Il trattamento del diabete mellito di tipo 2 con agenti ipoglicemizzanti

Medicina Felina, Anno 3, n. 2, Dicembre 2003
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Il trattamento del diabete mellito di tipo 2
con agenti ipoglicemizzanti orali nel gatto*
DEBORAH S. GREECE
DVM, PhD, Animal Medical Center, New York, NY
Riassunto
Il trattamento del diabete di tipo 2 nel gatto è volto ad attenuare le anomalie fisiologiche diminuendo la produzione di glucosio epatico ed il suo assorbimento a livello intestinale, incrementando la sensibilità periferica all’insulina ed accrescendo la secrezione di quest’ultima da parte del pancreas.
Nel gatto, la differenziazione delle
categorie di diabete è quasi impossibile prima del trattamento; di conseguenza, per stabilire se il gatto abbia o
meno una funzione delle cellule beta
sufficiente a consentire il trattamento
con gli agenti ipoglicemizzanti orali il
clinico si deve basare sulla risposta alla loro somministrazione. Questi farmaci sono rappresentati da sulfoniluree (glipizide, glimuride, glimiperide),
biguanidi (metformin), tiazolidinedioni (troglitazone), inibitori della alfaglucosidasi (acarbosio) e metalli di
transizione (cromo, vanadio). Le indicazioni per la terapia con ipoglicemizzanti orali nel gatto sono rappresentati
da peso corporeo normale o aumentato, assenza di chetoni, probabile diabete di tipo 2 senza malattie concomitanti (pancreatite, tumore pancreatico), anamnesi di somministrazione di
farmaci diabetogeni e disponibilità del
proprietario a somministrare le terapie
per via orale piuttosto che per iniezio-
L’obesità nel gatto riduce la sensibilità all’insulina
di circa il 50%. L’obesità in un soggetto anziano è
un fattore di alto rischio per l'insorgenza del diabete mellito (immagine offerta dal Prof. Andrea
Boari).
* Da “Feline Health Topics for veterinarians”,
Vol. 17, n. 4, 2002.
ne. La regressione della tossicità da
glucosio mediante un breve ciclo di insulinoterapia prima della somministrazione degli ipoglicemizzanti orali o in
associazione con essi può migliorare la
risposta al trattamento. La dieta deve
essere costituita unicamente da alimenti umidi poveri di carboidrati e
ricchi di proteine.
Agenti che inibiscono
l’assorbimento del glucosio
a livello intestinale
Gli inibitori alfaglucosidasici ostacolano l’assorbimento del glucosio
dall’intestino diminuendo la digestione della fibra e, quindi, la produzione
del glucosio dalle fonti alimentari.
Questi farmaci sono stati inizialmente
sviluppati come “bloccanti degli amidi” per il controllo dell’obesità nei pazienti umani e possono trovare applicazione nel trattamento dei gatti diabetici obesi. L’acarbosio viene utilizzato come terapia iniziale nei soggetti
obesi in stato prediabetico colpiti da
insulinoresistenza oppure come terapia aggiuntiva alle sulfoniluree o alle
biguanidi per accentuare l’effetto ipoglicemizzante nei pazienti con diabete
mellito. Gli effetti collaterali sono rappresentati da flatulenza, feci molli e
diarrea a dosi elevate. Un vantaggio di
questi agenti è che non vengono assorbiti a livello sistemico e possono essere
utilizzati in associazione con altri ipoglicemizzanti orali o con l’insulina.
Non sono indicati nei pazienti di scarso peso corporeo a causa dei loro effetti sulla nutrizione. L’autrice ha avuto esperienza della terapia con acarbo-
sio alla dose di 12,5 mg/gatto BID con
i pasti; gli effetti collaterali, per quanto
rari se si attua la modificazione della
dieta, sono rappresentati da emissione
di feci semiformate o, in alcuni casi, da
evidente diarrea. L’effetto di abbassamento dei livelli di glucosio determinato dall’acarbosio da solo è lieve e la
glicemia diminuisce soltanto entro la
fascia di 250-300 mg/dl. Tuttavia, l’acarbosio è un eccellente agente quando viene associato all’insulina per migliorare il controllo glicemico. I gatti
trattati con questo farmaco rispondono a dosi di insulina più basse e si può
avere una riduzione degli episodi ipoglicemici.
Agenti che migliorano
la sensibilità periferica
all’insulina
Le classi di ipoglicemizzanti orali
che sono oggetto di attenzione in medicina umana sono i composti tiazolidinedionici (Saltiel e Olefsky, 1996). I
tiazolidinedioni facilitano l’eliminazione del glucosio insulinodipendente ed
inibiscono la produzione epatica del
glucosio attraverso l’attenuazione della
gluconeogenesi e della glicogenolisi; il
troglitazone aumenta la trascrizione e
la traslazione delle proteine necessarie
per il metabolismo del glucosio. Alcuni autori hanno ipotizzato che l’uso di
questo farmaco nelle fasi precoci del
decorso del diabete mellito non insulinodipendente (NIDDM) possa rallentare la progressione della malattia (Saltiel e Olefsky, 1996). Gli effetti collaterali del troglitazone sono minimi e rap-
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Il trattamento del diabete mellito di tipo 2 con agenti ipoglicemizzanti orali nel gatto
presentati da lievi cali transitori di leucociti, piastrine ed emoglobina
(Berkowitz, 1996). Non sono state descritte reazioni ipoglicemiche. L’autrice ha una limitata esperienza circa l’uso di questi composti nel gatto; tuttavia, nell’uomo, nel 15% dei pazienti
trattati con troglitazone è possibile sospendere l’insulinoterapia. In tutti i
soggetti, in confronto a quelli trattati
con placebo, è stato rilevato un miglioramento significativo dei valori di glicemia a digiuno, emoglobina glicosilata e complicazioni diabetiche.
I composti contenenti i metalli di
transizione, vanadio e cromo, si sono
dimostrati dotati di proprietà insulinomimetiche quando vengono somministrati nell’acqua da bere a topi e
ratti colpiti da diabete mellito sperimentalmente indotto (tipo I e tipo II).
Un recente studio dell’USDA su 180
pazienti con NIDDM ha riscontrato
che la somministrazione di 1000 mg di
cromo picolinato una volta al giorno
determinava un miglioramento dei segni classici del diabete e la normalizzazione dei livelli ematici di emoglobina Alc. Nel diabete di tipo II, con il vanadio si ottiene una costante soppressione della glicemia (Brichard, 1989).
Gli studi condotti hanno documentato un ripristino della secrezione di insulina nei soggetti con diabete di tipo
II trattati con vanadio, suggerendo
una regressione della “tossicità da glucosio”. La somministrazione di vanadato per os provoca un miglioramento marcato e prolungato dell’omeostasi del glucosio nel NIDDM esercitando un effetto insulinosimile sui tessuti
periferici; inoltre, il vanadio impedisce l’esaurimento delle riserve di insulina nel pancreas.
L’attuale ricerca indica che i metalli di transizione aggirano i recettori
insulinici ed attivano il metabolismo
del glucosio all’interno della cellula
(Schecter, 1990). Agendo in corrispondenza di un sito postrecettoriale, i composti di vanadio/cromo sono
un trattamento ideale per il diabete
mellito di tipo II, che deriva da una
mancanza di reattività dei recettori
insulinici. A differenza dell’insulina,
il vanadio ed il cromo non abbassano
la glicemia negli animali normali.
Studi condotti presso il nostro laboratorio indicano che basse dosi (0,2
mg/kg/die) di vanadio per os riducono la glicemia ed i livelli sierici di
fruttosamina ed alleviano i segni cli-
nici del diabete (polidipsia, poliuria)
nei gatti con diabete mellito di tipo II
in fase iniziale. Gli effetti collaterali
sono rappresentati inizialmente da
anoressia e vomito; tuttavia, la maggior parte dei gatti non ha mostrato
alcuna manifestazione indesiderata
quando è stata reinstaurata la terapia
con vanadio. Nei pazienti umani il
vanadio viene somministrato sotto
forma di soluzione in uno sciroppo,
mentre il cromo si utilizza sotto forma di compresse; invece, nei gatti risulta più facile la somministrazione
del vanadio nel cibo una volta al
giorno.
Agenti che inibiscono la
produzione epatica di glucosio
Nell’ambito degli ipoglicemizzanti
orali la metformina appartiene al
gruppo delle biguanidi. Le biguanidi
inibiscono il rilascio del glucosio epatico e migliorano la sensibilità periferica all’insulina (Kahn, 1990). Possono essere utilizzate da sole o in associazione con altri agenti ipoglicemizzanti orali per il trattamento del diabete mellito di tipo II nell’uomo (DeFronzo, 1995). Un vantaggio delle biguanidi è che non promuovono il rilascio di insulina; pertanto, il rischio di
insorgenza di ipoglicemia quando si
utilizza la metformina come unico
agente è scarso. Inoltre, la metformina
non provoca una progressione del deposito pancreatico di amiloide perché
non determina il rilascio di insulina
(DeFronzo, 1995). In uno studio randomizzato condotto recentemente su
vasta scala per gruppi paralleli in doppio cieco con controllo, pazienti umani con NIDDM sono stati sottoposti a
terapia con metformina da sola o con
placebo. In confronto ai pazienti del
gruppo trattato con placebo, quelli
del gruppo trattato con metformina
presentavano valori più bassi della glicemia media a digiuno e dell’emoglobina glicosilata (DeFronzo, 1995). Gli
effetti collaterali delle biguanidi sono
rappresentati da acidosi lattica, nausea e diarrea. Le controindicazioni
della terapia con metformina nell’uomo e presumibilmente nel gatto sono
rappresentate da nefropatia concomitante, disfunzione epatica o cardiopatia. Le esperienze con questo farmaco
nel trattamento del NIDDM nel gatto
sono state deludenti.
Agenti che promuovono
il rilascio di insulina
dal pancreas
Il meccanismo d’azione delle sulfoniluree consiste nell’aumentare la secrezione di insulina e migliorare l’insulinoresistenza; tuttavia, alcuni di questi
agenti causano anche un incremento
della produzione di glucosio epatico.
Nei pazienti umani sottoposti a terapia
con sulfonilurea, ciò porta ad iperinsulinemia ritardata, aumento di peso ed
aterosclerosi. Le sulfoniluree, dal momento che inducono il rilascio di insulina, possono promuovere la progressione dell’amiloidosi pancreatica. Nel
gatto, la glipizide è stata utilizzata con
successo per il trattamento del diabete
mellito alla dose di 2,5-5 mg/BID in
associazione con una terapia dietetica
basata sull’impiego della fibra. Il paziente viene valutato ad intervalli settimanali oppure ogni due settimane per
un periodo di 2-3 mesi. Se la glicemia
a digiuno diminuisce a meno di 200
mg/dl, la glipizide va continuata alla
stessa dose e il gatto va rivalutato dopo
3-6 mesi. Se la glicemia a digiuno resta
superiore a 200 mg/dl dopo 2-3 mesi
di terapia e l’animale è ancora sintomatico (poliuria/polidipsia, perdita di
peso), la glipizide va sospesa e si deve
instaurare una terapia con insulina o
con un’associazione di insulina/ipoglicemizzanti orali. Se la glicemia resta
superiore a 200 mg/dl, la somministrazione della glipizide va continuata a
tempo indefinito ed il gatto va nuovamente esaminato dopo 3-6 mesi. Le
prime esperienze sull’impiego della
glipizide come ipoglicemizzante orale
nel gatto sono state deludenti. Tuttavia, è possibile che ciò sia correlato alla selezione dei pazienti piuttosto che
ad una palese insufficienza del farmaco. I gatti con diabete di tipo II in fase
iniziale hanno le maggiori probabilità
di rispondere a qualsiasi agente ipoglicemizzante orale. Gli effetti collaterali
di questi farmaci sono rappresentati
da grave ipoglicemia (rara nel gatto),
epatite colestatica e vomito. Gli effetti
collaterali di tipo gastroenterico, che si
riscontrano nel 15% circa dei gatti
trattati con glipizide, si risolvono
quando il farmaco viene somministrato con il cibo (Ford, 1995). Recentemente, in medicina umana è stata immessa sul mercato una nuova sulfonilurea, la glimepiride; questo composto
presenta meno effetti collaterali della
Medicina Felina, Anno 3, n. 2, Dicembre 2003
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Tabella 1
Farmaci ipoglicemizzanti orali utilizzati per il trattamento del NIDDM nell’uomo e nel gatto
Nome commerciale
Dosaggio
Frequenza
Effetti collaterali
Meccanismo d’azione
Cromo
1000 mg (U)
200 mg (G)
ogni 24 ore
Nessuno a questo dosaggio
Aumenta la sensibilità dei recettori insulinici
Glipizide
2,5-5 mg (G)
BID
Vomito
Epatotossicità
Rilascio di insulina
Glimiperide
1-4 mg (U)
sconosciuto (G)
ogni 24 ore (U)
sconosciuto (G)
Come sopra,
ma con incidenza più bassa
Come sopra
Metformina
500-750 mg (U)
5 mg/kg (G)
BID
Anoressia, vomito
Inibisce la produzione epatica di glucosio
Acarbosio
50 mg (U)
12,5 mg (G)
BID con i pasti
Flatulenza, feci molli
inibitore della alfa-1-glucosidasi
Troglitazone
200-400 mg (U)
200 mg (G)
ogni 24 ore
Lievi cali di leucociti,
piastrine ed emoglobina
Aumenta la sensibilità dei recettori insulinici
Vanadio
0,2 mg/kg/die (G)
ogni 24 ore
in cibo o acqua
Anoressia, vomito
Aumenta la sensibilità all’insulina
glipizide. Inoltre, può essere impiegata
con una sola somministrazione giornaliera.
Associazioni di ipoglicemizzanti
orali ed insulina: variazioni in
aumento e in diminuzione
dell’insulina
Gli agenti che compromettono l’assorbimento del glucosio dall’intestino
(acarbosio) o aumentano la sensibilità
all’insulina (vanadio, metformina, troglitazone) possono essere associati all’ormone per migliorare il controllo
del glucosio. Il vanadio si è dimostrato
utile in associazione con l’insulina in
modelli di IDDM nel ratto e nel topo
(Schecter, 1992). Nel caso di “diabete
incostante”, in cui piccole modificazioni in aumento della dose dell’insulina possono scatenare un’ipoglicemia,
l’aggiunta di un farmaco che accentui
l’azione dell’insulina può portare ad
una riduzione del dosaggio di quest’ultima necessario ad ottenere l’euglicemia. Nell’uomo, l’acarbosio e la
metformina vengono utilizzati comunemente in associazione con l’insulina
e con altri ipoglicemizzanti orali
(sulfoniluree) che causano il rilascio di
insulina (DeFronzo, 1995). L’associazione di qualsiasi agente ipoglicemizzante orale con l’insulina va effettuata
con cautela, perché si possono avere
reazioni ipoglicemiche. In alcuni gatti
diabetici può essere necessario effettuare delle modificazioni passando
dall’insulina agli ipoglicemizzanti orali
o viceversa. Se un gatto è particolarmente sensibile all’insulina o mostra
un diabete transitorio dovuto alla regressione della “tossicità da glucosio”,
si deve prendere in considerazione il
passaggio ad un ipoglicemizzante orale. Al contrario, se l’animale viene trattato con uno di questi farmaci e si sviluppa una chetosi, l’ipoglicemizzante
orale va sospeso e si deve passare alla
terapia con insulina.
Gli ipoglicemizzanti orali stanno diventando sempre più popolari per
l’impiego nei gatti con il diabete mellito di tipo II. Le sulfoniluree sono la
classe di farmaci più comuni ed il glipizide viene utilizzato da parecchi anni alla dose di 5 mg BID PO per trattare il diabete del gatto. Farmaci più
recenti, come l’acarbosio, si possono
impiegare come terapia aggiuntiva da
abbinare ad altri ipoglicemizzanti orali ed alla dieta. La metformina ed i
tioazolodidioni sono stati recentemente studiati nel gatto e possono risultare
promettenti, in particolare se associati
all’insulina o alla terapia dietetica. La
dieta, basata sull’impiego di formulazioni povere di carboidrati e ricche di
proteine, può essere la chiave per il
successo del trattamento del diabete
nel gatto.
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