IL DISURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’ (di Simona Baiocco e Fabiana Fratello) Il termine borderline è nato in ambito psicoanalitico per indicare patologie più gravi delle psiconevrosi. Successivamente si è esteso alla psichiatria, ma non è mai entrato nel linguaggio comune, come termini quali schizoide, paranoico, narcisista, ecc., probabilmente per la sua poca chiarezza. Infatti il termine borderline racchiude un universo patologico tra la nevrosi e la psicosi difficilmente definibile e instabile. Potrebbe essere considerato, in diagnosi controtransferale, come indice di indecisione nel terapeuta. Nonostante questa incertezza continua ad essere usato a testimonianza di un bisogno di assolvere a scopi funzionali probabilmente diversi. Il vantaggio più evidente dell’utilizzo della terminologia borderline è di aver unificato una serie di etichette diagnostiche quali “carattere impulsivo” di Reich, “schizofrenia atipica” di Kasanin, “carattere psicotico” di Frosch o “personalità abbandonica” della scuola francese. Il primo autore che ha approfondito questa tematica è stato Grinker, che identificò una serie di caratteristiche per lo più comportamentali del borderline: ipersensibilità alle critiche, inadeguatezza nell’intimità, bassa autostima e tendenza alla depressione, sospettosità e presenza di rabbia o emozioni molto intense. Successivamente Kernberg definì il borderline come una modalità intrapsichica specifica e stabile nel tempo caratterizzata da: diffusione di identità, esame di realtà conservato, meccanismi difensivi arcaici quali la scissione, la negazione e l’identificazione proiettiva. Gunderson e colleghi sottolineano nel borderline i seguenti comportamenti: basso rendimento lavorativo, impulsività, gesti suicidari di tipo manipolativo, buon livello di socializzazione anche se superficiale, tendenza alla depressione e difficoltà nell’instaurare rapporti intimi. Facendo confluire le teorie di Kernberg e Gunderson, il borderline è così definito: − Rapporti interpersonali instabili e intensi; − Impulsività − Instabilità dell’umore; − Rabbia intensa e inappropriata; − Comportamenti fisicamente auto lesivi; − Disturbo di identità; − Cronici sentimenti di vuoto e noia; − Difficoltà a tollerare la solitudine. Inoltre, il borderline ha secondo Lalli una particolare modalità espressiva che consiste nella tendenza a spostare continuamente il centro del problema e che si collega a una caratteristica psicodinamica importante relativa alla difficoltà di entrare in intimità. Possiamo sintetizzare le informazioni fin qui raccolte come segue: il borderline è un soggetto con problemi di identità, con difficoltà a instaurare rapporti intimi, con paure abbandoniche, con tendenza agli acting-out, con oscillazioni dell’umore, crisi di rabbia violente e immotivate, suscettibilità ed ipersensibilità alla critica che può arrivare a sviluppare un vero e proprio delirio persecutorio, e diffidenza. E’ importante sottolineare che tutti questi aspetti si evidenziano in situazioni dove siano presenti dinamiche affettive, altrimenti, superficialmente, il borderline appare come una persona sufficientemente normale. Secondo Lalli, a queste caratteristiche si aggiunge la sensazione di un torto subito che porta il borderline a vivere i comportamenti degli altri come ingiusti e lesivi. Spesso questo torto è stato subìto nell’infanzia ma non sempre c’è il ricordo di un episodio preciso. Questo trauma di base viene elaborato dal borderline attraverso tre dinamiche basilari: la scissione; la maschera; la tendenza a far impazzire l’altro. La prima è una dinamica intrapsichica che serve a far sopportare il trauma, l’ultima è relazionale e ha lo scopo di vendicarsi dell’altro per il torto subìto e la seconda fa in qualche modo da cerniera tra le altre due. La scissione La rabbia non viene rimossa ma resta cosciente. Non potendo però essere espressa pena la perdita dell’oggetto, viene esperita in situazioni non collegate al motivo della rabbia. Questo spiega gli accessi di rabbia immotivata. La maschera La maschera serve a coprire la parte scissa e spiega la sensazione di inautenticità del borderline e la capacità di mantenere relazioni sociali superficiali apparentemente normali. La tendenza a far impazzire l’altro Una prima modalità per far impazzire l’altro consiste nell’essere ipercritici, cosa che al borderline riesce benissimo perché intuisce facilmente, attraverso se stesso, le dimensioni negative più o meno consapevoli dell’altro, risultando spesso impietoso. Una seconda modalità consiste nel non vedere gli aspetti positivi dell’altro. Per una corretta diagnosi borderline, che secondo Lalli deve poi essere sostituita con una più specifica che metta in luce il funzionamento del paziente, è di grande importanza l’aspetto controtransferale. Già dalla raccolta dell’anamnesi, infatti, il soggetto borderline tende ad essere contraddittorio, ad oscillare tra vissuti opposti e mostra la tendenza a mettere in difficoltà l’altro soprattutto nella capacità di comprendere. Questi elementi suscitano nel terapeuta un particolare controtransfert. L’attività terapeutica con questi pazienti risulta faticosa e frustrante per le loro continue sfide, per le minacce autolesive e per l’imprevedibilità dei comportamenti. Per la diagnosi borderline, il controtransfert è fondamentale, il terapeuta, infatti, ha la sensazione che frantumata la maschera e i meccanismi difensivi, il paziente potrebbe rischiare un crollo psicotico e manifestare una struttura psicopatologica più grave. I disturbi di personalità sono caratterizzati da modalità profondamente radicate inflessibili e mal adattive sia nella percezione del mondo che di se stessi. Lalli preferisce parlare di disturbi strutturali del carattere, intendendo per strutturale una sedimentazione di eventi di natura traumatica in età infantile che hanno comportato un abnorme strutturazione di meccanismi difensivi molto primitivi e una conseguente difficoltà di instaurare una relazione terapeutica. Lalli evidenzia anche una particolarità espressiva nel borderline che consiste nell’opacità e approssimazione del linguaggio e nel spostare sempre il centro del problema, del parlare del “ben altro” che sottolinea la difficoltà di entrare in relazioni più profonde e alla preclusione di visioni alternative. Questa modalità del pensiero apre la strada anche alla possibilità che nel borderline sia presente un disturbo del pensiero. Il pensiero del borderline non è frammentato, ma rigido nel contenuto e tangenziale nella forma, spesso poco fluido e ripetitivo.