Fonti antiche sulle origini della filosofia e sul significato del

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Fonti antiche sulle origini della filosofia e sul significato del termine
Eraclito di Efeso (535-475 a.C.?)
E' necessario infatti, secondo Eraclito, che coloro che amano la sapienza siano certamente
esperti di molte cose.
cr¾ g¦r eâ m£la pollîn †storaj filosÒfouj ¥ndraj enai kaq' `Hr£kleiton.
DK 22 B 35 = Clemente Alessandrino, Stromata II, 421,4.
Erodoto di Alicarnasso (484-425 a.C.?)
[29] In una Sardi all'apice dello splendore giunsero in seguito tutti i sapienti di Grecia dell'epoca,
uno dopo l'altro, e tra gli altri Solone di Atene. Solone formulò le leggi per i propri concittadini, su
loro richiesta, e poi soggiornò fuori della patria per dieci anni, partito col pretesto di un viaggio
conoscitivo, ma in realtà per non essere costretto ad abrogare alcuna delle leggi che aveva
promulgato; perché gli Ateniesi, da soli, non erano in condizione di farlo: solenni giuramenti li
vincolavano per dieci anni a valersi delle norme stabilite da Solone.
[30] Per tale ragione e anche per il suo viaggio, Solone rimase all'estero, recandosi in Egitto
presso Amasi e, appunto, a Sardi presso Creso. Al suo arrivo fu ospitato da Creso nella reggia: due o
tre giorni dopo, per ordine del re, alcuni servitori lo condussero a visitare i tesori e gli mostrarono
quanto vi era di straordinario e di sontuoso. Creso aspettò che Solone avesse osservato e
considerato tutto per bene e poi, al momento giusto, gli chiese: "Ospite ateniese, ai nostri orecchi è
giunta la tua fama, che è grande sia a causa della tua sapienza sia per i tuoi viaggi, dato che per
amore di conoscenza hai visitato molta parte del mondo: perciò ora m'ha preso un grande desiderio
di chiederti se tu hai mai conosciuto qualcuno che fosse veramente il più felice di tutti.
¢piknšontai ™j S£rdij ¢kmazoÚsaj ploÚtJ ¥lloi te oƒ p£ntej ™k tÁj `Ell£doj sofista…, o‰ toàton
tÕn crÒnon ™tÚgcanon ™Òntej, æj ›kastoj aÙtîn ¢piknšoito, kaˆ d¾ kaˆ SÒlwn ¢n¾r 'Aqhna‹oj, Öj
'Aqhna…oisi nÒmouj keleÚsasi poi»saj ¢ped»mhse œtea dška, kat¦ qewr…hj prÒfasin ™kplèsaj,
†na d¾ m» tina tîn nÒmwn ¢nagkasqÍ làsai tîn œqeto. AÙtoˆ g¦r oÙk oŒo… te Ãsan aÙtÕ poiÁsai
'Aqhna‹oi· Ðrk…oisi g¦r meg£loisi kate…conto dška œtea cr»sesqai nÒmoisi toÝj ¥n sfi SÒlwn
qÁtai. AÙtîn d¾ ðn toÚtwn kaˆ tÁj qewr…hj ™kdhm»saj Ð SÒlwn e†neken ™j A‡gupton ¢p…keto par¦
”Amasin kaˆ d¾ kaˆ ™j S£rdij par¦ Kro‹son. 'ApikÒmenoj d ™xein…zeto ™n to‹si basilh…oisi ØpÕ
toà Kro…sou· met¦ dš, ¹mšrV tr…tV À tet£rtV, keleÚsantoj Kro…sou tÕn SÒlwna qer£pontej
periÁgon kat¦ toÝj qhsauroÝj kaˆ ™pede…knusan p£nta ™Ònta meg£la te kaˆ Ôlbia. Qehs£menon
dš min t¦ p£nta kaˆ skey£menon, éj oƒ kat¦ kairÕn Ãn, e‡reto Ð Kro‹soj t£de· «Xe‹ne 'Aqhna‹e,
par' ¹mšaj g¦r perˆ sšo lÒgoj ¢p‹ktai pollÕj kaˆ sof…hj [e†neken] tÁj sÁj kaˆ pl£nhj, æj
filosofšwn gÁn poll¾n qewr…hj e†neken ™pel»luqaj· nàn ðn ™peiršsqai se †meroj ™pÁlqš moi e‡
tina ½dh p£ntwn edej Ñlbiètaton.»
Storie I, 29-30.
Tucidide (460-400 a.C.?)
[40] Amiamo la bellezza con limpido equilibrio e amiamo la sapienza senza languori...
[41] Dirò, in breve, che la città nostra è, nel suo complesso, una scuola per la Grecia.
‘Filokaloàmšn te g¦r met' eÙtele…aj kaˆ filosofoàmen ¥neu malak…aj·
3
‘Xunelèn te lšgw t»n te p©san pÒlin tÁj `Ell£doj pa…deusin enai
La guerra del Peloponneso, II, 40s.
Cicerone (106-43 a.C.)
[III 7] Pur osservando che la filosofia è antichissima, riconosciamo tuttavia che il nome è recente.
Difatti, per quanto riguarda la sapienza in sé, chi potrebbe negare che essa sia antica non solo di fatto,
ma anche di nome? Nell'antichità essa riceveva questo suo bellissimo nome dal fatto di conoscere sia le
cose divine e umane, sia gli inizi e le cause di ognuna. Così, stando alla tradizione, furono sapienti, e tali
furono considerati, sia quei famosi sette che dai Greci erano considerati e chiamati sofoi, da noi
sapientes sia, molti secoli prima, Licurgo, di cui si dice che visse come il suo contemporaneo Omero prima della fondazione di Roma; sia ancora, nei tempi eroici, Ulisse e Nestore. [8] D'altronde non sarebbe
nata la leggenda di Atlante, che sostiene il cielo o di Prometeo inchiodato al Caucaso o di Cefeo
trasformato in costellazione insieme con la moglie, il genero e la figlia, se la loro divina conoscenza
dell'astronomia non avesse consegnato il loro nome al simbolismo del mito. In seguito, tutti coloro che
seguendo le loro orme si dedicavano con passione all'indagine della natura erano considerati e chiamati
sapienti, e tale nome si usò fino al tempo di Pitagora. Stando alla tradizione riportata da Eraclide
Pontico, discepolo di Platone, uomo di straordinaria cultura, Pitagora si era recato a Fliunte, dove aveva
discusso con grande dottrina ed eloquenza alcune questioni con Leonte, principe dei Fliasi; Leonte
allora, ammirato per il suo ingegno e la sua eloquenza, gli chiese quale arte soprattutto professasse e si
sentì rispondere che egli non conosceva nessuna arte in particolare, ma era un filosofo. Leonte, stupito
della novità del nome, chiese chi mai fossero i filosofi e quale differenza ci fosse tra loro e gli altri; [9]
Pitagora allora rispose che, secondo il suo modo di vedere, c'era un'analogia tra la vita degli uomini e
quel tipo di fiere che si tengono con grandissimo apparato di giochi davanti a un pubblico che accorre da
tutta la Grecia. Infatti, come là c'è chi cerca di ottenere la gloria e la celebrità della corona con
l'allenamento atletico, e chi vi giunge con l'intento di fare buoni affari comperando e vendendo, ma c'è
anche una categoria di persone, ed è di gran lunga la più nobile, che non cerca né il plauso né il lucro, ma
vi si reca solo per vedere e osservare attentamente ciò che succede e come succede, lo stesso vale per
noi uomini: come la gente parte da una città per recarsi a una fiera affollata, così noi, giunti in questa
vita dopo essere partiti da una vita e da una natura diversa, ci troviamo a servire chi la gloria, chi il
denaro; ci sono alcuni, ma sono rari, che senza tenere in alcun conto tutto il resto, si dedicano con
passione allo studio della natura, e questi - diceva Pitagora - si chiamano amanti della sapienza, cioè
filosofi; e come alla fiera il comportamento più nobile è quello dell'osservatore disinteressato, così
nella vita l'indagine e la conoscenza della natura sono attività di gran lunga superiori a tutte le altre.
Quam rem antiquissimam cum videamus, nomen tamen esse confitemur recens. nam sapientiam quidem
ipsam quis negare potest non modo re esse antiquam, verum etiam nomine? quae divinarum
humanarumque rerum, tum initiorum causarumque cuiusque rei cognitione hoc pulcherrimum nomen apud
antiquos adsequebatur. itaque et illos septem, qui a Graecis sofo…, sapientes a nostris et habebantur et
nominabantur, et multis ante saeculis Lycurgum, cuius temporibus Homerus etiam fuisse ante hanc
urbem conditam traditur, et iam heroicis aetatibus Ulixem et Nestorem accepimus et fuisse et habitos
esse sapientis. nec vero Atlans sustinere caelum nec Prometheus adfixus Caucaso nec stellatus Cepheus
cum uxore genero filia traderetur, nisi caelestium divina cognitio nomen eorum ad errorem fabulae
traduxisset. a quibus ducti deinceps omnes, qui in rerum contemplatione studia ponebant, sapientes et
habebantur et nominabantur, idque eorum nomen usque ad Pythagorae manavit aetatem. quem, ut
scribit auditor Platonis Ponticus Heraclides, vir doctus in primis, Phliuntem ferunt venisse, eumque cum
Leonte, principe Phliasiorum, docte et copiose disseruisse quaedam. cuius ingenium et eloquentiam cum
admiratus esset Leon, quaesivisse ex eo, qua maxime arte confideret; at illum: artem quidem se scire
nullam, sed esse philosophum. admiratum Leontem novitatem nominis quaesivisse, quinam essent
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philosophi, et quid inter eos et reliquos interesset; Pythagoram autem respondisse similem sibi videri
vitam hominum et mercatum eum, qui haberetur maxumo ludorum apparatu totius Graeciae celebritate;
nam ut illic alii corporibus exercitatis gloriam et nobilitatem coronae peterent, alii emendi aut vendendi
quaestu et lucro ducerentur, esset autem quoddam genus eorum, idque vel maxime ingenuum, qui nec
plausum nec lucrum quaererent, sed visendi causa venirent studioseque perspicerent, quid ageretur et
quo modo, item nos quasi in mercatus quandam celebritatem ex urbe aliqua sic in hanc vitam ex alia vita
et natura profectos alios gloriae servire, alios pecuniae, raros esse quosdam, qui ceteris omnibus pro
nihilo habitis rerum naturam studiose intuerentur; hos se appellare sapientiae studiosos–id est enim
philosophos–; et ut illic liberalissimum esset spectare nihil sibi adquirentem, sic in vita longe omnibus
studiis contemplationem rerum cognitionemque praestare.
Tusculanae Disputationes V,7-9.
Diogene Laerzio (180-240 d.C.?)
Affermano alcuni che la ricerca filosofica abbia avuto inizio dai barbari. Ed infatti Aristotele nel
libro Magico e Sozione nel libro ventitreesimo della Successione dei filosofi dicono che gli
iniziatori furono i Magi presso i Persiani, i Caldei presso i Babilonesi e gli Assiri, e i Gimnosofisti
presso gl'Indiani, i così detti Druidi e Semnotei presso i Celti ed i Galli. E che inoltre nella Fenicia
nacque Oco, nella Tracia Zamolsi e nella Libia Atlante. Gli Egizi dal canto loro sostengono che sia
stato Efesto, figlio di Nilo, a dare inizio alla filosofia, che fu in modo preminente coltivata dai
sacerdoti e dai profeti; che da questo fino ad Alessandro il Macedone trascorsero
quarantottomilaottocentosessantatré anni, nel quale periodo si verificarono trecentosettantatré
eclissi di sole, ottocentotrentadue eclissi di luna. Il platonico Ermodoro nel libro Delle scienze
matematiche afferma che dai Magi - di cui il persiano Zoroastre fu il principe - fino alla conquista
di Troia trascorsero cinquemila anni; Santo di Lidia afferma che ne trascorsero seimila da
Zoroastre fino al passaggio di Serse e che a lui successero molti altri Magi dai nomi di Ostane,
Astrampsico, Gobria e Pazata, fino alla distruzione dell'impero persiano da parte di Alessandro.
Ma codesti dotti non si avvedono che attribuiscono ai barbari le nobili e perfette creazioni dei
Greci, dai quali effettivamente ebbe origine non soltanto la filosofia, ma la stessa stirpe degli umani.
TÕ tÁj filosof…aj œrgon œnio… fasin ¢pÕ barb£rwn ¥rxai. gegenÁsqai g¦r par¦ mn Pšrsaij
M£gouj, par¦ d Babulwn…oij À 'Assur…oij Calda…ouj, kaˆ gumnosofist¦j par' 'Indo‹j, par£ te
Kelto‹j kaˆ Gal£taij toÝj kaloumšnouj Drudaj kaˆ Semnoqšouj, kaq£ fhsin 'Aristotšlhj ™n tù
Magikù kaˆ Swt…wn ™n tù e„kostù tr…tJ tÁj DiadocÁj. Fo…nik£ te genšsqai ’Wcon, kaˆ Qr´ka
Z£molxin, kaˆ L…bun ”Atlanta.
A„gÚptioi mn g¦r Ne…lou genšsqai pa‹da “Hfaiston, Ön ¥rxai filosof…aj, Âj toÝj proestîtaj
ƒeršaj enai kaˆ prof»taj. ¢pÕ d toÚtou e„j 'Alšxandron tÕn MakedÒna ™tîn enai muri£daj
tšssaraj kaˆ Ñktakisc…lia ÑktakÒsia ˜x»konta tr…a· ™n oŒj ¹l…ou mn ™kle…yeij genšsqai
triakos…aj ˜bdom»konta tre‹j, sel»nhj d Ñktakos…aj tri£konta dÚo.
'ApÕ d tîn M£gwn, ïn ¥rxai Zwro£strhn tÕn Pšrshn, `ErmÒdwroj mn Ð PlatwnikÕj ™n tù
Perˆ maqhm£twn fhsˆn e„j t¾n Tro…aj ¤lwsin œth gegonšnai pentakisc…lia· X£nqoj d Ð LudÕj e„j
t¾n Xšrxou di£basin ¢pÕ toà Zwro£strou ˜xakisc…li£ fhsi, kaˆ met' aÙtÕn gegonšnai polloÚj
tinaj M£gouj kat¦ diadoc»n, 'Ost£naj kaˆ 'AstramyÚcouj kaˆ GwbrÚaj kaˆ Paz£taj, mšcri tÁj
tîn Persîn Øp' 'Alex£ndrou katalÚsewj.
Lanq£nousi d' aØtoÝj t¦ tîn `Ell»nwn katorqèmata, ¢f' ïn m¾ Óti ge filosof…a, ¢ll¦ kaˆ
gšnoj ¢nqrèpwn Ãrxe, barb£roij pros£ptontej.
Vitae philosophorum I,1-3
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Filosofia e meraviglia
Platone [427-347 a.C.]:
E' proprio del filosofo essere pieno di meraviglia, né altro inizio ha la filosofia che questo [Teeteto
155b]
Aristotele [384 - 322 a.C.]:
Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da
principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a
poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori... Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia
riconosce di non sapere. [Metafisica I,2,982b]
Seneca [ 5 a.C. – 65 d.C.]:
Ho l’abitudine di dedicare molto tempo alla contemplazione della saggezza; la osservo con la medesima
stupefazione con la quale, in altri momenti, guardo il mondo, quel mondo che tanto spesso mi capita di
guardare come se lo vedessi per la prima volta. [ad Lucilium, 64,6]
Goethe [1749 - 1832]:
La cosa più alta cui l'uomo possa arrivare è lo stupore. [Colloqui con Eckermann, 18 febbraio 1829]
Schopenhauer [1788 - 1860]:
La particolare disposizione filosofica consiste essenzialmente in questo, che si sia capace di provare
stupore in misura superiore all'ordinario... Tanto più un uomo è intellettualmente modesto, tanto meno
la stessa esistenza costituisce per lui un problema... gli appare piuttosto come una faccenda ovvia, di
ordinaria amministrazione [Supplementi a Il mondo come volontà e rappresentazione, XVII]
C.S. Peirce [1839 - 1914]
Spencer e altri come lui sembrano posseduti dall'idea che la scienza sia giunta a buon punto nel
decifrare l'universo, laddove invece i Faraday e i Newton si sentono come dei bambini che hanno
raccolto alcuni sassolini sulla riva dell'oceano. Ma la maggior parte di noi trova difficile riconoscere la
grandezza e la meraviglia delle cose che ci sono familiari [Collected Papers, p. 65]
Max Planck [1858 - 1947]:
Chi ha raggiunto lo stadio di non meravigliarsi più di nulla dimostra semplicemente di avere perduto
l'arte del ragionare e del riflettere [Autobiografia scientifica e ultimi saggi]
M. Heidegger [1889 – 1976]
Il provar meraviglia sorregge la filosofia e la domina dall'inizio alla fine.
A.J. Heschel [1907 - 1972]:
Con l'avanzare della civiltà, declina il senso della meraviglia. Tale declino è un sintomo allarmante della
nostra disposizione d'animo... La meraviglia o l'assoluto stupore, l'incapacità di adattarsi alle parole e
ai luoghi comuni, costituiscono il primo requisito per una autentica consapevolezza di ciò che è. [Dio
alla ricerca dell'uomo, p. 65]
U. Eco:
Cos'è la filosofia? Scusate il mio conservatorismo banale, ma non trovo ancora di meglio che la
definizione che ne dà Aristotele nella Metafisica: è la risposta a un atto di meraviglia. [in AA.VV., Che
cosa fanno oggi i filosofi?, Bompiani, Milano, 1982, p. 140.]
Lettura consigliata: Jeanne Hersch, Storia della filosofia come stupore, (originale in francese: L'étonnement
philosophique. Une histoire de la philosophie), B. Mondadori, Milano 2002.
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