Animalia
Siete mai stati al Polo Sud? No? Se mai decideste di andarci, questo è il periodo migliore, poiché, mentre
nell’emisfero boreale, o artico, che è il nostro, è pieno inverno, in quello australe, o antartico, cioè
dall’Equatore in giú, è piena estate. Dire estate è un eufemismo, visto che la temperatura laggiú, al Polo
Antartico, nella buona stagione è piú o meno la stessa che incontra chi, nel mese di gennaio, volesse affrontare
la parete nord dell’Eiger o del Cervino. Tuttavia, l’aria meno glaciale del solito provoca lo scioglimento
parziale dei ghiacciai eterni, seracchi alti come montagne precipitano nel mare burrascoso, iceberg vasti come
continenti flottano alla deriva per gli oceani alla ricerca di folli Titanic lussuriosi da speronare e colare a picco.
Comunque sia, è il periodo della cuccagna per i pinguini imperiali. Dopo sei mesi di cova da pretoriani
e di girotondi a ranghi serrati in alternanza di posizione contro l’implacabile vento blizzard, le uova si
schiudono, i piccoli nati si svezzano e cominciano a prendere dimestichezza con l’acqua nella quale
vivranno, cacceranno e moriranno, per la esigua durata della loro esistenza. Se mai un pinguino imperiale
può sentirsi bene e passabilmente felice in una vicenda biologica fatta di lotta e sacrificio, ebbene questo
è il momento, quasi di certo l’unico, in cui a ragione può citare l’incontentabile dottor Faust del goethiano
poema, ed esclamare: «Fermati estate, sei bella!»
La civiltà globale non ha ancora raggiunto il Polo Sud. Ma i primi segnali della trivella selvaggia e dei
voraci prelievi minerari sono nell’aria. Pertanto questa estate antartica è, se non l’ultima, una delle ultime
che il pinguino imperiale potrà godersi sguazzando nel mare e scivolando sul pack in regime di piena
autonomia e libertà. Poi verrà cooptato da équipe di osservatori, ricercatori, magari recluso in aree protette,
e infine tutelato da una costituzione ad hoc. Noi umani vogliamo tanto bene agli animali e li proteggiamo
con leggi ferree e intransigenti. Cani e gatti sono ormai difesi da leggi che prevedono per i trasgressori
multe salate e persino la detenzione. Il sospetto che tanta bontà dipenda dal fatto che non siano commestibili lascia dei dubbi. Bisogna dire però che anche per quelli commestibili o sfruttabili commercialmente
sono in atto procedimenti intesi a garantire agli animali un comfort ipertecnologico e prassi di buona morte.
La televisione si presta egregiamente nel fornire questo tipo di informazione agli utenti. Un programma
trasmesso da Rai 1 si occupa di un’azienda modello per l’allevamento di bufale nella piana di Paestum.
Trecento animali che vengono accuditi con i piú moderni e sofisticati metodi e strumenti tecnologici, tanto che
la ragazza che presenta la trasmissione e la proprietaria dell’azienda parlano con disinvoltura di un centro
fitness riferendosi al trattamento riservato alle bufale: dalla vasca per il bagno all’aperto, al centro massaggi,
dove uno spazzolone ruotante striglia le groppe delle bestie che vi si sottopongono con evidente piacere e
intenso godimento; dal reparto massaggi a quello del rilassamento, che avviene al coperto sotto le alte e ampie
tettoie della stalla su apposite piattaforme morbide ed elastiche. Intanto un flusso d’acqua irrompe dall’aperto
e percorre tutta la lunghezza del capannone-stalla. Lo ripulisce dagli escrementi che vengono trasportati,
con una certa rapidità, verso il sito dove le parti solide vengono separate da quelle liquide e quindi stoccate.
Saranno utilizzate come concime per i terreni adibiti alla coltivazione del foraggio di cui le bufale si nutriranno
durante i mesi in cui l’erba da pascolo non è disponibile, quindi durante l’inverno. La parte liquida si raccoglie
invece in appositi vasconi, dove viene depurata dai batteri e utilizzata per le varie necessità dell’allevamento,
che in tal modo è a totale ciclo chiuso. Dopo un certo numero di riciclaggi depurativi, non potendo piú essere
considerata potabile, è destinata a rifluire nelle sostanze fertilizzanti adoperate per i campi.
Apprendiamo che la mungitura viene effettuata da un robot calibrato sulla conformazione anatomica di
ciascun animale, per cui l’apparecchio applica il succhiotto aspira-latte esattamente sui capezzoli di quella
certa bufala per la quale è stato tarato dagli operatori. I litri di latte forniti da ogni animale sono otto al giorno
per nove mesi, secondo natura della funzione di allattamento dei piccoli. Ma questi non verranno mai allattati dalle madri, poiché il latte prodotto è destinato alla vendita commerciale, e le piccole bufale vengono pertanto separate dalle madri e allattate a mano da balie umane col biberon. Dopo i nove mesi di disponibilità
lattea, le bufale vanno in stasi, e quindi non danno latte. Intanto le piccole crescono, e quando sono pronte
entrano nel ciclo della produzione di latte che è poi utilizzato per confezionare le celeberrime mozzarelle.
Tra le tante esclamazioni di stupore per l’efficienza e la modernità dell’impianto di allevamento delle
bestie e per il lavoro degli esperti casari addetti alla lavorazione dei formaggi, in condizioni di estrema igiene e
sicurezza per animali e operatori, non si parla di due assurdità, e crudeltà se si vuole essere precisi, che
connotano il ciclo di allevamento e produzione casearia dell’azienda: il fatto che si rendono orfani i
piccoli per motivi di sfruttamento del latte per usi commerciali, ma soprattutto si tace sul destino dei
piccoli di bufala maschi, macellati a pochi giorni di vita per farne mangimi per cani, o persino, in alcune
aziende, abbandonati allo stato brado in natura, finché morte non li raggiunga per inedia.
Nel Sud antartico della wilderness o in quello della civiltà rapace, la vita è dura per i deboli, o per i
troppo buoni!
Teofilo Diluvi
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L’Archetipo – Gennaio 2011