Il maltrattamento in età evolutiva: proposta di linee guida in un P.S.

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Il maltrattamento in età evolutiva:
proposta di linee guida in un P.S.
Franca Crevatin, Infermiera Pediatrica AFD, Pronto Soccorso Pediatrico – IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
Marta Meneghello, Pronto Soccorso Pediatrico – IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
Premessa
In passato le caratteristiche proprie dell’infanzia
non erano riconosciute ne rispettate, ed è così
tuttora in molti paesi del mondo ed anche in
aree d’emarginazione e degrado sociale dei
paesi occidentali. Le migliorate condizioni
socioeconomiche delle popolazioni occidentali,
unitamente all’emancipazione delle donne e al
calo della natalità, hanno contribuito allo sviluppo di un modello culturale proteso alla tutela dell’infanzia a cui, oggi, si riconoscono individualità, identità socioculturale ed una serie di
diritti giuridici. L’Italia, con legge n. 176 del
1991,
ha
ratificato
la
Convenzione
Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 20
novembre 1989 (1), impegnandosi a garantire
diritti e provvedimenti di tutela ad ogni fanciullo, a considerare preminente il suo interesse
superiore nelle decisioni a lui relative, ad assicurargli protezione e cure necessarie al suo
benessere e vigilare sulle istituzioni, anche sanitarie, che vi provvedono oltre che sul numero
e la competenza del personale. Sono previste
misure di tutela contro ogni forma di violenza,
oltraggio e brutalità fisiche o mentali, abbandono o negligenza, maltrattamenti o sfruttamento,
compresa la violenza sessuale, si riconosce il
diritto di godere del miglior stato di salute possibile, di beneficiare della sicurezza sociale e di
un livello di vita sufficiente a consentirne lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale. Vanno adottati provvedimenti adeguati per
agevolare il recupero fisico e psicologico e il
reinserimento sociale di ogni fanciullo vittima di
negligenza, sfruttamento o maltrattamento in
condizioni da favorire la salute, il rispetto della
persona e la dignità.
IO INFERMIERE - N.4 /2004
Contesto
Bambini, bambine, e adolescenti subiscono
violenze che tendono ad essere negate da chi
le agisce e da chi le subisce restando spesso
sommerse, tendono quindi a cronicizzarsi e
sono pericolose per le conseguenze fisiche e
psichiche, a breve o lungo termine.
Problema
La dimensione reale del fenomeno rischia di
esser sottovalutata ed è solo ipotizzabile. I
contributi scientifici sono eterodisciplinari, le
fonti e le definizioni disomogenee e difficilmente comparabili. Gli operatori possono attivare resistenze personali, attraverso rimozioni
e negazioni, e con un meccanismo di autodifesa (2) evitarsi sofferenze rispetto proprie
esperienze e ai propri modelli socioculturali. I
dati della letteratura internazionale e nazionale indicano una prevalenza elevata e lo identificano come problema di salute pubblica,
anche per le gravi ripercussioni che provoca
interferendo con le delicate fasi dello sviluppo
psicofisico. È importante adottare definizioni
condivise: il IV Seminario criminologico del
Consiglio d'Europa nel 1978 adotta il termine
“abuso all’infanzia” per “gli atti e le carenze
che turbano gravemente il bambino, attentano
alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo e morale, le cui manifestazioni
sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine
fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un
familiare o di altri che hanno cura del bambino”. La classificazione delle varie forme d’abuso è un artificio tecnico per permettere agli
operatori interessati di identificarle, prevenirle
e curarle (3). Il riconoscimento è un problema
per l’operatore e dipende interamente dalla
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sua interiore disposizione ad ammetterne l’esistenza. Nonostante siano ben noti gli indicatori di abuso (4), si segnalano ritardi di
mesi/anni nella loro identificazione (5) e un’altrettanto pericolosa incompletezza nella registrazione, tale da comprometterne la documentazione in sede giudiziaria.
Spesso, sullo stesso bambino maltrattato convergono varie forme di violenza, contemporaneamente o in tempi successivi (6), il problema è identificarle al loro inizio, quando è più
facile ed efficace intervenire ed evitare la reiterazione del comportamento ed il suo progressivo aggravamento nel tempo. È importante ricordare che il trauma incide in modo stabile e pesante sulla personalità della vittima e
che tra i fattori ritenuti incidere sul danno troviamo la durata nel tempo dell’abuso, la presenza di diverse forme, la messa in atto o
meno di interventi di tutela. I bambini abusati
hanno in età adulta un rischio 2-3 volte maggiore di depressione e abuso di sostanze (7).
Gli elevati tassi di mancata identificazione
spingono tutte le figure professionali e le istituzioni che concorrono alla tutela del minore
ad assumere un ruolo specifico e ben definito
all’interno della “rete” multidisciplinare che
può farsi carico del complesso processo di
intervento.
Obiettivo
Per competenza e ruolo professionale è possibile che gli operatori sanitari, nell’ambito della
loro attività quotidiana, sospettino e identifichino l’abuso e contribuiscano ad attuare strategie di prevenzione. Tra i vari diritti enunciati dalla “Carta dei Diritti del Bambino in
Ospedale”, all’art. 11: Il bambino ha diritto ad
essere protetto da ogni forma di violenza, di
oltraggio o di brutalità fisica o mentale, di
abbandono o di negligenza, di maltrattamento
o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale. Il personale sanitario ha il dovere di fornire al bambino tutto l'appoggio necessario ai
fini dell'individuazione del maltrattamento e
delle situazioni a rischio, che comportano la
segnalazione alle autorità competenti e/o ai
servizi preposti alla tutela del minore. Il perso48
nale si impegna altresì a collaborare, nell'ambito delle proprie specifiche com-petenze, con
gli enti accreditati.
Il codice deontologico dell’infermiere prevede
che…… l’infermiere promuove in ogni contesto assistenziale le migliori condizioni possibili di sicurezza psicofisica dell’assistito e dei
familiari, l’infermiere si impegna a promuovere la tutela delle persone in condizioni che ne
limitano lo sviluppo o l'espressione di sé,
quando la famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro bisogni, l’infermiere che rilevi
maltrattamenti o privazioni a carico della persona, deve mettere in opera tutti i mezzi per
proteggerla ed allertare, ove necessario, l'autorità competente.
Il nostro obiettivo è quindi fornire interventi
d’urgenza al bambino vittima di maltrattamento e riconoscere le situazioni a rischio e le fasi
iniziali del maltrattamento in età evolutiva. È
necessario evitare un approccio di tipo spontaneo ed adottare un approccio di tipo professionale, acquisendo competenze specifiche ed
utilizzando strumenti adeguati.
Pronto soccorso pediatrico e maltrattamento in
età evolutiva
Apparentemente il Pronto Soccorso non è
l’ambiente più favorevole ad individuare il
maltrattamento, tuttavia è il luogo di accesso
più facile e immediato ai servizi, anche nei
week end, nelle ore notturne e nei periodi
delle grandi festività, momenti in cui spesso si
acutizzano situazioni di criticità e disagio nei
singoli individui e nei nuclei familiari che
quindi si rivolgono al Pronto Soccorso.
Nel nostro paese da un indagine sui casi
sospettati nel 1997 nei Pronto Soccorsi
Pediatrici (PSP) e nelle Unità Operative di
Pediatria è emersa la disparità di conoscenze e
attenzione all’abuso.
Sorprendentemente in un anno il 44 % dei servizi ospedalieri pediatrici non aveva sospettato
nessun caso e due terzi degli ospedali non disponevano di gruppi di riferimento per il problema (8) anche se le casistiche sanitarie e giudiziarie riferiscono che il fenomeno è diffuso
su tutto il territorio nazionale. Altri paesi docuIO INFERMIERE - N.4 /2004
mentano che in Pronto Soccorso è possibile
rilevare queste situazioni, mediante adeguate
metodologie e che l’impiego di uno strumento
standardizzato di valutazione clinica aumenta
la qualità e la quantità dei dati raccolti (9).
Le presentazioni dell’abuso possono essere
delle più diverse, a seconda del loro grado di
evidenza, della modalità di insorgenza e dei
diversi gradi di gravità e solo in pochi casi
costituiscono la motivazione espressa dell’accesso alla struttura ospedaliera. Quando il
fenomeno è palese per ammissione familiare,
per denuncia attendibile della vittima, per una
completa evidenza dei fatti si parla di abuso
certo. Più frequente è la richiesta di aiuto di
tipo indiretto, mascherata cioè dalla richiesta
di prestazioni per patologie pediatriche diverse (6); la possibilità va quindi considerata nella
diagnostica differenziale e sospettata anche in
assenza di certezze anamnestiche e cliniche.
Anche se non esplicito, tra le varie azioni od
omissioni attraverso cui si esprime, la forma
più facilmente riconoscibile è il maltrattamento fisico, mentre quello psicologico, la patologia della somministrazione delle cure (disuria,
trascuratezza, ipercura) e la violenza assistita,
sono più difficili da individuare. Il bambino
vittima di abuso sessuale, in relazione alla sua
età, non ha ancora acquisito una capacità verbale completa che gli permetta di descrivere
l’esperienza ed è spesso inconsapevolmente
complice dell’adulto abusante (10).
Tutti i bambini che hanno subito un abuso
esprimono il loro disagio in un codice che
dobbiamo imparare a decifrare, consapevoli
che spesso si tratta di bambini molto piccoli,
implicitamente dipendenti dagli adulti, che
subiscono violenza all’interno della famiglia
nucleare o allargata e che prevalentemente si
rivolgono alla struttura sanitaria per motivi
socio-sanitari diversi che spesso sono vere e
proprie richieste di aiuto indirette. Essendo più
numerosi i casi mascherati di quelli evidenti,
quando sullo stesso bambino una serie di
segnali si combinano e coesistono a fattori di
rischio si è spinti legittimamente ad ipotizzare
il sospetto di abuso all’interno delle svariate
possibilità di ipotesi diagnostiche che gli stessi
IO INFERMIERE - N.4 /2004
suggeriscono.
Attraverso la conoscenza approfondita del
bambino e dello stretto legame che lo unisce
alla famiglia e al suo ambiente, l’infermiere
pediatrico nel PSP dispone di un osservatorio
privilegiato poiché, mettendo in atto la relazione d’aiuto nei confronti del binomio bambino famiglia, si occupa olisticamente dell’unità bio-psico-sociale del bambino in modo più
diretto e protratto di altre figure professionali.
Il suo ruolo non è solo quello di prestare assistenza nei casi con diagnosi certa, ma anche e
soprattutto quello di cogliere e collegare tra
loro segni poco marcati e ad identificare situazioni che potrebbero celare fattori di rischio
(11). Già nella funzione del triage, oltre che in
tutte le fasi del processo di assistenza, con la
presa in carico del bambino si attua una raccolta di dati, oggettiva e soggettiva (12), che
può evidenziare anche indicatori anamnestici
sospetti quali il mancato o tardivo ricorso alle
cure, l’anamnesi incerta e contraddittoria, una
descrizione della dinamica dell’incidente
incompatibile con tipologia, sede, estensione,
gravità delle lesioni. Nell’accogliere le segnalazioni esplicite di abuso intrafamiliare bisogna
fare molta attenzione, in quanto alcune di esse
sono infondate e dettate da comportamenti
vendicativi all’interno della coppia.
L’approccio al bambino deve tener conto che
egli non è autonomo nel manifestare il proprio
disagio e nel formulare la propria richiesta di
aiuto. Le strategie comunicative e la relazione
interpersonale messe in atto si adeguano quindi da un lato alle fasi dello sviluppo fisico, psicomotorio, percettivo e sociale dell’età evolutiva, dall’altro al grado di dipendenza/autonomia del bambino e alle sue competenze
comunicative (13). La messa in atto di un rapporto di fiducia e di rispetto con il bambino e
la sua famiglia permette di rilevare non solo gli
indicatori specifici di abuso, ma anche gli
atteggiamenti e i comportamenti del bambino
e dei genitori, la capacità di questi nel manipolarlo e nel contenerne le ansie e le paure,
l’eventuale assenza di empatia e di quei contatti di pelle, sguardi e calore, che sono fondamentali per il suo primo sviluppo. Questo
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stretto rapporto permette di valutare le capacità di comunicazione e collaborazione con gli
operatori sanitari da parte delle famiglie e di
approfondirne eventuali problemi sociali. In
presenza di elementi suggestivi è bene evitare
di assumere un atteggiamento criminalizzante
ed inquisitorio nei confronti della famiglia, e
dimostrare di farsi carico del problema e di
avere interesse all’aiuto. Per tutelare il bambino durante la sua permanenza in ospedale si
evita di sottoporlo a stress e ulteriori forme di
violenza; le informazioni sull’evento vanno
raccolte evitando richieste di particolari più o
meno penosi che non siano necessari e gli
adeguati interventi assistenziali vanno garantiti
cercando collaborazione con spiegazioni sulle
procedure diagnostiche, terapeutiche e di consulenza.
Linee guida
È quindi importante “guardare per vedere”, cioè
non solo conoscere il problema ma decidere di
farsene carico e condividere all’interno dell’equipe percorsi formativi e protocolli operativi
comprensivi di elementi di sospetto (10, 14).
Il Pronto Soccorso Pediatrico dell’IRCCS Burlo
Garofolo di Trieste da anni ha attivato percorsi formativi specifici e/o integrati per migliorare le proprie competenze ed ha adottato protocolli di intervento. È quindi iniziata una registrazione prospettica dei sospetti maltrattamenti segnalati, che nel primo triennio, 1998-2000,
ha registrato un aumento dagli 8 casi/anno in
media degli anni precedenti ai 36 casi/anno in
media sui 19380 accessi medi all’anno rappresentando lo 0,18% degli accessi e l’1,57% dei
ricoveri o osservazioni, con frequenza più elevata negli adolescenti e nelle femmine (68,5%).
Sono risultati più frequenti il disagio ed il maltrattamento fisico sospetti in età pari o superiore ai 10 anni mentre nei primi anni di vita i
sospetti di trascuratezza, abuso sessuale e violenza assistita.
Le linee guida sono quindi state revisionate, in
base alla ricerca bibliografica e all’esigenza di
maggior integrazione con le competenze specialistiche e le risorse specifiche, per standardizzare ed uniformare l’approccio, adottate da
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tutto il dipartimento e formalizzato dalla direzione sanitaria. Attualmente comprendono gli
obiettivi specifici:
inserire l’attività dell’Istituto nella rete dei
servizi che si occupano della protezione dei
minori.
fornire agli operatori sanitari dell’Istituto gli
elementi per sospettare/identificare i casi di
maltrattamento/abuso su minori
attivare un sistema di protezione/sorveglianza
dei casi dubbi con i Servizi Territoriali
gestire, nel rispetto delle leggi e delle
esigenze del minore, l’iter diagnostico
iniziale dei casi conclamati (per diagnosi
diretta o per denuncia),
descrivono, in maniera volutamente schematica, le possibili modalità di presentazione:
MALTRATTAMENTO FISICO
è una forma di violenza in cui il minore è vittima di aggressioni con conseguenze fisiche
LIEVE: che non necessita di intervento diagnostico e/o terapeutico
MEDIO: che necessita di intervento diagnostico e/o terapeutico
GRAVE: che mette in pericolo la vita o che
comporta esiti permanenti
MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO
Consiste in comportamenti attivi od omissivi
psicologicamente dannosi in base ai principi
comuni, umiliazioni, minacce, emarginazione e
squalificazione, pressioni psicologiche, esigenze sproporzionate alla capacità del bambino,
consegne ed ingiunzioni contraddittorie ed
impossibili da realizzare, scarsa affettività, isolamento e allontanamento dal contesto sociale.
PATOLOGIA DELLA SOMMINISTRAZIONE
DELLE CURE
TRASCURATEZZA: carenza o assenza di
cure familiari adeguate a garantire il normale
sviluppo fisico, psichico e affettivo con esposizione del bambino a pericoli sociali fino all’abbandono
DISCURA: distorsione o anacronismo nella
prestazione delle cure
IPERCURA: eccessi di somministrazione di
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cure e/o di richieste di interventi medici da
parte di un genitore, più frequentemente la
madre, che proietta il proprio disagio psichico
sul figlio.
Medical shopping, sindrome di Munchausen
per procura, abuso chimico
VIOLENZA ASSISTITA
Costrizione ad assistere a liti verbali ripetute
tra i genitori o gli adulti protettivi,
essere oggetto di contesa tra i genitori,
l’ascolto di frasi denigranti nei confronti di
uno dei due genitori
assistere a liti con violenza fisica tra adulti
fino a ferimenti, tentati omicidi, omicidi
ABUSO SESSUALE
Coinvolgimento di un minore, da parte di un
partner preminente in attività sessuali anche
non caratterizzate da violenza esplicita
(CISMAI 1999).
Comprendono le tabelle con i fattori di
rischio (tab. 1), gli elementi clinici ed anamnestici significativi e gli specifici indicatori
comportamentali (tab. 2, 3, 4, 5), le procedure da attivare nelle diverse ipotesi di presentazione:
maltrattamento/abuso dubbio, incuria,
rischio sociale
maltrattamento/abuso evidente ma senza esplicitazione da parte del minore o di un adulto
maltrattamento/abuso riferito dal minore
non accompagnato
maltrattamento/abuso riferito su minore
accompagnato.
È inclusa la presentazione delle competenze dei
diversi servizi coinvolti e le modalità concordate
del contatto, sono descritte le procedure di legge
obbligatorie per l’invio del referto e la possibilità
di un intervento di protezione in base all’art. 403
del Codice Civile. È inoltre prevista la procedura
diagnostica specifica ed integrata con gli specialisti, in particolar modo quella del protocollo
ginecologico per la violenza sessuale, con i kit
diagnostici predisposti, le informazioni sulle
modalità di invio e conservazione di campioni
biologici e di reperti di interesse medico legale.
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tab. 1 - FATTORI DI RISCHIO PER
MALTRATTAMENTO/ABUSO
vulnerabilità legata al bambino:
prematurità
patologie croniche
disabilità fisica/psichica
disturbi dell’apprendimento
iperattività
disturbi sonno/veglia
bambino “difficile” (inibizione o ipercinesia)
disturbi delle condotte alimentari o sfinteriche
mancata corrispondenza al bambino
immaginato
vulnerabilità legata alla famiglia:
famiglie instabili/conflittuali
bassa tolleranza alle difficoltà, scarsa
autostima
età, gravidanza indesiderata
genitori con patologie psichiatriche, valori
distorti
genitori maltrattati/abusati (da piccoli)
madre maltrattata (dal marito)
tossicodipendenza/alcolismo
famiglia monoparentale (ragazze madri,
separazioni, vedovanze)
vulnerabilità legata a fattori socio-ambientali:
isolamento nel contesto sociale; emarginazione
sociale
condizioni socio-economiche svantaggiate
disoccupazione paterna
lontananza dalla famiglia di origine
difficoltà di inserimento nel lavoro
condizioni abitative inadeguate per igiene/spazi
promiscuità
tab. 2 - MALTRATTAMENTO FISICO
Elementi clinici/anamnestici:
Lesioni traumatiche atipiche per l’età del
bambino (in rapporto al suo grado di
autonomia e quindi alla sua capacità di
procurarsi dei traumi)
Lesioni cutanee localizzate in sedi
normalmente atipiche (retroauricolari, torace,
dorso, area genitale o perianale, caviglie,
piante dei piedi)
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Lesioni cutanee che riproducono “a stampo”
la morfologia dell’oggetto contundente
(mano, corda, cinghia…)
Lesioni cutanee multiple, su distretti corporei
differenti e con diversa cronologia
Morsi con la caratteristica del morso da
umano adulto (senza lacerazione e con
distanza tra i canini superiore a 3 cm)
Ustioni da sigaretta (circolare e profonda),
da immersione forzata (aspetto a calza, a
guanto, assenza della lesione nelle
superfici cutanee a contatto con la vasca
da bagno o con il bidè), ustioni “figurate”
(che riproducono la forma dell’oggetto
ustionante-tipo ferro da stiro)
Abbigliamento inadeguato per la stagione
finalizzato all’occultamento delle lesioni
Riscontro radiologico di fratture multiple a
diverso stato di guarigione
Ematomi subdurali associato a emorragia
intraoculare
Ciocche di capelli strappate ed emorragie
da distacco del cuoio capelluto (tirata di
capelli)
Distacco retinico
Traumi con storia poco attendibile o
contraddittoria
Ricorso alle cure mancato o tardivo, ricoveri
e precedenti del bambino sospetti
Scarso o nullo con il medico curante
Indicatori comportamentali di maltrattamento
fisico
B. particolarmente ostili all’autorità o
estremamente reattivi
B. eccessivamente aggressivi, distruttivi,
iperattivi
B. estremamente passivi, “ritirati”, sotto
messi, scarsamente presenti, che non
piangono mai o mostrano un lamento
continuo
B. che sembrano sognare ad occhi aperti,
“assenti”, mostrano elevata difficoltà di
concentrazione e richiedono la costante
attenzione dell’adulto
B. che mostrano un attaccamento
indiscriminato e “adesivo” verso gli
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estranei, sono riluttanti a tornare a casa ma
si sottomettono immediatamente per
timore della reazione degli adulti
B. che sembrano dei piccoli adulti e
assumono un ruolo “genitoriale” o di pari
nei confronti dei propri genitori
B. che mostrano consistenti ritardi nello
sviluppo psicomotorio, nel controllo
sfinterico, nelle capacità logiche e di pensiero
B. che mostrano atteggiamenti autolesivi e
distruttivi, che si fanno spesso male
incidentalmente e sembrano incapaci di
evitare i pericoli
B. che mostrano un comportamento
disturbato nei confronti del cibo (anoressia,
bulimia, rubare il cibo dal piatto degli altri,
mangiare compulsivamente……..)
tab. 3 - MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO
Elementi clinici/anamnestici:
Ritardo dello sviluppo
Disturbi psicosomatici
Indicatori comportamentali di maltrattamento
psicologico
Eccessivo bisogno di succhiare e di essere
cullati
Disturbi legati all’alimentazione e al sonno
Enuresi ed encopresi, eccessiva attività
masturbatoria
Balbuzie
Paure eccessive, non congruenti con l’età
Instabilità emotiva o ridotta capacità di
risposte emotive
Apatia e depressione
Sintomi psiconevrotici di marca isterica,
ossessiva, ipocondriaca, fobica
Pseudo-maturità
Ritardi funzionali o sociali (con
comportamenti inadeguati per l’età)
Scarsa autostima
Comportamenti di fuga
Comportamento ostinato e insolente
Distruzione di oggetti
Comportamenti o minacce di suicidio
Prostituzione
Aggressività e violenza verso gli altri
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tab. 4 - TRASCURATEZZA
Elementi clinico anamnestici:
Abbigliamento inappropriato alla stagione
Igiene personale molto carente
Carie non curate, disturbi visivi o uditivi
non trattati
Patologia cronica non adeguatamente curata
Inadeguato o ritardato trattamento di
patologie acute
Calendario vaccinale non rispettato
Denutrizione/ipernutrizione
Ritardo di crescita staturo-ponderale
Ritardo psicomotorio da carenza di stimoli
Incidenti domestici ripetuti
Uso inappropriato delle strutture sanitarie
Indicatori comportamentali di trascuratezza
Difficoltà nel condurre una normale vita
scolastica
Bambini affidati in maniera incongrua a
fratelli o sorelle di poco più grandi
Bambini inappropriatamente coinvolti
nella cura di fratelli o sorelle più piccoli
Bambini/ragazzi segnalati in luoghi o
situazioni inadeguate all’età
Ricerca di affetto e attenzione da estranei,
esibizionismo
Iperautonomia, chiusura, rifiuto di aiuto
Passività, apatia
Comportamenti devianti
tab. 5 - ABUSO SESSUALE
Elementi clinici/anmnestici:
NB: Ricorda che in circa la metà dei casi i
segni fisici sono assenti
Ferite, contusioni, graffi (anche lievi ma
con dinamica poco chiara) ai genitali, al
seno, sulle cosce, sul sedere
Corpi estranei nel retto o nella vagina
Ferite anali, dilatazioni dell’ano, insufficiente
tono sfinterico
Presenza di liquido seminale sul corpo o
sugli indumenti
Perdite vaginali, dolori e infiammazioni
della zona ano/genitale recidivanti o
persistenti
Presenza di malattie sessualmente trasmissibili
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Gravidanze molto precoci (di cui viene
tenuta nascosta la paternità)
Autolesioni, tentativi di suicidio
Patologia psichiatrica
Indicatori comportamentali di abuso sessuale
NB: Anche la presenza di un solo indicatore
richiede attenzione quando sia improvviso,
perdurante nel tempo, immodificabile, non in
relazione ad eventi e/o cambiamenti delle
abitudini di vita
Paure immotivate, preoccupazioni insolite
Depressione/isolamento
Esplosioni emotive improvvise
Vergogna, senso di colpa,
Comportamenti regressivi
Contentezza di essere in situazioni
normalmente sgradevoli, ma vissute
comunque dalla\dal bambina\o come
protettive (ad esempio ospedalizzazioni)
Riferimenti al fatto di avere dei segreti che
non si possono comunicare
Improvvisa perdita di interesse per attività
prima molto gradite
Rifiuto di partecipare ad attività ludiche o
sportive
Rifiuto di sottoporsi a visite mediche
Rifiuto di spogliarsi davanti a determinate
persone
Eccessiva docilità e passività durante gli
accertamenti ginecologici in bambine piccole
Tendenza all’erotizzazione dei rapporti
sociali come mezzo per ricevere e dare
affetto,
masturbazione
compulsiva,
conoscenza anomala di aspetti della
sessualità adulta in bambini molto piccoli,
disegni a contenuto sessuale traumatico,
giochi sessualizzati, inserimento in vagina
di corpi estranei, iniziazione sessuale di
bambini più piccoli, prostituzione (i segni
di sessualizzazione precoce sono sintomo
e non causa di abuso!)
Disturbi dell’alimentazione
Disturbi del sonno
Disturbi
dell’apprendimento,
crollo
improvviso del rendimento scolastico
Sintomi di conversione (cefalea, dolori
addominali, nausea, enuresi, encopresi
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Pubertà precoce, amenorrea
Ansia di separazione
Mutismo selettivo
Comportamenti aggressivi
Comportamenti devianti e/o a rischio
Erotizzazione dei rapporti sociali
Conclusioni
La messa in “rete” con altri operatori favorisce l’identificazione precoce delle situazioni
a rischio e delle fasi iniziali del maltrattamento ed è spesso in grado di interrompere
il circuito della violenza e prevenire e/o
ridurre i danni fisici e mentali delle vittime.
La corretta rilevazione attiva una pronta
presa in carico, da parte della rete multidisciplinare, del bambino e della famiglia. Il processo di intervento è finalizzato a limitare i
danni, fisici e mentali, recuperando le ferite
esistenti con interventi sul bambino e, dove
possibile, sulla famiglia stessa. Attivando protocolli d’intesa interistituzionali garantiamo
continuità assistenziale e risposte integrate.
La formazione di base e continua del personale deve comprendere, oltre alle specifiche
conoscenze sullo sviluppo del bambino e il
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suo legame con la famiglia, anche i diversi
aspetti assunti dalla violenza sui minori e le
problematiche del bambino abusato e della
famiglia abusante. Approfondire le conoscenze ed adottare linee guida limita la messa in
atto di quelle resistenze personali che possono impedire all’operatore di riconoscere l’abuso.
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IO INFERMIERE - N.4 /2004
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