Progetto: Inclusione Lavorativa per Soggetti con Autismo Introduzione. Nel corso degli ultimi decenni il concetto e la definizione di disabilità hanno subito una profonda revisione, influenzando inevitabilmente i sistemi di classificazione e le prospettive della riabilitazione (Bickenbach et al., 1999). In particolare si è passati da un modello interpretativo di tipo bio-medico, centrato sul concetto di danno-menomazione quale causa-effetto, ad un modello di tipo bio-psicosociale, caratterizzato da una visione globale e dinamica della disabilità che tiene in debita considerazione la natura reciproca delle interazioni individuo/ambiente. Nel primo modello la disabilità viene, pertanto, considerata come una deviazione dalla normalità che investe una struttura e/o una funzione fisiologica o psicologica ed è causata da una malattia, un trauma o altro evento patologico (Boorse, 1975, 1977). Nel secondo modello la disabilità viene, invece, considerata come una variazione del funzionamento umano, che origina dall’interazione tra caratteristiche intrinseche dell’individuo e le caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale (Ustun et al., 2001). In questa prospettiva nella valutazione e nel trattamento della disabilità divengono fondamentali tre dimensioni: (a) il deficit (organico o psichico), (b) la limitazioni nell’attività e (c) la restrizione nella partecipazione. Il deficit rappresenta l’unico elemento assoluto della disabilità (ad esempio l’amputazione di un arto) a differenza della limitazione nell’attività e la restrizione della partecipazione. Queste ultime sono in stretta correlazione con la natura e l’entità del deficit, ma risentono di una serie di altri fattori: fattori ambientali e fattori personali. Il modello bio-psico-sociale e i concetti di deficit (che investe strutture o funzioni corporee), di attività e di partecipazione sono stati recepiti e fatti propri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso la realizzazione dell’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della salute e della disabilità), pubblicato nel maggio 2001. In altre parole nel trattamento riabilitativo vanno Allegato 5 considerati non solo i cambiamenti dello sviluppo fisico e psicologico del soggetto, ma anche i profondi cambiamenti che investono il contesto ambientale, in quanto ad ogni mutamento ambientale devono corrispondere nuove competenze personali e sociali che influenzano a loro volta le attività e la partecipazione. Solo un programma che tenga conto di tutti questi fattori può realmente dirsi globale e integrato. L’autismo, che per definizione rappresenta una disabilità sociale, per la natura dei suoi deficit specifici richiede, più di ogni altra disabilità, un approccio terapeutico globale (Linee Guida Autismo, SINPIA 2005), che risponda al modello bio-psicosociale ed alla filosofia dell’ICF. In questa prospettiva nasce il progetto di integrazione lavorativa promosso dal Centro Aziendale per i Disturbi dello Spettro Autistico. Tale progetto prevederà la strutturazione di un intervento di 18 mesi finalizzato all’accrescimento di abilità lavorative in adolescenti con autismo: una sorta di “scuola del saper fare”. La scuola, infatti, rappresenta un’importante risorsa ambientale, in quanto oltre a favorire, insieme alla famiglia, la generalizzazione e la stabilizzazione delle abilità acquisite nell’ambito di setting terapeutici specifici, rappresenta un naturale serbatoi di stimoli comunicativosociali e la piattaforma per lo sviluppo di nuove autonomie e competenze, anche lavorative (Micheli, 2004; Farci, 2005; Arpinati et al., 2006). Il Progetto e le sue Finalità. Nell’individuazione di un progetto che mirasse a favorire l’integrazione lavorativa dei soggetti autistici, sin da subito si è pensato ad un percorso a più tappe. Tali tappe possono essere schematicamente sintetizzate in: (a) formazione di una “rete terapisti-famiglie”, attraverso l’individuazione di punti di contatto specifici, quali coordinatori/referenti del Centro e genitori; Allegato 5 (b) condivisione di un “lessico comune” all’interno della rete, mediante periodici incontri di formazione rivolti ad omogenizzare le conoscenze degli elementi della rete; (c) stesura di “profili funzionali individuali condivisi”, attraverso l’integrazione delle informazioni raccolte dalle diverse fonti della rete; (d) condivisione degli obiettivi ricavati dal profilo funzionale, finalizzata ad un piano di intervento integrato e specifico che possa sfruttare tutte le risorse ambientali; (e) sviluppo di abilità prelavorative attraverso training specifici per una durata globale di 18 mesi; (f) individuazione di partner per l’inserimento lavorativo successivo. Caratteristiche del Campione. La tappa dello sviluppo più difficile da gestire, per numerosi motivi, è di certo l’adolescenza. Un vero e proprio “vaso di Pandora” per ogni ragazzo che mette a confronto con i mutamenti somatici dovuti alla comparsa dei segni di impregnazione estrogenica e androginici, con la sessualità, con la modificazione delle proprie modalità relazionali, con il confronto col mondo adulto, con l’acquisizione di un nuovo assetto identitario, con il raggiungimento del pensiero formale e dunque di una logica nuova e più complessa. Se tutto questo si rivela molto difficile già per un ragazzo normodotato, al punto che molti definiscono l’adolescenza come un’età già psicopatologica in sé, figuriamoci quanto possa essere complicato per un autistico a cui molte delle risorse, disponibili per qualsiasi altro individuo, vengono a mancare. Per un adolescente autistico diventa molto difficile comprendere i normali mutamenti fisici della crescita. Il concetto stesso di tempo è problematico per una persona con autismo, perché troppo astratto, figuriamoci il concetto di sviluppo e cambiamento fisico e ormonale. La trasformazione cui va soggetto il corpo diventa fonte di grandissima ansia per individui che non reggono i cambiamenti, e che trovano nella ripetizione e nella stabilità una rassicurazione decisiva. E’ noto il bisogno di mantenere immutato Allegato 5 l’ambiente circostante ivi compresi se stessi, di strutturare il proprio tempo e il proprio spazio, unica modalità di difesa da quel mondo caotico che non riescono a decodificare. Diventa perciò indispensabile preparare il soggetto autistico a questi cambiamenti con adeguati training che riguardino soprattutto la gestione della cura personale (mestruazioni, rasatura, acne), della propria sessualità e delle abilità prelavorative. Diventa inoltre oltremodo difficile gestire le normali pulsioni in modo socialmente accettabile. La capacità di interazione sociale, ivi compresa la comprensione di ruoli, contesti e regole sociali è estremamente compromessa nell’autismo. Il concetto stesso di pudore non ha senso per le persone con autismo. Dunque per prevenire comportamenti socialmente inaccettabili legati alla manifestazione e soddisfazione delle normali pulsioni sessuali, presenti in ogni giovane sano, la sola possibilità è di insegnare, con un adeguato lavoro, ad incanalare questi comportamenti in modalità di soddisfazione più accettabili. Ulteriore fattore problematico è la gestione dei rapporti sociali col mondo adulto. Troppo spesso i “neurotipici” non comprendono le problematiche di un adolescente o adulto autistico e i genitori scontano un doppio isolamento: nei confronti del resto del mondo, che non afferra il problema, e del figlio, che purtroppo diventa più interessato “agli oggetti” che alle persone. Spesso inoltre i coetanei, possono rifiutare i giovani che presentano disturbi dello spettro autistico a causa delle loro difficoltà nella comunicazione/socializzazione. Difficilmente un coetaneo riesce a dare supporto alla loro crescita durante questa fase dove i ragazzi autistici diventano ancora più dipendenti, in un certo senso, dalle proprie famiglie, venendo così a mancare quella “ribellione” tipica dell’adolescente. In questa fase inoltre i soggetti autistici possono divenire maggiormente consapevoli delle proprie differenze rispetto ai coetanei e questo può divenire causa dell’insorgenza di disturbi dell’umore e della condotta (atti autolesionistici, aggressivi e oppositivi, reazioni emozionali eccessive). È importante per i genitori essere consapevoli che i propri figli possano cominciare ad interrogarsi sul proprio stato emotivo e sulla propria incapacità di intrattenere rapporti di tipo Allegato 5 sentimentale con gli altri. Sarebbe bene far comprendere all’adolescente autistico l’importanza della sua unicità, scoraggiare ogni comportamento imitativo al solo scopo di essere accettato e favorire il perseguire delle regole sociali apprese. Bisogna poi tener presente che i ragazzi con autismo ad alto funzionamento hanno più bisogno di altri dell'accettazione da parte dei coetanei. La comunicazione è per essi molto importante durante questo periodo. Per i ragazzi con autismo a basso funzionamento invece bisogna utilizzare dei livelli basilari di comunicazioni che li facciano sorridere e sentire accettati. Lo sviluppo di adeguate risorse lavorative in questa prospettiva può divenire cruciale per il soggetto con autismo, in quanto mezzo di inclusione e di riattivazione positiva delle proprie energie. Formazione di una “rete scuola-terapisti-famiglie”. La realizzazione di questo obiettivo prevede l’individuazione di alcuni punti di contatto che possano garantire uno scambio continuo di informazioni. In altre parole vanno individuate quelle figure che possano interfacciarsi agilmente con gli altri componenti della struttura di appartenenza e che siano nello stesso tempo coinvolti significativamente nella conoscenza e/o gestione diretta del soggetto. Le figure individuate devono avere, inoltre, una sufficiente flessibilità e motivazione nello stabilire un contatto tra le parti. Eleggere punti di contatto, tuttavia, non significa che essi siano l’unica interfaccia. È, infatti, chiaro che nella formazione di una rete salda e funzionante ciascun elemento delle strutture ha un ruolo definito e può confrontarsi in ogni momento con tutti gli altri componenti della rete. Tuttavia, l’individuare figure che siano garanti del buon funzionamento della rete rappresenta il presupposto fondamentale affinché questa abbia lunga vita. Condivisione di un “lessico comune” all’interno della rete. Affinché sia possibile l’utilizzo di un terminologia riabilitativa comune è necessario un percorso che passa attraverso progressive tappe formative. Nella nostra esperienza abbiamo individuato un iter formativo specifico e progressivo che si articola nei seguenti momenti: Allegato 5 (1) omogeneizzazione delle conoscenze tra gli operatori (Neuropsichiata Infantile, Psicologi, Terapisti e Assistenti Sociali) con riferimento ai modelli interpretativi della clinica, agli strumenti di valutazione e classificazione ed alle strategie di intervento (ABA e TEACCH); (2) applicazione di un modello di presa in carico che sia sufficientemente omogeneo e stabile e non vari da terapista a terapista. Chiaramente l’omogeneità della metodologia non ostacola l’individualità del programma che viene stilato sulla scorta del profilo funzionale specifico per ogni ragazzo; (3) estensione delle conoscenze metodologiche alla famiglia ed ad altre figure coinvolte nella vita del soggetto, attraverso corsi di formazione e verifiche in itinere. Il punto (3) è parallelo e per molti aspetti complementare al progetto per il coinvolgimento delle famiglie. Stesura di “profili funzionali individuali condivisi”. La condivisione di una terminologia riabilitativa comune è premessa per l’attivo coinvolgimento degli insegnanti nella valutazione e nella programmazione. Nei corsi di formazione oltre a fornire informazione sugli aspetti clinici ed eziopatogenetici dei Disturbi dello Spettro Autistico, vanno previsti incontri per la presentazione degli strumenti di valutazione e delle strategie di intervento. Tra gli strumenti di valutazione funzionale sono, peraltro, individuabili diversi questionari che possono essere compilati da diverse fonti: genitori, terapisti ed insegnanti, in modo da ottenere un quadro generale delle performance e delle capacità del ragazzo. “Nella terminologia ICF la performance rappresenta quello che il ragazzo fa normalmente nel suo ambiente quotidiano descrivendo il coinvolgimento della persona nelle situazioni di vita; la capacità indica invece il più alto Allegato 5 livello probabile di funzionamento in un ambiente considerato come standard”. Alla luce di queste definizioni è evidente che la raccolta di informazioni da più fonti ci consente di individuare le performance (dati genitori e insegnanti) e le capacità (dati terapisti); inoltre una raccolta in doppio cieco con più fonti consente di verificare il grado di sintonia trai diversi elementi del sistema. Condivisione degli obiettivi ricavati dal profilo funzionale. Il profilo funzionale per definizione rappresenta la fotografia del ragazzo, consentendo di individuare le performance, le capacità, i punti di forza, i punti di debolezza, i facilitatori e le barriere. Questi elementi vanno condivisi nell’ambito di specifiche riunioni di equipe che prevedono il coinvolgimento di tutti. Il fulcro della discussione è l’individuazione di obiettivi a breve e medio e la valutazione delle strategie per il raggiungimento di tali obiettivi. Gli operatori e genitori dopo aver affrontato tappe formative specifiche e aver fatto propri alcuni concetti, vanno tuttavia supportati con continui rimandi metodologici. A tal proposito nella nostra esperienza l’utilizzo di materiale video esemplificativo aiuta alla comprensione ed all’interpretazione degli ostacoli ed è uno spunto per favorire la discussione su punti ancora oscuri del trattamento. Oltre alla riunioni di equipe, tuttavia, nella nostra pratica si è reso necessaria la costituzione di gruppi di Parent Training per i genitori. L’obiettivo di tali gruppi è quello di cementare la relazione tra genitori, favorire la gestione di dinamiche specifiche relative all’adolescenza (affettività, sessualità, atc…), portare alla nascita di enti specifici (cooperative sociali) gestite da personale misto (operatori/genitori). Sviluppo di abilità prelavorative attraverso training specifici per una durata globale di 18 mesi. L’individuazione di specifici profili funzionali rappresenta la base per l’attivazione di training adeguati al potenziamento delle abilità prelavorative. Il percorso sarà articolato in 18 mesi: tre semestri con obiettivi diversificati. Nel primo semestre Allegato 5 saranno potenziate le abilità accademiche di base ed il funzionamento cognitivoprestazionale del soggetto. Nel secondo semestre saranno attivati laboratori specifici (cucina, ceramica, giardinaggio ed informatica/segreteria) e saranno forniti rudimenti di base vagliando le attitudini personali di ogni singolo soggetto. Nel terzo semestre ogni soggetto potenzierà il settore di preferenza sviluppano possibilità lavorative fattive. Il Progetto sarà svolto, laddove necessario, nelle ore pomeridiane non ostacolando il normale corso delle ore scolastiche (per coloro che sono ancora in età scolare). Individuazione di partner per l’inserimento lavorativo. Si procederà alla ricognizione sistematica di eventuali partner per il successivo inserimento lavorativo dei soggetti canalizzati a ruoli ed abilità potenziate attraverso i suddetti training. Nello specifico si cercherà di favorire anche la nascita di cooperative lavoro. Essendo un progetto a termine il Centro creerà anche rapporti con altre strutture semiresidenziali per quei soggetti che potrebbero necessitare ancora dopo il periodo di training di strutture di accoglienza. In tal senso il Centro rimarrà un punto di supervisione per tali strutture ed anche per i gruppi di lavoro (cooperative sociali o posti di lavoro protetto). In conclusione un progetto di questo genere si pone come finalità globali: il potenziamento delle competenze comunicative attraverso l’utilizzo di metodiche aumentative-alternative; l’arricchimento delle esperienze relazionali attraverso situazioni sociali meglio gestite dal soggetto, in quanto inquadrate nell’ambito delle sue capacità, e una rielaborazione socio-cognitiva più cosciente, in quanto oggetto di riproposizione nel setting terapeutico (Social Skills Training); la diversificazione delle attività e degli interessi, mediante proposte concrete e realizzabili (Laboratori Ricreativi per Sport, Musica, Teatro); la riduzione dei comportamenti disadattivi (Interventi di Analisi Funzionale); l’ampliamento delle autonomie personali e di comunità (Role Play); lo sviluppo di attitudini lavorative con possibilità di inclusione (Laboratori ed Inserimenti Guidati). Allegato 5 Tempi e Modalità di Realizzazione. Il Progetto così come articolato prevede la sua realizzazione nel corso di due anni e coinvolgerà sia operatori specificamente formati (metodologia ABA e TEACCH) che genitori guidati attraverso interventi di Parent Training. I momenti di formazione saranno stabiliti attraverso l'individuazione di uno specifico calendario. Gli operatori potranno interagire con i genitori ed eventuali insegnanti secondo una specifica pianificazione. I programmi individualizzati saranno condivisi dall'intero gruppo di lavoro. Saranno previsti 3 semestri di potenziamento/realizzazione con un coinvolgimento di 10-12 soggetti con Autismo HF. I laboratori di potenziamento saranno 4 (cucina, giardinaggio, ceramica e informatica/segreteria). Il rapporto per gruppo sarà 4 operatori/5 soggetti. I laboratori di lavoro saranno intervallati da laboratori di Social Skills ed attività ricreative. Allegato 5