Forma e processo Le forme fluttuanti dell

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Forma e processo Le forme fluttuanti dell’interfaccia
Un webpercorso di Giuseppe Davì per il seminario batesoniano di giugno 2007 “Forma e
processo”
Da ‘Tracce per una riformulazione del concetto di arte interattiva’ di Tommaso Tozzi 1997
Le forme fluttuanti dell’interfaccia
I sensi sono non solo l’interfaccia con il mondo (valvole tra noi e gli altri), ma sono allo
stesso tempo un legame.
I sensi stringono relazioni con il mondo in modo tale da creare connessioni. In particolare
con le nuove forme di comunicazione le percezioni sono in grado di ampliarsi, moltiplicarsi
e differenziarsi non solo per raccogliere o emettere informazioni, ma per creare una rete
intricata e complessa di legami che rendono noi e il mondo un unico organismo complesso.
Un organismo composto di eterogeneità più che di unità. Allo stesso modo l’ interfaccia non
va intesa come un semplice filtro di traduzione tra entità diverse, ma è il nodo che li tiene
uniti rendendoli l’uno dipendente dall’altro, secondo forze maggiori o minori, in relazione
ai molteplici altri nodi, che ciascuna entità mette sincronicamente in atto con numerose
altre, ognuna delle quali in grado di influire sulla forza delle altre. L interfaccia (e la
comunicazione) non è un semplice filtro di traduzione e attribuzione di senso e decodifica,
ma è contemporaneamente uno stretto legame di coevoluzione tra gli enti relazionati.
L’interfaccia si configura dunque come una forma fluttuante. Fare un software che prevede
la cooperazione tra utente e macchina è estremamente complesso a causa delle logiche
stesse di programmazione e costruzione dell’ hardware fino ad ora adottate. E’ necessaria
dunque una riformulazione di tali linguaggi e di tali modelli progettuali, che renda possibile
creare interfacce cooperative in modo semplice e veloce. Le reti neurali potrebbero
muoversi in tale direzione. Un passo necessario ma non sufficiente. Per il momento si tratta
di comprendere che l’interfaccia e i programmi non sono qualcosa di esclusivamente
meccanico e matematico, ma devono includere altre discipline: la psicologia, la sociologia,
l’etologia, la biologia, l’etica, ... ma soprattutto devono essere integrate per un uso
personalizzato e relazionato con le situazioni contingenti cui sono finalizzate. Come un libro
in una biblioteca è una forma di sapere in quanto non separato dagli individui e dallo stesso
autore, allo stesso modo ogni software e ogni computer non può essere progettato
separatamente dall’autore e dall’ utente. Non si può pensare a software creati in scala per
un unica tipologia di uso. Ogni interfaccia deve essere relativa alla situazione per cui viene
creata e dunque l’ interfaccia deve nascere dal dialogo tra programmatore/i e utente/i e
tale rapporto non deve mai venire meno, al punto che l’ utente possa essere in grado di
essere programmatore esso stesso e dunque capace di riprogrammare l’ interfaccia e
viceversa. L interfaccia deve essere fluttuante, ovvero in grado di evolvere nel tempo e in
base alle relazioni e al dialogo con gli utenti. Un esempio potrebbe essere il processo di
mutazione che l’utente di un blog o di un sito mette in atto intervenendo nel programma
htm. In modo semplice saranno trasformati colori, caratteri e impostazioni utili per
ottenere effetti differenziati. Accettare un identità significa conferire validità a un metodo
specifico di classificazione dell’ essere. Significa accettare che la propria determinazione
sociale e ogni sua possibile mutazione possono situarsi solo all’ interno del codice di
classificazione accettato. La nostra vita è complessa, al punto da richiedere identità
molteplici ovvero sovrapposizioni continue di un numero indefinito di codici e metodi di
classificazione della medesima. Processi diversificati in grado di ricodificarsi
continuamente. Una legge che imponga alla vita un’ unica chiave di lettura è inaccettabile .
L’ identità unica dell’ individuo è la conseguenza del paradigma scientifico e meccanico di
classificazione del sapere. Attualmente viviamo in una società di relazioni complesse basate
sulla dinamica dei rapporti. Il digitale, ultima uscita della meccanica è costretto a
dialogare, confrontarsi e interagire con l’ analogico, garantendo nel fare questo le qualità
indeterminate dell’essere.
Webibliografia
Sei biotracce di forme sistemiche in cerca di processo e un corollario
Fritjof Capra
(Vienna, 1° febbraio 1939) è un fisico teorico, economista e scrittore. Si è occupato anche
di sviluppo sostenibile, ecologia e teoria della complessità. La sua notorietà è dovuta
soprattutto al bestseller "Il Tao della Fisica" (1975). Una nuova visione della natura e della
scienza“(...) L’uomo non tesse la trama della vita; in essa egli è soltanto un filo. Qualsiasi
cosa fa alla trama, l’uomo la fa a se stesso.” Da “La rete della vita”
Jacques Loeb
(Mayen presso Coblenza, 7. Aprile 1859 ; Hamilton presso le isole Bermuda, 11. Febbraio
1924 )
Sul comportamento degli animali
Gli animali eliotropici – positivamente, se la luce provoca un aumento, negativamente, se la
luce provoca una diminuzione della tensione dei muscoli – non sono altro che macchine
fotometriche. […] Molti animali sono costretti ad assumere un certo orientamento in
rapporto a certe direttrici d’azione, per esempio quella della luce, d’una corrente elettrica,
della gravità o della concentrazione di sostanze chimiche. Poiché questo orientamento è
regolato dalla legge d’azione della massa, è possibile l’estensione di tale legge a tutte le
reazioni fisico-chimiche analoghe. J. Loeb, La conception mécanique de la vie, Parigi, 1912,
p. 51)
Pietro Omodeo
(Cefalù, 1919)
Pone le basi teoriche della biologia evoluzionistica
Lavora al Dipartimento di biologia Evolutiva, Università di Siena.
Le scienze naturali in genere e la biologia in particolare, si sono sviluppate attraverso il
consueto schema della osservazione, descrizione, generalizzazione e formulazione di
principi. Quando possibile i principi vengono posti in forma matematica, come nel caso dei
processi fisiologici di animali e piante, o, meno spesso, nel caso di comportamenti semplici
o complessi. In altri settori della biologia ciò che appare avere grande rilievo è invece il
concatenamento di principi vari, di assunti e di ipotesi di lavoro in teorie che abbracciano
problematiche molto vaste. Un caso particolare è quello della teoria dell’evoluzione dei
viventi. Detta teoria si articola su quattro proposizioni, formulate in vario modo in origine,
ed oggi controllate in sede sperimentale in modo ineccepibile. La documentazione
sperimentale, ovviamente, non esaurisce la ricerca, anzi l’orienta in modo urgente in due
diverse direzioni: alla ricerca del modo di operare delle diverse categorie degli agenti
selettori, nonché al modo in cui si articola la mutagenesi. E’ questo il campo in cui gli studi
sono più carenti. E’ anche urgente mettere ordine nello studio della ‘evoluzione per
complessificazione’, di solito chiamata ‘macroevoluzione’, campo che è stato trascurato da
molto tempo mentre sono stati favoriti gli studi sulla mutagenesi.
Clinton Richard Dawkins
(Nairobi, 26 marzo 1941)
Dawkins è noto in particolare per la sua opera di divulgazione della sua visione
dell'evoluzione basata sulla nozione dell'"egoismo del gene", esposta nella sua opera più
nota, Il gene egoista. La visione di Dawkins mantiene un impianto complessivo evoluzionista
ma identifica nel gene, anziché nella specie, il soggetto principale della selezione naturale
che conduce il processo evolutivo. Dawkins, infatti, afferma che: "L'unità fondamentale
della selezione, e quindi dell'egoismo, non è né la specie né il gruppo e neppure, in senso
stretto l'individuo, ma il gene, l'unità dell'eriditarietà." (Da Il gene egoista cap. 1 "Perché
esiste la gente?" pg. 13-14, di Richard Dawkins, ed.Mondadori Classici) Aggiunge inoltre:
"Hanno sbagliato tutto [si riferisce a studiosi all'opinione di scienziati a lui precedenti](...)
Sono partiti dal presupposto che la cosa più importante dell'evoluzione fosse il bene della
specie(o del gruppo) invece che il bene dell'individuo (o del gene)." (Da Il gene egoista cap.1
"Perché esiste la gente?" pg. 4) Sottolinea, infine, che questa interpretazione non deve
intendersi come un mutamento radicale rispetto all'evoluzionismo classico, ma piuttosto
come uno strumento intellettuale che facilita la comprensione e la visualizzazione dei
processi evolutivi.
Pierre Lévy
(Tunisia ,1956)
Pierre Lévy è un filosofo che studia l'impatto di Internet sulla società. Allievo di Michel
Serres e Cornelius Castoriadis alla Sorbona, specializzatosi a Montreal, studioso delle
implicazioni culturali dell'informatizzazione, del mondo degli ipertesti, e degli effetti della
globalizzazione, insegna presso il dipartimento Hypermédias dell'Università di Parigi VIII
Saint Denis.
Pierre Lévy si interessa di computer e Internet, come strumenti per aumentare le capacità
di cooperazione non solo della specie umana nel suo insieme, ma anche quelle di collettività
come associazioni, imprese, gruppi locali. Egli sostiene che il fine più elevato di Internet è
l'intelligenza collettiva, un concetto già introdotto da filosofi del passato e così definito in
un'intervista: "Che cos'è l'intelligenza collettiva? In primo luogo bisogna riconoscere che
l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza, distribuita
dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto
mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il
tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra,
scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, è
questa in fondo l'intelligenza collettiva."
Roger Penrose
(Colchester ,Gran Bretagna 8 agosto 1931)
La realtà è una cospirazione creata dall'illusione dei sensi.
Roger Penrose è un matematico e fisico inglese, molto stimato per il suo lavoro nel campo
della fisica matematica, in particolare per i suoi contributi alla cosmologia. Egli si occupa
inoltre di giochi matematici ed è un controverso filosofo.
E’ famoso per l'invenzione avvenuta nel 1974 della tassellatura di Penrose, che è formata da
due tasselli che possono ricoprire un piano solo aperiodicamente. Nel 1984, si sono ritrovati
schemi simili nella disposizione degli atomi nei quasicristalli (particolare forma di solido nel
quale gli atomi sono disposti in una struttura deterministica ma non ripetitiva).
Ha scritto libri come La mente nuova dell'imperatore e Ombre della mente nei quali osserva
che le leggi della fisica conosciute non costituiscono un sistema completo e che
l'intelligenza artificiale non potrà mai eguagliare l'intelligenza dell'uomo. In questi libri, egli
dimostra simili intuizioni basandosi sulla scoperta che l'uomo può fare cose oltre la potenza
della logica formale, come sapere la verità di asserzioni non dimostrabili.
É inoltre autore del libro La strada che porta alla realtà, sintesi dello stato della fisica
teorica moderna. Egli sostiene che l'essere umano può prendere per vere cose che sono false
e che quindi il processo della comprensione non è limitato dai metodi matematici della
logica formale. Inoltre, anche i programmi di intelligenza artificiale possono concludere che
affermazioni false sono vere; questa non è quindi una caratteristica esclusiva dell'essere
umano.
Ha elaborato una teoria della consapevolezza umana dove viene ipotizzato che questa
potrebbe essere il risultato di fenomeni quantistici ancora ignoti che avrebbero luogo nei
microtubuli (bastoncelli cavi di varia lunghezza, importanti per determinare la forma
complessiva della cellula) e che rientrerebbero in una nuova teoria capace di unificare la
teoria della relatività di Einstein con la meccanica quantistica.
Corollario
L’evoluzione a quattro dimensioni
Eva Jablonka e Marion Lamb
UTET
Il modo di concepire l'ereditarietà e l'evoluzione sta attraversando una fase di rivoluzionario
cambiamento. Le nuove scoperte della biologia molecolare mettono in discussione, infatti,
la versione "genocentrica" della teoria darwiniana, secondo cui l'adattamento ha luogo
esclusivamente tramite la selezione naturale di variazioni casuali del DNA. In questo testo,
Eva Jablonka e Marion Lamb sostengono, invece che l'ereditarietà non ha a che vedere
soltanto con i geni e tracciano quattro "dimensioni" dell'evoluzione, quattro sistemi ereditari
che in essa giocano una parte: quello genetico, quello epigenetico (trasmissione cellulare
dei tratti esente da mutazioni del DNA), quello comportamentale e quello simbolico
(trasmissione tramite il linguaggio o altre analoghe forme di comunicazione). Ciascuno di
essi, secondo le autrici, è in grado di fornire variazioni su cui può agire la selezione
naturale.
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