ૐૐ Lo Yoga: il ponte di collegamento tra il momento presente e l

Newsletter GaiaDharmaYoga
Febbraio 2015
ૐૐ Lo Yoga: il ponte di collegamento
tra il momento presente e l’eternità! ૐૐ
Inizio la newsletter di Febbraio prendendo spunto da un meraviglioso verso degli
Yoga Sutra di Patanjali1, estratto dal quarto Capitolo, quello della Liberazione o
Kaivalya, verso 33:
ksana pratiyogi parinama paranta nirgrahyah kramah.
Prima di riportarne il significato mi piacerebbe condividere con voi ogni singola
parola che lo compone nel suo senso letterale:
Ksana: momenti
Pratiyogi: sequenza ininterrotta
Parinama: trasformazione
Paranta: alla fine
Nigrahyah: riconoscibile e comprensibile
Kramah: processo regolare
La sequenza ininterrotta dei momenti (definita Tempo da BKS Iyengar nei suoi
commentari) è riconoscibile solo alla fine
del loro rispettivo processo di trasformazione.
Il singolo istante confluisce in un processo che si può cogliere al termine del
mutamento che ogni singolo istante attraversa.
Gli istanti si accumulano progressivamente e se esperiti possono essere conosciuti.
I versi (sutra) di Patanjali si susseguono alla stessa stregua disegnando una preziosa
collana di perle di saggezza. Il sutra 33 risulta così intimamente legato al 32 e al 34;
la sequenza ininterrotta dei momenti nel suo atto terminale corrisponde alle tre
guna, ovvero alle tre qualità della natura naturante (prakrti): sattva (saggezza),
rajas (movimento) e tamas (inerzia), le quali riassorbite nella forma originaria,
conducono lo yogi alla liberazione.
1 Alcuni studi filologici indiani identificavano Patanjali con l'omonimo grammatico vissuto tra l’VIII e
il III secolo a.c.; altri lo collocano in epoche precedenti.
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Secondo la filosofia Samkhya 2 il puro Spirito Purusa (energia primordiale) è
testimone inattivo dell’incessante evoluzione della prakrti, la materia concepita
come ente da cui deriva ogni aspetto della realtà fisica, materiale e mentale
attraverso successive differenziazioni. L’evoluzione del cosmo nonché la sofferenza
umana sono causati dall’influenza reciproca di purusa e prakrti, e dalla
separazione tra lo spirito e la materia.
Il riassorbimento alla natura originaria, è un processo involutivo che si conclude nel
momento in cui le guna hanno adempiuto alle finalità dello Spirito (esperienza e
liberazione) permettendo allo/a yogin/yogini di differenziare purusa da prakrti, non
solo a livello di conoscenza metafisica ma anche attraverso la meditazione. E’
proprio su quest’ultima affermazione che Patanjali secondo lo storico delle
religioni Mircea Eliade crea un collegamento tra la filosofia Samkhya e la filosofia
mistica dello yoga.
Si può introdurre un ulteriore piano di lettura secondo il quale l’emancipazione
dello yogi coincide con la fase finale del processo di trasformazione in cui la
facoltà cosciente riposa nella sua pura essenza, sradicandosi dalle funzioni
mentali. La coscienza costituisce il nucleo centrale intorno al quale si struttura
l’intero apparato concettuale della psicologia yogica: durante la fase di sviluppo
l’essere umano progressivamente si disidentifica dallo strumento conoscitivo per
attuare invece l’unione con la coscienza sottostante già presente.
Il praticante all’inizio del suo cammino visualizza la mente con circospezione in
quanto essa stessa appare come un ostacolo alla consapevolezza ricercata; poi
gradualmente la concepisce come il ponte di collegamento verso tale
consapevolezza, studiandola con dedizione. La psicologia yogica viene così
interiorizzata da coloro che hanno già valicato il ponte e osservato la mente, dalla
favorevole posizione al di là di esso.
Ricollegandomi ai riferimenti iniziali relativi al fattore temporale, condivido con voi
le prospettive/i significanti/significati che ksana e krama hanno generato in me.
Torna subito nitida la distinzione greca tra chronos il tempo cronologico,
convenzionale ed esterno a noi, e kairos, il tempo esistenziale, personale, colmo di
eventi, emozioni e pensieri (un’ora di una noiosa conferenza e un’ora con la
persona amata hanno un identico chronos ma un ben diverso kairos!).
I 75 e/o i 90 minuti delle classi di yoga cronologicamente definite aprono nuovi
spazi di condivisione del nostro essere con l’universo intero.
Lo spazio e il tempo appaiono due elementi fondamentali affinché la pratica
yogica sia implementata sia a livello di posture (asana), sia negli esercizi di
respirazione (pranayama) sia in talune tecniche di meditazione (per esempio nel
kriya yoga di Paramahansa Yogananda).
2 Scuola sistematizzata dal filosofo indiano Isvarakrsna intorno al IV secolo a.c., ma di origini ben
anteriori. Secondo il filosofo indiano Dasgupta, il "proto-samkhya”, del quale però poco o nulla si
conosce non esistendo alcun testo coevo, è nato contemporaneamente allo Yoga.
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Come incamminarsi verso la purificazione spirituale, quel processo di liberazione in
cui anche le qualità della natura si dissolvono se un tappetino, un orologio e la
mente contraddistinguono il nostro operato?
Lo yogi illuminato vive il momento presente senza essere intaccato dalle
condizioni esogene (dunque neanche dal movimento!).
Siamo esseri umani, pur divini nell’essenza. E a seconda dei credi in cui ci
identifichiamo, possiamo vivere il nostro viaggio interiore, percependo la
rivelazione di Dio nel qui e nell’ora; la nostra vita è un viaggio in cui incontriamo in
ogni istante il Divino se siamo sorretti dalla fede.
Come ha intuito Chagall nei suoi dipinti si può incrociare Dio appena svoltato
l’angolo di casa, all’interno del modesto villaggio ebraico; nell’amore di una
coppia si intravedono i simbolismi celebrati dal Cantico dei cantici.
Come riportato da Monsignor Ravasi, emblematica è la celebre frase incastonata
in quel capolavoro teologico e letterario che è l’inno che funge da prologo al
Vangelo di Giovanni: ho Logos sarx egheneto! (1,14): il Verbo, la Parola Divina che
era in principio, che era presso Dio anzi che era Dio, si intreccia intimamente con
la sarx, ovvero con la carne, la fragilità, il limite temporale e spaziale dell’umanità.
Evidenti i collegamenti con il mantra universale OM.
Dove cercare pertanto il vero Sé: “in interiore homine” o al confine tra il mondo
interno ed esterno? E tale confine come viene tracciato in rapporto allo spazio e
al tempo?
Quesiti esistenziali antichissimi…nella concezione socratico-platonica il daimon è a
metà strada tra la soggettività dell’individuo e l’universalità del divino. Su tale
tematica si sono confrontate ile prospettive della psicologia analitico-junghiana,
hillmaniana e gestaltica.
Contingenza e permanenza permeano il nostro concetto di tempo intimamente
legato a quello di spazio; nella figura/sfondo gestaltica una figura può essere
intesa come tale in base ai suoi contorni mentre tutto il resto è sfondo salvo poi
accorgersi che anche lo sfondo può assumere le caratteristiche di una figura. Le
illusioni ottiche relativizzano il tempo e lo spazio rispetto ad una interpretazione
che forse va al di là degli stessi. Sono pertanto una costruzione circoscritta alla
mente umana?
Eraclito sosteneva la necessità dell’eterno scorrere del tutto; Parmenide sosteneva
che il tempo e il moto non esistessero. Il teorico di astrofisica e studioso di gravità
quantistica Julian Barbour sostiene che l’eterno fluire eracliteo è una mera
illusione. Sant'Agostino nelle sue Confessioni affermava: “Se nessuno me lo chiede,
so cos'è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo, non so cosa dire”.
Al di là delle speculazioni filosofiche e scientifiche in tale ambito che rinvio agli
esperti, ritornando all’affascinante verso IV.33 e alla possibilità di trasformare la
pratica in un ponte di collegamento tra l’attimo fuggente e l’eternità, vi trasmetto
quello che sento crescere con intensità da quando ho abbracciato la disciplina
yogica: la fede in un Essere Spirituale.
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Trattasi di un angelo custode che vive in quel mondo in cui le tre gunas sono state
riassorbite dalla natura originaria e indifferenziata, ma che di quando in quando
fa capolino vicino ai nostri cuscini di meditazione, ai nostri incensi e ai nostri
tappetini aprendoci le porte della dimora dove ci si perde nell’infinita immobilità
dell’essere.
La pienezza ontologica originaria viene così vissuta e rivisitata: conoscenza,
sapienza e beatitudine si fondono in satchitananda!
Hari Om Tat Sat!
Buon mese di Febbraio da qui all’eternità spirituale!
ૐ Gaia Bergamaschi ૐ
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