hapycentro INCONTRI Tocatì 1: Marc Augé a Verona di Andrea Benasi Da quando il suo fortunatissimo libello Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità è circolato di mano in mano, o forse anche solo di bocca in bocca - certi testi hanno l’avventura di diventare notissimi a prescindere dal fatto che siano letti o meno -, l’antropologo francese Marc Augè, direttore della École des hautes études en science sociales e autore di numerosissimi saggi, è diventato una star nel magico mondo della cultura dello spazio, di cui gli architetti sono i principali interpreti. Citata più o meno a sproposito da chi voglia farsi intendere à la page, la riflessione antropologica di Augé contende alla sociologia il primato della divagazione dallo specifico disciplinare, perfetta via di fuga in un’epoca povera di sistemi teorici vastamente condivisi. In occasione della ottava edizione del Tocatì, il Festival Internazionale dei Giochi in Strada che anche quest’anno, con un successo crescente, ha gioiosamente invaso il centro storico di Verona, il architettiverona 86 97 foto: isabella fabris odeon 98 Palazzo della Ragione ha ospitato un affollato incontro con lo studioso, intitolato “Trasformazione urbana e luoghi di gioco: la memoria e il presente”. Dopo i saluti di Arnaldo Toffali in rappresentanza degli architetti veronesi e l’introduzione di Chiara Stella, insegnante e psicoterapeuta dell’infanzia, ha condotto il dialogo Nicola Gasperini dell’Associazione Giochi Antichi, architetto e scenografo del Festival. Il filo conduttore dell’incontro può essere ricondotto a tre elementi principali: il gioco, il tempo e lo spazio. Augé, definitosi figlio della città (Parigi) e della guerra, ha esordito presentando i ricordi della sua infanzia, e con perizia ha dipinto piccoli acquerelli dei momenti e dei luoghi della Parigi bellica a lui più vicini. I giochi sociali del periodo, descritti con minuziosa e coinvolgente partecipazione, sono stati riletti come momento di responsabilizzazione, al di fuori della famiglia e della scuola, quindi gli stessi spazi del gioco, ultimamente diventati fonti di dibattito culturale e sociale, divengono rilevatori e allo stesso tempo motivo del cambiamento delle relazioni sociali. Assistiamo oggi, secondo Augé, ad un architettiverona 86 triplo decentramento. Il primo è quello della città che, con il proliferare di aeroporti, stazioni ed altri mezzi di trasporto, si apre maggiormente e più rapidamente al mondo: questo comporta un progressivo distacco dello spazio nei confronti del gioco di cui un tempo era esso stesso parte. Il gioco diviene, infine, non più un mezzo di appropriazione dello spazio, ma al contrario un rito senza luogo (esempio evidente, il gioco del calcio). Il secondo tipo di decentramento riguarda la casa, che vede la trasformazione del suo centro, un tempo costituito dal focolare e dalla soglia che stabiliva la relazione tra interno ed esterno, ora sostituiti dalla televisione e da internet. Il terzo modello di decentramento vede come soggetto l’individuo stesso, a causa dell’enorme ampliamento della possibilità e rapidità di comunicazione. I temi più importanti che la società contemporanea si trova ad affrontare sono legati alla gestione degli spazi. Quelli centrali, storici che tendono a diventare la rappresentazione di luoghi di cui hanno perso parte della natura stessa (intendendo per luogo una costruzione concreta e simbolica che assolve alla funzione identitaria, a quella relazionale, a quella storica, ed offre inoltre a chi lo abita un principio di senso e a chi lo osserva l’intelligibilità): ne è un chiaro sintomo la tendenza dei centri storici ad essere visitati da turisti e non più frequentati dagli abitanti stessi. Allo stesso tempo gli spazi periferici, che vanno rivisti in funzione dell’attività svolta e della distribuzione delle infrastrutture. In quest’ottica gli spazi pubblici non dovrebbero essere solo elementi di passaggio ma, al contrario, dovrebbero diventare spazi per il gioco, espressioni artistiche quindi per le ormai evanescenti e peraltro forse temute relazioni sociali. Per quanto riguarda in particolare il gioco, questo deve poter utilizzare spazi in parte organizzati e in parte legati alla spontaneità: il problema che si pone principalmente diviene ora capire come possiamo lasciare aree aperte alla spontaneità. Mentre l’incontro va a concludersi tra i ringraziamenti di rito, si introduce timidamente, aprendo con fatica la porta dell’auditorium un bambino, solo, che incuriosito osserva le persone sedute nella sala. Prosegue poi con il suo incedere incerto per soffermarsi stupito davanti ad un altoparlante: lo scruta con una certa diffidenza girandogli intorno, infine, con aria vagamente annoiata, se ne va. n