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Gino Salvador
Toronto, 22 settembre 2006
NOTE BIOGRAFICHE
Gino Salvador è nato a Valvasone (PN) il 28 maggio 1935; è figlio di Vittorio e Lisa Salvador, ed è un
cognome presente a Valvasone già dal XIII secolo.
Ha tantissimi ricordi e molto nitidi degli anni della sua infanzia e della sua adolescenza trascorsi al paese:
“Sono stato sempre molto vivace, appassionato alla musica (e mamma cantava sempre): partito con
solfeggio cantabile all’età di dieci anni e mezzo, ho fatto nove mesi di solfeggio, son passato alla tromba, la
tromba non mi ha soddisfatto molto, son passato al clarinetto. Due anni dopo ero con la fanfara di
Valvasone, come può vedere [indica una fotografia appesa a una parete], due anni dopo passai al sax, e
con clarinetto e sax partecipai all’orchestra Havana, sempre da Valvasone, poi con l’orchestra fondata,
condotta, diretta da me stesso, poi passai gli ultimi due anni… un anno sono andato a Pordenone con i
grandi Gianni Mecchia, Gianni Balbi, Alfredo del Ben, Costalunga… poi partenza per il Canadà. Oh! Feci
parte anche per due anni dell’orchestra Cumparsita, di Valvasone. Ho studiato con il maestro Antonio
Perosa, il maestro della banda, poi ho studiato due anni e mezzo con il maestro De Carlis di Pordenone, poi
partenza per il Canadà.
Decisi perché il servizio militare non mi è mai piaciuto, perché sono nato contro il principio della guerra, sono
tutto per la pace, e quando sono arrivato alle porte per la visita militare, eseguita: idoneo, ma prima di
andare a servizio… partenza. Partito il 18 marzo dalla stazione di Casarsa, imbarcato a Trieste, nel 1956.
Fatto Venezia-Patrasso-Napoli-Palermo-Lisbona-Barcellona-Halifax con la Vulcania, 17 giorni di
navigazione. Un altro colpo di fortuna: siccome son partito con cinque amici compaesani, che sapevano
benissimo che io ero già molto attivo con la musica (io ho suonato fino all’ultima sera prima di partire), e ho
pensato di nascondere il sassofono sotto la branda, sul bastimento, ma non è andata così, perché quando
un fisarmonicista passava lungo il corridoio suonando, senza che io sapessi ha mandato a prendere il
sassofono, me l’ha portato e ha detto: aggregati; e da lì ho suonato durante tutto il viaggio, in seconda e in
terza classe, così non c’è stato niente riposo per me. Arrivati ad Halifax, partimmo dopo le due dopo pranzo
e fu un viaggio di trentasei ore di treno, in quei giorni del ’56. Carrozze da portamucche: sedili di legno,
finestre aperte, a febbraio, con il freddo; locomotive a carbone che ci riempivano non soltanto il
compartimento ma anche i polmoni di aria nera. Trentasei ore dopo ero a Toronto, Union Station, i cugini
vennero a prendermi, passai da loro due settimane, e poi: lavoro.” I cugini emigrati da Valvasone erano i
coniugi Boser, Edoardo e Maria; Gino fece richiesta per emigrare a sua volta tramite il governo canadese,
che aveva lanciato un appello per far giungere nuovi emigranti. “Io avevo il passaporto già pronto, firmato
per la partenza, per andare in Venezuela, ma c’era qualche cosa in me che mi disse sempre: Non andare al
caldo, non partire per il Venezuela… una voce strana. Affinché nello stesso tempo il Canada aveva lanciato
un appello per emigranti italiani. Applicato, stato accettato, partenza… e partito per il Canadà, invece che
per il Venezuela.” Andò a stare dai cugini e due settimane dopo si trasferì dalla sorella di quella che sarebbe
diventata sua moglie, la futura cognata, sposata con Giovanni Campaner, friulano anch’egli. “Da lì, come
tutti gli italiani, barbiere, architetto, geometra o ingegnere, non c’era differenza: quella volta andavi nelle
costruzioni, soltanto lavori di fatica erano per noi, di muscolo, e pieni di volontà.”
Gino lavorò nelle costruzioni per quasi tre mesi, ma gli si manifestò un problema causato dalla temperatura e
dal tipo di raggi ultravioletti diversi da quelli della sua terra, per cui continuamente continuava a rigenerarsi
pelle nuova. Quindi per tre mesi lavorò nel settore degli investimenti immobiliari, in un ufficio, ma si accorse
che anche quello non era un mestiere adatto a lui. “Nello stesso tempo, una settimana dopo arrivato,
qualcuno, non so come, da dove, mi chiamò… Sei musicista? Sì. Ci serve un sassofonista. Sì, ci sono. È
venuto a casa a prendermi, abbiamo fatto una prova e son partito a suonare, una settimana appena arrivato.
Questo era uno che ha saputo tramite gli amici che era arrivato un friulano musicista, destino ha voluto così.
Mi ha chiamato, e siamo partiti che abbiamo formato questa orchestra, che ha durato per sei anni: I
menestrelli della rumba, eravamo chiamati. Poi per ragioni progressive, per ragioni di volontà, per ragioni di
cambiamenti, sono andato a scuola. Ho studiato con uno dei più grandi, era professore di chimica, ma era
un grandissimo, un fenomeno musicale, compositore, arrangiatore, capo orchestra. Era un musicista nato,
figlio di napoletani, Pat Riccio [Port Arthur-ora Thunder Bay, 1918 – Toronto, 1982.08.23], che è stato
considerato lui in nome di [al pari di] Glenn Miller, l’americano [Clarinda-USA, 1904.03.01 – Stretto della
Manica, 1944.12.15], lui era in Inghilterra baracca accanto a baracca, Glenn Miller accanto a Pat Riccio, è
un detto che Pat Riccio è vissuto, è rimato Pat Riccio, Glenn Miller è morto, è [di]venuto Glenn Miller. Glenn
Miller aveva uno staff di arrangiatori che arrangiavano per la sua orchestra, invece Pat Riccio scriveva e
arrangiava, conduceva, suonava, tutto lui… un fenomeno. Ho studiato quattro anni e mezzo con lui:
composizione, armonia, contropunto e arrangiamento, e da lì è stato scoperto che io non ero musicista, non
ero arrangiatore, ma ero compositore. Da lì mi misi a scrivere, dal ’72 scrissi un grande successo, che ho
scritto parole e musica in italiano e in inglese, Don’t say Goodbye, che ha lanciato il cantante Enrico Farina
[Sora-FR, 1939]; io gli ho scritto questo motivo, l’ha inciso in italiano e inglese, mai stato fatto prima in
Canadà, è uscito ed è divenuto un fenomeno.”
Incoraggiato da questo primo strepitoso successo (il brano rimase per 16 settimane in classifica) Gino ha
continuato a comporre musica, e attualmente ha cinque CD a suo credito, con il nome d’arte di Maxwell
King, noto in tutto il moto soprattutto per l’album Wine and Lovers, del 1987. La copertina dell’album è stata
ideata da sua figlia, appassionata d’arte. “La storia è che per fortuna o per destino, o per quello che sia,
sono riuscito ad incontrare i più grandi, i classici.” Ha suonato infatti per cinque anni con un grande
fisarmonicista, figlio di abruzzesi: Joseph Macerollo [Guelph-Ontario, 1944.10.01], professore di lingue (ne
conosce ben quattro), fenomeno musicale, che ogni anno rappresenta a Milano la Farfisa, produttrice di
strumenti musicali, ed è l’inventore della fisarmonica free-base. A lui si deve anche l’aver introdotto lo studio
della fisarmonica a livello universitario, perché prima non era uno strumento accettato nei conservatori
musicali. “Questo qui dà lezioni a Russi, Cinesi, Messicani, Brasiliani, Italiani, per tutto il mondo vengono a
suonare da lui. Si doveva fare The Dream Team Project: io avevo scritto tutte le musiche, lui le avrebbe
eseguite con l’arrangiatore più quotato (probabilmente) vivente sul pianeta, sono i nostri amici, la nostra
cerchia; ma il governo non ci ha dato i fondi, perché ovviamente noi siamo troppo anziani di età, non siamo
quelli che si fa tours, e tutti puntano sul vendere chi fa tours, e siamo stati ignorati per quell’album.” Gino
conosce bene anche il pianista jazz Norman Amadio [Timmins-Ontario, 1928.04.14], figlio di trevigiani, che
ha suonato con tutti i più grandi jazzisti neri o bianchi del mondo e ha suonato per le incisioni dei suoi CD.
Anche l’orchestra sinfonica di Toronto (venti elementi, dodici violini) ha suonato per i suoi CD.
Il momento più emozionante della sua carriera artistica è stato quando ha avuto l’opportunità di suonare per
il primo ministro canadese, era il ’68. Nel 1992 ha anche composto quello che è considerato a tutti gli effetti il
secondo inno nazionale canadese, I See One Canada. Ben due primi ministri gli hanno scritto lettere di
congratulazioni, Pierre Trudeau (Montréal, 1919.10.18 – 2000.09.28) e Jean Chrétien (Shawinigan-Quebec,
1934.01.11), e parole di elogio per la sua musica sono state scritte anche da Tony Bennett [Queens-New
York, 1926.08.03]; inoltre ha rilasciato diverse interviste per riviste specializzate o meno, anche per il
Corriere Canadese. “Incominciai a suonare a dieci anni, ne ho settantuno, sono sessant’anni che suono, mi
sembrano… da quello che ho fatto non ci posso credere. Nel 1952 feci Il Microfono è Vostro, si parla di
cinquantaquattro anni fa, dunque non ho mai smesso.”
Gino ha lasciato i parenti in Italia, sorella, nipoti e cugini, e torna volentieri per rivederli e riposarsi un po’, per
staccare da un ritmo di vita un po’ stressante. [suona un accenno di tre brani: The Mood I’m In, registrazione
da 22’23’’ a 25’54’’; un brano jazz, da 26’07’’ a 27’01’’; A Song For a King, da 27’31’’ a 29’04’’]. La moglie di
Gino, Gabriella del Greco, è figlia di abruzzesi e si sente molto italiana. “Noi emigrati siamo rimasti più italiani
degli italiani. Noi abbiamo portato l’Italia nel sangue, gli italiani odiano quasi, l’Italia, ora. Purtroppo vai in
vacanza a Roma, a Venezia, e quasi quasi non ti vogliono neanche vedere.” Gabriella e Gino hanno avuto
tre figli: Lisa, Roberto e Paolo. Gino ha scritto anche alcuni brani di musica folkloristica friulana, uno in
particolare è dedicato al campanone di Valvasone, perché è rimasto davvero molto affezionato alla sua terra
d’origine, pur essendo partito che era molto giovane, a vent’anni. Ripensandoci ora, forse, con qualche
sacrificio in più, sarebbe potuto restare a vivere in Italia, ma “[…] è destino nella vita, non c’è altro che
destino, quello che deve succedere deve succedere.” Gino Salvador ha conservato fotografie che lo
ritraggono con Domenico Modugno, Claudio Villa, Luciano Taioli, perché ha suonato per loro quando
venivano a Toronto. “La musica è quello che senti, non quella che studi, la scuola ti dà solo gli attrezzi per
lavorare il terreno, se non c’è qui [indica il cuore] non cresce niente.” Quando compone pensa spesso e
volentieri al vento, alla pioggia, al sole, alle nuvole, alla stagioni, alle feste o alla malinconia; ha coperto
quasi tutti i generi: scrive musica religiosa, musica jazz, musica pop, di folklore. Il brano da lui composto
“The Mood I’m In” è stato primo nella classifica del Canada per sei settimane. A Luigi Lucchini, presidente
dell’Efasce, e ad Elio de Anna, presidente della provincia di Pordenone, ha detto: “Noi abbiamo una miniera
d’oro in Canadà, che siamo o italiani nati, o figli di italiani, che i governi o le regioni italiane si dovrebbero
interessare a farli tornare in Italia come duo, trio, solisti o quintetto, per scambiare, comunicare agli artisti
italiani, per vedere quello che noi abbiamo fatto e dato, che non siamo riconosciuti dalle nostre radici.” Le
idee non mancano in proposito, e sarebbero tutte iniziative bellissime, quello che manca sono i fondi per
organizzare festival o concerti. Gino ricorda con piacere la fanfara storica di Valvasone, che ha già circa
centoventi anni, e il castello dove ha dormito Napoleone, e lo stupendo organo monumentale conservato nel
duomo, con i dipinti del Pordenone, e i concerti che si tengono ogni anno in maggio, con musicisti di fama
provenienti da tutta Europa e dall’America. Quando Gino è partito da Valvasone quell’organo era fuori uso,
perché i tedeschi avevano cercato di smontarlo e portarselo; fortemente fu salvato, grazie all’intervento della
contessa di Valvasone.
Un episodio particolare è legato alla sua carriera di artista: nel 1974 c’erano tre musicisti chiamati a scrivere
le musiche per la colonna sonora del Padrino parte II: Nino Rota [Milano, 1911.12.03 – Roma, 1979.04.10],
Henry Mancini [Cleveland-Ohio, 1934.04.16 – Beverly Hills-California, 1994.06.14] e lui, Gino Salvador.
“Quando eravamo in conversazione telefonica per quasi tutta la sera da New York, siamo arrivati al che: il
che era che io dovevo fare il servo per un anno senza paga. Lavorare per loro, fare per loro [Mancini e
Rota], dettato da loro, come volevano loro. Poi quando a un amico mio avvocato gli ho accennato la
faccenda mi ha detto: Gino, il tuo sangue e il tuo sudore.. vuoi dare un anno della tua vita a loro? Fa’ come
vuoi, ma io gli direi: Cosa avete da offrire? Quando li ho richiamati poi, e gli ho trasmesso il messaggio, mi
hanno detto: Ma chi pensi di essere? Tu sei nessuno. Noi abbiamo già investigato a Vancouver, a Montréal,
a Toronto: tu sei soltanto un small-band-leader a Toronto. E mi hanno detto: ma chi te l’ha suggerito, perché
ci parli così? E io gli ho detto: Guarda, da ora in poi la conversazione cessa e passa al mio avvocato. Non
avessi detto questo! Han detto: tu ragioni così perché hai paura che noi ti portiamo via il tuo materiale. Ho
detto: Non avevo neanche pensato a quello, lo stai pensando tu. Han detto: Se quello è quello che pensi te
lo dico io: Noi usiamo tutte le tue musiche che ci hai mandato e ti citiamo alla corte suprema americana a
provare che tu non l’hai rubata da noi. Stiamo parlando del mio materiale, delle mie canzoni, allora ho
pensato: Ah! Qui non si ragiona più… Quando poi ho riparlato con l’avvocato ho detto: Questo è quel che
passa, e lui: Un altro suggerimento ti faccio: non chiamarli per un mese. Silenzio. Vedi che proposte ti fanno.
Trenta giorni dopo lo chiamo, risponde al telefono, dico chi sono, mi fa: Ma ti rendi conto con chi stai
trattando e parlando? Ho detto: Beh, pensavo di sì. Ha detto… in inglese si dice you blow it: hai soffiato, hai
rovinato, ti sei tagliato le gambe… mi fa: tu saresti stato ingaggiato da noi con un’orchestra di trentacinque
musicisti da New York, i migliori musicisti, a fare il giro del pianeta, una tournée. Quando saresti tornato in
America saresti stato un grande musicista molto ricco. Allora per ora parliamo noi e quando ritorni dalla
tournée parli tu, ci sediamo e parliamo a contratti. Avevo tre figli piccoli, la moglie a casa, un lavoro qui.
Allora avevo trentasette anni. Ho detto: finito, chiuso, basta. Mi hanno detto: tu non avrai più successo nel
giro della musica, tu non entrerai più in nessuna maniera. Ecco perché, da dove è nato il nome Maxwell
King, un nome ebreo; quelli con cui stavo trattando io erano gli avvocati di Richard Nixon [Yorba Linda-USA,
1913.01.09 – New York, 1994.04.22], il presidente americano. Loro mi hanno detto: Tu non entrerai più nel
mercato della musica. Io essendo friulano, essendo figlio di un padre granatiere che ha vinto il primo premio
per disciplina a Roma, e per avere una madre che quotava [?] la Bibbia meglio del Papa forse, non mi han
piegato, non mi han storto le idee, e ho detto: Ok, io non entro più. Mia figlia è geniale pure, ha detto:
inventiamo un titolo. Perché non un Giuda che rompe tutto, che apre tutte le porte… perché son loro che
controllano stampa, radio, televisione, e banche. Il senato americano è controllato dai giudei. Ho detto: Ok.
Maxwell King sarà il nome dell’album, e io ho scritto tutti i brani. Quando poi è uscito gli esperti radiofonici mi
hanno detto: Gino ma sei pazzo, sei un fanatico; nella storia della musica incisa nessuno si è permesso di
lanciare un album con tutti originali. Questo qui è stato quello che scriveva la rivista The Harper Music
Magazine, che sarebbe la rivista più quotata che abbiamo in Canadà, quello che ha creato il June of Vox [?]
che sarebbe il festival di Sanremo canadese. Era diventato un grandissimo amico, lui era un capitano delle
giubbe rosse, era pilota, era giornalista, ma siccome che lui era un po’ capriccioso e testardo come me ci
siamo diventati e fatti amici come fratelli. Lui mi ha dato tutto il supporto a gratis e ho sfondato grazie a lui,
che abbiamo sfidato il sistema, anche lui era contro gli ebrei, perché, non per niente, perché se non sei uno
di loro… io non ho nulla contro gli ebrei, è che loro devono controllare in assoluto tutto quello che vogliono.
Allora mi ha detto: Gino, pensaci bene. Tu devi avere un titolo che dev’essere la colonna sonora di qualche
film.”
Gino legge una lettera scritta da Jack Lenz (Eston-Saskatchewan), che lo elogia reputandolo un grande
compositore, che potrà essere considerato in futuro al pari di Jerome Kern (New York, 1885.01.27 – New
York, 1945.11.11), Cole Porter (Peru-Indiana, 1891.06.09 – Santa Monica-California, 1964.10.15), George
Gershwin (New York, 1898.09.26 – Hollywood, 1937.07.11), Irving Berlin (Tyumen-Russia, 1888.05.11 –
New York, 1989.09.22). “Io nel mio modo di fare, che penso di sapere il mio livello senza vantarmi e senza
pretese, non mi vanto mai; io ho degli studenti che sono la fine del mondo per i successi che hanno, i
progressi che fanno, per l’umiltà e l’umanità e la teoria che gl’insegno, Credono loro di venire qui a scuola
per divertirsi. Faccio lezione a tre figli di un avvocato, che è musicista anche lui e la madre è musicista
professionista; gli ho salvato la vita, mi han detto, da quando sono venuti qui a prendere lezioni.” Ritornando
al giornalista, che gli disse che era assurdo lanciare un album con dodici brani originali, lui non gli diede
troppo peso: “Io mi son detto: ma perchè devo usare brani di questi, dove io ritengo che il mio talento sia
uguale o anche superiore a certi, che anche loro han scritto delle fesserie, anche i grandi. Allora ho pensato:
voglio fare una pazzia: tutti originali, perchè io avevo già fatto un sondaggio, avevo lanciato quattro
quarantacinque giri singoli prima dell’album, e tutti quanti sono andati in statistica, in classifica, ai primi posti,
tutti sono stati grandissimi successi. Il mio vantaggio, miracolo, destino, è che l’arrangiatore è uno dei più
grandi geni viventi, George Shearing [Londra, 1919.08.13], il pianista cieco, che ha scritto Lullaby of
Birdland, ha interpellato questo Rick Wilkins [Hamilton-Canada, 1937.02.01], amico mio, per riarrangiarlo per
l’orchestra sinfonica di Cincinnati, che l’ha rilanciato di nuovo. Dunque: gli americani ce ne hanno di
arrangiatori, han chiamato lui. Ha nove dischi d’oro al credito come arrangiatore dell’anno. Sassofonista,
clarinettista, esecutore, ma lui è quello che ha arrangiato molti dei miei brani.”
NOTE BIOGRAFICHE
Dall’opuscolo: “Pordenonesi nel mondo. Soci onorari della Banca di Credito Cooperativo
Pordenonese. Toronto, 15 settembre 2006”
Gino Salvador.
Nato a Valvasone il 28 maggio 1935, Gino Salvador emigrò in Canada nel 1956. Assunto dalla Imperial
Tabacco Ltd., prima nel settore delle spedizioni, poi come controllore della qualità, prestò servizio per
trentotto anni. Appassionato di musica fin da giovane, si dedica nel corso degli anni all’apprendimento di
solfeggio cantabile, di clarino e di sassofono. Oggi fa parte di orchestre che suonano alle feste paesane e in
celebrazioni di vario tipo. Ha raggiunto un livello di professionalità elevato componendo diverse canzoni di
successo. Nel 1987, fondò l’orchestra Maxwell King registrando l’album Wine & Lovers insieme a 20
musicisti di fama internazionale, tra cui alcuni violinisti dell’Orchestra Sinfonica di Toronto, che eseguono 12
brani originali scritti da Gino Salvador. Le sue canzoni natalizie vengono oggi trasmesse da moltissime
stazioni radiofoniche. Inoltre, la canzone del famoso cantante canadese Joe Cughlin, “I See One Canada”,
musicata da Gino, riceve un encomio particolare da due Primi Ministri del Canada: Pierre Trudeau e Jean
Chretien, per il richiamo all’unità della nazione canadese espresso sia dalle parole che dalla musica.
NOTE BIOGRAFICHE
Curriculum Vitae
di GINO SALVADOR – Jaggar Music & Records
“Carriera Artistica in Italia”:
[...]
“Carriera Artistica in Canada”:
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
Maxwell King… The Story
Jaggar Music
Carriera artistica di Gino Salvador
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
Da “Tandem. Corriere Canadese”, 10 aprile 2005
A Canadian 'king' of composers.
Woodbridge
septuagenarian
prepares
for
comeback
by
re-releasing
1988
album
by JOHN HANAN
Incipit: "A Woodbridge resident and music maker has been making chart-topping hits for decades and has
received plenty of worldwide attention. However, this prolific musician hasn't received much recognition in his
hometown. Of course, that might have something to do with the fact that he uses an alias - Maxwell King instead of his birth name, Gino Salvador. [...]"
NOTE BIOGRAFICHE
Da “RPM Music Magazine”, 19 marzo 1988, pag. 14
Maxwell King hits hard with A/C programmers.
Fotocopia della rivista RPM dove si parla dell’LP di Gino Salvador alias Maxwell King “Wine and Lovers”,
definito “fenomeno” musicale.
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
Da “RPM Music Magazine”, 26 marzo 1988, pag. 8
Canadian songwriters can tap industry for success.
di GINO SALVADOR – President, Jaggar Records/ Publishing
Fotocopia della rivista RPM dove Gino Salvador alias Maxwell King scrive dei suoi successi in campo
musicale.
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
Da “RPM Music Magazine”, 28 maggio 1988, pag. 10
Fotocopia della classifica della rivista RPM da cui risulta che il successo di Gino Salvador alias Maxwell King
“The Mood I’m In” è stato primo in classifica come brano singolo.
[...]
“Carriera Artistica in Canada”:
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
Ottawa, 19 aprile 1995
Fotocopia della lettera firmata dal primo ministro Jean Chrétien che scrive parole di encomio per quello che
è considerato a tutti gli effetti il secondo inno nazionale canadese, I See One Canada, composto da Gino
Salvador nel 1992.
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
Montréal, 1 marzo 1995
Fotocopia della lettera firmata dal primo ministro Pierre Elliott Trudeau che scrive parole di encomio per
quello che è considerato a tutti gli effetti il secondo inno nazionale canadese, I See One Canada, composto
da Gino Salvador nel 1992.
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
6 marzo 1978
Don’t blink music inc.
Fotocopia della lettera firmata da Jack Lenz che scrive parole di elogio per la musica composta da Gino
Salvador.
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
I See One Canada.
Lyrics by Bill Jones
Fotocopia del testo dell’inno “I See One Canada”
[...]
NOTE BIOGRAFICHE
I See One Canada.
Music by GINO SALVADOR – Lyrics by William Jones
Fotocopia di un breve testo che tratta della collaborazione di Gino Salvador e W. Jones
[...]
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