30/1/2014 https://accessosicuro.corteconti.it/MGRL/,DanaInfo=bdprof.ilsole24ore.com+Save.aspx Guida agli Enti Locali 22.11.2013 (Numero OnLine) IL SINDACO DEVE ASTENERSI ANCHE IN ASSENZA DI UN VANTAGGIO DIRETTO di Nico Michele Nel riesaminare le vicende relative a un procedimento di esproprio finalizzato al progetto di ampliamento di una pubblica via, il Consiglio di Stato, sezione IV, con sentenza n. 5197 del 28 ottobre 2013, tocca un argomento di grande attualità, ossia la sussistenza o no dell'obbligo di astensione, da parte del Sindaco, nel processo decisionale relativo ai vari provvedimenti impugnati. Si premette che nel giudizio di primo grado del Tar Campania (sezione V, decisione 21830/2010) aveva annullato il decreto di occupazione d'urgenza dell'area interessata per una serie di ragioni, compresa la circostanza che la delibera comunale a monte – quale atto presupposto – sarebbe stata viziata per violazione dell'obbligo di astensione da parte del Sindaco, ai sensi dell'articolo 78 del Dlgs 267/2000, essendo una particella del suolo confinante con un terreno oggetto di promessa di vendita, da parte del primo cittadino, a favore di un suo prossimo congiunto. In sede di appello, il Comune ha per contro obiettato l'insussistenza dell'obbligo di astensione da parte dell'amministratore, sia per il fatto che l'atto impugnato è stato assunto a completamento di una procedura decisa da una precedente amministrazione, sia per essere l'Ente locale del tutto estraneo al preliminare di vendita concluso tra privati, in relazione a un suolo non interessato – né quanto a destinazione urbanistica, né quanto a cubatura massima assentibile – dall'esproprio in questione. Sulla base di queste premesse, la Sezione entra nel merito della controversia rilevando in primis che l'articolo 78 del Tuel prescrive per gli amministratori l'obbligo di astensione dalla discussione e votazione di delibere riguardanti interessi propri, o di parenti o affini fino al quarto grado. Al che, il collegio osserva – accogliendo un'interpretazione decisamente restrittiva della norma in parola – che "la circostanza che la delibera comunale non abbia impresso direttamente vantaggi al suolo oggetto di promessa di vendita in favore di un congiunto del Sindaco, attiguo a quello oggetto di espropriazione e di approvazione del progetto di allargamento e sistemazione della strada, non esclude l'ipotizzabilità di vantaggi indiretti connessi alla realizzazione dell'opera idonei a fondare un potenziale conflitto di interessi". Il principio della sentenza Di qui il principio affermato dalla sentenza in commento, secondo cui "affinché si verifichi la fattispecie generatrice dell'obbligo di astensione (…) occorre prescindere dalla produzione, in concreto, di un vantaggio alla posizione privata e di uno svantaggio a quella della PA (Consiglio di Stato, sezione IV, decisione 28 gennaio 2011 n. 693), a maggior ragione quando l'oggetto sia circoscritto e, nel caso di provvedimenti di natura edilizia, la deliberazione non investa l'intero territorio comunale o ampie zone di esso". Il rigore della pronuncia non deve sorprendere, dacché l'orientamento pacifico della giurisprudenza in materia, a partire dall'ormai lontana sentenza 6596/2000 della stessa sezione IV, ha affermato che la ratio dell'obbligo dell'astensione ne comporta l'applicazione ogniqualvolta vi sia un collegamento tra la delibera e l'interesse del votante, anche se la votazione non potrebbe avere altro apprezzabile esito e, in concreto, la scelta fosse la più utile e opportuna per l'interesse pubblico. In precedenza, il supremo giudice amministrativo aveva peraltro chiarito che i soggetti interessati alle deliberazioni assunte dagli organi collegiali di cui fanno parte devono evitare di partecipare finanche alla discussione, potendo condizionare nel complesso la formazione della volontà assembleare, sicché è irrilevante l'esito della prova di resistenza (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, decisione 1291/1998). Il conflitto d'interessi In definitiva, la regola generale è che l'amministratore deve astenersi al minimo sentore di conflitto d'interessi, reale o potenziale che sia, con la sola deroga per quanto riguarda gli atti generali e normativi che, in quanto tali, sono meno esposti al rischio di ingenerare effetti di favore per la cura di interessi particolari. È da tener presente, a questo riguardo, che la figura giuridica del conflitto d'interessi è mutuata dal codice civile e si connota negativamente per il fatto di turbare il corretto funzionamento di un'organizzazione, allorché sussistano condizioni tali da indurre l'amministratore, nell'esercizio del suo mandato, a far prevalere il proprio (o altrui) interesse personale a discapito di quello dell'Ente nel quale egli esercita la carica, procurando in questo modo un danno all'ente stesso. Non c'è dubbio che la severità della giurisprudenza e del diritto positivo in tale materia testimonia la seria intenzione di evitare qualsiasi remota ipotesi di conflitto d'interessi nell'esercizio delle cariche del governo locale, anche se, nella concreta realtà dei fatti, il braccio della legge si rivela spesso impotente nel perseguire le condotte illecite, quanto mai radicate nel diffuso malcostume che affligge a più livelli la gestione della cosa pubblica. https://accessosicuro.corteconti.it/MGRL/,DanaInfo=bdprof.ilsole24ore.com+Save.aspx 1/1