PRESENTAZIONE Nonostante il rallentamento dell’economia mondiale, il 2007 è stato un anno positivo per la crescita economica in Europa (+2,6% l’incremento del PIL nell’Eurozona), e in misura minore, anche in Italia (+1,5%) e nella nostra regione (+1,6%) che, malgrado la decelerazione rispetto al 2006, ha beneficiato di una crescita comunque rilevante dovuta soprattutto al buon andamento delle esportazioni, mentre è risultato modesto l’apporto degli investimenti. Tuttavia già a partire dall’ultimo trimestre si sono delineati quei segnali di difficoltà che si sarebbero poi manifestati interamente nel 2008 con effetti sulle economie occidentali: la tensione sui prezzi delle materie prime energetiche e alimentari e la crisi finanziaria dei mercati americani. Anche la provincia di Vicenza ha beneficiato nella prima parte dell’anno della crescita dei suoi tradizionali mercati di sbocco, soprattutto della Germania, cogliendo le opportunità commerciali che le si sono presentate. Il recupero non ha interessato uniformemente tutti i settori economici e le classi dimensionali: in generale, la metal-meccanica ha mostrato importante segnali di crescita, ma altri settori tradizionali del manifatturiero vicentino hanno evidenziato un affaticamento che si è purtroppo confermato nel 2008 (soprattutto nei settori dell’oreficeria e della concia). La tensione sui prezzi è affiorata nella seconda parte dell’anno e si è accentuata nel 2008: determinando oltre alla perdita di competitività del nostro sistema produttivo, anche una riduzione della capacità di acquisto dei consumatori. Il commercio interno ha risentito e sta risentendo di queste difficoltà e sono soprattutto i piccoli negozi di vicinato, che assicurano a una larga fascia di cittadini alcuni servizi essenziali, a veder ridotti i propri margini. Anche il mondo agricolo vicentino si è trovato a subire gli incrementi di prezzo più che a provocarli: in particolare alcune tipologie di allevamenti hanno dovuto lavorare “in perdita” a causa dell’aumento del costo dei fattori di produzione (mangimi e carburanti, soprattutto). Dopo un 2007 caratterizzato da un andamento economico favorevole ma in frenata, il 2008 ha amplificato le difficoltà, soprattutto dopo che la crisi finanziaria iniziata negli Stati Uniti si è propagata in tutto il mondo. Il nostro territorio ha potenzialità idonee ad affrontare le difficoltà e le trasformazioni dell’economia globale: non mancano infatti esempi virtuosi di imprese in grado di accrescere i propri margini anche in questi periodi e la sempre maggiore richiesta di personale di alto profilo manifesta l’attenzione verso la qualità. La Camera di Commercio, oltre a offrire il proprio contributo in termini di analisi economica, è strumento di stimolo e di aiuto nell’affrontare questa sfida: sono proprio l’attenzione verso la qualità, l’orientamento verso l’innovazione e la capacità di aggregazione gli elementi propulsivi capaci di creare quel valore aggiunto necessario per garantire competitività alle nostre imprese. Ottobre 2008 Vittorio Mincato (Presidente Camera di Commercio di Vicenza.) INDICE PRESENTAZIONE L’ECONOMIA VICENTINA NEL 2007 Cap. 1 POPOLAZIONE Movimento naturale e migratorio della popolazione residente Popolazione residente per comune e sesso al 31/12/2007 Tassi demografici generici Nati vivi e morti per comune Cap. 2 ISTRUZIONE Dati riassuntivi della popolazione scolastica Unità scolastiche e alunni per tipo di scuola Istituti superiori statali per area omogenea: popolazione scolastica per tipologia Università di Padova (corsi di laurea con sede a Vicenza): iscrizioni Università di Verona (corsi di laurea con sede a Vicenza): iscrizioni Università di Padova e Verona (sede staccata di Vicenza): laureati Laureati e diplomati vicentini per facoltà Popolazione residente con più di 6 anni per livello di istruzione Cap. 3 AGRICOLTURA Coltivazioni agricole erbacee (superficie e quantitativi prodotti) Coltivazioni agricole legnose (quantitativi prodotti) Valore della produzione lorda agricola Superficie territoriale per forma di utilizzazione Aziende e superficie totale per zone altimetriche Produzione Formaggio Asiago DOP Produzione Formaggio Grana Padano DOP Produzione Vino DOC e IGT Patrimonio zootecnico – numero di capi Cap. 4 AMBIENTE Produzione di rifiuti urbani e raccolta differenziata Produzione di rifiuti speciali nel Veneto Consumo di gas metano per uso domestico e per riscaldamento Densità di verde urbano Consumo di energia elettrica per settore di attività Distretto conciario di Arzignano-Chiampo: rapporto produzione/consumo solventi Cap. 5 INDUSTRIA E ARTIGIANATO Unità locali per ramo di attività economica al 31/12/2007 Sedi principali e unità locali per comune al 31/12/2007 Iscrizioni e cancellazioni nel registro delle imprese per tipo di attività economica Imprese attive per forma giuridica al 31/12/2007 Evoluzione delle imprese secondo la forma giuridica Imprese artigiane: iscrizioni e cancellazioni Imprese artigiane per settore e forma giuridica Ul, addetti e fatturati per i principali settori manifatturieri Distribuzione delle cariche per sesso Cariche ricoperte da donne nelle imprese vicentine Andamento congiunturale del manifatturiero vicentino Cap. 6 INNOVAZIONE Bilancia dei pagamenti della tecnologia Importazioni ed esportazioni per contenuto tecnologico Domande depositate per invenzioni negli anni 1997-2007 Domande depositate per modelli ornamentali negli anni 1997-2007 Domande depositate per modelli di utilità negli anni 1997-2007 Domande depositate per marchi negli anni 1997-2007 Numero di brevetti europei presentati all'EPO (European Patent Office) Spesa per R&S intra-muros per regione. Personale addetto alla R&S per settore istituzionale e regione. Cap. 7 COMMERCIO Imprese attive – settore commercio e servizi Consistenza rete distributiva (unità locali) Autorizzazioni a commercio su aree pubbliche Composizione % degli esercizi al dettaglio Rapporto di densità per comune Grandi magazzini, supermercati ed ipermercati Importazioni per macrosettore Esportazioni per macrosettore Vicenza: primi 20 paesi per valore delle esportazioni Vicenza: prime 20 merci per valore delle esportazioni Cap. 8 TURISMO Esercizi alberghieri: consistenza a fine periodo Movimento turistico – arrivi Movimento turistico – presenze Consistenza degli esercizi alberghieri nei comuni di Vicenza e Asiago Movimento turistico nei comuni di Vicenza e Asiago Spesa dei viaggiatori stranieri per provincia visitata Presenze turistiche per mese Cap. 9 TRASPORTI Veicoli circolanti in provincia Veicoli circolanti suddivisi per comune Veicoli usciti dai caselli dell’autostrada A/4 Veicoli usciti dai caselli dell’autostrada Valdastico Entrate ed uscite dalla A/4: veicoli leggeri e pesanti Entrate ed uscite dalla Valdastico: veicoli leggeri e pesanti Incidenti, morti e feriti nelle province venete Merci movimentate su ferrovia Cap. 10 CREDITO Impieghi e depositi per tipologia della clientela Impieghi e depositi per la classe dimensionale delle aziende di credito Sofferenze su impieghi Sportelli bancomat e pos attivi Aziende di credito, sportelli e piazze bancate Tassi di interesse a breve termine Numero dei fallimenti dichiarati Protesti cambiari levati Cap. 11 LAVORO Addetti alle unità locali delle imprese per attività economica Cassa integrazione guadagni – ore autorizzate Ingressi nelle liste di mobilità per anno e settore Tasso di attività, di occupazione e di disoccupazione Occupati per attività economica Movimenti occupazionali previsti per settore e classe dimensionale Figure professionali richieste dalle imprese vicentine Movimenti e tassi previsti per tipo di contratto e macro-settore Cap. 12 PREZZI E REDDITI Prezzi medi all’ingrosso Coefficienti per la rivalutazione monetaria Numeri indici dei prezzi al consumo per la città di Vicenza Valore aggiunto ai prezzi di base per rami di attività Prodotto interno lordo pro-capite Prodotto interno lordo Valore aggiunto: composizione per provincia e ramo di attività Imponibile IRPEF per comune Cap. 13 STRANIERI Cittadini stranieri iscritti in anagrafe al 31/12/2007 Stranieri residenti per macro-aree di provenienza Alunni con cittadinanza straniera Imprenditori stranieri suddivisi per carica Assunzioni previste nel 2008 di personale proveniente da paesi extracomunitari, per settore di attività e classe dimensionale Dichiarazioni di ingresso in disoccupazione per nazionalità Dichiarazioni di assunzioni registrate per nazionalità Cap. 14 QUALITA’ DELLA VITA Il tenore di vita Affari e lavoro Servizi e ambiente Ordine pubblico Popolazione Tempo libero Classifica provinciale per qualità della vita – “Il sole-24 ore” Cap. 15 UNIONE EUROPEA Unione Europea – popolazione Tasso di disoccupazione e occupazione Importazione ed esportazioni Parametri di Maastricht Principali indicatori in Eurolandia Cap. 16 CENSIMENTI Popolazione residente (legale) dei comuni – 1881-2001 Popolazione attiva e non attiva Aziende e superfici agricole per comune Abitazioni occupate e non occupate Unità locali e addetti – 1991-96-01 CONSIDERAZIONI GENERALI Nel 2007 - lo certifica il Rapporto annuale dell’ISTAT - la fase espansiva dell’economia mondiale non si è arrestata, anche se nella seconda metà dell’anno le turbative dei mercati finanziari connesse alla vicenda dei mutui ipotecari e allo scoppio della bolla immobiliare da un lato e l’ascesa dei prezzi delle materie prime - energetici (il petrolio) ed alimentari (in primis i cereali) - dall’altro hanno provocato un rallentamento dei ritmi di crescita e alimentato tensioni inflazionistiche di carattere globale. Il PIL mondiale è aumentato del 3,7% in termini reali (lo 0,2% in meno rispetto all’anno precedente), ma il PIL espresso a parità di potere d’acquisto ovvero secondo modalità tali da attribuire alle economie emergenti una incidenza più alta coerente con gli effettivi livelli reddituali sale al 4,9% (5% nel 2006). Benché gli investimenti si siano irrobustiti, il commercio internazionale ha seguito una curvatura decelerativa passando (in volume) dal +9,2% al 6,8%. Il rallentamento dell’economia ha investito primariamente gli USA, l’Unione Europea e il Giappone; le economie emergenti invece hanno proseguito un sentiero di elevata crescita: la Cina è cresciuta dell’11,4%, l’India del 9,2%, la Russia dell’8,1%. Negli Stati Uniti la decelerazione nel 2007 è stata netta: il PIL è cresciuto del 2,2% (lo 0,7% in meno rispetto al 2006), a causa innanzitutto del cedimento degli investimenti in costruzioni residenziali (addirittura -17%) sicchè nel complesso gli investimenti fissi lordi hanno marcato un +0,5% nonostante la tenuta di quelli riguardanti i macchinari e le attrezzature e lo stesso decumulo delle scorte ha offerto un contributo negativo pari allo 0,3%. Sviluppi peggiori sono stati evitati grazie alla tenuta dell’altra componente della domanda interna - i consumi delle famiglie - cresciuti del 2,9% (ma anche i consumi collettivi sono lievitati di 2 punti percentuali). Il commercio estero ha stabilizzato positivamente l’economia nordamericana: il contributo del saldo netto in volume al PIL si è situato in territorio positivo (0,6%) in ragione dell’indebolimento del dollaro che ha allentato la crescita dell’import e della corrispondente dilatazione dei flussi esportati (+8,1%). Il 2008 però si è aperto all’insegna dell’ulteriore precarizzazione delle principali variabili dell’economia statunitense: il tasso di crescita del PIL si è quasi annullato, i consumi si sono indeboliti, gli investimenti non si sono ripresi e segnatamente quelli riguardanti il comparto residenziale hanno accentuato la propria impostazione involutiva. La politica monetaria attivata dalla FED è divenuta via via più espansiva e tanto che i tassi di interesse sui Federal Funds sono calati dal 5,25% dell’inizio del 2007 al 2%. Al peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro (ad aprile 2008 il tasso di disoccupazione ha raggiunto i 5 punti percentuali) si è aggiunto un inasprimento delle tensioni sul versante dei prezzi: l’inflazione dal 2,8% è cresciuta nei primi mesi del 2008 fino a superare i 4 punti percentuali. Il PIL giapponese ha seguito un percorso di accrescimento moderato (+2,1%, lo 0,3% in meno rispetto al 2006) spinto dalla vivacità delle esportazioni (+8,8%) le quali hanno contribuito positivamente alla crescita nella misura dell’1,2% e frenato dall’indebolimento dei consumi (cresciuti di appena l’1,4%) e dal cedimento degli investimenti soprattutto residenziali in un contesto in cui il tasso di disoccupazione si è ridotto al 3,9%. Il complesso delle economie europee è stato connotato da una conferma dei significativi ritmi lievitativi registratisi in precedenza: nell’UE a 27 Paesi il PIL è aumentato del 2,9%, nell’UEM a 13 Paesi il tasso espansivo è stato del 2,6%; tuttavia tale dato aggregato sottende andamenti assai differenziati: in generale si può osservare come i Paesi piccoli e di recente adesione hanno evidenziato percorsi accrescitivi più consistenti, mentre tra le grandi economie europee solo la Spagna ha marcato performances superiori alla media (+3,8%). Quali gli ingredienti della crescita UEM? Non si sono verificati squilibri e tutte le variabili si sono collocate in territorio favorevole: 1,5% la crescita dei consumi, +4,3% quella degli investimenti (suddivisa in +4,8% per i macchinari e le attrezzature e +3,7% quella delle costruzioni), +6% l’export con un contributo della dinamica estera alla dinamica del PIL pari allo 0,4%. Nubi invece si sono generate sul versante dei prezzi: infatti il dato finale dell’inflazione (+2,8%) non da conto della cospicua accelerazione delle tensioni inflazionistiche innescatasi nella seconda parte dell’anno a causa dell’ascesa dei prezzi dei prodotti energetici ed alimentari (+5,7% a marzo 2008 l’inflazione tendenziale). In tale quadro il PIL italiano risulta cresciuto nel 2007 dell’1,5%, lo 0,3% in meno rispetto all’anno precedente confermando in tal modo il differenziale di crescita con il dato medio dell’UEM e con le performance dei principali partner europei: in Germania il tasso di crescita - alimentato principalmente dalle esportazioni (il contributo della domanda estera alla crescita del PIL è stato dell’1,6%, mentre i consumi hanno ristagnato: 0,1%) - è stato del 2,5%; la Francia al contrario ha sperimentato una fase espansiva (+1,9% il PIL) sollecitata principalmente dalla domanda interna e dai consumi che da soli pesano sul PIL per l’1,5%, più degli investimenti fissi lordi (il cui contributo è stato dello 0,8%, mentre il contributo della domanda estera netta è stato negativo: -0,5%); le straordinarie performance della Spagna hanno una eziologia endogena a quel Paese essendo attribuibili alle componenti interne della domanda: l’apporto della spesa per consumi finali è stato del 2,7% e quello degli investimenti fissi lordi dell’1,8% con un restringimento della consistenza del contributo negativo della domanda estera passato a 0,7 punti percentuali. Ma esaminiamo con accuratezza il paesaggio dell’economia italiana quale emerge dipinta dall’annuale Rapporto ISTAT per il 2007. I consumi delle famiglie risultano cresciuti dell’1,4% grazie alla doppia spinta convergente dell’aumento del reddito disponibile e di una più baldanzosa propensione al consumo. Al dinamismo della spesa delle famiglie deve aggiungersi l’incremento di spesa delle Amministrazioni Pubbliche (+1,2%) e delle istituzioni no profit a servizio delle famiglie (+2,7%). La ricognizione delle componenti dei consumi permette di acclarare che la spesa per servizi è cresciuta più della spesa per beni (rispettivamente: +2,1% e +0,6%) laddove i beni durevoli registrano andamenti positivi trainati soprattutto dagli articoli di telefonia (+12,2%) e dalle autovetture (+5,2%), mentre beni semidurevoli e non durevoli hanno evidenziato limitati rallentamenti gli uni e leggere contrazioni gli altri. Sulle performance della spesa per servizi influiscono positivamente la spesa per servizi telefonici (+10,6%), servizi creditizi (+6,9%), servizi assicurativi (+4,2%), servizi trasportistici (+4,2%). Quanto agli investimenti, essi hanno subito una marcata decelerazione transitando da un incremento del 2,5% del 2006 ad una crescita dell’1,2%; a segnare tale evoluzione è stato soprattutto il restringimento della componente dei macchinari e delle attrezzature (-0,3%) oltre al rallentamento dei segmenti dei mezzi di trasporto e delle costruzioni; dinamico invece il comparto delle costruzioni (2,2% globalmente e +3,5% il settore residenziale). Il valore dell’export è cresciuto di 8 punti percentuali, quello delle importazioni del 4,4% il che è valso una riduzione del deficit commerciale passato da 20,5 a 9,4 milioni di euro; il saldo al netto dei prodotti energetici è stato positivo per 37,1 milioni di euro. L’evolutività congiunturale dell’interscambio commerciale del sistema italiano è attribuibile al rinnovamento del modello di specializzazione e al miglioramento delle condizioni generali di competitività ed è tanto più significativa quanto più marcato è stato il rallentamento dell’interscambio su scala globale (dal 9,1% del 2006 al 6,4% del 2007). Mediamente l’export italiano verso il resto dell’UEM è cresciuto del 5,8% e quello indirizzato ai Paesi extra UEM del 10%. La quota delle esportazioni dell’Italia sull’insieme dei Paesi UEM è stazionaria dal 2005 al 10,8%, mentre l’incidenza sui flussi diretti a mercati di sbocco extra-UEM è cresciuta su base annua dal 13,0% al 13,2%; nel quadriennio 20032007 si è leggermente deteriorata la posizione italiana nello scacchiere globale; tale restringimento peraltro lieve delle quote delle esportazioni italiane tanto verso i Paesi europei quanto verso i Paesi extra-europei va confrontato con l’erosione delle quote francesi e l’irrobustimento di quelle tedesche. A trainare le esportazioni italiane sono stati i settori dei mezzi di trasporto (+14,75), dei prodotti in metallo (+13,25%), delle macchine ed apparecchi meccanici (+11,4%) che, incidendo per più di un quinto sul complesso delle esportazioni italiane, forniscono con un attivo di quasi 48 milioni di euro il maggior contributo all’avanzo commerciale italiano, dei prodotti alimentari (+5,5%), dei prodotti chimici (+4,0%), delle apparecchiature elettriche, elettroniche e di precisione (+3,8%). Per quanto concerne il “made in Italy” tradizionale, nel 2007 l’export dei mobili è cresciuto del 3,9%, quello dei prodotti in cuoio dell’1,6%, i prodotti tessili e dell’abbigliamento dell’1,3% (l’avanzo di tali tre comparti è passato da 23,8 a 24,2 miliardi di euro). Nel 2007 è continuata la fase di moderata espansione dell’attività produttiva e tutti i settori con l’eccezione di quello agricolo hanno realizzato lievitazioni del valore aggiunto: +1,8% e +1,6% il settore dei servizi e quello delle costruzioni, +0,8% quello dell’industria in senso stretto. Nel 2007 l’inflazione al consumo è stata sotto controllo fino a settembre, poi si è innescata una spinta accelerativa veicolata dall’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche ed alimentari. I prezzi alla produzione hanno registrato un impulso accrescitivo: +4,5% nel quarto trimestre 2007 e +6% nel I trimestre 2008. I prezzi al consumo sono cresciuti nella media 2007 dell’1,8% (un valore inferiore a quello dell’anno precedente), ma input esogeni hanno spinto il tasso di crescita tendenziale al 2,4% nel quarto trimestre 2007 e al 3,3% a marzo ed aprile del 2008: ecco allora che l’inflazione acquisita per quest’anno è pari al 2,6%. Infine il mercato del lavoro: la crescita dell’occupazione è stata caratterizzata da un rallentamento: il tasso di incremento nel 2007 è stato dell’1% il che vale uno 0,7% in meno rispetto all’anno precedente. L’incremento della quantità di lavoro assorbito dal sistema economico nazionale (245 mila unità di lavoro standard) è l’esito di una crescita dell’1,5% di lavoratori dipendenti e di una riduzione dello 0,4% dei lavoratori autonomi. A generare lavoro sono principalmente il settore delle costruzioni (+2,4%) e il settore dei servizi (+1,1%). La rilevazione delle forze di lavoro da conto un aumento degli occupati dell’1% (234 mila persone), il che vale un significativo rallentamento rispetto al 2006 (+1,6%).; l’espansione ha investito la componente alle dipendenze, mentre quella indipendente si è ridotta (rispettivamente: +1,5% e 252 mila persone e -0,3%). Le positive performances sono legate essenzialmente all’incremento dei lavoratori stranieri e alla permanenza al lavoro dei dipendenti italiani con almeno 50 anni di età. La dilatazione della base occupazionale ha coinvolto esclusivamente le regioni del Centro e del Nord (+2,5% e +1%), mentre nel Mezzogiorno l’occupazione è rimasta stazionaria. L’occupazione femminile è aumentata più di quella maschile (+1,3% e +0,8%), la quota dell’occupazione femminile è salita al 39,5% permanendo peraltro il differenziale con l’Unione Europea dove l’incidenza del lavoro femminile ha raggiunto il 44,6%. Gli occupati stranieri sono aumentati di 154 mila unità, ha riguardato entrambi i generi e ha coinvolto prevalentemente il Centro-Nord. Dal punto di vista della tipologia contrattuale, il lavoro alle dipendenze è cresciuto tanto per la componente indeterminata, quanto per quella a termine (+1,4% pari a 206 mila persone e +2,1% pari a 47 mila persone) e la quota del lavoro a tempo determinato sul lavoro totale è rimasta invariata al 13,2%, ma tra le donne e i giovani questa percentuale sale al 15,9% e al 22,7%; il lavoro part-time è cresciuto del 3,6% (109 mila persone) diffondendosi prevalentemente all’interno del mondo del lavoro subordinato, tra le donne e nei settori del commercio, alberghi e ristorazione, della sanità e dei servizi alle famiglie. Nel settore primario si è registrato un calo del 5,9% pari a 59 mila persone, mentre nell’industria in senso stretto il recupero si è materializzato in uno 0,4% ovvero 22 mila persone; l’occupazione dei servizi è cresciuta dell’1,4% (215 mila persone) i due terzi dei quali hanno coinvolto i servizi alle imprese e gli alberghi e ristoranti. Il tasso di disoccupazione è sceso nella media del 2007 al 6,1%, lo 0,7% in meno rispetto al 2006. Tale fenomeno è stato particolarmente forte nel Sud-Italia, dove la riduzione della disoccupazione è stata accompagnata da un consistente aumento dell’inattività (157 mila persone in più cioè l’1,1%) ed è riconducibile soprattutto a scelte di scoraggiamento. Prospetticamente il Centro Studi della Confindustria (CSC) prefigura (il Rapporto è del settembre 2008) nel 2008 una riduzione del tasso di crescita dello 0,1% e nel 2009 un aumento del PIL dello 0,4% con una accelerazione cospicua: dal -0,1% dell’ultimo trimestre 2008 al +1,3% del quarto trimestre 2009. Dunque nel 2009 ci si può attendere un ritorno virtuoso alla ripresa in connessione con l’inalvearsi dell’economia globale lungo il sentiero della crescita e l’avvio di un nuovo ciclo espansivo. Si intravede quindi l’uscita dalla recessione anche se il pieno dispiegamento delle potenzialità competitive del Paese sarà condizionato dall’adozione delle improcrastinabili riforme strutturali che solo una politica economica coraggiosa e coerente potrà concretizzare. L’economia italiana si trova nel mezzo di una complessa avversa congiuntura internazionale argomenta il CSC - i cui ingredienti sono: gli squilibri dei mercati finanziari, la deflagrazione “a cascata” della bolla immobiliare, l’ascesa dei prezzi delle materie prime energetiche ed alimentari, il permanere di asimmetrie nell’economia americana, l’apprezzamento dell’euro e la politica economica espansiva praticata in Europa. Solo dalla seconda metà dell’anno prossimo matureranno le condizioni perché l’Italia sia in grado di agganciarsi alla ripresa internazionale fruendo da un lato del probabile ridimensionamento dei prezzi del petrolio e delle materie prime alimentari e dall’altro del ciclo positivo avviatosi negli USA grazie all’uscita dalla crisi nel settore delle costruzioni e ad una politica dei tassi fortemente orientata alla crescita. Nel corso del 2008 la produzione industriale si è indebolita a causa della contrazione dei consumi (segnatamente quelli di beni durevoli ed energivori), della flessione degli investimenti, del restringimento del portafoglio ordini estero. Uno dei dati più negativamente significativi del 2008 è la tendenza delle famiglie a ridurre la propensione al consumo: è la prima volta dal 1993 e la seconda dal dopoguerra che si registra una riduzione dei consumi (-0,1% le previsioni per il 2008 contro il +1,4% nel 2007): sul palco degli accusati non è tanto il reddito disponibile (che si è irrobustito grazie ad un aumento delle retribuzioni quantificabile in un +3,8% in grado di compensare il +3,6% di lievitazione dei prezzi al consumo), né la situazione del mercato del lavoro (l’occupazione risulta salita dello 0,7%), quanto piuttosto la percezione di indebolimento della propria capacità di spesa dovuta al forte incremento dei prezzi dei beni energetici ed alimentari. Le proiezioni recessive del CSC sono avvalorate dal cattivo andamento dell’indice di fiducia ISAE e dal calo delle vendite registrato dall’ICC della Confcommercio; dal 2009 i consumi delle famiglie riprenderanno quota stimolati dal rallentamento dei prezzi, dai recuperi reddituali e dalla dilatazione della base occupazionale. Quanto agli investimenti fissi lordi le prefigurazioni del CSC vanno nel senso di un cedimento quantificato in 1 punto percentuale (+1,2% nel 2007). L’inceppamento dell’accumulo del capitale nella direzione dell’acquisizione di macchinari, impianti e di mezzi di trasporto è spiegabile da un lato con il drastico peggioramento del clima di fiducia tra gli imprenditori e dall’altro l’innalzamento dei tassi di interesse che disincentiva l’accesso al credito. Nel 2009 si prevede una lenta riallocazione delle risorse sugli investimenti in connessione con la ripresa della congiuntura e con l’operatività di politiche monetarie più espansive. Apprezzamento dell’euro e la frenata del commercio mondiale ingenerano - analogamente agli altri Paesi europei - conseguenze negative sulle esportazioni italiane destinate nel 2008 a decelerare dal 5% dell’anno precedente al 2,5%. L’anno prossimo peraltro il parziale recupero della divisa americana su quella europea e una maggiore domanda espressa dai principali mercati di sbocco dei nostri prodotti spingeranno verso il 3% i nostri flussi esportativi. L’indebolimento dell’euro sarà ampiamente compensato dalla flessione del prezzo delle materie prime con effetti virtuosi sulle ragioni di scambio: +1,1% il differenziale nel 2009 tra i delatori di export ed import. Nel 2008 il contributo del PIL alle esportazioni nette sarà dello 0,3% per poi scendere di un decimo di punto in meno nel 2009. Le simulazioni previsionali danno conto per il 2008 e per il 2009 di incrementi occupazionali rispettivamente dello 0,7% e dello 0,4% con valori fortemente differenziati tra i vari segmenti produttivi: nell’industria in senso stretto gli occupati diminuiranno dell’1,2% e dello 0,4% nei due anni considerati probabilmente per il riemergere di strategie labour saving, mentre nell’ambito dei servizi i posti di lavoro sono destinati a crescere (del 2% nel 2008 e dell’1,1% nel 2009). L’inflazione potrebbe invece avare superato l’apice: nel corso dei mezzi estivi il dato destagionalizzato e annualizzato segnala una minore virulenza: dal 5,1% al 4,2%, sicchè per il 2008 l’incremento medio annuo sarà del 3,6% (+1,8% nel 2007) per poi scendere al 2,5% nel 2009 corrispondentemente alla discesa del prezzo dei beni alimentari ed energetici. Al netto di tali componenti l’inflazione core si aggira sui 2 punti percentuali esito di un +3,4% nei servizi e di un +1% dei beni; ad incidere su questa inflazione di fondo è l’aumento del CLUP-Costo del Lavoro per Unità di Prodotto (+6,1% annuo nell’intera economia nel secondo trimestre del 2008, +5,2% nell’industria in senso stretto e +7% nei servizi). Infine la finanza pubblica: nel 2008 l’indebitamento netto della PA è al 2,5% nel 2008 e per il 2009 si prevede un deficit del 2,2% inclusiva dei provvedimenti di risanamento e la minor crescita.. L’avanzo primario sarà del 2,6% nel 2008 e del 3% nel 2009. Il rapporto debito/PIL scenderà al 103,7% nel 2008 e al 102,9% nel 2009. Come argomentato da Unioncamere Veneto nel suo Rapporto annuale sull’economia regionale nel 2007 il PIL del Veneto risulta cresciuto - nelle stime di Unioncamere - dell’1,6%, un valore sostanzialmente allineato con il tasso di crescita nazionale (+1,5%) e in decelerazione rispetto al 2006 (+2,5%, due punti percentuali in più rispetto al 2005). Più ottimistiche le valutazioni elaborate da Prometeia che individuano tanto per il Nordest che per il Veneto un incremento dell’1,8%. Sempre secondo le stime Unioncamere l’analisi territoriale per grandi aggregati infra-nazionali certificano un’Italia a doppia velocità: da una parte il Nordovest ed il Nordest con un tasso di sviluppo dell’1,7% e dall’altra il Centro ed il Sud rispettivamente con l’1,3% e l’1,1%. Peraltro il Veneto sovraperforma regioni come la Toscana (+1,1%) e come il Trentino-Alto Adige (+1,5%), ma segue Friuli-Venezia Giulia (+1,8%) e Lombardia (+1,7%). Scavando più profondamente nella congiuntura veneta, scopriamo che ad alimentare la crescita veneta è prevalentemente la componente interna della domanda (+1,6%) e segnatamente i consumi delle famiglie (+2,1%), mentre gli investimenti totalizzano un +0,7%. Sul versante del commercio estero le esportazioni - sulla base delle stime Unioncamere su dati ISTAT - risultano aumentate del 7% (in forte decelerazione rispetto al +13,9% registrato nel 2006) raggiungendo quota 49,5 miliardi di euro e le importazioni del 5,9%. A sostenere l’export sono stati soprattutto gli autoveicoli e i mezzi di trasporto (+30,8%), i metalli e i prodotti in metallo (+15,9%) e i macchinari industriali (+12,2%); bene anche i prodotti del legno-arredo e alimentari, mentre il sistema moda non sembra essere uscito dalle condizioni di debolezza ormai consolidatesi.. Tra i mercati di sbocco si segnalano la Germania e la Francia (+7,5% su base annua), seguite da Gran Bretagna (+9,6%) e Spagna (+5,2%); in ascesa la Russia che si piazza in sesta posizione tra i Paesi dove il Veneto colloca i propri prodotti marcando un poderoso +31,3%. L’analisi della formazione del valore aggiunto sottolinea l’incremento tanto dei servizi (+1,9%), quanto dell’agricoltura (+1,6%) e del manifatturiero (+1,4%), ma anche le costruzioni evidenziano una lievitazione anche se più contenuta (+1,1%). La produzione agricola lorda vendibile ha guadagnato oltre 10 punti percentuali (+2% in termini reali); a prezzi costanti le coltivazioni erbacee sono cresciute dell1%, quelle legnose del 3% e i prodotti di allevamento del 4%. I dati di VenetoCongiuntura individuano in un +2,7% la crescita del manifatturiero nel 2007 (+4% l’anno precedente), lo 0,6% in più rispetto al valore medio del Nordest, crescita assicurata peraltro prevalentemente dalle imprese di dimensione maggiore. Tra i servizi in evidenza i servizi avanzati alle imprese (io cui fatturato è aumentato dell’8,6%), i servizi di trasporto e logistica (+7,5%), i servizi di informatica e telecomunicazione (+3,5%). L’aumento di 2 punti percentuali dei prodotti non alimentari e dell’1,4% di quelli food danno un esito complessivo di crescita delle vendite al dettaglio pari a + 1,8%, valore che è più ascrivibile ai grandi formati distributivi (+2,6%) che ai piccoli esercizi (+0,4%), fenomeno - questo – confermato anche dall’indagine Unioncamere-REF sulla Grande Distribuzione Organizzata il cui fatturato regionale risulta rimpinguato dell’1,8%. Allineato al dato nazionale la crescita delle vendite di autoveicoli: +6,4% le nuove immatricolazioni. E il turismo? I 700 mila arrivi in più del 2007 valgono un aumento del 5,3% e i 2,2 milioni di presenze in più un +3,7% a quota 61,5 milioni. Disco verde anche per la spesa dei turisti stranieri (+8,8%) e delle strutture ricettive (+2,1%). L’apporto del settore creditizio alla crescita del terziario è stato positivo nel 2007: gli impieghi sono cresciuti del 10,5% (quasi un punto in più della media nazionale), e i depositi del 2,6% (+3% in Italia). L’intelaiatura trasportistica mantiene la propria elevata fruibilità: le percorrenze sulla rete autostradale sono salite di 3 punti percentuali, i tre scali aeroportuali del Veneto hanno registrato un aumento del 13,5% di passeggeri (12,1 milioni), ma una flessione delle merci ivi movimentate (-13,5% per 50,7 mila tonnellate). Nel 2007 la numerosità delle imprese attive si è mantenuto sostanzialmente inalterato a quota 406 mila unità circa, ma per la prima volta dal 1995 si è verificato un saldo negativo tra nuove iscrizioni (35.239 e +1,2%) e cessazioni (36.323 e +12,3%); settorialmente cala il settore manifatturiero e sale quello delle costruzioni. Infine la ricognizione sulle dinamiche del mercato del lavoro attesta come gli occupati siano cresciuti dello 0,8%. Tale risultato incorpora una contrazione del lavoro autonomo pari a 5 punti percentuali e una lievitazione del lavoro dipendente (+2,9%); l’analisi di genere indica che la componente femminile è cresciuta in misura doppia rispetto a quella maschile (+1,2% e +0,6%). Il tasso di occupazione regionale sale al 65,8% e quello di disoccupazione scende al 3,3% (4% nel 2006) e ciò grazie ad una flessione di 17 punti percentuali delle “persone in cerca di occupazione”. Le proiezione previsionali per il Veneto formulate dal Centro Studi di Unioncamere per il 2008 segnalano una decelerazione del PIL allo 0,6% come Toscana e Trentino-Alto Adige, più di FriuliVenezia Giulia (+0,8%) e Lombardia (+0,7%) e meno di Emilia-Romagna (+0,5% e Piemonte +0,3%). La variabile più tonica dell’economia veneta per il 2008 sarà la domanda estera (+4,3%) seguita dalla spesa per consumi delle famiglie (+1,1%) e dagli investimenti fissi lordi (+0,7%). Aspettative favorevoli per il mercato del lavoro: l’occupazione si estenderà dello 0,5% e il tasso di disoccupazione scenderà al 3,2%. Sotto il profilo settoriale l’industria è prevista in crescita dell’%, i servizi dello 0,6% e il primario dello 0,5%; costruzioni in calo dello 0,2%. La Fondazione Nordest nell’ultimo suo Rapporto individua nella “bassa crescita” il principale limite dell’economia dell’area nordorientale del Paese. La soglia che discrimina i tassi di crescita accettabili da quelli inadeguati è generalmente fissata al 2% e dunque continua la fase di semistagnazione iniziata nel 2001. Sembrava che la prospettiva del “declino industriale” fosse esageratamente pessimistica, che l’emergere di un gruppo di dinamiche medie imprese potesse fungere da traino dei processi di trasformazione ed adattamento del nostro sistema economico locale, che la minor consistenza della riduzione della quota italiana sull’export mondiale in valore rispetto a quella misurata in volume indicasse un recupero competitivo, ma poi lo scoppio della crisi dei mutui subprime ha di nuovo impedito il concretarsi delle possibilità di ripresa. Il fenomeno di una crescita troppo lenta non è da collegarsi alla legge dei “rendimenti marginali decrescenti” in quanto elevati tassi di crescita sono più condizionate dalla componente dell’innovazione in funzione della produttività che dal livello di prodotto pro-capite come dimostrato da quei Paesi (dalla Norvegia alla Svezia, dalla Finlandia alla Danimarca, dall’Olanda alla Gran Bretagna) in cui la produttività spinge la crescita più di quanto i livelli di sviluppo la inibiscono. Né appare possibile argomentare a partire da un disaccoppiamento tra ciclo economico del nordest e ciclo economico nazionale visti i tendenziali processi di convergenza. Più interessante è invece individuare le componenti strutturali (sia negative che positive) della timida ed esitante crescita di quest’area del Paese. I ricercatori della Fondazione Nordest Anastasia e Corò cercano efficacemente di sviscerare tipicità ed intensità dei fattori e dei meccanismi che ostruiscono i canali espansivi del sistema: • gli alti costi di rinnovamento dello stock di capitale accumulato disincentivano gli investimenti innovativi in macchinari ma anche in risorse umane qualificate; • gli apparati istituzionali svolgono prevalentemente una funzione conservativa dell’esistente; • a spingere il PIL è l’occupazione, mentre l’apporto della produttività è inferiore e il confronto con il posizionamento competitivo di altre aree europee ad elevata industrializzazione dà conto di una maggiore esposizione agli squilibri connessi ai processi di ristrutturazione industriale seguiti dall’introduzione della moneta unica e all’allargamento del quadrante europeo verso est; • il modello di distribuzione del reddito grazie alla diffusione del lavoro autonomo e all’elevata occupazione - preserva minori disparità tra gruppi sociali rispetto ad altre realtà anche se cresce la quota di chi esperimenta situazioni di insicurezza economica, piuttosto il fenomeno migratorio può portare ad una modifica di consolidati equilibri nella distribuzione del reddito; • la struttura produttiva è caratterizzata da un processo di trasformazione che vede in primo luogo la continua diminuzione delle imprese manifatturiere soprattutto dei settori moda e legno-mobilio con la eccezione del comparto alimentare (anche se il ritorno del saldo tra imprese di nuova iscrizione e imprese cessate nel settore dell’abbigliamento fa ben sperare), in secondo luogo la crescita delle imprese attive nel campo delle costruzioni, in terzo luogo l’irrobustimento delle imprese nel settore dei servizi si è accentuato: soprattutto quest’ultimo fenomeno può intercettare il bisogno dell’industria di un terziario a favore delle imprese funzionale all’innovazione competitiva (R&S, trasferimento tecnologico, consulenza organizzativa e legale, design, finanza, marketing, logistica etc) e quindi essere contestualmente l’esito e il motore della transizione da una economia materiale tradizionale ad una economia materiale della conoscenza; • l’economia veneta, storicamente vocata all’export, ha sperimentato negli ultimi anni varie fasi susseguenti all’epoca d’oro delle svalutazioni competitive: dopo un periodo di crisi i flussi esportativi sembravano avere ripreso vivacità, ma il 2007 si è rivelato deludente; tuttavia altre variabili - dall’incidenza complessiva dell’interscambio sul PIL (il 57%) alla numerosità degli esportatori con il rafforzamento delle imprese esportatrici di media dimensione in possesso delle adeguate risorse e dell’adeguato know how fino all’incremento dei flussi importativi soprattutto dall’Europa Centro-Orientale e dal Far East sia di materie prime energetiche sia di prodotti tipici dell’area indicano il permanere di una strutturale apertura ai mercati esteri. In definitiva - conclude la Fondazione Nordest - il tessuto industriale più avanzato è ormai orientato a governare filiere su raggio internazionale, anche per sfruttare i vantaggi offerti dalle economie emergenti implementando via via funzioni immateriali capaci di dirigere catene globali di valore. Siamo comunque in mezzo al guado poiché da una parte la scarsa produttività impedisce una crescita stabile e qualitativamente solida, dall’altra tali difficoltà non si trasformano in crisi acute locali o settoriali. Scongiurato il declino, le trasformazioni in corso non sembrano ancora indicare l’acquisizione di una discontinuità qualitativa decisiva del nostro sistema economico. E la nostra provincia? Anche per Vicenza il 2007 è stato un anno abbastanza positivo con un incremento medio della produzione industriale del +2,2% e con un +5,7% per le esportazioni (stima Unioncamere Veneto). Tuttavia sia la produzione industriale sia la variazione delle esportazioni, pur rimanendo in territorio positivo, nel corso dell’anno hanno visto decrescere i relativi indicatori. Il ritorno alla crescita del settore manifatturiero, e conseguentemente dell’economia, si è registrato al termine di una complessa ristrutturazione della nostra industria che appare ancora in atto. Innanzitutto il mix settoriale evidenzia una terziarizzazione dell’economia con l’esternalizzazione di servizi precedentemente trattenuti in azienda e all’interno del manifatturiero; si segnala una selezione molto importante soprattutto nei settori tradizionali del “Made in Italy”: il sistema moda e l’orafo su tutti. E’ cambiata anche la governance delle imprese con una maggiore strutturazione in termini di forma giuridica (aumentano le società di capitali) ma anche si evidenzia l’incremento delle aziende pluri-localizzate (il rapporto tra unità locali e imprese è passato da 1,16 del 2002 a 1,22 del 2007). Si è modificato anche il posizionamento sui mercati esteri e il rapporto all’interno della filiera produttiva: in entrambi i casi ci sono stati degli approcci originali con il presidio più stabile dei mercati e l’accesso in aree prima non considerate interessanti. La competitività può quindi aumentare solo attraverso l’innovazione a “tutto tondo”, non solo tecnologica, ma quest’anno i segnali non sono chiari come nel recente passato: diminuiscono le domande di brevetto per invenzione industriale (330 nel 2007 contro 343 del 2006, ma erano 270 nel 2001) mentre prosegue in modo lento ma continuo l’evoluzione della quota di export ad alto contenuto tecnologico (ora la quota è del 31,1% , era il 30,2% nel 2006 e il 27,1% nel 2003). Come detto l’innovazione tecnologica è solo uno degli aspetti che hanno reso vincente il nostro export nel 2007: il presidio dei mercati anche con la presenza di strutture in loco, il servizio al cliente di taglio sartoriale e l’utilizzo di una comunicazione più efficace (con l’utilizzo di marchi conosciuti) sono altri aspetti non meno importanti. Un dato rilevante riguarda il valore del singolo pezzo prodotto che è rapidamente cambiato nel corso degli ultimi cinque-sei anni: in effetti si registra una divaricazione netta tra le serie della produzione fisica e del fatturato che rappresenta un segnale del maggior valore aggiunto per singolo prodotto anche se l’effetto dell’aumento dei prezzi alla produzione ha certamente contribuito a questo andamento. Lo scenario internazionale non è comunque in generale incoraggiante, ma la metamorfosi del nostro sistema economico dovuta all’ingresso di competitori aggressivi e in un contesto di euro forte, sta selezionato le nostre imprese promovendo solo le più competitive e quelle in grado di concorrere nel mercato globale. In questa situazione di difficile lettura, dopo quasi un lustro di previsioni di crescita in linea se non sotto al di sotto della media nazionale, Prometeia, assieme a Unioncamere, prevede per Vicenza una crescita del PIL provinciale nel triennio 2008-2011 pari all’1,7% contro l’1,3% italiano (dati di primavera 2008). Tale previsione potrebbe essere rafforzata se ci sarà una conferma delle capacità di penetrazione nei mercati esteri e conseguentemente una crescita dell’intero sistema economico, dell’occupazione (+2% la previsione per il prossimo triennio) e quindi del benessere tuttavia prevale un pessimismo da parte degli operatori. Vi sono poi dei fattori di competitività che non dipendono dalle imprese ma che sono necessarie per lo sviluppo: il rapporto con la pubblica amministrazione, le infrastrutture, la protezione contro le contraffazioni … E’ importante segnalare l’iniziativa legislativa riguardante “l’impresa in un giorno” con la quale sfruttando i collegamenti alle varie piattaforme informatiche, con una sola domanda alla Camera di Commercio si adempie a più obblighi con una semplificazione notevole in fase di start-up. ---------------------------------------------------------------Proprio nel momento in cui queste note sono consegnate alla stampa è in atto su scala globale la drammatica crisi finanziaria con pesantissimi cedimenti degli indici borsistici mondiali. Si sono intrecciati tre shock: la crisi dei mutui subprime con la conseguente restrizione monetaria e creditiza, la bolla dei beni energetici ed alimentari e il crollo delle borse. Ne è derivata una recessione su scala globale che attende soluzioni globali non limitate al miglioramento delle condizioni patrimoniali degli intermediari, ma individuando misure condivise di portata generale aggredendo e rimuovendo le cause vere della crisi. A seguito di tale situazione - in parte inaspettata - gli istituti di ricerca hanno rivisto al ribasso le loro proiezioni previsionali. In particolare il Fondo monetario Internazionale (FMI) ha sottolineato come le prefigurazioni sulla crescita globale debbono essere drasticamente revisionate al ribasso. E’ impensabile infatti che l’economia reale non subisca pesanti contraccolpi dalla devastazione della finanza. Il FMI ha stimato dunque che le potenziali perdite del complesso creditizio-finanziario possa attestarsi a quota 1.400 miliardi di dollari ovvero 1.000 miliardi di euro. I tagli dei tassi coordinati da parte delle Banche centrali rappresentano risposte corrette all’incalzare della crisi, anche se probabilmente sono necessari altri interventi a livello di politiche per il settore finanziario. In ogni caso lo scenario più pessimista vede le economie dei Paesi industriali avvitati nella spirale della stagnazione della recessione. Ci troviamo di fronte alla più grave crisi dagli anni Trenta - sostiene il FMI - anche se il mondo con ogni probabilità non precipiterà in un’altra Grande Depressione in quanto i potenti meccanismi di politica macroeconomica e finanziaria dovrebbero anatgonizzarla. Se Stati Uniti ed Europa riusciranno a stabilizzare le condizioni finanziarie globali, la crescita mondiale passerà dal 5% del 2007 al 3,9% nel 2008 e al 3% nel 2009. In ogni caso il rischio di un “pericoloso circolo vizioso tra calo delle attività e difficoltà del settore finanziario” è sempre vivo e potrà essere evitato unicamente adottando “risposte sistemiche coerenti e attivando politiche monetarie e fiscali idonee a sostenere la crescita”. Tutti i Paesi del G7 avranno una crescita zero nel 2009 e cominceranno ad essere colpiti anche i Paesi emergenti anche se il tasso di incremento del PIL cinese e indiano sarà rispettivamente del 9% e del 7%. Queste in dettaglio le stime di crescita: Mondo: 3,0% (3,8% le previsioni FMI precedenti la crisi), USA: 0,1% (0,6%), Italia: -0,2% (0,3%), Gran Bretagna: -0,1% (1,6%), Germania: 0% (1,0%), Francia: 0,2% (1,3%). Germania: -1%, Russia: -1,8%, Giappone: -1%, India: -1,1% e Cina: -0,5%.