Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006
Capitolo III – Analisi del contenuto dei Libri degli Elementi.
Carlo Marchini
Lezione 11 del 5 Aprile 2006
III.6. Il Libro VI. (Continuazione)
III.6.2. Le definizioni del Libro VI. (Continuazione)
III.6.2.2. Commento alla tre definizioni date. Torniamo alle definizioni accettate come autentiche.
La prima richiama la Def. I.19, in cui si precisa cosa debba essere inteso per trilatero, quadrilatero e
multilatero. Tale figura oggi prende il nome di poligono, spostando l’attenzione dagli spigoli agli angoli.
La definizione introduce ufficialmente la similitudine, anche se restano esclusi i segmenti circolari
(e tutte le figure non poligonali) che hanno meritato una menzione a parte anticipata al Libro III.
Per quanto riguarda la Def. VI.3 si può obiettare che essa sia fuori posto: o la si inseriva più che una
definizione vera e propria, dopo la Prop. II.11, ma in tal caso poteva essere espressa solo in termini
di rettangoli e quadrati, oppure essa ha senso solo dopo la Prop. VI.30, cioè solo dopo averne
provato l’esistenza.
Questa definizione però può essere vista anche solo per stabilire una nomenclatura di cose già note.
E forse questa ne è la vera origine, visto che di sezione aurea di un segmento si erano già interessati
artisti e architetti nello stabilire i canoni della bellezza. Come infatti detto sopra, gli architetti del
Partenone, Ictino e Callicrate ne avevano fatto uso e se ne può trovare traccia anche nella statuaria
greca.
Infine nella Def. VI.4, si parla genericamente di figura, non necessariamente rettilinea, ed allora
risulta assai difficile comprendere che cosa sia un’altezza. Il concetto richiede dei vertici, quindi
dovrebbe essere una figura rettilinea, o almeno parzialmente tale, ma bisognerebbe individuarne
«[…]la base», come viene richiesto dalla definizione stessa.
E’ poi assai rilevante l’uso (in italiano) degli articoli determinativi che sembrano fare pensare ad un
solo vertice e ad una sola base.
Già in altri casi si è parlato di base, ad iniziare dalla Prop.I.4, senza sentire bisogno di definirla e per
lo più con riferimento ai triangoli, ma finora si era evitato di parlare di altezza, preferendo indicare
la presenza di rette parallele. Così invece di affermare che due parallelogrammi con basi eguali ed
altezze eguali sono uguali, Euclide afferma
«Proposizione I.36. Parallelogrammi che siano posti su basi uguali e fra le stesse rette parallele sono uguali fra
loro.»
Invece già nella
«Proposizione VI.1. Triangoli e parallelogrammi che abbiano la stessa altezza stanno fra loro come le loro basi.»
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è presente il concetto di altezza, appena definito.
Ci si può chiedere perché ci sia questo ritardo di presentazione del concetto di altezza, quando già
nel Libro I si parlava di rette perpendicolari, Def. I.10. Una possibile risposta è che l’analogo della
Prop. I.36 espressa con l’altezza non mette in luce che sotto tale concetto c’è la teoria delle rette
parallele, come invece viene evidenziata dal testo della Prop. I.36 e delle altre in cui si usa l’altezza,
ma non la si nomina.
D’altra parte Euclide nella Prop. VI.8 potrebbe semplificare l’enunciato usando l’altezza, ma
preferisce evitarla.
III.6.3. Alcune Proposizioni del Libro VI. Il Libro presenta 33 Proposizioni + 2 Corollari. Quella più
citata nel seguito è la prima.
- Le Propp. VI.1 – VI.8 + Corollario e la Prop. VI.32 sono relativi ai triangoli; tra esse le Propp.
VI.4, VI.5 e VI.6, VI.7 sono i cosiddetti Criteri di similitudine dei triangoli. Esse
costituiscono l’ossatura della geometria della similitudine.
- Le Propp. VI.9 – VI.12 riguardano la costruzione del quarto proporzionale e nella Prop. VI.13
la media proporzionale.
- Le Propp. VI.14 e VI.15 sono relative a parallelogrammi e triangoli con proporzionalità
inverse.
- Le Propp. VI. 16 e VI.17 svolgono costruzioni a partire da rette date, sotto le condizioni di
proporzionalità.
- La Prop. VI.18 è la costruzione di un poligono simile ad uno dato, partendo da un lato
assegnato. Con la Prop. VI.25 si riesce a costruire un poligono simile ad uno dato, equiesteso
ad un secondo poligono assegnato. Come si diceva sopra, queste Proposizioni sono utili nella
pratica della misura per determinare l’area di un poligono.
- Le Propp. VI.19 – VI.20 + Corollario mostrano che nei triangoli e nei poligoni simili
l’estensione piana è proporzionale ai quadrati dei lati.
- Le Propp. VI.21 – VI.22 mostrano la proprietà transitiva della similitudine e rapporto tra
similitudine e proporzioni, di fatto definendo la similitudine come una relazione di
equivalenza compatibile con le altre relazione ed operazioni.
- Le Propp. VI.23 VI.24 e VI.26 – VI.29 parlano di parallelogrammi, e la Prop. VI.26 è
l’inversa della Prop. VI.24.
- La Prop. VI.30, come detto prima, permette di costruire una proporzione continua.
- La Prop. VI.31 è la generalizzazione del Teorema di Pitagora.
- La Prop. VI.33 mette in proporzione angoli e archi in una circonferenza.
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III.6.3.1. La prima Proposizione. Scendiamo nei dettagli, esemplificando alcune di queste
Proposizioni.
«Proposizione VI.1. Triangoli e parallelogrammi che abbiano la stessa altezza stanno fra loro come le basi.
Dimostrazione. Siano ABC, ACD [due] triangoli ed EACB, CAFD [due] parallelogrammi, aventi la stessa altezza
AC; dico che la base BC sta alla base CD come il triangolo ABC sta al triangolo ACD e come il parallelogrammo
EACB sta al parallelogrammo CAFD.
Infatti, prolungata da ambedue le parti la retta BD sino ai punti H, L, si pongano così quantesivoglia rette BG,
BH uguali alla base BC, e quantesivoglia rette DK, KL
E
uguali alla base CD e si traccino [infine] le congiungenti
A
F
AG, AH, AK, AL.
Ora poiché CB, BG, GH sono uguali fra loro, anche i
triangoli ABC, AGB, AHG sono uguali fra loro (Prop. I.38).
Quindi la base HC è tante volte multipla della base BC
quante volte è anche multiplo il triangolo AHC del triangolo
H
G
B
C
D
K
L
ABC. Per la stessa ragione, la base CL è tante volte multipla
della base CD quante volte è anche multiplo il triangolo ALC del triangolo ACD; e se la base HC è poi uguale
alla base CL, pure il triangolo AHC è uguale al triangolo ACL (Prop. I.38), se la base HC è maggiore della base
CL, pure il triangolo AHC è maggiore del triangolo ACL, e se la base HC è minore, anche il triangolo AHC è
minore. Date così quattro grandezze, le due basi BC, CD ed i due triangoli ABC, ACD, si sono prese altre
grandezze equimultiple [qualunque] della base BC e del triangolo ABC, cioè la base HC ed il triangolo AHC, e
ancora altre grandezze equimultiple qualunque della base CD e del triangolo ACD, cioè la base CL ed il triangolo
ACL; ed è stato dimostrato che, se la base HC supera la base CL, anche il triangolo AHC supera il triangolo ALC,
se HC è uguale a CL, corrispondentemente AHC è uguale ad ALC, e se HC è minore, AHC è minore; perciò la
base BC sta alla base CD come il triangolo ABC sta al triangolo ACD (Def. V.5).
E poiché il parallelogrammo EACB è il doppio del triangolo ABC (Prop. I.41), mentre il parallelogrammo CAFD
è il doppio del triangolo ACD, e due grandezze hanno fra loro lo stesso rapporto di grandezze equimultiple (cioè
A:B = mA:mB) (Prop. V.15), il triangolo ABC sta al triangolo ACD come il parallelogrammo EACB sta al
parallelogrammo CAFD. Poiché dunque fu dimostrato che la base BC sta alla base CD come il triangolo ABC sta
al triangolo ACD, e che il triangolo ABC sta al triangolo ACD come il parallelogrammo EACB tra al
parallelogrammo CAFD, si ha pure che la base BC sta alla base CD come il parallelogrammo EACB sta al
parallelogrammo CAFD (Prop. V.11).»
Alla luce delle considerazioni poste al termine di III.5, si possono riconoscere nell’enunciato e nella
dimostrazione della Prop. VI.1 i passi indispensabili per dire che le basi e i triangoli (i
parallelogrammi) di data altezza costituiscono due classi di grandezze direttamente proporzionali.
E’ evidente che il triangolo sta per la sua area e che sotto sotto c’è la determinazione dell’area del
triangolo.
Il testo euclideo sembra trattare un caso particolare, in cui i due triangoli considerati all’inizio della
dimostrazione sono rettangoli, con un cateto in comune. Nella versione di Teone si considerano
invece triangoli e parallelogrammi che abbiano altezza uguale, invece che la stessa altezza. Così il
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generico parallelogramma è un rettangolo. Comunque queste limitazioni ai triangoli rettangoli ed ai
rettangoli non inficiano la generalità della Proposizione.
Il testo pone attenzione che i vari segmenti siano posti ‘per diritto’, in modo che AC sia l’altezza
comune, prendendoli sui prolungamenti di BC, considerando la retta ‘terminata’ HL, dopo di che il
« quantesivoglia rette» assume una connotazione di difficile accettazione oggi: se Euclide sa già dove
sono i punti H e L, non ha molta possibilità di indicare una quantificazione universale sui numeri
naturali, o meglio lo può fare solo da H ‘in giù’, a riprova che l’infinito che lui considera è un
infinito ‘sotto controllo’, quindi anche qui i multipli generici sono rispetto a 4.
Questa Prop. VI.1 è applicata a 54 altre Proposizioni degli Elementi ed è la più citata del Libro VI.
In questa Prop. VI.1 non si parla ancora di similitudine di figure, per confermare, ancora una volta
che le prime Proposizioni di un Libro hanno un ruolo introduttivo ai risultati che invece riguardano
il nucleo concettuale del Libro stesso. Nel Libro VI questa ‘introduzione’ riguarda le prime tre
Proposizioni:
«Proposizione VI.2. Se in un triangolo si conduce una retta parallela ad uno dei lati, essa divide
proporzionalmente i [due altri] lati del triangolo; e se due lati di un triangolo sono divisi proporzionalmente, la
retta che congiunge i punti di divisione sarà parallela al rimanente lato del triangolo […].
Proposizione VI.3. Se in un triangolo un angolo viene diviso per metà, e la retta che divide l’angolo divide anche
la base, le parti nelle quali viene divisa la base avranno lo stesso rapporto che i rimanenti due lati del triangolo; e
se le parti nelle quali la base [di un triangolo] viene divisa hanno lo stesso rapporto che i due rimanenti lati del
triangolo, la retta che congiunge il vertice, col punto di divisione dividerà per metà l’angolo del triangolo.»
La Prop. VI.2 insegna a disegnare triangoli simili ad uno dato, mediante rette
parallele, la Prop. VI.3 tratta di una proprietà fondamentale della bisettrice di un
angolo, dimostrandola mediante rette parallele.
Lo stretto legame tra similitudine e parallelismo, illustrato dalla Prop. VI.2 e dai
John Wallis
(1616-1703)
successivi Criteri di similitudine dei triangoli non è casuale. Infatti Wallis e
Saccheri mostreranno che il Post. 5, delle parallele, è equivalente all’esistenza di
triangoli simili diversi.
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