REVIEWS RASSEGNE Emolisi in vivo. Parte I: classificazione Franco Manzato1, Massimo Franchini2, Pier Paolo Vescovi3 1Dipartimento di Medicina di Laboratorio, 2Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia e 3Dipartimento Medico, Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Mantova ABSTRACT In vivo hemolysis. Part I: classification. Hemolytic anemias are characterized by a reduction of the average life span of red blood cells. In some cases, the hemolysis may be massive, thus representing a life-threatening condition, which management is challenging for physicians. In other cases, hemolysis may be compensated by bone marrow stimulation or became overt only in particular conditions. From an etiologic point of view, hemolytic anemias can be divided in congenital and acquired forms. Inherited hemolytic anemias are usually diagnosed in the childhood and are due to intracorpuscolar defects (with the exception of paroxysmal nocturnal hemoglobinuria), while acquired hemolytic anemias are mainly extracorpuscolar. The prompt recognition of symptoms and a correct differential diagnosis are essential to establish a correct therapeutic approach. INTRODUZIONE La durata media della vita di un globulo rosso (GR) è di 120 giorni; al termine di questa, viene rimosso dal circolo, principalmente da midollo osseo, fegato e milza. Tutte le anemie definite “emolitiche” (AE) sono caratterizzate da un accorciamento attuale o potenziale della vita media eritrocitaria. In alcune condizioni l’emolisi è talmente acuta e massiva da porre in serio pericolo la vita del paziente; in altre il compenso midollare può essere tale da non comportare alcuna riduzione nella capacità di trasporto dell’ossigeno (emolisi compensata). Ancora, il difetto può essere talmente lieve che solo alcune particolari condizioni scatenanti, come l’esposizione a certi farmaci o a infezioni, possono rendere manifesta l’emolisi. Dal punto di vista eziologico, le AE possono essere classificate come ereditarie o acquisite. Le prime sono solitamente diagnosticate nell’infanzia, anche se non è inconsueta la loro manifestazione in età adulta, e sono dovute a difetti intracorpuscolari, con un’eccezione significativa rappresentata dall’emoglobinuria parossistica notturna (PNH), causata da una mutazione somatica acquisita. Le AE acquisite sono prevalentemente extracorpuscolari, ma alcune rare forme di sindromi microangiopatiche trombotiche (TMA), come la forma famigliare della sindrome emolitico uremica (HUS) o la porpora trombotica trombocitopenica (TTP) da difetto congenito di ADAMTS13, sono invece ereditarie. L’emolisi può essere intravascolare o extravascolare e clinicamente può manifestarsi in forma prevalentemente acuta o cronica (1). In generale, l’identificazione dell’emolisi come causa dell’anemia è relativamente facile, più difficile è l’identificazione della causa, ereditaria o acquisita, che talvolta richiede un percorso diagnostico a più passaggi. Tale percorso non può prescindere dall’anamnesi del paziente e dall’esecuzione di esami semplici e facilmente accessibili; solo in un secondo tempo è giustificato il ricorso a esami più complessi e specifici. Lo scopo è comunque sempre di confermare o escludere in tempi rapidi quelle cause di AE che possono mettere in pericolo la vita del paziente. In questa rassegna esamineremo le differenti cause di emolisi in vivo proponendo approcci classificativi che garantiscano la massima efficacia diagnostica in questo specifico ambito clinico. AE DA DIFETTO INTRACORPUSCOLARE AE da difetti di membrana e/o citoscheletro La membrana eritrocitaria è responsabile delle caratteristiche antigeniche, meccaniche e di trasporto del GR. L’aspetto più importante e caratteristico del GR è la sua capacità di subire una notevole deformazione passiva Corrispondenza a: Franco Manzato, Dipartimento di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Strada Lago Paiolo 10, 46100 Mantova. Tel. 0376201374, Fax 0376220144, E-mail [email protected] Ricevuto: 04.10.2013 92 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 Revisionato: 07.01.2014 Accettato: 09.01.2014 RASSEGNE REVIEWS Figura 1 Classificazione delle anemie emolitiche intraeritrocitarie. In rosso le condizioni che possono presentarsi con crisi acute di emolisi intravascolare; in verde le condizioni croniche. AE, anemie emolitiche; PEC, porfiria eritropoietica congenita; Thal, talassemia; G6PD, glucosio-6-fosfato deidrogenasi; PK, piruvato chinasi; P5’N-1, pirimidina 5’ nucleotidasi; (altri), altri rari difetti enzimatici; EPN, emoglobinuria parossistica notturna; SS, omozigosi S; SC, doppia eterozigosi SC; Sβ Thal, doppia eterozigosi S-β talassemia; CC, omozigosi C; Hb, emoglobine; ADC, anemia diseritropioietica congenita. Figura 2 Eritrociti (GR) all’esame microscopico. A) Sferocitosi ereditaria: i GR appaiono densi e ipercromici, senza il caratteristico pallore centrale; B) Ellissocitosi ereditaria (EE): i GR assumono la classica forma a sigaro; C) Variante piropoichilocitosi della EE con microcitosi, poichilocitosi, ellissocitosi e frammentazione dei GR. durante i ripetuti passaggi attraverso i capillari, il cui diametro è pari a un terzo di quello del GR, per tutti i suoi 120 giorni di vita media. Questa caratteristica è garantita dalla notevole elasticità della membrana, essendo questa sostenuta da un sistema di ancoraggio verticale tra il doppio strato fosfolipidico superficiale e la rete proteica sottostante (lo scheletro della membrana), costituito dall’interazione tra domini citoplasmatici di diverse proteine della membrana con la rete di spettrina dello scheletro. I difetti della membrana del GR sono condizioni prevalentemente ereditarie, dovute a mutazioni di proteine della membrana o dello scheletro, che causano la riduzione della deformabilità e la prematura rimozione dalla circolazione dei GR. Esse comprendono la sferocitosi, l’ellisocitosi, l’ovalocitosi e la stomatocitosi ereditarie (Figura 1) (2, 3). importante da richiedere l’exsanguinotrasfusione, mentre la splenomegalia è spesso assente. Alla fine della prima infanzia e nell’età adulta la classica triade che caratterizza le AE si associa spesso a colelitiasi. Le manifestazioni cliniche della SE sono di grado molto variabile; l’anemia può essere talmente grave da richiedere trasfusioni alla nascita e/o ripetute trasfusioni in età successive, oppure così lieve da presentarsi in giovani adulti o anche più tardi nella vita. Il grado di compenso dell’emolisi e la severità dell’anemia definiscono la SE come lieve se la concentrazione di emoglobina (Hb) è >110 g/L, moderata se è >80 g/L, o severa se risulta <60 g/L (4, 5). La variabilità delle manifestazioni cliniche è dovuta all’alta eterogeneità dei difetti molecolari, che coinvolgono geni codificanti per più proteine di membrana, come l’anchirina, la banda 3, la proteina 4.2, l’α- o la β-spettrina e l’antigene Rh. La loro carenza o disfunzione esita nell’assemblaggio di una membrana instabile con conseguente vescicolazione e riduzione della superficie di membrana, con assunzione della caratteristica forma sferica e aumento della rigidità (Figura 2A). Il sequestro degli sferociti non deformabili e la loro fagocitosi da parte dei macrofagi splenici è responsabile dell’anemia e della splenomegalia. Sferocitosi ereditaria La sferocitosi ereditaria (SE) comprende un gruppo eterogeneo di AE caratterizzate dalla presenza di eritrociti sferici (sferociti) allo striscio di sangue periferico. La SE è la più comune tra le AE da difetto di membrana, colpisce tutti i gruppi etnici, ma è particolarmente frequente nei soggetti di stirpe nordeuropea con una prevalenza, probabilmente sottostimata a causa del mancato riconoscimento delle forme lievi o moderate, compresa tra 1:2000 e 1:5000. Nel 75% dei casi è autosomica dominante, nei restanti è recessiva o è dovuta a una mutazione de novo. La SE può presentarsi precocemente nell’infanzia, nel periodo neonatale e, nelle forme più gravi, anche a livello fetale. Clinicamente è caratterizzata da pallore dovuto all’anemia, da iperbilirubinemia con ittero e da splenomegalia. Nei neonati l’ittero può essere così Ellissocitosi ereditaria La ellissocitosi ereditaria (EE) comprende un gruppo eterogeneo di disordini caratterizzati dalla presenza di eritrociti che allo striscio di sangue periferico assumono la tipica forma ellittica (Figura 2B), a causa di mutazioni di geni codificanti per proteine di membrana o dello scheletro che ne alterano la funzione e ne riducono la deformabilità (4, 5). La EE è presente in tutto il mondo e in tutti i gruppi etnici, ma è più comune nelle aree dove biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 93 REVIEWS RASSEGNE Ovalocitosi ereditaria Si tratta di una malattia autosomica dominante, molto comune nel sud-est asiatico (prevalenza 5-25%), soprattutto nelle regioni a malaria endemica, poiché offre protezione contro l’infezione da Plasmodium falciparum e Plasmodium vivax. E' caratterizzata da GR di forma ovale, con uno o due rilievi trasversali o una fessura longitudinale e con diminuita deformabilità della membrana (Figura 3B). I soggetti adulti con ovalocitosi ereditaria sono completamente asintomatici e la diagnosi deriva da una casuale osservazione dello striscio di sangue periferico eseguito per altri motivi. I neonati possono presentare i segni dell’AE con ittero (4). Figura 3 Eritrociti (GR) all’esame microscopico. A) Stomatocitosi ereditaria; B) Ovalocitosi ereditaria. la malaria è endemica probabilmente perché, come altri difetti dei GR, conferisce una certa resistenza all’infezione da parte di questo parassita. L’incidenza è compresa tra 1:2000 e 1:4000, ma può arrivare a 1:100 nell’Africa occidentale. Fenotipo e genotipo sono eterogenei con ereditarietà autosomica dominante a eccezione della variante piropoichilocitosi. La maggior parte dei soggetti con EE è asintomatica e solo nel 10% dei casi si manifesta anemia da modesta a severa. La variante piropoichilocitosi è caratterizzata da un’importante frammentazione della membrana con riduzione della superficie del GR e una sintomatologia clinica severa (Figura 2C). La clinica dei pazienti con EE sintomatica o con la variante piropoichilocitosi è simile a quella della SE ed è caratterizzata da anemia, ittero, splenomegalia e colelitiasi. Stomatocitosi ereditaria Sono descritte due forme di stomatocitosi ereditaria (STE), caratterizzate dalla presenza di numerosi stomatociti allo striscio periferico (Figura 3A), entrambe autosomiche dominanti: STE da iperidratazione e STE da deidratazione. La prima, assai rara (20 casi descritti), è dovuta a un aumento del sodio intracellulare, causato dall’incapacità del GR di regolare l’omeostasi dei cationi, cui consegue aumento del volume del GR senza concomitante aumento della superficie membranosa, assunzione della forma sferica e sequestro da parte della milza. L’anemia è di grado variabile, da moderata a severa. In questa forma di AE, la splenectomia è controindicata perché comporta un notevole aumento del rischio di tromboembolismo venoso. La STE da deidratazione, più frequente, è caratterizzata da perdita del potassio intracellulare, disidratazione, aumento della viscosità citoplasmatica e caratteristico aumento della concentrazione corpuscolare media di emoglobina (MCHC). In questa forma la sopravvivenza eritrocitaria è pressoché fisiologica, l’anemia ben compensata e la milza lievemente o moderatamente ingrandita (4). 94 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 Emoglobinuria parossistica notturna L’emoglobinuria parossistica notturna (EPN) è un raro disordine ematologico acquisito della cellula staminale ematopoietica. E’ dovuta a un’espansione clonale di cellule staminali ematopoietiche non maligne conseguente a una mutazione somatica del gene PIG-A (“phosphatidylinositol glycan anchor biosynthesis, class A”), che mappa sul braccio corto del cromosoma X. La proteina codificata dal gene PIG-A è un enzima essenziale per la sintesi di glicosil-fosfatidil-inositolo (GPI), molecola che serve da sistema di ancoraggio per numerose proteine alla superficie della membrana del GR. Pertanto tutte le proteine ancorate al GPI (GPI-APs) sono carenti nella progenie delle cellule staminali mutate, in particolare le proteine inibitrici dell’attivazione e dell’azione citolitica del complemento, come CD55 e CD59 (6). L’espansione clonale della cellula ematopoietica mutata sarebbe favorita dalla resistenza che questa avrebbe nei confronti di insulti di natura immunitaria, ai quali è invece sensibile la cellula non mutata. La EPN è presente in tutte le aree del mondo e può interessare tutte le età, anche se è più frequente nei giovani adulti. Colpisce indifferentemente maschi e femmine, con una durata di vita media dell’individuo non trattato di ~10 anni. Una stima recente indica per questa patologia un’incidenza di 1,3 nuovi casi ogni milione di individui per anno, anche se la stima è probabilmente in difetto per le difficoltà diagnostiche che la EPN presenta (7). L’emolisi intravascolare, e la conseguente emoglobinuria caratteristica dell’EPN classica, sono dovute alla mancata regolazione sulla superficie del GR derivato dal clone mutato dell’attivazione della via alternativa del complemento (a causa del deficit di CD55) e alla mancata inibizione del complesso di attacco citolitico alla membrana (a causa del deficit di CD59). La EPN può presentarsi con manifestazioni cliniche e con una storia naturale profondamente diverse tra loro. L’“International PNH Interest Group” raccomanda una classificazione in tre categorie (8): EPN classica (caratterizzata da un andamento cronico con crisi acute accompagnate da emoglobinuria macroscopica, favorite da situazioni febbrili, acidosi e ipossia); EPN nel contesto di un’altra sindrome di RASSEGNE REVIEWS insufficienza midollare (spesso con segni minimi di emolisi), come un’anemia aplastica o una sindrome mielodisplastica, ed EPN subclinica, caratterizzata dalla mancanza di qualsiasi evidenza clinica o biochimica di emolisi. Acantocitosi o anemia ad acantociti È una forma di AE acquisita che può presentarsi nei pazienti con gravi malattie epatiche, in particolare nella cirrosi alcolica (9). I GR presentano delle proiezioni simili a spine, di lunghezza e spessore variabile, dovute a un’alterazione del rapporto tra fosfolipidi e colesterolo nella composizione della membrana; ne consegue il sequestro e la distruzione da parte della milza (10). Deve essere sospettata nei pazienti con grave malattia epatica e con AE, ittero e encefalopatia (11). La diagnosi si basa sull’osservazione degli acantociti sullo striscio di sangue periferico. AE da alterazioni dell’Hb L’Hb, principale costituente dei GR, è formata da 4 catene globiniche e da un gruppo prostetico (eme), a sua volta formato da una protoporfirina e da un atomo di ferro. Si distinguono tre categorie principali di AE da alterazioni dell’Hb: disordini delle protoporfirine [porfiria eritropoietica congenita (PEC)], anomalie strutturali delle catene globiniche e difetti quantitativi di sintesi delle catene globiniche (sindromi talassemiche) (Figura 1). Porfiria eritropoietica congenita Le porfirie sono disordini metabolici causati da difetti ereditari, dovute al deficit di uno specifico enzima coinvolto nella biosintesi dell’eme (12, 13). La PEC (o malattia di Günter) è la più frequente tra le rare porfirie recessive. E’ dovuta a un deficit pronunciato, ma non all’assenza completa, dell’attività enzimatica di uroporfirinogeno III sintetasi (UROS), che causa l’iperproduzione e la conseguente escrezione degli isomeri di tipo I di uroporfirina e coproporfirina. Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate da fotosensibilità cutanea ed emolisi cronica con severità di grado variabile. Nella maggior parte dei casi la fotosensibilità cutanea si manifesta nella prima infanzia. Le aree cutanee esposte alla luce presentano bolle e vescicole che si rompono e si infettano e portano alla deturpazione di viso e mani, insieme con riassorbimento osseo. I denti sono rosso-bruni e appaiono fluorescenti se esposti alla luce ultravioletta. Le forme più severe sono caratterizzate da AE così grave da causare idrope fetale e morte intrauterina. L’emolisi, da lieve a severa, e l’ipersplenismo sono suggestivi di un danno del metabolismo dell’eme con accumulo di porfirine negli eritrociti. Le forme più lievi si manifestano nell’età adulta spesso solo con fotosensibilità. La diagnosi si basa sul dosaggio delle uroporfirine I e coproporfirine I negli eritrociti e nelle urine ed è confermata dalla dimostrazione del deficit marcato di UROS o dall’identificazione della mutazione specifica nel gene UROS. Anomalie strutturali delle catene globiniche La drepanocitosi è la più frequente delle emoglobinopatie. Si tratta di una malattia autosomica recessiva dovuta a una mutazione puntiforme sul gene β-globinico che comporta la sostituzione di un residuo di acido glutammico con valina in posizione 6 dando luogo alla emoglobina S (HbS). Nella forma omozigote, e in alcune doppie eterozigosi, le molecole di HbS deossigenate formano dei polimeri che danneggiano la membrana del GR, ne aumentano la rigidità e finiscono con l’ostruire il microcircolo. Il processo è accelerato dal grado di deossigenazione e dalla concentrazione di HbS, mentre è modulato dalla presenza di emoglobina F (HbF). L’omozigosi S è la forma più grave e più frequente tra le malattie falcizzanti; altre forme importanti sono la doppia eterozigosi SC (HbSC) e le varie associazioni HbS/β-talassemia (14). Nelle drepanocitosi l’emolisi è cronica, intravascolare (per intrappolamento nel microcircolo, frammentazione e lisi osmotica) ed extravascolare (per eritrofagocitosi) (15); la polimerizzazione dell’HbS e la vaso-occlusione danno luogo a una serie di processi tra di loro interconnessi, a cui l’emolisi contribuisce significativamente soprattutto per quanto riguarda le complicanze cardiovascolari (16, 17). Una lieve AE si osserva anche nell’omozigosi dell’emoglobina C (HbC), che comporta la sostituzione di un residuo di acido glutammico con lisina in posizione 6. La diagnosi di queste due forme si fonda principalmente sull’analisi dell’Hb mediante elettroforesi e/o HPLC e, per HbS, sul test di falcizzazione. Un gruppo particolare di emoglobinopatie è rappresentato dalle Hb instabili. Queste Hb sono caratterizzate da sostituzioni amminoacidiche che ne alterano la solubilità per cui precipitano sotto forma di aggregati globulari scuri, chiamati corpi di Heinz, che si colorano con coloranti sopravitali, come il cristal violetto o il nuovo blu di metilene. I corpi di Heinz sono responsabili di emolisi di entità variabile, che determina AE (AE da corpi di Heinz). Questi aggregati globulari non sono esclusivi delle Hb instabili in quanto sono tipicamente presenti nei GR anche durante le crisi emolitiche da deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). Le Hb instabili sono particolarmente rare, pur essendone state descritte più di 200 tipi; le Hb Köln, Hasharon e Zürich sono le più frequenti. L’AE varia notevolmente di intensità a seconda della mutazione. Crisi emolitiche possono essere scatenate da infezioni batteriche o virali, o dall’esposizione a ossidanti chimici e a taluni farmaci come i sulfamidici (18). La diagnosi si basa sulla presenza dei corpi di Heinz, sull’analisi dell’Hb mediante elettroforesi o HPLC e sui test di stabilità al calore (18). Sindromi talassemiche Queste ben caratterizzate emoglobinopatie sono di solito classificate come disordini da eritropoiesi inefficace a significare la presenza di un difetto nella sintesi degli eritrociti rilasciati dal midollo osseo. Benché tale concetto biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 95 REVIEWS RASSEGNE sia utile per comprendere alcuni aspetti della fisiopatologia delle talassemie, è altrettanto importante considerare che lo sbilanciamento nella sintesi delle catene globiniche, che definisce le sindromi talassemiche, è responsabile della formazione di omotetrameri altamente instabili che precipitano causando la lisi dei normoblasti nel midollo osseo e dei GR maturi nel sangue periferico. Quindi le talassemie sono una forma di AE nella quale gioca un ruolo rilevante anche l’emolisi intramidollare. Nel morbo di Cooley eritropoiesi inefficace ed emolisi intramidollare incidono sul 60-75% dell’eritropoiesi totale, mentre nei pazienti con α-talassemia l’emolisi è la maggior causa di anemia (18). La diagnosi si basa sull’esame emocromocitometrico (anemia ipocromica microcitica), sull’analisi dello striscio periferico (presenza di poichilociti, schistociti, leptociti, emazie a bersaglio, eritroblasti poli-ortocromatici), sull’analisi dell’Hb mediante elettroforesi e/o HPLC (HbA assente o poco rappresentata e HbF >50% nella βtalassemia; presenza di HbH e HbBart nell’α-talassemia). AE da deficit enzimatici Essendo privo di nucleo, di mitocondri e di ribosomi, la sopravvivenza del GR dipende dal corredo enzimatico ereditato dal suo precursore midollare e, in minor misura, dal reticolocita. L’ATP è la fonte di energia necessaria per mantenere il ferro dell’Hb in forma divalente, il gradiente ionico, i gruppi sulfidrilici degli enzimi dell’Hb e della membrana in forma ridotta, e la forma biconcava del GR. L’ATP deriva dalla via glicolitica di Emden-Meyerhof attraverso la quale il glucosio è catabolizzato a piruvato e lattato (la mancanza di mitocondri nel GR impedisce un’ulteriore ossidazione del piruvato). Non tutto il glucosio è metabolizzato dal GR attraverso la via glicolitica. Una parte prende la via dei pentoso fosfati, la cui prima tappa fornisce al GR il potenziale riducente tramite la formazione di NADPH, che deriva dall’ossidazione del glucosio-6-fosfato a 6fosfo-D-gluconolattone, reazione catalizzata dalla G6PD. Il NADPH è necessario per proteggere il GR dallo stress ossidativo mantenendo il glutatione nella sua forma ridotta (GSH). Il GSH è fondamentale per l’eliminazione del perossido d’idrogeno (H2O2) dalle cellule poiché, reagendo con esso attraverso una reazione chimica catalizzata dalla glutatione perossidasi, si ossida a glutatione ossidato (GSSG). L’enzima glutatione reduttasi (GSR) a sua volta catalizza la riduzione del GSSG a GSH, utilizzando il NADPH generato dallo “shunt” degli esoso monofosfati. Pertanto, catalizzando il ciclo GSH/GSSG per agevolare il trasferimento di elettroni dal glucosio all’H2O2, il GSR previene l’accumulo di quantità eccessive di specie reattive dell’ossigeno e quindi del conseguente danno ossidativo (19). Poiché sprovvisto di mitocondri, il GR ha, come unica fonte di NADPH, la via dei pentoso fosfati e, pertanto, qualsiasi difesa contro lo stress ossidativo è strettamente dipendente dalla G6PD. La carenza degli enzimi eritrocitari può essere causa di malattia emolitica. In alcuni casi, come nella forma 96 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 polimorfica comune del deficit di G6PD o nel deficit di GSR, l’emolisi è acuta intermittente; negli altri casi, in particolare nel deficit di piruvato chinasi (PK), enzima coinvolto nella via glicolitica, l’emolisi è cronica ed è designata come “anemia emolitica ereditaria non sferocitica”. Alcuni deficit enzimatici (glutatione sintetasi, trioso-fosfato isomerasi, fosfoglicerato chinasi), essendo espressi in tutto il corpo, si manifestano con una situazione clinica dove predominano altri segni, in particolare neurologici, rispetto all’AE. I tre principali difetti enzimatici responsabili di AE sono il deficit di G6PD, di PK e di pirimidina 5’ nucleotidasi (P5’N-1) (Figura 1). AE da carenza di G6PD Tra i difetti enzimatici responsabili di AE, quello di G6PD è di gran lunga il più frequente e ubiquitario nel mondo, con una prevalenza che varia da 1:1000 nel nord Europa a 1:2 nei maschi ebrei curdi. La frequenza più elevata si trova nelle aree a malaria endemica in virtù del fatto che il deficit di G6PD allo stato eterozigote, e probabilmente anche emizigote, conferisce una certa resistenza all’infezione da Plasmodium falciparum. Essendo legato al cromosoma X colpisce soprattutto il sesso maschile. Le femmine eterozigoti, con inattivazione del X particolarmente asimmetrica, presentano un’attività enzimatica da fisiologica a uguale a quella del maschio emizigote. Le manifestazioni cliniche del deficit di G6PD sono l’ittero neonatale, l’AE acuta e l’AE cronica non sferocitica (20-22). Il rischio di sviluppare ittero neonatale è molto più elevato nei neonati con deficit rispetto a quelli con attività di G6PD fisiologica, anche se i meccanismi non sono ancora ben chiari. I soggetti con deficit dell’enzima possono presentare AE acuta in risposta a tre fattori scatenanti: ingestione di fave, infezioni ed esposizione a farmaci ossidanti. La crisi emolitica si manifesta con malessere, debolezza, dolori addominali e/o lombari, a cui fanno seguito, con un intervallo che varia da alcune ore a 2-3 giorni, ittero e urine scure da emoglobinuria. L’AE acuta da ingestione di fave (favismo) è nota fin dall’antichità, ma il meccanismo non è ancora del tutto chiaro; di sicuro tutti i pazienti con favismo hanno deficit di G6PD, ma non tutti i pazienti con deficit enzimatico soffrono di crisi emolitiche in seguito all’ingestione di fave. Le infezioni sono probabilmente la causa più comune di AE acuta nei soggetti con deficit di G6PD; le più frequenti sono le epatiti da virus A e B, l’infezione da citomegalovirus e le polmoniti e la febbre tifoide. L’osservazione dell’emolisi in seguito alla somministrazione di primachina ha permesso di scoprire il deficit di G6PD. In seguito, molti farmaci sono stati associati all’AE acuta; il danno ossidativo prodotto dal farmaco porta alla distruzione dei GR nei soggetti con deficit dell’enzima. Una minoranza di soggetti con deficit di G6PD presenta un’anemia cronica. Il paziente è sempre di sesso maschile e quasi sempre con storia di ittero neonatale. L’anemia è di grado variabile, da lieve a trasfusione dipendente, RASSEGNE REVIEWS aggravata dall’esposizione a stress ossidativi. Ipersplenismo e colelitiasi possono completare il quadro clinico. L’emolisi, in questa rara forma di deficit enzimatico, è soprattutto extravascolare. Sono descritte ~160 mutazioni del gene G6PD del quale si conoscono più di 400 varianti raggruppate in cinque classi sulla scorta dell’attività enzimatica residua e dei sintomi clinici associati (19, 23, 24). La classe I comprende le rare varianti con attività enzimatica <1% e l’AE cronica non sferocitica. Le varianti della classe II presentano un’attività enzimatica <10%, sono frequenti e si manifestano con la classica AE acuta scatenata da fave, infezioni e farmaci. La classe III comprende varianti con deficit enzimatico modesto (10-60%), che possono occasionalmente manifestarsi con AE acuta e che sono particolarmente frequenti nelle aree di malaria endemica. L’attività enzimatica delle varianti di classe IV è fisiologica, mentre quella della classe V è addirittura aumentata; le varianti di queste due classi sono asintomatiche. La diagnosi si basa sul dosaggio dell’attività enzimatica di G6PD. AE da carenza di PK Il deficit eritrocitario di PK è la più frequente alterazione della via glicolitica che causa un’AE cronica non sferocitica, con una prevalenza nella popolazione generale caucasica di 1:20.000 (25). E’ trasmesso come tratto autosomico recessivo, per cui sono sintomatici i soggetti con doppia eterozigosi o gli omozigoti. La reazione catalizzata dal PK è la seconda tappa della via glicolitica a generare ATP ed è di particolare importanza per la produzione di energia perché da questa tappa dipende la formazione di ~50% dell’ATP totale. Le manifestazioni cliniche sono quelle caratteristiche dell’emolisi cronica, con severità variabile da forme lievi completamente compensate a una grave anemia neonatale trasfusione dipendente. AE da carenza di P5’N-1 Il deficit ereditario di P5’N-1, trasmesso come tratto autosomico recessivo, è il più frequente disordine enzimatico che riguarda il metabolismo dei nucleotidi del GR e si ritiene sia la causa più comune di AE cronica non sferocitica dopo il deficit di G6PD e di PK. Ne sono stati descritti nel mondo poco più di 60 casi, anche se probabilmente sono molti quelli non diagnosticati. La prevalenza del deficit di P5’N-1 è quindi sconosciuta. Il ruolo maggiore della P5’N-1 riguarda il catabolismo dei nucleotidi pirimidinici derivanti dalla degradazione del RNA ribosomale durante la fase ultima della maturazione del GR. I nucleotidi pirimidinici, non potendo essere utilizzati dal GR maturo, devono essere trasportati all’esterno del GR per prevenirne l’accumulo. La P5’N-1 defosforila i nucleotidi pirimidinici nei rispettivi nucleosidi, che possono diffondere attraverso la membrana del GR e rendersi così disponibili per le vie di recupero solo dopo defosforilazione. In presenza del deficit di P5’N-1, i nucleotidi pirimidinici si accumulano e precipitano all’interno del GR dando luogo alla caratteristica punteggiatura basofila. Nell’uomo, anche un severo avvelenamento da piombo provoca un deficit di P5’N-1 con una sindrome che è praticamente identica a quella del difetto ereditario. Le manifestazioni cliniche sono quelle tipiche dell’emolisi cronica. L’anemia è di grado variabile, da completamente compensata a particolarmente severa. Frequenti sono ittero e splenomegalia e, in un terzo dei casi, la colelitiasi (26). Anemie diseritropoietiche congenite (ADC) Le ADC appartengono a un gruppo di condizioni ereditarie caratterizzate da un arresto della maturazione del GR durante l’ultima fase dell’eritropoiesi, con una ridotta conta reticolocitaria che contrasta con l’iperplasia eritroide del midollo. Classicamente inquadrate nelle anemie ipoproliferative, sono comunque contraddistinte da una componente emolitica significativa e pertanto sono qui trattate tra le AE da difetto intraeritrocitario. Le più comuni sono classificate come tipo I e II (il tipo I è tre volte meno frequente del tipo II) con un’incidenza in Italia di 2,5 casi per milione. Gli altri tipi (III, IV e le varianti) sono invece estremamente rari (27, 28). L’ADC può essere sospettata in presenza dei segni caratteristici dell’AE, ma con una conta reticolocitaria che non corrisponde al grado di anemia. Il midollo evidenzia un’ipercellularità con iperplasia eritroide. Nel tipo I sono aumentati gli eritroblasti policromatici con numerose anomalie di forma e grandezza a carico del nucleo, mentre proeritroblasti ed eritroblasi basofili appaiono normali. Caratteristici del tipo I sono i sottili ponti di cromatina tra coppie di eritroblasti non completamente divisi o tra due nuclei nella stessa cellula. Nel tipo II gli eritroblasti policromatici sono spesso binucleati (1035%), raramente multinucleati. L’anemia, più grave nel tipo I, varia da lieve a trasfusione dipendente e sono descritti casi di idrope fetale. La diagnosi definitiva è riservata a centri specializzati in grado di valutare la presenza di proteine anomale, come la codanina-1 (tipo I), o l’anomalia di proteine della membrana eritrocitaria (tipo II). AE EXTRAERITROCITARIE AE immunologiche (AEI) L’AEI è una condizione clinica nella quale anticorpi IgG e/o IgM si legano ad antigeni di superficie dei GR e ne iniziano la distruzione attraverso l’attivazione del complemento o il sistema reticoloendoteliale. Le AEI sono classificate come alloimmuni, autoimmuni (AEAI) o indotte da farmaci (DIIHA) (Figura 4) (29). AE alloimmuni La malattia emolitica alloimmune del feto e del neonato (MEFN) è dovuta all’azione di IgG materne trasmesse attraverso la placenta al feto, dirette contro antigeni ereditati dal padre e presenti sui GR del feto, ma assenti su quelli della madre (30). Gli anticorpi IgG biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 97 REVIEWS RASSEGNE tachicardia. L’emolisi extravascolare non presenta questi segni drammatici, ma è caratterizzata da una ridotta sopravvivenza dei GR trasfusi. Il sintomo iniziale può essere la febbre con brividi. L’aumento della bilirubinemia con ittero è un segno di entrambe le forme. AE autoimmuni (AEAI) Figura 4 Classificazione delle anemie emolitiche extraeritrocitarie. In rosso le condizioni che possono presentarsi con delle crisi acute di emolisi intravascolare; in verde le condizioni croniche. AE, anemie emolitiche; MEFN, malattia emolitica alloimmune del feto e del neonato; RET, reazioni emolitiche trasfusionali; DIIHA, anemie emolitiche indotte da farmaci; TMA, sindromi microangiopatiche trombotiche; Ab, anticorpi; HUS, sindrome emolitico uremica; PTT, porpora trombotica trombocitopenica; HELLP, emolisi, elevati enzimi epatici e bassa conta piastrinica. materni si legano ai GR del feto causandone l’emolisi con conseguente anemia, ematopoiesi extramidollare, iperbilirubinemia e possibile perdita del feto o morte del neonato. La MEFN può essere causata da IgG anti-D o IgG dirette verso altri antigeni del sistema Rh o di altri sistemi (anti-c, anti-K1, ecc.), o da incompatibilità AB0 (di solito madri di gruppo 0 e neonati di gruppo A o B). Altre AE alloimmuni sono le reazioni emolitiche trasfusionali (RET), dovute all’accelerata eliminazione dal circolo o alla lisi dei GR trasfusi causate da incompatibilità immunologica (31). Gli anticorpi antieritrocitari in causa sono di due tipi: • anticorpi naturali, alloanticorpi preesistenti all’esposizione a GR eterologhi e diretti contro antigeni del sistema AB0. Provocano una reazione emolitica immediata e severa alla prima trasfusione AB0 incompatibile; • nuovi alloanticorpi, che richiedono una prima esposizione a GR eterologhi. Sono diretti contro proteine dei sistemi Rhesus, Kell, Duffy, Kidd e MNS. Provocano un’emolisi acuta o ritardata solo dopo una seconda trasfusione incompatibile. Sebbene la RET si presenti tipicamente durante o subito dopo la trasfusione incompatibile, nelle forme ritardate l’emolisi può presentarsi da 2 a 6 settimane dopo la trasfusione, tempo necessario per la produzione di anticorpi. Le RET sono distinte in intravascolari ed extravascolari. Generalmente, le prime sono acute e caratterizzate da emoglobinemia ed emoglobinuria, mentre le seconde sono tipiche delle forme ritardate, anche se la distinzione non è assoluta. Altri sintomi dell’emolisi intravascolare sono febbre con brividi, nausea, vomito, dolore, dispnea, ipotensione e 98 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 Le AEAI sono delle malattie rare caratterizzate da emolisi indotta da autoanticorpi diretti contro antigeni presenti sulla superficie dei GR (carboidrati e/o proteine), con o senza attivazione del complemento (32). La definizione dell’isotipo dell’autoanticorpo è clinicamente importante: le IgM, ma anche le IgG1 e le IgG3, attivano efficientemente il complemento, mentre IgG2 e IgA lo attivano debolmente e le IgG4 non lo attivano affatto. In generale, l’attivazione del complemento non è completa e sulla superficie dei GR è possibile individuare tracce dei suoi prodotti di degradazione (C3c, C3d). La distruzione dei GR con IgG adese, con o senza C3c/C3d, avviene prevalentemente per sequestro e fagocitosi da parte dei macrofagi dei cordoni di Billroth nella milza e, in minor misura, da parte delle cellule di Kupffer nel fegato. I GR rivestiti con C3c/C3d in assenza di IgG sono distrutti per fagocitosi dal sistema reticolo-endoteliale del fegato tramite il recettore per il complemento. In entrambi i casi l’emolisi è extravascolare. In presenza di IgM, che sono attive sotto i 30 °C, l’attivazione del complemento può procedere fino alla formazione del complesso di attacco alla membrana (C6-9) con conseguente lisi del GR (emolisi intravascolare). In più del 50% dei pazienti, lo sviluppo dell’AEAI è secondario a una malattia sottostante (AEAI secondarie), ma nell’altra metà dei casi non c’è evidenza di malattia sottostante (AEAI idiopatica o primaria). Sulla scorta della temperatura ottimale alla quale gli autoanticorpi si legano i GR, le AEAI sono classificate come AEAI a caldo, a freddo, ad autoanticorpi bifasici e miste. Le AEAI da anticorpi a caldo sono malattie rare con un’incidenza di 1:100.000, idiopatiche (50%) o secondarie a malattie linfoproliferative (linfomi), a malattie autoimmuni (lupus eritematoso sistemico, colite ulcerosa), a leucemie acute o a tumori solidi (carcinoma dell’ovaio) (32-34). Gli autoanticorpi si legano in modo ottimale a 37 °C e sono soprattutto IgG, meno frequentemente IgM, raramente IgA. Le AEAI da anticorpi a freddo sono ancora più rare (1:1.000.000), quasi sempre secondarie a malattie linfoproliferative (malattia di Waldeström, linfomi) o infezioni (Mycoplasma pneumoniae, Epstein-Barr virus) (35, 36). Gli autoanticorpi si legano in modo ottimale sotto i 30 °C, sono per la maggior parte IgM e possono attivare il complemento in vivo. Le AEAI bifasiche, rarissime, idiopatiche (emoglobinuria parossistica a freddo) o secondarie (post-virali, sifilide), sono caratterizzate da autoanticorpi IgG che si legano in modo ottimale sotto i 30 °C e a 37 °C e attivano il complemento. Causano un’emolisi intravascolare con emoglobinuria che risponde poco alla terapia ma che di solito si risolve RASSEGNE REVIEWS spontaneamente. Le forme miste con anticorpi caldi e freddi sono molto rare, primitive o secondarie a linfomi non-Hodgkin e a malattie autoimmuni (lupus eritematoso sistemico), sono sostenute da IgG e IgM e sono responsabili di emolisi molto severe che, fortunatamente, rispondono bene alla terapia. Per definizione, tutti i pazienti con AEAI presentano i segni caratteristici dell’emolisi: aumento di lattato deidrogenasi (LDH) nel siero, della bilirubinemia non coniugata, dei reticolociti e concentrazione sierica di aptoglobina diminuita. Quanto all’anemia, essa può essere completamente compensata oppure un’anemia cronica, più o meno grave, o ancora un’anemia acuta da crisi emolitica in un quadro di emolisi cronica. Un sintomo caratteristico dell’AEAI da anticorpi freddi è l’acrocianosi e/o il fenomeno di Raynaud; rara è l’emoglobinuria che è caratteristica dell’emoglobinuria parossistica a freddo. Allo striscio di sangue periferico sono spesso presenti dei microsferociti. La diagnosi si basa sulla distinzione tra AE immuni e non immuni che si ottiene con il test all’antiglobulina diretto (TAD), noto anche come test di Coombs diretto. Questo esame è in grado di individuare la presenza di immunoglobuline e/o di prodotti di degradazione del complemento (C3c/C3d) sulla superficie del GR. AE indotte da farmaci (DIIHA) La DIIHA è un’evenienza eccezionale (un caso su 12 milioni di persone), ma quando si presenta può essere drammatica: l’emolisi può essere talmente grave da essere mortale (37, 38). Sono ~125 i farmaci implicati: i più comuni sono le cefalosporine di seconda e terza generazione, le penicilline e gli antinfiammatori non steroidei. La reazione anticorpale indotta da farmaci riconosce tre meccanismi d’azione. Nel primo, il farmaco (aptene) si lega alla membrana del GR e stimola la produzione di anticorpi IgG responsabili di emolisi extravascolare. L’esempio classico è l’AE indotta dalla terapia con penicillina ad alte dosi. Un secondo meccanismo, di cui l’α-metildopa è il classico esempio, è l’induzione di autoanticorpi; il farmaco probabilmente altera una proteina della membrana eritrocitaria rendendola antigenica. Gli autoanticorpi sono IgG e l’emolisi extravascolare. Il terzo meccanismo è il prototipo del meccanismo da immunocomplessi, il cui esempio è l’emolisi indotta dalla chinina, che induce la formazione di IgM e provoca un’emolisi intravascolare. L’emolisi compare dopo ~6 giorni dal primo trattamento e si ripresenta a ogni reintroduzione del farmaco. La DIIHA è identificata dall’evidenza clinica e laboratoristica dell’emolisi associata all’assunzione del farmaco e confermata dai test sierologici. AE da cause meccaniche Le emolisi meccaniche sono caratterizzate dalla presenza dei segni clinici e laboratoristici di AE con TAD negativo e dall’evidenza di schistociti allo striscio di sangue periferico. Emolisi intravascolare da valvola meccanica E’ una rara ma ben conosciuta complicanza della sostituzione o della riparazione delle valvole cardiache. Il rischio di emolisi è più alto per le valvole meccaniche, per la valvola mitrale o per le doppie sostituzioni. Con i nuovi modelli di valvola interessa meno del 1% di pazienti e può essere causato da una disinserzione o da un malfunzionamento della stessa. L’emolisi, se sostenuta, può portare a insufficienza renale (39). Sindrome di Kasabach-Merritt E’ una coagulopatia da consumo, molto grave, associata a un sottostante tumore vascolare (angioma a ciuffi o emangioendotelioma kaposiforme), che si manifesta di solito nell’infanzia ed è caratterizzata da trombocitopenia severa, AE microangiopatica, ipofibrinogenemia e da elevati prodotti di degradazione della fibrina, in presenza di un tumore che aumenta rapidamente (40). Sindromi microangiopatiche trombotiche (TMA) Le TMA descrivono un processo patologico, caratterizzato da trombosi del microcircolo, trombocitopenia da consumo e AE microangiopatica, che porta all’insufficienza di più organi (rene, cervello, cuore, polmone, fegato e intestino) ed è causato da fattori genetici e acquisiti (41, 42). Un tempo, la distinzione tra le due principali entità cliniche che costituiscono le TMA, la sindrome emolitico uremica (HUS) e la porpora trombotica trombocitopenica (PTT), si basava esclusivamente sulla localizzazione prevalente delle lesioni, rispettivamente rene e cervello. Una miglior conoscenza dei meccanismi fisiopatologici ha permesso di definire una classificazione che tiene conto dell’eziologia, quando questa sia conosciuta, e dell’associazione clinica, qualora la causa non sia chiara (43). Sindrome emolitico uremica (HUS). La HUS è caratterizzata da trombocitopenia, AE microangiopatica e insufficienza renale acuta. Se ne riconoscono in linea di massima due sottotipi principali che nel linguaggio comune sono definiti come HUS tipica o post-diarrea, dovuta alla shigatossina prodotta dall’Escherichia coli (STEC) (più correttamente denominata STEC-HUS) e HUS atipica (aHUS) a indicare tutti i tipi di HUS non dovuta a STEC (44). Tuttavia, ci sono molte sindromi che non possono essere correttamente classificate in questo modo. La STEC-HUS si presenta spesso con diarrea (41, 45, 46). In più del 90% dei casi la malattia è scatenata da infezioni da Escherichia coli producente una tossina shiga-simile, come il ceppo 0157:H7. La malattia colpisce soprattutto i bambini tra due e sei anni, con un’incidenza di 6,1 casi per 100.000/anno al di sotto dei 5 anni, e un’incidenza complessiva di 2,1, con picchi di 10-100.000 casi/anno in Argentina e Uruguay dove l’infezione da Escherichia coli è endemica. Si manifesta biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 99 RASSEGNE con dolori addominali, diarrea acquosa o sanguinolenta e, dopo 24 ore, AE, trombocitopenia e insufficienza renale. L’epidemia che ha colpito la Germania nel maggio 2011 è stata attribuita a un altro ceppo di Escherichia coli (STEC O104:H), che colpisce prevalentemente gli adulti. La prognosi è simile alla STEC-HUS dei bambini, con una mortalità di ~4%. Altri agenti infettivi associati con la HUS tipica sono la Shigella dysenteriae tipo I e il Citrobacter freundii, produttori di tossine shiga-simili. L’aHUS rappresenta il 5-10% di tutti i casi di HUS ed è detta atipica perché non è causata da batteri produttori di tossine shiga-simili (41, 42, 46, 47). In realtà questa definizione andrebbe riservata ai casi di TMA associati a un’inappropriata o difettosa regolazione della via alternativa del complemento. Colpisce bambini e adulti con una lieve prevalenza per i primi e può essere sporadica o familiare (48). Ha una prognosi severa (25% di mortalità) e porta a un’insufficienza renale nel 50% dei casi. Sono stati inoltre descritti casi di aHUS da autoanticorpi rivolti contro fattori del complemento associati a un difetto genetico del gene di una proteina omologa allo stesso fattore. E’ interessante osservare come l’identificazione dello specifico difetto sia importante ai fini prognostici essendo alcune mutazioni associate a una prognosi particolarmente severa (7080% di insufficienza renale o morte). La definizione di HUS “secondarie” dovrebbe essere riservata a quelle TMA scatenate da disordini come trapianto di cellule staminali, gravidanza con sindrome HELLP (emolisi, elevati enzimi epatici e bassa conta piastrinica), ipertensione maligna, setticemia/coagulazione intravascolare disseminata, malattie autoimmuni (lupus eritematoso sistemico, sclerodermia, sindrome da anticorpi antifosfolipidi), tumori, ecc. (49). Una forma rara, ma molto severa, di HUS secondaria è dovuta all’infezione da Streptococcus pneumoniae (SPA-HUS) e comprende ~5% dei casi di HUS nei bambini e il 40% dei casi non associati alla produzione di tossine shiga-simili. L’incidenza di HUS in seguito a infezione da pneumococco varia da 0,4% a 0,6% (50). I bambini colpiti presentano setticemia, polmonite con empiema e meningite. La prognosi della SPA-HUS è particolarmente severa, con una mortalità del 30-50% nonostante la terapia di supporto. Lo Streptococcus pneumoniae produce la neuroaminidasi che, rimuovendo l’acido N-acetilneuramico, scopre l’antigene T di Thomsen Friedenreich, presente sulla membrana di GR, piastrine e cellule endoteliali, favorendone la reazione con gli anticorpi anti-T normalmente circolanti (51). Per questo motivo, a differenza delle altre forme di HUS, la SPA-HUS risulta positiva al TAD. Una quarta categoria di HUS è quella “idiopatica”, caratterizzata dalla presenza di TMA in assenza dei criteri diagnostici per PTT, aHUS o di una malattia riconosciuta come causa di HUS secondaria. Tuttavia, più aumentano le alterazioni genetiche riconosciute responsabili dell’aHUS e meno sono i casi che possono essere classificati come HUS idiopatica (49). 100 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 REVIEWS Porpora trombotica trombocitopenica (PTT). La PTT è una TMA rara, con un’incidenza di 6 casi per milione/anno, che colpisce soprattutto gli adulti, con ricadute frequenti (41, 52). Richiede una diagnosi in tempi rapidissimi perché la mortalità, che nei casi non immediatamente trattati è ~90%, può essere notevolmente ridotta (fino al 15-25%) con un repentino ricorso alla plasmaferesi. Si riconosce una forma congenita (5% dei casi di PTT) e una forma idiopatica o acquisita dovute, rispettivamente, a un deficit congenito o alla formazione di autoanticorpi contro la proteina responsabile del clivaggio del fattore di von Willebrand (VWF), conosciuta come ADAMTS13. In assenza di questa proteina o in presenza di anticorpi che ne bloccano l’attività, i multimeri di VWF ad alto PM, rilasciati dalle cellule endoteliali, non sono opportunamente ridotti e provocano aggregazione delle piastrine in condizioni di alto stress della parete vascolare indotto dalla turbolenza del fluido sanguigno (“shear stress”), condizioni che si realizzano nel microcircolo del cervello, del cuore e del rene. La PTT acuta idiopatica è la forma più frequente e può essere associata a infezione da virus dell’immunodeficienza acquisita, a gravidanza e a farmaci (chinidina, tienopiridine, simvastatina, ecc.). I criteri diagnostici della PTT si basavano originariamente sulla presenza di una pentade di segni: trombocitopenia, AE microangiopatica, segni neurologici fluttuanti, danno renale e febbre. Tuttavia, non sempre questi segni sono tutti presenti, tant’è che i criteri diagnostici sono stati rivisti e ridotti a due: trombocitopenia e AE microangiopatica. La conta piastrinica alla presentazione è tipicamente 10-30 x 109/L. L’Hb media è 80-100 g/L, con schistociti allo striscio di sangue periferico, aptoglobinemia bassa, reticolociti aumentati e TAD negativo. I comuni esami della coagulazione sono in ambito fisiologico. Il dosaggio di ADAMTS13 è utile per confermare la diagnosi e per monitorare la malattia: se la sua attività è <5%, ciò ha una specificità del 90%, potendo discriminare anche tra PTT e HUS; tuttavia, valori <40% (essendo i valori di riferimento compresi tra 40% e 140%) sono stati descritti in altre situazioni come uremia, gravidanza e stati infiammatori. Gli autoanticorpi inibenti possono essere titolati con i classici studi di miscelazione del plasma in esame con un plasma normale, quelli non neutralizzanti con tecniche di Western-blotting o con saggi ELISA. Tra le rare AE microangiopatiche da causa nota sono da citare due condizioni (43). La prima è dovuta a un difetto ereditario, autosomico recessivo, del metabolismo della cobalamina, che si manifesta con iperomocisteinemia, probabile causa delle manifestazioni vascolari, e aumentata escrezione urinaria di acido metilmalonico. La malattia si manifesta nei primi giorni-mesi di vita con ritardo di crescita, vomito, acidosi metabolica, trombocitopenia, AE e insufficienza respiratoria, renale, epatica. La seconda è l’associazione descritta tra chinina e PTT/HUS, che si manifesta subito dopo l’esposizione al farmaco con brividi, vomito, oliguria, lieve anemia, e che è RASSEGNE REVIEWS caratterizzata dalla comparsa di autoanticorpi contro epitopi piastrinici, eritrocitari e leucocitari. Molte sono le associazioni cliniche a eziologia ignota tra PTT/HUS e malattie correlate, per le quali si rimanda alla rassegna di Besbas et al. (43). La gravidanza può essere l’evento scatenante della PTT nel 5-25% dei casi ed è spesso un problema di difficile soluzione differenziare la PTT da altre TMA tipicamente correlate alla gravidanza, come la pre-eclampsia, la sindrome HELLP o la HUS (52-55). AE da cause infettive Alcuni patogeni possono causare emolisi per un’azione diretta sul GR (56). Il più frequentemente in causa è il Plasmodium (falciparum, vivax e ovale). Anche la babesiosi può raramente provocare un’AE (57). La diagnosi si fonda sull’analisi dello striscio di sangue periferico e/o della goccia spessa. Tra i batteri ricordiamo la Bartonella bacilliformis (febbre, atralgia, poliadenopatia con AE severa da emolisi extravascolare), il Clostridium perfrigens (58), la cui setticemia provoca un’emolisi vascolare severa dovuta a una tossina, e altri come Haemophilus influenzae, Escherichia coli e Salmonella (59). AE da agenti chimici o fisici Un’emolisi, anche severa, può essere causata da punture di api, vespe, ragni o da morsi di serpenti. Gli avvelenamenti da arsenico, da solfato di rame, da clorato di sodio e di potassio portano tutti a un’emolisi acuta. L’avvelenamento da piombo porta a un’anemia cronica, lieve nell’adulto, più severa nell’infanzia, dovuta più all’inibizione della produzione di GR che all’emolisi (60). E’ noto che una temperatura >47 °C danneggia il GR: questo spiega l’AE severa che accompagna le ustioni estese. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. CONFLITTO DI INTERESSI 22. BIBLIOGRAFIA 24. Nessuno. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Luzzato L. Hemolytic anemias and anemia due to acute blood loss. In: Longo DL, Fauci A, Kasper D, et al., eds. Principles of internal medicine. 18th ed. New York: Mc Graw Hill, 2011:872-86. Mohandas N, Gallagher PG. Red cell membrane: past, present, and future. Blood 2008;112:3939-48. Barcellini W, Bianchi P, Fermo E, et al. Hereditary red cell membrane defects: diagnostic and clinical aspect. Blood Transfus 2011;9:274-7. Da Costa L, Galimand J, Fenneteau O, et al. Hereditary spherocytosis, and other red cell membrane disorders. Blood Rev 2013;27:167-78. Gallagher PG. Abnormalities of the erythrocyte membrane. Pediatr Clin N Am 2013;60:1349-62. Parker CJ. Paroxysmal nocturnal hemoglobinuria. Curr Opin Hematol 2012;19:141-8. Pantano G, Tosato F, Sanzari MC, et al. Emoglobinuria parossistica notturna. Biochim Clin 2013;37:268-74. Parker C, Omine M, Richards S, et al. Diagnosis and 23. 25. 26. 27. 28. 29. 30. management of paroxysmal nocturnal hemoglobinuria. Blood 2005;106:3699-709. Malik P, Bogetti D, Sileri P, et al. Spur cell anemia in alcoholic cirrhosis: cure by orthotopic liver transplantation and recurrence after liver graft failure. Int Surg 2002;87:201-4. Allen DW, Manning N. Abnormal phospholipid metabolism in spur cell anemia: decreased fatty acid incorporation into phosphatidylethanolamine and increased incorporation into acylcarnitine in spur cell anemia erythrocytes. Blood 1994;84:1283-7. Vassiliadis T, Mpoumponaris A, Vakalopoulou S, et al. Spur cells and spur cell anemia in hospitalized patients with advanced liver disease: incidence and correlation with disease severity and survival. Hepatol Res 2010;40:161-70. Puy H, Gouya L, Deybach JC. Porphyrias. Lancet 2010;375:924-37. Balwani M, Desnick RJ. The porphyrias: advances in diagnosis and treatment. Blood 2012;120:4496-504. Rees DC, Williams TN, Gladwin MT. Sickle-cell disease. Lancet 2010;376:2018-31. Hebbel RP. Reconstructing sickle cell disease: A databased analysis of the “hyperhemolysis paradigm” for pulmonary hypertension from the perspective of evidencebased medicine. Am J Hematol 2010;86:123-54. Rees DC, Gibson JS. Biomarkers in sickle cell disease. Br J Haematol 2011;156:433-45. Gladwin MT, Sachdev V. Cardiovascular abnormalities in sickle cell disease. J Am Coll Cardiol 2012;59:1123-33. Steinberg MH, Forget BG, Higgs DR, et al., eds. Disorders of hemoglobin: genetics, pathophysiology and clinical management. Cambridge: Cambridge University Press, 2001. Manganelli G, Masullo U, Passarelli S, et al. Glucose-6phosphate dehydrogenase deficiency: disadvantages and possible benefits. Cardiovasc Hematol Disord Drug Targets 2013;13:73-82. Prchal JT, Gregg XT. Red cell enzymes. Hematology Am Soc Hematol Educ Program 2005:19-23. Luzzatto L. Glucose 6-phosphate dehydrogenase deficiency: from genotype to phenotype. Haematologica 2006;91:1303-6. Cappellini MD, Fiorelli G. Glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency. Lancet 2008;371:64-74. Minucci A, Giardina B, Zuppi C, et al. Glucose-6phosphate dehydrogenase laboratory assay: How, when, and why? IUBMB Life 2009;61:27-34. World Health Organization Working Group. Glucose-6phosphate dehydrogenase deficiency. Bull World Health Organ 1989;67:601-11. Zanella A, Fermo E, Bianchi P, et al. Pyruvate kinase deficiency: the genotype-phenotype association. Blood Rev 2007;21:217-31. Zanella A, Bianchi P, Fermo E, et al. Hereditary pyrimidine 5’ nucleotidase deficiency: from genetics to clinical manifestations. Br J Haematol 2006;133:113-23. Iolascon A, Russo R, Delaunay J. Congenital dyserythopoietic anemias. Curr Opin Hematol 2011;18:146-51. Iolascon A, Esposito MR, Russo R. Clinical aspect and pathogenesis of congenital dyserythopoietic anemias: from morphology to molecular approach. Haematologica 2012;97:1786-94. Gehrs BC, Friedberg RC. Autoimmune hemolytic anemia. Am J Hematol 2002;69:258-71. Brecher ME, ed. Technical manual. 15a ed. Bethesda, MD: American Association of Blood Banks (AABB), 2009:52344. biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 101 REVIEWS RASSEGNE 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 102 Davenport RD. Hemolytic transfusion reactions. In: Simon TL, Snyder EL, Solheim BG, et al., eds. Rossi’s principles of transfusion medicine, 4th ed. Chichester: Blackwell Publishing Ltd., 2009:811-22. Zeerleder S. Autoimmune haemolytic anemia – a practical guide to cope with a diagnostic and therapeutic challenge. Neth J Med 2011;69:177-84. Packman CH. Hemolytic anemia due to warm autoantibodies. Blood Rev 2008;22:17-31. Valent P, Lechner K. Diagnosis and treatment of autoimmune haemolytic anaemias in adults: a clinical review. Wien Klin Wochenschr 2008;120:136-51. Petz LD. Cold antibody autoimmine hemolytic anemias. Blood Rev 2008;22:1-15. Berensten S, Tjonnfjord GE. Diagnosis and treatment of cold agglutinin mediated autoimmune hemolytic anemia. Blood Rev 2012;26:107-15. Garratty G. Drug-induced immune hemolytic anemia. Hematology Am Soc Hematol Educ Program 2009:73-9. Garratty G. Immune hemolytic anemia associated with drug therapy. Blood Rev 2010;24:143-50. Concepcion B, Korbet SM, Schwartz MM. Intravascular hemolysis and acute renal failure after mitral and aortic valve repair. Am J Kidney Dis 2008;52:1010-5. Kelly M. Kasabach-Merritt phenomenon. Pediatr Clin N Am 2010;57:1085-9. Barbour T, Johnson S, Cohney S, et al. Thrombotic microangiopathy and associated renal disorders. Nephrol Dial Transplant 2012;27:2673-85. Noris M, Mescia F, Remuzzi G. STEC-HUS, atypical HUS and TTP are all disease of complement activation. Nat Rev Nephrol 2012;8:622-33. Besbas N, Karpman D, Landau D, et al. A classification of hemolytic uremic syndrome and thrombotic thrombocytopenic purpura and related disorders. Kidney Int 2006;70:423-31. Loirat C, Frémeaux-Bacchi V. Atypical hemolytic uremic syndrome. Orphanet J Rare Dis 2011;6:60. Noris M, Remuzzi G. Hemolytic uremic syndrome. J Am Soc Nephrol 2005;16:1035-50. Westra D, Wetzels JF, Volokhina EB, et al. A new era in the diagnosis and treatment of atypical haemolytic uraemic syndrome. Neth J Med 2012;70:121-9. biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 2 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. Noris M, Remuzzi G. Atypical hemolytic-uremic syndrome. N Engl J Med 2009;361:1678-87. Noris M, Caprioli J, Bresin E, et al. Relative role of genetic complement abnormalities in sporadic and familiar aHUS and their impact on clinical phenotype. Clin J Am Soc Nephrol 2010;5:1844-59. Nester CM, Thomas CP. Atypical hemolytic uremic syndrome: what is it, how is it diagnosed, and how is it treated? Hematology Am Soc Hematol Educ Program 2012;617-25. Copelovitch L, Kaplan BS. Streptococcus pneumoniaassociated hemolytic uremic syndrome: classification and the emergence of serotype 19A. Pediatrics 2010;125:e174-82. Scheiring J, Rosales A, Zimmerhackl LB. Today’s understanding of the haemolytic uraemic syndrome. Eur J Pediatr 2010;169:7-13. Scully M, Hunt BJ, Benjamin S, et al. Guidelines on the diagnosis and management of thrombotic thrombocytopenic purpura and other thrombotic microangiopathies. Br J Haematol 2012;158:323-35. D’Angelo A, Fattorini A, Crippa L. Thrombotic microangiopathy in pregnancy. Thromb Res 2009;123:S56-62. Pels SG, Paidas MJ. Microangiopathic disorders in pregnancy. Hematol Oncol Clin N Am 2011;25:311-22. Pourrat O, Coudroy R, Pierre F. ADAMTS13 deficiency in severe postpartum HELLP syndrome. Br J Haematol 2013;163:409-10. Kwaaan H. Infection and anemia. Infect Disord Drug Targets 2011;11:40-4. Vannier E, Krause PJ. Human babesiosis. N Engl J Med 2012;366:2397-407. van Bunderen CC, Bomers MK, Wesdorp E, et al. Clostridium perfrigens septicemia with massive intravascular haemolysis: a case report and review of the literature. Neth J Med 2010;68:343-6. Kaushansky K, Lichtman M, Beutler E, et al., eds. Williams manual of hematology. 8th ed. New York: Mc Graw-Hill, 2011:11-4. Kaushansky K, Lichtman M, Beutler E, et al., eds. Williams manual of hematology. 8th ed. New York: Mc Graw-Hill, 2011:108-10.