1705 CAPITOLO 76 Barbara Tolusso Gianfranco Ferraccioli © 2010 ELSEVIER S.R.L. Tutti i diritti riservati. Definizione ed epidemiologia L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune nella quale il sistema immune aggredisce erroneamente i tessuti, provocando un’infiammazione cronica nelle articolazioni in vari organi e parenchimi che porta a distruggere le articolazioni e l’osso subcondrale se non adeguatamente trattata. Nell’ambito delle malattie osteoarticolari e del tessuto connettivo, l’artrite reumatoide (AR) è la malattia più severa per le strutture osteoarticolari, per le complicanze extrarticolari, per le comorbilità associate e il rischio di mortalità. L’infiammazione determina iperplasia della membrana sinoviale, che si comporta come un tessuto neoplastico benigno e che erode progressivamente la cartilagine, l’osso subcondrale e danneggia capsule, tendini e legamenti. La membrana sinoviale è dunque un tessuto effettore del danno infiammatorio ed erosivo. Il tessuto sinoviale presenta iperplasia dei sinoviociti di tipo B (fibroblasti) e accumulo progressivo di sinoviociti di tipo A (macrofagi). Caratteristica comune, più o meno spiccata, è l’infiltrato linfoide costituito da linfociti T, linfociti B, cellule dendritiche, mastociti e neoangiogenesi. Si possono progressivamente formare sino a dieci strati cellulari che rivestono e invadono la cartilagine. L’AR colpisce lo 0,46% circa della popolazione adulta, raramente è autolimitantesi, nella maggiore parte dei casi è cronica disabilitante e talora è associata a manifestazioni sistemiche. È una malattia presente in ogni regione geografica, che colpisce il sesso femminile più frequentemente di quello maschile (rapporto 3-4:1) e la cui prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età. Vi è un’importante base genetica, dimostrata da un’associazione certa con alleli del sistema maggiore di istocompatibilità di classe II (HLA DR). Il sospetto di AR va posto ogni volta che una o più articolazioni persistono tumefatte e dolenti per più di 6 settimane. Eziopatogenesi L’eziologia non è nota, ma è certa la componente genetica che predispone da un lato alla risposta autoimmune e dall’altro all’infiammazione tissutale. La combinazione di una suscettibilità genetica con un evento (o eventi) ignoto determinante porta all’espressione clinica. La concordanza dell’AR è risultata del 15% nei gemelli monozigoti e del 4% nei gemelli dizigoti. I fattori genetici possono spiegare sino al 30-50% della suscettibilità C0380.indd 1705 Artrite reumatoide genetica. L’associazione più forte è certamente con il gene HLA-DRB1, che definisce un gruppo di alleli di classe II (gli alleli *0101, 0102, *0401, *0404, *0405) del sistema maggiore di istocompatibilità strettamente associati alla malattia nelle diverse popolazioni di varie razze. Questi alleli condividono una sequenza aminoacidica (QKRAA) altamente conservata nella terza regione ipervariabile della catena DRbeta1(DRB1). Questa sequenza è definita “epitopo condiviso o shared epitope (SE)”. Questi epitopi determinano l’efficace presentazione di un peptide artrogenico (Ag) alle cellule T CD4+. Il rischio relativo nei portatori dell’SE è di 4-5 volte. Più recentemente altri polimorfismi genici si sono dimostrati associati all’AR: un polimorfismo genico (SNP, Single Nucleotide Polymorphism) nel gene del PTPN22 (proteina tirosina fosfatasi in cui vi è sostituzione di arginina con triptofano in posizione 1858) è marcatore di rischio di sviluppare AR. Il PTPN22 è un regolatore negativo dell’attivazione T cellulare; un locus genico situato tra OLIG3 (Oligodendrocyte Transcription Factor 3) e TNFAIP3 TNFAIP3 (Tumor Necrosis Factor Alpha-Induced Protein 3) (sul cromosoma 6q); un aplotipo polimorfico nel terzo introne di STAT4 (fattore di trascrizione che trasmette il segnale indotto da varie citochine tra cui IL12 – interleuchina 12 – e IL-23 – interleuchina 23 –, e che stimola la trascrizione di geni quale IFN␣-Interferon-␥ e dunque infiammazione TH1) aumenta del 60% il rischio rispetto a chi non è portatore della variante omozigote; una variante del locus genico TRAF1-C5 (TNF Receptor Associated Factor 1 e componente complementemica C5) sul cromosoma 9, con due geni che conferiscono un rischio aggiuntivo del 35% di sviluppare AR, soprattutto nei portatori di autoanticorpi. In questo contesto genetico, in cui almeno 5 geni di suscettibilità (DRB1, OLIG3/TNFAIP3, PTPN22, STAT4, TRAF1-C5) sono stati identificati con certezza insieme a geni che controllano la trascrizione di citochine, esplode il processo infiammatorio articolare, caratterizzato da infiltrato di cellule infiammatorie (monociti, linfociti T, linfociti B, cellule dendritiche, mastociti ecc.) che sintetizzano mediatori della flogosi acuta e cronica, metalloproteinasi (MMP1collagenasi interstiziale, MMP3-stromelisina 1, MMP9gelatinasi B o collagenasi IV), fattori di crescita, neoangiogenesi ed edema. Sin dalle prime fasi della malattia il tessuto sinoviale presenta infatti tre caratteristiche che possono prevalere l’una sull’altra a seconda del paziente e dell’articolazione esaminata, come segue. 13 13 6/9/10 6:27:03 PM 1706 Parte 13 - MALATTIE DELLE ARTICOLAZIONI Iperplasia del lining sinoviale Il lining (lo strato di cellule che ricopre il tessuto sinoviale) diventa iperplastico per tre ragioni: • accumulo di sinoviociti di tipo A (monocitimacrofagi) di provenienza ematogena; • ipertrofia dei sinoviociti di tipo B (fibroblasti); • accumulo di cellule transizionali con caratteristiche miste di tipo AB (o tipo C). Fisiologicamente i sinoviociti di tipo A hanno una funzione macrofagica, i sinoviociti di tipo B una funzione secretoria. Nella fase di cronicità della malattia, l’iperplasia può raggiungere uno spessore anche di dieci strati cellulari. È stato ipotizzato che alcune proteine di membrana (caderina11 in particolare) siano cruciali nel consentire la migrazione dei fibroblasti sulla cartilagine e la sua successiva erosione e distruzione. Va ricordato che i fibroblasti reumatoidi esprimono TLR (Toll-Like Receptors) 2 e 4, il cui legame attiva la sintesi di IL-8 (interleuchina 8) e di TNF-␣ e la espressione di RANK-L (Receptor Activator NF-kB ligando) che promuove la differenziazione osteoclastica e il riassorbimento osseo. Infiltrato di cellule dell’infiammazione cronica Linfociti T e linfociti B, plasmablasti, plasmacellule, monociti, cellule dendritiche, mast cells, rarissimi polimorfonucleati che si accumulano in tre tipologie istologiche: • sinovite diffusa, nella quale le cellule dell’infiammazione sono sparse nel sublining; • sinovite pseudofollicolare, nella quale le cellule linfoidi T e B e le cellule dendritiche dell’infiammazione cronica si accumulano in strutture che assomigliano ai centri germinativi del linfonodo; • sinovite pseudogranulomatosa, nella quale piccoli foci di necrosi fibrinoide sono delimitati da cellule istiocito-macrofagiche e da cellule linfoidi T e B. In ognuno di questi istotipi le cellule T che infiltrano il sublining sono prevalentemente CD4 + Helper, i monocitimacrofagi presentano un’aumentata espressione di molecole HLA di classe II e le plasmacellule caratterizzano la sinovite reumatoide nelle fasi di malattia sia iniziali sia avanzate. È caratteristica comune a tutti i tipi di sinovite reumatoide che i T linfociti iperesprimono sulla membrana CD40 ligando (membro della famiglia supergina dei recettori per TNF-␣), ed è noto che legare il CD40 significa non solo far aumentare la sintesi di anticorpi dalle B cellule, ma anche indurre citochine proinfiammatorie quali IL-6, IL-8, TNF-␣ e IL-12. È stato altresì identificato un nuovo subset di cellule che sintetizzano soltanto IL17 (le cosidette TH17), che ha un effetto potentemente additivo a TNF-␣ e IL-1 nell’indurre condrolisi e osteoclastogenesi. Angiogenesi È caratterizzata da neoformazione di capillari che possono essere iper-rappresentati nel sublining e che possono essere circondati da cellule dell’infiammazione cronica, definendo un quadro simil-vasculitico. È stato dimostrato che recettori tirosin-chinasici specifici dell’endotelio (Tie-1 e Tie-2) che rappresentano ligandi per angiopoietina 1 e 2 sono espressi a livello sia di lining C0380.indd 1706 sinoviale sia di cellule stromali. Tie-1 e Tie-2 sono fondamentali per l’angiogenesi sin dalle prime fasi dell’embriogenesi (Fig. 76.1). Queste tre caratteristiche determinano iperplasia/ipertrofia, edema e infiammazione del tessuto (si veda Fig. 76.1), che assumono un aspetto macroscopico simile a un tessuto simil-neoplastico benigno con aspetti di invasività, di aggressione verso la cartilagine che viene progressivamente erosa, e di possibile penetrazione anche nell’osso subcondrale. Le cellule del tessuto sinoviale esprimono grandi quantità di RNA messaggero codificante per enzimi che degradano la matrice (aspartato-cistein-metallo e serinproteinasi), per citochine quali TNF-␣, IL-1, IL-6, IL-15, IL-17, IL-18, GM-CSF che certamente giocano un ruolo fondamentale. In particolare TNF-␣ e IL-1 sono considerate molecole pivotali, con l’IL-6 molecola immediatamente reclutata per amplificare gli effetti della flogosi, indurre osteoporosi, attivare l’osteoclastogenesi, amplificare la risposta B linfoide. Il 40% delle cellule del lining sinoviale reumatoide esprime TNF-␣ e il 20% esprime IL-1. Queste due molecole sono in grado di indurre su altre cellule chemiotassi, angiogenesi, aumento della permeabilità vascolare, produzione di proteinasi di matrice, reclutamento e attivazione di linfociti T e B. Il TNF-␣, l’IL-6 e IL-17 sono responsabili dell’effetto flogistico, I’IL-1 è invece maggiormente responsabile dell’effetto distruttivo, mediato soprattutto del danno provocato dall’aumentata sintesi di metalloproteinasi e dalla ridotta sintesi di proteoglicani. Bloccare il TNF-␣ o l’IL-6 significa bloccare anche l’effetto biologico di IL-1, ridurre le manifestazioni sistemiche, la comparsa di manifestazioni extrarticolari e le comorbilità della malattia (Fig. 76.2). Autoimmunità Circa il 70% dei pazienti con AR presenta autoanticorpi. Si tratta del fattore reumatoide (FR) e degli anticorpi antipeptidi citrullinati (anti-CCP o ACPA, anti-vimentina citrullinata ecc.). Altri autoanticorpi sono stati descritti (ANA, RA33, Sa, BiP ecc.) a dimostrazione che la malattia è certamente autoimmune e che le cellule B intervengono pesantemente nell’espressione della malattia stessa. Queste ultime sono potenti cellule sia presentanti l’antigene (APC, Antigen Presenting Cells) sia in grado di sintetizzare autoanticorpi. Mentre l’FR è positivo in molte altre condizioni (infezione cronica da HCV, Sjögren, lupus eritematoso sistemico, sclerodermia, sarcoidosi, infezioni batteriche e parassitarie ecc.), per cui è assolutamente aspecifico, gli anti-CCP sono molto specifici (90% di specificità). Dunque un’artrite iniziale che presenta una positività per FR e ACPA deve essere considerata un’AR. Manifestazioni cliniche Si presenta come un’infiammazione articolare a insorgenza subdola, con dolore, tumefazione, rigidità al movimento della o delle articolazioni al mattino, al momento del risveglio e di durata > 30 min. Le articolazioni comunemente coinvolte in modo bilaterale e simmetrico (caratteristica tipica della malattia) sono: i polsi, le metacarpo-falangee (in genere II-III MCF), le metatarsofalangee, le interfalangee prossimali (in genere II-III IFP). 6/9/10 6:27:04 PM Capitolo 76 - ARTRITE REUMATOIDE 1707 Figura 76.1 Lining sinoviale con tre o più strati di cellule e villi sinoviali con abbondante infiltrato linfoide e presenza di neoangiogenesi. 10× 40× L’infiammazione determina un altro sintomo caratteristico: la rigidità al risveglio nel momento di iniziare il movimento, che perdura anche più di un’ora. Tra le grandi articolazioni possono essere colpite le spalle, le ginocchia, le tibio-tarsiche, i gomiti e le coxo-femorali, con ampi riflessi sulla compromissione funzionale. L’infiammazione artritica peggiora nelle settimane successive e diviene francamente invalidante. Più raramente l’esordio è acuto e rapidamente progressivo. Ancora più raramente l’artrite è monolocalizzata (monoartrite). La fase acuta si esprime anche con malessere generalizzato e astenia (stanchezza nel fare cose usuali, prima sconosciuta dal paziente). La storia “naturale” della malattia è inquadrabile in tre fenotipi (o decorsi): 1. monociclico, ossia autolimitantesi, nel 10-15% dei casi in un periodo variabile da alcuni mesi ad alcuni anni, poi eventualmente recidivante; 2. lentamente progressivo, ossia con andamento altalenante, lento ma progressivo danno strutturale e progressiva comparsa di deformità strutturali e di incapacità funzionale. Si osserva nel 70% dei casi; 3. progressivo, ossia ad andamento in rapida e costante progressione. Si osserva nel 10-15% dei pazienti. La diagnosi è ancora fondamentalmente clinica, nonostante l’utilità di alcuni test di laboratorio (fattore reumatoide, anticorpi anti-citrullina) ed è basata sulla cronicità della sinovite, ossia persistente per più di 6 settimane e C0380.indd 1707 20× 20× spesso bilaterale e simmetrica. Per una corretta classificazione dei malati di AR si usano i criteri elaborati nel 1987 dall’American College of Rheumatology (Tab. 76.1). Se un paziente presenta almeno quattro di questi criteri è possibile una diagnosi di artrite reumatoide con una sensibilità del 91,2% e una specificità dell’ 89,3%. Occorre considerare tuttavia che si tratta di criteri classificativi e non diagnostici che sono stati sviluppati su pazienti con malattia di lunga durata, con alcuni parametri (noduli, erosioni) che riflettono uno stato di malattia avanzata e non si prestano a una diagnosi precoce. Per individuare precocemente i pazienti con AR, ossia per identificare la malattia all’esordio e consentire l’inizio della terapia più adatta (se possibile entro 3 mesi dall’esordio dei sintomi, essendo il periodo più favorevole per bloccare l’evoluzione) devono essere presenti i seguenti sintomi (red flags): • tre o più articolazioni tumefatte; • dolorabilità di metacarpo-falangee e/o di metatarsofalangee alla pressione latero-laterale complessiva (squeeze test) (Fig. 76.3); • rigidità mattutina di almeno 30 min. 13 Modalità di esordio È fondamentale verificare subito dopo se vi sia positività autoanticorpale (fattore reumatoide IgM e IgA, ACPA) e se vi siano già erosioni marginali a carico delle articolazioni infiammate. La presenza all’esordio di erosioni e di autoimmunità indentifica una malattia ad andamento 6/9/10 6:27:04 PM 1708 Figura 76.2 Fattori e molecole coinvolte nella patogenesi dell’AR. Parte 13 - MALATTIE DELLE ARTICOLAZIONI Fattori genetici: DRB1, OLIG3/TNFAIP3, PTPN22, STAT4, TRAF1-C5, PADI 4 Elementi regolatori Geni citochine TNF-α, IL-1, IL-6, IL-17 Fattori ambientali: Fumo: interagisce con DRB1 Agenti infettivi (peptidoglicani di membrane batteriche, parvovirus, EBV - Epstein Barr virus) Stimolo antigenico Reclutamento cellulare (MO,T, B, DC, PC ecc.) E-selectina Adesione cellulare all’endotelio e migrazione Attivazione ICAM, VCAM, Chemochine Interazione cellulare nel tessuto sinoviale IL12, IFN-γ Cellule β come APC TH1 o immunità cellulo-mediata TNF-α IL-1 IL-6 IL-17 Infiammazione sinoviale Infiammazione sistemica Condrolisi ed erosioni subcondrali Manifestazioni extrarticolari Comorbilità Effetti biologici dell’infiammazione nell’AR Induce riassorbimento della cartilagine e dell’osso Induce l’espressione di collagenasi e PgE2 Induce chemiotassi (IL-8) Induce attivazione endoteliale Induce attivazione T e cellule β aggressivo sia sul piano del danno cartilagineo-osseo sia sul versante clinico. Nella maggioranza dei casi (55-70%), la malattia si manifesta in maniera graduale e insidiosa con artralgie e con rigidità mattutina prolungata, cui segue nel giro di settimane o mesi la comparsa di segni di flogosi articolare. In alcuni pazienti l’impegno articolare può essere preceduto o accompagnato da sintomi sistemici aspecifici quali astenia, febbre o febbricola, calo ponderale, mialgie diffuse. Nel 10-15% dei casi l’esordio è acuto e improvviso, con sviluppo in pochi giorni di artrite franca. Il 15-20% dei pazienti presenta un esordio subacuto, nel giro di alcune settimane, spesso associato a sintomi sistemici. Il pattern tipico è quello che coinvolge più articolazioni contemporaneamente con distribuzione simmetrica (poliartrite simmetrica) e andamento centripeto, a partire in genere dalle piccole articolazioni di mani e piedi per poi interessare successivamente le articolazioni più prossimali. C0380.indd 1708 L’artrite ha carattere aggiuntivo, tende a interessare nuove articolazioni senza risoluzione del processo infiammatorio in quelle precedentemente coinvolte, caratteristica che differenzia l’AR dal reumatismo articolare acuto dove l’artrite ha carattere sostitutivo. A volte l’esordio può essere mono- o oligoarticolare. Meno comunemente l’artrite reumatoide si può manifestare con un esordio simile alla polimialgia reumatica o con un esordio palindromico (artrite che va e viene). Nell’esordio similpolimialgico il quadro iniziale è dominato da sintomi quali dolore e rigidità ai cingoli scapolare e pelvico. La comparsa di artrite franca può essere contemporanea o successiva; questa forma colpisce più frequentemente i pazienti oltre i 60 anni di età. L’esordio palindromico è caratterizzato da episodi di monoo oligoartrite che durano 2-3 giorni e si risolvono senza reliquati. Le sedi più colpite sono mani, polsi, ginocchia e spalle. Il periodo intercritico decorre asintomatico ed è variabile tra un episodio e l’altro. Circa il 20-40% dei pazienti con reumatismo palindromico può evolvere in artrite reumatoide. 6/9/10 6:27:06 PM Capitolo 76 - ARTRITE REUMATOIDE 1709 Tabella 76.1 Criteri di classificazione dell’artrite reumatoide elaborati dall’American College of Rheumatology nel 1987 Criteri 1. Rigidità mattutina (presente per almeno 6 settimane) Definizione Rigidità mattutina articolare, persistente per almeno 1 ora prima del massimo miglioramento 2. Artrite di tre o più aree articolari (presente per almeno 6 settimane) Contemporaneo interessamento artritico (tumefazione dei tessuti molli e/o versamento, non soltanto ipertrofia ossea) di tre o più aree articolari, rilevato da un medico. Le 14 aree considerate sono (destra e sinistra): IFP mani, MCF, polso, gomito, ginocchio, tibio-tarsica, MTF 3. Artrite alle articolazioni delle mani (presente per almeno 6 settimane) Almeno una delle aree articolari interessate deve essere rappresentata da polso, MCF o IFP 4. Artrite simmetrica (presente per almeno 6 settimane) Interessamento contemporaneo delle stesse aree articolari di entrambe i lati del corpo (un coinvolgimento bilaterale con simmetria non assoluta è ammesso per IFP, MCF, MTF) 5. Noduli reumatoidi Noduli sottocutanei a livello di prominenze ossee, superfici estensorie o in regioni iuxta-articolari, osservati da un medico 6. Fattore reumatoide sierico Presenza di fattore reumatoide, con qualsiasi metodica che rilevi tale positività in < 5% di soggetti normali di controllo 7. Segni radiografici Segni radiografici tipici di artrite reumatoide con erosioni o sicura osteoporosi localizzata o più marcata vicino alle articolazioni interessate Obiettività muscolo-scheletriche Le articolazioni colpite sono quelle diartrodiali dotate di membrana sinoviale. L’interessamento è poliarticolare, bilaterale, simmetrico, aggiuntivo e ad andamento centripeto. Nella quasi totalità dei casi sono interessate le articolazioni delle mani, interfalangee prossimali (IFP) e metacarpo-falangee (MCF) e i polsi, seguite come frequenza dalle metatarso-falangee (MTF) e IFP dei piedi, ginocchia, caviglie. Il dolore, sintomo tipico di ogni artrite, ha caratteristiche infiammatorie (presente durante la notte e al risveglio, migliora con il movimento), è associato a rigidità articolare più pronunciata al mattino o dopo inattività prolungata, della durata superiore a un’ora. I pazienti lamentano debolezza e facile faticabilità, dovute alla presenza della flogosi articolare nelle prime fasi e all’inattività in una fase successiva. È tipica l’atrofia dei muscoli interossei della mano. La tumefazione articolare è inizialmente espressione di un versamento articolare, in seguito di ipertrofia sinoviale ed è potenzialmente reversibile. Se non viene trattata o se è resistente alle terapie la tumefazione può divenire persistente (panno sinoviale cronico) o essere espressione della deformità articolare. La sinovite, il versamento articolare e la contrattura muscolare antalgica determinano fin dall’inizio una limitazione funzionale dei distretti interessati. Tale limitazione può divenire permanente in seguito all’instaurarsi delle deformità articolari e dell’anchilosi ossea. Mani È tipico l’interessamento della II e III MCF e delle IFP, con tumefazione fusiforme. Le articolazioni interfalangee distali (IFD) vengono in genere coinvolte nel 5-10% dei pazienti circa e in questi casi si deve distinguerle dall’osteoartrosi. Il persistere della flogosi articolare e il progredire della malattia possono determinare deformità articolari permanenti. Tra queste una delle più precoci e caratteristiche è la deviazione ulnare delle dita, detta a C0380.indd 1709 “colpo di vento”, quando la tumefazione a livello dorsale delle MCF determina la lussazione volare delle falangi prossimali sulle ossa metacarpali, con stiramento e scivolamento laterale dei tendini estensori delle dita. In fasi più avanzate si evidenziano deformità ancora più tipiche della malattia: • dita “a collo di cigno”, in cui si ha iperestensione delle IFP e flessione delle IFD; • dita ad asola o “en boutonnière”, con flessione delle IFP e iperestensione di IFD (Fig. 76.4); • pollice “a zeta” caratterizzato da flessione della prima MCF e iperestensione di IF. La mano “a gobba di dromedario” si verifica per la sublussazione volare delle ossa metacarpali su quelle del carpo. Queste ultime sono dunque spesso interessate con sviluppo precoce di anchilosi. MTP Squeeze-test 13 Figura 76.3 Squeeze test: compressione latero-laterale delle metatarso-falangee. Il dolore significa sospetto fondato di artrite delle metatarso-falangee. 6/9/10 6:27:06 PM 1710 Parte 13 - MALATTIE DELLE ARTICOLAZIONI invalidanti. Le modificazioni conseguenti alla sinovite delle MTF portano ad appianamento dell’arcata plantare, sublussazione plantare delle teste metatarsali e progressiva deformità in valgismo dell’alluce, facendo assumere al piede reumatoide la tipica conformazione “triangolare”. Il coinvolgimento dei tendini flessori e dell’estensore lungo delle dita porta alla caratteristica deformità “a martello” delle dita dei piedi, dovuta a iperestensione delle MTF e flessione delle IF. Un’altra causa di dolore al piede nei pazienti con AR è la sindrome del tunnel tarsale dovuta a neuropatia da compressione del nervo tibiale posteriore. Figura 76.4 Deformità “en boutonnière” e “a collo di cigno”. Polsi Al polso si può osservare la sublussazione dorsale dell’estremità distale dell’ulna che può esitare in rottura del tendine, con la mano che assume un aspetto “benedicente”. Il segno del “tasto del pianoforte” è la riduzione manuale temporanea della sublussazione distale dell’ulna. La tumefazione volare del polso può determinare i sintomi della sindrome del tunnel carpale. Gomiti L’impegno del gomito si evidenzia con tumefazione delle fossette paraolecraniche e limitazione dolorosa dell’estensione articolare. In fase avanzata si osserva anchilosi in flessione. Spalle Le articolazioni delle spalle si presentano spesso dolorabili alla mobilizzazione attiva e passiva e la presenza di versamento articolare si rileva anteriormente al di sotto dell’acromion. Nelle fasi evolute di malattia si può verificare rottura del tendine del capo lungo del bicipite, lassità della cuffia dei rotatori, fino a rottura della cuffia stessa. Anche L’interessamento dell’anca non è frequente, ma quando compare è particolarmente severo e può evolvere in anchilosi nel giro di pochi anni. Si manifesta subdolamente, con dolore all’inguine irradiato al ginocchio o dolore alla natica e con range di movimento inizialmente conservato. Va posta diagnosi differenziale con la coxartrosi e con l’osteonecrosi della testa femorale. Ginocchia A differenza dell’anca, il coinvolgimento del ginocchio è frequente anche nelle fasi precoci ed è in genere facilmente rilevabile. La manovra del ballottamento rotuleo consente di individuare la presenza di versamento articolare e la palpazione a livello dei recessi sottoquadricipitali può fare rilevare la presenza di panno sinoviale, che può portare alla formazione di cisti sinoviali a livello del cavo popliteo (cisti di Baker). Le cisti di Baker possono diventare tanto voluminose da limitare la funzionalità del ginocchio o da determinare compressione sui vasi venosi con formazione di edemi da stasi; l’aumento della pressione endoarticolare può portare alla rottura della cisti nei piani fasciali dei muscoli del polpaccio, simulando una tromboflebite acuta. Vanno quindi attentamente ricercate mediante esame clinico ed eventualmente confermate con l’ecografia. Piedi L’interessamento delle articolazioni metatarsofalangee è spesso precoce e può evolvere in deformità C0380.indd 1710 Rachide cervicale Anche se non è frequentemente coinvolta dai processi flogistici dell’AR, la colonna cervicale è un bersaglio importante in corso di AR per la severità dei possibili quadri clinici. Particolarmente temibile è la sinovite dell’articolazione atlanto-odontoidea che può portare a erosioni del dente dell’epistrofeo e a lassità del legamento trasverso del dente. Le conseguenze possono essere una sublussazione posteriore e/o craniale con compressione midollare. I sintomi più precoci della sublussazione cervicale sono la rigidità e il dolore al collo, in genere irradiato all’occipite. Successivamente possono comparire sintomi neurologici quali parestesie periferiche senza segni di compromissione dei nervi periferici, quadri progressivi di tetraparesi spastica, drop attack, disfagia, vertigini, disartria. Alcuni sintomi possono essere legati alla compressione delle arterie vertebrali. In caso di sintomatologia a livello del rachide cervicale con radiografia convenzionale negativa va richiesto lo studio tramite risonanza magnetica (RM). Raramente vi può essere interessamento delle articolazioni sinoviali interapofisarie, delle articolazioni non sinoviali intersomatiche e distruzione osteocondrale delle articolazioni disco-vertebrali. Altre sedi Molto più raramente rispetto a quelle finora descritte sono coinvolte altre articolazioni quali le temporo-mandibolari, le crico-aritenoidee, la manubrio-sternale, le sterno-claveari, la sinfisi pubica e la porzione diartrodiale delle articolazioni sacro-iliache. Manifestazioni pararticolari Sono frequenti le tenosinoviti che si manifestano con dolore durante i movimenti e dolorabilità ed eventuale tumefazione lungo il decorso del tendine interessato. Le tenosinoviti possono costituire anche il primo segno di malattia e si localizzano più comunemente alla mano agli estensori delle dita, all’estensore lungo del pollice e ai flessori delle dita (quadro del “dito a scatto”); a livello del polso possono coinvolgere l’estensore e il flessore ulnare e radiale del carpo e in altre sedi la cuffia dei rotatori, il tendine achilleo, il tibiale posteriore e il peroneale. A volte si riscontrano noduli reumatoidi a livello delle guaine tendinee che, pur non essendo particolarmente dolorosi, possono causare difficoltà nello scivolamento del tendine all’interno della guaina. Si possono riscontrare inoltre borsiti, spesso a livello del gomito (borsite olecranica), della spalla (sottoacromiale) e dell’anca (trocanterica e dell’ileo-psoas). 6/9/10 6:27:07 PM Capitolo 76 - ARTRITE REUMATOIDE Manifestazioni extrarticolari L’AR è una malattia sistemica e presenta molte manifestazioni extrarticolari. Le manifestazioni extrarticolari sono molto variabili sia per severità sia per localizzazione e si possono riscontrare fino al 40-50% nei pazienti che presentano una malattia di lunga durata. Pazienti con manifestazioni extrarticolari hanno comunque un aumentato rischio di mortalità, in particolare per cause cardiovascolari. Fra i fattori predittivi di manifestazioni extrarticolari sono stati indicati la positività del fattore reumatoide, il sesso maschile, la presenza dei geni HLADR1 e DR4, il fumo di sigaretta e la disabilità precoce. Cuore La malattia cardiovascolare rende ragione di 1:31:2 di tutte le cause di mortalità nei pazienti con AR. Essi hanno infatti un significativo incremento di aterosclerosi, scompenso cardiaco, infarto e vasculite. La pericardite non è frequente clinicamente, ma raggiunge un’incidenza fino al 50% al riscontro autoptico. Polmone L’impegno polmonare nell’AR è frequente, così come è un reperto frequente la pleurite, presente fino al 20% dei casi negli studi clinici e fino al 50% nei riscontri autoptici. La pneumopatia nodulare si caratterizza per la presenza di uno o più noduli reumatoidi nel contesto del parenchima polmonare, generalmente asintomatici, a distribuzione periferica, con dimensioni da pochi millimetri fino a 6-8 cm; raramente vanno incontro a escavazione (con creazione di una fistola bronco-pleurica) o a calcificazione. Va posta particolare attenzione alla diagnosi differenziale con processi infettivi tubercolari o fungini e con neoplasie, che a volte richiede un esame bioptico. La sindrome di Caplan è una forma di pneumopatia nodulare osservata nei lavoratori esposti a polveri di silice, asbesto, carbone. L’interstiziopatia polmonare è una delle manifestazioni extrarticolari più severe. Presenta fini crepitii all’auscultazione, un quadro di impegno interstiziale o reticolare alla radiografia del torace e alla tomografia computerizzata (TC), una riduzione della diffusione del monossido di carbonio alle prove di funzionalità respiratoria. Il lavaggio bronco-alveolare può mostrare un elevato numero di neutrofili o di linfociti con impegno radiologico lieve o prove funzionali normali. I pazienti fumatori sono soggetti a maggiore rischio di sviluppare fibrosi. Raramente si verifica la progressione di una polmonite interstiziale verso una forma di bronchiolite obliterante, con insufficienza respiratoria a esito infausto. Altra complicanza poco frequente è l’ipertensione polmonare secondaria ad arterite dei vasi polmonari. Osteoporosi e fratture Il rischio di osteoporosi è due volte superiore rispetto ai soggetti di controllo. È stato dimostrato un incremento di fratture a 5 anni del 37% e circa un terzo di tutte le donne con AR sviluppano fratture nell’arco di 5 anni. I fattori di rischio dimostrati sono: il sesso femminile, la durata della malattia, le terapia steroidea, l’entità della disabilità accumulata e l’età. Cute I noduli reumatoidi si sviluppano in genere a livello sottocutaneo sulle superfici estensorie o sottoposte a maggiore pressione, come i gomiti e gli avambracci, il sacro, la nuca, le dita, il tendine d’Achille, sono di con- C0380.indd 1711 1711 sistenza duro-elastica e adesi ai tessuti sottostanti. Istologicamente sono caratterizzati da una zona centrale di necrosi fibrinoide circondata da fibroblasti e da una capsula di collagene. La vasculite cutanea è la manifestazione più frequente della vasculite reumatoide e si può manifestare con porpora, ulcere cutanee, infarti periungueali, rash cutanei e raramente lesioni necrotiche distali che possono evolvere in gangrena. Rene Le complicanze renali in corso di AR sono in genere secondarie all’utilizzo di farmaci (nefrite interstiziale da FANS, nefrite membranosa da sali d’oro e penicillamina) o all’amiloidosi. Raramente si ha un coinvolgimento renale primitivo con quadri istologici di glomerulonefrite mesangiale e occasionalmente di glomerulonefrite necrotizzante focale, in particolare in pazienti con vasculite disseminata. Sistema nervoso Le manifestazioni più comuni sono a livello del sistema nervoso periferico, in particolare con sindromi da compressione dei nervi, causate dall’edema infiammatorio o dalla sinovite (sindrome del tunnel carpale), quadri di polineuropatia sensitiva distale, in genere lievi, da vasculite dei vasa nervorum, e quadri più severi di mononeurite multipla, di tipo misto sensitivo-motorio, sostenuti da vasculite necrotizzante. Molto più raro, ma spesso ad andamento sfavorevole, è l’impegno del sistema nervoso centrale che può dare ictus, convulsioni, encefaliti, meningiti dovute a processi vasculitici o alla formazione di noduli reumatoidi. Occhio Alcuni pazienti, spesso con altre severe manifestazioni extrarticolari, sviluppano episcleriti, scleriti o molto raramente cheratite periferica ulcerativa o vasculite dei vasi retinici. L’episclerite è un’infiammazione superficiale della sclera che causa arrossamento e dolore. La sclerite è invece un’infiammazione profonda, dovuta probabilmente a vasculite, che provoca dolore intenso, lacrimazione e fotofobia. Altre forme sono la scleromalacia, caratterizzata da un processo granulomatoso con progressivo assottigliamento della sclera ed evidenza di colorazione scura della coroide (se i noduli si ulcerano portano a perforazione dell’occhio con scleromalacia perforans), e la sclerite nodulare necrotizzante con formazione di noduli reumatoidi che possono andare incontro a necrosi. Le più comuni manifestazioni oculari sono la xeroftalmia e la cheratocongiuntivite secca che, associate alla xerostomia, possono esprimere una sindrome di Sjögren secondaria. Muscoli La debolezza muscolare è un sintomo comune nei pazienti affetti da AR e può riguardare i gruppi muscolari contigui all’infiammazione articolare o essere generalizzata. Nella maggior parte dei casi non si associa a dolorabilità muscolare ed è secondaria all’ipotrofia muscolare conseguente al non uso o alla miopatia da utilizzo prolungato di steroide. Occasionalmente alcuni pazienti possono avere un dolore muscolare acuto, simile al dolore ischemico, in caso di severe riacutizzazioni della malattia. È stata descritta anche una forma di vera e propria miosite, con rialzo degli enzimi muscolari, alterazioni elettromiografiche e infiltrati infiammatori perivascolari e perimisiali con necrosi muscolare all’esame istologico. 13 6/9/10 6:27:07 PM 1712 Parte 13 - MALATTIE DELLE ARTICOLAZIONI Figura 76.5 Le frecce indicano la presenza di erosioni marginali “a morso di topo”. Dunque il tessuto sinoviale produce i mediatori che possono attivare pesantemente gli osteoclasti. Questo spiega perché il tessuto sinoviale possa addirittura infiltrarsi all’interno delle lesioni erosive. Manifestazioni ematologiche Nei pazienti con AR è spesso presente un’anemia normocromica-normocitica e in un subset compare un’anemia ipocromica-microcitica con bassa ferritina da carenza marziale. L’anemia da malattia cronica è dovuta all’effetto delle citochine TNF-␣ e IL-1 che inibiscono l’utilizzazione del ferro e riducono la produzione di precursori eritroidi. Qualora vi siano alti livelli di IL-6 invece vi sarà aumento della sintesi di epcidina, proteina che riduce l’assorbimento di ferro dal duodeno, altera il rilascio di ferro dai macrofagi e dunque rende impossibile il rifornimento di ferro ai precursori eritroidi. Ne consegue anemia da carenza marziale. Raramente l’AR si presenta con splenomegalia e leucopenia (in particolare neutropenia), ulcere cutanee distali, linfoadenomegalia, positività dell’FR ad alto titolo, anticorpi antinucleo (ANA) ad alto titolo, epatomegalia, trombocitopenia, febbre e infezioni ricorrenti e una particolare leucosi con espansione degli LGL (Large Granular Lymphocytes). La sindrome di Felty presenta un rischio molto elevato (circa 40 volte) di incidenza di linfoma non-Hodgkin. Esami strumentali Il marchio dell’AR è l’erosione articolare, che si manifesta là dove la membrana sinoviale riveste l’articolazione ossia il versante più esterno, marginale. È detta a “morso di topo” (Fig. 76.5). Tali erosioni richiedono un’attivazione osteoclastica non controllata e le molte evidenze sperimentali hanno portato a concludere che l’equilibrio fondamentale è quello tra fattore attivante gli osteoclasti (detto RANK-L: receptor activator of NF-kB ligand) e inibitore (OPG: osteoprotegerina) degli osteoclasti. I linfociti T che infiltrano il tessuto sinoviale e i fibroblasti esprimono abbondantemente RANK-L. Nell’ambito delle citochine la IL-1 è la più potente induttrice di RANK-L; meno attivi ma sinergici con IL-1 sono TNF-␣ e IL-17 (interleuchina 17). C0380.indd 1712 Imaging La prima indagine strumentale da eseguire è la radiografia delle mani e dei piedi. Nelle prime settimane della malattia si può osservare tumefazione delle parti molli (tessuto sinoviale), osteopenia periarticolare e riduzione dell’interlinea articolare, ma è improbabile osservare erosioni. Altrettanto immediato deve essere l’esame ecografico, con power Doppler, che dimostrerà la presenza di versamento intrarticolare, di panno proliferante e di eventuale angiogenesi. L’ecografia può evidenziare anche erosioni marginali. La TC è invece particolarmente dimostrativa del danno osseo già instaurato e dell’avvenuta distruzione delle cartilagini. La RM con eventuale mezzo di contrasto è utile, soprattutto quando l’ecografia non è possibile, per dimostrare l’infiammazione sinoviale con versamento intrarticolare e l’edema dell’osso subcondrale dove si instaura l’osteopenia periarticolare e dove eventualmente comparirà l’erosione dell’articolazione. L’indagine strumentale riveste una tale importanza per due ragioni: 1. perché l’erosione è uno dei fattori prognostici più pesanti per la comparsa di nuove erosioni; 2. perché è il marcatore più importante di malattia progressiva, invalidante e dunque impone una terapia aggressiva al fine di spegnere la malattia. Esami di laboratorio Gli esami di laboratorio per la diagnosi di artrite reumatoide (Tab. 76.2) devono servire a chiarire tre aspetti fondamentali: 1. la fase di attività infiammatoria sistemica; 2. l’interessamento sistemico della malattia (interessamento ematologico, renale, epatico soprattutto); 3. l’autoimmunità presente nel singolo paziente. L’infiammazione viene monitorata con la misura della VES (velocità di eritrosedimentazione), del livello di PCR (proteina C reattiva), del livello di fibrinogeno. La valutazione delle varie comorbilità passa attraverso la misura dei livelli di HDL (High Density Lipoprotein) che tendono sotto l’effetto dell’infiammazione a diminuire, di LDL (Low Density Lipoprotein) che tendono ad aumentare così come i livelli di colesterolo totale. L’impegno ematologico passa attraverso la valutazione emocromocitometrica, dei livelli di emoglobina e di ferritina. La flogosi cronica produce anche una piastrinosi che raggiunge livelli medio-bassi. L’esame del sedimento urinario e i test di colestasi e di citonecrosi epatica sono di routine. Un rilievo fondamentale è lo studio dell’autoimmunità con la ricerca della presenza del fattore reumatoide IgM (FR) e degli anticorpi anti-peptidi citrullinati (ACPA). La loro presenza rappresenta uno dei fattori prognostici più importanti. 6/9/10 6:27:07 PM Capitolo 76 - ARTRITE REUMATOIDE 1713 Tabella 76.2 Esami di laboratorio per la diagnosi di artrite reumatoide Proteina C reattiva (PCR)* Tipicamente aumentata oltre i 5 mg/L; utilizzata per monitorare la fase di attività di malattia Velocità di sedimentazione (VES)* Tipicamente aumentata oltre i 28 mm/l’ora; utilizzata per monitorare l’attività di malattia Emoglobina (Hb)* Diminuita. Media intorno a 10 g/dL. È un’anemia ipocromica-normocitica oppure ipocromica-microcitica a bassa ferritina Piastrine* Sono aumentate come espressione della flogosi sistemica nelle poliartriti progressive Globuli bianchi* Possono essere aumentati, soprattutto nei fumatori. Sono diminuiti in corso di sindrome di Felty (neutrofili < 1500/mm3) Immunoglobuline Ipergammaglobulinemia nei pazienti con autoimmunità e manifestazioni extrarticolari Sedimento urinario* La presenza di urine alcaline più volte deve far escludere una nefropatia tubulare (acidosi tubulare). La microematuria deve far escludere una nefropatia mesangiale Test di danno epatico* ALT (GPT), fosfatasi alcalina, ␥GT di solito normali. Un loro innalzamento deve imporre l’esclusione soprattutto di pregresse infezioni virali (HCV, HBV). Se la fosfatasi alcalina è elevata nelle persone anziane bisogna escludere una osteomalacia Fattore reumatoide (FR)* Presente in circa il 70% dei casi. È un fattore prognostico importante di malattia erosiva Anti-CCP* È il marcatore più specifico. Si associa a prognosi severa e a malattia erosiva ANA* Positivi nel 30-40% dei casi, diretti contro proteine istoniche. Il loro significato nell’AR è ancora indefinito. Un titolo elevato (> 1/320) deve indurre a ipotizzare un’artrite in connettivite sistemica. Esami necessari al momento della diagnosi differenziale iniziale. * Terapia La terapia di ogni forma di artrite si basa su quattro obiettivi: 1. ridurre il dolore, controllando e spegnendo il processo infiammatorio; 2. bloccare il processo distruttivo delle strutture articolari, dunque ottenere la remissione della malattia; 3. ridurre la comparsa di comorbilità (per esempio, cardiopatia aterosclerotica, osteoporosi secondaria); 4. impedire la perdita della capacità lavorativa. Per raggiungere il primo scopo servono i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e steroidei (cortisonici); per il secondo è necessario utilizzare farmaci che modificano il decorso della malattia, distinti in piccole molecole (DMARDs-SM, Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs Small Molecules) o farmaci biologici (DMARDs-BT, Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs Biological Therapies). Per il terzo obiettivo è necessaria la riabilitazione articolare-neuromuscolare ed eventualmente la chirurgia ortopedica. FANS e cortisonici I FANS possono agire come COX1 inibitori e/o come COX2 inibitori (ciclossigenasi di tipo 1 e 2), essendo C0380.indd 1713 in grado di esercitare un’inibizione sia su COX1 sia su COX2. I COX1 sono molto efficaci ma potenzialmente tossici per l’apparato gastroenterico (possono provocare gastrite erosiva e ulcera). A livello renale sia i COX1 sia i COX2 possono provocare riduzione del filtrato glomerulare, ritenzione idrosalina, eventualmente nefrite interstiziale con insufficienza renale acuta. Possono causare ipertensione, ischemia coronarica con infarto e possono scatenare asma. Ovviamente questo deve significare attenzione assoluta alla somministrazione nei pazienti che sono già portatori di comorbilità e nei pazienti anziani (> 65 anni). I COX1 più utilizzati sono: indometacina (25-150 mg/die), naprossene (250-1000 mg/ die), diclofenac (25-150 mg/die), piroxicam (20 mg/ die), ibuprofene (600-1800 mg/die), nimesulide (100400 mg/die), ketoprofene (50-200 mg/die). I COX2 inibitori più utilizzati sono: etoricoxib (60-120 mg/ die), celecoxib (200-400 mg/die). L’uso dei cortisonici è invece fondamentale nella maggioranza dei pazienti, in quanto sono efficaci antinfiammatori e sono potenzialmente in grado di ridurre la progressione del danno erosivo e strutturale. Purtroppo sono gravati da molteplici effetti collaterali (tra i più frequenti: diabete, cataratta, ipertensione, osteoporosi, miopatia, disturbi del sistema nervoso centrale, aumento ponderale). Il dosaggio massimo giornaliero deve essere di 0,1-0,2 mg/kg/ die in equivalenti di prednisone al mattino alle ore 8, 13 6/9/10 6:27:07 PM 1714 Parte 13 - MALATTIE DELLE ARTICOLAZIONI per risparmiare quanto più possibile l’asse ipotalamoipofisi-surrene. Sono utilissimi anche per infiltrazioni locali a livello di polsi, ginocchia, articolazioni metacarpo-falangee, tibio-tarsiche ecc. da effettuarsi possibilmente sotto guida ecografia. I DMARDs-SM sono invece farmaci che intervengono sul sistema immunitario per risettarlo e dunque rallentare e spegnere la malattia flogistica autoimmune. I farmaci da utilizzare sono: clorochina (CHL 4 mg/ kg/die) e idrossiclorochina (OHC 6 mg/kg/die) nelle forme lievi; methotrexate (MTX 0,1-0,3 mg/kg una volta la settimana con incremento graduale), leflunomide (LF 10-20 mg/die), sulfasalazina (SSZ 20-40 mg/ kg/die con incremento graduale), ciclosporina A (CsA 2,5-4 mg/kg/die) nelle forme più aggressive e severe. Gli effetti collaterali più importanti a seconda del farmaco sono: tossicità epatica, ematologia, ipertensione, riduzione del filtrato glomerulare, aumento del rischio infettivo. I DMARDs-BT sono invece farmaci sintetizzati con l’ingegneria genetica (anticorpi monoclonali chimerici o umani, o recettori solubili coniugati con immunoglobuline) diretti contro proteine chiave dell’infiammazione reumatoide (per esempio, TNF-␣ e linfotossina , IL-1, IL-6, molecola co-stimolatoria delle cellule T come CTLA4) oppure molecole di membrana di cellule direttamente implicate come le cellule B (target la molecola CD20). Quelli attualmente in commercio sono: infliximab, anticorpo monoclonale chimerico murino-umano IgG1, antiTNF-␣ (3 mg/kg secondo uno schema specifico i.v.); etanercept, proteina di fusione del recettore solubile p75 del TNF coniugato a Fc di IgG1 (25 mg/biw 2 volte la settimana o 50 mg/w s.c.); adalimumab, anticorpo monoclonale umano anti-TNF-␣ (40 mg/bw ogni 2 settimane o 40 mg ogni settimana s.c.); abatacept, proteina di fusione che comprende il dominio extracellulare del CTLA-4 (proteina transmembrana inibitoria delle T cellule) legato con IgG1 (10 mg/kg i.v. mensile); anakinra, antagonista umano del recettore della interleuchina 1-r-metHuIL-Ra (100 mg/s.c./ die); rituximab, anticorpo monoclinale chimerico murino-umano con IgG1 umana (500-1000 mg giorni 1 e 15 i.v. soltanto). Tutti dovrebbero essere utilizzati in combinazione con MTX. Gli effetti collaterali più frequenti sono: riattivazione di infezioni croniche o latenti, tossicità ematologica, aumento del rischio di neoplasia (linfomi o tumori solidi). È necessario ridurre le comorbilità; le più frequenti sono l’osteoporosi secondaria (OP) e la patologia cardiovascolare (CVD). L’OP è secondaria sia alla malattia infiammatoria sia alla terapia steroidea. Dunque in ogni paziente ove sia previsto un programma di terapia steroidea per più di 3 mesi va iniziata la profilassi per l’osteoporosi, soprattutto se la paziente è in postmenopausa, dopo monitoraggio densitometrico. Le terapie fisica e occupazionale sono importanti per mantenere mobilità e funzionalità, per migliorare la forza, la resistenza e l’efficienza cardiovascolare. Integrante è l’uso di strumenti di supporto ergonomici, l’educazione posturale e la protezione articolare. L’intervento chirurgico-ortopedico si impone laddove la terapia medica fallisca e l’articolazione non sia più in grado di reggere le sollecitazioni e lo stress del movimento con compromissione della qualità della vita giornaliera. Bibliografia Barton A, Thomson W, Ke X et al. Re-evaluation of putative rheumatoid arthritis susceptibility genes in the post-genome wide association study era and hypothesis of a key pathway underlying susceptibility. Hum Mol Genet 2008;17:2274–79. Boyle DL, Rosengren S, Bugbee W et al. Quantitative Biomarker Analysis of Synovial Gene Expression. Arthritis Res Ther 2003;5(6):R352–R360. Cardillo C, Schinzari F, Mores N et al. Intravascular tumor necrosis factor alpha blockade reverses endothelial dysfunction in rheumatoid arthritis. Clin Pharmacol Ther 2006;80:275–81. Ferraccioli G, Tolusso B, De Santis M. Pharmacogenetic of antirheumatic treatments: clinical implications. Pharmacogenomics J 2007;(7):2–9. Klippel JH, Dieppe PA. Rheumatology. St. Louis. 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