UNITA’ STRATIGRAFICHE
STRATOTIPI
Stratotipo: è un intervallo o un punto in una specifica successione di corpi rocciosi, che costituisce
lo standard per la definizione e la caratterizzazione di un’unità stratigrafica o per definirne il limite.
Si distinguono 3 categorie di stratotipi:
•Stratotipo dell’unità
•Stratotipo del limite
•Stratotipo composito
Monte dei Corvi (AN) - Stratotipo della base del Tortoniano (limite Serravaliano – Tortoniano)
da http://sgi1.isprambiente.it/geositiweb/gssp/corvi.htm
UNITA’ LITOSTRATIGRAFICHE
Litostratigrafia: disciplina che si occupa di suddividere e gerarchizzare le successioni
rocciose in unità formali distinte sulla base della loro litologia
Unità litostratigrafica: corpo roccioso separabile da quelli adiacenti in base alle
caratteristiche litologiche ed alla posizione stratigrafica.
Sono definite dai solo caratteri fisici, facilmente riconoscibili sul terreno. É richiesta una
complessiva omogeneità litologica o la presenza di caratteri litologici peculiari. Anche il contenuto
fossilifero, se particolarmente rappresentativo, può essere utile nella distinzione di unità
litostratigrafiche (es.: Rosso Ammonitico, Scisti ad Aptici, Encrinite di Fanes).
Non vengono presi in considerazione gli aspetti genetici e la storia geologica dei corpi
litologici considerati. Sono indipendenti dal concetto di tempo.
Le unità litostratigrafiche rappresentano le unità fondamentali per gli studi geologici di
base e la cartografia geologica.
FORMAZIONE: corpo roccioso distinguibile da quelli adiacenti sulla base delle caratteristiche
litologiche. E’ definita unicamente dalla sua litologia (composizione, tessitura, strutture, colore) e
dalla sua posizione stratigrafica; può essere costituita da un qualsiasi tipo di roccia (sedimentaria,
ignea, metamorfica o, in alcuni casi, associazioni di due o più tipi di roccia) e può includere anche
discontinuità deposizionali, a meno che non coincidano con significativi cambiamenti litologici.
(Guida Italiana alla Classificazione e Terminologia Stratigrafica - Quaderni III serie – Volume 9. ISPRA, ex APAT)
DESIGNAZIONE FORMALE DI UNA FORMAZIONE PREVEDE L’INDICAZIONE ANCHE DI:
• Stratotipo e sezioni di riferimento o affioramenti caratteristici
•Caratteri litologici, eventuali strutture sedimentarie, spessore, geometria esterna del corpo
(e variazioni laterali di questi caratteri documentate da sezioni di riferimento)
• Limiti stratigrafici (criterio litologico) con formazioni a tetto, a letto e i rapporti laterali; loro
descrizione (contatto netto, brusco, transizionale graduale, interdigitazione…); descrizione
criterio/i utilizzati per loro ubicazione (es.: prima comparsa di selci in una successione calcarea).
I limiti devono essere riconoscibili sul terreno.
• Contenuto fossilifero ed età
La classificazione litostratigrafica utilizza le seguenti unità formali, organizzate in
ordine gerarchico decrescente:
supergruppo
gruppo
sottogruppo
formazione
(unità fondamentale – riconoscibile e cartografabile)
membro
strato (orizzonte, lente, lingua)
unità informali
Salvo eccezioni, almeno qualche decina di metri
(riferimento scala carta generalmente 1:50.000)
Gerarchia delle unità litostratigrafiche ( da C. Holland, 1978)
DENOMINAZIONE FORMALE DI UN’UNITA’ LITOSTRATIGRAFICA:
LITOSTRATIGRAFICA
rango dell’unità
+ nome geografico appropriato/toponimo
(es.:località/area tipo chiaramente ubicabile su carta)
(lettera maiuscola)
es.: Formazione di Livinallongo
qualora l’unità sia caratterizzata da litologia omogenea/dominante e diagnostica:
termine litologico
(lettera maiuscola)
+
nome geografico appropriato/toponimo
(es.:località/area tipo chiaramente ubicabile su carta)
es.: Dolomia dello Sciliar, Encrinite di Fanes, Arenarie di Ranzano
Ma permangono nomi formazionali fortemente radicati nella letteratura geologica
(ante procedure formali):
es: Rosso Ammonitico, Calcare massiccio, Calcare del Cellina, Biancone
Complesso: è un’unità litostratigrafica formale non gerarchica (ISG, 1994) che comprende
diversi tipi di rocce (sedimentarie, ignee, metamorfiche) e risulta caratterizzata da mescolanza
litologica irregolare o complicazioni nei rapporti strutturali tra i diversi componenti, tali da oscurare
la sequenza originaria delle rocce componenti e da non permettere la cartografabilità delle singoli
componenti rocciose o della sequenza rocciosa.
(es.: complesso di Monte Veri, che comprende argille, brecce, arenarie ofiolitiche, olistoliti,
basalti, gabbri, granitoidi, diaspri, calcari)
(Guida Italiana alla Classificazione e Terminologia Stratigrafica - Quaderni III serie – Volume 9. ISPRA, ex APAT)
Orizzonte litostratigrafico (litoorizzonte, livello guida): superficie distinta per le sue peculiari
caratteristiche litologiche (es.: un limite di un’unità litostratigrafica o una superficie all’interno
dell’unità stessa), oppure un livello marker di limitato spessore con litologia distintiva a scala
apprezzabile (es.: Livello Selli, Livello Bonarelli – Cretacico sup.).
Lente: corpo lenticolare distinto litologicamente dall’unità litostratigrafica che lo racchiude.
Lingua: parte di unità litostratigrafica che si protende al di fuori del corpo principale dell’unità stessa
(Guida Italiana alla Classificazione e Terminologia Stratigrafica - Quaderni III serie – Volume 9. ISPRA, ex APAT)
Rosso Ammonitico Lombardo
Stefano Cuzzilla
UNITA’ BIOSTRATIGRAFICHE
Biostratigrafia: è lo studio della distribuzione stratigrafica dei fossili.
Lo scopo della biostratigrafia è quello di organizzare gli strati in unità basate sul loro contenuto
in fossili (IUGS, 1976).
Le unità biostratigrafiche, sono di tipo descrittivo. Devono essere ritenute presenti
solo quando siano effettivamente esistenti gli elementi paleontologici che le
identificano (la pura somiglianza di litologia, l’equivalenza di età o di ambiente deposizionale
non giustificano l’inclusione di una successione di strati in una data unità biostratigrafica).
Lo stesso intervallo stratigrafico può essere classificato in modo diverso, attraverso
unità biostratigrafiche basate su gruppi fossili diversi. I limiti tra le zone di queste
diverse scale non sono di regola coincidenti.
La classificazione biostratigrafica prevede:
Superbiozona (o superzona)
Biozona (unità fondamentale)
Sottobiozona (o sottozona)
BIOZONA: intervallo stratigrafico caratterizzato da un peculiare contenuto fossilifero che
consente, in una determina area, di differenziarlo dagli intervalli stratigrafici adiacenti.
Si distinguono i seguenti tipi principali di biozona:
Zona di associazione o cenozona
Zona di distribuzione
Zona di distribuzione di un taxon
Zona di distribuzione concomitante
Zona oppeliana
Zona filetica
Zona di Acme
Zona di intervallo
In genere, il nome di una biozona va riferito al più a due nomi zonali (es.: Biozona di distibuzione di
Paraceratites trinodosum)
UNITA’ CRONOSTRATIGRAFICHE
Cronostratigrafia: parte della stratigrafia che studia l’età degli strati e le loro relazioni temporali
(ISG, 1976) suddividendo, classificando e correlando gli strati e gli eventi geologici sulla base di
intervalli di tempo isocroni e orizzonti temporali sincroni (Schoch, 1989)
Scopo della classificazione cronostratigrafica:
1. Individuare un sistema di riferimento temporale per collocare qualunque evento geologico
2. Favorire la correlazione temporale ed il confronto tra successioni coeve deposte in aree
geograficamente differenti
3. Costruire la Scala Cronostratigrafica Standard (SCS), nella quale sono comprese tutte le unità
cronostratigrafiche di applicazione globale, organizzate temporalmente e gerarchicamente in
modo da ricoprire la sequenza stratigrafica senza lacune e sovrapposizioni
(Guida Italiana alla Classificazione e Terminologia Stratigrafica - Quaderni III serie – Volume 9. ISPRA, ex APAT)
UNITA’ CRONOSTRATIGRAFICHE
UNITA’ CRONOSTRATIGRAFICA: corpo roccioso che si è formato durante uno
specifico intervallo di tempo. Le unità cronostratigrafiche sono delimitate da superfici
sincrone.
L’unità cronostratigrafica è la materializzazione di un certo periodo del tempo geologico;
il corrispondente periodo di tempo in cui l’unità si è formata è definito come
UNITA’ GEOCRONOLOGICA
Sabbia che scorre in un determinato intervallo di tempo = unità cronostratigrafica
Intervallo di tempo durante il quale la sabbia scorre = unità geocronologica
Si può dire che la durata del flusso dura un certo intervallo di tempo,
ma non si può affermare che la sabbia stessa sia quel determinato intervallo di tempo
Ad ogni unità cronostratigrafica corrisponde un’unità geocronologica
Unità
Unità cronostratigafiche
Unità
Unità geocronologiche
Eonotema
Eon
Eratema
Era
Sistema
Periodo
Serie
Epoca
Piano
(unità fondamentale)
Età
Età
Cronozona
Crono
PIANO: unità gerarchicamente meno elevata.
Durata temporale variabile, generalmente compresa tra 2 e 10 milioni di anni.
Spessore non rappresentativo, può variare da luogo a luogo.
Nome del piano: di norma deriva da un toponimo geografico relativo alla località dove si trovano lo
stratotipo o l’area tipo (Oxfordiano, da Oxford; Langhiano, dall’area delle Langhe - Piemonte),
oppure dall’unità litostratigrafica che lo rappresenta.
L’ETA’ prende lo stesso nome del piano corrispondente.
Il piano rappresenta l’unità di maggior utilità pratica nelle correlazioni interregionali e la più piccola
unità riconoscibile a livello globale.
CRONOZONA: è un’unità cronostratigrafica formale, ma non riveste un rango preciso nell’ordine
gerarchico. Rappresenta un corpo roccioso che si è formato ovunque nel mondo durante
l’intervallo temporale corrispondente ad un’unità stratigrafica o ad un evento geologico.
(Guida Italiana alla Classificazione e Terminologia Stratigrafica - Quaderni III serie – Volume 9. ISPRA, ex APAT)
Ad esempio, se la cronozona:
• è definita su basi biostratigrafiche, rappresenta l’estensione temporale massima di una biozona
• si riferisce ad un’unità per la quale è stato definito uno stratotipo, la sua estensione temporale
può corrispondere a quella dello stratotipo oppure all’estensione massima dell’unità.
L’uso delle cronozone in stratigrafia corrisponde a criteri di praticità, derivanti dal loro carattere non gerarchico.
Le cronozone sono tanto più utili quanto più corrispondono a brevi intervalli temporali.
Vengono utilizzate soprattutto per stabilire l’età relativa delle successioni stratigrafiche a scala regionale-locale,
indipendentemente dalle unità della Scala Cronostratigrafica Standard.
Tratto da Raffi & Serpagli, 1993
CORRELAZIONI e SCHEMI CRONOSTRATIGRAFICI
CORRELAZIONE STRATIGRAFICA insieme di procedure e metodologie attraverso le quali si
dimostra la corrispondenza di parti geograficamente separate di una o più unità geologiche.
Le CORRELAZIONI CRONOSTRATIGRAFICHE o CRONOCORRELAZIONI hanno lo scopo di
riconoscere le relazioni temporali delle unità stratigrafiche o, in generale, delle rocce.
Un’unità cronostratigrafica può essere estesa oltre al suo areale geografico: i suoi limiti infatti
sono per definizione sincroni e possono perciò delimitare ovunque rocce che rappresentano lo
stesso intervallo di tempo.
In senso stretto le correlazioni cronostratigrafiche devono esser basate su crono-orizzonti:
consento massima precisione e risoluzione stratigrafica possibile, tuttavia le correlazioni hanno
generalmente valore locale.
Diversi sono i metodi a cui si ricorre per correlare un limite cronostratigrafico al di fuori della sua
area di definizione: Relazioni fisiche tra gli strati, Litologia, Paleontologia, Determinazione isotopiche
dell’età delle rocce, Inversione di polarità magnetica, Cambiamenti climatici, Paleogeografia e variazioni
eustatiche, Discontinuità, Orogeni…
[CRONO-ORIZZONTE: superficie stratigrafica o interfaccia isocrona o, al più, intervallo molto sottile e distintivo,
isocrono. Corrispettivo geocronologico: MOMENTO, oppure ISTANTE quando “fuori” scala tempo geologico]
Da G.B. Carulli, 2006
CORRELAZIONI e SCHEMI LITOSTRATIGRAFICI
La LITOCORRELAZIONE collega unità di litologia e posizione stratigrafica simile
Tratto da Raffi & Serpagli, 1993
Due unità possono avere la stessa posizione stratigrafica rispetto ad altre unità litostratigrafiche e
possono anche esser collegabili lateralmente, ma nel contempo possono aver avuto origine in
tempi diversi.
La cronocorrelazione viene perciò ottenuta tramite altre metodologie, possibilmente integrate
(biostratigrafia, magnetostratigrafia…)
da Bosellini et al., 1989
Schema litostratigrafico (vette feltrine – Dolomi Bellunesi)
“Schema ibrido”