Lez 1 Dawkins

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II° Seminario di approfondimento su
« scienza e teologia
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« Lo sviluppo dell’idea di natura
fra scienze, filosofia e teologia
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L’idea di natura in Dawkins: tra scienza e religione
Paolo Vidali
Chi è Dawkins
Richard Dawkins è nato a Nairobi, in Kenya, il 26 marzo 1941, da una famiglia inglese.
Il padre si era trasferito in Africa durantela II guerra mondiale per servire nelle forze
alleate.
Nel 1949 la famiglia Dawkins tornò in Inghilterra.
Dawkins ha studiato all'Università di Oxford, laureandosi nel 1962 e svolgendo poi il
dottorato di ricerca insieme all'etologo olandese Niko Tinbergen.
Trasferitosi negli Stati Uniti, dal 1967 al 1969 è stato assistente nella facoltà di
zoologia all'Università di Berkeley (California). Nel 1970 è divenuto professore
universitario (lecturer) di zoologia all'Università di Oxford.
La sua prima opera di divulgazione scientifica fu Il gene egoista (The selfish gene,
pubblicato nel 1976 e in seguito rivisto e aggiornato nel 1989). Il suo grande successo
nel settore della divulgazione dei temi della teoria dell'evoluzione lo ha condotto, nel
1995, a diventare titolare della prima cattedra di Public Understanding of Science a
Oxford. Dal 1997 divenne anche membro della Royal Society of Literature.
Richard Dawkins è fra i sostenitori del Progetto Grandi Scimmie Antropomorfe, che
mira a estendere ai grandi primati antropomorfi i principali diritti dell'uomo.
Il gene egoista (The Selfish Gene, 1976-1989), Mondadori
Il fenotipo esteso (The Extended Phenotype, 1982), Zanichelli
L'orologiaio cieco (The Blind Watchmaker, 1986), Mondadori
Il Fiume della Vita (River Out of Eden, 1995), Sansoni
Alla conquista del monte improbabile (Climbing Mount Improbable, 1996), Mondadori
L'arcobaleno della vita (Unweaving the Rainbow, 1998), Mondadori
Il cappellano del Diavolo (A Devil’s Chaplain, 2003), Raffaello Cortina Editore
Il racconto dell'antenato. La grande storia dell'evoluzione (The Ancestor's Tale: A
Pilgrimage to the Dawn of Evolution, 2004), Mondadori
L'illusione di Dio (The God Delusion, 2006), Mondadori
LE CONDIZIONI PER PENSARE A FONDO L’EVOLUZIONE
Le ragione delle nostre resistenze nei confronti dell’evoluzione sono:
- Il tempo Orologiaio cieco p. 67-9 (1/1)
- La probabilità confusa con il caso (Orologiaio cieco 69 (1/2))
- Il grande credito che ha la selezione di gruppo, perché è in linea con i nostri ideali
morali: ci comportiamo come egoisti individualmente ma ammiriamo l’altruismo nel e
del gruppo (Gene egoista 11)
- Vediamo finalità ovunque (Natura 1(1/3))
“La finalità è radicata nella nostra visione del mondo: di fronte a qualunque cosa ci è
difficile non chiederci a quale scopo è stata fatta, quale potrebbe essere la ragione o il
fine che vi si cela. La tendenza a vedere un fine in ogni cosa è naturale in un animale
che vive circondato da macchine, opere d'arte, strumenti e altri manufatti; un animale
per di più, i cui pensieri, per lo meno da sveglio, sono dominati da scopi, obiettivi e
programmi.
Benchè di fronte a un'automobile, a un apriscatole, a un cavatappi o a un forcone sia
legittimo chiedersi a che cosa serva, il semplice fatto di poter formulare una domanda
non significa che essa sia legittima o sensata. Vi sono molte cose per le quali si può
chiedere “che temperatura ha?” oppure “di che colore è?”, ma non si può chiedere la
temperatura o il colore, per esempio, della gelosia o della preghiera. Analogamente è
giusto chiedersi “a che scopo?” a proposito dei parafanghi di una bicicletta o della diga
di Kariba; ma non si deve credere che la stessa domanda abbia senso quando la si
ponga a proposito di un masso, di una disgrazia, del monte Everest o dell'universo.
Certe domande sono semplicemente assurde, per quanto benintenzionato sia chi le
formula. ”
LE TESI
Il gene egoista
La visione di Dawkins mantiene un impianto complessivo evoluzionista ma identifica
nel gene, anziché nell'organismo individuale, il soggetto principale della
selezione naturale che conduce il processo evolutivo. Dawkins, infatti, afferma che:
"L'unità fondamentale della selezione, e quindi dell'egoismo, non è né la specie né il
gruppo e neppure, in senso stretto, l'individuo, ma il gene, l'unità dell'ereditarietà."
(Da Il gene egoista cap. 1 "Perché esiste la gente?" pg. 13-14, ed. Mondadori - Oscar
Saggi)
“È molto complicato dimostrare gli effetti del comportamento sulle prospettive di
sopravvivenza a lungo termine. Nella pratica, quando applichiamo la definizione al
comportamento reale, dobbiamo qualificarla con la parola "apparentemente". Un atto
apparentemente altruistico è un atto che, superficialmente, sembra
aumentare (anche di pochissimo) le probabilità che l'altruista muoia, e che il
beneficiario sopravviva. Spesso, guardando da vicino, si scopre che alcuni
atti di apparente altruismo sono in realtà atti di egoismo dissimulati. Ancora
una volta, non voglio dire che gli scopi soggiacenti siano segretamente egoistici, ma
che l'effetto reale dell'azione sulle prospettive di sopravvivenza sono il contrario di ciò
che in origine si pensava.”
Come corollario a queste osservazioni sull'insegnamento, va precisato che è una
fallacia - molto comune - supporre che delle caratteristiche ereditate geneticamente
siano per definizione fisse ed immutabili. I nostri geni possono istruirci ad essere
egoisti, ma non siamo necessariamente obbligati ad obbedire loro per tutta la
nostra vita. Potrebbe soltanto essere più difficile imparare l'altruismo di quanto lo
sarebbe se fossimo geneticamente programmati per essere altruisti. Tra gli animali,
l'uomo è l'unico dominato dalla cultura,
da Gene egoista
Nel L’Orologiaio cieco Dawkins corregge in parte questa tesi, almeno nella sua forma
radicale: (OC 265) sono avvantaggiati i geni che hanno la maggiore capacità di
cooperare ocn altri geni
L’orologiaio cieco: L’inutilità del disegno intelligente
Dawkins intende mostrare l'evoluzione come alternativa intellettualmente economica
rispetto al disegno intelligente.
«Uno dei miei obiettivi è quello di trasmettere almeno in parte la mia meraviglia
dinanzi alla complessità biologica a quegli occhi che sono sempre rimasti chiusi dinanzi
ad essa. Ma, una volta magnificato il mistero, l'altro mio obiettivo è quello di
eliminarlo e di spiegarne la soluzione.» (Richard Dawkins, L'orologiaio cieco)
Il teologo del diciottesimo secolo William Paley (Natura 1) se un oggetto relativamente
semplice come un orologio postula un orologiaio, allora le creature viventi, che sono
tanto più complesse, devono per forza essere state create da Dio
«La selezione naturale è l'orologiaio cieco, cieco perché non vede dinanzi a sé,
non pianifica conseguenze, non ha in vista alcun fine. Eppure, i risultati viventi della
selezione naturale ci danno un'impressione molto efficace dell'esistenza di un disegno
intenzionale di un maestro orologiaio; che alla base della complessità della natura
vivente ci sia un disegno intenzionale, è però solo un'illusione.»(Richard Dawkins,
L'orologiaio cieco)
Dawkins aveva introdotto il meccanismo con cui nascono gli organi complessi, come
l'occhio umano, a partire da uno stato iniziale in cui questi organi non esistono. La
risposta è che gli organi si evolvono, nell'arco di milioni di anni, attraverso una
lunghissima catena di piccole mutazioni successive, ognuna delle quali è abbastanza
piccola da potersi verificare per caso, e ognuna delle quali viene selezionata dalla
natura perché conferisce un vantaggio immediato di sopravvivenza all'individuo.
GLI STRUMENTI
La selezione cumulativa e a passi singoli
La selezione cumulativa e la complessità: non si può eludere il problema di spiegare la
capacità reduplicativa del DNA (OC 197-8)
Da qui la necessità di affrontarlo e il punto della improbabilità del passo singolo che
permette la duplicazione dell’RNA (199). Si esce dalla difficoltà attraverso una
revisione della probabilità (201-3) OC. T1/6 p. 205
Da qui il tenatativo di trovare una spiegazione probabile nella teoria di Cairns-Smith
(Sette indizi sull’origine della vita) OC 211
Il ricorso all’analogia
Costruttiva
L’analogia cyborg: le macchine che cercano la propria evoluzione come facciamo noi
OC 221
confutatoria: Non si può ricavare dai computer più di quanto non vi si metta e dalla
natura più di quanto non vi abbia messo qualcuno
e – dice Dawkins – allora possiamo dire che Shakespeare non scrisse mai nulla più di
quello che gli insegnò a scrivere il suo primo maestro di scuola: ossia parole (OC 98)
I memi
Nel Il gene egoista (1976 Dawkins ha introdotto il termine meme per descrivere una
unità base dell'evoluzione culturale umana analoga al gene, unità base dell'evoluzione
biologica, in base all'idea che il meccanismo di replica, mutazione e selezione si
verifichi anche in ambito culturale. Così come in biologia, la presenza di questi
elementi, porta all'emergere spontaneo di effetti evolutivi, anche se per i memi questi
si manifestano in senso diverso rispetto a quello biologico.
Nel libro, Dawkins descrive il meme come una unità di informazione residente nel
cervello. Si tratta di uno schema che può influenzare l'ambiente in cui si trova
(attraverso l'azione degli uomini che lo portano) e si può propagare (attraverso la
trasmissione culturale).
Il dibattito è stato ravvivato dalla pubblicazione del libro La macchina dei memi (1999)
di Susan Blackmore in cui introduce il concetto generalizzato di replicatore, liberando
così l'analogia con la genetica da vincoli eccessivi.
Una caratteristica fondamentale del meme è quella di venire diffuso per imitazione.
Quando l'imitazione fece la sua comparsa nell'evoluzione umana, si rivelò essere un
buon sistema per aumentare le possibilità di ogni individuo di riprodursi
geneticamente. Forse una selezione sessuale dei migliori imitatori fornì
successivamente una spinta evoluzionistica verso i cervelli meglio capaci di imitare. In
questo contesto, imitare significa sostanzialmente importare informazione
dall'ambiente nel proprio cervello tramite gli organi di senso. L'ambiente può essere
inanimato - come un libro - o più spesso un altro essere umano, da cui l'informazione
viene presa e ri-eseguita. Le fonti inanimate di informazione sono chiamate sistemi di
ritenzione. Dal momento che i memi si propagano per imitazione da un individuo ad
un altro, essi non possono esistere senza cervelli sufficientemente sviluppati da
discernere gli elementi fondamentali del comportamento da copiare (cosa copiare e
perché) e da capirne i potenziali vantaggi.
Sia i geni che i memi possono sopravvivere più a lungo del singolo organismo che li
reca in sé.
Un gene utile (ad esempio un gene per una robusta dentatura nei leoni) può rimanere
inalterato nel corredo genetico per centinaia di migliaia di anni. Un meme utile può
propagarsi da un individuo ad un altro per tempi molto lunghi dopo la sua comparsa.
A differenza dei geni, il cui successo è legato alla sua utilità per la sopravvivenza
dell'organismo che lo reca in sé, il successo di un meme è legato a fattori più sottili
(quali la critica, la persuasione, la moda o la pressione del gruppo) che non sono stati
ancora ampiamente indagati.
Le idee che vengono trasmesse possono subire modifiche che si accumulano nel
tempo. Questi cambiamenti nel "fenotipo" (l'informazione nei cervelli o in altri sistemi
di ritenzione) sono anch'essi trasmessi. In altre parole, a differenza dell'evoluzione
genetica, sono sia darwiniani che lamarckiani. Si prenda ad esempio, una leggenda o
un mito, che spesso vengono abbelliti nel ri-raccontarli in modo che siano più
memorabili e quindi più probabilmente raccontati di nuovo. Esempi analoghi più
moderni possono essere le cosiddette "leggende urbane" o certi falsi messaggi che
girano su internet.
Il superamento della priorità della causa sull’effetto
Gli argomenti si appoggiano allo schema di valori accettati da un uditorio, da una
cultura, da un’epoca storica.
Ciò non esclude che nello stesso spazio argomentativo si possa ricorrere ad argomenti
opposti, com’è il caso dell’argomento di direzione e di superamento (il primo chiede di
valutare se l’accumulazione di un insieme di compromessi parziali non comporti il
rischio di perdere di vista l’obiettivo principale; il secondo sostiene la possibilità di
andare sempre avanti in un processo, accettando arresti e compromessi, utili però al
conseguimento dell’obbiettivo).
Più in generale anche gli argomenti possiedono una loro durata, un’efficacia
determinata nel tempo.
Vediamo un esempio di questa oscillazione.
Già Cartesio, che pure dichiarava di sospendere il ricorso al sapere tradizionale in fase
di fondazione, utilizza una classico argomento scolastico, che risale nella sua genesi a
Platone: l’argomento della priorità della causa sull’effetto.
Con quest’argomento si sostiene che la causa ha priorità sull’effetto, non tanto nel
senso che la precede, ma nel senso che vale di più. Per esempio, come afferma
Cartesio: «Ciò che è più perfetto, cioè ciò che contiene in sé più realtà, non proviene
da ciò che è meno perfetto» (Meditazioni metafisiche, III, 3). Si basa su
quest’argomento una delle dimostrazioni cartesiane dell’esistenza in noi di un’idea
innata di Dio. “Se possiedo l’idea di Dio come ente perfetto, o me la sono data da me,
oppure viene da altro. Ma io sono imperfetto e poiché è impossibile che l’imperfetto
generi il perfetto, questa idea viene da fuori di me.”
È un argomento molto utilizzato, dall’antichità a oggi, per giustificare un ordinamento
delle cause.
Tuttavia lo sviluppo delle ricerche di tipo biologico, sociale, politico e in generale un
approccio sistemico hanno profondamente cambiatole condizioni di validità di questo
argomento. La sua struttura verticale (alto/basso), è stata messa in discussione e
“orizzontalizzata”. E’ nato, a partire dall’’800, un nuovo schema argomentativo, che si
può definire della proprietà emergente.
Questo argomento, tipicamente novecentesco, rappresenta l’esatto opposto
dell’argomento della priorità della causa sull’effetto. Là, con uno schema antico quanto
moderno, si affermava che l’effetto non può avere più essere della sua causa; qui si
afferma il contrario. E’ possibile che da un insieme di cause emerga un effetto che le
supera, poiché viene determinato dalle condizioni del sistema a cui si sta facendo
riferimento.
Questo schema argomentativo si è imposto anzitutto a seguito della teoria evolutiva,
che spiega l’uomo come prodotto di viventi “inferiori”.
Questo approccio è stato poi generalizzato filosoficamente da Spencer con la legge
fondamentale dell’evoluzione (“progresso che va dal semplice al complesso,
dall'indefinito al definito, dall'omogeneo all'eterogeneo”).
A questa svolta ha contribuito anche lo studio di sistemi complessi in cui, in certe
condizioni critiche, piccole perturbazioni possono essere causa di effetti considerevoli.
Si pensi, per esempio, al collasso di certi ponti, determinato da vibrazioni di debole
entità, ma la cui frequenza coincide con la frequenza, cosiddetta di risonanza, della
struttura. Noto è il caso dell’effetto farfalla, in cui, a certe condizioni, una piccola
perturbazione (il battito d’ali di una farfalla) può determinare a centinaia di chilometri
di distanza lo sviluppo di un uragano.
Ma concorrono a legittimare questo tipo di argomento anche strategie esplicative di
tipo circolare, come l’autopoiesi, in cui si afferma che la vita è prodotto di una
proprietà emergente del sistema.
Nello stesso senso, ma in altro campo, agisce l’ermeneutica, dove il tutto spiega la
parte ma anche la parte spiega il tutto.
in altro campo ancora, l’analisi dei processi mediatici, in cui ceri eventi assumono
rilievo sistemico di grande portata, determinando variazioni di impatto certamente
superiore alle cause che li hanno determinati.
Studiare lo sviluppo e l’uso di certi argomenti diventa quindi un filtro per cogliere certe
tendenze culturali, certi presupposti taciti, certe derive conoscitive che appaiono
visibili più nel modi di giustificare una tesi che nel loro essere effettivamente
tematizzate.
La visione della natura
“Il dolore che ogni anno provano gli organismi viventi di tutto il pianeta supera ogni
possibile immaginazione. Nel minuto che mi occorre per scrivere questa frase, migliaia
di animali vengono mangiati vivi, altri fuggono gemendo di terrore per, salvarsi la
vita, altri vengono lentamente scarnificati dai loro parassiti interni, migliaia di esseri di
ogni sorta muoiono di fame, di sete e di malattie. Così dev'essere. Se mai capita un
periodo di abbondanza, subito la popolazione aumenta finchè non si ripristina lo stato
naturale di penuria e di tribolazione. In questo universo di elettroni e di geni egoisti, di
cieche forze fisiche e di replicazione genetica, alcune persone soffrono, altre sono
fortunate, e in tutto ciò non si troverà mai alcun senso, alcuna ragione, alcuna
giustizia. L'universo che noi contempliamo ha esattamente le proprietà che ci
aspetteremmo se, alla base, non vi fosse alcun progetto, alcuna finalità, se non vi
fosse né il bene né il male, null'altro che crudele indifferenza. Come cantò il
melanconico poeta inglese Alfred Edward Housman:
Perchè la Natura, la Natura
senza cuore e senza ragione
nulla sente e nulla sa.
Il DNA nulla sente e nulla sa. Il DNA semplicemente esiste, e noi non possiamo far
altro che danzare alla sua musica.
La critica alla religione
La progettazione inversa
«Un buon modo per rappresentare efficacemente il nostro compito è immaginare che
le creature viventi siano opera di un Artefice divino e tentare, applicando la
progettazione inversa, di comprendere che cosa l'Artefice abbia voluto massimizzare.
Qual era la funzione di utilità di Dio? Il ghepardo indica in ogni dettaglio di essere
stato superbamente progettato per qualche scopo, e dovrebbe essere abbastanza
facile studiarlo applicando la progettazione inversa per comprendere la sua funzione di
utilità. Il ghepardo sembra fatto apposta per uccidere la gazzella. I denti, gli artigli, gli
occhi, il naso, la muscolatura degli arti, la colonna vertebrale e il cervello di questo
predatore sono tutti come potremmo aspettarci se lo scopo di Dio nel progettarlo
fosse stato quello di massimizzare le morti tra le gazzelle. Ma se applichiamo la
progettazione inversa allo studio della gazzella troviamo evidenze ugualmente
impressionanti dello scopo diametralmente opposto: la sopravvivenza delle gazzelle e
la morte dei ghepardi per fame. È come se il ghepardo fosse stato progettato da una
divinità e la gazzella da una divinità rivale. In alternativa, se vi è un solo Creatore che
ha fatto la tigre e l'agnello, il ghepardo e la gazzella, qual è il Suo gioco? È un sadico
che si diverte ad assistere a spettacoli cruenti? Cerca di scongiurare la
sovrappopolazione tra i mammiferi africani? Oppure ha interesse a mantenere alta
l'audience dei documentari naturalistici di David Attenborough? Tutte queste
supposizioni sono funzioni di utilità del tutto plausibili. All'atto pratico, ovviamente,
sono del tutto false. »
(Richard Dawkins, Il fiume della vita)
Lettura di passi da Micromega Perché quasi certamente Dio non esiste, p. 12 1/7
Scienza e fede da Illusione di Dio 277-8
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