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STRAUSS
cantano un duetto d’opera come ai
vecchi tempi.
Aldo Nicastro
CD
STRAUSS Schneider-Polka TrV 1; Panzenburg-Polka TrV 11; Lagsamer Satz TrV 12;
5 kleine Stücke TrV 18; Sonatina n. 2 TrV
20; Sonata n. 1 TrV 12; Sonata n. 2 TrV
23; Sonata n. 3 TrV 24; Sonata n. 5 TrV
26; 5 Klavierstücke op. 3 pianoforte Dario
Bonuccelli
DYNAMIC CDS 7695
DDD 73:25
HHHH
È davvero musica
di Richard Strauss?
Oppure si tratta
di qualche inedito
di uno dei rampolli della dinastia degli Strauss,
quella dei valzer e delle polke?
Ascoltando le prime tracce di questo CD il dubbio, per un attimo, viene. Ed è un dubbio lecito. In paginette come la Schneider-Polka e la
Panzenburg-Polka, infatti, si respira
l’aria frizzante e leggera dei salotti
viennesi della Belle époque. Per
non dire dei cinque Kleine Stücke,
che nella loro gioiosa semplicità
sembrano usciti dalla penna di un
bambino di nove anni. Il compositore, in realtà, è proprio Richard
Strauss. Uno Strauss ai primi passi
nel mondo della musica. La Schneider-Polka (Polka del sarto) venne
improvvisata a sei anni al pianoforte e ad annotarla sul pentagramma
fu il padre, cornista dell’orchestra
di corte bavarese. Con il Langsamer Satz, composto ad otto anni, il
piccolo Richard sperimenta, con
una perdonabile goffaggine, le atmosfere mozartiane della tonalità di
sol minore (in chiave, però, c’è erroneamente un Fa diesis!). I pezzi
più interessanti, i Klavierstücke op.
3, pubblicati nel 1881, hanno invece
come riferimento Schumann e mostrano il progressivo allargarsi degli
orizzonti musicali del giovane compositore.
Dopo il doppio CD dedicato all’integrale pianistica di Richard Wagner
nel duecentesimo anniversario della
nascita (cfr. numero 248 di MUSICA),
Dario Bonuccelli coglie l’occasione
del centocinquantesimo anniversario della nascita di Richard Strauss
per una nuova integrale discografica che si fa apprezzare, come la
precedente, anche per la buona
qualità della registrazione, con sonorità profonde, morbide e scure.
Quasi tutte le paginette raccolte in
questo primo volume, ad eccezione
dei cinque Klavierstücke op. 3, sono registrate in prima mondiale e ci
danno una chiara idea del contesto
musicale in cui ebbe modo di crescere il giovane compositore. Sono
lavori elementari ed un poco scolastici (il Presto conclusivo della Sonata n. 3 sembra venire direttamente da una sonatina di Clementi), però sprizzano gioia da tutti i
pori, presentando anche alcuni tratti curiosi, come le birichine dissonanze del primo movimento della
Dario Bonuccelli
118
musica 261, novembre 2014
Sonata n. 1. Se la Sonatina sembra
scritta per un allievo del secondo
anno del corso di pianoforte, nel secondo movimento Sonata n. 2 si
avverte un’aura mozartiana, anche
se Richard (all’epoca aveva 10 anni) non riesce poi davvero a sviluppare questi spunti.
Si tratta, a conti fatti, di lavori poco
significativi sul piano estetico, che
però Dario Bonuccelli affronta con
verve, leggerezza ed abbandono, facendoceli alla fine apprezzare anche nella loro disarmante semplicità. Nello Strauss maturo questa
spensierata gioia di vivere sarebbe
diventata ansia dell’assoluto e l’innocenza si sarebbe sciolta nella più
torbida sensualità. Per tutta la vita,
però, in primo luogo come di direttore d’orchestra, Richard Strauss
non smise di amare i Classici viennesi, Mozart su tutti, dei quali si era
nutrito nell’infanzia.
Luca Segalla
Sei domande a
Dario Bonuccelli
La sua è un’operazione insolita. Ascoltare il Richard Strauss
pianistico non capita spesso e
infatti molti dei brani registrati nel CD sono inediti. Come è
nato il progetto? Immagino
partendo della sua recente integrale pianistica wagneriana...
Sı̀, perché dopo il duecentesimo anniversario della nascita di Wagner
mi è sembrata una logica conseguenza occuparmi di Richard
Strauss, nel centocinquantesimo
della nascita. In realtà mi sono accorto che il materiale era molto più
consistente di quello wagneriano,
infatti ho in programma di registrare almeno altri quattro CD. A parte
le pagine già note come i Cinque
pezzi op. 3, la Sonata op. 5 e gli
Stimmungsbilder op. 9, esistono
moltissime composizione giovanili,
edite di recente da Christian Wolf,
direttore dell’Istituto Strauss di Garmisch Partenkirchen, in pratica
l’Archivio della famiglia. Sono state
raccolte in tre volumi apparsi tra il
2003 e il 2008, intitolati Der Junge
Richard Strauss.
STRAVINSKI
Quando pensa di concludere
questa integrale?
Non prima del 2019. Fino alla scadenza del 70 anno dalla morte di Richard Strauss, infatti, non è possibile
registrare le opere che non sono ancora state pubblicate dalla Schott.
C’è per esempio un Tema con variazioni che sono molto curioso di poter conoscere. A Garmisch hanno
molte pagine manoscritte, che potrò
consultare ma non potrò ancora registrare. La famiglia Strauss non ha
un particolare interesse nel pubblicare e nel far registrare gli inediti,
probabilmente perché i lavori pianistici giovanili non sono di grande valore estetico. Hanno comunque un
valore documentario ed io penso che
quando si è di fronte a dei geni come
Richard Strauss qualsiasi cosa uscita
dalla loro penna sia degna di interesse, anche il brano suonato a sei anni
sul pianoforte e trascritto sul pentagramma dal padre, perché Strauss
non sapeva ancora scrivere la musica. Evidentemente non tutti sono
della mia idea: dovremo aspettare
qualche anno.
Certo che ascoltando i piccoli
pezzi pianistici del giovanissimo Richard Strauss si resta
sorpresi. La sua infanzia sem-
bra tutta trascorsa sotto l’ala
protettiva dei modelli della
triade Haydn-Mozart-Beethoven. È ben strano, per il futuro
compositore di Also Sprach Zarathustra e Salome...
Strauss ha fatto un salto di qualità
enorme. Lo si nota anche solo confrontando le prime composizioni
con i pezzi dell’Op. 3, che non sono
di molti anni posteriori.
Però oltre al salto di qualità si
avverte anche un cambio di direzione nel modo di comporre:
nello Strauss ragazzino ci saremmo aspettati qualche esperimento armonico più audace,
invece resta tutto nell’alveo del
Classicismo viennese...
Il motivo è che Strauss ha espresso
tutta la sua innovazione e la sua
creatività nell’ambito dell’orchestra
e dell’opera più che in quello del
pianoforte.
Secondo lei perche´ in Strauss,
dopo la Sonata in Si minore
composta a sedici/diciassette
anni nel 1880/1881, venne meno
l’interesse per il repertorio per
pianoforte solo?
INDISPENSABILE!!!
Le Guide
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Affronterà anche i lavori di
Strauss per pianoforte e orchestra, la Burleske ed i due brani
per la mano sinistra, il Parergon e il Panathenäenzug?
Mi piacerebbe molto, anche perché
tanti anni fa avevo suonato diverse
pagine per la mano sinistra, come
gli Studi op. 135 di Saint-Saëns ed
il Preludio e notturno op. 9 di
Scriabin. In ogni caso sarà al di fuori di questo progetto, perché i problemi discografici raddoppiano
quando si deve registrare con un’orchestra. E poi la Burleske è uno dei
miei pezzi preferiti, che da anni sogno di suonare. È sı̀ un concerto,
ma costruito sul dialogo tra solista
e orchestra. Mi piacerebbe fare un
programma con la Burleske e le Variazioni sinfoniche di Franck, due
pagine in cui il pianoforte è concertante. Chissà se potrò mai farlo in
futuro.
Luca Segalla
CD
STRAVINSKI Concerto per violino e orchestra in re maggiore
PROKOFIEV Concerto per violino e orchestra n. 2 in sol minore violino Patricia Kopatchinskaja London Philharmonic Orchestra, direttore Vladimir Jurowski
NAÏVE V5352
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In realtà dopo la Sonata ci sono i
Pezzi op. 9, che devo ancora registrare e che finiranno nel terzo CD:
questi lavori, pur restando ancora
legati alla tradizione lasciano presagire qualcosa di nuovo nella ricerca
sulla sonorità, soprattutto nell’ultimo dei cinque. Il punto è questo:
anche se sulla tastiera Richard
Strauss era molto più a suo agio di
quanto lo fosse Wagner, è con l’orchestra che si è sentito davvero libero di staccarsi delle sue radici
musicali.
musica 261, novembre 2014
Quattro anni separano il concerto per violino di
Stravinski (1931)
da quello di Prokofiev (1935). Si
tratta in realtà di
due composizioni assai diverse fra