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GIANNI GRANA
LE A VANGUARDIE LETTERARIE.
CULTURA E POLITICA SCIENZA E ARTE
DALLA SCAPIGLIATURA ALLA
NEO-AVANGUARDIA ATTRAVERSO IL FASCISMO
Milano: Marzorati, 1986. Vol. I, 762 pp. Vol. II, 864 pp. Vol. III, 914 pp.
Intraprendere un viaggio critico nei territori delle avanguardie significa innanzitutto essere preparati ad affrontare una molteplicità di rischi e di pericoli dai
quali raramente si esce senza danni. Gianni Grana, in tre grossi volumi,
guidato da una bussola decisamente illuministica, non solo riesce — mi si
permetta di rimanere in metafora — a superare abilmente una infinità di
scogli, ma a perlustrare con perizia e con conoscenza effettivamente enciclopedica i vastissimi orizzonti delle avanguardie.
La ricerca è, prima di tutto, animata dall'urgenza di sospendere giudizi di
ordine ideologico e metodologico, di abbandonare certe sistemazioni critiche
ormai logore (spesso riproposte solo meccanicamente o con dogmatica cecità)
in modo da poter ricostruire il complesso disegno di movimenti assai disparati
che, senza dubbio, costituiscono da oltre un secolo il centro della ricerca
artistica e letteraria. Costantemente teso a salvaguardare un rapporto dialettico con i materiali storico-culturali presi in esame, fiducioso nelle capacità
della ragione di elevarsi al di sopra di schemi critici aprioristici o di pregiudizi
epocali, Grana ripercorre le varie tappe e gli innumerevoli spostamenti dell'avanguardia — dai primi risultati pre-avanguardistici della seconda metà
dell'Ottocento agli esiti esplosivi della Neoavanguardia negli anni '60 —
consegnandoci un'opera che nella sua organicità e pluralità di prospettive,
rappresenta indubbiamente, un contributo abbastanza unico in un campo
molto frequentato.
Nel primo volume l'autore dà avvio alla sua indagine tracciando i percorsi della scienza e della filosofia tra '800 e '900 in vista di un inserimento
dell'avanguardia nel contesto dei rivolgimenti epistemologici che hanno
contrassegnato i due secoli in questione. A tale quadro introduttivo, si affianca
un ampio ed utilissimo discorso metodologico relativo al concetto-etichetta di
"Decadentismo" subito definito, giustamente, una "macroscopica 'invenzione' acritica." Nel passare al setaccio le posizioni assunte a tale riguardo
dalle varie storiografie critiche (critica crociana, storicistica in particolare),
Grana prende scrupolosamente in rassegna lavori come quelli di Croce, Flora,
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Russo, Binni, Salinari...e tramite una lunga serie di intelligenti argomentazioni
perviene alla conclusione che il termine "Decadentismo" si rivela in ultima
analisi una "generica partizione storica," un "calderone" in cui non è possibile
far confluire esperienze artistiche spesso radicalmente distanti tra di esse.
A favore, quindi, di sistemazioni più utili, rigorose ed organiche, l'autore
dedica una densa sezione alla Scapigliatura lombarda riservando interi capitoli a Praga, Rovani, Tarchetti e Dossi. Nel raffrontare poi le poetiche del
Simbolismo europeo, Grana non solo fornisce un quadro in cui sono abilmente tratteggiati anche aspetti extraletterari — l'esperienza pittorica in particolare — ma prende in esame una serie straordinaria di lavori critici dedicati a
tale argomento e riesce a dirigere un discorso assai proficuo verso l'area
simbolista italiana. Due sezioni molto nutrite sono infatti dedicate a Pascoli e
a D'Annunzio. Senza priviligiare nessuna direzione critica particolare, Grana
esamina i due autori da un'ottica assai multiforme che da un lato gli permette
una loro collocazione nel preciso contesto artistico del Simbolismo fin-desiècle, svincolandoli di conseguenza da una poetica troppo chiusa all'interno
di ristretti confini nazionalistici, e dall'altro, tramite una lettura che ora si
spinge sul versante ideologico, ora su quello linguistico, psicologico o estetico,
riesce a fornire una radiografia critica abbastanza totalizzante.
Se per D'Annunzio, Grana si impegna a mettere in particolare rilievo i
tratti del suo estetismo, i rapporti con Wagner e con Nietzsche, per Pascoli, egli
rifiuta ogni letture di tipo unidimensionale (Pascoli dell'idillio, dell'ideologia
piccolo-borghese, del realismo oggettuale, della regressione...) a favore di una
interpretazione più lata che, facendo leva allo stesso tempo sulle innovazioni
linguistiche e sugli spostamenti culturali e creativi del poeta, si adopera a
proiettarlo verso i nuovi territori dell'arte del Novecento e a sollevarlo,
giustamente, dalle radici naturalistico-ottocentesche in cui spesso è stato
immobilizzato.
A segnare un ulteriore momento di transizione verso l'area dell'avanguardia è Gian Pietro Lucini la cui ricerca del nuovo raggiunge esiti straordinariamente personali. All'autore delle Rivolverate, Grana dedica una sezione
in cui esplora la sua energica sperimentazione ed i suoi contatti con il Simbolismo e con il Futurismo. Questa sezione non solo risponde ad una giusta
inquadratura storica delle avanguardie, ma sottolinea gli interessi critici verso
un autore che, a parte una parentesi rivalutativa negli anni '60 — si pensi
soprattutto ai lavori di Sanguined —, è stato costantemente tenuto in oblio.
Anche se Grana sotto molti aspetti cerca di sbiadire i tratti anarchicorivoluzionari dell'arte di Lucini, mettendo in risalto i suoi limiti ideologici di
intellettuale borghese e inserendolo, quindi, in una linea di cauto riformismo,
conclude che con la sua "capacità d'invenzione poetica" l'autore sicuramente
travalica i limiti di idee e di tematiche ottocentesche.
Particolarmente ricca di nuovi fermenti si configura la seconda parte del
volume in cui Grana offre un utilissimo compendio critico delle varie teorie
sull'arte dell'avanguardia (da Poggioli a Enzensberger, da Brandi a Rosenberg, a Sanguineti e Guglielmi...) prima di affrontare la rivoluzione futurista in
una lunga e "robusta" sezione. A parte un'accurata ricostruzione culturale e
ideologica degli inizi del secolo (analisi di intellettuali come Prezzolini, Papini,
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Corradini; inquadratura delle attività di riviste come Lacerba, Leonardo, La
Voce; gli influssi in Italia del pensiero di Nietzsche e di Sorel...), Grana ci
fornisce un ampio quadro a carattere interdisciplinare del Futurismo di cui
esamina, tra l'altro, i risvolti politici, i miti, le poetiche, i rapporti con il
Crepuscolarismo, con il Dadaismo, con il Surrealismo e con l'omonimo
movimento russo.
Alcuni aspetti del Futurismo sono poi ripresi nel secondo volume in cui
sono analizzati in modo particolare i rapporti con il Fascismo. Infatti, in
questo volume l'autore si impegna a tracciare un movimentato panorama
storico-culturale del Fascismo (genesi, modelli ideologici, Mussolini e la sua
ascesa al potere, i rapporti con D'Annunzio e Prezzolini, stato fascista e
Chiesa, Fascismo come espressione del capitalismo) ripercorrendo con necessaria distanza critica varie intepretazioni storiche, da quelle avanzate dalla
sinistra a quelle più recenti proposte da De Felice. Su tale sfondo storico,
Grana colloca le molteplici esperienze artistiche e letterarie che si sono succedute durante tutto l'arco del regime fascista e ci consegna non solo un'attenta
sistemazione estetica dei numerosi movimenti (dal Dadaismo al Surrealismo,
dall'arte metafisica al realismo magico...), ma si impegna con straordinaria
lucidità e con profonda conoscenza della materia a scovare nessi e
interdipendenze.
Tramite una lunga serie di argomentazioni costantemente accompagnate
da puntuali rimandi ai testi, ai manifesti ed alle arti figurative, Grana riesce a
riequilibrare le sorti dei movimenti italiani nei confronti delle esperienze
europee. Infatti, gli influssi — così spesso sottovalutati o addirittura dimenticati da non pochi interpreti — esercitati soprattutto sul Surrealismo francese
da parte del Futurismo e della pittura metafisica sono rilevati con forza e con
cognizione di causa. Spesso viziati da condionamenti assai pesanti di ordine
politico-ideologico, molti sono, infatti, i lavori critici che hanno costantemente
messo in ombra le marcate anticipazioni del Futurismo rispetto alle altre
avanguardie storiche.
Senza limitarsi esclusivamente a queste ultime, Grana rivolge la propria
attenzione anche all'orfismo (Campana in particolare) e alle pratiche dell'analogismo a livello europeo per poi soffermarsi sulla produzione poetica di
autori che vanno da Ungaretti a Montale, da Quasimodo a Gatto, a Sereni e
Luzi. Rifiutando con risolutezza di sistemare indistintamente la poesia di tali
poeti nell'ambito di una categoria critica eccessivamente elastica come "Ermetismo," Grana punta da un lato sulla specificità delle singole personalità e
dall'altro su un loro inserimento nel più ampio contesto europeo. Chiude il
secondo volume un'interessante sezione dedicata al genere del fantastico in cui
si dà particolarmente rilievo ad una lettura in chiave "fantastica" dell'opera di
Pirandello insieme ai suoi rapporti con l'avanguardia.
L'ultimo volume si apre con un esame attento e particolareggiato della
scienza del '900 ad iniziare dalla fisica (teoria dei quanta della fisica nucleare,
teoria della relatività...) e non poche sono le pagine riservate ai grandi protagonisti, da Planck a Einstein, da Heisenberg a Bohr...Impegnato a sondare i
rapporti tra scienza e nuove premesse epistemologiche, tra nuove concezioni
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dell'universo e l'emergere di una nuova immagine dell'uomo, Grana dilata
l'ottica della propria indagine spingendosi verso una pluralità di problematiche sollevate da diversi campi e discipline: dalle scienze biologiche (determinismo genetico di Monod in particolare) alle interpretazioni filosofiche della
scienza proposte da Popper a Bachelard, senza escludere, tra l'altro, il pensiero
di Dilthey, Piaget e Foucault. Una sezione a sé stante e riservata al materialismo dialettico con una serie di capitoli dedicati a Lenin, Gramsci, Goldman,
Lukàcs...seguita da un'altra in cui si esaminano gli apporti epistemologici
della psicologia (Freud j u n g , Lacan, ed una terza imperniata sulle scienze
sociali/umane (Scuola di Francoforte, antropologia strutturale, cibernetica, linguistica strutturale, semiotica...).
Con davanti a sé un quadro cosi ambizioso tanto da toccare un po'
tutti i rami dello scibile del '900, Grana si appresta a tracciare continue
relazioni tra il discorso delle scienze e il discorso dell'arte. I numerosi
rivolgimenti dei modelli artistico-letterari sono riattraversati riprendendo
le fila dal linguaggio barocco ed effettuando perlustrazioni nell'area
romantica fino alla sperimentazione neoavanguardistica degli anni '60.I
vari movimenti del secondo '900, dal Neorealismo al Neosperimentalismo
al Gruppo '63, sono studiati in varie sezioni molto nutrite dando particolare rilievo a Gadda, a Vittorini e alle vicende del Politecnico, a Pasolini e al
gruppo di Officina, alla poesia visiva e ai Novissimi. A parte certe considerazioni nei confronti di alcuni scrittori e teorici delle ultime generazioni che
non sempre ci trovano consenzienti, anche in quest'ultima parte dell'opera
Grana mette abilmente a fuoco i numerosissimi percorsi, spesso veramente
labirintici, intrapresi da quella letteratura che con le sue continue trasgressioni e mai paga di sé, caparbiamente si ostina a rifiutare qualsiasi approdo
ultimo e definitivo.
In conclusione, questi tre volumi, tra l'altro elegantemente corredati di
numerosissime riproduzioni di dipinti, sculture e fotografie storiche del nostro
secolo, rappresentano indubbiamente un riferimento d'obbligo per lo specialista e una guida preziosa per lo studente che ha desiderio di avvicinarsi con
serietà alle avanguardie letterarie e di porsi cosi nel centro intorno al quale
ruotano tutte le grandi problematiche dell'arte del Novecento.
JOHN PICCHIONE
York University,
North York, Ontario
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