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Otello Bosari
1866
Il 1866 rappresenta un anno importante per l'Europa perché segnala un mutamento
di rapporti di forza tra gli stati europei: mentre Francia, Inghilterra e Russia (neppure
tanto in grado di affrontare un conflitto europeo) scelgono la neutralità,
congiuntamente e premeditatamente Prussia e Italia passano all'attacco aperto contro
l'impero d'Austria, che 50 anni prima, con Metternich e con il congresso di Vienna,
era apparso come il regolatore delle questioni europee.
Alle spalle del fatto politico emerge un processo economico e sociale: la più
dinamica vitalità economica è passata nei decenni precedenti dai paesi atlantici alle
aree centrali dell'Europa (la Rurh, la Slesia, la Valpadana si sono messe in moto
come zona di crescita economica).
Il 1866 è inoltre un anno importante nella storia dello stato unitario nato nel 1861: si
tratta della prima guerra che il Regno d'Italia intraprende mettendo alla prova le sue
forze armate e la sua diplomazia.
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Sui due diversi piani dello scontro militare e dei rapporti diplomatici gli esiti sono
diversi: registriamo i due scacchi di Custoza e di Lissa: sul piano delle trattative
otteniamo le province venete e di Mantova (una delle città del Quadrilatero, in
quanto tale non ceduta con la pace di Zurigo nel 1859).
Quindi noi, Veneto, Friuli, Mantova, entriamo nello stato unitario venendo con ciò
inquadrati in uno stato che nei cinque anni precedenti si era dato un proprio
ordinamento: tra l'altro la legge 2 aprile 1865 n. 2215 sanciva l'unificazione
legislativa del Regno (codici compresi).
Qualunque discorso si voglia fare per il futuro del Nord-Est, dalla data del 1866
bisogna partire.
Sul piano dei rapporti internazionali il Regno d'Italia ottiene il riconoscimento da
parte dell'Austria e anche – auspice Bismarck – dei minori stati germanici.
La diplomazia sabauda ha dato quindi buona prova di sé: senza rompere i rapporti
con la Francia di Napoleone III, ci si era orientati fin dal 1861 verso un'alleanza
anche militare con la Prussia, individuandola come il possibile nemico dell'Austria.
Scelta coraggiosa, il cui risultato non era scontato, considerato che la Prussia di
Bismarck avrebbe potuto anche presentare sorprese: il personaggio era capace di
grandi oscillazioni. Quello che invece era più certo era il sentimento nazionale
germanico orientato in senso antiasburgico.
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Lo spazio d'autonomia del Regno d'Italia non era grande, ma venne sfruttato
appieno.
Ciò che è subito visibile è l'impianto politico del governo Ricasoli una volta liberato
il Veneto:
– impostazione accentratrice;
– nomina dei commissari del re in ogni provincia;
– abolizione della Luogotenenza e del relativo governo regionale1;
– plebiscito.
Sul piano dei rapporti con le forze politiche il governo Ricasoli opera per il recupero
di tutti i moderati, mentre inizia una marcata politica di ostilità verso mazziniani e
garibaldini i quali rispondono piuttosto male, ripiegando sull'anticlericalismo e
sull'irredentismo che non hanno sbocco politico.
Sono scelte nefaste perché porteranno le forze democratiche a isolarsi dalle grandi
masse, soprattutto quelle delle campagne.
L'elemento positivo della situazione consiste nel fatto che il Veneto entra in uno
stato costituzionale-parlamentare: escono i giornali e si costituiscono società agrarie
e banche, l'associazionismo economico ha libero corso.
L'impianto generale si basa però sulla passività e il controllo delle masse dall'alto:
un giornale veronese, “L'Adige”, subito dopo l'entrata delle truppe italiane il 20
1 Infatti il futuro costituzionale dell'Austria (rectius: dell'Austria-Ungheria) sarà quello dei Länder,
ovvero delle autonomie regionali.
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ottobre 1866, invita il popolo che in qualche modo era sceso in strada nei giorni
precedenti a tornare “ai suoi lavori, alle sue officine 2”.
Bastava un po' di gente in giro, un po' curiosa, un po' interessata, a spaventare i
notabili liberali.
Già nel 1848 il nobile Gherardo Freschi nel suo L'amico del contadino aveva
dimostrato lo stesso spavento per il popolo delle campagne che si era mobilitato, un
po' per la patria e un po' per le proprie aspettative. Pur gran sostenitore del progresso
agronomico, Gherardo Freschi raccomanda di evitare gli assembramenti.
Per dare un giudizio storico del 1866 è indispensabile tornare ad Antonio Gramsci e
ai critici di sinistra del Risorgimento: il Risorgimento fu opera di pochi compiuta in
presenza di masse – specie agricole – rimaste passive.
Però bisogna aggiungere che “quei pochi” (anche in Veneto) da un lato, se erano
liberal-moderati, presero in mano il potere locale aiutati anche dal voto censitario,
dall'altro lato si resero attivi nella gestione delle loro campagne, nella fondazione di
società agrarie e di banche, nell'amministrazione dei principali giornali,
nell'organizzazione dell'istruzione, dall'Università di Padova alla scuola elementare.
Il Veneto-Friuli assunse così alcune caratteristiche politiche e sociali che durarono a
lungo e ancora in parte sopravvivono.
2 Maurizio Zangarini, Politica, economia e spirito pubblico in “Verona italiana (1866-1900)”.
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