D.to Lgs.vo 5 febbraio 2000, n. 61
Secondo le ultime rilevazioni del Ministero del Lavoro, è in crescita, in Italia, il ricorso al part-time:
alla fine del 1999 (ottobre) la percentuale dei lavoratori occupati a part-time era pari all' 8%,
contro il 7% del luglio 1998 ed il 6% del luglio 1996.
L'aumento del part-time in Italia costituisce uno degli obiettivi strategici della recente politica
dell'occupazione, come emerge dal Piano Nazionale per l'occupazione per il 1999.
Nel documento il Governo dichiara di avere come obiettivo, per il periodo 1999-2003, un
aumento del peso del part-time tale da avvicinare l'Italia al valore della media europea.
1. In generale occorre sapere che…
Il contratto di lavoro a tempo parziale è regolato dal d.to lgs.vo 5 febbraio 2000, n. 61, emanato in
attuazione della Direttiva dell' U.E. 97/81 del 15 dicembre 1997.
Il d. lgs. n. 61/2000 ha espressamente abrogato (art. 11, comma 1, lett. a) l'art. 5 della l. n. 19
dicembre 1984, n. 863 (sull'effetto abrogativo dell'art. 11 v. la Circolare del Ministero del Lavoro
del 12 aprile 2000, n. 23), contenente la precedente disciplina legislativa del lavoro a tempo
parziale; ha, pertanto, colmato le principali lacune presenti in tale disciplina ed eliminato i più
frequenti dubbi interpretativi ad essa collegati.
Nel periodo in cui il decreto è stato elaborato, la Corte costituzionale (Corte Cost. 3 febbraio
2000, n. 49) ha respinto la proposta di referendum di iniziativa popolare sull'art. 5 della l. n.
863/1984, sostenendo che la soppressione referendaria di questa norma avrebbe determinato
"l'eliminazione pura e semplice della tutela contenuta nella allora vigente disciplina legale del
rapporto di lavoro a tempo parziale", ponendo in essere "una situazione tale da far sorgere la
responsabilità dello Stato italiano per inadempimento di uno specifico obbligo comunitario (…),
con conseguente violazione dell'art. 75, secondo comma, della Costituzione"
Una delle finalità principali della nuova disciplina legislativa è l'incentivazione del ricorso al parttime; a tal fine l'art. 5, comma 4, d. lgs. n. 61/2000 prevede - richiamando quanto già previsto dal
d.l. 299/1994, conv. nella l. n. 451/1994 (art. 7, comma 1, lett. a) - che benefici contributivi per i
contratti part-time vengano riconosciuti con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore del d. lgs. n. 61/2000.
2. Definizione e tipologie di part-time
Rispetto al precedente art. 5, comma 1, l. n. 863/1984, che - nel disciplinare l'iscrizione degli
aspiranti lavoratori part-time ad apposite liste di collocamento - definiva solo incidentalmente il
part-time (come "attività ad orario inferiore rispetto a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro
o per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno"), il d. lgs. n. 61/2000
fornisce una più chiara definizione del rapporto di lavoro a tempo parziale e la pone in chiara
correlazione a quella di rapporto di lavoro a tempo pieno. Deve infatti intendersi per part-time
l'orario di lavoro fissato dal contratto individuale ed inferiore all'orario pieno di cui all'art. 13,
comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l'eventuale minor
orario normale fissato dai contratti collettivi applicati.
La nuova legge sancisce anche la distinzione tra lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale e
lavoro a tempo parziale di tipo verticale, distinzione assente nella precedente disciplina
legislativa anche se già invalsa nel linguaggio degli operatori giudiziari.
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Stabilisce anche la possibile combinazione delle due modalità di part-time, attribuendo alla
contrattazione collettiva il potere di prevedere moduli contrattuali che associno in un medesimo
rapporto contrattuale part-time verticale ed orizzontale.
Come nella precedente disciplina, manca qualsiasi riferimento all'orario minimo del part-time, con
la conseguenza che sono in linea di principio ammissibili contratti part-time che prevedano un
impegno lavorativo irrisorio rispetto all'orario pieno per il lavoratore (per es.: una o due sole ore al
giorno).
3. Stipulazione del contratto
Deve avvenire in forma scritta (v., infra, il § 6).
Copia del contratto dev'essere inviata alla Direzione provinciale del lavoro competente per
territorio entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto (in caso di inottemperanza - o di non
tempestiva ottemperanza - dell'obbligo di invio è dovuta, dal datore di lavoro ed in favore della
gestione contro la disoccupazione dell'INPS, una sanzione amministrativa di lire trentamila per
ogni giorno di ritardo).
Rispetto alla precedente disciplina, il d.to lgs.vo n. 61/2000 introduce, inoltre, un obbligo di
informazione annuale, a carico del datore di lavoro e a favore delle rappresentanze sindacali
aziendali (ove esistenti), riguardante l'"andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa
tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare" (art. 2, comma 1).
4. Lavoro supplementare e straordinario
Anche del lavoro supplementare il d.to lgs.vo n. 61/2000 (diversamente dal precedente art. 5
della l. n. 863/1984) fornisce specifica definizione (art. 1, comma 2, lett. e), stabilendo che esso
corrisponde alle "prestazioni lavorative svolte oltre l'orario di lavoro concordato tra le parti" ed
"entro il limite del tempo pieno". Il lavoratore part-time può pertanto svolgere ore di lavoro
eccedenti i limiti di orario originariamente concordati ma non può, in ogni caso, superare i limiti
dell'orario pieno.
Il d.to lgs.vo n. 61/2000 conferma la precedente delega legislativa alla contrattazione collettiva in
materia di lavoro supplementare ma, rispetto al precedente comma 4 dell'art. 5, l. n. 863/1984,
contiene già al suo interno disposizioni di maggiore dettaglio sull'istituto:
a) i contratti collettivi stabiliscono il numero massimo di ore supplementari effettuabili: (1)
nell'arco dell'anno; (2) nell'arco della giornata;
b) essi stabiliscono anche le causali obiettive in relazione alle quali i datori di lavoro possono
richiedere ad un lavoratore part-time lo svolgimento di lavoro supplementare;
c) l'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementari richiede in ogni caso il consenso del
lavoratore interessato, mentre l'eventuale rifiuto non può produrre effetti negativi sul rapporto di
lavoro (in particolare, l'irrogazione di sanzioni disciplinari o l'intimazione del licenziamento);
d) le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ore di lavoro ordinario, salva la facoltà dei
contratti collettivi di richiedere una maggiorazione, mentre l'incidenza del compenso per lavoro
supplementare sugli istituti retributivi cdd. indiretti può essere determinata dai contratti collettivi in
misura forfettaria (ma si tratta di un potere che, sulla base del generale principio della "sovranità"
della contrattazione collettiva in materia retributiva, avrebbe potuto ricavarsi da tale generale
principio e, dunque, indipendentemente da un'esplicita previsione legale).
e) nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale (nel quale la giornata lavorativa è
uguale a quella dei rapporti di lavoro a tempo pieno) è consentito lo svolgimento di prestazioni di
lavoro straordinarie.
5. Poteri della contrattazione collettiva
Il d. lgs. conferma l'attribuzione di importanti poteri normativi alla contrattazione collettiva,
creando, per questo aspetto, una significativa linea di continuità col precedente rinvio legale alla
contrattazione collettiva, contenuto nel comma 3 dell'art. 5 della l. n. 863/1984.
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Rispetto a tale disposizione, le norme del d.to lgs.vo n. 61/2000 contengono,tuttavia, alcune
rilevanti novità:
a) la prima è rappresentata dalla individuazione dei soggetti sindacali legittimati a stipulare i
contratti collettivi abilitati ad integrare la disciplina legale del part-time. Si tratta dei sindacati
comparativamente più rappresentativi (per i contratti di livello nazionale e territoriale) e delle r.s.a.
di cui all'art. 19 l. n. 300/1970 ( per quelli aziendali).
b) La seconda è costituita dall' assenza di un esplicito rinvio per i profili relativi alla individuazione
delle mansioni per le quali è ammesso il ricorso al contratto part-time e al numero percentuale
dei lavoratori che possono essere impiegati con tale tipo di contratto rispetto al numero dei
dipendenti a tempo pieno.
Poiché difficilmente può pensarsi ad un inconsapevole difetto di completezza della disciplina
(che, per tutti gli altri profili, è assai dettagliata), la mancanza va probabilmente interpretata nel
senso di una maggiore "apertura" legislativa verso il "part-time" e cioè di una sollecitazione
(rivolta alla contrattazione collettiva) a diminuire le previsioni contrattuali limitative delle mansioni
e/o del numero di lavoratori per i quali venga ammesso il ricorso al part-time.
c) Viene esplicitato invece il potere della contrattazione collettiva di determinare la retribuzione
relativa alle diverse modalità temporali del part-time.
d) In relazione alla più dettagliata disciplina della forma scritta del contratto e della clausola di
riduzione/distribuzione dell'orario (v., infra, i §§ 6. e 7.), il d.to lgs.vo n. 61/2000 prevede che le
controversie riguardanti tali profili possano essere risolte mediante procedure di conciliazione e
arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi.
e) In relazione alla specifica disciplina dettata per le cdd. "clausole elastiche" (v. infra, § 8.) la
contrattazione collettiva ha il potere di prevedere tale tipo di clausole e di introdurre - accanto a
quelle legali - altre ragioni che legittimano, da parte del lavoratore, l'esercizio del cd. "diritto di
ripensamento" (v., infra, § 7.).
f) E' demandata ai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi la facoltà di prevedere l'applicazione delle disposizioni del d.to lgs.vo n. 61/2000
al settore agricolo, nonché quella - conseguenziale - di prevedere lo svolgimento di lavoro
supplementare e la stipulazione di contratti part-time con "clausole elastiche" nel medesimo
settore.
g) Rispetto alla precedente disciplina, poteri più dettagliati vengono, infine, attribuiti alla
contrattazione collettiva in merito al lavoro supplementare (v. supra, § 2.).
6. Forma scritta
Le novità più significative della nuova normativa riguardano la forma del contratto e le clausole di
distribuzione dell'orario di tipo "elastico". Rispetto a tali questioni il d.to lgs.vo n. 61/2000 scioglie i
più grossi dubbi interpretativi sollevati dalla precedente disciplina (art. 5, comma 2, l. n.
863/1984) che avevano generato la più cospicua parte del contenzioso giudiziario sul part-time
nei quindici anni successivi alla prima regolamentazione legale (sul problema il Ministero del
Lavoro aveva stabilito con "circolare del 3 aprile 1991 n. 51/91" che la forma scritta è un mero
requisito di regolarità del contratto part-time).
In contrasto con l'orientamento prevalentemente assunto dalla giurisprudenza (tra le ultime
Cassazione 24 giugno 1998, n. 6265; Cassazione 14 febbraio 1996, n. 1121), la nuova legge
(art. 2, comma 2, in combinato disposto con l'art. 8, comma 1) stabilisce che la forma scritta è
richiesta, nel contratto part-time, ad probationem e non invece, ad substantiam.
In mancanza di forma è ammessa la prova per testimoni, mentre, in difetto di prova, la
conversione del contratto in full-time può avvenire solo su richiesta del lavoratore.
Il lavoratore ha in ogni caso diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente svolte
prima della data in cui la mancanza della scrittura venga giudizialmente accertata.
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La soluzione legislativa fornita al problema della mancanza di forma toglie, finalmente,
fondamento al frequente ricorso della giurisprudenza alla cd. "presunzione di tempo pieno" che,
sul presupposto della natura ad substantiam della forma scritta, i giudici avevano ampiamente
utilizzato per disporre la conversione in full-time di rapporti part-time instaurati in via di fatto e
cioè senza il fondamento del contratto scritto.
7. La clausola di riduzione dell'orario
Dalla questione della forma scritta del contratto il d.to lgs.vo n. 61/2000 tiene opportunamente
distinta quella della indicazione scritta della durata e della collocazione temporale della
prestazione lavorativa (e cioè la questione della forma scritta della clausola di riduzione
dell'orario).
La clausola di riduzione dell'orario rimane - negli stessi termini di cui al comma 2 dell'art. 5, l. n.
863/1984 - un elemento che le parti hanno l'obbligo di specificare nel contratto (art. 2, comma 2);
la sua assenza non comporta, tuttavia, la nullità del contratto, ma (art. 8, comma 2):
a) se l'omissione riguarda la durata della prestazione lavorativa (e,dunque, l'esistenza stessa del
part-time) la possibile dichiarazione giudiziale di sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo
pieno, purché il lavoratore ne faccia esplicita richiesta (l'ipotesi - e così anche la soluzione - è
analoga a quella della mancanza del contratto scritto: v. supra, § 6.)
b) se l'omissione riguarda la collocazione temporale dell'orario, l'integrazione giudiziale del
contenuto contrattuale sotto il profilo delle modalità temporali di svolgimento della prestazione
lavorativa a tempo parziale; per tale integrazione il giudice potrà fare riferimento alle previsioni
dei contratti collettivi o, in mancanza, procedere con valutazione equitativa.
c) Il lavoratore ha in ogni caso diritto, per il periodo antecedente alla pronuncia della sentenza, al
risarcimento del danno da liquidarsi con valutazione equitativa del giudice.
Le controversie relative alla forma del contratto e alla clausola di riduzione dell'orario possono
essere risolte da collegi di conciliazione e arbitrato previsti dai contratti collettivi nazionali stipulati
dai sindacati comparativamente più rappresentativi.
8. Clausole elastiche
Definizione:
clausole che lasciano indeterminata la collocazione temporale della prestazione lavorativa e non,
invece, la durata complessiva della stessa (per es. quattro ore al giorno, quattro giorni alla
settimana etc…) (art. 3, comma 7). Si distinguono, pertanto, dalle clausole che prevedono bande
di oscillazione temporale della prestazione lavorativa (per es.: dalle tre alle quattro ore al giorno)
rimettendone la concreta determinazione al datore di lavoro. Tali ultime clausole non sono
consentite dal d. lgs. n. 61/2000 (v., infatti, l'obbligo di indicazione scritta della durata della
prestazione di lavoro: § 7.).
Precedenti:
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale 210/1992 (che aveva fornito un'interpretazione del
comma 2 dell'art. 5, l. n. 863/1984, tale da rendere inammissibili i contratti di part-time "a
chiamata" nei quali la collocazione temporale della prestazione venisse rimessa al mero arbitrio
del datore di lavoro) alcune significative "aperture" verso la legittimità delle "clausole elastiche"
erano state compiute dalla giurisprudenza, negli ultimi anni '90 (Cass. 17 marzo 1997, n. 2340;
Cass. 26 marzo 1997, n. 2691 . A seguito di quest'evoluzione giurisprudenziale il Ministero del
Lavoro aveva ammesso che nei rapporti part-time il datore di lavoro potesse variare la
collocazione temporale della prestazione lavorativa mediante l'acquisizione, di volta in volta e in
forma scritta, del consenso del lavoratore (cd. "circolare Mc Donald" 1 giugno 1998, n. 5/26626).
Disciplina:
Alla luce di tali sviluppi, il d.to lgs.vo n. 61/2000 ha dettato un'apposita disciplina delle "clausole
elastiche" (art.3, comma 7 e ss.). Esse sono consentite previo filtro della contrattazione collettiva
(anche di livello decentrato) e previo consenso scritto del lavoratore interessato, da fornire all'atto
della stipula del contratto.
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Diritto di ripensamento:
Il lavoratore ha, tuttavia, facoltà di "denunciare" il patto sull'elasticità del part-time per tre ragioni
tassativamente fissate dalla legge [art. 3, comma 10: a) esigenze di carattere familiare; b)
esigenze di tutela della salute; c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa] e per altre
eventuali ragioni (tra le quali la legge esemplifica le esigenze di studio e quelle di formazione)
previste dalla contrattazione collettiva.
E' tuttavia previsto un periodo minimo di mantenimento del patto, dopo la stipulazione del
contratto (cinque mesi), ed un necessario preavviso di un mese , in caso di ripensamento, in
favore del datore di lavoro.
Retribuzione:
Il lavoratore con part-time "elastico" ha diritto ad una maggiorazione retributiva, in ragione della
disponibilità fornita e nella misura fissata dai contratti collettivi.
9. Principio di non discriminazione
In linea con le indicazioni contenute nella direttiva comunitaria (Direttiva UE 97/81/CE, clausola 4
), l'art. 4 del d.to lgs.vo n. 61/2000 sancisce il generale principio di non discriminazione del
lavoratore a tempo parziale rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile (tale è il lavoratore
inquadrato nello stesso livello contrattuale in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti
collettivi).
Gli istituti e le regole del rapporto di lavoro ai quali è riferito tale principio sono espressamente
richiamati dal comma 2 dell'art. 4, mentre, rispetto al profilo retributivo, il principio si esprime nella
regola del riproporzionamento del trattamento retributivo del lavoratore part-time, in ragione della
ridotta entità della sua prestazione lavorativa.
10. Part-time e contratto a termine
La nuova legge stabilisce espressamente la compatibilità del contratto a termine con il part-time
(art. 1, u.c.), ma vieta che i lavoratori assunti con contratto part-time a termine effettuino
prestazioni di lavoro supplementari o straordinarie, salvo l'ipotesi dell'assunzione a termine per
sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro e le eventuali
altre ipotesi previste dai contratti collettivi. E' inderogabile, invece, il divieto della cd. "doppia
flessibilità" e cioè il divieto di introdurre "clausole elastiche" nei contratti part-time a tempo
determinato. L'introduzione delle clausole elastiche è consentita nei soli contratti a termine
stipulati per sostituire lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro (art. 3,
comma 13).
11. Trasformazione del rapporto (da part-time in full-time e viceversa)
La tendenza al rafforzamento dei poteri sindacali in materia di part-time trova conferma nella
disciplina della trasformazione del rapporto da full-time a part-time, per la quale la nuova legge
prevede, oltre all'atto scritto e in alternativa alla convalida della direzione provinciale del lavoro
(già previsti dalla precedente legislazione), l'assistenza di un componente della rsa indicato dal
lavoratore interessato alla trasformazione.
In caso di richiesta di trasformazione proveniente dal datore di lavoro, il rifiuto del lavoratore non
può costituire giustificato motivo di licenziamento. Diversamente da quanto previsto per il settore
pubblico (v., infra, § 3.6), non esiste, nel settore privato, un diritto del dipendente alla
trasformazione del rapporto da full-time a part-time. Rispetto alla vecchia normativa, il d.to lgs.vo
n. 61/2000 (art. 5, comma 3) prevede, tuttavia che in caso di nuove assunzioni a tempo parziale il
datore di lavoro sia tenuto:
(a) a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno;
(b) a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione da full-time a part-time;
(c) a motivare adeguatamente l'eventuale rifiuto di trasformazione.
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Come nella precedente disciplina, è previsto un diritto di precedenza dei lavoratori part-time (ed
in via prioritaria di quelli che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale) in caso di assunzione di nuovo personale a tempo pieno ed un diritto del
lavoratore al risarcimento del danno in caso di violazione da parte del datore di lavoro di tale
diritto di precedenza (art. 8, comma 3).
Rispetto al vecchio art. 5, comma 3 bis, l. n. 863/1984, il diritto di precedenza è regolato, dall'art.
5, comma 2, del d.to lgs.vo n. 61/2000, con disposizioni di maggiore dettaglio.
12. Part-time e computo dei dipendenti
Le modalità di computo dei lavoratori part-time sono, nella nuova legge, le stesse della vecchia
disciplina (i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero complessivo dei dipendenti in
proporzione all'orario svolto).
Due novità sono, tuttavia, presenti nella nuova disciplina: la prima è rappresentata da una più
chiara definizione dell'ambito di applicazione della regola del computo ("tutte le ipotesi in cui, per
disposizioni di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l'accertamento della consistenza
dell'organico", mentre, con espressione più ambigua, la vecchia legge la limitava, ai casi in cui
fosse necessario procedere alla qualificazione dell'azienda, ai fini dell'accesso ai benefici di
carattere finanziario e creditizio previsti dalle leggi e ai fini della legge sulle assunzioni
obbligatorie).
La seconda è costituita dalla specificità della regola dettata, in materia di computo, per
l'applicabilità dello Statuto dei lavoratori (l. n. 3000/1970); per quest'ultima la nuova legge
prevede che i lavoratori a tempo parziale si computino come unità intere, quale che sia la durata
della prestazione lavorativa.
13. Disciplina previdenziale
L'art. 9 del d.to lgs.vo n. 61/2000:
a) fissa la retribuzione minima oraria, da assumere come base per il calcolo dei contributi
previdenziali, stabilendo che essa si determini rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad
orario normale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 della legge 11 novembre 1983, n. 638 (di
conv. del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463) e dividendo l'importo cosi' ottenuto per il
numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di
categoria per i lavoratori a tempo pieno;
b) stabilisce che gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori part-time per l'intera
misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore
al minimo di ventiquattro ore e che a tal fine le ore prestate in diversi rapporti di lavoro sono tra
loro cumulate. In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di
lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora
non si possa individuare l'attivita' principale per gli effetti dell'articolo 20 del testo unico delle
norme sugli assegni familiari (d.p.r. 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni), gli
assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS. Il comma 2 dell'articolo 26
del citato testo unico e' sostituito dal seguente: "Il contributo non e' dovuto per i lavoratori cui non
spettano gli assegni a norma dell'articolo 2";
c) stabilisce che la retribuzione da valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali e' uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva
per il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione tabellare e' determinata su
base oraria in relazione alla durata normale annua della prestazione di lavoro espressa in ore. La
retribuzione minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi per l'assicurazione di cui
al presente comma e' stabilita con le modalita' di cui al comma 1;
d) prevede infine che nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto
di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del
trattamento di pensione, si computa per intero l'anzianita' relativa ai periodi di lavoro a tempo
pieno e proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianita' inerente ai periodi di lavoro
a tempo parziale.
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14. Part-time verticale e indennità di maternità
Sulla questione relativa all'indennità di maternità nel part-time verticale - a seguito di numerose
pronunce della giurisprudenza (tra le ultime, Cass. 10 agosto 1998, n. 7839 ) - l'INPS ha diffuso
una circ. del 13 aprile 1999, n. 87 la quale stabilisce che nei contratti di lavoro a tempo parziale,
quando l'interdizione obbligatoria per maternità inizia durante la fase lavorativa (o entro i 60 giorni
successivi) l'indennità di maternità deve essere corrisposta anche per le giornate di mancato
svolgimento dell'attività lavorativa previste per pausa contrattuale.
15. Benefici contributivi
V., supra, § 1.
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