Le risorse energetiche non rinnovabili

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acqua stagnante
povera
di ossigeno
Il carbone
Fa parte della categoria dei combustibili fossili poiché
si forma in seguito alla progressiva trasformazione di
resti organici vegetali, che vengono sottratti all’azione dell’ossigeno atmosferico. L’azione di batteri anaerobi (che vivono in assenza di ossigeno) modifica
la composizione chimica del materiale organico che,
con il passare del tempo, si arricchisce in carbonio,
componente essenziale di tutti gli organismi: più il
carbone invecchia e più energia potrà liberare poiché
maggiore sarà il suo contenuto in carbonio ( 1).
Si riconoscono quattro tipi di carbone in base all’età:
la torba è quello di più recente formazione; la lignite,
il litantrace e l’antracite si formano dal progressivo
processo di invecchiamento dei resti vegetali.
resti
vegetali
1000
a
3000
b
c
6000
La maggior parte dell’energia prodotta in tutto il mondo
deriva da fonti non rinnovabili: i combustibili fossili. Il
carbone è stata la risorsa più utilizzata a partire dalla
Rivoluzione industriale; il progressivo esaurirsi dei giacimenti a cielo aperto e lo sfruttamento di miniere nel
sottosuolo hanno fatto progressivamente aumentare
il suo costo sul mercato. I consumi di carbone oggi riguardano quasi unicamente i Paesi produttori, che sono
anche i principali consumatori (la Polonia, per esempio):
la risorsa viene generalmente impiegata nelle vicinanze
dei luoghi di estrazione per contenere al minimo i costi
di trasporto. Inoltre, con la nascita e lo sviluppo di una
cultura di rispetto dell’ambiente, si preferisce, dove le
condizioni lo permettono, non utilizzare questa risorsa
altamente inquinante. La combustione di carbone produce infatti monossido di carbonio, anidride solforosa
(che è responsabile del fenomeno delle piogge acide) e
polveri che inquinano l’aria.
Il petrolio e il gas naturale (metano) hanno progressivamente sostituito il carbone, come fonte principale di
energia, grazie alla facilità di trasporto (oleodotti e gasdotti) e allo sviluppo di tecniche moderne di ricerca e
di estrazione. Un’altra risorsa non rinnovabile, ma considerata come fonte di energia alternativa al petrolio,
è l’energia nucleare: negli ultimi decenni alcuni Paesi
(come la Francia) hanno puntato decisamente sull’uranio
radioattivo per la loro produzione energetica, probabilmente non facendo i conti con i rischi e i costi di gestione
e di smaltimento dei rifiuti di questo tipo di impianti.
vegetazione
palustre
PROFONDITÀ IN METRI
Le risorse energetiche
non rinnovabili
d
1 I quattro tipi di carbone.
a) La torba è il carbone «giovane», formatosi nell’era
quaternaria: costituisce il sottofondo di zone paludose. La
torba contiene circa il 60-65% di carbonio e ha un basso
potere calorifico: 3500 calorie per kg.
b) La lignite è un carbone più vecchio: risale all’era
cenozoica, ha un contenuto in carbonio che arriva fino al
70% e sviluppa un potere calorifico di 5000 calorie per kg.
c) Il litantrace contiene l’85% di carbonio con un potere
calorifico di 7000 calorie per kg.
d) L’antracite è il carbone più antico e più pregiato poiché
contiene il 95% di carbonio e produce circa 9000 calorie
per kg. I maggiori giacimenti risalgono al periodo
carbonifero (300 milioni di anni fa) nell’era paleozoica.
Si stima che le riserve di carbone siano molto più abbondanti di quelle petrolifere e probabilmente, al ritmo di sfruttamento attuale, saranno sufficienti ancora
per qualche secolo.
Lo sfruttamento del carbone come riserva energetica
è stato però progressivamente abbandonato (tranne
che nei Paesi in cui questa risorsa è abbondante) a
favore del petrolio, per certi versi più economico e soprattutto meno inquinante.
La combustione del carbone libera infatti nell’atmosfera ossidi di zolfo, principali responsabili del fenomeno delle piogge acide, e una grande quantità di
ceneri che sono molto nocive per la salute.
Il petrolio e il gas naturale
Il petrolio è una miscela di idrocarburi che si forma
a causa della trasformazione, da parte di batteri
anaerobi, di sostanze organiche vegetali e animali
depositate su fondali marini. Nel sottosuolo, i resti
organici decomposti, più leggeri dell’acqua, tendono
successivamente a migrare, attraverso pori e fessure, dalla roccia madre verso l’alto fino a quando
trovano uno strato impermeabile che impedisce loro
di disperdersi.
La concentrazione del petrolio in questa trappola rocciosa (trappola stratigrafica) forma il giacimento
vero e proprio: la roccia che ingloba il petrolio è porosa e permeabile e viene chiamata roccia serbatoio.
In un giacimento gli idrocarburi si stratificano a seconda della densità: nelle zone più elevate, a contatto con la roccia impermeabile sovrastante, si trovano gli idrocarburi gassosi come il metano; nella zona
Nelle zone paludose l’accumulo di resti vegetali (muschi,
alghe, canne, piante palustri, felci ed equiseti) viene sottratto
all’azione demolitrice dell’ossigeno dallo strato vivente
sovrastante e dal limo, che favoriscono l’azione dei batteri
anaerobi. Di solito queste zone paludose, come le torbiere
che si trovano a valle del lago d’Iseo, sono aree protette in
quanto meta temporanea di numerosi uccelli migratori e
casa permanente di numerose specie acquatiche.
intermedia gli idrocarburi liquidi; nella zona sottostante si trova acqua salata intrappolata nei pori dei
sedimenti assieme ai resti organici ( 2). Il petrolio
può essere utilizzato, oltre che per la produzione di
energia (soddisfa circa il 40% della domanda energetica mondiale), anche per la produzione di materie
plastiche e fibre sintetiche.
2 La migrazione del
pozzi
di estrazione
roccia
impermeabile
petrolio. Il petrolio migra
dalle rocce madri alle rocce
serbatoio da dove verrà
estratto.
petrolio
gas
acqua
faglia
roccia
serbatoio
roccia
madre
I giacimenti italiani non forniscono un quantitativo
sufficiente per il fabbisogno energetico: piccole quantità vengono estratte da pozzi in Pianura Padana e in
Basilicata sulla terraferma, e con piattaforme al largo
(«off shore») nel Mare Adriatico e nel Canale di Sicilia
( 3).
L’uranio
Sebbene la radioattività sia un fenomeno noto fin
dalla fine dell’Ottocento, fu solo durante la Seconda
guerra mondiale che si sperimentò quanta energia si
potesse liberare da una quantità relativamente piccola di nuclei atomici radioattivi: la tragica vicenda delle
bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki fece capire
all’umanità di avere a disposizione materiali potenzialmente pericolosi che però, se opportunamente «addomesticati», avrebbero potuto essere molto utili per la
produzione di energia a scopi civili. Il «combustibile»
più usato è l’uranio (U), più raramente il plutonio (Pu)
che non esiste in natura ma si ricava come prodotto
di scarto di alcune centrali nucleari. In un reattore nucleare di una centrale ( 4) barre di uranio radioattivo
sono immerse in un grande contenitore pieno d’acqua;
i nuclei atomici di uranio vengono «bombardati» da
neutroni che spezzano gli atomi (fenomeno di fissione nucleare) liberando una grande quantità di energia; l’acqua si riscalda e vaporizza: il vapore ad alta
pressione viene convogliato in apposite turbine che
producono energia elettrica.
3 Una piattaforma fissa dell’ENI al largo di Ravenna. Da
una serie di pozzi dislocati al largo della costa romagnola si
estraggono discrete quantità di metano.
Il principio che si sfrutta è quello della bomba atomica, ma le reazioni sono controllate e opportunamente
rallentate ( 5).
Il grande pregio, che da qualche decennio ha fatto preferire ad alcuni Paesi questo tipo di energia in alternativa al petrolio, è l’alto rendimento: un kilogrammo di
uranio, infatti, produce diecimila volte più energia di
un kilogrammo di carbone. Inoltre non si producono
gas-serra (come la CO2) e altre sostanze inquinanti.
4 Schema di funzionamento
di una centrale nucleare.
barre di controllo
reattore
nucleare
vapore
barre di
combustibile
di uranio
sodio fuso o acqua liquida
sotto alta pressione
(trasporta calore al generatore di vapore)
turbina a vapore
(genera elettricità)
+
–
scambiatore
di calore
condensatore
(il vapore della turbina viene
condensato con acqua fredda)
pompa
acqua fredda
acqua calda
Purtroppo si deve tener conto di numerosi aspetti negativi che vengono analizzati qui di seguito.
• L’uranio è una risorsa non rinnovabile ed è piuttosto raro in natura: l’uranio-235, l’unico isotopo
utilizzato nelle centrali (direttamente o arricchito al
3%), è solamente lo 0,71% di tutto l’uranio presente
sulla Terra. D’altra parte dall’uranio-238, l’isotopo
più abbondante (99,28%), si ricava un materiale
fissionabile ben più pericoloso: il plutonio-239. Il
plutonio è uno degli elementi più tossici: l’assunzione di qualche mg può uccidere un uomo!
• Le centrali nucleari non possono essere costruite
ovunque, ma solo in siti che siano relativamente
distanti da grandi agglomerati urbani (per le possibili fughe di materiale radioattivo), possibilmente
vicino a fiumi (da cui si attinge acqua per il sistema
di raffreddamento) e in aree asismiche (un terremoto potrebbe provocare danni con fughe radioattive).
• I costi per il personale (che deve essere specializzato), per la costruzione, la manutenzione e la
sicurezza degli impianti sono molto elevati, così
come quelli per lo smantellamento del reattore, che
di norma avviene dopo circa 30 anni di attività. Per
questo motivo oggi il nucleare soddisfa il 7% del
consumo energetico mondiale.
• Le scorie radioattive, i rifiuti che provengono dalle
centrali, sono nocive per l’uomo e per l’ambiente
anche dopo decine di migliaia di anni e quindi devono
essere rinchiuse in appositi contenitori stagni (che
incidono sui costi) e trasportate in luoghi isolati (nel
sottosuolo o in fondo al mare). L’uranio impiega 1000
anni a decadere fino a valori trascurabili di radioattività, il plutonio 250 000. Un reattore di medie
dimensioni produce 30 tonnellate di scorie all’anno.
• Fin dall’inizio dello sfruttamento di questo tipo
di energia si sono succeduti incidenti più o meno
gravi in centrali di tutto il mondo. L’incidente più
significativo fu quello che interessò la centrale di
Chernobyl in Ucraina nel 1986 e che colpì particolarmente l’opinione pubblica di tutto il mondo.
• Eventuali nubi radioattive dovute a un incidente in
una centrale nucleare vengono trasportate dai venti
e ricadono (fall-out) in località anche molto lontane
dal luogo di origine.
In Italia il risultato del referendum popolare del 1987
ha escluso la costruzione di nuove centrali e ha imposto la riconversione di quelle già esistenti.
5 Fissione nucleare.
neutrone
Per innescare il processo
di fissione, l’atomo di uranio
viene spezzato da un
bombardamento di neutroni; si
originano due atomi più leggeri
e si libera una grande quantità
di energia.
kripto - 92
uranio - 235
neutrone
neutrone
bario - 141
energia
neutrone
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