemonica segue leggi psicologiche note, che è necessario riassumere brevemente. La maggior parte degli psicologi afferma che la memoria e l'apprendimento sono strettamente correlati, al punto che non vi può essere apprendimento senza memoria. Perché l'apprendimento avvenga, è necessario che nel soggetto la variazione prodotta in un certo momento sia mantenuta o ricordata fino ad un 6 Metelli F.: Psicologia della testimonianza, dal Dizionario di Criminologia, Vallardi, Milano, 1943, II volume. 11 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 momento successivo (che può essere un'ora, un giorno, un mese, ecc.). Le immagini percettive - di qualsiasi natura esse siano: visive, uditive, motorie, ecc. persistono per poco tempo, poiché tendono a scomparire, per lasciare il soggetto libero di percepire nuovi stimoli provenienti dall'ambiente. Tuttavia questa scomparsa non è sinonimo di perdita, e ciò è provato dal fatto che spontaneamente o con una ricerca volontaria ci è possibile richiamare alla coscienza le percezioni che hanno fatto parte della nostra esperienza passata. Il processo mnemonico comprende diverse fasi, che si succedono nel seguente ordine cronologico: 1. fissazione: è quello stadio in cui lo stimolo arriva al sistema nervoso centrale; 2. ritenzione: consiste nella conservazione dello stimolo così percepito; 3. rievocazione: consiste nel richiamare alla memoria il materiale ritenuto; 4. riconoscimento: consiste nell'identificarlo. Tutto l'apprendimento è basato sul consolidamento delle abitudini acquisite, siano esse motorie o verbali. Ciò indica, praticamente, che un individuo continua ad essere in grado di compiere un certo atto precedentemente appreso, anche dopo un intervallo durante il quale l'esecuzione dell'atto non ha avuto luogo. Per percezione si intende generalmente quel processo durante il quale un soggetto perviene alla coscienza di oggetti o di eventi, che sono presenti alla sua attenzione. Con ritenzione si indica, invece, un processo di conservazione che si deve considerare involontario, almeno entro certi limiti. Il ritenere e il dimenticare sono lati opposti dello stesso processo. Ciò che un individuo dimentica è solo la differenza tra ciò che ha appreso e ciò che ha ritenuto. Tuttavia si può misurare direttamente solo quello che l'individuo ha ritenuto e da ciò si deve risalire all'intero processo. I tre sistemi principali di misurazione, sono: a. metodo del richiamo (recall): questo metodo è particolarmente adatto per lo studio della ritenzione di materiale verbale, quale una poesia o un brano di prosa. Il soggetto deve riprodurre, con un minimo di aiuto, qualcosa che ha percepito precedentemente. La domanda che viene fatta al soggetto è «Mi dica ciò che ricorda di ....». b. metodo del riconoscimento (recognition): questo metodo è usato spesso negli esami obiettivi degli studenti, specie in America. Avendo presentato 12 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 al soggetto lo stimolo A e volendone esaminare la ritenzione, si ripresenta A al soggetto insieme ad altri stimoli (B, C, ecc.), invitandolo a identificarlo. c. metodo del risparmio (saving): è questo il metodo seguito più frequentemente dagli psicologi nello studio sperimentale della ritenzione. Il soggetto viene invitato ad apprendere di nuovo qualcosa che ha già appreso precedentemente. La misura della ritenzione è la differenza fra il tempo impiegato o il numero di ripetizioni necessarie per il primo e per il secondo apprendimento. Se, per esempio, è stato necessario ripetere dieci volte un numero per apprenderlo e, dopo una settimana, è invece possibile apprenderlo ripetendolo solo cinque volte, il «risparmio» sarà del 50 %. Gli sperimentatori concordano nel dire che questo metodo ha il vantaggio di essere molto sensibile e nello stesso tempo di avere una grande attendibilità. Volendo provare a fare un elenco delle leggi che regolano il processo della ritenzione, troviamo che: a) le differenze individuali giocano un ruolo determinante nella ritenzione, il che è evidente se si considera, ad esempio, la variazione della capacità di ritenzione verificantisi con l'età. Insieme all'età, anche i fattori emotivi, gli interessi, le esperienze precedenti di un soggetto agiscono - in misura diversa - nel processo mnemonico; b) il materiale appreso in brevi periodi intervallati da riposi è ritenuto meglio del materiale appreso con un unico studio di lunga durata; c) la ritenzione è influenzata dalle condizioni che precedono e seguono il primo apprendimento. Una condizione di stanchezza nel soggetto diminuisce la capacità di ritenere le percezioni. Se dopo l'apprendimento il soggetto si dedicherà ad altre attività, riterrà meno di quanto avrebbe potuto conservare se, per esempio, fosse andato a dormire. Ciò sembra dovuto al fatto che un apprendimento, successivo ad un altro apprendimento di materiale differente, può influenzare negativamente il primo, anche in grado elevato, con un meccanismo di interferenza che viene descritto come «inibizione retroattiva»; d) il materiale significativo è ricordato dal soggetto assai meglio del materiale non significativo; e) una cosa appresa, anche se apparentemente dimenticata, è sempre parzialmente ritenuta e può essere riappresa più facilmente; 13 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 f) anche ciò che ci sembra scomparso dalla mente è ritenuto e può essere riappreso in tempo molto più breve del normale; g) se, dopo aver appreso un certo materiale, continuiamo a studiarlo anche quando ormai siamo in grado di ripeterlo immediatamente (overlearning), la ritenzione ne è facilitata, fatto, questo, di notevole interesse per la pubblicità, che mira a determinare appunto questo iperapprendimento nel soggetto esposto al messaggio pubblicitario; h) gli elementi percettivi che presentano note di netto contrasto con l’ambiente circostante vengono ritenuti meglio (in una serie di numeri, un numero scritto in colore diverso dagli altri si ricorda prima e più a lungo degli altri); i) è stato dimostrato, infine, che nel corso del processo di ritenzione vi è un'attività deformativa dello stimolo originale; questo viene modificato, generalmente semplificato ed abbreviato, e viene avvicinato a stereotipi già presenti nella mente del soggetto. Si può affermare genericamente che gli stessi dati che godono condizioni di privilegio nel processo percettivo tendono ad essere meglio ricordati, e viceversa. 4. Rievocazione espressiva Il fatto che il soggetto sappia di dover testimoniare (come avviene in campo giudiziario) porta ad una ristrutturazione logica del materiale mnestico o rafforza quella eventualmente già compiuta. Il soggetto cerca di riordinare i propri ricordi al fine di poterli esprimere coerentemente, e questo può essere causa di ulteriori notevoli deformazioni, come vedremo nel caso di Marta Russo. Nella testimonianza estemporanea la rievocazione è lacunosa ed incoerente, ma i singoli elementi tendono ad essere meno deformati rispetto alla realtà del fatto esterno. La rievocazione espressiva è influenzata dalla capacità espressiva e intellettuale, nonché dal vocabolario del teste e dalla forma sotto cui viene fornita la testimonianza. La forma da preferire è quella della deposizione spontanea, poiché l'interrogatorio causa ulteriori deformazioni, forzando la memoria del teste nella direzione prescelta dall'interrogante. Le rievocazioni a seguito di interrogatorio sono, infatti, più ricche, ma meno fedeli rispetto a quelle spontanee. 14 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Il racconto libero è il metodo più accurato, ma anche quello che fornisce il materiale meno completo. La soluzione da preferire consiste, quindi, nella maggioranza dei casi, nell'utilizzare il racconto libero, completandolo, in seguito, con domande dirette. I due metodi vanno usati nel suddetto ordine, e le domande dirette non debbono mai essere fatte all'inizio dell'esame del teste. E' necessario ricordare che, in deposizioni successive, il teste tende a riferirsi alla sua precedente deposizione e non al fatto in causa. In generale, nella rievocazione i particolari di ogni situazione tendono a venire adeguati al significato soggettivamente attribuito alla situazione stessa, i dati che non corrispondono vengono soppressi o trasformati, … ecc.7 5. Caratteristiche del teste. Cause di orrore del processo testimoniale Oltre alle cause di errore sistematiche delle tre fasi del processo testimoniale esaminate, ve ne sono altre, attribuibili a fenomeni caratteristici, che investono tutta la personalità del teste o di colui che conduce l'interrogatorio. Le principali cause di errore possono essere: a. Abitudine: tende a farci descrivere i fatti non come sono accaduti, ma come accadono in generale. b. Suggestione: può derivare dalla forma della domanda, quando la si formula in modo tale da determinare, di per sè, la risposta. Va ricordato, infatti, che spesso chi esamina il teste non si limita a domande determinative (come, ad esempio: «Come era vestito l'uomo?»), che sono le uniche a non esercitare azione suggestiva. Le altre forme delle domande, da evitare per quanto possibile sono: 1. le disgiuntive a disgiunzione incompleta: la risposta può essere solo affermativa o negativa; 2. le disgiuntive a disgiunzione completa: limitano la risposta solo ad una delle alternative presenti nella domanda; per es.: «Ha sentito uno o due colpi di rivoltella?»; 7 Metelli F.: Psicologia della testimonianza, dal Dizionario di Criminologia, Vallardi, Milano, 1943, II volume. 15 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 3. quelle che implicano un’aspettazione «Non ha visto nessuno in quel luogo?», ove il tono chiede una risposta affermativa; 4. le implicative: che implicano la necessaria esistenza di un elemento dubbio o assente; per es.: «Di che colore era l'insegna posta sopra la porta?»; 5. le consecutive: domande legate ad una precedente di tipo suggestivo, la cui risposta viene ad essere ulteriormente rafforzata; per es.: «Che cosa ha fatto l'individuo dopo uscito dalla porta di casa?». c. Confusione temporale, o trasposizione cronologica, che porta il soggetto a errori di valutazione nel tempo. d. Le tendenze affettive del soggetto, che possono, da sole e in modo imprevedibile e radicale, deformare la percezione, la memoria, la rievocazione, al di fuori di qualsiasi motivazione cosciente e volontaria di alterare i fatti. e. Il tipo di personalità del teste. 6. Considerazioni generali Occorre ricordare che, in ogni caso, il teste non dirà mai la verità obiettiva, ma solo quella soggettiva, cioè i fatti come egli li ha visti e ricordati, e come è in grado di esprimerli. Sul valore del processo testimoniale preso nel suo insieme il Metelli8 elenca i seguenti punti principali: a) non esistono testimonianze complete, poiché, in ogni caso, il teste sceglie tra i vari elementi del fatto; b) la testimonianza integrale e fedele è l'eccezione. Eventuali lacune e contraddizioni minori non invalidano tutta la testimonianza. Una testimonianza troppo precisa e dettagliata ha poche probabilità di essere veritiera; c) il numero medio di errori che si verificano in un insieme di testimonianze è abbastanza alto; Le norme da seguire nel raccogliere una deposizione, possono essere riportate in forma di decalogo9: 8 Metelli F.: Psicologia della testimonianza, dal Dizionario di Criminologia, Vallardi, Milano, 1943, II volume. 9 Marzi A.: La perizia psicologica nello studio della testimonianza, Editrice Universitaria, Firenze, 1956. 16 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 1. Per giudicare su di una testimonianza è necessario, anzitutto, sapere se essa è avvenuta spontaneamente. Se ciò non è, è indispensabile conoscere la formulazione esatta della domanda o delle domande poste al teste. 2. II teste deve essere udito prima che sia stato interrogato o comunque influenzato da altri. Se ciò è impossibile, occorre valutare l'effetto degli interrogatori e delle influenze precedenti. 3. La deposizione spontanea deve costituire, in ogni caso, la parte principale della testimonianza. 4. Vanno evitate accuratamente le domande suggestive. 5. Le domande troppo dettagliate possono alterare la testimonianza. 6. Emozioni o stati affettivi particolari dei testimoni (vanità, timore, … ecc.) alterano la testimonianza. 7. Per il riconoscimento di persone è sempre preferibile la ricognizione selettiva piuttosto che la ricognizione singola. 8. Non tentare di dimostrare ad un teste che ha errato nella deposizione. 9. Valutare separatamente le testimonianze di minorati fisici e psichici. 10.Tutta la deposizione deve essere riportata a verbale, con la massima completezza e precisione, separando la deposizione spontanea dalle risposte a domande, le quali ultime vanno anche trascritte integralmente. 7. Ma quanto è affidabile la memoria, e quali sono i limiti di una testimonianza oculare? 7.1. Sino a che punto possiamo fidarci della nostra memoria? La nostra memoria non funziona come un registratore o come una videocamera. Ogni ricordo e’ elaborato, ricostruito, manipolato, rappresentato. I ricordi non sono immagini dormienti nel nostro cervello che possiamo a nostro piacimento rievocare. Sono invece elementi labili e passibili di continue modificazioni, dovute al passare del tempo, al nostro stato emotivo, al contesto, alla nostra conoscenza generale del mondo e specifica di quel particolare evento e di altri simili. Non esiste La Memoria, esistono molti sistemi diversi, molte memorie fra loro distinte e dissociabili. Non usiamo lo stesso sistema per ricordare i dettagli del nostro passato compleanno, per ricordare che dobbiamo comprare il latte 17 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 prima di andare a casa, per studiare per un esame, per imparare a sciare, per ricordare un numero telefonico.10 7.2. Quali sono i limiti di una testimonianza oculare? La testimonianza oculare è passibile di errori procedurali molto grossolani, o meno evidenti. Ma dal momento che come abbiamo detto prima, la nostra memoria non è un registratore, è molto ingenuo basarsi sulla sola testimonianza oculare per giudicare della colpevolezza o dell’innocenza di un imputato. La testimonianza oculare è estremamente inaffidabile. Ciononostante le informazioni che può fornire sono molto spesso sovrastimate. 7.3. Come si dovrebbe raccogliere una testimonianza? Dapprima bisognerebbe evitare di considerare testimonianze occorse dopo che i volti degli imputati sono apparsi sulla stampa. Ricordate la triste vicenda di Sacco e Vanzetti condannati alla sedia elettrica per duplice omicidio sulla base della testimonianza oculare della signora Nichols che, sette anni dopo aver assistito alla scena dalla finestra di casa sua, avrebbe riconosciuto i due anarchici Italiani, il cui volto nel frattempo aveva riempito le pagine di tutti i quotidiani Americani. La seconda ovvia precauzione è che il “riconoscimento” avvenga accertandosi che nulla di cospicuo identifichi l’imputato. Un imputato nordafricano sarebbe spesso riconosciuto come colpevole se mescolato tra bianchi. 7.4. Quali disfunzioni della memoria sono tra le più comuni? Tutti i diversi sistemi di memoria sono passibili di lesioni più o meno gravi. Così come ci sono molte diverse memorie, ci sono molte diversi tipi di amnesia. Quella classicamente narrata nei film è la perdita di memoria autobiografica, cioè la perdita dei ricordi che caratterizzano la nostra identità. Più frequente però è la cosiddetta amnesia anterograda, cioè l’incapacità di apprendere nuove informazioni in seguito ad un danno cerebrale, per esempio un ictus o un trauma cranico. Alcuni pazienti, al contrario, ricordano tutto del loro passato, ma non riescono a tenere a mente un numero di telefono neppure per pochi secondi, hanno perso la loro memoria a breve termine. La memoria, con tutti i suoi sistemi, 10 www.cicap.org 18 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 partecipa attivamente nella maggior parte della nostra vita cognitive e di relazione. Un disturbo spesso presente con l’avanzare dell’età è la perdita della cosiddetta memoria prospettica, cioè della nostra capacità di ricordare di fare qualche cosa in un certo momento nel futuro, per esempio ricordarsi di prendere la pillola per la pressione alle quattro del pomeriggio. 8. Testimone e Testimonianza La procedura penale, in quanto indagine tesa a conseguire un giudizio in merito a specifici fatti di natura legale, si articola secondo le medesime fasi di una ricerca scientifica: a partire infatti da un’ipotesi la cui veridicità deve essere ancora dimostrata (l’accusa), si procede ad analizzare gli eventi e le circostanze che possano convalidare o falsificare l’ipotesi di partenza (esame delle prove) per poi giungere all’elaborazione dei dati così ottenuti ed alla proclamazione della sentenza, ovvero la conclusione che accetta o nega in maniera documentata la tesi iniziale. In questo scenario così delineato il testimone assume l’importante funzione di strumento di misura attraverso il quale il giudice valuta azioni, distanze, identità e tutto quanto egli abbia registrato attraverso i propri sistemi sensoriali, elaborato cognitivamente a livello percettivo e richiamato o riconosciuto attraverso le abilità mestiche. 11 Ma proprio a causa di questa incertezza e dell’intervento del libero arbitrio, il teste, pur configurandosi come strumento di misura, non risulta dotato di dignità scientifica. Il testimone non è dunque, al pari di uno strumento di precisione, in grado di fotografare in maniera esatta ciò di cui a diverso titolo è stato spettatore. Il primo passo da compiere è dunque valutare l’attendibilità del teste e ciò inizialmente in senso generico, accertando la presenza o meno di alterazioni dei processi psichici che possano interferire sulla precisione delle attività percettive, della conservazione e della rievocazione, e successivamente in senso più mirato, focalizzando l’attenzione sullo specifico contenuto della testimonianza. Accreditare attendibilità ad una testimonianza è perciò un atto condizionato da due aspetti: l’accuratezza e la credibilità. 11 Mazzoni G.: Si può credere ad un testimone? La testimonianze e le trappole della memoria. Il Mulino, Bologna, 2003. 19 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 1. L’accuratezza attiene alla sfera del funzionamento, nell’ordine, percettivo, cognitivo e mnestico ed in virtù di ciò è possibile scinderne le diverse componenti, che possono essere periziate e, all’occorrenza, specificamente misurate. Influiscono perciò su di essa sia fattori che concernono la condizione del teste in quanto persona, tra cui quelli generali dell’età (sul cui aspetto si porrà in questa sede il focus attentivo), del sesso, della razza, della presenza di eventuali deficit di natura cognitiva, percettiva e/o mnemonica, di stereotipi e pregiudizi e quelli più specifici legati alla situazione oggetto della deposizione, quali la possibile influenza di sostanze intossicanti, stress, la complessità dell’evento, il grado di coinvolgimento, la familiarità con il presunto reo, il grado di gravità del crimine, ma anche il tempo di esposizione e quello intercorso dal fatto, le tecniche di interrogatorio impiegate. 2. La credibilità del testimone interessa invece aspetti di natura più specificamente motivazionale.12 Degli elementi acquisiti durante l’interrogatorio non si valuta la sola accuratezza del ricordo, ma anche e principalmente la loro credibilità, ovvero se indipendentemente dalla bontà della traccia mnestica il testimone ed il contenuto della deposizione vengano ritenuti convincenti e dunque ammessi al dibattito processuale. La dimensione della credibilità presenta due fronti: - quello volto sulla prospettiva del testimone, che indaga sui comportamenti adottati con lo scopo di risultare convincente, e - quello volto sul lato opposto, dell’ascoltatore, che esamina i diversi meccanismi messi in atto da chi valuta l’accettabilità del teste e delle sue dichiarazioni. In questa operazione assume un peso rilevante la confidenza riposta dal testimone nel proprio ricordo, che spesso anche in assenza di dati certi che ne confermino il contenuto sembra suggerire la direzione per valutare come attendibile o meno una testimonianza. Inoltre può influire sulla valutazione anche l’eventuale interferenza delle convinzioni dell’ascoltatore, che possono spaziare dal comune pregiudizio nei confronti di una specifica situazione o gruppo sociale alle personali opinioni 12 Gulotta G. (1987), Psicologia della testimonianza, in Gulotta G. (a cura di), Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale, Milano, Giuffrè editore. 20 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 circa il funzionamento della memoria e le condizioni ideali per favorire un ricordo esatto. 9. La relazione esistente tra memoria e testimonianza La memoria è spesso, nei casi giudiziari, l'unica fonte di informazione su quanto presumibilmente è accaduto. Perché un evento possa essere ricordato da un soggetto è necessario che egli l'abbia precedentemente acquisito.13 La psicologia cognitiva studia i processi che guidano l'acquisizione della conoscenza da parte dei soggetti. Tali processi possono essere ricondotti ad un'attività di elaborazione delle informazioni che si articola in tre fasi distinte: I. l'acquisizione, durante la quale il soggetto percepisce le informazioni provenienti dall'esterno; II. la ritenzione, durante la quale egli conserva in memoria le informazioni acquisite; III. il recupero, durante il quale egli ricorda l'informazione nel senso che la recupera dalla memoria dove era conservata. Durante queste attività il oggetto non si limita a registrare passivamente le informazioni che provengono dal mondo esterno, ma le elabora, con una serie di attività di riduzione, trasformazione ed integrazione che gli consentono di partecipare attivamente alla costruzione della propria conoscenza. Nel suo complesso l'attività di elaborazione delle informazioni è resa possibile dalla presenza di tre elementi fondamentali: 1. la memoria (o registro sensoriale), dove gli stimoli fisici in arrivo dal mondo esterno vengono inizialmente tradotti in informazione nervosa sensoriale (visiva, uditiva, tattile), per poi essere confrontati con le esperienze precedenti e poter essere riconosciuti percettivamente; 2. la memoria a breve termine (MBT), che ci permette di ritenere alcune informazioni in modo fedele allo stimolo, ma solo per alcuni secondi (da un minimo di 3-4 secondi ad un massimo di 20): ciò avviene, ad esempio, quando ricordiamo un numero telefonico solo per il tempo necessario per comporlo. In conclusione, la memoria a breve termine consente di trattenere per un periodo di 13 Baddeley A., La memoria. Come funziona e come usarla. Laterza, Bari, 2001. 21 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 tempo molto breve, nell’ordine dei secondi, un numero molto limitato di informazioni che provengono dall’ambiente. Le informazioni così trattenute sono di regola molto precise ed affidabili; 3. la memoria a lungo termine (MLT), alcune informazioni che si trovano nella memoria a breve termine possono essere trattenute per ore, giorni, mesi ed anche anni. Se il numero di telefono viene ripetuto mentalmente per un po’ di tempo esso rimane registrato nel cervello. Questo tipo di memoria si chiama memoria a lungo termine. La quantità d’informazioni depositate nella memoria a lungo termine è molto piccola rispetto alla quantità di quelle che vengono percepite durante la vita quotidiana. Si è calcolato che di tutte le informazioni che arrivano alla nostra percezione circa l’uno per cento viene trattenuto come memoria a lungo termine. Di regola sono trattenute meglio le informazioni che rivestono particolare interesse per la nostra vita o che hanno provocato in noi forti emozioni sia piacevoli sia spiacevoli. che è invece caratterizzata da un'estensione praticamente infinita e per questo detta anche memoria permanente: comporta un immagazzinamento di elementi più elaborato rispetto a quello della MBT e una considerazione dello stimolo nel suo insieme di qualità sensoriali e non. Il funzionamento della memoria può essere immaginato secondo due diverse modalità: ritenendola come una sorta di fotografia o di filmato di quanto accaduto (e cioè il prodotto di un meccanismo di tipo riproduttivo) o come il prodotto di un meccanismo di tipo ricostruttivo. Nel primo caso, quindi, la memoria di un evento sarebbe una rappresentazione (o riproduzione) accurata dell'evento. La conseguenza di ciò è che il recupero della memoria (cioè il ricordare) non sarebbe altro che un accesso diretto alla riproduzione (quasi fotografica) dell'evento conservato nella mente. Nel recuperare tale riproduzione dovremmo arrivare a disporre di una copia accurata di quanto è accaduto. Il ricordo di un evento è quindi una (o forse la migliore) delle possibili ricostruzioni che il soggetto fa sulla base dei dati a sua disposizione. Se il ricordo è una ricostruzione fatta sulla base dei dati a disposizione, una prima implicazione che ne deriva è che il ricordo non è mai la riproduzione fedele, completa e completamente accurata di un evento. E, anche nel caso di massima possibile accuratezza, non è mai la copia esatta dell'evento. Ciò va ricordato nel momento in cui si esamina un resoconto testimoniale, perché spesso accade di considerare tale resoconto come la descrizione esatta di quello che è accaduto, ma questo non 22 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 corrisponde mai a verità. Una seconda implicazione è che nel fare uso delle informazioni disponibili, quando ricostruiamo un evento nella nostra memoria, possiamo anche usare informazioni molto recenti e che non appartengono all'evento originario. Dunque, le conoscenze più recenti possono influire e modificare la ricostruzione che facciamo di un episodio ai fini del ricordo. Ogni individuo immette nella propria memoria ciò che è stato oggetto della sua attenzione. Molti studi hanno infatti dimostrato che ciò che non ricade sotto la nostra attenzione non viene elaborato, o viene elaborato solo in modo molto limitato, cosicché non può venir rappresentato nella nostra memoria. Dunque, la focalizzazione dell'attenzione è un fattore che influisce sul contenuto e l'accuratezza del ricordo. Ma anche il grado di attenzione rivolto all'evento è una variabile importante per determinare che cosa viene codificato in memoria. Di solito accade che una persona si trova ad essere testimone di un evento senza essere preparata ad osservare con attenzione i vari elementi della scena: in questi casi viene utilizzata una memoria cosiddetta di "tipo incidentale", che presuppone un livello di codifica abbastanza superficiale delle informazioni presenti nella scena. Ciò comporta che il ricordo sarà poi meno preciso di quanto accadrebbe se l'individuo mettesse in atto una codifica di tipo intenzionale, essendo cioè pronto ad assistere alla scena per cercare di elaborare al meglio i vari elementi dell'evento a cui assiste. Inoltre, è stato dimostrato da tempo che la memoria umana è facilmente modificabile. I fattori che possono alterare la memoria intervengono non solo nella fase di acquisizione delle informazioni, ma anche nella fase di ritenzione delle informazioni stesse. In quest'ultimo caso si parla di "informazioni post evento". Esse possono essere di vario tipo: percezioni e giudizi di altre persone che erano presenti al momento del fatto, notizie che il soggetto può aver avuto da varie fonti in tempi successivi al fatto stesso oppure elementi che emergono dai primi colloqui con la polizia o gli avvocati. 23 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 10. Nella memoria a lungo termine si possono inserire scene completamente false Elizabeth Loftus, ha svolto un’estesa serie di esperimenti sulla memoria, sulle testimonianze oculari e le procedure giudiziarie ed è stata consulente in centinaia di processi.14 Il problema centrale è come si può stabilire se un ricordo è vero o falso. La dimostrazione di una memoria falsa o vera si ottiene soltanto nei casi in cui esistono prove dirette. Tra gli esempi di false memorie della Loftus, il caso di Beth Rutherford aiutata a ricordare di essere stata stuprata dal padre e di avere abortito due volte per ordine dello stesso. L’esame medico-legale rivelò che all’età di 22 anni era ancora vergine e non poteva avere avuto gravidanze. Il terapeuta venne denunciato e dovette risarcire un milione di dollari alla ragazza. Questi esempi dimostrano che quando non è possibile ottenere dimostrazioni sulla veridicità o falsità del ricordo, la memoria ricostruita da un’assenza iniziale di ricordo, non può avere nessun valore. A questo punto ci si deve chiedere com’è possibile impiantare nel cervello i falsi ricordi. Sempre la Loftus in 200 esperimenti che hanno coinvolto oltre 20.000 individui, ha dimostrato in maniera rigorosa come nel ricordare un evento realmente accaduto si possa avere una distorsione semplicemente suggerendo all’individuo una disinformazione. Tale disinformazione ‘può invadere i nostri ricordi quando parliamo ad altri, quando veniamo interrogati in modo suggestivo, quando leggiamo i giornali o vediamo fotografie relative a qualche evento al quale abbiamo noi stessi assistito’. La stessa scienziata ha dimostrato che si possono indurre ricordi di eventi mai accaduti. A 24 individui tra i 18 e 53 anni ha chiesto di ricordare eventi, mai accaduti e raccontati da un fratello o una sorella o uno stretto familiare. Questi ultimi, d’accordo con la sperimentatrice, raccontavano ad un membro della famiglia 14 Loftus E. (1997) Come si creano i falsi ricordi. Le Scienze (Edizione italiana di Scientific American). 24 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 episodi di smarrimento in un centro commerciale che sarebbero avvenuti anni prima. Il 29% dei soggetti ricordava bene l’evento mai accaduto e lo arricchiva di particolari. Ecco un esempio: La ricercatrice si mette d'accordo con Jim, un ragazzo di 25 anni. Questi va a casa e racconta alla madre ed al fratello di 14 anni, Chris, una storia completamente inventata. ‘Nove o dieci anni prima, i tre si trovavano in un centro commerciale per fare spese e Chris si perse. Furono presi dal panico, ma alla fine Chris fu ritrovato accompagnato per mano da un signore anziano che vestiva una camicia di flanella. Il signore avrebbe raccontato di aver trovato il bambino, mentre urlava disperato, terrorizzato ed in preda al panico'. Di fronte a questo racconto, la mamma afferma di non ricordare nulla di questo fatto, ma Chris, invece, dice di ricordare qualcosa ed in particolare lo stato di paura che aveva provato. Inoltre, fornisce alcuni dettagli di quella esperienza: 'Avevo paura di non rivedere più la mia famiglia quel giorno. Ricordo che la mamma mi disse di non farlo più ... la camicia di flanella dell'uomo ... e quando mi chiese se mi ero perduto'. Dopo alcune settimane Chris ricorda molto bene altri particolari. 'Mi sono allontanato un attimo per andare a vedere una vetrina di giocattoli e mi sono perso. Ho pensato che non avrei più rivisto la mia famiglia. Ero terrorizzato. Quell'uomo con la camicia di flanella mi pare di colore blu … mi si è avvicinato. Era molto gentile, …, calvo, con un anello di capelli grigi … e portava gli occhiali'. Chris rimase sorpreso quando gli fu detto che tutto era stato inventato: ‘lo ricordo. Piangevo. E la Mamma mi è venuta incontro dicendo “dov’eri?… Non lo fare più”’. Sempre la Loftus conclude che i testimoni oculari sono spesso inaffidabili e che nel 25% dei casi le false memorie si provocano mediante suggestione. Inoltre, le memorie sono soggette ad illazioni oppure semplicemente alterate suggerendo all’individuo informazioni incorrette. Che cosa può accadere nel cervello durante l'impianto di quelle che sono delle vere e proprie bugie? Nel tentativo di portare alla memoria un evento, l'individuo si sforza di immaginarlo ripetutamente, sia da solo sia con l’aiuto degli altri, e tale immaginazione anche se falsa viene a poco a poco a far parte del nostro bagaglio di memoria. Inoltre, quanto più si tende a ricordare, tanto più il ricordo si consolida fino a diventare parte del nostro corredo permanente di informazioni. 25 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Quanto più si tenta di scavare nella memoria dell'individuo, tanto più si creano false memorie. I racconti inventati sono sostenuti in perfetta buona fede. In conclusione, si possono creare dei ricordi del tutto falsi, specialmente quando il ricordo è vago ed incerto, con vari meccanismi tra i quali sono molto importanti il far immaginare, il suggerire o l’ascoltare altre testimonianze. 11. L'intervista cognitiva e la testimonianza L'intervista cognitiva (o IC) è una procedura sviluppatasi negli USA per aiutare ufficiali di polizia o altri professionisti ad ottenere resoconti più completi ed accurati da un testimone. Questa tecnica è basata su principi psicologici riguardanti il ricordo ed il recupero d'informazioni dalla memoria. È stata sviluppata dagli psicologi Ed Geiselman (University of California, Los Angeles) e Ron Fisher (Florida International University) nel 1984, in risposta alle numerose richieste ricevute da parte di ufficiali di polizia e professionisti legali, per ottenere un metodo che migliorasse l'interrogatorio del testimone.15 Questo tipo di intervista si basa su due principi teorici: 1. che ci sono numerosi metodi per recuperare dalla memoria un evento, per cui informazioni non accessibili con una tecnica possono esserlo con un'altra; 2. che ci sono molteplici parti che compongono una traccia di memoria ed un suggerimento per il recupero è effettivo purché ci sia una sovrapposizione tra esso e l'informazione codificata. Il metodo prevede l’impiego di quattro mnemotecniche, la cui funzione è quella di facilitare ed incoraggiare il ricordo: 1. ricostruire mentalmente il contesto fisico e personale esistito al momento del fatto per riuscire così ad aumentare l'accessibilità dell'informazione conservata in memoria. Sebbene questo non sia un compito facile, l'intervistatore può aiutare il testimone chiedendogli di recuperare un'immagine o un'impressione circa le caratteristiche ambientali della scena originale (per esempio la disposizione degli oggetti nella stanza), per poi commentare le reazioni emozionali e le sensazioni 15 www.psichomedia.it 26 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 avute in quel momento (sorpresa, rabbia, ecc.) e descrivere qualsiasi suono, odore e condizioni fisiche (caldo, umido, fumo, ecc.) che fossero presenti nel contesto in cui si è svolto il fatto. 2. Chiedere al testimone di riportare tutto quello che ricorda, incluse le informazioni parziali; queste potranno essere utili per riuscire a collegare i vari dettagli dello stesso fatto forniti da altri testimoni o dallo stesso soggetto ma in momenti diversi. 3. Chiedere all'intervistato di ricordare partendo da punti di vista diversi. Con questa tecnica si cerca di incoraggiare il testimone a guardare il fatto come se fosse stato un altro soggetto: lo scopo è quello di aumentare la quantità di dettagli del racconto. 4. Dire al soggetto di ricordare partendo da diversi momenti nel tempo. I testimoni ritengono di dover cominciare dall'inizio ed è ciò che di solito viene loro chiesto. Invece l'intervista cognitiva permette un tentativo di recupero dell'episodio dalla memoria profondo e completo, incoraggiando i testimoni a ricordare il fatto in ordine diverso, iniziando ad esempio dalla fine, o dalla metà e dall'episodio più memorabile. Se si considera il fatto che i risultati di molte interviste hanno indicato che l'intervista cognitiva dà risultati interessanti, si potrebbe pensare che debba essere utilizzata da tutti coloro che svolgono colloqui con testimoni. 12. CONCLUSIONI Quanto ho riferito fin ora può far insorgere il dubbio che il ricordo sia sempre inaffidabile. Ciò non è vero. Infatti, i ricordi di fatti appena accaduti sono limitati, ma di regola sono altamente affidabili, solo se l’individuo li esprime con certezza. Sorgono invece seri problemi d’affidabilità quando l’individuo all’inizio non ricorda nulla o solo vagamente ed il ricordo è frutto d’immaginazione e ragionamento, anche se affidati ad una logica, oppure se avviene con tentativi di ricostruzione specialmente se accompagnati da un notevole sforzo mentale e quando l’individuo risente di suggerimenti esterni. Il recupero della memoria attraverso il processo di ricostruzione è tanto più efficace quanto più l’individuo vuole ricordare o quanto più vi è interesse e motivazione a ricordare. Tuttavia, la forte motivazione a ricordare, le ragioni d’ordine morale e culturale che 27 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 l’individuo usa per intervenire efficacemente nell’elaborazione del pensiero non eliminano il pericolo del falso ricordo, ma ne accentuano la consistenza. La motivazione a ricordare ad ogni costo i particolari di un avvenimento quando l’articolazione dello stesso è avviluppata nell’incertezza, l’impegno, magari sollecitato dall’interlocutore di un dialogo a tempi lunghi, a voler saggiare una realtà, da emendare nelle sue lacune e nelle sue zone d’ombra, creano, in effetti, le condizioni ideali di una disponibilità alla distorsione dei fatti ed all'inclusione di ricordi inerenti a false circostanze. Sono questi i casi in cui la ‘testimonianza’, intesa come immedesimazione in una sofferenza ed in un bisogno si traduce in testimonianza processualmente rilevante. Quando la testimonianza, intesa come espressione di una scelta di vita, diventa veicolo per introdurre nel processo elementi nuovi e di consistente spessore. In conclusione, il ricordo di eventi dei quali all’inizio si esprime incertezza o ignoranza sono altamente suscettibili di distorsione e più facilmente conducono a falsi ricordi. L’interesse e la motivazione dell’individuo a ricordare, può aiutare la quantità del ricordo, ma a scapito della qualità ovvero della veridicità. Proprio questi ricordi richiedono verifiche dell’accaduto e questo tipo di ricordo non può costituire prova di fatti seri ed impegnativi come la condanna di un individuo. Ciò, invece, è quanto accaduto nel processo per omicidio di Marta Russo che ora mi accingo ad illustrarvi. 28 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 CAPITOLO 2 IL CASO MARTA RUSSO 1. Premessa Nel caso Marta Russo non esistono prove, solo indizi. Qualcuno ha sparato, qualcuno ha visto ma, soprattutto, molti dicono di aver visto. Le certezze sono che Marta Russo è stata uccisa nel cortile di una delle Università più importanti d’Europa e che due assistenti, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, sono stati condannati. Ma nonostante questo lungo processo, difficilmente si potrà arrivare ad una verità certa ed assoluta.16 Ricordi più o meno tardivi e "ricostruiti" sono una caratteristica saliente, ma non esclusiva, delle indagini sul caso Marta Russo. “Nuovi particolari" che riemergono dopo due anni, testimoni che "guardano bene" e persone guardate che "si girano" per farsi vedere meglio; "sicure precisazioni", dovute a "ripensamenti", un testimone che, come la Olzai, "rivela" ad un'agenzia di stampa le scene che ha "stampate in testa", prima di raccontarle alla Digos. Per mettere a fuoco dei ricordi attendibili occorrono parecchi mesi, e magari un paio di anni: "ricostruire" una "certezza" richiede molto tempo, e soprattutto molta buona volontà (spontanea o indotta). Scattone e Ferraro sono stati condannati sia in primo grado sia in secondo grado: l’uno per omicidio colposo, l’altro per favoreggiamento. La Corte ha ritenuto che il colpo sia partito per caso, che si sia trattato di un errore e non di un delitto premeditato. La prima sentenza fu ritenuta di compromesso tra accusa e difesa, ma poi è stata confermata in appello. Giovanni Scattone è stato giudicato colpevole per una mancanza di cautela o di prudenza C'erano sicuramente diverse piste alternative e la polizia iniziò a indagare in varie direzioni. Ma quando dai prelievi della scientifica risultò che sul davanzale della finestra della Sala 6 c’era un residuo di sparo, l’inchiesta si trovò a un bivio e imboccò il binario della Sala 6. In realtà, come le perizie d’ufficio disposte dalla Corte hanno dimostrato, sia in primo grado sia in secondo, quel granello di 16 http://www.pedro.it 29 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 polvere non era un residuo di sparo. A quel punto, però, fu abbandonata la pista alternativa che ipotizzava che il colpo fosse partito dal bagno disabili del pian terreno. E le perizie hanno stabilito che entrambe le finestre, quella del bagno e quella della Sala 6, sono ugualmente compatibili con la traiettoria di sparo. Ma ci sono anche altre ipotesi, tra cui quella di per cui il vero obiettivo poteva essere Iolanda Ricci, la ragazza che camminava con Marta Russo nel vialetto dell’Università. Una settimana dopo il delitto fu proprio il padre della ragazza, alto dirigente del ministero della Giustizia e già direttore del carcere di Rebibbia, a presentarsi alla polizia sostenendo di avere validi motivi per sospettare che la vittima designata fosse la figlia. Spiegò di aver ricevuto a casa numerose telefonate anonime, alcune anche notturne, e in una di queste la voce pronunciava minacce e insulti nei confronti della ragazza. Questo processo è interessante per due ragioni. Primo perché dimostra a che punto può arrivare il cortocircuito mediatico tra sistema dell’informazione e apparato giudiziario. I giornali, le televisioni e le radio hanno contribuito a sedimentare una verità precostituita nell’immaginario collettivo che poi, si è dimostrato, non corrispondeva alla verità dei fatti. Si è parlato di delitto perfetto, di omicidio volontario, di "mito del superuomo". L’altro aspetto è che questa vicenda mette in luce il potere assoluto del pubblico ministero che è "dominus" del processo, dirige la polizia giudiziaria e in qualche caso dirotta le indagini. Credo che se ci sono state delle anomalie più che delle scorrettezze nell’inchiesta e negli interrogatori, queste sono state indotte dall’ansia di accertare la verità, di scoprire l’autore del delitto e di dare una risposta a una vicenda che aveva impressionato tutti. Certamente da parte degli inquirenti c’era il sospetto che l’Istituto di Filosofia del Diritto fosse una specie di covo di delinquenti, un luogo dove è scattato un meccanismo di omertà a favore degli imputati. Il professor Romano fu arrestato per favoreggiamento, o meglio messo agli arresti domiciliari per due mesi, ed è stato poi prosciolto. Questo è un passaggio molto importante, perché a mio giudizio fu proprio l’arresto di Romano che fece crollare Gabriella Alletto. Fino all’arresto di Romano, la Alletto aveva giurato che lei non era neppure entrata in quella stanza e che quindi non poteva aver visto nulla. Ma quando arrestarono Romano, il suo direttore di Istituto, lei si sentì probabilmente scoperta e cambiò versione, iniziò a dire di essere entrata in quella stanza, di aver visto Scattone che sparava e Ferraro che portava via la pistola nella borsa. Non so francamente se 30 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Gabriella Alletto dica ora la verità o se l’avesse detta prima: è certo, però, che l¹arresto di Romano provoca il suo crollo psicologico. L’ipotesi più suggestiva, prima delle sentenze, è stata sicuramente quella del "delitto perfetto", del "delitto filosofico". Ma era davvero un’ipotesi realistica? No. Infatti è crollata sia in primo grado sia in secondo grado. Il delitto perfetto presuppone un delitto volontario, mentre poi Scattone è stato condannato per delitto colposo e Ferraro per favoreggiamento.17 La teoria del delitto perfetto era già infondata nei fatti, perché i due non tennero mai un seminario universitario su questo tema. In realtà, anche questa fu una costruzione mediatica, certamente suggerita prima dagli inquirenti ma poi ripresa e amplificata dai mass media, alimentando l’idea che i due fossero criminali freddi e decisi, intenzionati a dimostrare l’impossibilità di scoprire i responsabili di un delitto quando manca un movente e non si trova l’arma del delitto. Nulla è stato provato in questo processo, incerto nelle testimonianze, nelle perizie e nelle prove. 2. Presentazione del caso Marta e Iolanda hanno poco più di 20 anni. Stanno passeggiando in un vialetto dell’università e discutono del prossimo esame da fare. Marta e Iolanda sono amiche e compagne di studi, sono iscritte al III anno di Giurisprudenza all’Università della sapienza di Roma, uno degli atenei più prestigiosi d’Italia. Il vialetto che stanno percorrendo è lì dentro, tra la facoltà di Giurisprudenza, Scienze politiche e Scienze statistiche. E’ il 9 maggio 1997. Sono le 11.42. Marta e Iolanda parlano tra loro e camminano tranquillamente quando all’improvviso si sente un rumore ovattato, un “tonfo sordo”. Marta si accascia sull’asfalto. Succede tutto in pochi secondi. Si cerca di capire cosa è successo, si cerca di aiutare Marta che ha perso i sensi. Ma non c’è niente da fare, Marta è stata colpita 17 http://grandinotizie.com 31 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 dietro l’orecchio sinistro da un proiettile calibro 22 che si è frantumato in più parti. Ha perso i sensi ed è entrata in coma. Muore in ospedale il 13 maggio, qualche giorno dopo. Ma chi ha sparato? Gli investigatori si mettono subito al lavoro. E’ un giorno particolare il 9 maggio e le ipotesi saranno diverse: I ipotesi: Ci sono 2 anniversari, quello dell’uccisione di Giorgiana Masi, nel 1977 e quello del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, nel 1978. Quello sparo potrebbe essere l’atto di chi vuole ricordare uno di questi avvenimenti. Potrebbe essere un atto terroristico. Ma non ci sarà nessuna rivendicazione. E allora? II ipotesi: Gli investigatori passano al setaccio ogni possibilità. A cominciare dalla vita di Marta. Marta ha 22 anni, vive a Roma con la madre Aureliana, il padre Donato e la sorella Tiziana. Le piace studiare legge, si è iscritta a Giurisprudenza perché vuole diventare magistrato. Su di lei non si scopre assolutamente nulla di sospetto, nulla di strano, nulla che lasci immaginare una qualsiasi vendetta. Il suo fidanzato, Luca, al momento dell’omicidio è al lavoro. Viene esclusa anche la pista passionale. III ipotesi: Iolanda Ricci, l’amica, è figlia di un dirigente del ministero della Giustizia che negli anni 70 era stato direttore del carcere di Rebibbia. Qualcuno potrebbe aver provato rabbia nei suoi confronti, Iolanda riceve telefonate anonime anche nel cuore della notte. Dopo alcune verifiche però la pista viene abbandonata. IV ipotesi: qualche giorno dopo si presenta in questura una ragazza identica a Marta Russo. La sosia sostiene che c’è stato uno scambio di persona, avrebbe dovuto essere lei la vittima. Suo padre è un imprenditore perseguitato dai boss del racket ed è sotto la protezione della polizia. Ma quel venerdì la ragazza non era all’università e gli inquirenti abbandonano anche la pista mafiosa. Vengono disposte la perizie balistiche per determinare da quali finestre può essere partito il colpo. Vengono individuati 2 luoghi compatibili con una possibile traiettoria: l’aula VI di filosofia del diritto, al primo piano, e il bagno per i disabili di Scienze Statistiche,al piano rialzato della stessa palazzina. 32 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Nei primi giorni le indagini si concentrano sui bagni del piano rialzato, soprattutto il bagno dei disabili perché può entrarvi chiunque. I locali vengono chiusi per la indagini e sigillati il 9 maggio stesso. Ma non si trova nulla di utile. V ipotesi: Le ispezioni si estendono anche alla Pull. Tra, l’impresa di pulizie che lavora all’interno dell’Università. Vengono trovate 2 vecchie cartucce a salve. Nell’armadietto di uno dei dipendenti viene recuperato un tubo metallico che potrebbe essere stato usato come silenziatore rudimentale. Ma dagli interrogatori non risulta nulla che possa portare a quello che è successo all’università: al momento dello sparo i dipendenti presenti quel giorno erano tutti al lavoro in pausa, oppure giocavano a carte. Le varie dichiarazioni coincidono. E il proiettile che ha colpito Marta è stato sparato da una vera arma calibro 22, non da una pistola giocattolo. Così anche questa pista viene abbandonata. VI ipotesi: Sul davanzale dell’aula VI di Filosofia del diritto viene trovato qualcosa, piccoli frammenti di sostanza, una particella binaria, composta da bario e antimonio. Per i magistrati che si occupano dell’indagine si tratta di un residuo dello sparo. L’aula VI è riservata agli assistenti dell’istituto di Filosofia del diritto ed è frequentata da un numero ristretto di persone che lavorano tutte nell’istituto. Secondo gli inquirenti il colpo è partito da lì. Gli investigatori fanno analizzare i tabulati telefonici dalla Telecom e scoprono che quella mattina Maria Chiara Lipari ha fatto 2 telefonate ai suoi genitori proprio dal telefono dell’aula VI. La Lipari è l’assistente del professor Bruno Romano, il direttore dell’istituto di Filosofia del diritto. Interrogata dagli investigatori all’inizio dice di non essersi accorta di particolari presenze nella stanza. Pian piano dichiara anche qualcos’altro. Il 12 giugno il professor Bruno Romano viene sottoposto agli arresti domiciliari, con l’accusa di favoreggiamento. Secondo Maria Chiara Lipari, il professore avrebbe invitato tutti ad essere cauti con le dichiarazioni agli inquirenti, cercando di creare un clima di omertà per non coinvolgere il suo Istituto nelle indagini. La Lipari diventa uno dei testimoni chiave dell’accusa. Si sforza di ricordare cosa ha visto in quella stanza il 9 maggio . Viene interrogata più di una volta.18 18 Lucarelli C., Picozzi M.: Scena del crimine. Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2005. 33 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Il 22 dichiara di ricordare a <<livello subliminale>> la presenza nell’aula VI di Gabriella Alletto, la segretaria dell’istituto di Filosofia del diritto, e dell’usciere Francesco Liparota. Due giorni dopo sostiene di aver visto <<in un lampo>> anche il volto di Salvatore Ferraro, giovane assistente di filosofia del diritto. Il 19 giugno dichiara che nell’aula VI c’erano più di 2 persone, forse 4. L’8 agosto ricorda di aver visto Ferraro proprio in quell’aula, e di aver incontrato Giovanni Scattone, un altro giovane assistente, nel corridoio. La mattina del 14 giugno Francesco Liparota e Gabrielle Alletto vengono convocati in questura. I due erano già stati interrogati in precedenza. Al Liparota vengono contestate subito alcune irregolarità nella timbratura delle presenze. E’ consuetudine dei dipendenti dell’istituto che il primo ad arrivare in ufficio e l’ultimo ad andarsene timbrino i cartellini per tutti. Non è regolare, anzi si chiama truffa ai danni dello Stato. Gabriella Alletto, che fino ad allora ha negato di essersi trovata nell’aula VI, ammette di esserci stata. Dice di aver visto Giovanni Scattone sparare dalla finestra con una pistola e Salvatore Ferraro mettere le mani tra i capelli . Dichiara di avere visto Scattone mettere la pistola nella borsa di Ferraro. Insieme a loro nella stanza, c’era anche Francesco Liparota, l’usciere. Per i magistrati e gli investigatori che si occupano delle indagini è la svolta decisiva. Vengono emessi tre ordini di custodia cautelare. Ferraro viene arrestato nella sua abitazione, Scattone in un ristorante. Viene arrestato anche Liparota, con l’accusa di concorso in omicidio. Quando Liparota arriva al carcere di Regina Coeli, viene perquisito. In tasca ha un biglietto nel quale ha scritto di aver visto Ferraro e Scattone alla finestra, di avere sentito un suono cupo e di essersi reso conto che avevano sparato, ma che non poteva parlare perché aveva paura. Lo avevano minacciato. Liparota dice di aver raccontato tutto anche a sua madre Rosangela Villella, che conferma. A Liparota vengono concessi gli arresti domiciliari. Il giorno dopo, però, Liparota va in questura per ritrattare tutto. Sostiene di non ricordare nulla del 9 maggio e di aver parlato per paura del carcere. Il 4 luglio la Alletto viene di nuovo ascoltata dagli investigatori e riferisce di ricordarsi di un quarto uomo, oltre a Scattone, Ferraro e Liparota, ma non sa identificarlo. 34 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Il 31 luglio le sue dichiarazioni assumono il valore di prova. La segretaria conferma tutto, ha visto Scattone con un’arma in mano che si ritraeva dalla finestra e Ferraro mettersi le mani nei capelli come gesto di disperazione. Ma la pistola non si troverà mai! C’è un altro testimone, una donna, si chiama Giuliana Olzai. E’ una studentessa fuori corso di 44 ani. Il 9 luglio 1997, si reca in questura perché in televisione ha riconosciuto Scattone e Ferraro. Sono i 2 giovani che ha notato uscire di corsa dalla facoltà di Statistica subito dopo lo sparo il giorno del delitto. I due, racconta erano <<visibilmente agitati>> Il 7 ottobre i periti trovano tracce di polvere da sparo sia nella borsa di Ferraro, sia sugli abiti di Scattone. Per gli avvocati difensori dei 2 assistenti, tanto le tracce sui loro effetti personali quanto quelle sul davanzale possono essere frutto di inquinamento atmosferico. I due rimangono in carcere. Il 9 gennaio 1998 la procura chiede il rinvio a giudizio di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Il processo inizia tre mesi dopo. E’ uno scontro tra gli avvocati della difesa e i rappresentanti dell’accusa. 1. Gabriella Alletto e la sua testimonianza vengono passate al setaccio. Attraverso l’analisi delle sue deposizioni, la difesa di Scattone e Ferraro cerca di dimostrare con l’aiuto di un professore di neurofisiologia, che i ricordi di Maria Chiara Lipari sono ricostruiti con il ragionamento e la deduzione e che quindi possono essere ritenuti poco affidabili. Inoltre, per ammissione della stessa teste, si sono effettivamente verificati dei fenomeni di suggestione sotto la pressione degli inquirenti. Quando la difesa le chiede perché inizialmente aveva negato di essere stata nell’aula VI la mattina del 9 maggio, la donna risponde che ha taciuto per paura e precisa di aver iniziato a collaborare quando gli inquirenti l’hanno <<aiutata a ricordare>>. Nel settembre 1998, viene anche proiettato in aula un video riguardante l’interrogatorio della Alletto. Si tratta di una conversazione fra la teste e il cognato, il vice ispettore di polizia Luigi Di Mauro. La Alletto, anche di fronte alle sollecitazioni del cognato, sembra incerta su quello che è successo quella mattina. 35 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 2. Scoppia lo scandalo: i pubblici ministeri sono sospettati di aver estorto la testimonianza chiave con minacce e ricatti. Il Consiglio superiore della magistratura apre un’inchiesta disciplinare nei confronti del capo della procura di Roma Italo Ormanni e del pubblico ministero Carlo La-Speranza. Ma le indagini si concludono con l’archiviazione. 3. Il 10 febbraio 1999 Francesco Liparota, l’usciere, conferma nell’aula di tribunale di aver rilasciato false affermazioni su Ferraro e Scattone. Sostiene di essersi sentito prigioniero della polizia, di aver avuto paura della vita in carcere. In questo stato di disperazione e di panico, avrebbe confermato quanto detto da Gabrielle Alletto, variando qualcosa per essere più attendibile. 4. I due accusati, Scattone e Ferraro, sostengono di non essere stati nell’aula VI al momento dello sparo. Scattone sostiene di essersi recato a Villa Mirafiori per incontrare il professor Eugenio Le caldano, di aver preso l’autobus 310 e raggiunto la città universitaria. Intorno alle 12 ha ritirato un certificato presso la segreteria di lettere, poi si è avviato verso Giurisprudenza solo intorno alle 12,15, quando Marta Russo era già stata colpita. Il professor Le caldano ricorda di aver incontrato Scattone, ma non è sicuro che fosse proprio il 9 e il certificato ritirato non presenta l’orario del rilascio. Si tratta quindi di un alibi debole. Nessuno può smentire con certezza quanto affermato dalla Alletto. 5. Ancora più vago è l’alibi di Ferraro. La mattina del 9 maggio sostiene di essere rimasto a casa a studiare. Dichiara anche di aver ricevuto diverse telefonate. La sua amica, Marianna Marcucci, sostiene inizialmente di essere stata a casa sua, tra le 11.40 e le 12.30, cioè all’ora del delitto. Gli inquirenti non le credono e il 16 giugno 1997, dopo l’arresto di Scattone e Ferraro, la indagano per falsa testimonianza e favoreggiamento. Ma chi sono Scattone e Ferraro? Giovanni Scattone, nasce a Roma nel 1968. si laurea in Filosofia con 110 e lode. Ha una grande passione per il cinema e gli piace viaggiare. E’ descritto come una persona mite, prudente, dagli occhi freddi e chiari. Salvatore Ferraro, nasce a Locri nel 1967. si sposta a Roma per l’università e si laurea in Giurisprudenza con 110. Scrive racconti, sceneggiature e canzoni. I suoi atteggiamenti non sono così pacati e riservati come quelli di Scattone. Il 1° luglio 1997 inizia uno sciopero della fame, che interromperà in seguito alle pressioni della sua famiglia. 36 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Sono stati loro ad uccidere Marta Russo? Chi segue il processo si divide, come accade sempre in questi casi: da una parte i colpevolisti, dall’altra gli innocentisti. Dopo un anno di dibattimenti, il 13 aprile 1999 si arriva alle requisitorie. Secondo il sostituto procuratore Carlo La-Speranza un vero e proprio movente non c’è. I due imputati avrebbero ucciso Marta Russo per dimostrare a loro stessi, al di là del bene e del male, che erano in grado di applicare le teorie studiate nei seminari. In pratica, avrebbero ucciso una ragazza perché conviti che , senza un movente e senza il ritrovamento dell’arma, un delitto sarebbe rimasto sicuramente impunito. Il procuratore Ormanni, non parla di omicidio premeditato, ma di omicidio volontario. La morte di Marta Russo è stato un rischio calcolato, accettato da entrambi gli imputati. Al termine della requisitoria, il dottor Ormanni legge le richieste dell’accusa. Quattro anni di reclusione per il professor Bruno Romano, per favoreggiamento. Sarebbe stato lui, in qualità di preside di Filosofia del diritto, a organizzare un vero e proprio muro d’omertà per difendere la reputazione dell’istituto. Un mese è la richiesta per Gabrielle Alletto, accusata anche lei di favoreggiamento. Cinque anni e nove mesi, invece,per Liparota, sempre per favoreggiamento, poiché ha ritrattato la deposizione. Diciotto anni per Scattone e Ferraro. La Corte d’assise condanna Scattone a 7 anni per omicidio colposo e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E condanna Ferraro a 4 anni per favoreggiamento personale e all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Tutti e due, intanto, vengono scarcerati per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Vengono assolti dall’accusa di favoreggiamento il professor Romano perché il fatto non sussiste, Francesco Liparota per non aver commesso il fatto, Gabrielle Alletto perché non punibile. Scattone e Ferraro, naturalmente ricorrono in Appello. Il II grado del processo si apre il 3 maggio 2000 e si conclude il 7 febbraio 2001. Gabrielle Alletto si è mostrata molto più sicura e determinata, precisa nell’esporre la sua versione dei fatti e i giudici le hanno creduto di nuovo. Dopo più di 12 ore di camera di consigli o arriva la sentenza che conferma la condanna a Giovanni Scattone, aumentandola di un anno. A Salvatore Ferraro viene aumentata di 2 anni. 37 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Il 5 dicembre 2001, Vincenzo Geraci, il procuratore generale della cassazione, rimette in discussione il processo e, al termine della requisitoria, chiede ai giudici della prima sezione penale della cassazione di annullare, con rinvio, la sentenza della Corte d’assise d’appello. Il 6 dicembre la Corte di cassazione ammette il ricorso degli imputati, accogliendo le richieste del procuratore generale. Annulla con rinvio la sentenza d’appello di condanna. Si riparte dal primo grado. La sentenza del nuovo processo arriva il 15 dicembre del 2003. Vengono confermate le condanne. Le pene cambiate di nuovo: 5 anni e 4 mesi a Giovanni Scattone, che non è più interdetto per sempre dai pubblici uffici, 4 anni e 3 mesi a Salvatore Ferraro. Per Francesco Liparota la sentenza di condanna per favoreggiamento è annullata, perché costretto a mentire dalla necessità di autodifendersi. Scattone e Ferraro continuano a proclamarsi innocenti. Per la giustizia sono colpevoli dell’omicidio di Marta Russo. Sentenza definitiva Anche per i genitori di Marta Russo non ci sono dubbi. A uccidere Marta, ammazzata con un colpo in testa mentre passeggiava tranquilla per il vialetto delle sua università, sono stati loro.19 3. Personalità dei testimoni 3.1. Maria Chiara Lipari Per cercare di comprendere, nel caso specifico, una persona inquieta e complessa come la Lipari, credo che sia indispensabile anzitutto leggere e rileggere attentamente, più che i verbali - non esaurienti, e spesso poco affidabili - le trascrizioni integrali delle numerose e talvolta lunghissime telefonate, certamente genuine, inviate e ricevute da lei e da suo padre. Una persona con il suo perpetuo culto del nervosismo e per la sua smania di "intuire" e "percepire", per sua speciale virtù, cose che gli altri non coglievano affatto, probabilmente perché non c'erano. Le intercettazioni riguardanti la famiglia Lipari sono state largamente utilizzate nel processo di primo grado, ma le scelte riportate nelle sentenze di 19 Lucarelli C., Picozzi M.: Scena del crimine. Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2005. 38 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 condanna sono poco significative e tutt'altro che equanimi. Le intercettazioni rivelano infatti chiaramente uno stato di grave e progressiva alterazione psicologica, che impedisce alla Lipari di valutare in modo obiettivo e lucido persone e fatti connessi col tragico evento al centro del quale, secondo gli inquirenti, sarebbe venuta a trovarsi. Dall'affermazione iniziale "mi pare che nell'aula 6 non c'era nessuno" la Lipari arriva, attraverso un lungo processo di graduale "ricostruzione" dei ricordi, assiduamente sollecitato dagli inquirenti, a dare come presenti all'interno della stanza 6 la Alletto e Liparota, e più tardi anche Ferraro: mai però Scattone. In seconda battuta riferisce intanto che "la prima volta" che è entrata nella stanza 6 - in realtà, come vedremo, una seconda volta non è mai esistita - qualcuno c'era. Nel seguito dell'interrogatorio la Lipari dichiara: "Non sono sicura se dentro vi fosse qualche altro collega". Passa ancora un certo tempo, e la Lipari dice: "Mi è sembrato che è uscito dalla stanza qualcuno frettolosamente. Mi sembra di ricordare, infatti, che...questo signore..., passandomi accanto, nell'uscire mi ha salutato bofonchiando qualcosa. Forse ne ho riconosciuto la voce....". "Riconosce", in effetti, la voce del collega Mancini, per suggerimento di un inquirente che ha motivo di sospettare di lui in quanto appassionato di armi; Mancini però ha un alibi inattaccabile. In verità, tra il giorno del delitto (9 maggio) e il giorno di questo suo primo interrogatorio (21 maggio) nessun ricordo, sospetto o dubbio angoscioso sfiora la Lipari; dopo il 22 maggio, invece, la morte di Marta Russo diviene per lei, come risulta palese da molte intercettazioni telefoniche, una vera ossessione, che le fa perdere il sonno, l'appetito, la voglia di studiare e il senso del pericolo, portandola a stravolgere con improvvisa violenza i rapporti - fin allora tenuti sul filo di un difficile equilibrio - con i colleghi dell'Istituto e con le persone a lei più vicine: suo padre e il professor Romano. E' importante notare che, mentre i ricordi "neutri" (cioè non connessi con l'omicidio) precedenti le 11.44 sono stati riscontrati tutti esatti, per quelli riguardanti le presenze nella stanza 6 non c'è nei verbali una sola dichiarazione della Lipari che non sia segnata dall'incertezza ("mi pare", "non sono sicura", "mi è sembrato", "mi sembra di ricordare", "forse", "mi pare anche di ricordare", "non mi pare", "ho avuto la sensazione", "mi pare ci fosse", "non essendo sicura": mai un ricordo nitido, preciso, certo. 39 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 L'incredibile escalation dei ricordi così faticosamente e contraddittoriamente "ricostruiti" dalla Lipari nel suo primo, sfibrante interrogatorio è più che sufficiente per convincere ogni persona di buon senso della loro totale inaffidabilità. Il 19 giugno, quattro giorni dopo gli arresti, in uno straordinario verbale a due voci con il P.A. Ormanni, evidentemente redatto per far quadrare un po' i conti, la Lipari afferma (anzi "conferma") di "aver avuto la sensazione netta" che nella stanza 6 "vi fossero più persone, certo più di due: molto probabilmente quattro". Tuttavia, in entrambe le occasioni non attribuisce a questa ipotetica quarta persona il nome di Scattone. Questo nome apparirà soltanto, sempre in forma fortemente dubitativa e quanto mai incongrua, negli impossibili, ma "precisi ricordi" dell'8 agosto già citati. Le quaranta pagine che la prima sentenza d'Appello dedica alla "credibilità della teste Lipari" si concludono con questa malinconica constatazione: "L'identificazione di Scattone, compiuta con tanto ritardo e in termini di grande dubbio, non assume neppure il significato di valido indizio, ciò nonostante, la Lipari figura ancora come una "testimone oculare" a carico di Scattone. 40 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 3.2. La "superteste" (o meglio la "supercoimputata") Gabriella Alletto Fra tutti i personaggi di questa vicenda, la Alletto è forse quello che riscuote le minori simpatie. L'11 giugno si dispera per la paura dell'arresto e per la rabbia di non essere creduta; è impossibile però che creda all'eventualità di una sua condanna a 24 anni di reclusione per concorso in omicidio. Piuttosto, vede dietro queste minacce le maledette indagini sulla sua assunzione con una percentuale d'invalidità insufficiente: indagini avviate, come quella sui cartellini timbrati abusivamente da Liparota, il giorno stesso del primo interrogatorio. Vede cioè un pericolo concreto e immediato: la perdita del posto di lavoro garantito e del connesso status sociale ed economico. Il 12 giugno questa resiste ancora allo shock del clamoroso arresto di Romano e il 13 al confronto con la Lipari; ma il 14 viene cotta a puntino da nove ore d'interrogatorio condotto senza difensore, senza magistrati e senza alcuna verbalizzazione, da due dirigenti della Digos. Da loro la Alletto si sente finalmente "agganciata nel verso giusto dal punto di vista suo psicologico", e rilascia le dichiarazioni accusatorie che la metteranno per sempre in gabbia, ma al sicuro. Se infatti, come sperano gli inquirenti, uno o più indagati "confesseranno il colposo", se la caveranno con poco, le accuse della Alletto troveranno conferma e lei non sarà travolta da nessuna "catastrofe" e da nessuna "valanga", come invece dirà più volte in seguito per giustificare il suo lungo silenzio. Ma se continuerà a negare di essere entrata nella sala assistenti il 9 maggio, vi sarà per lei l'arresto per concorso in omicidio con Liparota e Ferraro, con l'inevitabile corollario della perdita del posto di lavoro per insufficiente invalidità. Glielo fa capire chiaramente La Speranza: esprimendosi sempre "in negativo", le dice subito ”Per il suo posto, non deve avere nessun tipo di problema ... "; la rassicura che, una volta identificato lo sparatore (non si sa da chi e come), "della sua malattia ... non m'interessa più nulla ...". In quei giorni, che videro l'arresto (chiaramente strumentale) di Romano e i titoloni "La morsa delle indagini si stringe", la Alletto deve aver fatto continuamente un bilancio costi/benefici, mettendone al corrente i colleghi: "Me conviene de di' ..."; "Forse però nun me conviene..."; "Me se poi dico che c'ero, dovrò pure di' ...". Questo calcolo di convenienza la porterà infine ad accusare, insieme ai suddetti coindagati, i cui nomi le erano stati già fatti l'11 giugno, anche 41 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Scattone, già da tempo nel mirino degli inquirenti. Il calcolo stesso è fondato peraltro su dati erronei, o ipotetici, o inventati forniti dai medesimi: 1) la convinzione, nata da un grossolano errore tecnico iniziale, ma trasmessa come una "certezza" a tutti gli interrogati, che il colpo è partito dalla stanza 6; 2) la tranquillizzante ipotesi del delitto colposo, sostenuta da La Speranza e assiduamente ribadita da Di Mauro, utile per "ridimensionare" la gravità del reato, facilitando così la confessione degli indagati e alleviando la responsabilità che la Alletto si assume accusandoli; 3) le informazioni sulle tre persone (la stessa Alletto, Liparota e forse Ferraro) che la Lipari ha finora collocato nella stanza 6, ma che adesso diventano, per autonoma iniziativa degli inquirenti, dapprima "tre o quattro" e poi senz'altro "quattro", obbligando la Alletto, che già aveva chiesto ingenuamente al P.M. "Ma non si sa chi sono questi?", a porre al cognato la logica e cruciale questione: "Bisognerebbe sapere chi è quell'altro oltre a Ferraro". "Quell'altro" sarà Giovanni Scattone, l'unico "cretino" rimasto disponibile per la bisogna: contrariamente a Ferraro, sa sparare (ha fatto il servizio di leva nei Carabinieri), è destro, dà del tu alla Lipari, e nella tarda mattinata del 12 giugno l'inquirente Intini lo interroga con inconsueta insistenza, per assicurarsi che non abbia un alibi di ferro. 3.3. Francesco Liparota La persona che conosce più a fondo Liparota, il neuropsichiatra che lo ha in cura da alcuni anni, lo ha descritto in Assise come un soggetto depresso e nevrotico, sempre timoroso di sbagliare, che "vive con insicurezza le sue esperienze quotidiane" e "affronta la realtà a seconda delle sue paure". La realtà psicologica di Liparota è una sola: angosciosa incertezza sui propri ricordi, paura, panico. Da questa sua fragilità psichica - che peraltro non incide minimamente sulle sue facoltà intellettive - gli inquirenti hanno cercato di trarre vantaggio. Il 21 maggio Liparota e la Alletto sono i primi a essere sentiti dagli inquirenti, e Liparota viene subito accusato di "truffa ai danni dello Stato" per aver timbrato irregolarmente dei cartellini di presenza, adeguandosi per quieto vivere a un preesistente tacito accordo tra gli altri dipendenti. I suoi timori per i cartellini truccati fanno il paio con i timori della Alletto per la sua insufficiente invalidità: riguardano fatti che non hanno niente in comune con l'omicidio, ma che valgono a "tenere in pugno" le persone interrogate. In tutti i verbali di sommarie informazioni Liparota ripete di 42 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 non ricordare che cosa abbia fatto la mattina del 9 maggio, per lui priva di avvenimenti particolari, e quindi di non poter escludere le altre possibilità che gli vengono prospettate dagli inquirenti: la progressione di questi interrogatori sempre più stringenti - da lui avvertita come opprimente e minacciosa - serve a fargli confermare ciò che la Lipari ha finalmente "ricordato" nelle prime ore del mattino del 22 maggio, dopo aver fornito per circa dieci ore agli inquirenti le più svariate e spesso fantasiose informazioni. Solo la realtà umiliante del carcere, vissuta per un paio di giorni, e più ancora la terrificante prospettiva di rimanervi a tempo indeterminato, esposto (come hanno cura di fargli sapere gli agenti che continuamente gli tengono compagnia) a orribili vessazioni, faranno decidere Liparota ad accusare, tra mille incertezze e ripensamenti, i due colleghi d'Istituto, dai quali in seguito dichiarerà di non aver mai ricevuto minacce, e con cui ha mantenuto i consueti rapporti amichevoli per tutto il periodo tra l'omicidio e gli arresti. Dalla trascrizione integrale di questo incredibile interrogatorio appare evidente che Liparota, lungi dal riferire spontaneamente i suoi ricordi, non fa altro che cedere alle insistenze del P.M. La Speranza, efficacemente coadiuvato dal G.I.P. Muntoni, ossia da quel "giudice terzo" che in teoria dovrebbe garantire la regolarità delle indagini preliminari. Subito dopo le accuse, per iniziativa dello stesso P.M., Liparota viene assegnato agli arresti domiciliari; ma il giorno dopo, tormentato dall'insicurezza dei suoi ricordi, che forse lo ha portato a incolpare due innocenti, ritratta davanti a un indignato Procuratore Ormanni le sue dichiarazioni accusatorie. Questa ritrattazione, insieme alla decisa ricusazione di ogni addebito da parte di Scattone e Ferraro, rompe quel cerchio di autoaccuse o di accuse incrociate su cui gli inquirenti contavano. Liparota ha parlato in aula una volta sola, il 10 febbraio 1999, rendendo una lunga e dettagliata dichiarazione spontanea nella quale ha affermato testualmente: "Sono certo ... che io non ho mai vissuto la scena raccontata dalla signora Alletto, mai, e che ... la mattina del 9 maggio non sono mai stato contemporaneamente alla signora Alletto, al dottor Ferraro e al dottor Scattone nell'aula 6, e tanto meno [contemporaneamente] alla dottoressa Lipari". Questa dichiarazione, ripresa quasi per intero e trasmessa più volte in televisione, colpisce chiunque per la sua convincente e drammatica sincerità, che conferisce a quest'uomo, così spesso ingiustamente bistrattato, una dignità inattesa, una luce di umanità, in un processo abitualmente squallido, ma la motivazione della prima 43 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 sentenza d'Appello la ritiene mendace, mentre considera attendibili le goffe e inautentiche accuse del 16 giugno 1997. 3.4. Rosangela Villella Dalla trascrizione integrale dell'interrogatorio in carcere di Francesco Liparota, condotto il 16 giugno 1997 dal P.M. La Speranza e dal G.I.P. Muntoni, risulta evidente il modo in cui Liparota, nonostante i ripetuti dinieghi, fu portato infine a dichiarare di essersi confidato con sua madre, Rosangela Villella, sui fatti a cui egli avrebbe assistito nella stanza 6. Subito dopo questa dichiarazione, i difensori di Liparota si recano a informare sua madre dell'esito dell'interrogatorio. In attesa del ritorno a casa di Liparota, assegnato come si è detto agli arresti domiciliari, la Villella sottoscrive un verbale, redatto a mano sul momento, che contiene un resoconto molto sommario delle presunte confidenze ricevute. In tal modo una nuova "testimone" viene ad aggiungersi alla Alletto e a Liparota. In primo grado la Villella si avvarrà della facoltà di non rispondere, ma la Corte d'Assise e poi quella d'Appello sosterranno l'utilizzabilità di questa "testimonianza". Nelle motivazioni la prima Corte d'Appello, dopo un approfondito esame tecnico della questione, "ritiene certo che la Villella abbia fatto la cosa più naturale che una madre potesse fare in quelle circostanze: confermare le dichiarazioni del figlio"; ciò nonostante, non attribuisce alla "testimonianza" materna alcun valore probatorio. 3.5. Giuliana Olzai Le "testimonianze" della Olzai, sono anch'esse molto tardive. La prima è del 9 luglio 1997, due mesi dopo il delitto; la seconda, che modifica e integra opportunamente la precedente, è del 24 settembre. Nella prima "testimonianza" la Olzai dichiara di aver visto il 9 maggio, nell'atrio al pianoterra di Statistica, due giovani "visibilmente agitati", l'uno di fronte a lei e l'altro di spalle: quello di fronte, in cui poi la Olzai riconoscerà Scattone, "aveva una camicia chiara aperta sul collo" (così lo aveva descritto la Alletto). Sebbene fosse "rimasta molto colpita da quei due giovani" e ne avesse "ricevuto un'impressione molto negativa", la Olzai non associa "questa impressione a nulla di concreto" (per esempio, all'omicidio di Marta Russo ...) e non ritiene di dover riferire il fatto alla Polizia. Il 13 giugno, cioè più di un mese dopo, riconosce all'Università uno dei giovani visti 44 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 il 9 maggio, due giorni dopo lo rivede in TV come Scattone, accusato di aver sparato a Marta Russo, e si sente "balzare il cuore in gola", ma attende ancora 24 giorni prima di decidersi a riferire i suoi ricordi a un giornalista e infine agli inquirenti. Il 15 giugno la Olzai riconosce in TV anche Ferraro, senza esserne però altrettanto sicura, di lui ricorda molti dettagli, ma non fa nessun accenno a una borsa o a una valigetta che avesse in mano. Il 24 settembre, quattro mesi e mezzo dopo aver visto per un attimo Ferraro, la Olzai, richiesta dal P.M. "di essere più precisa su alcuni particolari", dichiara: "L'altro, che era di spalle, ora posso dire che era Ferraro", perché "quando mi sono rivolta a loro ... anche Ferraro si è girato verso di me". "Ho ben impresso il suo viso". Le altre "precisazioni" tendono tutte a rendere la prima "testimonianza" maggiormente conforme ai dati di fatto e alle dichiarazioni della Alletto. In particolare, la Olzai ora afferma: "Sono sicura che Ferraro aveva in mano una borsa o una valigetta". È la borsa in cui, secondo la Alletto, Scattone avrebbe riposto la pistola: era quindi indispensabile che la Olzai colmasse la lacuna esistente a tale proposito nella sua prima dichiarazione. 4. In Corte D’appello Il processo d'Appello è stato una gran delusione per gli imputati e una gran perdita di tempo per tutti. Questo processo avrebbe dovuto rimettere le cose a posto: tener conto delle perizie - favorevoli agli imputati - ordinate dalla Corte d'Assise e disattese dalla medesima; utilizzare correttamente le numerose testimonianze a favore degli imputati e l'enorme mole di intercettazioni telefoniche e ambientali (in cui c'è veramente di tutto, dalla mistica alle ricette di cucina, ma non appare mai il nome di Giovanni Scattone); mettere insomma ordine e fare pulizia in un processo che per il cittadino comune è diventato un rebus. Ha fatto invece due sole cose utili: ha riconosciuto esplicitamente che la Lipari non ha mai visto Scattone né ha parlato di lui con nessuno, e ha tolto rilevanza concreta al "verbalino" sottoscritto dalla madre di Liparota per evitare a suo figlio il carcere. Per poter proclamare che erano stati compiuti tutti i tentativi per arrivare alla verità, è stato riaperto il dibattimento: ma vediamo in che cosa sono consistiti questi tentativi. È stato anzitutto accertato che effettivamente la mattina del 9 maggio 1997, essendo stato revocato lo sciopero dei mezzi, Scattone può aver 45 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 preso l'autobus 310. A parte il fatto che la revoca era già apparsa sui giornali dell'8 maggio, vi pare possibile che se il 9 quell'autobus non avesse funzionato, l'Accusa e la Parte civile non lo avrebbero fatto presente già in Assise, per sbugiardare l'imputato? È stata poi richiamata in aula la Alletto, con grande gioia di cronisti e fotografi, a parlare unicamente del "quarto uomo", senza nessuna speranza che potesse dire qualcosa di nuovo. Quanto alle perizie, quella sui residui di sparo ha confermato pienamente la perizia di primo grado circa l'incompatibilità tra il proiettile letale e la particella (comunque non esclusiva di sparo) dalla quale erano partite l'indagine sulla stanza 6 e l'intera ricostruzione accusatoria. L'elefantiaca perizia balistica, fondata sulle ipotesi di partenza più svariate, è servita solo a concludere malinconicamente che è impossibile identificare con certezza da quale delle moltissime finestre "compatibili" sia partito il colpo, perché non è dato conoscere l'esatta postura del capo e del busto della vittima al momento dell'impatto. Non è stata peraltro ammessa in sede di Appello un'ulteriore perizia, che avrebbe potuto risultare decisiva: quella sulle fibre di vetro trovate sul proiettile e sui capelli della vittima, che abbondano nel bagno dei disabili, mentre mancano nella stanza 6. 5. Le Sentenze La sentenza di primo grado viene definita "non convincente, di compromesso, corporativa, piena di dubbi, ambigua, pavida, paradossale". I commentatori criticano la derubricazione da volontario a colposo come "una trovata", come "un'ambigua via mediana ... per non sconfessare totalmente l'Accusa e non infierire sugli imputati"; criticano la mancanza di movente, le pene inflitte per la detenzione e il porto di un'arma di cui non si sa nulla, il fatto che le perizie, eseguite con grave ritardo, sono state disattese dalla stessa Corte che le aveva ordinate; ritengono "insufficienti, tardive, incerte e contraddittorie" le testimonianze, in particolare quella decisiva della Alletto; osservano che i testimoni a discarico sono stati spesso intimiditi, minacciati d'incriminazione o incriminati; considerano nel suo insieme la sentenza come "un'ingiustizia all'italiana"; come "una delle più criticabili e contraddittorie mai emesse", e concludono che questo processo, divenuto "un affare di Stato" e condizionato dal clamore mediatico e dall'emotività popolare, è "la negazione del giusto processo", 46 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 e rimarrà come "esemplare della giustizia italiana degli anni Novanta". Ma la critica più severa e più amara è quella coraggiosamente espressa, pochi giorni prima della sentenza, dal presidente del Tribunale di Roma: "Il processo Russo è sfuggito di mano a tutti e non sapremo mai la verità".20 La sentenza di secondo grado viene anch'essa criticata, essenzialmente per le stesse ragioni, dagli esperti giudiziari e dagli editorialisti, che la giudicano "un'altra sentenza di compromesso", una "terza via" che non cancella i moltissimi dubbi e interrogativi. "Non vi è alcun motivo che spieghi l'atto colposo"; praticamente inutili sono risultate le nuove perizie, "che hanno fornito solo ipotesi di compatibilità"; concordemente negativi sono i giudizi sulle testimonianze, ritenute "insufficienti, incerte, contraddittorie", e soprattutto sui modi della loro acquisizione. Sono stati sottovalutati il video shock e le intercettazioni, che invece avrebbero dovuto essere "le chiavi di volta per arrivare alla decisione"; i testimoni sono stati "irretiti, condizionati, minacciati con il sospetto o l'accusa di reticenza, di favoreggiamento e addirittura di concorso in omicidio"; il racconto di alcuni tra loro è "tardivo, incerto e strappato con le tenaglie". 6. Le Perizie e gli accertamenti fattuali 6.1. I residui di sparo La ricostruzione faticosamente elaborata dagli inquirenti è partita da un grossolano errore di fatto e di metodo. Sono state considerate "residui univoci di sparo" particelle contenenti antimonio e bario, ma prive di piombo, richiesto invece dai protocolli più aggiornati; e soprattutto non si è preventivamente accertato quali elementi chimici contenesse l'innesco del proiettile. Solo nel febbraio 1999, e poi nel novembre 2000 - rispettivamente 20 e 41 mesi dopo gli arresti - i risultati delle perizie ordinate dalla Corte d'Assise e dalla Corte d'Appello hanno fornito la certezza che la presenza di antimonio nelle particelle esaminate non solo non garantiva, ma anzi escludeva che si trattasse di residui dello sparo che aveva ucciso Marta Russo. C'è voluto ancora un anno perché la 20 www.zibaldoni.it 47 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Corte di Cassazione riconoscesse, nella sentenza del dicembre 2001, questo gravissimo errore iniziale, che è all'origine di tutte le successive deviazioni. 6.2. La traiettoria del proiettile Nelle indagini preliminari e nei processi di primo e secondo grado sono stati usati metodi d'indagine sempre più complessi e sofisticati, per arrivare, 43 mesi dopo gli arresti, alle sconsolate conclusioni dell'ultima perizia balistica: per identificare, fra i tanti possibili, l'effettivo punto di partenza del colpo mortale bisognerebbe conoscere le posizioni assunte dalla testa e dal busto della vittima al momento dell'impatto, posizioni che purtroppo non sono desumibili da elementi di fatto accertati. Questa realtà era evidente fin dall'inizio: è "scientificamente corretto" ostinarsi per anni - due dei quali trascorsi dagli imputati in stato di detenzione - a cercare una "certezza" che già si sapeva inesistente? L'alternativa era però una sola: avere il coraggio di rinnegare un'indagine sbagliata in partenza. 6.3. La provenienza del proiettile e quella del rumore In questo caso, i risultati delle ricerche scientifiche più aggiornate sono confermati dalla "comune esperienza" quotidiana: l'uomo non ha la capacità, di cui sono invece dotate alcune specie animali, di individuare prontamente e con sicurezza la provenienza di un rumore, specialmente se sordo, isolato e imprevisto. Per questa ragione, tutti i tentativi di confermare la provenienza dello sparo dalla stanza 6 con dichiarazioni di testimoni - risultate comunque incerte e difformi tra loro non potevano portare a nessuna indicazione precisa. 48 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 6.4. La valutazione esatta dei tempi Un tipico esempio dell'incredibile superficialità con cui sono state condotte le indagini è dato dal fatto che nel primo interrogatorio-fiume della Lipari le furono mostrati i tabulati telefonici del centralino dell'Università, le cui modalità di registrazione sono diverse da quelle dei tabulati della Telecom; questi ultimi sono stati acquisiti solo molti mesi dopo, quando il processo di primo grado era ormai in fase avanzata. Per tutto quel tempo, si è continuato a discutere animatamente su una versione dei fatti non rispondente alla realtà : quella secondo cui la Lipari, dopo una prima telefonata dalla stanza 6 a casa di suo padre (ore 11.44), sarebbe uscita dalla stanza e sarebbe stata per circa quattro minuti in giro per l'Istituto, rientrando alle 11.48 nella stessa stanza per telefonare allo studio del padre. In conformità di tale versione, l'8 agosto 1997 (tre mesi dopo i fatti) la Lipari, essendo "arrivata a rammentare con certezza altri particolari, di cui adesso ho un ricordo preciso", dichiara testualmente alla Digos: "Appena sono uscita dalla stanza 6...ho visto due persone nel corridoio, venire da sinistra ... Una era un po' indietro ed era sicuramente persona da me conosciuta...e diversa da Ferraro. Anche se ho l'impressione che questa persona potrebbe essere Scattone, perché aveva la sua fisionomia e, come detto, era una presenza abituale in Istituto, tuttavia non lo posso affermare con certezza perché non l'ho guardato in faccia, voglio dire non mi sono soffermata sul suo volto. Siamo certamente di fronte a un essere straordinario: non viene riconosciuto "con certezza" dalla Lipari, che però "sicuramente" lo conosce. L'acquisizione dei tabulati della Telecom (febbraio 1999), ha dimostrato in modo definitivo che le cose sono andate diversamente. La prima telefonata della Lipari è iniziata alle 11.44.30 ed è terminata alle 11.44.46; la seconda è iniziata alle 11.45.09, a soli 23 secondi dalla fine della prima: giusto il tempo di formare il nuovo numero. Non c'è stato quindi nessun intervallo di quattro minuti tra le due telefonate, nessuna uscita della Lipari dalla stanza 6 e nessuna possibilità d'incontrare il singolare individuo da lei descritto. Del resto, non è certamente questo l'unico caso in cui la Lipari applica le sue notevoli capacità immaginative alle informazioni e ai suggerimenti forniti dagli inquirenti. 49 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 6.5. L'ora dello sparo Un dato a cui le Corti giudicanti hanno dedicato molte cure è l'ora dello sparo, fissata alle 11.42, "secondo più, secondo meno". L'ora dello sparo non può essere esattamente definita mediante controlli incrociati, ma dev'essere in qualche modo "calcolata". Essa ha subito una specie di "trascinamento" verso l'ora certa, stabilita come si è visto dai tabulati Telecom, in cui ha avuto inizio la prima telefonata della Lipari dalla stanza 6, e cioè le 11.44.30: poiché la Lipari ha dichiarato più volte (con la conferma della Alletto) di aver formato il numero non appena entrata nella stanza 6, si può ritenere che ciò sia avvenuto, "secondo più, secondo meno", intorno alle 11.44.15. In un'intercettazione telefonica del 7 giugno 1997 la Lipari dice candidamente: "[Gli inquirenti] dovrebbero... in pratica, talmente restringere i tempi tra... tra lo sparo e la mia entrata in questa stanza, da costituirmi come prova oggettiva". Insomma, tutti si danno da fare per rendere il più possibile vicini tra loro l'istante dello sparo e quello dell'ingresso della Lipari. Il motivo è evidente: c'è fra i due istanti un "tempo morto" inspiegabile. La Alletto dice che dopo lo sparo nella stanza 6, in cui secondo l'accusa erano presenti quattro persone, "cadde il gelo", "un gelo assoluto", e che "nessuno disse una parola": a cominciare da lei, che più di chiunque altro avrebbe dovuto essere sorpresa da un fatto così grave e imprevedibile, avrebbe dovuto avere immediatamente una qualche reazione istintiva, chiedere spiegazioni sull'accaduto ... Niente di tutto ciò: tutti fermi, tutti zitti. "Tempi morti" così prolungati non sono assolutamente credibili, e basterebbero da soli a togliere ogni verosimiglianza ad una ricostruzione già per tanti versi zoppicante. 50 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 CAPITOLO 3 VALUTAZIONE DEGLI ATTI DEL PROCESSO Dichiarazioni rese da Maria Chiara Lipari alla Polizia ed al Pubblico MinisteroIntercettazioni telefoniche sull’utenza in uso alla Lipari e Tabulati Telecom ed Università 1. Interrogatorio del 21 maggio 1997, ore 16.15-19.30 Nelle prime dichiarazioni rese da Maria Chiara Lipari alla Polizia ed al Pubblico Ministero il 21 maggio, durante la prima seduta dell’interrogatorio che si è svolto dalle ore 16.15 alle ore 19.30, a 12 giorni di distanza dall’omicidio di Marta Russo, vi sono una serie di ricordi che vengono riferiti con una certa precisione e sicurezza e che verranno confermati ripetutamente senza sostanziali modificazioni negli interrogatori successivi, in varie telefonate ed in Corte d’Assise. La Lipari ricorda ancora di essere andata nella sala di fronte a quella Assistenti per inviare il fax, che non funzionava, di aver parlato di questo con il Dott. Basciu, Direttore della Biblioteca, di aver provato a telefonare, ma senza ottenere risposta. Inoltre, dice a Gabriella che avrebbe fatto una copia del fax che poi avrebbe spedito dallo studio del padre. Mentre faceva la fotocopia Maria telefonava al collega Fiorini con il quale ha parlato a telefono. Fiorini era a casa. La teste ricorda bene il numero di telefono 33612989. Afferma poi: ‘se non ricordo male, subito dopo sono entrata nella sala Assistenti per telefonare a mio padre che ha tre linee’. Ricorda bene i tre numeri di telefono del padre e riferisce di avere digitato il primo dei tre numeri, 35497419. Alla teste pare che nella sala Assistenti non vi fosse nessuno.21 La maggior parte dei ricordi di questa prima seduta sono molto precisi e la teste li racconta con relativa sicurezza senza partire da vaghe sensazioni. Per alcuni fatti ricordati esistono prove oggettive. Il numero di telefono di Fiorini e quello dei tre numeri del padre che è stato digitato, saranno confermati poco dopo dai tabulati del centralino dell’Università e della Telecom messi a disposizione della Polizia e del Pubblico Ministero. Della copia della lettera scritta al Prof. Biser esiste traccia documentale allegata agli atti. Sembra che anche il fatto che il fax non fosse funzionante trovi successivi riscontri. Questi ricordi verranno confermati con 21 http://hal9000.cisi.unito.it 51 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 piccole non sostanziali modificazioni negli interrogatori successivi, in varie registrazioni telefoniche ed in Corte d’Assise. Si può pertanto affermare che questi ricordi, che appartengono alla memoria a lungo termine, e cioè costituite da tracce di memoria che la Lipari ha conservato, sono stati rievocati senza sforzo, senza dubbi e riserve, senza ricorrere a ragionamenti, tentativi di associazioni, deduzioni e illazioni. Esse appartengono pertanto al gruppo delle memorie relativamente affidabili. L’unica forma dubitativa espressa dalla Lipari è se nella stanza Assistenti vi fosse qualcuno, e la risposta è decisamente verso la negazione: ‘mi pare che nella sala Assistenti non vi fosse nessuno’. 2. Interrogatorio del 21 maggio 1997, inizio ore 22.30 Nella seconda seduta dell’interrogatorio del 21 maggio che inizia alle ore 22.00, alla Lipari viene mostrato un tabulato delle telefonate in uscita dalla sala Assistenti dal quale risultano due telefonate. La prima, delle ore 11.44, è indirizzata all’abitazione del padre, della quale la teste non aveva avuto ricordo nella seduta precedente. La teste ricorda ora senza dubbio che da casa ‘non ha risposto nessuno’. Resta da chiarire come mai dal tabulato dell’Università risulta che vi è stata risposta con uno scatto. L’altra, delle ore 11.48 al n. 35497419 corrisponde allo studio del padre. Di questa telefonata la Lipari aveva riferito nella prima seduta a conferma che la teste aveva ricordato bene il numero effettivamente digitato tra i tre possibili. Sul ricordo di aver effettuato quest’ultima telefonata non emergono dubbi di affidabilità, ricordo confermato, peraltro, dai tabulati. Colpisce, invece, quanto accaduto nel cambiare il ricordo da una a due telefonate dopo la presentazione del tabulato dell’Università sulle telefonate in uscita dalla Sala Assistenti. Lo scarto temporale fra le due telefonate sarebbe stato di 4 minuti. La prima telefonata a casa del padre (quella che la teste non aveva ricordato, e che poi risulterà connessa ad immagini e sequenze di spiccata rilevanza) è delle ore 11.44, mentre la seconda (quella che la teste aveva ricordato nel primo interrogatorio delle ore 16.15 specificandone la collocazione entro una dettagliata rievocazione di fatti e circostanze) sarebbe iniziata alle ore 11.48. 52 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 I tabulati Telecom che registrano l’inizio delle telefonate dimostrano che la separazione tra le due telefonate non esiste. Ciò è confermato dal fatto che gli orari delle 11.44 e delle ore 11.48 riportati nei tabulati dell’Università si riferiscono alla fine delle due telefonate, la prima della durata di 16 secondi e la seconda della durata di tre minuti e 38 secondi. Quindi, i quattro presunti minuti d’intervallo tra le due telefonate sono stati spesi a telefonare e non ad uscire, compiere un certo percorso nell’Istituto e rientrare per la seconda telefonata. Ciò dimostra coi fatti che il ricordo della Lipari è stato influenzato dall’esterno. In altre parole, la ricostruzione della Lipari, circa i fatti e le attività da collocare nell’arco di tempo compreso fra le due telefonate è smentita ‘per tabulas’. In conclusione, saldate le due telefonate in un contesto temporale senza una percepibile soluzione di continuità diventa difficile immaginare come si siano potute scorporare, nel corso del primo interrogatorio iniziato alle ore 16.15 del 21 maggio, quelle immagini, se non sollecitate almeno ipotizzate dall’inquirente: ‘mi pare che nella sala assistenti non vi fosse nessuno’. La teste, inoltre, esprime incertezza sulla presenza di altre eventuali persone nell’aula Assistenti durante la prima telefonata: ‘non sono sicura se dentro vi fosse qualche altro collega’. E poi: ‘… mi è sembrato che è uscito dalla stanza qualcuno frettolosamente’. Alla teste sembra ancora di ricordare che qualcuno è uscito dalla stanza ‘bofonchiando qualcosa’. Il dubbio rimane anche sull’identificazione della voce: ‘forse ho riconosciuto la voce, ma non mi sento di dire chi fosse’. Successivamente dice: ‘adesso che faccio mente locale mi pare anche di ricordare che la stanza non fosse vuota, non so spiegare quante persone vi fossero, ma non ho avuto la sensazione del vuoto. Non mi pare ci fossero donne’. Poi ancora: ‘preciso che ho avuto la sensazione di un certo movimento’ ed infine ‘mi sembra ci fosse Simari Andrea … persona diversa da quella che mi ha salutato bofonchiando qualcosa’. La lunghezza dell’interrogatorio, i ricordi sotto forma di sensazioni, l’emergere dei ricordi in maniera graduale da ‘non sono sicura se dentro vi fosse qualcuno’, ‘non ho avuto le sensazione del vuoto’ fino a qualcuno che bofonchia qualcosa e poi la presenza probabile di Simari, comunque persona diversa, indicano chiaramente che la teste fa uno sforzo notevole di ricostruzione del ricordo, che comunque rimane ancora molto incerto, ed è catalogabile come memoria del tutto ricostruita e pertanto di dubbia affidabilità. Avvalora la conclusione il contrasto fra tutte queste incertezze e le precise e sicure 53 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 affermazioni del primo interrogatorio. La mancanza delle domande poste alla teste durante l’interrogatorio non permettono di fare affermazioni sulla possibile presenza di fenomeni di suggestione che, qualora presenti, avvalorerebbero ulteriormente la detta conclusione. Più avanti vedremo che da varie telefonate e dagli interrogatori in Corte d’Assise e per ammissione della stessa teste, fenomeni di suggestione si sono effettivamente verificati. Nel resto dell’interrogatorio la teste ricorda poi con precisione l’ora d’uscita dall’Istituto ed il ritorno alla macchina alle ore 12.10. Interessante è l’affermazione di aver parlato con Gabriella: ‘nei giorni successivi al nove maggio ho avuto modo di parlare dell’accaduto con Gabriella che, almeno un paio di volte, mi ha detto: ha visto che brutta cosa questa della ragazza, noi in quel momento stavamo lì a mandare il fax e con il mio collega Fiorini’. Questo induce a pensare che l’identificazione di Gabriella nella stanza Assistenti che verrà fatta nei successivi interrogatori, sia attribuibile anch’essa a processi di memoria totalmente ricostruita, altrimenti la teste avrebbe risposto: ‘Gabriella eravamo insieme nell’aula Assistenti!’. 3. Interrogatorio del 22 maggio 1997 Dalle dichiarazioni della Lipari rese alla Polizia ed al Pubblico Ministero il 22 maggio con inizio alle ore 1.40, si evince che le sono state riformulate le stesse domande delle due precedenti sessioni del 21 maggio. Esiste qualche incertezza sull’ora degli spostamenti, incertezza peraltro già ammessa nel primo interrogatorio e giustificata dal non portare l’orologio. Tale incertezza viene ribadita in Corte d’Assise (udienza 14 luglio 1998): ‘… non ho molta dimestichezza con le misure proprio, cioè non … non porto l’orologio da sempre, … quindi non … non ho grossa dimestichezza con il tempo’. Nella sala cataloghi ricorda senza dubbi la presenza di Liparota. Ricorda anche la presenza in Segreteria di una studentessa mandata dal Prof. Cafaggi ed una telefonata a Laura Schiuma, due eventi non riportati nei precedenti interrogatori. Si noti come la memoria sia molto precisa sull’orario della telefonata alla Schiuma alle ore 10.50, fatto che contrasta con le affermazioni precedenti di incertezza sugli orari visto che non portava l’orologio e non aveva dimestichezza con il tempo. Siccome l’orario delle 10.50 viene riferito come controllato sui tabulati, rimane pertanto legittimo il dubbio che tale memoria sia stata influenzata da fenomeni di 54 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 suggestione. La teste conferma anche le fotocopie del fax, l’incontro con il Dott. Basciu per dirgli che il fax non funzionava. La conferma degli episodi già riportati negli interrogatori precedenti avvalora l’affidabilità di tali ricordi. Così non è invece nella seconda parte dell’interrogatorio del 22 maggio quando si tratta di ricordare nuovamente i fatti avvenuti durante la telefonata delle 11.44 e precisamente sulla presenza di altre persone nell’aula Assistenti. Il ricordo continua a modificarsi in crescendo, segno evidente di un fenomeno di memoria ricostruttiva. Quella che era la sensazione del non-vuoto, la quale era già diventata la presenza di due persone, nessuna di sesso femminile, è ora diventa ‘la presenza di due forse tre persone, una probabilmente di sesso femminile’. Si noti che tutte le persone erano verso il centro della stanza alla sinistra della teste, e nessuno vicino alla finestra, ricordo che verrà poi cambiato successivamente. La ricostruzione va avanti con un ragionamento logico: ‘voglio precisare che si trattava certamente di persone dell’Istituto, perché la mia attenzione non è stata attratta dal fatto che si trattasse di presenze inusitate e quindi la sensazione (si noti l’uso reiterato della parola sensazione) era che si trattasse di un fatto di assoluta normalità’. La sensazione di assoluta normalità, tuttavia, contrasta con affermazioni successive della stessa teste che riferirà di essere stata colpita dal fatto inusitato della presenza di Liparota e della Alletto nella stanza dove essi non andavano mai. Il ricordo ‘cresce’ e una delle persone viene identificata come Liparota, mentre si riporta un’altra sensazione di aver visto Mancini. Da un altro ragionamento emerge che ‘Liparota non può essere la persona che ha bofonchiato “Ciao”, perché questi non mi dà del tu’. Il ricordo si arricchisce anche sulla Alletto rannicchiata a terra tra il fax e la copiatrice con Liparota che le parla all’orecchio. Ne segue un’altra ricostruzione di memoria con la presenza della Alletto nell’aula Assistenti durante la telefonata delle 11.44. Dalla sensazione del non-vuoto, all’assenza di presenze femminili, l’associazione Liparota-Alletto porta all’identificazione della Alletto nella stanza con tutte le caratteristiche di una memoria ricostruita per logica in forma deduttiva. Dunque, l’affermazione del 21 maggio ‘la mia attenzione non è stata attratta dal fatto che si trattasse di presenze inusitate’diventa ora una presenza inusitata. Anche dall’interrogatorio della Lipari del 22 maggio si evince che alcuni ricordi confermano pienamente le dichiarazioni precedenti che avevamo giudicato affidabili, mentre per quanto riguarda l’identificazione delle persone nell’aula Assistenti i ricordi presentano le 55 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 caratteristiche di ricordi ricostruiti con aspetti di ragionamento, di deduzione e di associazione. Pertanto, questi ricordi confermano il dubbio sulla loro affidabilità. 4. Le telefonate Sulla vaghezza dei ricordi iniziali e sulla loro graduale ricostruzione che si è verificata durante gli interrogatori fino alla data del 22 maggio, esistono documentazioni che si traggono da una serie di telefonate fatte dal 23 al 26 maggio prima del successivo interrogatorio che avverrà la sera dello stesso 26 maggio. Nella telefonata del 23 maggio (n. 002 delle ore 20.59) la teste dice al padre: ‘neanche mi ricordo con precisione quanti erano’. La frase della teste continua con ‘….ma so per certo che la cosa ha a che fare con quell’istituto perché li conosco….’. Questa affermazione rivela una posizione di preconcetto verso tutti i componenti dell’Istituto e fa ritenere che la teste sia polarizzata nella ricostruzione dei ricordi verso uno schema mentale e logico precostituito e senza caratteri di obiettività. ‘So di comportamenti strani anche nei giorni successivi’ dice ancora la teste (stessa telefonata). I colleghi dell’Istituto vengono categoricamente classificati come vigliacchi ‘che non stanno pensando che questa (Marta Russo) sta imputridendo sotto terra! Non vi è dunque dubbio che la teste ha già in mente una soluzione del problema orientata in una ben determinata direzione. Certamente per la teste la ricerca della verità va fatta nel suo Istituto dove tutti, dal Prof. Romano, ai colleghi ed al personale non docente, sono degni di sospetto. In altre parole la teste non ricorda, ma è sicura che i colpevoli siano lì dentro e ciò non aiuta la ricostruzione obiettiva dei ricordi. In una successiva telefonata (n. 008 del 24 maggio, ore 8.35) la teste dice al padre: … ma se fosse quel calabrese, quel calabrese ci ha … veramente ci può avere … proprio gli amici con le armi in casa in Calabria proprio sotto il cuscino … cioè quindi questo diventa veramente un modo di scherzare, e ci hanno preso, ce lo ripete anche quel Belfiore ad ogni … piè sospinto’ già troppo li ho aiutati perché non mi ricordo, non posso puntare il dito contro una persona che non sono sicura di aver visto’ Si noti che è proprio la Lipari ad affermare che Belfiore, Ispettore di Polizia, mentre interroga, ad ogni piè sospinto insinua dubbi sui presunti colpevoli. 56 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Questa è una classica forma di suggestione che trova terreno fertile nella memoria ricostruita a posteriori. 5. Interrogatorio del 26 maggio 1997 Dal verbale dell’interrogatorio del 26 maggio 1997 che ha avuto inizio alle ore 22,40 risulta che poco prima vi era stato un sopralluogo nell’Istituto di Filosofia del Diritto in presenza di Maria Chiara Lipari per aiutare a meglio ricostruire la presunta scena dell’omicidio. La teste, di fronte ad una piantina del detto Istituto ripete quanto ricorda di ciò che accadde il 9 maggio. Vengo invece ad analizzare le dichiarazioni su quanto accaduto durante la telefonata delle ore 11.44 fatta all’abitazione della madre. In seguito al sopralluogo effettuato poco prima la teste aggiunge nuovi elementi che sono in chiaro contrasto con quanto affermato nei precedenti interrogatori: ‘ho visto tre persone nelle posizioni da me indicate questa sera in sede di sopralluogo. Come ho indicato, una di esse, di sesso maschile, era sulla destra della stanza in prossimità della finestra e certamente altri due erano verso il centro della stanza leggermente sulla mia sinistra’. Il ricordo della posizione delle persone è mutato ancora una volta. Infatti, nel primo interrogatorio del 21 maggio la teste non aveva riferito nulla sull’episodio di avere visto persone nella sala Assistenti: ‘nella sala Assistenti non c’era nessuno’, non avendo ricordato la prima delle due telefonate. Anche nel secondo interrogatorio iniziato alle ore 22.00 del 21 maggio, quando è risultato dai tabulati delle telefonate in uscita dalla sala Assistenti, che vi sono state due telefonate, sulla prima delle ore 11.44 la test dichiara: ‘non sono sicura se dentro vi fosse qualche altro collega’, versione che aveva poi gradualmente modificato con ‘mi sembra che è uscito dalla stanza qualcuno frettolosamente’ e poi ‘bofonchiando qualcosa’. Il ricordo è ancora mutato rispetto alla posizione delle tre persone che durante il terzo interrogatorio del 22 maggio la teste riferisce tutte alla sua sinistra. Altra mutazione del ricordo consiste nel fatto che sempre in data 22 maggio la teste aveva dichiarato: ‘avevo la finestra di fronte che era illuminata dall’esterno, ma non ho visto nessuno vicino ad essa’. Nel suo crescendo di ricordi la teste ora identifica le due persone sulla sinistra come Alletto e Liparota. 57 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 La teste prosegue poi, nonostante la ricostruzione della scena dei manichini: ‘non riesco invece a ricordare, per quanti sforzi faccia, la fisionomia della terza persona di sesso maschile, che deve essere quella che mi ha salutato uscendo’. La frase ‘per quanti sforzi faccia’ è segno evidente della tendenza, che la teste esprime ripetutamente in molte occasioni, a ricordare per ricostruzione ed 22 immaginazione. 6. Interrogatorio del 27 maggio 1997 Nell’interrogatorio del 27 maggio la teste conferma alcuni ricordi che aveva espresso il giorno precedente, ma che non sarebbero stati verbalizzati. Durante il sopralluogo del giorno prima la teste aveva costatato di aver commesso un errore nel ricordare la posizione della Alletto fra il fax e la copiatrice. In realtà invece della copiatrice vi era uno schedario metallico. Evidentemente la teste nell’evocare il ricordo di questo evento aveva commesso l’errore di richiamare alla memoria un particolare che risaliva indietro nel tempo. Infatti, qualche tempo addietro vi era stata un cambiamento nella posizione di questi arredi. Tale errore si spiega con il fatto che la teste ha associato una memoria accumulata in un periodo precedente con una memoria di una realtà più recente (gli arredi sono stati effettivamente spostati). Tale errore può essere ritenuto fisiologico. Sulla presenza di Ferraro la teste riferisce che quest’ultimo ‘è un più che assiduo frequentatore dell’Istituto e quindi non posso dire se quel venerdì 9 maggio ci fosse o no’. Poi prosegue ‘mi sembra di ricordare’ (si noti l’incertezza del ricordo nel dire ‘mi sembra’) di aver scambiato con lui qualche battuta a proposito del libro di Pattaro, ma di questo però non sono assolutamente in grado di dire nulla di men che vago’. L’inaffidabilità del ricordo qui non richiede commenti, ma va sottolineato come successivamente il ricordo cambierà. Molto importante appare la successiva affermazione ‘… in uno dei verbali precedenti ho fatto il nome di Mancini è stato perché uno dei funzionari della Squadra Mobile me lo aveva suggerito come possibilità. Questa sconfessione di un ricordo conferma quanto sospettato sopra e cioè che la teste sia stata vittima di fenomeni suggestivi. D’altra parte a quell’epoca la possibile presenza di Mancini 22 http://hal9000.cisi.unito.it 58 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 si incastrava meglio nell’album dei ricordi ed il pezzo del puzzle aveva un senso. Aveva molto senso nell’ambito di quanto la teste aveva detto nell’interrogatorio della seconda seduta del 21 maggio a proposito di Fiorini: ‘non ricordo bene se in quell’occasione o in un’altra, mi ha detto più o meno sai che Mancini si occupava di armi? Adesso che ci penso meglio, non sono del tutto certa che me lo ha detto Fiorini. Io non ho mai saputo che il collega Mancini fosse un appassionato di armi, ne ho sentito parlare solo in quella circostanza’. 7. Confronto Lipari, Liparota Francesco e Liparota Fabio del 13 giugno 1997 La sera del 13 giugno alle ore 19.00 avviene il confronto fra Liparota Francesco, Maria Chiara Lipari. In questo verbale la Lipari conferma le precedenti dichiarazioni nelle quali individua la presenza della Alletto e di Liparota nella sala Assistenti durante la telefonata delle ore 11.44 facendo anche riferimento ad un parlottare tra Gabriella e Liparota. A questo punto è importante ricordare che il 14 giugno vengono arrestati Liparota, Ferraro e Scattone. 8. Le telefonate Il fatto che i ricordi della teste fossero di tipo ricostruttivo appare chiaramente dalle stesse parole della Lipari in una telefonata a Elisabetta (telefonata n. 598 del 16 giugno ore 10.24): ‘ ho avuto interrogatori perché all’inizio non ricordavo, perché non puoi distinguere un giorno dall’altro dall’altro facilmente’….’ad un certo punto a me mi si sono proprio schiarite le idee, … ho ricostruito a posteriori’ … ho tirato fuori una certa … esasperata percettività’. La modalità di ricostruzione ha un chiaro sapore psicoanalitico e la ricostruzione a posteriori dei ricordi è dichiarata dalla stessa Lipari. L’Ispettore Belfiore chiama Chiara Lipari a telefono (telefonata n. 606 del 16 giugno ore 14.11) chiedendole un colloquio per la necessità di altri chiarimenti alla luce di nuovi fatti. La Lipari chiede: ‘ma insomma le prove ci sono comunque’. La risposta di Belfiore: ‘e come no! … perché non ci dovrebbero essere’. Dopo uno scambio di reciproche lodi e dandosi del tu, Belfiore dice: 59 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 ‘nella vita bisogna avere anche delle intuizioni…. l’espressione dei visi almeno … riusciamo ad intuirlo’. L’insieme del contenuto della telefonata risulta un incoraggiamento alla Lipari a proseguire sulla strada dei suoi ricordi. La forte motivazione di Chiara a scoprire la verità per rendere giustizia alla vittima dell’assassinio risulta chiaramente nelle parole della teste a Maria a proposito della famiglia di Marta (telefonata n. 645 del 17 giugno ore 8.36): ‘alla famiglia gli hanno detto quello che io ho fatto e loro si sono commossi, solo questo mi interessa guarda’. Poi per giustificare il ritardo con cui ha ammesso la presenza di Alletto e Liparota nell’aula Assistenti dice: ‘dopo ore e ore, ma non per reticenza, proprio perché non mi ricordavo … finché non ti arriva una immagine visiva’ … quindi per questo ore e ore, ma perché non mi veniva una immagine visiva … non potevo essere sicura, mi sono andata … dovuta andare a ripescare la frase mentale che mi sono detta … in un lampo, te ne dici miliardi al giorno, miliardi … di frasi mentali … perché hai miliardi di stimoli. 9. Confronto fra Alletto e Lipari del 13 giugno Lo stesso giorno 13 giugno alle ore 20.30 vi è un confronto tra la Alletto e la Lipari. Ambedue confermano le loro versioni precedenti, con la Alletto che dichiara di non essere mai entrata nell’aula 6. 10. Interrogatorio del 19 giugno 1997 Il giorno 19 giugno nell’Ufficio del Procuratore della Repubblica Aggiunto Italo Ormanni, Maria Chiara Lipari conferma che quando entrò nella sala Assistenti ebbe la sensazione (si noti ancora l’uso della parola sensazione) netta che vi fossero più persone. Ma qui assistiamo ad un altro ricordo ancora diverso rispetto ai precedenti. Infatti le persone aumentano di numero: ‘certo più di due: molto probabilmente quattro’. Anche se la teste usa ‘probabilmente’ si conferma la tendenza della teste a ricostruire. 60 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 11. Interrogatorio del 8 agosto 1997 Dopo quasi tre mesi dal primo interrogatorio e dopo quasi due mesi dall’ultimo, la Lipari viene sentita nuovamente su propria richiesta per fornire ulteriori particolari di interesse. Ed ecco infatti che dalla ‘memoria nascosta’ vengono rielaborati altri ricordi. Ci tiene a dichiarare: ‘nelle precedenti verbalizzazioni, vista l’estrema gravità dei fatti, ho riferito solo tutte quelle circostanze di cui allora avevo un ricordo nitido e certo’. In realtà, anche questi ricordi sono diventati nitidi con il passare del tempo. La teste continua: ‘Via via, riflettendo e cercando di ricordare … sono arrivata a rammentare con certezza altri particolari di cui adesso ho un ricordo preciso’. Ecco le novità. Mentre nella seconda seduta del 21 maggio iniziata alle ore 22.00 la Lipari aveva detto: ‘non ho sentito alcun rumore che possa somigliare ad uno sparo in tutto il periodo in cui sono rimasta all’interno della stanza’, ora con la riflessione e cercando di ricordare, la versione cambia in: ‘ho sentito un rumore sordo, un tonfo’. Altro nuovo ricordo: ‘altra immagine che adesso ricordo con precisione è la figura di Salvatore Ferraro all’interno della stanza 6. In particolare ho focalizzato l’espressione del suo volto, che appena entrata era volto verso di me e, appena mi ha visto, si è voltato di scatto verso la finestra. Era pallido. Subito dopo che l’ho visto è uscito dalla stanza’. Ancora un mutamento di memoria: ‘ho avuto l’impressione (si noti l’uso “ho avuto l’impressione” invece di “ho visto”) che non uscisse una sola persona che mi ha salutato, ma due persone. Di questo ora sono certa.… per quanto riguarda l’altra persona che è uscita con Ferraro .… non ho un ricordo nitido e chiaro. Quando sono riuscita a ricostruire il ricordo ho avuto l’impressione (ancora un’impressione) che potesse essere Scattone’. Dall’analisi complessiva del verbale dell’8 agosto si evince una marcata tendenza della teste a trasformare “sensazioni” in fatti certi e precisi, ricchi di particolari. 12. Lo sparo Nella seduta del 13 luglio il P.M. Ormanni chiede alla teste se prima di entrare nell’aula Assistenti ha sentito qualcosa. La teste risponde: ‘… io me lo sono ricordato molto tempo dopo … mi sono ricordata di aver sentito un colpo … era come un botto insomma, questo però molto tempo dopo … è possibile definirlo un 61 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 tonfo’.23 Tuttavia, il fatto più importante è l’aperta conferma, da parte della stessa teste, della natura ricostruttiva del ricordo dello sparo che avviene varie settimane dopo gli arresti e che la teste ha riferito alla Polizia per la prima volta il giorno 8 agosto, anche se alla teste sembra che il ricordo sia affiorato ‘ un paio di settimane prima dell’8 agosto forse tre’: ‘… perché il rumore lo ricordo, ricordo di averlo sentito varie settimane dopo gli arresti … dopo gli arresti’. La ricostruzione avvenuta dopo due mesi dal fatto di qualcosa che a meno di due settimane dallo stesso veniva negato senza incertezze, fa sospettare fortemente che non si tratti di memoria distorta, ma di memoria del tutto impiantata a posteriori. Lo sforzo di concentrazione riferito dalla teste in più occasioni non depone a favore dell’affidabilità, ma a favore di una scarsissima, se non nulla affidabilità. Il fatto che la teste cercasse il solo recupero visivo, non pensando a quello acustico, sottolinea ancora di più di aver fatto uso della modalità del ricordo per immaginazione. 13. L’identificazione in aula Assistenti della persona dal viso pallido Nella seduta del 13 luglio il P.M. Ormanni interroga la teste sui motivi per cui non ha identificato subito la presenza dell’imputato Salvatore Ferraro. Ciò che qui interessa sapere è se la memoria appartiene al tipo ricostruito e con notevole fatica. La risposta è positiva da parte della stessa teste: ‘… ricostruire un ricordo … c’è una grossa fatica, insomma, perché ricostruire la memoria, non ha niente, cioè non ha niente di descrittivo proprio, non, proprio perché uno si deve ricordare, quindi è tutta una ricostruzione e la ricostruzione è sotto la tua responsabilità, ….’. Poi ‘Ferraro me lo sono ricordato in un lampo il sabato … il sabato mattina’. Il Presidente della Corte chiede se la voce di colui che ha detto “ciao Chiara” era di Ferraro. Si noti che la Lipari aveva ricordato in precedenza che la voce era di Mancini, ma poi aveva riconosciuto l’errore. Ora la risposta al Presidente è: ’la voce era quella di Ferraro, insomma, … la voce che mi saluta dicendo: “ciao Chiara”, era di Ferraro. In conclusione, la Lipari originariamente riconosce la 23 www.foroeuropeo.it 62 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 voce del “ciao Chiara” in Mancini, poi riconosce l’errore, anche perché le è stato suggerito da un funzionario della Squadra Mobile, poi riconosce la voce di Ferraro ed infine ammette di essersi sbagliata. Quindi il ricordo è dedotto per ragionamento. 14. Il probabile riconoscimento di Scattone Nella seduta del 13 luglio, a proposito della presenza delle persone nell’aula 6, il P.M. Ormanni chiede alla teste: ‘lei in un verbale successivo, ha aggiunto … alle presenze da lei già indicate, anche quella dell’imputato Scattone, successivamente anche agli arresti effettuati dalla Procura della Repubblica, sa dirmi la ragione per la quale fu fatta da lei questa precisazione successiva?’. Risposta della Lipari: ‘… io avevo avuto anche prima degli arresti, il sospetto di avere visto Scattone, cioè era un ricordo, però che aveva un ampio margine d’incertezza … perché non ci avevo mai, diciamo posato lo sguardo, fissato lo sguardo sopra … però sono ricordi che non hanno il carattere di certezza assoluta, perché io non ho posato lo sguardo, anche qui su Scattone’. Nella seduta del 14 luglio, sull’identificazione di Scattone la stessa Lipari non esprime certezze ed anche quel poco che dice è riconducibile ad una faticosa ricostruzione simile a quella documenta sopra. Inoltre, anche qui entrano in gioco associazioni logiche. Scattone potrebbe essere una delle due persone uscite dall’aula Assistenti. La Lipari esce dalla stessa stanza per andare verso la segreteria ed incontra due persone. Quella sulla sinistra: ‘probabilmente era Giovanni Scattone’. Per quanto riguarda l’identificazione di Scattone non ci sono dubbi che, oltre al valore probabilistico con cui la teste tende all’identificazione, permangono i margini d’incertezza di una memoria dichiaratamente e completamente ricostruita. 15. L’identificazione di Alletto e Liparota Nella seduta del 14 luglio, l’Avv. Petrelli chiede alla teste: ‘lei riferì con certezza che Liparota e Alletto erano presenti all’interno dell’Aula numero 6?’. La teste risponde: ‘questi due nomi sono già nel verbale della notte … tra il 21 e 22 maggio, la mattina del 22 maggio … pretesi, però che tutte le espressioni 63 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 probabilistiche le ho … lo ho infilate in quel verbale, cioè questo livello subliminale che poi è “stato utilizzato”- tra virgolette- da chi …’. Il Presidente chiede se oggi tali ricordi sono certi. La teste risponde: ‘si è formato il ricordo visivo e … delle due persone in quella posizione, già anche se non … insomma, ancora non l’avevo indicata con precisione, comunque di quelle due persone, del fatto di averle viste eccetera. quando si tenta di ricostruire i ricordi, la nostra mente va a cercare le varie componenti del ricordo, mettendole insieme secondo uno schema che risponda a logiche le quali, tuttavia, non sempre permettono di mettere insieme tracce vere di memoria, magari di altri eventi, ma tali tracce possono essere anche il frutto di processi immaginativi. Questa tecnica di ricostruzione ha portato la teste completamente fuori strada nell’identificare Mancini, come ora vengo a commentare. 16. L’errata identificazione di Mancini Nel verbale del 22 maggio la Lipari afferma: ‘ho la sensazione di aver visto anche Mancini’ (nell’aula Assistenti). Nel verbale del 27 maggio la teste dichiara: ‘confermo ancora che quando in uno dei verbali precedenti ho fatto il nome di Mancini è stato perché uno dei funzionari della Squadra Mobile me lo ha suggerito come possibilità, ma io non ci pensavo affatto’. Ho fatto il nome di Mancini, però mai come ricordo visivo … una persona che passa alle mie spalle e che mi dice “ciao Chiara”, quindi il primo ricordo relativo a una voce, questa voce poteva essere … insomma ci fu un errore … non ho mai avuto un ricordo visivo … il ricordo di averlo visto non è mai stato … non è mai stato un ricordo, beh la sensazione … mi sarò sbagliata, perché effettivamente si era parlato di Mancini varie volte quel pomeriggio e io non avevo ancora ricostruito i movimenti la mattina uno ricostruisce anche, appunto, quello che si è detto nel cervello, ricostruisce i movimenti, quindi collega un momento all’altro, gli si schiarisce la memoria’. Proviamo come in un manuale a fare l’ipotesi di una classica ricostruzione dei ricordi a posteriori. La sicura convinzione che nell’Istituto c’è stato qualcuno che ha sparato, Mancini è dell’Istituto, è uno che si occupa di armi, qualcuno della Squadra Mobile suggerisce la possibilità di Mancini, la teste ha una forte motivazione a fare giustizia ad una poveretta che sta marcendo sottoterra, presa 64 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 dalla rabbia che in Istituto sono tutti vigliacchi ed omertosi, a partire da Direttore, non vede Mancini nell’aula, ma riconosce la sua voce quando le passa vicino, alla fine c’è una persona di troppo nell’aula Assistenti e si rende conto di aver sbagliato. 17. Le guerre sulla memoria Come abbiamo visto nella prima parte di questa relazione, le informazioni relative ad un evento che abbiamo immesso nel magazzino della memoria a lungo termine, sono depositate in una miriade di frammenti sparsi in molteplici microaree della corteccia cerebrale. Il ricordo consiste nel mettere insieme questi frammenti secondo un ordine che dipende dal modello mentale che c’eravamo costruiti in precedenza. Quando ci riferiamo ad eventi accaduti di recente, noi ricordiamo molto bene e senza sforzo un certo numero di particolari, mentre per altri potremmo o non ricordare od esprimere incertezze. A mano a mano che il tempo passa, i ricordi tendono a sbiadire ed aumenta il numero d’incertezze fino al punto in cui, in certi casi, potremmo aver dimenticato tutto. Il ricordare eventi incerti o dimenticati implica uno sforzo di ricostruzione. Per i ricordi diretti che non richiedono sforzo vi è una ragionevole garanzia d’affidabilità, anche se si possono verificare distorsioni. D’altra parte, tutti abbiamo sperimentato su noi stessi che talvolta nel descrivere un’esperienza vissuta, come ad esempio il pranzo di un compleanno, ci sembra d’essere sicuri di ricordare un particolare che poi si rivela sbagliato di fronte a prove come la fotografia di quel pranzo. Ad esempio, la probabilità che un testimone oculare, in un confronto all’americana, riconosca falsamente qualcuno, come la persona vista sulla scena del crimine, può essere drammaticamente aumentata, ad esempio facendo indossare ad uno dei sospettati abiti simili a quelli del vero colpevole. Si è inoltre dimostrato che anche testimoni attenti ed esperti come poliziotti ed avvocati, sono estremamente suscettibili a subire influenze di questo genere. Le sue ricerche confermano le numerose prove che ‘l’identificazione da parte di testimoni oculari è molto meno affidabile di quanto di solito pensino le giurie’. Il fatto d’interesse nel giudicare l’affidabilità della memoria riguarda soprattutto i ricordi ricostruiti a posteriori e questo assume un’importanza cruciale quando questa ricostruzione parte da una mancanza totale o quasi di ricordo iniziale e gli 65 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 eventi vengono ricostruiti lentamente. Qui si richiede un notevole sforzo. In altre parole, il problema è se memorie completamente dimenticate abbiano lasciato una traccia nel cervello e se sia possibile recuperarle completamente tramite ricostruzione a posteriori e quanto tale ricordo risulti fedele ai fatti. Gli eventi dimenticati (la memoria perduta) possono essere recuperati in vari modi: 1) Tramite ricordi che riaffiorano alla mente spontaneamente sotto forma di associazioni con altri eventi. L'evento che riaffiora alla mente sembra così fedele da essere spesso rimemorizzato come sicuramente vero. Quasi tutti sono convinti che ciò che riaffiora alla mente è qualcosa che avevano depositato nel cervello e che sono riusciti a fare riemergere. 2) Tramite il colloquio con altre persone possiamo rievocare ciò che ricordiamo ed arricchirlo con particolari che il nostro interlocutore sembra aiutare a scoprire. Alcuni psicoterapeuti si ritengono in grado di dissotterrare memorie nascoste tramite tecniche di associazioni libere, la descrizione di pensieri casuali o sessioni di terapia di gruppo. 3) Il riportare la persona nel luogo dell'esperienza, confrontarla con altre persone, sentire un odore, formulare domande, fornire un campionario di immagini. Una nutrita e crescente serie di studi di questi ultimi anni ci dicono chiaramente che i ricordi completamente ricostruiti spesso si sono dimostrati completamente falsi al rigore delle prove e che purtroppo anche se qualcosa di veramente accaduto si può recuperare in questo modo, nella maggior parte dei casi la memoria recuperata è altamente imprecisa, fuorviante o completamente falsa e non fornisce nessuna garanzia di veridicità. Nel ricordo, a seconda del nostro schema mentale immaginativo, si inserisce un certo numero di particolari che fanno parte di un’altra esperienza oppure che sono completamente inventati. Inoltre, il persistere nel tentativo di ricordare eventi incerti, sia da soli sia con l’aiuto degli altri, porta inevitabilmente a ricordi sempre più inaccurati ed inaffidabili ed alla fine si possono ricordare, talvolta assieme ad alcune cose vere, 66 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 numerosi particolari di cose che non sono mai avvenute. E questo può avvenire in perfetta buona fede.24 Nemmeno la certezza soggettiva del racconto fornisce una sufficiente garanzia. Infatti il meccanismo usato per recuperare il ricordo comporta l'impianto di strutture nuove prese da altre esperienze o da suggerimenti esterni. Pertanto, la memoria recuperata non può essere usata come prova in fatti seri ed impegnativi. Per quanto riguarda la testimonianza della Lipari, i ricordi forniti nel primo interrogatorio del 21 maggio che si è concluso alle ore 19.30, si possono classificare come memorie che corrispondono ad eventi realmente accaduti e per i quali sono state fornite prove come il colloquio con il Prof. Romano e la Castiglia, la stesura della lettera al Prof. Biser, il tentativo di spedizione del fax, la telefonata con Fiorini eccetera. La Lipari sembra averli ricordati con relativa precisione e prontezza senza elementi di dubbio. Esiste, tuttavia, la possibilità che in questo tipo di ricordo, che nel complesso offre un alto grado di affidabilità, si siano inseriti alcuni elementi di distorsione. Alla categoria di memorie interamente recuperate appartiene l’identificazione delle persone che la Lipari dice di aver visto nell’aula Assistenti durante la telefonata delle ore 11.44. Questi ricordi, infatti, partono dal nulla e vengono gradualmente ricostruiti nei quasi tre mesi successivi. Qui si tratta di memorie che sono state interamente ricostruite a posteriori senza un iniziale nucleo centrale di ricordo. Esse sono state ottenute con un intenso sforzo di ricostruzione, come ha ammesso ripetutamente la stessa Lipari. Come risulta dall’intera documentazione nei ricordi della Lipari si parte dal nulla o talvolta dal subliminale, da sensazioni vaghe che poi diventano meno vaghe e che infine con ‘lampi’ diventano certezze ricche di dettagli e di interpretazioni: ‘io sentivo le cose … ma con la certezza che fossero vere … Il ricordare improvvisamente attraverso ‘lampi’ è comune nella cultura della psicoanalisi. Tuttavia, tali improvvisi ricordi ricchi di particolari, come un viso con tutte le sue espressioni, è difficilmente riconciliabile con la neurofisiologia dei ricordi. Come ho già sottolineato nella prima parte di questo lavoro, i ricordi di eventi passati sono evocati con un alto grado di imprecisione, in quanto nel nostro 24 Loftus E. (1997) Come si creano i falsi ricordi. Le Scienze (Edizione italiana di Scientific American). 67 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 cervello non rimane una fotografia di ciò che abbiamo visto, ma tante tracce disperse in varie aree cerebrali che vengono poi riunificate, ed è proprio in questo processo di riunificazione che si formano ricordi non ricchi di particolari. Nell’indurre falsi ricordi, sono molto importanti le pressioni ed i suggerimenti esterni. La stessa Lipari ha espresso molto spesso sensazioni ed impressioni soggettive e ha poi dichiarato condizionamenti e suggerimenti da parte della Squadra Mobile e di altri inquirenti. Anche l’aver avuto telefonate e colloqui privati con agenti investigativi per riparlare dei fatti può contribuire al convincimento del ricordo. In conclusione, gli eventi relativi all’identificazione delle persone nell’aula Assistenti sono di fatto una saga di ricordi emersi lentamente e con fatica dal nulla, sono stati ottenuti con enorme sforzo ricostruttivo, con notevoli condizionamenti esterni e spesso sotto forma di lampi improvvisi. Pertanto, essi vanno considerati altamente inaffidabili, anche se la Lipari appare in perfetta buona fede ed all’ansiosa ricerca della verità. 18. Da omicidio colposo a omicidio volontario e viceversa Abbiamo visto me, fin dall'inizio delle indagini, l'ipotesi dell'omicidio colposo domina e guida l'attività degli inquirenti, inquirenti e questurini la prospettano ai tre arrestati, come unica via di scampo. Oltre ad essere meno allarmante di altre possibilità, l'ipotesi dell'omicidio colposo rappresenta una tipica soluzione di compromesso, capace di accontentare un po' tutti: i presunti colpevoli se la caverebbero con poco, gli inquirenti verrebbero encomiati e promossi, le Autorità sarebbero soddisfatte delle loro preziose esternazioni, l'opinione pubblica si sentirebbe finalmente liberata da un tremendo incubo, e forse anche la famiglia Russo finirebbe con l'accettare l'idea del caso fortuito. Gli inquirenti confidavano che almeno uno dei tre arrestati per salvarsi da guai peggiori, accusasse gli altri (o se stesso) di aver sparato un colpo per sbaglio. L'11 giugno lo dice chiaramente alla Alletto il P.M. La Speranza: "Mio interesse è quello di ridimensionarla, questa cosa: perché [altrimenti] qua rimane in piedi un 68 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 omicidio doloso ... fatto a una ragazza". "Una volta che questi [gli arrestati] si vedono contestata una cosa [l'omicidio] e capiscono che raccontando i fatti come stanno ne possono anche uscire ..., [questi confessano]. Per omicidio colposo non si arresta più nessuno!". "Tanto, noi possiamo provare a farlo, questo gioco ... perché questo non è che deve confessare di avere ammazzato la madre ... quindi rischia poco". Ma l'aspettativa degli inquirenti andrà delusa: l'unico ad assecondarla, atterrito dalla prospettiva del carcere, sarà, nel pomeriggio del 16 giugno, Liparota, che però il giorno dopo si affretterà a ritrattare le sue incongrue accuse, ribadendo poi efficacemente tale ritrattazione nel processo di primo grado.25 Infatti, poiché alla fine nessuno dei tre "confessa", la cosa non si risolve né "subito", né "abbastanza facilmente", e gli accusatori sono costretti a inseguire altre ipotesi, che però risulteranno tutte insostenibili: l'omicidio nato "dal delirio di onnipotenza", il "delitto gratuito" il "gioco di ruolo", il "delitto perfetto". In conformità di tali avventurose ipotesi, nella richiesta di rinvio a giudizio Scattone, Ferraro e Liparota sono stati imputati di concorso in omicidio volontario: i primi due avrebbero organizzato e attuato un "delitto perfetto", per sperimentare quello che essi stessi avrebbero teorizzato durante un seminario di Logica giuridica, risultato poi inesistente. Tale imputazione viene smentita, oltre che dalla sua intrinseca assurdità, dalle deposizioni in aula dei docenti responsabili del corso di Logica giuridica e dei seminari di Filosofia del Diritto; dovrebbe quindi scomparire dal processo, ma per tutti e tre gli imputati il capo d'accusa rimane, quello di concorso in omicidio volontario: salvo ad essere derubricato, già nella sentenza di primo grado, in quelli di omicidio colposo semplice per Scattone e di favoreggiamento per Ferraro, mentre Liparota viene addirittura assolto. In Appello, Scattone è condannato ancora per omicidio colposo, ma aggravato dalla previsione dell'evento, mentre Ferraro è condannato per favoreggiamento, stavolta insieme a Liparota. Data la mancanza di qualsiasi movente plausibile per un omicidio volontario, si torna così - dopo anni di indebita detenzione in carcere, di indagini viziate da gravi errori e anomalie, di perizie disattese e inutilmente replicate, di dibattimenti in gran parte puramente virtuali - ai "buoni consigli" dati da inquirenti e questurini ai tre arrestati nella lunga notte sul 15 giugno 1997: 25 www.zibaldoni.it 69 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 "Dite che è stato un incidente". Se allora avessero accettato di mentire, se fossero stati, come molti hanno pensato e come qualcuno ha scritto, "un po' più furbi", se la sarebbero cavata tutti e tre "subito" e "abbastanza facilmente"; avendo invece detto la verità, si sono ritrovati, più di cinque anni dopo, in un'aula di tribunale. 19. Riassumendo I dati forniti dagli inquirenti alle persone interrogate e le ipotesi da loro formulate non hanno trovato riscontri nella realtà: 1. Le perizie sui residui di sparo ordinate dalle Corti d'Assise e d'Appello hanno dimostrato in modo inequivocabile che le particelle trovate a suo tempo sulla finestra della stanza 6, sugli indumenti e nelle borse degli imputati non sono in alcun modo ricollegabili con il proiettile letale 2. Data l'assoluta impossibilità di provare l'omicidio volontario, nelle tre sentenze di condanna è stata accolta l'ipotesi dell'omicidio colposo, alla ricerca di un compromesso che non ha convinto nessuno, come dimostrano i giudizi nettamente negativi di tutti gli esperti e gli editorialisti. 3. L'enorme mole di "carte" riguardanti la Lipari, primo motore delle successive "testimonianze" della Alletto, di Liparota e di sua madre, non ha prodotto, come ha dovuto riconoscere la stessa sentenza d'Appello, nessun valido indizio a carico di Giovanni Scattone. Questi è stato inserito nelle indagini all'ultimo momento, per sopperire alla comprovata incapacità di sparare del già sospettato Ferraro: con Scattone si è proceduto per esclusione e per supposizioni, anziché in base ad elementi oggettivi. Lo dimostra il fatto che prima del suo arresto la Lipari, la Alletto, Liparota, la Villella e la Olzai non lo hanno mai menzionato nelle loro intercettazioni e dichiarazioni: non c'è un solo documento, un solo dato di fatto, una sola denuncia tempestiva e spontanea, insomma una sola vera prova contro Giovanni Scattone. Non possono infatti considerarsi "testimonianze valide" né quella inesistente della Lipari; né quella della Alletto, irrimediabilmente viziata nella sua genesi e inverosimile e contraddittoria nei contenuti; né quella accusatoria di Liparota, altrettanto forzata ed esplicitamente ritrattata due volte. 4. A parte ogni altra argomentazione, non si comprende come mai Giovanni Scattone abbia potuto smarrire improvvisamente la ragione e compiere 70 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 un atto così insensato e gratuito, per tornare immediatamente dopo a una perfetta normalità e rimanervi per i successivi cinque anni. Senza un movente plausibile e dimostrabile, sono prive di senso le elucubrazioni con le quali si pretenderebbe di stabilire se chi spara abbia o no, nel preciso istante in cui preme il grilletto, "l'intenzione di uccidere qualcuno". "Non c'è nessuna prova che dalla finestra della stanza 6 sia partito il colpo che ha ucciso Marta Russo", hanno detto e ribadito i periti”. 71 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 CONCLUSIONI All'indomani della sentenza definitiva sul caso Marta Russo, 16 dicembre 2003, non ci dovrebbero essere molti dubbi. In totale, circa trenta magistrati si sono espressi in merito a questa colpevolezza. In trenta, tra primo grado, appello, cassazione. Una sentenza che si regge su tre testimoni oculari, la confessione di Liparota (confermata dalla madre), un imponente insieme di indizi gravi, precisi e concordanti, a cominciare dai tentativi di trovare alibi che non c'erano, eccetera. Certo, non tutto è chiaro. Per esempio, la Alletto, testimone ritenuta attendibile in tre gradi di giudizio, ha anche detto che nell'aula c'era un quarto uomo, di cui non ha distinto le sembianze. Non sappiamo dunque tutta la verità, ma sappiamo che certamente intimidazioni e omertà ci sono state. Basti pensare a quegli impiegati e docenti che hanno tentato di sbugiardare la Alletto, sostenendo che tante sue dichiarazioni erano del tutto inventate. Evidentemente i magistrati hanno ritenuto la Alletto credibile; dunque hanno riconosciuto l'esistenza di una diffusa omertà, che coinvolge non soltanto Liparota, ma tante altre persone, talmente potenti da creare una diffusa e schiacciante copertura dell'omicidio. 26 Non sono stati condannati soltanto Ferraro e Scattone, ma, in un certo senso, quella parte della università italiana che aveva fatto muro contro la condanna e che era scesa fin nelle aule di tribunale a contrastare i magistrati con insigni professori e avvocati. I dubbi sulla condanna definitiva, la volontà di nascondere o minimizzare omertà e intimidazioni che hanno accompagnato il delitto, sono motivati o da ingenuità o da corresponsabilità. Rivendicare giustizia per Marta è rivendicare giustizia contro tutte le complicità mafiose, omertose, criminali che esistono nell'università italiana e nella società italiana. Rivendicare giustizia per Marta è rivendicare giustizia per tutte le persone che lavorano onestamente nell'università italiana e nella società italiana.27 6 anni a Scattone per omicidio colposo, 4 a Ferraro e 2 a Liparota per favoreggiamento. E' la sentenza del processo d'appello bis per la morte di Marta Russo: ancora una volta la corte d'Assise d'appello di Roma ritiene che Giovanni 26 www.misteriditalia.com http://criminologia.advcom.it 27 72 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Scattone, con la complicità di Salvatore Ferraro e Francesco Liparota, sia il responsabile della morte di Marta Russo, la studentessa di 19 anni uccisa da un colpo di pistola alla testa la mattina del 9 maggio 1997 mentre passeggiava in un vialetto dell'università «La Sapienza». Il processo d'appello bis ha anche interdetto per sempre Scattone dai pubblici uffici: interdizione che per Ferraro è di cinque anni. La corte ha sostanzialmente accolto l'impianto accusatorio del pm Antonio Marini, che ha dichiarato: «Non ci sono dubbi: gli assassini di Marta Russo sono loro». Personalmente sono sempre stata dell’opinione che, proprio per i metodi seguiti nell’indagine che hanno fatto terra bruciata delle testimonianze e delle prove, sarà molto difficile arrivare a una verità assoluta. Quindi temo che, resterà sempre un’ombra su questo processo: probabilmente non sapremo mai con assoluta certezza se i due condannati sono innocenti o meno. Per quanto mi riguarda, ho sempre ritenuto e continuo a ritenere che le prove, soprattutto per come sono state raccolte, non sono sufficienti per considerarli colpevoli. A me sembra che anche cose piccole e più o meno innocenti, di certo molto private, e ancora più certamente non rilevanti, abbiano avuto in tutta la vicenda uno spazio smisurato, ad uso e consumo del pubblico, dell'audience e della tiratura dei giornali. Una persona, è innocente quando non ha commesso il fatto, e non solo quando è integerrima. Le simpatie e le antipatie o i giudizi morali andrebbero tenuti bene alla larga. Troppi sono i punti oscuri dell'accusa; non sono ne colpevolista ne innocentista, però ho avuto l'impressione che il caso sia stato trattato in modo troppo superficiale e concentrato più sulla pressione fatta dai mass media, dall'opinione pubblica, che sulla ricerca della verità. Stiamo parlando di un'arma del delitto che non si è mai trovata, di testimonianze contraddittorie, di un unico possibile movente che è stato completamente distrutto (perché la tesi del delitto perfetto, per innumerevoli motivi, non stava in piedi) ... stiamo parlando omertà presunta e smentita, di interrogatori condotti con metodi da Santa Inquisizione ... stiamo parlando insomma del ragionevole dubbio. L'articolo 27 della costituzione parla di "presunzione di innocenza", che non vuol dire soltanto "innocenza fino all'ultimo grado del processo", ma "innocenza fino a prova contraria". E qui, sebbene ci sia una sentenza definitiva, non c'è uno straccio di prova che sia veramente contraria. 73 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 Mesi e mesi di carcere, le loro fotografie ovunque con la didascalia "assassini", due famiglie provate da un dolore difficile da raccontare. Parenti e amici trascinati in un incubo. Due carriere irrimediabilmente distrutte, due reputazioni rovinate per sempre, due vite drammaticamente segnate. Concludo questo mio lavoro con un ragionevole dubbio: E SE FOSSERO INNOCENTI? 74 ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES CINZIA PALOPOLI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07 BIBLIOGRAFIA Baddeley A., La memoria. Come funziona e come usarla. Laterza, Bari, 2001. 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