Infiammazione e patologie croniche della prostata: evidenza per un

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Infiammazione e patologie croniche
della prostata: evidenza per un legame
causale?
Alessandro Sciarra
Dipartimento di Urologia
Prostate Unit
Policlinico Umberto I di Roma
Università Sapienza di Roma
[email protected]
I
l carcinoma prostatico rappresenta la neoplasia più diffusa nell’uomo
negli USA ed in Europa. Ugualmente l’ipertrofia prostatica benigna (IPB)
è una patologia ad incidenza in continuo aumento.
Entrambe queste patologie prostatiche hanno carattere cronico e necessitano di un lungo periodo per il loro sviluppo e manifestazione clinica.
Inoltre entrambe sono associate al processo d’invecchiamento.
L’IPB è una patologia che inizia microscopicamente già intorno i 40 anni
ma produce poi delle modificazioni macroscopiche e clinicamente apprezzabili a partire dai 50 anni ed in maniera crescente in relazione all’età
del soggetto. Sia il volume prostatico che la sintomatologia clinica legata
all’IPB, aumentano significativamente di frequenza all’aumentare dell’età
del paziente.
Anche il carcinoma prostatico si sviluppa e progredisce in relazione all’età. L’età d’insorgenza di questo tumore sta diminuendo con un aumento
dei casi diagnosticati già fra 40-50 anni.
Ugualmente però, il tumore aumenta di stadio e di aggressività all’aumentare dell’età del paziente.
Alla correlazione fra invecchiamento e patologie prostatiche è stato imputato un ruolo dominante da parte delle modificazioni ormonali (riduzione degli androgeni ed aumento relativo degli estrogeni) che si verificano
in questa età.
Recentemente una grande attenzione è stata rivolta alla possibilità che
l’infiammazione, processo frequentemente riscontrato nella ghiandola
prostatica, possa avere un ruolo di stimolo per lo sviluppo e progressione
della patologia neoplastica ed IPB.
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Due domande possono essere quindi proposte:
1) l’infiammazione associata al tessuto prostatico rappresenta un fattore significativo per lo sviluppo e la progressione dell’IPB e del carcinoma prostatico?
2) Sono ad ora disponibili sufficienti dati clinici per identificare l’infiammazione prostatica come un fattore di rischio per le patologie prostatiche così da essere integrata in analisi di rischio?
Questo tipo di analisi può essere condotta a vari livelli:
- dati epidemiologici
- dati genetici
- ruolo dell’infiammazione o dell’infezione
- possibile meccanismo d’azione
- lesioni marker
- implicazioni cliniche
Dati epidemiologici
Il ruolo dell’infiammazione e dell’infezione è stato ipotizzato in diverse
neoplasie ed anche nel carcinoma prostatico. Una meta-analisi di Dennis
et al ha verificato la consistenza dell’associazione fra infiammazione o
infezione e carcinoma prostatico. Il rischio relativo (OR) di carcinoma prostatico aumenta di 1.8 volte nei casi con storia di infiammazione prostatica
e di 1.4 volte nei casi con storia di infezioni prostatiche, rispetto alla popolazione generale.
I dati epidemiologici sostengono anche una correlazione fra infiammazione e IPB. Un consistente nostro studio su 3942 esami istologici da pazienti con IPB, descrive la presenza di aspetti infiammatori istologicamente
accertati nel 43% dei casi esaminati, in particolare infiammazione cronica
nel 30% dei casi.
Irani et al hanno anche proposto una classificazione come “Grading di
aggressività dell’infiammazione” nel tessuto prostatico. Questo grading
classifica il danno che il processo infiammatorio produce sul tessuto prostatico e si correla significativamente con il valore del PSA sierico. Quindi, maggiore è il danno tissutale provocato dal processo infiammatorio,
maggiore è l’elevazione del PSA, marker di proliferazione del tessuto prostatico.
In conclusione, i dati epidemiologici sottolineano come la popolazione con
processi infiammatori cronici, sostenuti o no da infezione, presenta con
maggior frequenza un carcinoma prostatico o una IPB in progressione.
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Tuttavia i dati epidemiologici possono non essere sufficienti a confermare
un legame fra infiammazione e patologie prostatiche croniche ed un bias
potrebbe essere legato alla maggior frequenza di controlli nei pazienti con
infiammazione prostatica rispetto alla popolazione senza infiammazione.
Aspetti genetici
Nelson et al hanno cercato di evidenziare una conferma genetica all’ipotesi di un legame fra infiammazione e carcinoma prostatico.
Differenti geni sono stati isolati come responsabili del processo di carcinogenesi prostatica, sia in una forma ereditaria o familiare, che sporadica. Alcuni di questi geni codificano delle proteine coinvolte nel processo
infiammatorio prostatico.
Ad esempio i geni RNA-SEL codificano per un enzima che degrada il RNA
virale nelle infezioni; il gene MSR-1 codifica dei recettori utili per l’azione
macrofagica nel tessuto prostatico.
Lo studio scandinavo CAPS, su un ampia popolazione, ha identificato un
eccesso di mutazioni geniche correlate ai processi infiammatori nella popolazione con carcinoma prostatico rispetto alla popolazione sana. Per
esempio il MIC1 codifica per il transforming growth factor beta importante
per il ruolo dei macrofagi nell’infiammazione. Il gene IL1RN codifica per
classi di interleuchine.
In generale, se l’infiammazione rappresenta un importante fattore di stimolo per la proliferazione del tessuto prostatico ed in particolare per lo
sviluppo del carcinoma prostatico, varianti geniche coinvolte nel processo infiammatorio prostatico possono rappresentare dei fattori di rischio
per questa neoplasia.
I dati genetici rappresentano i dati più convincenti a conferma di un legame
fra processi infiammatori e patologie proliferative croniche della prostata.
Possibile meccanismo d’azione
Diversi dati hanno confermato che l’infiammazione ripetuta nella prostata produce uno stress ossidativo. Questo stress ossidativo attraverso la
liberazione di ossidanti di diverso genere conduce prima ad effetti distruttivi sul DNA cellulare prostatico e quindi a possibili eventi proliferativi di
compenso. È accertato che in zone di infiammazione cronica si generano
radicali liberi come ossido nitrico (NO) o diverse specie di ossigeno. Que-
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sti radicali liberi sono responsabili dello stress ossidativo nel tessuto prostatico, con distruzione del DNA e delle membrane celluari. I radicali liberi
possono anche essere convertiti dall’enzima cicloossigenase (COX) in
eicosanoidi, in particolare prostaglandine. Le prostaglandine sono coinvolte in stimoli proliferativi di compenso per il tessuto prostatico. Quindi il
processo infiammatorio ripetuto produce, attraverso la liberazione di radicali liberi, un iniziale danno tissutale prostatico. Attraverso due enzimi
fondamentali che risultano generalmente aumentati nelle patologie prostatiche, la COX-2 e la NOS, vengono prodotte sostanze che producono
una proliferazione tissutale prostatica reattiva.
Normalmente il nostro tessuto prostatico è protetto dal possibile danno
ossidativo dei radicali liberi attraverso un enzima la Glutation S transferase (GST). Alcuni autori hanno trovato una sua disattivazione attraverso un
processo di metilazione della GST, più frequentemente nei soggetti con
carcinoma prostatico.
L’potesi del meccanismo d’azione è quindi rappresentata da:
- infiammazione cronica
- produzione di radicali liberi
- stress ossidativo con danno cellulare (se assente la GST transferase)
- stimolo proliferativo compensatorio con rischio di mutazioni facilitanti
la carcinogenesi
- in caso di normale attività GST, stimolo semplice proliferativo verso
espressione iperplastica di IPB
Lesioni marker
È possibile ad oggi identificare una lesione istologica marker a conferma
del ruolo dell’infiammazione nella carcinogenesi prostatica?
L’unica lesione istologica riconosciuta come lesione precancerosa per il
carcinoma prostatico è rappresentata dal HGPIN. Il HGPIN rappresenta
una lesione precancerosa tardiva correlata alle ultime fasi di sviluppo del
carcinoma prostatico.
Una interessante lesione istologicamente riconosciuta nel tessuto prostatico è l’atrofia prostatica focale. De Marzo et al ha codificato il termine
di PIA, un atrofia focale prostatica legata al processo infiammatorio e con
caratteri proliferativi. Questa lesione presenta i caratteri istologici dell’atrofia e dell’infiammazione. È possibile quindi che la PIA rappresenti una
lesione marker istologica precoce nella carcinogenesi prostatica correlata
al processo infiammatorio prostatico.
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La possibile cascata di eventi comprenderebbe quindi:
- infiammazione cronica
- in caso di predisposizione genica e disattivazione della GST, sviluppo
di PIA
- successiva induzione del HGPIN
- evidenza del carcinoma prostatico
Implicazioni cliniche
Ad oggi i dati a favore di un legame fra infiammazione e patologie prostatiche croniche sono divenuti consistenti a diversi livelli.
In generale l’infiammazione cronica nel tessuto prostatico favorirebbe
un processo proliferativo che può tradursi più semplicemente in una progressione iperplastica (IPB) o più complessivamente in una induzione
neoplastica attraverso lesioni precoci (PIA) e tardive (HGPIN).
Questi dati hanno già fornito risvolti clinici importanti.
Quanto è presente una infiammazione cronica
nei pazienti con IPB
In un lavoro pubblicato su Eur Urol, abbiamo analizzato l’associazione di
infiammazione istologicamente confermata nel tessuto prostatico ad una
IPB, in più di 3000 soggetti. Nel 40% dei casi con IPB era presente una infiammazione prostatica istologicamente confermata. Inoltre la frequenza
di infiammazione nel tessuto prostatico aumentava ad aumentare del volume prostatico. Questo dato conferma che, più è presente una infiammazione cronica nel tessuto prostatico, più questa è da stimolo per la crescita
e progressione dell’IPB. Inoltre la presenza di infiammazione nel tessuto
prostatico produce un significativo aumento del PSA che è un marker non
necessariamente di neoplasia prostatica, ma più generalmente un marker
di proliferazione prostatica. Quindi anche la correlazione infiammazione
prostatica - PSA sostiene che l’infiammazione favorisce la crescita e progressione del tessuto prostatico verso una IPB clinicamente significativa.
Lo studio MTOPS su più di 3000 soggetti con IPB, ha evidenziato come i
soggetti con IPB e processo infiammatorio cronico istologicamente dimostrato, più frequentemente presentavano una progressione di patologia
fino ad episodi di ritenzione acuta di urine, se non trattati.
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Come identificare il paziente con IPB
e infiammazione cronica prostatica
L’associazione da ricercare è con una infiammazione cronica non necessariamente associata ad una infezione. Quindi si parla delle categorie di
prostatite II (cronica su base batterica) e III a (cronica non associata ad
infezioni ma a leucocitosi). Un primo modo quindi di caratterizzare i nostri pazienti è fare un esame del secreto prostatico con tampone uretrale
dopo stimolazione prostatica, rilevando la presenza di leucociti nello stesso (non necessariamente batteri).
La sintomatologia e l’anamnesi del paziente può anch’essa aiutare ad
identificare un paziente con IPB ed infiammazione cronica della prostata.
Una storia pregressa di episodi ripetuti di prostatite, un’associazione ai
classici sintomi dell’IPB di dolore perineale, dolore alla e durante la minzione (stranguria), possono identificare un paziente con IPB e infiammazione. Inoltre l’associazione ai LUTS di disturbi della sfera sessuale (se
non giustificati da altri fattori di rischio esterni alla prostata) può dirigere
verso un paziente che associa infiammazione ad IPB.
Un vero marker sierico non è stato ancora identificato ma, sicuramente, un
rialzo del PSA e PSA free non associato ad una neoplasia prostatica, spingono verso il sospetto di infiammazione associata ad IPB perché il danno
che l’infiammazione produce sulla prostata favorisce la liberazione e il rialzo del PSA sierico. Alcuni lavori sottolineano come il dosaggio nel liquido
seminale dell’interleuchina 8 si associa significativamente ad infiammazione prostatica rispetto alla sola IPB, con buona specificità e sensibilità.
A livello di tecniche d’immagine l’ecografia può dimostrare all’interno di una
IPB aree iperecogene segno di flogosi cronica significativamente specifica.
Recentemente la RMN con spettroscopia sta emergendo per la diagnosi
del nodulo neoplastico prostatico, perché associa all’immagine la determinazione quantitativa di alcuni metaboliti prostatici come la colina, la creatina e il citrato. Nella neoplasia si trova un picco di colina isolato con creatina
e citrato bassi. I nostri studi stanno identificando uno spettro caratteristico
anche per la flogosi prostatica dove la colina è elevata ma non isolata ma
associata a picco anche di citrato. Comunque lo spettro dell’infiammazione prostatica si avvicina a quello del HGPIN, confermando una relazione
possibile fra le due patologie (infiammazione come stimolo per HGPIN).
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Possibili futuri inserimenti in algoritmi
per la diagnosi e le terapie delle PAtologie
prostatiche
Al momento attuale la decisione se intraprendere una terapia per i pazienti con IPB si basa su:
- sintomi LUTS significativi e capaci di influenzare negativamente la
qualità di vita del paziente
- rischio di progressione dell’IPB identificato da elevazione PSA > 1.4
ng/ml e/o volume prostatico > 40 cc
Se nessuno di questi due parametri esiste, nessuna terapia viene indicata
per il paziente. Se sono presenti solo sintomi significativi ma non rischio
di progressione, l’indicazione è per alfa1 bloccanti. Se sono presenti sia
sintomi significativi che rischio di progressione, l’indicazione è per una
terapia di combinazione alfa1 bloccanti inibitori della 5 alfa redattasi. Se
è presente, senza sintomi, solo rischio di progressione, l’indicazione può
essere per una terapia preventiva con inibitori della 5 alfa redattasi.
In questo schema per il trattamento dell’IPB si può inserire il concetto di
infiammazione.
- Negli esami di primo livello può essere utile inserire una valutazione
del rischio di infiammazione prostatica associata ad IPB attraverso
storia clinica, sintomi ed ecografia prostatica.
- Se presente infiammazione prostatica, essa è in grado sia di influenzare la presenza di sintomi (che possono essere dovuti sia ad IPB che
a flogosi associata), sia il rischio di progressione di malattia (infiammazione stimola la crescita e progressione dell’IPB).
- Se presente infiammazione prostatica, si può indicare un farmaco
specifico in associazione ad alfa1 bloccanti se il problema sono sintomi significativi o rischio di progressione associato solo alla presenza
dell’infiammazione; oppure indicare un farmaco associato ad inibitori
della 5 alfa redattasi, per intervenire su sintomi secondari all’infiammazione per aumentare l’azione preventiva sulla progressione di malattia (duplice azione sia su meccanismo ormonale che sull’infiammazione).
Quindi l’importanza dei dati presenti a vari livelli in letteratura, a favore
di un’azione dell’infiammazione sulla progressione delle patologie IPB
e carcinoma della prostata, e l’elevata frequenza con cui l’infiammazione si associa ad IPB, può dirigere verso una identificazione precisa della
presenza di infiammazione prostatica nei nostri pazienti e quindi ad una
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terapia mirata specifica solo per i casi dove la flogosi è presente, spesso
in associazione con alfa1 bloccanti o inibitori della 5 alfa redattasi, così da
ottenere un vantaggio ottimale sia sulla sintomatologia (LUTS) che sulla
progressione di malattia.
Bibliografia personale
Prostate growth and inflammation.
Sciarra A, Mariotti G, Salciccia S, Gomez AA, Monti S, Toscano V, Di Silverio
F. J Steroid Biochem Mol Biol. 2008 Feb;108(3-5):254-60. Epub 2007 Sep 7.
Review.
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Inflammation and chronic prostatic diseases: evidence for a link?
Sciarra A, Di Silverio F, Salciccia S, Autran Gomez AM, Gentilucci A, Gentile V.
Eur Urol. 2007 Oct;52(4):964-72. Epub 2007 Jul 2. Review
n
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